Migranti e ła entegrasion en Ouropa

Migranti e ła entegrasion en Ouropa

Messaggioda Berto » mer set 23, 2015 6:14 am

Migranti e ła entegrasion en Ouropa
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Migranti e ła entegrasion en Ouropa

Messaggioda Berto » mer set 23, 2015 6:16 am

Norvexa e migranti
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Norvegia, la Polizia: “Abbiamo perso il controllo di Oslo”
settembre 21st, 2015
http://www.mattinonline.ch/norvegia-la- ... lo-di-oslo
Le sacche di immigrati che non vogliono integrarsi nella società europea sono una realtà in molti paesi del vecchio continente e in Norvegia, dove l’immigrazione ha cambiato il tessuto sociale della nazione, la Polizia ammette di “…aver perso il controllo sulla capitale Oslo…”
Il quartiere centralissimo di Gronland, a due passi dal parlamento norvegese, è un luogo che sembra più Karachi o Bassora: qui i criminali vendono droga a scena aperta. Secondo molti nel paese questa porzione della città non è più Europa.
Esistono delle pattuglie di islamisti che controllano la zona, attaccando chi beve alcool, ragazze che non sono abbastanza vestite o le coppie gay di passaggio: in questo modo si crea un clima di paura che contribuisce all’ulteriore isolamento del quartiere.
Alcuni migranti dell’area definiscono questo quartiere della capitale norvegese più islamico del Marocco o del Qatar: il tasso di criminalità è esplosivo e la Polizia attribuisce agli immigrati la maggior parte degli stupri perpetrati nella città: le vittime si sentono abbandonate dallo Stato e il sogno di un’Europa multiculturale è come il Titanic: destinato ad affondare alle prime difficoltà.

Il razzismo inverso della Norvegia, dove l’integrazione è solo apparente
30 ago 2014
http://dailystorm.it/2014/08/30/il-razz ... -apparente
I migranti possono tutto, ma l’integrazione non c’è. Così la paura dei norvegesi di essere tacciati di razzismo annulla il dibattito sui migranti. E la diversità diventa una gabbia
di Edoardo Tozzi

(Vg.no) «Non vogliamo essere parte della società norvegese, ma comunque non vediamo necessità di trasferirci all’estero, […] lasciateci Grønland. Separate il quartiere e lasciatecelo governare come vogliamo […] Non vogliamo vivere come animali impuri come voi» − Ubaydullah Hussain, leader del gruppo islamista di Oslo Profetens Ummah

Ogni Paese che si rispetti, fiero e nazionalista, ama autocelebrarsi in un dato giorno dell’anno. E vale particolarmente per qui paesi in cui qualcosa di simile a un complesso di inferiorità cova sotto le ceneri storiche, così che quel giorno finisce per assumere un valore ancora più preponderante. La Norvegia, storicamente dominata e mai dominatrice, ne è l’apri-fila.

Provincia danese prima e nazista poi, ha ottenuto l’indipendenza solamente nel 1905. Monarchia costituzionale, in meno di un secolo la sua situazione socioeconomica ha conosciuto una drastica ascesa. Prima, infatti, il numero di emigranti superava nettamente quello degli immigrati. D’altronde il clima non esattamente tropicale e una geografia “scomoda” non non rendeva certo la Norvegia un El dorado. Poi, all’improvviso, si sono accorti di essere seduti sul petrolio, risorsa che attualmente contribuisce al 25% del loro Pil e che li ha trasformati nei principali produttori ed esportatori europei (nonché terzi mondiali). Ma, cosa ancora più interessante, da Paese di emigranti è divenuto meta di immigrati. Oggi andiamo in Norvegia per cercare lavoro, mentre loro vengono per le ferie.

La Norvegia rappresenta il Paese con l’indice di sviluppo umano più alto del mondo (HDI). La pressione fiscale raggiunge il 42,3% del Pil procapite (in Italia è al 54%), ma tutto ciò che i cittadini pagano in tasse viene restituito loro sotto forma di servizi pubblici. Le università sono gratuite, ogni studente ha diritto ad una borsa di studio, le famiglie sono incoraggiate ad avere bambini… E noi stiamo ancora aspettando l’autobus sotto casa.

Disegnata così può sembrare la terra promessa per molti immigrati. E difatti, sotto molti aspetti, lo è. Tuttavia, come ogni Paese povero di una storia nazionale identitaria, i norvegesi sono schiavi delle proprie insicurezze e dei propri stereotipi. Soffrono di quello che può essere definito razzismo inverso: la loro paura di essere tacciati come razzisti appare tanto radicata che finisce per ritorcerglisi contro.

Partiamo da un esempio: qualche mese fa, Ubaydullah Hussain — leader della fazione islamica di Oslo — chiese e pretese di avere un intero quartiere di Oslo (Grønland). La richiesta è rimasta inascoltata, ma immaginate un episodio simile in Italia. Si potrebbe pensare che il semplice fatto che qualcuno abbia azzardato una proposta simile sia legato alla consapevolezza di vivere in un Paese laico e rispettoso della diversità. Il che è senza dubbio vero, eppure bollare le politiche migratorie norvegesi come volte a un’integrazione efficace è un errore.

La Norvegia permette, quasi obbliga gli immigrati a sentirsi in diritto di vivere secondo la loro cultura. Ma insistendo esclusivamente su questo punto, di fatto, una vera e propria integrazione non esiste. Non a caso, molti immigrati non si sentono norvegesi. Lo Stato aiuta gli immigrati ad inserirsi nel Paese, ma non ad integrarsi. Come? «Ad esempio, con lezioni in madrelingua (loro), orari riservati alle donne musulmane nelle piscine, servizi di consulenza in lingue straniere nell’ambito sanitario, sociale o penale», come ha affermato tempo fa Gabriele Catania in un articolo su Linkiesta.it.

Di fatto molti degli immigrati, soprattutto musulmani, tendono a mantenere le proprie tradizioni e la propria cultura. Nulla di sbagliato in questo, ovviamente. Ma vivere in un Paese che ti ingabbia nella tua diversità e che si mostra del tutto disinteressato a individuare eventuali punti di contatto, può spesso sfociare in un malsano sentimento di attaccamento identitario da ambo i lati.

«I sondaggi mostrano che una percentuale inquietante dei musulmani in Europa rifiuta i valori occidentali, disprezza i paesi in cui vive, sostiene l’uccisione degli omosessuali, e vuole sostituire la democrazia con la legge della shari’a» ha detto in un interivsta a il Foglio Bruce Bawer, scrittore americanto trasferitosi a Oslo. «C’e motivo per essere preoccupati per tutte queste cose, ma questa causa è stata seriamente danneggiata da Anders Behring Breivik». «In Norvegia, parlare negativamente di qualsiasi aspetto della fede musulmana è sempre stata una questione delicata, tacciabile di ‘islamofobia’ e di razzismo», e dopo la strage di Utøya «sarà sempre più difficile affrontare questi temi».

Le dichiarazioni del norvegese Breivik, simbolo di xenofobia, hanno messo a tacere anche quel «legittimo criticismo» con cui approcciare le questioni della convivenza e dell’integrazione. Se prima di quell’infausta data la paura di essere tacciati di razzismo impediva uno sguardo critico, la strage di Utøya ha paradossalmente ottenuto un effetto opposto a quello auspicato dal terrorismo di Breivik: la fine del dibattito sull’immigrazione, che si è leggermente riaperto solo in occasione delle ultime elezioni che hanno visto la vittoria del partito conservatore Høyre.

Eppure, ironia della sorte, la Norvegia ha un passato non esattamente tollerante nei confronti del diverso. A questo proposito, i due artisti Mohamed Ali Fadlabi e Lars Cuzner, per festeggiare al meglio il 200° anniversario della Costituzione, hanno ritenuto giusto riaprire l’armadio di casa. Ed hanno trovato il cosiddetto “zoo dei senegalesi”. Esatto, ma prima facciamo un passo indietro. 100 anni fa, per celebrare la medesima festa nazionale, 80 africani furono rinchiusi in gabbia per 5 mesi come animali, circondati da “artefatti indigeni”. Per intenderci, avete presente un padre che porta il figlio al bioparco a vedere i leoni? Ecco, ora sostituite i leoni con esseri umani. Nel corso di questo secolo, nulla è stato fatto per ricordare ai norvegesi l’oscenità di quell’episodio, caduto nell’oblio più totale. Così Fadlabi e Cuzner hanno deciso di radunare un gruppo di volontari e riproporlo tale e quale.

Mera provocazione? Chiaramente la data scelta dai due artisti non è casuale. Dissotterrare il ricordo di tale scempio, nel giorno dell’anniversario della Costituzione, è un atto chiaramente provocatorio. Ma che valenza ha? Per comprenderlo, bisogna sapere che il norvegese medio è molto sensibile al tema del razzismo. State litigando con uno di loro e avete torto marcio? Tacciatelo di razzismo, e vi sentirete chiedere scusa per una colpa che voi stessi avete commesso. Una trasformazione in positivo rispetto ai tempi dello zoo, si potrebbe pensare. Ma questa sensibilità, come abbiamo visto, non si tramuta quasi mai in impegno per l’integrazione dei migranti, quanto in uno sterile relativismo culturale che non cerca soluzioni o compromessi, ma si limita a “lasciar fare”.

Il norvegese medio, per farla breve, non si pone domande su come evitare eventuali conflitti tra culture o spiacevoli episodi, né di come cercare eventuali ponti e canali di comunicazione. Lasciando agli immigrati una libertà pressoché assoluta, di fatto, scampa da eventuali accuse di razzismo, ma al tempo stesso finisce col creare una integrazione solamente apparente, isoladoli e senza spingerli ad adattarsi alla cultura locale, il che non significa perdere le proprie specificità culturali.

Ma una simile istallazione artistica, proprio perché montata in quella fatidica data, è passata sotto traccia come un gesto finalizzato unicamente a provocare. Probabilmente chi l’ha vista si sarà mortificato per un passato riprovevole, avrà adottato un bambino a distanza e si sarà pulito la coscienza. Poi sarà arrivato il forestiero di turno a ripetere ancora una volta quanto la Norvegia sia invidiabile, sotto tutti i punti di vista. Sicuramente se fosse stata scelta una data diversa la risonanza mediatica ne avrebbe risentito. Ma cadeva proprio a pennello.

Oslo, "Meglio la scuola in Africa per noi immigrati, qui i nostri figli sono alunni di serie B"
Un aspetto inesplorato dell'immigrazione in Nord Europa. Aumenta il numero di quanti decidono di inviare i piccoli ad istruirsi in Somalia, Kenya, Egitto. Ma anche stranieri di origine pakistana o irachena optano spesso per questo modello educativo. Le grosse difficoltà per la lingua
10 aprile 2014
http://www.repubblica.it/solidarieta/im ... b-83220831

ROMA - In Norvegia, centinaia di immigrati scelgono di mandare ogni anno i propri figli a studiare all'estero, soprattutto nel paese di origine. La ragione va attribuita alla scarsa fiducia riposta nel sistema scolastico scandinavo, in particolare è legata al fatto che i bambini stranieri vengono trattati come alunni di serie B, soprattutto in ragione del fatto che non conoscono bene il norvegese.

I modelli educativi d'origine. Questo poco esplorato aspetto dell'immigrazione nordica è stato analizzato in dettaglio dall'Istituto per le ricerche sociali di Oslo. Secondo il quale il fenomeno coinvolge particolarmente i somali-norvegesi. Molti di loro, infatti, preferiscono inviare i piccoli ad istruirsi in Somalia, Kenya, Egitto. Ma anche stranieri di origine pakistana o irachena optano spesso per questo modello educativo. Oltre a credere che l'apprendimento sarà più efficace fuori della Norvegia, sostengono i ricercatori, i genitori vogliono dare ai figli anche l'opportunità di un più stretto contatto con la cultura di provenienza. Grazie ai redditi scandinavi, poi, potranno garantire ai loro figli un migliore tenore di vita in quei paesi, rispetto a quello che potrebbero permettersi in nord Europa.
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Re: Migranti e ła entegrasion en Ouropa

Messaggioda Berto » mer set 23, 2015 6:19 am

Muxlim a Roterdan en Olanda

Jean-Baptiste Kim

A MUSLIM TOLD A DUTCH GIRL "YOU DRESS LIKE A WHORE" AND THE DUTCH GIRL STARTED TO ARGUE. GUESS WHAT HAPPENED NEXT
She got beaten by two Muslim men right in street and it was day time. It happened in Rotterdam, Netherlands. Welcome to Europe.
Un musulmano ha detto a una ragazza olandese "ti vesti come una puttana" e la ragazza olandese ha iniziato a discutere. Indovina cos'è successo dopo
Lei è stata picchiata da due uomini musulmani in strada in pieno giorno. È successo a Rotterdam, nei paesi bassi. Benvenuti in Europa.

https://www.facebook.com/USA2028883144/ ... 5315379717
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Re: Migranti e ła entegrasion en Ouropa

Messaggioda Berto » mer set 23, 2015 6:36 am

Muxlim a Roterdan en Olanda

Jean-Baptiste Kim

A MUSLIM TOLD A DUTCH GIRL "YOU DRESS LIKE A WHORE" AND THE DUTCH GIRL STARTED TO ARGUE. GUESS WHAT HAPPENED NEXT
She got beaten by two Muslim men right in street and it was day time. It happened in Rotterdam, Netherlands. Welcome to Europe.
Un musulmano ha detto a una ragazza olandese "ti vesti come una puttana" e la ragazza olandese ha iniziato a discutere. Indovina cos'è successo dopo
Lei è stata picchiata da due uomini musulmani in strada in pieno giorno. È successo a Rotterdam, nei paesi bassi. Benvenuti in Europa.

https://www.facebook.com/USA2028883144/ ... 5315379717
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Re: Migranti e ła entegrasion en Ouropa

Messaggioda Berto » mer set 23, 2015 6:38 am

???
Nella scuola che sfida la Lega tutti i bambini del mondo Il modello Brescia. Alla Manzoni, nel cuore della città, quest'anno le due prime elementari composte solo da stranieri: qui l'integrazione funziona
di BENEDETTA TOBAGI
21 settembre 2015

http://www.repubblica.it/scuola/2015/09 ... /?ref=fbpr

Mohamed Elvis dal Bangladesh, Maryam dall'Egitto, Youssef dalla Tunisia, Mihidu da Sri Lanka, Jinhong dalla Cina, Peace e Precious dalla Nigeria, Zohra dal Marocco, Sabina dalla Romania... per 35 bimbi che hanno iniziato la scuola lunedì scorso, l'"internazionale futura società" è già qui. Accade a Brescia (nono Comune in Italia per presenza di stranieri, 36mila su 196mila), nella primaria "Manzoni", un vecchio edificio ai margini del quartiere del Carmine. Le strade eleganti del centro distano pochi minuti, come pure i casermoni dell'ex zona operaia di via Milano e il trambusto della Stazione. Già regno di ladri e puttane, da vent'anni è uno dei quartieri più multietnici d'Europa (metà dei residenti sono stranieri di 60 nazionalità diverse), oggetto di tesi e studi scientifici.

La mattina, mezz'ora prima dell'ingresso, il cortile comincia a riempirsi di bimbi: il prescuola non c'è ancora, ma i genitori lavorano. Poi la processione di mamme: sari, qualche djellaba e ogni foggia di velo (uno solo integrale, però). Tuniche svolazzanti su pantaloni colorati, le pakistane stanno tra di loro. Un bimbo di sette anni col turbante dei sikh. Sembra una periferia di Parigi o Londra, o una vecchia pubblicità di Benetton. La Manzoni è diventata un "caso" perché nelle due prime tutti gli alunni sono stranieri ( sebbene alcuni abbiano cittadinanza italiana), ma la situazione matura da anni: i genitori italiani, spaventati dalla crescente concentrazione di stranieri, sono fuggiti nelle paritarie di zona o in altri distretti, accelerando il processo. Come invertire questa polarizzazione, o far rispettare i "tetti" di cui parla Salvini? Gli stranieri sono colonne portanti dell'economia e i loro bambini hanno diritto di studiare. Privare i genitori italiani della facoltà di scegliere la scuola dei figli? Varca i cancelli la terza mamma con quattro bambini: ecco i tassi di natalità che faranno dell'Italia intera un Paese multietnico. Non è un "caso", questo, ma un laboratorio in cui osservare uno spaccato del futuro, le sfide che pone, le buone pratiche per affrontarle.

Dopo aver cantato insieme, i bambini di prima siedono per gli esercizi preparatori alla scrittura. "Vanno ad annate come il vino, fermo o frizzante" scherza Rebecca, coordinatrice d'istituto, "quest'anno sono calmi per fortuna ". Si respira un'aria serena, ma la situazione è complicata. "Posso andare in bagno?" chiede con un filo di voce Viktoria, ucraina: l'ha appena imparato. Insieme a Maksim, bielorusso, è una dei sei nuovi allievi che non sanno l'italiano; 32 in tutto, distribuiti sui cinque anni, ma ne arriveranno ancora. La competenza linguistica degli altri è disomogenea. In questi casi, si usa distaccare un docente per una decina d'ore la settimana: insegna la lingua a piccoli gruppi mentre gli altri fanno storia o italiano, e in ore come musica o ginnastica si sta tutti insieme, mi spiega Eugenio, maestro dall'82, per molti anni "alfabetizzatore" alla Manzoni. Funziona, ma costa.

Per ora non c'è nulla: il provveditorato comunicherà le risorse stanziate dal Miur tra ottobre e novembre, dicono. Anche se le richieste sono state presentate già la scorsa primavera, elaborate d'intesa con i Centri Territoriali per l'Integrazione, ideati 11 anni fa da una maestra bresciana al provveditorato. Purtroppo, mi spiega un'addetta, i fondi l'anno scorso erano solo la metà rispetto al 2003-2005, anche se nel frattempo gli stranieri sono triplicati. Per di più, l'organico delle tre primarie di Brescia centro è stato ridotto. I genitori fuggono anche per questo: le maestre devono star dietro a tutti e un bambino italiano, temono, "perderebbe tempo". Le risorse del Comune, che pure s'impegna molto, si sono assottigliate: sono mancati i soldi per portare i bimbi in piscina. Davvero "tagliare le tasse è di sinistra" se si toglie ossigeno ai sindaci, sulla pelle dei più deboli? Qui il disagio sociale è palpabile. Solo 12 neoarrivati sono iscritti alla mensa: costa troppo. Tanti vengono da famiglie povere, figli di operai non specializzati (nel bresciano lo è uno straniero su 5), sottoccupati, senza lavoro. Sono i nuovi ragazzi della scuola di Barbiana. L'istituzione non è più classista e autoritaria come ai tempi di don Milani, anzi, cerca di colmare i divari: non chiedono ai genitori risme e carta igienica, spiega la dirigente, ma usano la coperta cortissima dei fondi per pagare uscite scolastiche e materiali, a discapito di altro. Le lavagne interattive sono una chimera: ce n'è una sola. Spesso le maestre contribuiscono di tasca propria.

A Brescia, per fortuna, c'è una forte la rete di solidarietà. Oratori come S. Faustino e S. Giovanni o centri d'aggregazione giovanili come "Carmen Street" dei padri maristi sono aperti a tutti, musulmani inclusi. I volontari vanno a prendere i bambini alle 16:30 e li tengono fino a sera, offrendo sport, giochi, l'assistenza sui compiti che i genitori non saprebbero dare. Qui i piccoli allievi della Manzoni possono mescolarsi agli italiani: fondamentale per una vera integrazione, che non è solo parlare la lingua. In questo senso, la scuola primaria ha un'altra ricaduta sociale importante. I maestri, infatti, "educano" di fatto anche molti genitori stranieri. Rischia di suonare razzista, ma sono alcuni di loro a creare i maggiori problemi, confessa Eugenio: la mamma nigeriana convinta che i maschietti vadano sempre serviti, il papà che mette mano alla cinghia. Le maestre Barbara S. e Maria T. ricordano l'opera paziente di persuasione sui genitori musulmani che non accettavano la mescolanza tra maschi e femmine o non volevano mandare la figlia in piscina, le mediazioni sull'uso del velo per le più piccole. Servono tempo, pazienza, apertura. E risorse. In attesa che dall'alto si ricordino di loro, gli insegnanti vivono il lavoro come una missione. Fanno le nozze coi fichi secchi: percorsi condivisi bambini-genitori, laboratori sulla cucina e le favole dal mondo, didattica conversazionale; l'anno scorso con le quinte (una sola bambina italiana) hanno persino fatto un musical. Mostrano spezzoni del loro "Grease" alla festa d'accoglienza per i genitori dei nuovi arrivati; ce n'è più della metà: un buon risultato. Tra loro un'ex allieva dominicana: oggi ventottenne, ha iscritto qui la prima figlia, "perché sono bravissimi".

Certo, alcune zone della città non sono più linde e tranquille come vent'anni fa, ma a Brescia, a dispetto delle polemiche leghiste, l'integrazione funziona, e la scuola ha fatto la differenza. Uscita dalla Manzoni, ai tavolini di un bar del centro vedo un crocchio multietnico di adolescenti. Il maestro Eugenio si ferma, scherza con un ragazzo di colore, suo ex allievo. Era un bambino tolto alla famiglia, mi spiega (la Manzoni ha nel bacino d'utenza anche due istituti per minori in affido): poteva diventare un "caso", invece sta benissimo e ha appena iniziato le superiori. I problemi non affrontati alle primarie si ripropongono alle medie, amplificati. Il fenomeno delle "gang" qui non esiste ancora. I problemi sono grandi, i dilemmi continui. Vogliamo governare la complessità, investendo in buone pratiche sul modello di Brescia e altre realtà, oppure - tra tagli mascherati e speculazione sulla paura - scivolare verso i divari abissali della società statunitense?


Alla Manzoni che si trova nel centro della città solo 'remigini' di Cina, Sri Lanka, India, Pakistan, Moldavia e Filippine. Le maestre: "Complicatissimo, alcuni non parlano la nostra lingua"
Brescia, solo alunni stranieri in due prime elementari. Salvini: "Serve un tetto"
14 settembre 2015

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... -122876694
Più multietnico di così non poteva essere l'inizio delle lezioni alla 'Manzoni' di Brescia, dove le due uniche prime elementari sono composte esclusivamente da alunni stranieri. Nessun 'remigino' italiano, ma un mix di storie personali e culture diverse che ha già messo un po' in apprensione gli insegnanti. Diciassette bambini in una classe, 18 nell'altra. Sono nati o hanno i genitori provenienti da Cina, Sri Lanka, India, Pakistan, Moldavia e Filippine.
Si tratta di un record per una scuola, nel cuore del centro città, che da anni si distingue per l'elevata presenza di stranieri. Mai prima d'ora il numero di studenti stranieri aveva raggiunto un picco come quello di questo anno scolastico. "Lavorare in queste classi è complicatissimo", ammettono gli insegnanti che si preparano a vivere un anno scolastico particolarmente difficile. "Alcuni bambini sono arrivati in Italia da poco e non parlano la nostra lingua - racconta una maestra - Speriamo che il provveditorato assegni presto qualcuno altrimenti lavorare così sarà impossibile. E addio a tutti i bei progetti avviati fino ad ora".
"E' la prima volta che si verifica una situazione simile a Brescia", ammette dall'ufficio scolastico provinciale, il responsabile Mario Maviglia. Ma soluzioni al momento il dirigente non ne intravede. "L'unica vera soluzione sarebbe quella di unire le scuole del centro città, dove il numero di stranieri è elevato, sotto un unico istituto - ipotizza - in modo da permettere ad un preside di evitare classi di questo genere". Progetto in chiave futura, ma non certo realizzabile ad anno scolastico iniziato. Così le due classi di stranieri della scuola Manzoni non cambieranno. "Essendo le uniche prime elementari della scuola non vedo alternative - continua Maviglia - Daremo maggiori risorse, tra ore ed insegnanti, per rendere più facile l'insegnamento".
Quindi una replica e un auspicio per i docenti. "E' chiaro che in queste situazioni - dice - l'insegnante svolge un ruolo diverso rispetto a quello tradizionale. "E' educatore, psicologo - spiega - e dopo insegnante".

Non si fa sfuggire l'occasione il segretario della Lega, Matteo Salvini, che commenta così: "Non è buona scuola senza un tetto ai bimbi di altre nazionalità. Così non è integrazione".


Brescia, classi con bambini figli di immigrati. Le mamme straniere : "Sono le italiane a non volere i figli qui"
Brescia, la madre italiana di un bimbo nella classe di maggioranza straniera:

17 Settembre 2015
http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... figli.html

Nella scuola primaria Manzoni, nel centro di Brescia, le prime due classi primarie contano ben 35 studenti iscritti stranieri. Di questi solo sei hanno la cittadinanza italiana ma sono figli di genitori immigrati. Le maestre, preoccupate per la polemica, riportata dal Corriere di Brescia, scoppiata in seguito alle dichiarazioni del leghista Matteo Salvini ( "Serve il tetto agli stranieri nelle classi") , hanno deciso di lanciare un appello per far sì che il caso, diventato ormai nazionale, incentri l'attenzione su quanto la diversità possa rivelarsi una risorsa preziosa. Una madre italiana , sposata con un marocchino, di un bimbo iscritto alla scuola multiculturale, si è fatta portavoce di questo vantaggio: "Mio figlio è italiano: Anis viene considerato straniero perché mio marito è marocchino. Ma io l’ho iscritto qui proprio per una ragione culturale: stare al mondo vuol dire relazionarsi con tutti. Questo non è un ghetto, è un’occasione. Questa situazione è figlia del pregiudizio. Al parco, al supermercato, girava già la voce: bisogna evitare la Manzoni perché frequentata da molti stranieri. Io ho preferito invece iscrivere mio figlio qui perché gli insegnanti sono bravi e il metodo utilizzato è di qualità. Dalla multiculturalità c’è solo da guadagnare".

Il personale scolastico è preoccupato - Ma la signora Maria Vino è una delle poche mamme disposte a parlare. Molte di loro infatti non parlano bene l'italiano o comunque preferiscono non sbilanciarsi a riguardo commentando con un semplice: "L'importante è che le maestre siano brave". La situazione alla Manzoni preoccupa soprattutto il personale scolastico che senza l'autorizzazione della dirigente scolastica evita di sbilanciarsi. "Con le insegnanti non si parla senza la sua autorizzazione", ha affermato un'assistente in portineria.

Il passaparola e il pregiudizio tra italiane - Un problema che spaventa molto le mamme italiane a detta di Sarella Boraccia, una mamma di una bimba di seconda: "Il problema è delle mamme italiane, si sono passate la voce di non iscrivere qui i bambini perché c’erano troppi stranieri e così in prima non è rimasto nessun italiano". Al contrario di quello che confessa una mamma senegalese: "Davvero? Solo stranieri in prima? Non lo sapevo. Per me non è un problema". Certo è quasi impossibile che nessuno sappia nulla dato che i casi di italiani che hanno ritirato i figli da scuola ci sono stati, anche se l'ufficio scolastico dichiara numeri esigui.

Le mamme straniere non hanno problemi - "I miei cinque figli li ho tutti iscritti qui è un’ottima scuola. Avere i compagni di tutte le provenienze è un vantaggio: i bambini imparano subito tante lingue, solo gli italiani parlano solo l’italiano!", assicura Seham el Wahed, egiziana. A proposito è intervenuta anche l'assessore comunale Roberta Morelli: "La padronanza dell'italiano è l'unico ostacolo che può avere uno studente straniero. Per avere una fotografia esatta delle conoscenze linguistiche degli studenti stranieri, quest’anno distribuiremo dei questionari nelle scuole a partire da quelle dell’infanzia, per avere chiaro il livello di ciascuno". E per cercare di porre rimedio al problema assicura: "I primi progetti di alfabetizzazione che verranno finanziati saranno dirottati su questa scuola".

Non troppo lontani dalla Lega - Il dirigente scolastico provinciale, Mario Maviglia, dovrebbe e vorrebbe ottenere a breve un potenziamento d’organico, ma non si distanzia poi di molto dalle parole di Salvini dichiarando: "In quella zona la concentrazione di stranieri è molto alta, bisognerebbe distribuirli nelle diverse scuole del centro con la regia del Comune".
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Re: Migranti e ła entegrasion en Ouropa

Messaggioda Berto » ven ott 02, 2015 9:22 pm

Frans Timmermans: "L'Europa non è in grado di accogliere tutti. Detto questo, non è possibile pensare a tetti per i richiedenti asilo: sarebbe una violazione del diritto internazionale"

https://www.facebook.com/MagdiCristianoAllam?fref=ts

Buongiorno amici. Che ne pensate della dichiarazione fatta dal primo vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans: "L'Europa non è in grado di accogliere tutti. Detto questo, non è possibile pensare a tetti per i richiedenti asilo: sarebbe una violazione del diritto internazionale"? Sarebbe come dire: l'Europa non può accogliere tutti i clandestini della terra, ma li deve comunque accogliere perché così prescrive il diritto internazionale.

L'Unhcr, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, prevede l'arrivo in Europa di 1,4 milioni di clandestini tra 2015 e 2016. Chi li accoglierà in un'Europa che soffre di crisi economica e conflittualità sociale, che pertanto non può oggettivamente farsi carico di un milione e mezzo di clandestini? E se anziché 1,4 milioni ne arrivassero 8 milioni, come ha paventato il capo del governo turco una decina di giorni fa, calcolando che in Siria ci sono 4 milioni di profughi e 7,5 milioni di sfollati?

Cari amici, è ora di svegliarci dal sonno della ragione e di recuperare il valore del sano amor proprio e del bene comune. Ciò che va fatto è porre subito fine alla causa che ha provocato questo esodo epocale di disperati, ed è la guerra scatenata dal terrorismo islamico con il folle sostegno dell'Occidente. Bisogna combattere tutti uniti per sconfiggere ed annientare lo "Stato islamico" dei terroristi dell'Isis. Bisogna ripristinare la legalità, l'unità territoriale, la sicurezza e la sovranità nazionale in Siria, Iraq e Libia. In parallelo bisogna creare condizioni di vita dignitose per quelle popolazioni. Ognuno viva dignitosamente a casa propria. ‪
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