Il paese calabro dei parassiti che vivono alle nostre spalle con i finanziamenti/contributi statali ed europeiMimmo Lucano, nella Top 50 di Fortune il sindaco che ha rilanciato Riace grazie agli immigrati. Ed è l’unico italiano
Il politico calabrese nella classifica dei "potenti", insieme a Bergoglio, Merkel, Bono degli U2... Il suo merito? Aver trasformato l'emergenza sbarchi in una risorsa per rivitalizzare il paese dei Bronzi. Seimila gli stranieri ospitati, che hanno aperto attività e sono rimasti. La videointervista a ilfattoquotidiano.it
di Lucio Musolino | 30 marzo 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03 ... no/2591194 Lui la chiama “l’utopia della normalità”. Iniziata nel 1998 con il primo sbarco di curdi a Riace e piano piano diventata realtà, è proprio quell’utopia che oggi ha consentito al sindaco Mimmo Lucano di vedere il suo nome al quarantesimo posto della classifica di “Fortune” dei 50 leader più influenti del mondo, insieme a papa Bergoglio, Angela Merkel, Aung San Suu Kyi, Bono degli U2.
Un riconoscimento per il suo impegno nel campo dell’immigrazione. Da quando è sindaco Lucano, infatti, il Comune di Riace ha dato ospitalità a oltre seimila immigrati che hanno ripopolato il piccolo paesino della Locride.
Molti di loro non se ne sono più andati e hanno avviato anche una serie di attività artigianali e imprenditoriali. Mimmo Lucano è l’unico italiano nella Top 50: nessun altro politico, nessun presidente del consiglio, nessun presidente di Regione, nessun uomo di Stato o grande imprenditore. Solo un sindaco di una piccola cittadina calabrese, arroccata ai piedi dell’Aspromonte, con meno di duemila abitanti di cui quasi la metà sono migranti. Ma anche un sindaco “solo” a cui (a parte la Boldrini e l’ex governatore Loiero) nessuno ha sentito il dovere di dire “bravo” o semplicemente “grazie”. In una terra dove contano più le parole non dette, il silenzio della classe dirigente, del mondo politico rende ancora più merito al lavoro di Mimmo Lucano.
“Non ho inseguito questa classifica”. Mimmo Lucano tiene a precisare che non ne sapeva nulla fino a pochi giorni fa. Il politichese è una lingua che il sindaco di Riace non è mai riuscito a parlare e proprio per questo oggi prova un po’ di imbarazzo: “Non faccio queste cose per una carriera politica. Mi sento di appartenere agli ultimi e non ai primi. Mi dà un certo disagio la storia americana di questa classifica. Tuttavia sono contento nell’animo perché mi dà la sensazione che quello che stiamo facendo ha trasmesso il messaggio di umanità di un luogo nonostante le sue precarietà economiche e sociali e i condizionamenti della criminalità organizzata. Mi sento di condividere questo riconoscimento con tantissime persone che sono passati da qui come il vescovo Bregantini”. E ancora: “Mi auguro – ha ribadito il primo cittadino – che questa gratificazione possa rappresentare una svolta positiva anche per Riace e per tutta la Calabria, dando la possibilità anche agli ‘ultimi’, che noi ci ostiniamo a voler rappresentare, di vedere riconosciute le loro istanze”.
La sua storia e il suo impegno li racconta lui stesso in un’intervista del giugno 2015 che in occasione del riconoscimento ilfattoquotidiano.it pubblica con brani inediti.
La prima a sottolineare l’importanza di questo riconoscimento è stata Laura Boldrini, legata a Lucano da un antico rapporto che risale ai tempi in cui la presidente della Camera era portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati. “Soddisfazione – ha scritto su Twitter la presidente Boldrini – per Mimmo Lucano, Sindaco Riace, precursore accoglienza e inclusione”. Ai tempi di Agazio Loiero, ex governatore della Calabria, Riace è stata protagonista del cortometraggio “Il Volo” di Wim Wenders che raccontava in modo particolarmente suggestivo una storia di immigrazione.
“Il riconoscimento tributato dalla rivista ‘Fortune’ a Mimmo Lucano – ha dichiarato Loiero all’Ansa – è una notizia che dovrebbe inorgoglire i calabresi. Certo, quell’aggettivo potente, ai giorni nostri in genere fa riferimento a un certo tipo di potere. In Calabria, invece, può significare altro: soprattutto la capacità di accogliere chi viene da lontano povero, malnutrito e soprattutto inatteso. In tale attitudine, che eredita dalle nostre antichissime radici, Mimmo Lucano è veramente potente”.
A Domenico Lucano il premio Dresda per la pace 2017 cultura e società, Dalla Locride, migrazioni 8 febbraio 2017Notizia tratta da:
http://ciavula.it/2017/02/riacelucano/http://ciavula.it/2017/02/riacelucanoSarà consegnato il 12 febbraio prossimo, presso il Teatro Dresden Semperoper della città tedesca, a Domenico Lucano, sindaco di Riace, il Premio internazionale Dresda per la pace per aver realizzato il paese dell’accoglienza, progetto unico di convivenza tra italiani e rifugiati. Da 18 anni qui i migranti vengono sistemati in gran numero e hanno casa, occupazione e formazione linguistica integrandosi nella vita del villaggio. Dei 1800 abitanti attuali di Riace, 550 sono rifugiati. La scorsa primavera Domenico Lucano è stato scelto dalla rivista americana Fortune come uno dei 50 più grandi leader del mondo al fianco di personaggi come il Papa e Angela Merkel. Su richiesta di Papa Francesco, Lucano ha partecipato insieme ai sindaci europei all’incontro indetto dalla Pontificia Accademia nel mese di dicembre a Roma per affrontare la questione dei profughi. 11soc1-sindaco-lucano-domenico-fg Nel frattempo, da tutto il mondo arrivano i visitatori ad osservare il modello Riace. Questa la motivazione del premio a Domenico Lucano redatta da Günter Blobel, premio Nobel e co-fondatore del Premio di Dresda: «È raro che il sindaco di un piccolissimo paese lontano delle grandi metropoli del mondo metta in imbarazzo i dirigenti di nazioni più forti. Domenico Lucano l’ha fatto, definendo come unico criterio per l’accoglienza dei rifugiati la compassione per il prossimo. «Domenico Lucano ha fatto questo, rendendo l’umanità l’unico metro nel trattare con i rifugiati. Mentre altrove vengono costruite recinzioni e si mercanteggiano quote di ammissione, Riace da 18 anni accoglie a braccia aperte le persone fuggite da guerra e povertà, salvando con sguardo reciproco i cittadini migranti e il piccolo villaggio calabrese che è stato a rischio di estinzione. «Così si realizza in Calabria quello che Domenico Lucano chiama l’utopia della normalità. In un mondo dove sempre più numerose sono le persone costrette a lasciare le loro case, non abbiamo bisogno di paura del diverso, non più odio ma più coraggio, molte più Riace e molte più persone come Domenico Lucano». Il Premio Dresda, del valore 10.000 Euro è sponsorizzato dalla Fondazione Klaus Tschira. La Laudatio sul vincitore del premio sarà tenuta da Martin Roth durante la cerimonia che si terrà al teatro dell’opera Semperoper di Dresda, moderata dall’ex ministro federale dell’interno, Gerhart Baum. lucano riace Prevista l’esibizione della cantante Etta Scollo, celebrata dai critici come la Voce della Sicilia, che presenterà anche proprie canzoni sul tema dei profughi e la proiezione del film di Wim Wenders Il volo, dedicato a Riace e al modello calabrese dell’accoglienza dei rifugiati. Dopo le riprese del film nel 2010, Wim Wenders disse: «La vera utopia non è la caduta del Muro, ma quello che sono riusciti a fare in Calabria, a Riace».
Si pensi a come la raccontano questi criminali manipolatori della realtà: i nativi calabresi emigrano perché non c'è lavoro; così in questo paese si accolgono i clandestini con i nostri soldi (italiani ed europei) e si fa passare l'accoglienza dei clandestini con un'attività economica che genera ricchezza, nascondendo che la ricchezza arriva dai finanziamenti e dalle contribuzioni pubbliche che ci vengono tolte dalle nostre tasche con il fisco.??? Altra menzogna ???
Il welfare buono dei migranti, che al Sud crea ricchezza e lavoroA Sant’Alessio in Aspromonte, 357 abitanti, il progetto Sprar per i rifugiati è diventato un modello che anche all’estero vogliono replicare. “C’è un aspetto umanitario, ma c’è anche una ricaduta economica e occupazionale per il territorio”, assicura il sindaco
di Lidia Baratta
5 Novembre Nov 2016
http://www.linkiesta.it/it/article/2016 ... voro/32288Trecentocinquantasette abitanti. Più 35 rifugiati. Fanno una popolazione di 392 persone. Nel comune di Sant’Alessio in Aspromonte, a mezzora di macchina da Reggio Calabria, hanno creato un modello di accoglienza per richiedenti asilo che ora anche all’estero vogliono replicare. Il sindaco Stefano Calabrò è appena tornato dal Portogallo, dove ha spiegato ai politici locali come si fa ad accogliere un gruppo di migranti in un piccolo centro come il suo, senza provocare barricate e malumori. Con ricadute positive su un territorio altrimenti a rischio spopolamento. «È un welfare a due facce: per la gente del luogo e per i migranti che vengono accolti», dice Calabrò. «C’è un aspetto umanitario che è prioritario, ma non si deve nascondere che esiste anche un ritorno economico per la comunità. Il segreto è comprendere quello che vogliono gli uni e gli altri». E alla fine la solidarietà ripaga. Letteralmente.
Dal 2013 il piccolo comune calabrese fa parte del Sistema di protezione per richiedenti asilo, meglio conosciuto come Sprar. È l’accoglienza programmata (non quella straordinaria), quella che rispetta alti standard qualitativi, sulla quale il governo vuole puntare. Il comune partecipa al bando indetto dal ministero dell’Interno e dà avvio a un progetto per la sistemazione e l’integrazione dei migranti. Da quest’anno, poi, i progetti avviati a Sant’Alessio sono due: quello “ordinario”, e quello per le categorie più vulnerabili.
Ad oggi, su 35 posti disponibili, nel paesino si trovano 16 richiedenti asilo. Alcuni sono usciti dal sistema Sprar per raggiungere i familiari in altri Paesi europei, altri stanno per arrivare. La maggior parte viene dall’Africa subsahariana, ma c’è anche una famiglia di curdi iracheni. Non è la prima volta che in paese hanno a che fare con l’immigrazione: dagli anni Novanta in poi nel comune si sono stabilite famiglie di romeni e magrebini, ormai perfettamente integrate.
«Da qui abbiamo capito che si poteva lavorare anche con l’accoglienza dei rifugiati», dice Luigi De Filippis, medico e responsabile dell’equipe Sprar di Sant’Alessio. Prima dell’arrivo dei rifugiati, la popolazione è stata informata. E De Filippis, che è medico reumatologo, in occasione della giornata dell’osteoporosi ha effettuato visite specialistiche incontrando gli anziani del paese, cioè la maggioranza della popolazione. «Abbiamo spiegato», racconta, «che è un progetto con un aspetto umano, ma che poteva avere una ricaduta economica e occupazionale importante sul territorio».
«È un welfare a due facce: per la gente del luogo e per i migranti che vengono accolti», dice Calabrò. «C’è un aspetto umanitario che è prioritario, ma non si deve nascondere che esiste anche un ritorno economico per la comunità. Il segreto è comprendere quello che vogliono gli uni e gli altri»
Dei 40/60 euro a persona al giorno che arrivano per la gestione del progetto Sprar, 2,50 euro vanno ai migranti per il pocket giornaliero, il resto rimane in paese. Creando un indotto positivo. «Le figure necessarie alla gestione del progetto vengono cercate tra le competenze sul territorio», spiega il sindaco. «Grazie allo Sprar, sei giovani del paese che altrimenti sarebbero andati via invece sono rimasti». L’equipe è composta da un medico, un infermiere, un operatore legale, un mediatore linguistico, un insegnante di italiano, uno psicologo e un assistente sociale. «Tutti giovani professionisti laureati che non avrebbero trovato lavoro qui», dice il primo cittadino. «Aiutando i rifugiati abbiamo evitato anche nuova emigrazione dalla Calabria».
Non solo. Il comune ha pubblicato un avviso pubblico per cercare immobili adatti ospitare i migranti. «In questo modo abbiamo stipulato otto contratti di affitto e riaperto case che altrimenti sarebbero rimaste vuote», racconta il sindaco. «Questo ha un ritorno economico per i proprietari, ma anche per il Comune, perché significa Tari, Tasi e altre tasse in più che entrano nelle casse pubbliche. E vedere qualche luce in più accendersi alla sera è anche un conforto per chi abita in paese». Appartamenti, quindi, e non centri di accoglienza isolati come spesso accade. «Questo», dice il sindaco, «è una scelta per dare maggiore autonomia a queste persone. L’obiettivo è formare cittadini, non solo dare assistenza».
I rifugiati ricevono quattro euro al giorno per fare la spesa, cinquanta euro a bimestre per il vestiario. Devono prendersi cura delle abitazioni che occupano, frequentano le scuole e i corsi di italiano. Le botteghe, gli alimentari, le farmacie del paese e dei comuni limitrofi guadagnano nuovi clienti. E l’arrivo dei migranti con i figli per prima cosa ha evitato la chiusura della scuola del paese. Il comune, poi, ha messo a disposizione pure un bus e un autista per accompagnare i rifugiati nelle scuole di Reggio Calabria. E alcuni dei ragazzi quest’anno hanno conseguito la licenza media.
«Grazie all’avvio del progetto, sei giovani del paese che altrimenti sarebbero andati via invece sono rimasti», spiega il sindaco. Tutti giovani professionisti laureati che non avrebbero trovato lavoro sul territorio. Aiutando i rifugiati abbiamo evitato anche nuova emigrazione dalla Calabria»
Sant’Alessio è stato premiato dall’Anci tra i dieci comuni con il migliore progetto Sprar. E Calabrò, dal suo piccolo centro di meno di 400 anime, è nell’elenco dei cento sindaci più influenti d’Europa. I rifugiati raccontavano alle proprie ambasciate quello che accadeva nel paesino dell’Aspromonte. E l’esempio di Sant’Alessio è diventato noto anche all’estero. Tanto che circa il 20% di chi passa da qui decide di non andare via allo scadere dei sei mesi del progetto, ma di restare.
La domanda che a questo punto molti si pongono è: cosa farà mai un rifugiato nella Calabria profonda, sempre più depressa e senza lavoro? «Ci vogliono piccoli sani egoismi perché le cose funzionino», risponde De Filippis. «È come incrociare domanda e offerta. Sviluppiamo un piano individuale per ciascun rifugiato che arriva qui, incrociandolo con le richieste del territorio ed evitando lo sfruttamento della manodopera immigrata».
Uno strumento che si è rivelato utile sono i tirocini formativi nelle imprese della provincia, che molto spesso si sono trasformati in vere e proprie assunzioni. È successo a un rifugiato pakistano, assunto da un falegname reggino, che a suo tempo è stato emigrato in Svizzera. Un altro, invece, dopo un tirocinio in una cooperativa che si occupa della gestione del verde urbano, ha contribuito a sua volta a fondarne un’altra. E un perito informatico egiziano si è rivelato una risorsa per tutto il paese.
«Queste persone diventano così un vantaggio per tutti», dice De Filippis. I rifugiati sono parte della comunità. Sono scesi in strada per la sagra del paese, hanno festeggiato in piazza il Capodanno, e hanno partecipato alla cena solidale per i terremotati. E alla cooperativa che gestisce il progetto, la Coopisa, il sindaco ha dedicato anche un ufficio nel palazzo del municipio. «Per far capire alla comunità che si lavora in simbiosi con il comune», dice Calabrò. «Non è semplicemente la cooperativa a cui è stato dato in gestione il servizio. È una precisa scelta politica».
Sant’Alessio ha fatto da apripista nella valle del Gallico. Ora anche altri comuni limitrofi hanno partecipato al bando Sprar. E da diverse parti della regione chiedono spiegazioni su come funziona il modello Sant’Alessio per replicarlo. «Progetti come questo funzionano bene nei piccoli comuni come il nostro che rischiano di spopolarsi. Certo non è la panacea a tutti i mali, ma in questo momento è la soluzione principale», dice il sindaco. «Grazie allo Sprar qualche coppia giovane ha trovato lavoro qui ed è rimasta, i bambini popolano le scuole, e i commercianti tengono aperte le botteghe». L’accoglienza, quella fatta bene, alla fine ripaga. E l’aiuto è reciproco.
I rifugiati ricevono quattro euro al giorno per fare la spesa, cinquanta euro a bimestre per il vestiario. Devono prendersi cura delle abitazioni che occupano, frequentano le scuole e i corsi di italiano. Le botteghe, gli alimentari, le farmacie del paese e dei comuni limitrofi guadagnano nuovi clienti. E l’arrivo dei migranti per prima cosa ha evitato la chiusura della scuola