Australia e clandestini

Australia e clandestini

Messaggioda Berto » lun mar 28, 2016 9:59 pm

Il film del governo australiano per scoraggiare i migranti
Racconta la storia di un gruppo di afghani che prova senza successo ad arrivare in Australia con un barcone ed è stato trasmesso per la prima volta in Afghanistan

28 marzo 2016

http://www.ilpost.it/2016/03/28/film-migranti-australia

Venerdì 25 marzo è andato in onda su due canali televisivi afghani un film finanziato dal governo australiano il cui scopo è scoraggiare l’arrivo via mare di nuovi migranti in Australia. Il film si chiama The Journey (“il viaggio”, in inglese), e racconta la storia di un gruppo di afghani che parte per mare per l’Australia con una nave in cattive condizioni, per poi finire in una prigione indonesiana. Il film è già stato trasmesso in Iraq e in Pakistan – e infatti sul suo canale YouTube ufficiale il film è disponibile in forma integrale in lingua Farsi e Urdu – ma in Afghanistan è andato in onda per la prima volta venerdì scorso su alcuni canali locali.

Secondo i dati del governo australiano, la maggior parte dei richiedenti asilo che negli ultimi anni sono arrivati via mare era afghana e le loro richieste avevano un grado di accettazione superiore al 96 per cento. Ora le cose sono un po’ cambiate, e la linea del governo è diventata più dura.The Journey è solo l’ultima delle numerose misure del governo australiano per contrastare l’immigrazione clandestina: negli ultimi anni l’Australia viene spesso citata come un modello da parte di chi propone misure più severe sull’immigrazione.

Il film è stato finanziato dal Dipartimento dell’Immigrazione australiana con circa 6 milioni di dollari australiani (circa 4 milioni di euro): 4,34 per la casa cinematografica di Sydney Put It Out There per produrre il film, e 1,63 milioni di dollari per la Lapsis Communication per promuoverlo (il film ha pagine Facebook molto attive e in diverse lingue parlate nel Medio Oriente). Sul suo sito, Put It Out There ha scritto che «il film ha come obbiettivo quello di informare gli spettatori riguardo l’inutilità di dare soldi ai trafficanti, i pericoli del viaggio e le misure severe che li attendono se riescono a raggiungere le acque australiane».

Un portavoce del Dipartimento dell’Immigrazione australiana ha spiegato che il film ricopre una “parte fondamentale” nella loro strategia contro il traffico di clandestini, anche se un dirigente di Lapis ha specificato che The Journey non può essere considerato un film di propaganda: «i finanziatori sono specificati, non c’è nulla di nascosto o segreto. La cosa più importante è che le idee e i valori attorno il film riguardano un problema molto serio e tragico, con l’obbiettivo ultimo di salvare delle vite».

Il Guardian ha intervistato alcuni ragazzi afghani che venerdì hanno visto il film in tv. Ali Reza, un 18enne che lavora come sarto, ha spiegato che The Journey «è stato molto duro. Mi ha sconvolto. So che quelli nel film erano degli attori, ma cose del genere accadono davvero agli afghani». Yama Taheri, un ragazzo intervistato mentre stava giocando a calcio in un parco di Kabul, ha raccontato che secondo lui la scena più inquietante è stata quella in cui tre fratelli muoiono annegati: «mi ha fatto pensare che se proverò a farlo coi miei amici, succederà anche a me».

Da più di un anno l’Australia ha introdotto politiche particolarmente severe nei confronti dell’immigrazione, di cui si è discusso in tutto il mondo. Formalmente il governo australiano sostiene di dare la possibilità ai migranti che arrivano via mare di fare richiesta da asilo, ma il problema è che la maggior parte non ci arriva nemmeno: da tre anni il governo australiano applica una durissima politica di respingimenti di barconi oppure di deportazione forzata dopo alcuni giorni passati in centri di detenzione temporanea. Il governo sostiene che nel corso del 2014 una sola imbarcazione è riuscita a raggiungere le coste australiane. Negli ultimi anni il flusso di afghani verso l’Australia si è comunque ridotto, secondo il Guardian anche grazie all’inasprimento delle misure sull’immigrazione e a campagne per scoraggiare nuovi richiedenti asilo. Nel 2015 i cittadini afghani arrivati in Europa sono stati secondi solo a quelli siriani, per numero: più di 150mila di loro, fra l’altro, sono finiti nella sola Germania.
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Re: Aostrałia e refuxanti migranti

Messaggioda Berto » sab set 03, 2016 12:32 pm

Il pugno duro dell'Australia con i migranti
Lorenzo Mattia Nespoli
05 Agosto 2016

Nessuna possibilità di accoglienza per chi è senza visto: i profughi sono respinti in Papua Nuova Guinea, Stato con forti criticità sociali e scarso rispetto dei diritti umani

http://www.lottaquotidiana.it/attualita ... ranti.html

Provvedimenti drastici e slogan tutt'altro che ospitali, quelli divulgati dal Dipartimento australiano per l'immigrazione e la cittadinanza. Anche in un contesto geografico e socio-culturale così lontano da noi, infatti, sembrano verificarsi situazioni di intolleranza e intransigenza che ricordano – o peggiorano - quanto accade o è accaduto dalle nostre parti.

Dal 19 luglio scorso, infatti, lo slogan del Dipartimento, in relazione agli immigrati, è «se arrivate qui con la barca senza visto, non troverete sistemazione in Australia». Dopo il «non farete dell'Australia la vostra casa in nessun modo» di due anni fa, arrivano dunque nuove "maniere forti". Respingimento a priori, sostenuto da una legge di recente approvazione, pensata – teoricamente - per il contrasto alla clandestinità è quanto mira a mettere in pratica l'Australia. Non solo: le barche che trasportano immigrati senza permesso saranno rimandate indietro con la forza, verso la Papua Nuova Guinea.

Sarà qui – e non in Australia - che i profughi verranno identificati ed eventualmente inseriti come rifugiati politici, nel caso avessero bisogno di protezione. Se invece il Paese d'origine non è un contesto da cui è necessario proteggersi, i migranti saranno costretti a farvi ritorno. Ciò che sta suscitando ampia disapprovazione nei confronti del governo australiano, tuttavia, è che la Papua Nuova Guinea è uno Stato in cui sono presenti diverse criticità sociali e legate ai diritti umani.

Uno dei più alti tassi di violenza al mondo, sfruttamento dei bambini, detenzioni in condizioni spesso poco umane, maniere forti delle forze dell'ordine. Sono solo alcuni dei problemi per cui la Nazione del Pacifico è frequentemente al centro delle rimostranze delle associazioni umanitarie. L'Unicef, ad esempio, la considera pericolosa proprio per la vulnerabilità dei bambini che la popolano.

A completare il quadro, il sistema penale della Papua Nuova Guinea, che prevede ben cinque metodi differenti di pena capitale - impiccagione, fucilazione, privazione di ossigeno, scossa elettrica e iniezione letale - e punisce l'omosessualità con sentenze fino a 14 anni di carcere. Alla luce di tutto ciò, secondo diversi osservatori dei diritti umani, la scelta australiana di "dirottare" i migranti in un contesto simile appare piuttosto azzardata e pericolosa. Secondo l'avvocato David Manne, i provvedimenti sull'immigrazione suddetti sono contro la Convenzione di Ginevra, documento con cui anche l'Australia si è impegnata ad assistere i profughi che giungono presso le sue rive.

Il Premier Kevin Rudd, tuttavia, ha giustificato l'approvazione delle nuove misure come un passo necessario per la difesa delle frontiere, nonché per il contrasto al traffico illegale di persone. Un Paese in cui i migranti hanno storicamente costituito un apporto fondamentale per la società sembra quindi aver imboccato la strada della "tolleranza zero", dei respingimenti coatti e dello "scaricamento" del problema ad altri Stati, fuori dalle proprie acque territoriali.
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