Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » dom mar 26, 2017 7:45 am

Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2542

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 7401811401


È un farsi demenzialmente, irresponsabilmente e criminalmente complici del male.



Non fare la carità e l'elemosina a zingari, clandestini, neri e nazi maomettani, in genere a tutti gli sconosciuti foresti, perché facendolo alimenti la loro disumanità, il loro parassitismo, l'invasione clandestina e la criminalità;
non dare loro niente nemmeno un pezzo di pane, un bicchiere d'acqua o un vestito dismesso, non farli entrare in casa perché potrebbero farti del male, depredarti, stuprarti e ucciderti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » dom mar 26, 2017 7:47 am

Amare e aiutare chi non ti ama e ti odia, chi ti avversa e disprezza, chi ti fa del male e ti uccide, chi ti opprime e ti depreda, chi viola i tuoi diritti umani, la tua libertà, la tua dignità, la tua proprietà, ... non è un bene ma un male,
ed è disumano e immorale, è incivile e demenziale, è ingiusto, ... ed è anche criminale poiché è un farsi complici del male e di chi fa del male, specialmente quando questo male è rivolto a degli innocenti, a dei deboli, alla tua famiglia, ai tuoi figli, alla tua gente, alla tua comunità, ai tuoi vecchi, ai tuoi ammalati, ai tuoi bisognosi, ... .
Amare chi ti fa del male è contro natura, contro le leggi universale della vita, contro l'uomo e contro D-o.

Se questo è un precetto cristiano allora il cristianismo non è cosa buona e giusta ma cosa demenzialmente maligna.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » dom mar 26, 2017 8:56 am

Amare i propri nemici al punto da aiutarli a farci del male non è morale, è ingiusto, è incivile, è criminale e non credo che ciò appartenga alla buona umanità.

Mi dispiace ma io non sono cristiano e non concordo con questo fanatismo demenziale del Papa quando viene portato all'estremo, se i cristiani seguisserio questo esempio scomparirebbero dalla faccia della terra non solo come cristiani ma anche come comunità umana, come esseri umani.

???

Francesco: amare i nemici spaventa, ma ce lo chiede Gesù
11/09/2014
http://it.radiovaticana.va/news/2014/09 ... B9/1106307

Solo con un cuore misericordioso potremo davvero seguire Gesù. È quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha ribadito che la vita cristiana “non è una vita autoreferenziale”, ma è dono fino alla fine, senza egoismo. Solo così sarà possibile amare i propri nemici come ci chiede il Signore. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Amate i vostri nemici. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi sul passo del Vangelo di Luca in cui il Signore indica il cammino dell’amore senza confini. Gesù, ha detto il Papa, ci chiede di pregare per chi ci tratta male e ha messo l’accento sui verbi utilizzati dal Signore: “Amate, fate del bene, benedite, pregate” e “non rifiutate”. “È proprio dare se stesso – ha affermato – dare il cuore, proprio a quelli che ci vogliono male, che ci fanno male, ai nemici. E questa è la novità del Vangelo”. Gesù ci mostra, infatti, che non è un merito se amiamo quelli che ci amano, perché quello lo fanno anche i peccatori. I cristiani sono invece chiamati ad amare i loro nemici: “Fate del bene e prestate senza sperare nulla. Senza interesse e la vostra ricompensa sarà grande”. Certo, ha riconosciuto il Pontefice, “il Vangelo è una novità. Una novità difficile da portare avanti. Ma è andare dietro a Gesù”:

“‘Padre, io … io non me la sento di fare così!’ – ‘Ma, se non te la senti, è un problema tuo, ma il cammino cristiano è questo!’. Questo è il cammino che Gesù ci insegna. ‘E cosa devo sperare?’. Andate sulla strada di Gesù, che è la misericordia; siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso. Soltanto con un cuore misericordioso potremo fare tutto quello che il Signore ci consiglia. Fino alla fine. La vita cristiana non è una vita autoreferenziale; è una vita che esce da se stessa per darsi agli altri. E’ un dono, è amore, e l’amore non torna su se stesso, non è egoista: si dà”.

Gesù, ha ripreso, ci chiede di essere misericordiosi e di non giudicare. Tante volte, ha detto, “sembra che noi siamo stati nominati giudici degli altri: chiacchierando, sparlando … giudichiamo tutti”. E invece il Signore ci dice: “Non giudicate e non sarete giudicati. Non condannate e non sarete condannati”. E alla fine chiede di perdonare e così saremo perdonati. “Tutti i giorni – ha rammentato Francesco – lo diciamo nel Padre Nostro: ‘Perdonaci come noi perdoniamo’. Se io non perdono, come posso chiedere al Padre: ‘Mi perdoni?’”.

“Questa è la vita cristiana. ‘Ma, Padre, questa è una stoltezza!’ – ‘Sì’. Abbiamo sentito, questi giorni, San Paolo che diceva lo stesso: ‘La stoltezza della Croce di Cristo’, che non ha niente a che fare con la sapienza del mondo. ‘Ma, Padre, essere cristiano è diventare stolto, in un certo senso?’ – ‘Sì’. In un certo senso, sì. È rinunciare a quella furbizia del mondo per fare tutto quello che Gesù ci dice di fare e che se facciamo i conti, se facciamo un bilancio sembra a nostro sfavore”.

“Ma questa – ha avvertito – è la strada di Gesù: la magnanimità, la generosità; il dare se stesso senza misura”. E per questo, ha soggiunto, “Gesù è venuto al mondo, e così ha fatto Lui: ha dato, ha perdonato, non ha parlato male di nessuno, non ha giudicato”. “Essere cristiano non è facile”, ha riconosciuto il Papa, e noi “possiamo diventare cristiani” solo “con la grazia di Dio” e non “con le nostre forze”:

“E qui viene questa preghiera che dobbiamo fare tutti i giorni: ‘Signore, dammi la grazia di diventare un buon cristiano, una buona cristiana, perché io non ce la faccio’. Una prima lettura di questo, spaventa: spaventa. Ma se noi prendiamo il Vangelo e ne facciamo una seconda, una terza, una quarta, del capitolo VI di San Luca: facciamolo; e chiediamo al Signore la grazia di capire cosa è essere cristiano, e anche la grazia che Lui ci faccia, a noi, cristiani. Perché noi non possiamo farlo da soli”.


???

Amare i nemici, la (difficile) concretezza della santità
Ermes Ronchi giovedì 16 febbraio 2017

https://www.avvenire.it/rubriche/pagine ... la-santita

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?...».

Avete inteso che fu detto: occhio per occhio - ed era già un progresso enorme rispetto al grido selvaggio di Lamec, figlio di Caino: ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido (Gen 4,23) - , ma io vi dico se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra. Porgi l'altra guancia, che vuol dire: sii disarmato, non incutere paura.
Gesù non propone la passività morbosa del debole, ma una iniziativa decisa e coraggiosa: riallaccia tu la relazione, fa' tu il primo passo, perdonando, ricominciando, rattoppando coraggiosamente il tessuto della vita, continuamente lacerato dalla violenza.
Il cristianesimo non è una religione di schiavi che abbassano la testa e non reagiscono; non è la morale dei deboli, che nega la gioia di vivere, ma la religione degli uomini totalmente liberi, come re, padroni delle proprie scelte anche davanti al male, capaci di disinnescare la spirale della vendetta e di inventare reazioni nuove, attraverso la creatività dell'amore, che fa saltare i piani, non ripaga con la stessa moneta, scombina le regole ma poi rende felici.

È scritto: Amerai il prossimo e odierai il nemico, ma io vi dico: amate i vostri nemici. Tutto il Vangelo è qui: amatevi, altrimenti vi distruggerete. Altrimenti la vittoria sarà sempre del più violento, del più armato, del più crudele. Gesù intende eliminare il concetto stesso di nemico. Violenza produce violenza come una catena infinita. Io scelgo di spezzarla. Di non replicare su altri ciò che ho subito. Ed è così che mi libero.
Il Vangelo mette in fila una serie di verbi che chiedono cose difficili: amate, pregate, porgete, benedite, prestate, fate: per primi, ad amici e nemici. La concretezza della santità, niente di astratto e lontano, santità terrestre che profuma di casa, di pane, di incontri. Non sono precetti, ma offerta di un potere, trasmissione da Dio all'uomo di una forza, di una energia divina.

Infatti dove sta il centro da cui scaturisce tutto? Sta nelle parole: perché siate figli del Padre vostro che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. Da Padre a figli: c'è come una trasmissione di eredità, una eredità di comportamenti, di affetti, di valori, di forza, di solarità.
Perché ogni volta che noi chiediamo al Signore: "Donaci un cuore nuovo" , noi stiamo invocando di poter avere un giorno il cuore di Dio, e gli stessi suoi sentimenti, la sua perfezione.
È straordinario, verrà il giorno in cui il nostro cuore che ha fatto tanta fatica a imparare l'amore, sarà il cuore stesso di Dio e allora saremo capaci di un amore che rimane in eterno, che sarà la nostra anima, per sempre, e che sarà l'anima del mondo.
(Letture: Levitico 19,1-2.17-18; Salmo 102; 1 Corinzi 3,16-23; Matteo 5,38-48).



La legittima difesa non solo è pienamente umana ma è anche pienamente cristiana e rientrante nei diritti e doveri umani universali
viewtopic.php?f=141&t=2540
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1356950777

Lo schiavo e l'oppresso hanno il diritto e il dovere di liberarsi, di riscattarsi, di opporsi, di ribellarsi alla schiavitù, all'oppressione e all'ingiustizia.
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » dom mar 26, 2017 8:56 am

Lo schiavo e l'oppresso hanno il diritto e il dovere di liberarsi, di riscattarsi, di opporsi, di ribellarsi alla schiavitù, all'oppressione e all'ingiustizia.

...
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » dom mar 26, 2017 8:58 am

La misericordia e il perdono sono altro dal tollerare, dal giustificare, dall'accettare e dal farsi complici del male, dell'ingiustiza, dell'oppressione, dei propri nemici, dei nemici dell'umanità e del bene.



???

Udienza generale. Papa: il perdono, cuore della misericordia
2016/09/21

http://it.radiovaticana.va/news/2016/09 ... ia/1259640

“Nessuno di noi, nella sua vita, non ha avuto bisogno del perdono di Dio. E perché noi siamo stati perdonati, dobbiamo perdonare”. Lo ha detto Papa Francesco all’udienza generale. La catechesi incentrata sul brano del Vangelo in cui Gesù esorta a essere “misericordiosi come il Padre”.

Di seguito, ampia sintesi della catechesi:

“Abbiamo ascoltato il brano del Vangelo di Luca (6,36-38) da cui è tratto il motto di questo Anno Santo straordinario: Misericordiosi come il Padre. L’espressione completa è: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» (v. 36). Non si tratta di uno slogan ad effetto, ma di un impegno di vita. Per comprendere bene questa espressione, possiamo confrontarla con quella parallela del Vangelo di Matteo, dove Gesù dice: «Voi dunque siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (5,48). Nel cosiddetto discorso della montagna, che si apre con le Beatitudini, il Signore insegna che la perfezione consiste nell’amore, compimento di tutti i precetti della Legge. In questa stessa prospettiva, san Luca esplicita che la perfezione è l’amore misericordioso: essere perfetti significa essere misericordiosi. Una persona che non è misericordiosa è perfetta? No! Una persona che non è misericordiosa è buona? No! La bontà e la perfezione si radicano sulla misericordia. Certo, Dio è perfetto. Tuttavia, se lo consideriamo così, diventa impossibile per gli uomini tendere a quella assoluta perfezione. Invece, averlo dinanzi agli occhi come misericordioso, ci permette di comprendere meglio in che cosa consiste la sua perfezione e ci sprona ad essere come Lui pieni di amore, di compassione, di misericordia.

Ma mi domando: le parole di Gesù sono realistiche? È davvero possibile amare come ama Dio ed essere misericordiosi come Lui? Se guardiamo la storia della salvezza, vediamo che tutta la rivelazione di Dio è un incessante e instancabile amore per gli uomini: Dio è come un padre o come una madre che ama di insondabile amore e lo riversa con abbondanza su ogni creatura. La morte di Gesù in croce è il culmine della storia d’amore di Dio con l’uomo. Un amore talmente grande che solo Dio lo può realizzare. È evidente che, rapportato a questo amore che non ha misura, il nostro amore sempre sarà in difetto. Ma quando Gesù ci chiede di essere misericordiosi come il Padre, non pensa alla quantità! Egli chiede ai suoi discepoli di diventare segno, canali, testimoni della sua misericordia.

E la Chiesa non può che essere sacramento della misericordia di Dio nel mondo, in ogni tempo e verso tutta l’umanità. Ogni cristiano, pertanto, è chiamato ad essere testimone della misericordia, e questo avviene in cammino di santità. Pensiamo a quanti santi sono diventati misericordiosi perché si sono lasciati riempire il cuore dalla divina misericordia. Hanno dato corpo all’amore del Signore riversandolo nelle molteplici necessità dell’umanità sofferente. In questo fiorire di tante forme di carità è possibile scorgere i riflessi del volto misericordioso di Cristo.

Ci domandiamo: Che cosa significa per i discepoli essere misericordiosi? E questo viene è spiegato da Gesù con due verbi: «perdonare» (v. 37) e «donare» (v. 38). La misericordia si esprime, anzitutto, nel perdono (…) È il perdono infatti il pilastro che regge la vita della comunità cristiana, perché in esso si mostra la gratuità dell’amore con cui Dio ci ha amati per primo. Il cristiano deve perdonare! Ma perché? Perché è stato perdonato. Tutti noi che stiamo qui, oggi, in piazza, tutti noi, siamo stati perdonati. Nessuno di noi, nella sua vita, non ha avuto bisogno del perdono di Dio. E perché noi siamo stati perdonati, dobbiamo perdonare. Ma lo recitiamo tutti i giorni nel Padre Nostro: “Perdona i nostri peccati; perdona i nostri debiti come noi li perdoniamo ai nostri debitori”. Cioè perdonare le offese, perdonare tante cose, perché noi siamo stati perdonati da tante offese, da tanti peccati. E così è facile perdonare: se Di ha perdonato me, perché non devo perdonare gli altri? Sono più grande di Dio? Capite bene questo? Questo pilastro del perdono ci mostra la gratuità dell’amore di Dio, che ci ha amato per primi. Giudicare e condannare il fratello che pecca è sbagliato. Non perché non si voglia riconoscere il peccato, ma perché condannare il peccatore spezza il legame di fraternità con lui e disprezza la misericordia di Dio, che invece non vuole rinunciare a nessuno dei suoi figli. Non abbiamo il potere di condannare il nostro fratello che sbaglia, non siamo al di sopra di lui: abbiamo piuttosto il dovere di recuperarlo alla dignità di figlio del Padre e di accompagnarlo nel suo cammino di conversione.

Alla sua Chiesa, a noi, Gesù indica anche un secondo pilastro: “donare”. Perdonare è il primo pilastro; donare è il secondo pilastro. «Date e vi sarà dato […] con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (v. 38). Dio dona ben al di là dei nostri meriti, ma sarà ancora più generoso con quanti qui in terra saranno stati generosi. Gesù non dice cosa avverrà a coloro che non donano, ma l’immagine della “misura” costituisce un ammonimento: con la misura dell’amore che diamo, siamo noi stessi a decidere come saremo giudicati, come saremo amati. Se guardiamo bene, c’è una logica coerente: nella misura in cui si riceve da Dio, si dona al fratello, e nella misura in cui si dona al fratello, si riceve da Dio!

L’amore misericordioso è perciò l’unica via da percorrere. Quanto bisogno abbiamo tutti di essere un po’ più misericordiosi, di non sparlare degli altri, di non giudicare, di non “spiumare” gli altri con le critiche, con le invidie, con le gelosie. No! Perdonare, essere misericordiosi, vivere la nostra vita nell’amore e donare. Essa – carità e questo amore - permette ai discepoli di Gesù di non perdere l’identità ricevuta da Lui, e di riconoscersi come figli dello stesso Padre. Nell’amore che essi – cioè noi - praticano nella vita si riverbera così quella Misericordia che non avrà mai fine (cfr 1 Cor 13,1-12). Ma non dimenticatevi di questo: misericordia e dono; perdono e dono. Così il cuore si allarga, si allarga nell’amore. Invece l’egoismo, la rabbia, fa il cuore piccolo, piccolo, piccolo, piccolo e si indurisce come una pietra. Cosa preferite voi? Un cuore di pietra? Vi domando, rispondete: [rispondono: “No!”] Non sento bene… [rispondono: “No!”] Un cuore pieno di amore? [rispondono: “Sì!”] Se preferite un cuore pieno di amore, siate misericordiosi!'".


Alberto Pento
Mi dispiace tanto Begoglio ma Dio non è compassionevole, non è misericordioso e non è perdonante.
La logica di D-o è altro da quella dell'uomo e attribuire a D-o un'umanità perfetta e divina è un far torto all'uomo e una bestemmia a D-o.
È l'uomo che caso mai può o deve essere compassionevole, misericordioso e perdonante ma solo con chi lo merita e dimostra di esserne degno e di volerle riconoscendo le proprie colpe, le propie responsabilità, pentendosi e rendendosi disponibile a espiare e a risarcire del male fatto.

Non si può essere compassionevoli, misericordiosi e perdonanti con chi continua a fare del male.
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » dom mar 26, 2017 9:00 am

Non si fa del bene facendo del male.
Fare del bene a qualcuno facendo del male a qualcun'altro non è un fare del bene ma un far del male, un'ingiustizia, un crimine.


Manipolazione criminale dei valori e dei diritti umani universali, quando il male appare come bene
viewtopic.php?f=25&t=2484
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1489953902

Migrare e non migrare, accogliere e non accogliere, diritti e doveri
viewtopic.php?f=194&t=2498
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 4378115973
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » dom mar 26, 2017 9:34 am

Negare, nascondere, omettere, falsificare, mentire non è far del bene.
Anche Negare, nascondere, omettere, falsificare il male presente nell'altro non è un far del bene ma un far del male.
Anche impedire e negare l'applicazione del giudizio critico e del discernimento del bene e del male presente negli altri non è un far del bene e a volte può divenire un delitto, quando si fa tollerante e complice del male e della violazione dei Diritti Umani Universali.


Papa: “L’Islam non è terrorismo, oppure bisogna parlare anche di cattolici violenti”
Il pontefice sull'aereo di ritorno dalle celebrazioni per la Giornata mondiale della gioventù a Cracovia: "Ho parlato a lungo con l'imam di Al Azhar", ha detto, "conosco quello che pensano, vogliono la pace. In ogni religione ci sono 'gruppetti fondamentalisti"
di F. Q. | 1 agosto 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... ti/2947639

“Non è giusto né vero parlare di Islam violento e di terrorismo islamico, allora dovrei parlare anche di cattolici violenti”. Papa Francesco sull’aereo che lo ha riportato a Roma dopo le celebrazioni a Cracovia della Giornata mondiale della gioventù ha affrontato il tema dell’Isis e degli attentati che hanno colpito l’Europa negli ultimi mesi. “Ho parlato a lungo con l’imam di Al Azhar”, ha detto, “conosco quello che pensano, vogliono la pace. In ogni religione ci sono ‘gruppetti fondamentalisti. Lo Stato che si definisce islamico ci presenta la sua carta di identità violenta, ma non è l’Islam”. E ha poi concluso: “Questo è Isis fondamentalista, ma non si può dire che l’Islam sia terrorismo”.

Bergoglio ha messo in guardia dalle generalizzazioni sull’argomento. “A me non piace”, ha detto, “parlare di violenza islamica, perché tutti i giorni quando sfoglio i giornali vedo violenze, quello che uccide la fidanzata, un altro la suocera, questi cattolici battezzati sono violenti cattolici e se parlo di violenza islamica devo parlare di violenza cattolica”. Secondo il Pontefice è importante tenere presente che nell’Islam “non tutti sono violenti, come non tutti i cattolici sono violenti”: “E’ come una macedonia, comprende tutto. Io credo che in ogni religione c’è sempre un piccolo gruppetto fondamentalista. Quando arrivi ad uccidere si può uccidere con la lingua e con il coltello. Credo che non è giusto e non è vero identificare questo con l’islam”.

Il Pontefice ha detto di aver avuto un “lungo dialogo con l’imam di Al Azhar: “So come la pensano”, ha detto, “cercano la pace. Il nunzio di un paese africano mi ha raccontato che per il giubileo c’è sempre la fila, tanti si fermano al confessionale e sono cattolici, ma la maggioranza prosegue e arriva all’altare della Madonna, sono islamici e vogliono fare il giubileo. Sono stato in Centrafrica e l’imam è salito sulla papamobile, questo non è fondamentalismo. Mi domando, è una domanda, quanti giovani che noi europei abbiamo lasciato nel vuoto di ideali?”.



???

Il viaggio. Il Papa: «L'islam condanni il terrorismo» Il Corano è un libro di Pace

Mimmo Muolo lunedì 1 dicembre 2014
Papa Francesco nella conferenza stampa tenuta nel volo di ritorno da Istanbul: no a cristianofobia e islamofobia. In Turchia successo ecumenico, «ma cattolici in difficoltà».

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/i ... terrorismo

La comunione. Solo la comunione con le Chiese ortodosse. Questa è “l'unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come Vescovo di Roma”. Al culmine della sua visita in Turchia, nel giorno di sant'Andrea, fondatore del patriarcato di Costantinopoli, dopo aver già compiuto sabato sera il gesto dell'inchino davanti a Bartolomeo (che a sua volta ha ricambiato con un bacio sul capo), Francesco pronuncia queste parole che appaiono come il suggello di tutto il viaggio. L'ecumenismo, aveva detto, poco prima il Patriarca è anche guardare avanti “al futuro”. E il Papa "vede" in questo futuro anche e soprattutto la piena unità, alla quale bisogna tendere con tutte le forze.
Ma nel contempo Francesco rassicura: “Piena comunione non significa né sottomissione l'uno dell'altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza”. E poi aggiunge: “Voglio assicurare che pur di giungere alla meta sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcune esigenza se non quella della professione della fede comune”. Spieghierà poco dopo in aereo, nella consueta conferenza stampa sul volo di ritorno a Roma, che con questa frase egli ha voluto rilanciare la proposta di Giovanni Paolo II di discutere sulle forme di esercizio del primato: “Dobbiamo andare un po’ al primo millennio per ispirarci. Non dico che la Chiesa ha sbagliato: no, no. Ha fatto la sua strada storica. Ma adesso la strada storica della Chiesa è quella che ha chiesto San Giovanni Paolo II: ‘Aiutatemi a trovare un punto d’accordo alla luce del primo millennio”.

La conversazione con i giornalisti, durata quasi 40 minuti, è servita anche per chiarire altri aspetti del viaggio. Ad esempio la cosiddetta islamofobia. Francesco è stato chiaro al riguardo. “Il Corano è un libro di pace”, dunque non si può equiparare islam e terrorismo.
Tuttavia “sarebbe bello che tutti i leader islamici – siano essi leader politici, leader religiosi o leader accademici – dicano chiaramente e condannino il terrorismo, perché questo aiuterà la maggioranza del popolo islamico a dire ‘No!’, ma davvero, dalla bocca dei suoi leader”. E quanto alla cristianofobia, il Papa conferma: “Ci stanno cacciando dal Medio Oriente”. Una ragione di più per ricercare l'unità. “Un ecumenismo del sangue”, lo definisce il Pontefice. Quanto a un suo possibile viaggio in Iraq, Francesco conferma il desiderio di andarci, ma sottolinea che adesso non si può per una serie di ragioni, anche di sicurezza.

Infine rispondendo a una domanda sulla visita alla Moschea Blu, usa esplicitamente la parola preghiera. “Qui – afferma – ho sentito il bisogno di pregare soprattutto per la pace”. E sul dialogo interreligioso spiega che è ora di fare un salto di qualità perché sia non un dialogo teologico ma esperienziale “tra persone religiose di diverse appartenenze”. A una domanda sulle discussioni sull’omosessualità in occasione dei recenti lavori sinodali, ha ricordato che “il Sinodo è un percorso, è un cammino”: non si può considerare in modo isolato l’opinione di una persona o di una bozza di documento. “Il Sinodo – ha concluso - non è un parlamento” ma “uno spazio protetto dove possa parlare lo Spirito Santo”. Il Papa si sofferma anche sul rapporto con il patriarcato di Mosca, ricordando di aver mandato messaggi a Kirill per un possibile incontro: “Tu mi dici dove e io vengo”. E sul dialogo teologico sottolinea che deve andare avanti per conto suo, senza che però questo blocchi i rapporti ecumenici (“Mettiamo tutti i teologi su un'isola”, dice riprendendo una vecchia battuta di Atenagora). In sostanza, anche nella conferenza stampa, pur apparendo visibilmente stanco per l'intensità degli impegni concentrati in tre giorni, il Papa conferma che il viaggio in Turchia è pienamente riuscito. Bellissimo, domenica mattina, il momento della Divina Liturgia e lo scambio dei discorsi con Bartolomeo, che ribadisce anch'gli il desiderio di camminare verso la piena unità. Quindi la benedizione comune dal balcone del patriarcato, l'abbraccio davanti al popolo e la firma di una dichiarazione comune che contiene tra le altre cose “l'impegno a intensificare gli sforzi” per la comunione. Prima della partenza Francesco si intrattiene per mezzora con un centinaio di ragazzi siriani, iracheni e africani, rifugiati e assistiti dai salesiani. L'incontro si svolge nella Cattedrale del Santo Spirito, e non nel giardino delle delegazione apostolica, a motivo della pioggia. Dopo il saluto di padre Andres, direttore del centro salesiano, il Papa ascolta la testimonianza di una ragazza sui cristiani cacciati dall'Iraq e raccomanda: “Non scoraggiatevi. La Chiesa cattolica vi è vicina”. Infine, prima di imbarcarsi sull'aereo, visita in ospedale, il patriarca armeno Mesrob, da tempo ammalato. Anche questo è ecumenismo.




"L'islam non è il terrorismo" È scontro sulle parole del Papa
Il Pontefice in visita all'università Roma Tre parla di immigrazione e di terrorismo internazionale: "Attentatori immigrati di seconda generazione"
Luca Romano - Ven, 17/02/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/pap ... 65431.html

Papa Francesco in visita all'università Roma Tre. Durante il suo intervento davanti agli studenti dell'ateneo, il Pontefice ha affrontato diversi temi tra cui l'immigrazione e il terrorismo internazionale.

"Così Bergoglio nega evidenza"

Sui migranti la posizione del Papa è chiara: "Le migrazioni non sono un pericolo. L’Europa è stata fatta di invasioni, migrazioni ed è stata fatta artigianalmente, così. Le migrazioni non sono un pericolo sono una sfida per crescere".

Poi ha aggiunto: "È importante il problema dei migranti pensarlo bene oggi che c’è un fenomeno così forte: pensiamo ad Africa e Medio Oriente rispetto all’Europa. Dirlo non è far politica di parte: c’è la guerra e fuggono dalla guerra, c’è la fame e fuggono dalla fame. Ma quale sarebbe la soluzione ideale? Che non ci siano fame e guerra. Che ci sia la pace e che si facciano investimenti in quei posti perchè si abbiano risorse per lavorare e guadagnarsi la vita. Ma attenzione: c’è una cultura che li fa soffrire, è il fatto di essere gente sfruttata. Noi in generale andiamo là per sfruttarli. Un premier africano mi ha detto l’anno scorso che il suo primo impegno è la riforestazione del paese perchè le multinazionali erano andate lì e sfruttato. Non sfruttare Non facciamo i potenti che vanno a sfruttare. Hanno fame perchè non hanno lavoro e non hanno lavoro perchè siamo andati a sfruttarli". Per questo partono, diventano migranti ma, ha continuato Francesco, "anche qui sono sfruttati dagli sfruttatori dei barconi, da quel che ha fatto del Mediterraneo un cimitero: il ’mare nostrum’ oggi è un cimitero. Pensiamo a questo quando siamo da soli, come se fosse una preghiera".

Poi il Papa ha parlato del terrorismo e soprattutto degli attentati che hanno insanguinato l'Europa: "I ragazzi che hanno fatto la strage a Zaventem erano belgi: nati in Belgio, immigrati di seconda generazione, ghettizzati non integrati". Il Papa ha parlato dei giovani e ha analizzato quel processo, a suo dire, che lega il dramma della disoccupazione al terrorismo: "Quando c’è liquidità nell’economia non c’è lavoro concreto. Nella nostra cara Europa: come si può pensare - si è chiesto - che i paesi sviluppati abbiano una disoccupazione giovanile così forte? Non dirò i paesi ma sì le cifre: 40 per cento, 47 per cento, un altro il 50 altro lìvicino quasi il 60. Questa liquidità dell’economia toglie la concretezza del lavoro e la cultura del lavoro, perchè non si può lavorare. I giovani non sanno cosa fare e io, giovane senza lavoro, ho l’amarezza nel cuore: dove mi porta? Alle addizioni che hanno una radice, o mi porta al suicidio? Lo dicono quelli che sanno le vere statistiche dei suicidi, che non si pubblicano. Le vere statistiche non si pubblicano. Oppure - ha continuato il Papa - vado dall’altra parte e mi arruolo in un esercito terroristico. Almeno ho qualcosa da fare, dò senso alla mia vita".

Il messaggio di Papa Francesco

Il Pontefice ha poi inviato un messaggio ai Movimenti popolari riuniti in California. E anche qui tra i vari temi trattati c'è anche quello del terrorismo internazionale: "Nessun popolo è criminale, e nessuna religione è terrorista. Non esiste il terrorismo cristiano, non esiste il terrorismo ebraico e non esiste il terrorismo islamico. Non esistono. Nessun popolo - afferma il Papa - è criminale o narcotrafficante o violento". Secondo Francesco, infatti, "ci sono persone fondamentaliste e violente in tutti i popoli e in tutte religioni, che si rafforzano anche con le generalizzazioni intolleranti, e si nutrono dall’odio e dalla xenofobia".



Orrore, terrore, avversione e odio per il nazismo maomettano o sana e naturale islamofobia
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » mer apr 19, 2017 9:20 am

Legittima difesa umana e cristiana
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Una religione o meglio una morale religiosa che ti impedisce di difenderti, di difendere la tua vita, la tua gente, i tuoi beni, la tua libertà, la tua terra, la tua casa, le tue tradizioni, la tua cultura, non è affatto una buona religione, anzi essa si fa complice del male ed entra in grave conflitto con i Diritti Umani Universali è una pessima e deleteria religione, è una dottrina religiosa disumana.

Una religione che ti consegna al carnefice a chi ti riduce in schiavitù a chi ti deruba e ti espropria a chi ti fa del male e viola la tua casa, il tuo paese e violenta la tua famiglia e la tua gente non è un bene ma un male gravissimo e assoluto.

Una religione che ti porta il nemico in casa, che ti obbliga ad accoglierlo e a subirlo, che favorisce l'invasione di chi non ha rispetto per te, per la tua famiglia e per la tua gente che provoca guerre civili, che porta morte e distruzione non è una buona religione.

Una religione che privilegia la vita dopo la morte, a questa vita sulla terra, non è affatto una buona religione ma una grave malattia dello spirito.

Una religione che ti porta a prediligere, ad amare, a fraternizzare, ad aiutare altri dalla tua famiglia, dalla tua gente, dal tuo popolo, dalla tua comunità e a violare i loro Diritti Umani Universali non è una buona religione.

Una religione così si fa crimine contro l'umantità e i loro adepti diventano dei veri e pericolosi criminali.
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » gio giu 29, 2017 9:07 pm

Drastico calo delle donazioni alle ong pro-migranti
L'allarme di Help Refugees: "Prima ricevevamo 20mila sterline a settimana, ora poche migliaia al mese"
Ivan Francese - Gio, 29/06/2017
Tra poco le ong che si occupano di migranti potrebbero non ricevere più donazioni.

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 14648.html

O almeno questo fanno pensare i dati, se qualche fattore esterno non interviene ad invertire il trend: i contributi volontari sono infatti crollati vertiginosamente.

Proprio nei giorni drammatici in cui l'Italia meridionale viene investita da una nuova massiccia ondata migratoria, il quotidiano londinese The Guardian fa il punto sul drastico calo delle donazioni alle associazioni non governative che si occupano di rifugiati e di richiedenti asilo.

Da settimane in cui si arrivava a raccogliere fino a 20mila sterline, ora si stenta a superare poche migliaia di sterline al mese: in particolare, sembra venuta meno la spinta emotiva seguita alle grandi tragedie oppure alla pubblicazioni di immagini o servizi simbolo come quella del cadavere del piccolo Aylan, trovato morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, nel settembre 2015.

A fornire queste cifre è Help Refugees, una sigla che riunisce oltre 70 ong in tutto il mondo, impegnate a vario titolo nel soccorso e nell'accoglienza dei migranti: "È come se ci fosse un logoramento nella compassione", spiega la portavoce Annie Gavrilescu.

Certo, le cifre raccolte rimangono comunque molto importanti, se si calcola che Help Refugees arriva a gestire fino a 10 milioni di euro l'anno, in parte provenienti anche da vip e fondazioni.

In previsione di un'estate per cui si preannunciano numeri da record, resta da vedere che impatto avrà sulla gestione dei flussi di migranti il diminuire delle donazioni. Un impatto che sicuramente interesserà anche il nostro Paese, dove operano anche alcune di quelle associazioni interessate dal calo di donazioni.
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Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male

Messaggioda Berto » gio lug 13, 2017 7:32 pm

??? No è contro natura, contro l'umanità, contro le leggi universali e contro Dio???

Settanta volte sette: cosa significa perdonare
Marco Papasidero
18 agosto 2014

http://marcopapasidero.com/settanta-vol ... -perdonare


Tutti sappiamo quanto sia difficile perdonare. Da un lato il rancore per il male subito, dall’altro la paura e l’orgoglio, che ci impediscono di mettere una pietra sopra quanto accaduto. Alcune volte il male che potremmo perdonare è di poco conto, piccoli torti; ma delle altre sono delle ferite profonde, laceranti, che ci hanno fatto soffrire terribilmente e continuano ancora a produrre i loro effetti su di noi.

Iniziamo, allora, col dire che il perdono è un lento (o, qualche volta, rapido) e sincero abbandono del rancore, dell’odio, del fastidio, del desiderio di vendetta o di rivalsa. Non una finta indifferenza nei confronti di chi ci ha trattato male, ma un desiderio di “non male” verso di lui. Il perdono è una grande virtù, una capacità di sciogliere quel nodo che abbiamo fatto e che abbiamo bene in vista di fronte ai nostri occhi.
Perdonare è decidere di non odiare, nonostante tutto.

Ma, realmente, cosa significa perdonare? Ed è possibile o è solamente una maschera, una finzione che alcuni portano sul volto in modo ipocrita? Partiamo da un episodio del Vangelo secondo Matteo − sicuramente noto ai più − che ha proprio come argomento il perdono. Ecco che il discepolo Pietro si avvicina a Gesù per chiedergli quante volte dovrà perdonare colui che commetterà un peccato, un torto, nei suoi confronti. Forse sette? Domanda. Il Maestro, con la profondità delle parole che lo contraddistingue, risponde: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18, 21-22).

Il numero sette, che ovviamente è un numero simbolico, viene richiamato più volte. Pietro, dalla domanda che fa, probabilmente ritiene che sette sia già un buon numero di volte in cui accordare il perdono a qualcuno. Ma la risposta di Gesù è quasi sorprendente, e nasconde una significativa profondità. Il Maestro sembra giocare con le parole che pronuncia, utilizzando quel sette appena detto da Pietro, e rendendolo il celeberrimo settanta volte sette.

In breve, Gesù sta dicendo a Pietro che non deve limitare il suo perdono, ponendovi un numero massimo di volte in cui è lecito farlo. Perdonare fino a un certo punto significherebbe amare fino a un certo punto. Ma sappiamo bene che l’amore − specie quello del messaggio proclamato da Gesù − non può avere confini, limiti, perché altrimenti non sarebbe tale. Il perdono a cui Gesù esorta è un perdono illimitato. Questo significa l’espressione settanta volte sette: perdona senza sosta, perdona all’infinito, perdona anche quando credi che tu non possa più riuscire a farlo. Perdona.

Ma sappiamo bene, ritornando alla nostra quotidianità, che perdonare qualcuno che ci ha fatto (molto) del male non è una cosa semplice. Il perdono, infatti, è il risultato, la conseguenza, la meta di un Cammino che abbiamo condotto dentro di noi. E questo Cammino non può essere improvvisato e non si può compiere in pochi giorni.

Il perdono è il gesto più profondo d’amore che un uomo possa compiere. E questo perché amare chi ci ama è certamente facile per tutti, ma amare chi non ci ama o ci odia non è mai semplice, anzi, forse è quanto di più difficile esista nella vita di un uomo.

Delle volte sembriamo quasi voler portare dentro i nostri rancori, coltivarli, non lasciarli andare. Non siamo disposti a perdonare. Ma il perdono nasce da due motivazioni principali: la prima è che senza perdono la nostra esistenza sarà sempre legata a chi ci ha fatto del male da un filo nero come la fuliggine; la seconda è che amare − anche se a volte può sembrare difficile comprenderlo − significa anche e soprattutto perdonare (dal latino: per e donare, cioè donare completamente). Se l’amore è un dono, il perdono è il dono più grande che potremo fare a chi ci ha fatto del male, privandolo del rancore che gli indirizziamo contro, e a noi stessi, che saremo risollevati da un nuovo sentimento di pace.

Non perdonare è come un contadino che ha deciso di portare sulle proprie spalle, per il resto del cammino che lo separa da casa, una borsa piena di macigni pesantissimi. Quel contadino camminerà stentando, rischierà di inciampare, si sentirà venire meno. Ma a un certo punto della strada, sfinito, lascerà cadere la borsa e si libererà da quel peso insopportabile, procederà svelto, giungerà prima alla meta, non sfiancherà il suo corpo e potrà godersi il percorso, ripensando alla giornata di lavoro con serenità, cosciente di aver fatto il suo dovere.

Come fare, allora, a perdonare qualcuno, a recidere finalmente quel nodo di odio e rancore che a volte sembra toglierci il fiato, stritolarci? La strada che conduce al perdono è la stessa che conduce a Dio. Non è una trasformazione che avviene dall’oggi al domani, ma è un Cammino, appunto, da fare giorno dopo giorno verso la realtà dell’amore.

Allora cosa significa perdonare, se non iniziare a condurre un’esistenza basata sull’amore e su Dio come priorità, dove io non sono più il centro del mondo, ma lo diventa l’Amore. Come potrei perdonare se tengo stretto me stesso, e qualsiasi mancanza viene compiuta nei miei confronti? Come posso non provare rancore quando rimango chiuso nel triste passato, e non mi rendo conto che odiare è solo altro male che faccio a me stesso? Solo un altro macigno da portare? Possiamo sempre fare come il contadino saggio che ha lasciato cadere la borsa piena di pietre.

Non dobbiamo scoraggiarci dalla difficoltà di questo percorso, dal dolore che non vogliamo quasi lasciare andare, dal male che teniamo dentro odiando qualcuno. Ricordiamo che il perdono è un dono di immenso valore, che prima di tutto facciamo a noi stessi, e che risulta gradito più di ogni altra cosa a Dio, che ci sta accanto. Anche perdonare è una scelta: non perdoneremo mai solamente se decideremo di non perdonare mai.


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