Reggio Emilia, il questore: «Ai figli degli immigrati servono corsi di legalità»
Luigi Vinceti
16 ottobre 2019
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Il questore Antonio Sbordone lancia la proposta parlando al Rotary Club: «Non hanno possibilità di apprendere in famiglia alcune regole civiche, dobbiamo insegnargliele»
REGGIO EMILIA. La nostra città è abbastanza sicura? Lamenta dei punti particolarmente vulnerabili? Cosa possiamo fare per rafforzare la tranquillità collettiva? Sono alcuni quesiti che i rotariani hanno posto al questore, Antonio Sbordone, al termine della sua relazione tenuta martedì al Cristallo, incentrata sulla correlazione fra “Sicurezza sociale e sviluppo economico”.
A tal proposito colpisce l’idea del questore di promuovere percorsi di formazione alla conoscenza della legislazione italiana per i figli degli immigrati. «Non hanno la possibilità di apprendere in famiglia alcune regole di educazione civica – osserva Sbordone – e allora, dai 6 anni in avanti, dovremmo insegnargliele noi. Altrimenti finiscono per aderire a gruppi di sbandati causando danni a se stessi e agli altri». Quando era a Ferrara avviò specifici corsi.
Ad accogliere il questore i presidenti di vari club: Giovanni Baldi per Reggio, Alberto Bergianti per le Terre di Matilde, Maria Cristina Saccani per Brescello, Liborio Cataliotti per la Val di Secchia e Roberto Simonazzi per Guastalla. Da tanti (compreso il direttore della Gazzetta,Stefano Scansani) le domande sui punti più vulnerabili e le criticità più elevate.
Per la cronaca Antonio Sbordone è sbarcato a Reggio nel novembre di due anni fa. Di origine napoletana, laureato in giurisprudenza, ha tre figli impegnati nella formazione accademica. Afferma di apprezzare l’ospitalità reggiana. In futuro gli piacerebbe andare in una città con il mare. La sua più triste esperienza reggiana? Lo stupro di una ragazza nel parco cittadino.
La più bella? Il rapporto con i cittadini e il legame con la squadra con cui lavora. Cita poi una scritta letta al suo arrivo su un muro in circonvallazione: «Noi siamo calabresi, voi no». A suo giudizio, ’ndrangheta e malavita in genere si sono inserite ormai da decenni nel reggiano approfittando delle difficoltà di alcuni imprenditori; in parte hanno quindi contaminato l’economia e la società locale.
Il contrasto delle forze dell’ordine è però efficace e, non a caso, sono in calo i reati: rapine ed omicidi sono il 50% di dieci anni fa. È di un paio di giorni fa la classifica de Il Sole 24 Ore che certifica l’ottima posizione della nostra provincia nel confronto a livello nazionale. Gli allarmi principali derivano dalla droga con consumi in crescita e dai furti nelle abitazioni e scippi. Ma non bastano le statistiche: servono azioni concrete, tutti insieme, per dare fiducia ai cittadini.
Meno male che, entro primavera, arriveranno altri 20 nuovi agenti e ciò gli consentirà di svolgere ulteriori azioni nelle zone “ghetto” in cui si rifugiano gli sbandati e dalle quali è difficile espellerli.
Per fortuna alle ex Reggiane i “residenti” sono scesi dal centinaio ad una sessantina. Lo Stato talvolta ritarda a reagire, ma forze dell’ordine e magistratura si stanno attrezzando ed anche se il meccanismo malavitoso è tutt’altro che sconfitto c’è una concreta reazione. Si può quindi guardare con fiducia al futuro.
Alberto Pento
Non solo e tanto corsi di legalità ma di umanità, di civiltà e di rispetto per i paesi altrui dove arrivano, specialmente se accolti e ospitati come rifugiati.
Poi bisogna fare altrettanto con quei particolari e demenziali cittadini italiani che istigano i migranti (clandestini, rifugianti, falsi e abusivi rifugianti e migranti regolari) a non avere rispetto per gli abitanti dei paesi che li ospitano e a pretendere assurdità e oltre misura.