La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » gio lug 19, 2018 1:51 am

Open Arms, Libia lascia morire donna e bimbo
2018/07/17

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... c423b.html

La Libia avrebbe lasciato morire una donna e un bambino che erano a bordo di un gommone in difficoltà. Lo denuncia Proactiva Open Arms pubblicando su twitter le foto dei due corpi in mare, tra i resti di una barca. "La Guardia Costiera libica ha detto di aver intercettato una barca con 158 persone fornendo assistenza medica e umanitaria - ha scritto il fondatore della Ong Oscar Camps - ma non hanno detto che hanno lasciato due donne e un bambino a bordo e hanno affondato la nave perché non volevano salire sulle motovedette".

Nelle foto si vedono i corpi di una donna e di un bambino, ormai privi di vita e appoggiati a quello che resta del gommone. "Quando siamo arrivati - dice ancora Camps - abbiamo trovato una delle donne ancora vive ma purtroppo non abbiamo potuto far nulla per l'altra donna e il bambino". Secondo Camps i due sarebbero morti poche ore prima che la nave di Open Arms arrivasse nella zona. A bordo della nave c'è anche il deputato di Leu Erasmo Palazzotto. "Matteo Salvini - ha scritto su twitter pubblicando la foto della donna e del bambino - questo è quello che fa la guardia costiera libica quando fa un salvataggio umanitario. Open Arms ha salvato l'unica superstite mentre i tuoi amici libici hanno ucciso una donna e un bambino. Almeno oggi abbi la decenza e il rispetto di tacere e aprire i porti".

La versione diffusa dalla Ong Proactiva Open Arms, secondo la quale vi sarebbe stata un'omissione di soccorso da parte dei libici che ha provocato la morte di una donna e di un bambino abbandonati tra i resti di un gommone, "è una fake news". E' quanto sostengono fonti del Viminale sottolineando che "nelle prossime ore" verrà resa pubblica "la versione di osservatori terzi che smentiscono la notizia secondo cui i libici non avrebbero fornito assistenza".

Open Arms attacca politica italiana - "Ogni morte è la conseguenza diretta di quella politica". E' l'accusa che la Ong Proactiva Open Arms lancia nei confronti dell'Italia dopo aver recuperato in mare tra i resti di un gommone il cadavere di una donna e di un bambino e aver salvato un'altra donna. "Denunciamo l'omissione di soccorso in acque internazionali - scrive la Ong su Twitter pubblicando un video dell'intervento di soccorso - e l'abbandono di una persona viva e i cadaveri di un bambino e una donna dalla presunta Guardia costiera libica, legittimata dall'Italia".

Salvini: bugie e insulti da Ong, io tengo duro - "Bugie e insulti di qualche Ong straniera confermano che siamo nel giusto: ridurre partenze e sbarchi significa ridurre i morti, e ridurre il guadagno di chi specula sull'immigrazione clandestina. Io tengo duro. #portichiusi e #cuoriaperti": così il ministro dell'Interno Matteo Salvini replica su Facebook alle accuse rivolte all'Italia da Proactiva Open Arms. "Sfido chiunque a trovare un tweet in cui invito a lasciare un essere umano in mare. Il mio obiettivo è salvare tutti, soccorrere tutti, curare tutti, nutrire tutti - ha detto poi Salvini a Fermo, rispondendo alle domande dei giornalisti su un articolo pubblicato oggi dal quotidiano Avvenire -, ma anche evitare che tutti arrivino in Italia".

Oim, 1.443 morti nel Mediterraneo nel 2018 - Un totale di 50.872 migranti e rifugiati sono giunti in Europa via mare dall'inizio del 2018 al 15 luglio scorso e 1.443 persone sono morte mentre tentavano di raggiungere le coste europee, ha indicato l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). La rotta del Mediterraneo centrale verso l'Italia resta la più letale, con 1.104 vittime registrate dall'inizio del 2018, quasi quattro volte il numero di annegamenti notificati sulla rotta per la Spagna (294), benché i numeri degli arrivi nei due Paesi siano quasi identici.

Sempre secondo i dati dell'Oim, la Spagna ha superato l'Italia per numero di arrivi di migranti dall'inizio dell'anno al 15 luglio: 18.016 quelli sbarcati sulle coste spagnole, lungo la rotta del Mediterraneo occidentale, rispetto ai 17.827 arrivati attraverso la rotta centrale dalla Libia all'Italia. In Spagna non si ferma intanto l'emergenza, con oltre 892 persone tratte in salvo nel solo fine settimana al largo delle coste andaluse.

Frontex, -87% arrivi in Italia a giugno - Il numero di migranti arrivati in Italia a giugno attraverso la rotta centro-mediterranea è crollato a 3.000, l'87% in meno di giugno 2017. Mentre per la prima volta la rotta del Mediterraneo occidentale diventa la più attiva e il numero degli arrivi in Spagna è schizzato a 6.400, il 166% in più di giugno 2017. In generale, nella prima metà del 2018 il numero degli attraversamenti irregolari nella Ue (60.430) è quasi dimezzato rispetto a un anno fa.



Disgrazia in mare, le bugie della Ong e le accuse di Saviano
Nicola Porro
18 luglio 2018

https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-por ... di-saviano



Open Arms, Marina libica nega accuse. Palazzotto: "Due interventi diversi". Cronista conferma: "C'era altra missione"
18 luglio 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ne/4500368

Era stato lo stesso Viminale a parlare della “versione di osservatori terzi“. Una testimonianza che avrebbe smentito la ong Proactiva Open Arms e le accuse lanciate martedì alla guardia costiera libica di aver lasciato morire in mare una donna e un bambino, trovati senza vita su imbarcazioni sfasciate nel Mediterraneo. A bordo di una motovedetta di Tripoli c’era infatti la giornalista tedesca Nadja Kriewald. E lei al Messaggero ha confermato: “Ne siamo sicuri, quando siamo andati via non c’era più nessuno in acqua”. Ma ora all’Ansa la stessa cronista rivela un altro particolare: “Il capitano libico della nostra imbarcazione mi ha riferito che un paio d’ore prima, nella stessa area, c’era stata un’altra missione da parte di un’altra imbarcazione della guardia costiera libica”.

Non è detto quindi che il salvataggio filmato dalla tv tedesca e quello in cui, secondo le accuse, sono state lasciate morire una donna e un bambino, siano lo stesso. Esattamente come sostiene Erasmo Palazzotto, il deputato di Liberi e Uguali a bordo di Open arms: “Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un’altra lasciava in mezzo al mare due donne ed un bambino. Sono due interventi diversi, uno ad 80 miglia davanti a Khoms e l’altro davanti a Tripoli“, ha scritto su Twitter. Per questo Palazzotto ha parlato di un “maldestro tentativo di depistaggio“.

La Marina libica, 24 ore dopo le polemiche, ha risposto alle accuse della ong tirando in ballo proprio la cronista Kriewald, “testimone di ciò che è accaduto, che ha preparato un servizio sulla questione per il canale N-Tv“. Le immagini andranno in onda venerdì sull’emittente televisiva del gruppo RTL e dovevano essera una prima prova concreta di quanto accaduto. La giornalista, ospite a bordo della motovedetta ‘Ras Sdjeir‘ insieme all’operatore free-lance Emad Matoug, racconta al Messaggero che i libici “hanno fatto un ottimo lavoro e dimostrato tanta umanità“, ma spiega anche che “se la Marina libica avesse mezzi all’avanguardia potrebbe meglio intervenire: non hanno nemmeno i radar notturni“.

Concetti che ha ribadito anche all’Ansa raccontando il salvataggio durato circa un’ora e mezza: “Nessuno, che io abbia sentito, si è rifiutato di essere salvato, erano tutti delusi di essere stati presi dalla marina libica ma felici di essere sopravvissuti. Inoltre nessuno mi ha detto che mancava all’appello qualcuno”, ha spiegato la giornalista tedesca. Durante l’ operazione è stata soccorsa “una bambina della Costa d’Avorio già morta, ma lo si è scoperto solo a bordo della nave libica, perché la mamma l’ha tenuta per tutto il tempo tra le braccia in gommone senza dire che fosse morta. Probabilmente temeva che se lo avesse detto, avrebbero buttato il suo corpo in mare”, ha riferito Kriewald.

Ma la stessa N-tv per cui lavora, nell’articolo in cui ricostruisce la vicenda, spiega come i soccorsi a cui la reporter ha assistito potrebbero non essere quelli messi sotto accusa da Open Arms. “Ad alcune miglia nautiche dalla motovedetta ‘Ras Sdjeir‘, la situazione poteva sembrare molto diversa. C’era una nave in pericolo all’incirca nello stesso momento“, si legge nella ricostruzione apparsa sul sito online dell’emittente. Kriewald ha raccontato alla redazione che “non può commentare le accuse di Open Arms”. Ma ha specificato che il capitano Rameid della motovedetta le ha riferito di “un altro spiegamento della Guardia costiera libica nella stessa zona”. Mentre questa seconda missione era in corso, la motovedetta ‘Ras Sdjeir’ con a bordo la giornalista “non era ancora nelle vicinanze”, scrive N-tv. “Nel frattempo, Kriewald è tornato sulla terraferma“, si conclude la ricostruzione.

La testimonianza della giornalista tedesca potrebbe riferirsi quindi a un altro soccorso. Nel frattempo, al netto di ricostruzioni contraddittorie a seconda dei punti di vista, nessuno ha fornito prove concrete a sostegno della propria versione. Non lo ha fatto Open Arms, che aveva parlato di contatti radio tra guardia costiera libica e il mercantile ascoltati dalla ong. E neanche il ministero dell’Interno, accusato dall’organizzazione spagnola per via delle sue politiche, che aveva risposto parlando di “fake news” e aveva annunciato “prove” che avrebbero smentito la ricostruzione.

“Il governo italiano ha tutti gli strumenti per accertare cosa è successo in questo tratto di mare nella notte tra il 16 ed il 17 luglio”, sostiene Palazzotto. “Perché Salvini non rende pubblici i tracciati delle motovedette libiche di quella notte? Perché non pubblica i tabulati delle comunicazioni tra IMRCC e la Guardia Costiera Libica del 16 luglio? Così vediamo chi ha qualcosa da nascondere“, accusa il parlamentare.

Il portavoce della Marina libica Ayoub Qasem ha replicato a Open Arms che “non è nostra abitudine lasciare vite umane in mezzo al mare, la nostra religione ce lo proibisce. Tutto ciò che è successo e succede, i disastri in mare sono causati dai trafficanti, interessati solo al guadagno, e dalla presenza di ong irresponsabili come questa”. “La Guardia costiera – ha ribadito – cerca con tutti i mezzi che ha a disposizione di fare il massimo per salvare vite umane e non ha altri interessi al di fuori della Patria e dei principi dell’umanità”.

Resta tuttavia che nel lungo comunicato della Marina libica, non viene mai spiegato né chiarito perché al termine di quella “operazione condotta con grande professionalità” due donne e un bambino siano rimaste sul relitto ormai sfasciato senza che nessuno se ne sia accorto. Tutto questo mentre un’altra nave (di una società del gas che opera in zona dove c’è una piattaforma) è bloccata al largo della Tunisia con 40 migranti a bordo. Le razioni di cibo e acqua stanno finendo, ma nessun Paese tra Tunisia, Italia e Malta hanno dato il permesso di sbarcare le persone, tra le quali ci sono anche dei feriti e una donna incinta.
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Messaggioda Berto » gio lug 19, 2018 1:51 am

Non soccorrere in mare e non accogliere chi ti può fare del male, chi abusa della legge del mare per invaderti clandestinamente, per depredarti, per ridurti in schiavitù e per ucciderti, lascialo al mare.
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Messaggioda Berto » gio lug 19, 2018 7:33 am

L'Italia sbarra i porti all'Ue: "Non è più applicabile Sophia"
Claudio Cartaldo - Mer, 18/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 54838.html

La svolta del governo in una lettera alla Mogherini: da oggi non più applicabile il piano operativo della missione Sophia

Passa la linea Salvini. E dopo qualche settimana dall'annuncio di voler chiuedere i porti italiani anche alle navi delle missioni militari Ue, ora arriva la lettera di Enzo Moavero Milanesi che conferma l'intenzione dell'Italia nei confronti della missione Sophia.

La missiva indirizzata dal Ministero degli Affari Esteri alla Vice Presidente della Commissione e Alto Rappresentante, Federica Mogherini, profuma di ultimatum. La questione sbarchi è spinosa. Ecco i fatti: nel 2015 il governo Renzi firmò un accordo secondo cui tutti i migranti recuperati in mare da imbarcazioni Ue sarebbero dovuti approdare in Italia. Il patto, criticato duramente dall'attuale ministro dell'Interno, era stato rivisto qualche mese prima della nascita del governo giallo-verde e l'operazione Triton è stata sostituita da Themis. Ma, come spiegato da Moavero, sebbene nella teoria il nuovo accordo non preveda più l'obbligo per l'Italia di aprire i suoi porti, esiste ancora un "piano operativo" delle missioni Ue che - di fatto - lascia tutto esattamente come prima. Sophia, infatti, segue il piano operativo basato su Triton e continua a farlo anche se questa non esiste più.

Per rompere la catena legata ai piedi del Belpaese, il governo già a inizio luglio aveva fatto trapelare l'intenzione di ridiscutere a Bruxelles le firme apposte dal Pd. E oggi ne è arrivata la conferma. La Farnesina, infatti, nella sua lettera alla Mogherini ha scritto a chiare lettere che l'Italia non ritiene più applicabili le attuali disposizioni del 'piano operativo' della missione Eunavformed Sophia. Tradotto: tutto deve cambiare da oggi.

Domani si riunirà a Bruxelles il Comitato Politico e di Sicurezza. Il nostro rappresentante, inviato da Moavero, solleverà la questione Sophia nella speranza che le cose cambino. E che l'Italia non sia più considerata dall'Ue un porto aperto a tutti.
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Messaggioda Berto » ven lug 20, 2018 3:04 am

Il trafficante di esseri umani di Agadez: "Il Sahara inghiotte più vite del Mediterraneo"

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ ... 30fb6.html

Ad Agadez, città nigerina crocevia della principale rotta migratoria, l’inviato di Rainews24 Ilario Piagnerelli ne ha incontrato uno. Il passeur, di etnia tuareg, spiega il suo punto di vista sulle stragi di migranti nel deserto, che secondo una stima ammontano al doppio delle morti in mare

18 luglio 2018Fermare le partenze di migranti dalla Libia. Un obiettivo sempre più urgente per un’Europa divisa sulla gestione degli arrivi e intenzionata a scongiurare i sempre più frequenti naufragi.

Ma chi sono i trafficanti al centro di questo business della disperazione?

Ad Agadez, città nigerina crocevia della principale rotta migratoria, l’inviato di Rainews24 Ilario Piagnerelli ne ha incontrato uno. Il passeur, di etnia tuareg, spiega il suo punto di vista sulle stragi di migranti nel deserto, che secondo una stima ammontano al doppio delle morti in mare.
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Messaggioda Berto » dom lug 22, 2018 5:56 am

Ora le ong schierano i droni per salvare sempre più migranti
Ivan Francese - Ven, 20/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 55943.html

La mossa dell'Aquarius: "Non ci arrivano più informazioni sui naufragi in atto, dobbiamo aggiustare la nostra strategia". Ed essere sempre più autonome

Le navi delle ong tornano in mare e questa volta schierano anche i droni, per continuare nella propria ricerca delle imbarcazioni di migranti e salvare sempre più persone.

Ad annunciare la novità un volontario imbarcato sulla nave Aquarius, che già nelle scorse settimane era stata protagonista della prima grande offensiva politica di Matteo Salvini dopo l'insediamento come ministro dell'Interno. Al momento a Marsiglia, la nave di Sos Mediterranée si attrezza per fronteggiare le mutate condizioni del quadro politico internazionale: "Ci stiamo preparando a diversi scenari, sicuramente avremo più cibo e autonomia di navigazione, perché dovremo stare più a lungo in mare. E avremo anche un drone per la ricerca dei migranti da soccorrere", spiega all'Ansa uno dei volontari.

Dalla nave denunciano che nel mar Mediterraneo "alle navi di soccorso non arrivano più informazioni sui soccorsi in atto e non sappiamo perché". Per questo la variegata flottiglia delle molte associazioni non governative impiegate in queste missioni umanitarie si sta attrezzando per estendere il raggio d'azione e adeguarsi alla nuova situazione che impone loro di essere sempre più autonome. Il volontario Alessandro Porro ha svelato anche che ci sarebbero stati alcuni incontri fra le diverse organizzazioni proprio per coordinare al meglio gli sforzi.

"Nell'attuale situazione ci sono naufragi di cui non si sa niente - spiega- Attualmente la mortalità è aumentata al 10%, quindi su 100 migranti che partono, 10 muoiono nel viaggio nel tratto di mare che oggi è il più pericoloso al mondo. Siamo arrabbiati ma ci sosteniamo a vicenda e ognuno di noi fa proposte per migliorare le operazioni di soccorso".
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Messaggioda Berto » mar lug 31, 2018 8:33 pm

Gli immigrati? Soccorsi in mare ma riportati in Libia. Salvini smonta l'Europa: la mossa senza precedenti
31 Luglio 2018

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... U.facebook

Il braccio di ferro tra Italia ed Europa sull'immigrazione si arricchisce di un nuovo capitolo senza precedente, il quale va a confermare le durissime politiche adottate dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Per la prima volta, infatti, una nave italiana ha riportato in Libia immigrati soccorsi nel Mediterraneo. Si tratta della Asso 28, nave di supporto a una piattaforma petrolifera, che è stata coinvolta nelle operazioni di soccorso di un gommone con 108 persone a bordo. Come avviene ormai da settimane, la sala operativa di Roma ha dato indicazioni di coordinarsi con la Guardia costiera libica e, prese a bordo le persone, la Asso 28 ha seguito le indicazioni e le ha sbarcate nel porto di Tripoli.

Come detto si tratta di un fatto senza precedenti e che va contro la legislazione internazionale, la quale garantisce il diritto d'asilo e che non riconosce la Libia come un porto sicuro in cui, secondo la convenzione di Ginevra, devono essere sbarcati i migranti soccorsi. Nessuno dei migranti riportati a Tripoli, infatti, ha avuto la possibilità di chiedere asilo come garantito dalla legge. Nei giorni scorsi la portavoce del Consiglio d'Europa aveva sottolineato che "nessuna nave europea può riportare migranti in Libia perché contrario ai nostri principi". Ma, per usare le parole di Salvini, in Italia la musica è cambiata.

Alberto Pento
Ottimo Salvini, così si deve fare
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Messaggioda Berto » ven ago 03, 2018 8:03 pm

Migranti, la relazione della Dia: "Gli ex contrabbandieri brindisini riconvertiti all'immigrazione clandestina dalla Grecia"
19 luglio 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ia/4503562

Gli ex contrabbandieri brindisini, “storicamente contigui” agli ambienti della Sacra Corona Unita, si sono “riconvertiti” all’immigrazione clandestina come nuovo “core business”. È quanto sostiene la Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione semestrale. I vecchi uomini della mala dell’Alto Salento hanno quindi trovato un nuovo canale per ‘fare cassa’ oltre a mantenere i due asset storicamente importanti, quello del racket delle estorsioni e del commercio di sostanze stupefacenti, in particolare marijuana, grazie ai “collegamenti”, scrive la Dia, tra il territorio e l’Albania creando un canale “transnazionale” con “fidati referenti” del Paese delle Aquile che operano nel Salento.

In aggiunta, la novità del trasporto dei clandestini che ha creato un nuovo “indotto criminale”. Significativa, secondo la Direzione antimafia, è l’operazione Caronte dello scorso ottobre che ha svelato un’associazione criminale composta da un iracheno e sei italiani “con compiti direttivi e organizzativi” tra i quali, appunto, “alcuni ex contrabbandieri brindisini”. Per realizzare il trasporto di cittadini stranieri dalla Grecia e dall’area balcanica verso l’Italia, si legge nella relazione, “il sodalizio si avvaleva di imbarcazioni nella disponibilità dell’organizzazione (semicabinati, yacht e natanti non di fortuna), adibiti per il trasporto di un numero limitato di migranti” e allo stesso tempo il gruppo “predisponeva la vigilanza degli ormeggi delle forze dell’ordine, allo scopo di scongiurare la presenza in mare delle motovedette durante le operazioni di avvicinamento e sbarco”.

Nel mirino dei finanzieri, finirono l’ostunese Cosimo Calò, Antonio e Cosimo Massaro, padre e figlio, di Brindisi, Giovanni Carabotti di Cisternino, i fasanesi Francesco Calamo e Antonio Natola. Il gruppo – secondo l’indagine – aveva contatti con alcune decine di altri soggetti, sei dei quali residenti in Grecia ed Albania e rimasti non identificati. I viaggi, a differenza della tratta più battuta dalla Libia, vengono considerati di “lusso” per fasce di migranti medio-alte, soprattutto siriani e somali.

I brindisini – come aveva raccontato Ilfattoquotidiano.it – si occupavano della logistica dell’ultima parte del viaggio, dalla Grecia alla Puglia: viaggi sicuri, senza grandi numeri e su imbarcazioni di livello, per i quali si sborsavano 4500 euro a testa. Dalle indagini, coordinate dal pm Guglielmo Cataldi, era emerso il tentativo di inserirsi nelle gare pubbliche per l’acquisto di imbarcazioni dismesse dalla flotta della Guardia di Finanza. Somme modeste, ma altamente simboliche: quei bandi venivano visti come possibile lavatrice dei soldi sporchi incassati con il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Per due volte il gruppo è riuscito ad accaparrarsi i natanti fuori uso delle Fiamme Gialle, per poi rivenderli a società montenegrine e lucrare sulla differenza di prezzo. Le offerte venivano presentate tramite una società nautica con sede in Albania e intestata al figlio di uno degli arrestati. Altre volte, l’azienda è stata esclusa per varie inadempienze e irregolarità eccepite durante le procedure di aggiudicazione.

I brindisini hanno cercato di sfruttare la loro solida esperienza maturata con il contrabbando di sigarette. Inizialmente hanno provato a capire se c’era margine per importare droga, come altri ex “colleghi” hanno provato a fare con la marijuana albanese. Poi, si sono gettati a capofitto nel lucroso trasporto dei migranti. E hanno messo a frutto le tecniche note: vedette sulla riva, verifica che le imbarcazioni della Finanza fossero ormeggiate e non in mare, adeguamento delle rotte per sottrarsi ai controlli.
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Messaggioda Berto » ven ago 03, 2018 8:04 pm

"La Libia un porto non sicuro". Ma su quei moli opera l'Onu
Gian Micalessin - Mer, 01/08/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 60370.html

La Asso 28 riporta in Libia i migranti. L'Alto Commissariato per i Rifugiati annuncia indagini. Ma in porto c'era l'Oim

Per cominciare partiamo da Minniti. «Quando ritorna una nave della guardia costiera libica che ha salvato delle persone in acque territoriali libiche - dichiara l'ex ministro dell'Interno intervistato il 28 giugno a Ominibus su La7 - sulle banchine del porto di Tripoli ci sono (...) dei volontari libici e non libici, con le pettorine delle Nazioni unite.

Accolgono i migranti come avviene nei porti italiani. Cioè le Nazioni unite sono presenti a Tripoli». Se temete che Minniti non dica la verità guardate il tweet e il video, diffuso dall'Oim (Organizzazione Internazionale per i Migranti) alle di 23 lunedì, poche ore prima dell'attracco a Tripoli del rimorchiatore Asso 28. «I team di Unmigration - annuncia il tweet - sono sul posto per fornire immediata assistenza. Siamo pronti a fornire sostegno anche per gli altri migranti attesi questa notte». Ovvero a quelli di Asso 28. Detto ciò suona perlomeno singolare il tweet con cui la sezione italiana dell'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati annuncia di star «raccogliendo tutte le informazioni necessarie sul caso del rimorchiatore italiano». Un tweet in cui si spiega che: «La Libia non è un porto sicuro e questo atto potrebbe comportare una violazione del diritto internazionale». Il tweet non è soltanto fazioso, ma anche ridicolo. Se Tripoli non è un porto sicuro come mai l'Onu non si vergogna di esibire le proprie insegne sui suoi moli? Come mai non teme di mettere a rischio dei «volontari» impegnati in un contesto «insicuro»? Semplicemente perché l'Onu fuggito a gambe levate dalla Libia nel 2014 c'è tornato grazie a una missione italiana che gli ha garantito tutta la sicurezza possibile. Ma c'è anche da chiedersi su quali basi l'ufficio romano dell'Unhcr contesti le affermazioni di un Minniti fermissimo nell'equiparare, anche da rappresentante dell'opposizione, l'assistenza offerta nei porti libici a quella garantita nei porti italiani. Tanto da dirsi convinto, nella stessa intervista, che ormai sia «possibile stabilire lì in Libia chi ha diritto alla protezione internazionale. Ne hanno già selezionati 1.500. L'Italia ne ha già accolti 320, mamme e bambine, portati con i corridoi umanitari». Insomma la Libia non solo è sicura, ma i centri gestiti a Tripoli da Onu e Oim hanno, grazie all'intervento italiano, ben poco a vedere con i centri di detenzione illegali in mano dalle gang criminali. Anzi sono funzionali a separare i migranti destinati al rimpatrio dai richiedenti asilo meritevoli di venir trasferiti in Europa a bordo di navi e aerei di linea. Come è infatti avvenuto a 320 richiedenti asilo citati dall'ex ministro. Ma la succursale romana dell'Alto Commissariato, famosa per esser stata il trampolino da cui Laura Boldrini ha spiccato il salto nella politica, avrebbe altre ottime ragioni per tacere. Le considerazioni sull'eventuale illegittimità della rotta verso Tripoli di Asso 28 sono infatti assolutamente irrilevanti. Le leggi del mare attribuiscono al comandante di un'imbarcazione, e a nessun altro, tutte le decisioni riguardanti la destinazione della nave. Dunque non c'è, e non ci può essere, alcuna responsabilità dell'Italia o del suo governo. Anche perché, in effetti, nessun ordine è partito dal Viminale o da altre sedi di governo. E l'Imrcc, il centro nazionale per il coordinamento del soccorso marittimo di Roma ha lasciato ogni competenza alla Guardia Costiera di Tripoli. Questo perché da agosto 2017 è operativa davanti alle coste di Tripoli una Sar (Zona di salvataggio) governata dalla Guardia Costiera libica. Una Sar dove - in base alla Convenzione di Amburgo - i comandanti impegnati in un soccorso seguono le indicazioni fornite dall'autorità competente, la Guardia Costiera di Tripoli. E così ha fatto, fino a prova contraria, Asso 28.
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Messaggioda Berto » ven ago 03, 2018 8:06 pm

Il caso dell'Asso 28 ci rivela le ipocrisie sul tema migranti
Fulvio Scaglione
Ago 1, 2018

http://www.occhidellaguerra.it/asso-28-migranti

Il caso della “Asso 28”, la nave di supporto a una piattaforma petrolifera dell’Eni che ha riportato in Libia 108 migranti soccorsi mentre erano in difficoltà su un barcone, andrà certo chiarito.

L’accusa è che il “respingimento” sia avvenuto su indicazione della Guardia Costiera italiana, il che costituirebbe una violazione delle convenzioni e dei trattati internazionali (soprattutto la Convenzione sulla ricerca e salvataggio in mare del 1979), che prevedono il trasbordo dei migranti in un “porto sicuro” e l’esame, in quella sede e solo in quella sede, del loro eventuale diritto a ottenere una forma di protezione internazionale.

Il Governo ribatte che tutto è avvenuto, invece, sotto l’autorità della Guardia Costiera libica, che di quella zona Sar (Search and Rescue, Ricerca e Salvataggio) si è assunta la responsabilità, quindi al riparo da qualunque violazione. Vedremo.Ma l’azione della “Asso 28” è interessante perché ha portato allo scoperto una lunga serie di contraddizioni a cui, pare, nessuno riesce a dare una coerente risposta.

Intanto: il vero problema, a dispetto di tanta retorica imperante, non è salvare chi rischia di annegare. Questo già avviene ed è sempre avvenuto, soprattutto a opera di mezzi della marina militare. Il vero problema è decidere che si deve fare dei migranti dopo che sono stati salvati.

Secondo: la “Asso 28” ha fatto quanto alla “Vos Thalassa”, altra nave appoggio di piattaforme petrolifere, era stato impedito di fare, il 9 luglio scorso, da una sorta di ammutinamento dei migranti. Ora, se il capitano della nave è obbligato a prestare soccorso ai migranti in mare (Convenzione del 1989 sul soccorso in mare) ed è vietato riportare i naufraghi in un luogo non sicuro, i due arrestati della “Vos Thalassa” dovrebbero essere subito rilasciati e, addirittura, paradossalmente ma non troppo, essere decorati per aver impedito una violazione del diritto internazionale.

E, sempre per paradosso, tutto ciò adombra una situazione in cui il capitano di una nave è obbligato a soccorrere i migranti in mare, ma poi è anche obbligato a portarli dove loro vogliono andare. Prima ancora, ovviamente, che si possa accertare se detti migranti abbiano o meno diritto di andare dove vogliono andare. Anzi, con il divieto di provare ad accertarlo prima che i migranti stessi siano arrivati nel famoso “porto sicuro” da loro stessi prescelto.

Al di là della filosofia, però, il caso della Libia è degno di essere studiato per gli aspetti pratici. Dopo la folle guerra scatenata da Francia e Regno Unito nel 2011 per eliminare, con l’appoggio degli Usa, il colonnello Gheddafi, il Paese è tornato ad avere un Governo solo nel 2015, quando Fayez al-Sarraj è stato nominato primo ministro del Governo
di unità nazionale sotto l’egida dell’Onu.Abbiamo detto Onu, e infatti l’autorità di Al-Sarraj e del suo Governo è l’unica internazionalmente riconosciuta, dalla Lega Araba come dall’Unione Europea e da quasi tutte le più grandi nazioni.

La Ue, peraltro, è anche quella che ha stabilito che la Libia, per i migranti, non è un “porto sicuro” come lo sono, invece, Tunisia, Malta e Italia. Il che provoca una serie di riflessioni. I migranti che si muovono verso Nord dall’interno dell’Africa arrivano in Libia non per caso ma in base a un progetto razionale e seguendo rotte precise.

La Libia, insomma, non è una trappola ma una meta. Chi arriva sulle coste mediterranee della Libia dal Mali (distanza Bamako-Tripoli, 5600 chilometri), dal Senegal (Dakar-Tripoli, 5400 chilometri), dalla Nigeria (3200 chilometri) o dall’Etiopia (8.400 chilometri), ha già fatto un viaggio lunghissimo.

Le distanze riportate sono indicative ma in ogni caso si parla di migliaia di chilometri percorsi con mezzi di fortuna,
in condizioni durissime, tra violenze di ogni genere, braccati da predoni, schiavisti e sfruttatori. Nessuno sa quanti migranti muoiano ogni anno sulle rotte di terra, probabilmente più di quanti ne muoiano in mare. Tutta la preoccupazione, però, si appunta su ciò che di brutto può loro succedere (e, come dicono molti testimoni, in effetti succede) in Libia che è forse uno dei posti meno indecenti tra quelli attraversati dalla loro odissea.

La seconda domanda è questa: se la Libia non solo non è un “porto sicuro” ma, al contrario, è un luogo dove i migranti vengono sfruttati e torturati, perché la comunità internazionale e la Ue in particolare non agiscono contro Al-Sarraj, che sarebbe il primo responsabile della situazione?

La risposta più comune, della delle Ong e degli attivisti, è che Al-Sarraj non conta un fico e non può garantire nulla a nessuno. Lo si dice. Ma i Governi e gli uomini politici fanno proprio il contrario: nell’ultimo anno Al-Sarraj ha partecipato a incontri ufficiali con i capi di Stato e di Governo di Italia, Francia e Spagna, ha interloquito con la Nato, è stato ricevuto da Donald Trump alla Casa Bianca, ha ricevuto la Mogherini (Alto rappresentante Ue per le politiche internazionali e di difesa). Con tutti ha parlato di terrorismo, petrolio, gas, strategie internazionali, e ovviamente anche di migranti.

Su qualunque argomento Al-Sarraj è trattato come un interlocutore valido e affidabile, un capo di Governo che può firmare contratti e garantire alleanze, tranne che sui migranti. La Libia di Al-Sarraj, per quanto limitata sia, va bene per tutto, ma quando si viene ai migranti è uno Stato canaglia. Ha senso?

La regolazione dei flussi migratori, che non sono un’emergenza ma un problema strutturale del mondo globalizzato, può venire solo dalla collaborazione dell’Europa con Paesi come la Libia che, da tale relazione, ovviamente non cieca e gratuita ma condizionata al rispetto di precise condizioni, possono trarre un impulso decisivo a migliorare il proprio assetto istituzionale e a evolvere verso un maggiore rispetto dei diritti umani e civili. Se invece pensiamo che la risposta stia nel moltiplicare il numero di navi delle Ong siamo, nel migliore dei casi, degli illusi.
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La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

Messaggioda Berto » ven ago 03, 2018 8:07 pm

"Pronti a non eseguire ordini". E Salvini non dà udienza alla Ong
Claudio Cartaldo - Gio, 02/08/2018

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 61169.html

La Aquarius torna in mare dopo un mese. Msf e Sos Mediterranée: "Non porteremo migranti in Libia. La nave sarà costretta a rifiutare qualunque ordine da parte delle autorità marittime di sbarcare in Libia le persone soccorse"

La nave Aquarius è pronta a tornare di fronte alla Libia. Leva l'àncora e si dirige nell'area di mare dove spera di salvare migranti. Lo avevano annunciato ieri e oggi, in una conferenza stampa, confermano l'intenzione di navigare nelle acque ora più ostili del Mar Mediterrano. "Il motivo per cui torniamo in mare – dice Claudia Lodesani, presidente di Msf Italia - è che c'è un emergenza umanitaria in corso e noi ci occupiamo di questo, a noi non interessano i giochi politici".

A giugno l'Ong ha chiesto un incontro con Matteo Salvini ma "non ci è stato accordato finora". Ad aprire loro le porte è stato solo il presidente della Camera Roberto Fico. Ed è probabile che il Viminale non accordi presto di sedersi al tavolo con loro, visto che Msf e Sos Mediterranée sono pronte a non eseguire gli ordini che gli verranno impartiti se questi cozzeranno con i loro principi umanitari. Vedremo.

Le ultime notizie della Aquarius risalgono a un mese fa circa, quando la nave venne scortata dalle imbarcazioni della Marina italiana fino a Valencia. Erano i tempi del braccio di ferro tra l'Italia, le Organizzazioni non governative e i Paesi Ue, in particolare Francia e Malta. Msf teme la situazione si possa ripetere, quindi ha passato 30 giorni ad equipaggiarsi in modo da poter "fronteggiare una lunga permanenza di persone a bordo".

Il motivo di tanta preoccupazione è chiaro. Msf e Sos Mediterraneée hanno detto chiaramente che "Aquarius non sbarcherà in Libia persone soccorse in mare e non le trasborderà su imbarcazioni della Guardia costiera libica". Secondo Nicola Stalla, coordinatore di Sos Mediterranée, questo "sarebbe in contravvenzione con i diritti delle persone soccorse". Non è da escludere dunque che possa essere costretta a vagare per alcuni giorni in mare in attesa di accordi politici sulla decisione di dove sbarcare i profughi.

Il fatto è che l'Italia, così come l'Oim, ha riconosciuto il Jrcc (centro di coordinamento marittimo di Tripoli). Quindi tutto quello che avviene nell'area Sar della Libia è di loro responsabilità. Come si concilierà questo col fatto che la Aquarius rifiuterà "qualunque ordine da parte delle autorità marittime di sbarcare in Libia le persone soccorse in mare o di trasferirle su qualunque altra nave che le porterebbe" in Africa? È un mistero.

Quella delle due Ong sembra una vera e propria sfida all'Italia e alla Libia. "Laddove ci dovessero chiedere di ritardare gli interventi di soccorso in mare o di allontanarci dal luogo di soccorso .- spiega Stalla - Aquarius interverrà e non si allontanerà se non ci sarà garanzia di altri soccorritori pronti". Anche perché "noi diciamo che il Sar decide un place of safety che deve avere dei precisi requisiti che non può essere in Libia. Le persone soccorse in acque internazionali devono essere portate in un posto sicuro che non può essere un porto libico". Per questo l'Aquarius ha consultato "esperti" in modo da essere (quasi) sicuri che "l'operato dell'Aquarius è aderente all'obbligo di soccorso in mare. La priorità della salvaguardia della vita umana in mare è inderogabile". Vedremo se sarà così o se la loro presenza in mare creerà conflitti internazionali.

Il ritorno delle Ong e la minaccia di Tripoli
Fausto Biloslavo - Mar, 31/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 60074.html

Il documento: «Non entrate più nelle nostre acque territoriali, altrimenti reagiremo»
Open arms è già in zona e la nave di Medici senza frontiere sta scaldando i motori per riprendere l'attività sul fronte dei migranti.
Le Ong tornano in prima linea davanti alla Libia, anche se la flotta dei talebani dell'accoglienza è ridotta al lumicino rispetto all'estate dello scorso anno. I libici attendono le navi umanitarie al varco e hanno già messo in chiaro che useranno il pugno di ferro se non saranno rispettate le regole. Il settore centrale della Guardia costiera di Tripoli ha stilato una «denuncia» nei confronti delle Organizzazioni umanitarie, che parla chiaro. «Avvisiamo queste organizzazioni che applicheremo la legge nei confronti dei loro tentativi di infiltrarsi nelle acque territoriali libiche, che rappresentano una linea rossa», si legge nel documento del 23 luglio in possesso del Giornale. La Guardia costiera intima alle Ong di stare alla larga oppure «reagiremo come se fosse un'aggressione allo stato libico». Le battaglie in mezzo la mare per il soccorso dei migranti potrebbero finire male, con il sequestro da parte dei libici della navi umanitarie e il loro equipaggio. La «denuncia» contro le Ong è firmata dal capitano Taoufik Mohamed Sekker, al comando del settore centrale della Guardia costiera. L'ufficiale dice che «alcune organizzazioni non governative operano in mare prevenendo il lavoro della Guardia costiera e provocando i migranti per intralciare le operazioni soccorso». Il documento conferma che le navi delle Ong si spingono fino al limite «delle acque territoriali aumentando il numero di immigrati illegali» che si imbarcano verso l'Italia. La Guardia costiera sostiene di avere fotografie e registrazioni, probabilmente di comunicazioni radio, che provano le accuse.

L'omonima nave dell'Ong spagnola Open arms è già in zona e ha fatto scalo a Zarzis. Ieri avrebbe dovuto aiutare il mercantile Sarost 5 al largo della Tunisia, che da oltre due settimane è fermo con 40 migranti a bordo, comprese due donne incinta che avevano bisogno di aiuto. Sabato il premier Youssef Chaled aveva dato il via libera allo sbarco, a patto che «non crei un precedente». La nave spagnola ha dovuto allontanarsi dopo l'intimazione delle autorità tunisine di uscire dalle 12 miglia delle acque territoriali.

Mercoledì riprenderà il mare, da Marsiglia, la nave Aquarius gestita da Sos Mediterranee e Medici senza frontiere. «Nonostante un cambiamento radicale del contesto operativo per l'intervento umanitario nel Mediterraneo - recita un comunicato di Msf - l'Aquarius continuerà la sua missione convinta come il primo giorno che non c'è alternativa a salvare vite umane in pericolo». Se per farlo intralcerà le operazioni di soccorso della Guardia costiera libica, come è capitato in passato, questa volta però rischia grosso.

Venerdì arriverà sul tavolo del Comitato politico e di sicurezza europeo la proposta per la revisione di EunavForMed, la missione della Ue a guida italiana, ribattezzata Sophia. Nonostante l'obiettivo della flotta continui ad essere lo smantellamento del traffico di esseri umani, le navi che recuperano i migranti li portano tutti in Italia. Il nuovo governo del premier Conte ha chiesto a gran voce l'apertura dei porti degli altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo. La nuova proposta dell'Alto rappresentante della politica estera europea, Federica Mogherini, prevede anche una presenza «leggera» a Tripoli per monitorare la Guardia costiera libica già addestrata e finanziata dall'Unione europea.
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