Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » ven apr 02, 2021 8:35 pm

Anche Di Pietro lo ammette: "Salvini è innocente, tutto il governo sapeva"
Luca Sablone
30 marzo 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1617097252

L'ex magistrato difende il leader della Lega: "Gli altri ministri si sono lavati le mani come Ponzio Pilato". E attacca: "Troppa pressione giudiziaria sui politici"

Anche sui politici c'è troppa pressione giudiziaria? A questa domanda Antonio Di Pietro ha risposto senza girarci attorno: "Ma certo".

E nello stesso contesto ha difeso la posizione di Matteo Salvini, pur non condividendone i provvedimenti adottati in materia di immigrazione: "Per me è innocente. Cioè: non condivido quello che ha fatto. Ma era ministro di un governo che sapeva benissimo quello che stava facendo Salvini". L'ex magistrato infatti si domanda cosa facessero gli altri nel corso del Consiglio dei ministri, riservando parole al veleno nei confronti di tutti coloro che prima hanno fatto parte del governo gialloverde e poi sono tornati nell'ombra per l'imbarazzo: "Stavano a guardare? Si lavavano le mani come Ponzio Pilato? Forse sì, si sono lavati le mani come Ponzio Pilato. Ma Ponzio Pilato è colpevole della morte di Cristo! E allora dovrebbero essere processati tutti. Non Salvini solo".


I magistrati e il vaccino

L'Associazione nazionale magistrati è sul piede di guerra in tema di vaccini: in una nota diramata si invitano i dirigenti degli uffici giudiziari "ad adottare, a tutela della salute, energiche misure organizzative al fine di rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici, senza escludere, nei casi più estremi, anche la sospensione dell'attività giudiziaria non urgente". Una presa di posizione che non trova affatto d'accordo Di Pietro, che ha sottolineato come in un'aula di giustizia durante le udienze di un processo vi siano i magistrati, gli avvocati, gli imputati, i testimoni, i cancellieri e gli uscieri: "E un cartello con scritto: la legge è uguale per tutti. E allora, perché soltanto i magistrati dovrebbero essere vaccinati in via prioritaria?". A suo giudizio però non si tratta di una scelta sbagliata o di un errore commesso, ma addirittura lo giudica un vero e proprio abuso: "Perché i magistrati conoscono, devono conoscere la legge. E sanno, devono sapere che la legge non concede loro alcuna priorità rispetto agli altri cittadini". Anzi, denuncia anche un velo di "ricatto" quando si dice che la loro è una professione senza la quale non si può andare avanti: "Sanno che c'è bisogno del loro lavoro e minacciano: se non ci vaccinate per primi, blocchiamo la giustizia".


"Magistratura come casta"

Nell'intervista rilasciata a Il Giorno, Di Pietro ha ribadito che alcuni suoi ex colleghi - con iniziative come quella del vaccino - compromettono e danneggiano ulteriormente l'immagine della magistratura: "La magistratura viene vista come una casta. Una professione necessaria al Paese che sfrutta il proprio ruolo per raggiungere un fine, un privilegio". Per l'ex pm di Mani pulite è cambiato molto dai tempi di Tangentopoli, dopo il quale si è verificata una degenerazione del sistema inquirente che - stando al suo pensiero - coinvolge una parte della magistratura e che ha un'aggravante: "Chi degenera è in buona fede, cioè non sa e non capisce quanto sta sbagliando".

A suoi tempi se si trovava un reato si cercava il colpevole; adesso invece spesso accade che "prima si cerca il colpevole" e solamente dopo "ci si dà da fare per trovare un reato da contestargli". In sostanza si è passati "dal magistrato becchino al magistrato poliziotto". Rimanendo sempre sul parallelismo, Di Pietro trovava il morto e poi cercava l'assassino, mentre ora "trovano l'assassino e poi cercano un morto".



"Scusi, lei spaccia?". Chiesta l'archiviazione per la citofonata di Salvini
Federico Garau
30 marzo 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1617104718

L'ultima parola sul procedimento a carico del leader del Carroccio spetterà al giudice Grazia Nart

Il pubblico ministero Roberto Ceroni, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bologna, ha chiesto l'archiviazione del procedimento a carico di Matteo Salvini per quella oramai celebre "citofonata" che caratterizzò le elezioni regionali 2020 in Emilia Romagna.

Il reato contestato al leader del Carroccio è quello di diffamazione aggravata, tuttavia, una volta concluse le indagini, la procura ha determinato che non sussistano elementi di prova sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio.

Una decisione, comunque in attesa di eventuale conferma da parte del giudice, che viene contestata dai querelanti, ovvero la famiglia che ricevette la "citofonata" di Salvini: si tratta, come riferito da Agi, di Fauzi Labidi, Yassin Faouzi Labidi e Caterina Razza.

"Scusi, lei spaccia?"

I fatti risalgono alla sera del 21 gennaio del 2020 quando, in piena campagna elettorale, il segretario della Lega si presentò al quartiere Pilastro. In compagnia di una residente, decise di citofonare in un appartamento di via Grazia Deledda, all'interno del quale risiedeva una famiglia (assegnataria Acer) composta da un tunisino di 59 anni, e da una 58enne italiana di origini svizzere. A rispondere fu il figlio di 17 anni della coppia: "Mi dicono che in questa casa si spaccia. Scusi, lei spaccia?".

Un caso che sollevò un mare di polemiche anche in ambito politico, ed a causa del quale la stessa donna che indicò l'abitazione sospetta al leader del Carroccio subì delle conseguenze, vedendosi vandalizzare l'auto il giorno dopo i fatti. Finita al centro dell'attenzione mediatica, la famiglia, assistita dall’avvocato Filomena Chiarelli, presentò immediatamente querela e Salvini fu iscritto nel registro degli indagati per il reato di diffamazione, lo stesso per il quale il sostituto procuratore chiede l'archiviazione.


La famiglia indagata per spaccio

Ironia della sorte, appena un anno dopo il polverone la stessa famiglia è finita proprio al centro di un'indagine per quel reato che aveva definito infamante. Nella casa dei due, infatti, i carabinieri di Bologna trovarono 380 grammi di hashish, 170 di marijuana, 13 di cocaina ed una serie di oggetti destinati al confezionamento delle dosi da spacciare, compresi alcuni bilancini di precisione. Oltre ciò, le forze dell'ordine entrarono in possesso anche di proiettili, di un taser e di soldi falsi: dopo le manette, per i due indagati sono arrivati i domiciliari anche se al momento si trovano in stato di libertà.

Contro la richiesta di non procedere nell’azione penale, il legale Filomena Chiarelli ha impugnato l'atto e presentato opposizione: la decisione finale spetterà al giudice Grazia Nart. "Attendo di accedere al fascicolo e leggere tutti gli atti", ha spiegato l’avvocato di Salvini Claudia Eccher. "Al momento posso cercare di ipotizzare le ragioni che hanno portato il pubblico ministero a chiedere l’archiviazione del fatto che è per questa difesa scriminato. Quand’anche, soggettivamente, la condotta sia stata ritenuta lesiva dell’onore del querelante, la causale dell’intervento era propriamente politica".
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » gio apr 15, 2021 8:31 pm

Guido Bertolaso assolto per il G8 del 2009: "Risarcito con 7mila euro dopo anni di gogna mediatica"
Andrea Cionci
9 aprile 2021

https://www.liberoquotidiano.it/news/pe ... M.facebook

Guido Bertolaso è stato assolto insieme agli ex vertici della Protezione Civile per il G8 del 2009 che era stato spostato dalla Maddalena all’Aquila, decisione presa dopo il terremoto che nel 2009 ha colpito l’Abruzzo. La Corte dei Conti ha deciso che il fatto non sussiste perché quella scelta non ha causato danni alle finanze dello Stato.

Di conseguenza non ci sono responsabilità da parte di Bertolaso, che all’epoca era il capo della Protezione Civile, e del suo stretto collaboratore Angelo Borrelli, che è stato alla guida del dipartimento fino a quando Mario Draghi non ha deciso di sostituirlo con Fabrizio Curcio. Ci sono voluti più di otto anni per arrivare a una conclusione: si tratta dell’ennesimo caso di giustizia-lumaca, che ha impiegato 12 anni per archiviare un caso che secondo Bertolaso non è mai esistito.

“Anche questa vicenda giudiziaria - ha commentato - come le altre che mi hanno riguardato e che si sono concluse nello stesso identico modo, non doveva neppure iniziare. Non solo non vi è stato alcun danno all’Erario, ma è emerso in tutta evidenza come avessi voluto tutelare il bene comune e sia stato legittimo e conforme agli interessi dello Stato al punto tale che la Corte ha voluto riconoscermi un indennizzo economico per gli otto anni di gogna mediatica”. Si tratta di 7mila euro riconosciuti per le spese di difesa: “Fa sorridere, ma di certo è simbolico”, ha chiosato Bertolaso.
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » gio apr 15, 2021 8:32 pm

Caso Gregoretti. La procura di Catania chiede il "non luogo" a procedere per Salvini
sabato 10 aprile 2021

https://www.avvenire.it/attualita/pagin ... er-salvini

La procura di Catania ha chiesto di prosciogliere Matteo Salvini nel processo per sequestro di persona dei migranti della nave Gregoretti

La procura di Catania chiede il "non luogo" a procedere per Salvini

Con la requisitoria del pubblico ministero Andrea Bonomo è iniziata nell'aula bunker del carcere di Bicocca a Catania l'udienza preliminare per decidere il rinvio a giudizio o meno del senatore della Lega ed ex ministro dell'Interno Matteo Salvini, per il reato di sequestro di persona nel caso Gregoretti.

"Non luogo a procedere con la formula che il fatto non sussiste". È la richiesta espressa del pm Bonomo nei confronti di Matteo Salvini sul caso Gregoretti. La procura di Catania ha chiesto dunque di scagionare l’ex ministro dell’Interno dall’accusa di sequestro di persona nel processo sul caso della nave Gregoretti.

Nel corso della discussione, il pubblico ministero Bonomo, ha ricordato la vicenda della nave Gregoretti, e ha ribadito che le azioni di Salvini non sarebbero state "illegittime". E ha ricordato più volte che il Governo "condivideva la linea politica di Matteo Salvini" perché l'intero esecutivo "chiedeva all'Europa un meccanismo diverso per il collocamento dei migranti". Per il magistrato "era un principio condiviso da tutto il governo".

Per Bonomo "c'era condivisione politica" che sarebbe proseguita anche quando Salvini ha lasciato il Viminale "come dimostra l'accordo di Malta". "Era di competenza del ministro dell'Interno? - si è chiesto ancora il pm Bonomo - Sì certo che lo era". E ha aggiunto che "se vengono garantite le condizioni dei migranti a bordo" anche "una nave può essere considerata un pos" cioè un place of safety, un porto di approdo.

LE TAPPE DEL PROCESSO

Il processo era iniziato lo scorso ottobre dopo che nel febbraio del 2020 il Senato aveva approvato la richiesta di processo arrivata nel 2019 da parte del Tribunale dei ministri di Catania.

Salvini era accusato di non aver fatto sbarcare 116 migranti dalla nave Gregoretti della Guardia costiera a fine luglio del 2019, quando ricopriva il ruolo di ministro dell’Interno. La nave era rimasta per giorni fuori dal porto di Augusta, in provincia di Siracusa, nonostante fosse inadatta ad ospitare un numero così alto di persone. La situazione si era poi risolta quando alcuni paesi europei e la Chiesa cattolica si erano resi disponibili ad accogliere i migranti.

Oggi è in programma la discussione con la parola all'accusa, la replica della difesa e delle parti civili. Il prossimo 14 maggio, in una udienza conclusiva, il Gup Nunzio Sarpietro leggerà la sua decisione

Per questa udienza i giornalisti sono stati ammessi in aula. Se la posizione della procura è quella del non luogo a procedere, a pensarla diversamente sono le parti civili: AcccoglieRete, Legambiente e Arci, rappresentate rispettivamente dagli avvocati Corrado Giuliano, Daniela Ciancimino e Antonio Feroleto, e una famiglia di migranti che era a bordo della Gregoretti, rappresentata dall'avvocato Massimo Ferrante.



Gregoretti, pm Catania chiede non luogo a procedere per Salvini
Il Sole 24 ORE
10 aprile 2021

https://stream24.ilsole24ore.com/video/ ... i/ADdCunWB

Palermo, 10 apr. (askanews) - "Matteo Salvini non va processato" per i presunti ritardi nello sbarco di migranti dalla nave Gregorietti, e le sue decisioni erano "condivise dal governo" all'epoca dei fatti guidato dal presidente Giuseppe Conte.

È questa la posizione della Procura di Catania ribadita stamani nel corso dell'udienza preliminare del caso che vede l'ex ministro dell'Interno accusato di sequestro di persona per lo sbarco ad Augusta di 131 persone salvate nel Canale di Sicilia nel luglio del 2019.

Per il pm etneo Andrea Bonomo "la condotta dell'ex ministro non configura gli estremi del reato" del quale è accusato.

L'ex ministro dell'interno e leader della lega ha commentato: Sono contento perchè la pubblica accusa ha detto con non c'è reato. Non c'è sequestro ho rispettato le leggi nazionali e internazionali. Abbiamo salvato vite, abbiamo svegliato l'Europa, abbiamo restituito sicurezza e dignità all'Italia. Torno tranquillo dai miei figli e spero che il 14 maggio si chiuda qua. Sentire la pubblica accusa che dice che non c'è reato mi ripaga di mesi e mesi di amarezze".




"Non fu sequestro di persona". Il pm Bonomo lo ha scandito senza tentennamenti durante l'udienza preliminare che questa mattina si è tenuta nell'aula bunker di Catania. Secondo la sua ricostruzione, Salvini "non ha violato alcuna delle convenzioni internazionali" dal momento che le sue scelte erano "condivise dal governo". Come si legge nella richiesta di archiviazione, la procura di Catania ha spiegato che "l'attesa di tre giorni non può considerarsi una illegittima privazione della libertà" visto anche che le "limitazioni sono proseguite nell'hot spot di Pozzallo" che, come ha fatto notare l'avvocato Giulia Bongiorno all'agenzia ItalPress, non è certo "un albergo a cinque stelle". "Se mettiamo a confronto il verbale di ispezione della nave Gregoretti e il verbale di ispezione dell'hotspot - ha commentato a margine dell'udienza - non è che siano molto diversi...". Non solo. Sulla nave sono stati sempre "garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità" e "lo sbarco immediato di malati e minorenni". Per tutti gli altri, invece, il ministero dell'Interno si è preso il tempo necessario per organizzare l'accoglienza degli immigrati. Per il pm Bonomo non esiste "l'obbligo per lo Stato di uno sbarco immediato". Questo perché, come ha spiegato la Bongiorno, le norme non prevedono tempistiche determinate, ma soltanto "il tempo necessario". "C'è l'obbligo di soccorso - specifica - ma per lo sbarco c'è flessibilità". Flessibilità riconosciuta anche dalle stesse convenzioni internazionali. Quei tre giorni, insomma, non furono un blocco navale, ma il tempo necessario a "ottenere una ridistribuzione in sede europea" dei clandestini che si trovavano a bordo della Gregoretti.


Smontati gli ultrà dei migranti. Crolla il diktat dei porti aperti
Andrea Indini
10 aprile 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1618065233

La richiesta di archiviazione è un doppio schiaffo: ai talebani dell'immigrazione, che vogliono tenere i porti sempre aperti, e agli ex alleati grillini (da Conte a Toninelli) che sono corsi a scaricare Salvini

"La difesa della patria è un sacro dovere e io ritengo di aver difeso la mia patria. Non chiedo un premio per questo ma se ci deve essere un processo che ci sia. In quell'aula non andrò a difendermi ma a rivendicare quello che, non da solo, ma collegialmente abbiamo fatto".

Quando l'11 febbraio del 2020 Palazzo Madama stava per votargli contro e mandarlo a processo, Matteo Salvini aveva guardato in faccia gli ultrà dell'accoglienza e aveva rivendicato ogni singola decisione presa al Viminale in tema di contrasto all'immigrazione clandestina. Anche quella che lo ha portato a tener a bordo della nave militare Gregoretti 131 extracomunitari per quattro giorni prima di permetter loro di sbarcare nel porto di Augusta. 152 senatori si erano schierati contro il leader leghista sognando di vederlo condannato per sequestro di persona. "C'è bisogno di una cavia? Eccomi", gli aveva tenuto testa lui. E, dopo aver detto ai suoi di non votare contro il processo, si era preparato a far valere le proprie ragioni davanti alla procura di Catania. Ragioni che oggi il pm Andrea Bonomo ha riconosciuto portandolo a chiedere, davanti al gup Nunzio Sarpietro, il "non luogo a procedere" nei confronti dell'ex ministro dell'Interno.

"Non fu sequestro di persona". Il pm Bonomo lo ha scandito senza tentennamenti durante l'udienza preliminare che questa mattina si è tenuta nell'aula bunker di Catania. Secondo la sua ricostruzione, Salvini "non ha violato alcuna delle convenzioni internazionali" dal momento che le sue scelte erano "condivise dal governo". Come si legge nella richiesta di archiviazione, la procura di Catania ha spiegato che "l'attesa di tre giorni non può considerarsi una illegittima privazione della libertà" visto anche che le "limitazioni sono proseguite nell'hot spot di Pozzallo" che, come ha fatto notare l'avvocato Giulia Bongiorno all'agenzia ItalPress, non è certo "un albergo a cinque stelle". "Se mettiamo a confronto il verbale di ispezione della nave Gregoretti e il verbale di ispezione dell'hotspot - ha commentato a margine dell'udienza - non è che siano molto diversi...". Non solo. Sulla nave sono stati sempre "garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità" e "lo sbarco immediato di malati e minorenni". Per tutti gli altri, invece, il ministero dell'Interno si è preso il tempo necessario per organizzare l'accoglienza degli immigrati. Per il pm Bonomo non esiste "l'obbligo per lo Stato di uno sbarco immediato". Questo perché, come ha spiegato la Bongiorno, le norme non prevedono tempistiche determinate, ma soltanto "il tempo necessario". "C'è l'obbligo di soccorso - specifica - ma per lo sbarco c'è flessibilità". Flessibilità riconosciuta anche dalle stesse convenzioni internazionali. Quei tre giorni, insomma, non furono un blocco navale, ma il tempo necessario a "ottenere una ridistribuzione in sede europea" dei clandestini che si trovavano a bordo della Gregoretti.

La richiesta di archiviazione da una parte fa crollare il diktat dei "porti aperti" propugnato dai talebani dell'immigrazione , dall'altra smaschera tutte le bugie dell'ex premier Giuseppe Conte e degli ex ministri pentastellati che sono corsi a scaricare Salvini. Un duplice schiaffo che fa piazza pulita del castello di accuse montato non appena il leader del Carroccio si è insediato al Viminale e ha deciso di contrastare gli sbarchi e l'immigrazione clandestina. Se però i primi (gli ultrà dell'accoglienza) sono sempre stati "coerenti" nel condannare Salvini, gli ex alleati grillini (da Luigi Di Maio a Danilo Toninelli) hanno fatto una retromarcia senza precedenti: prima lo hanno appoggiato, poi hanno fatto finta di non saperne nulla. Peccato che, come ha sottolineato la Bongiorno, il Conte bis non ha cambiato il modus operandi del Conte I, ovvero "prima la redistribuzione, poi lo sbarco". È stato così, per esempio, per la Ocean Viking, la Alan Kurdi, la Aita Mari e la Open Arms. Anche in tutti questi casi sempre trascorsi dai tre ai dieci giorni dalla richiesta del Pos allo sbarco. Il voltafaccia di Conte e dei Cinque Stelle non si può, quindi, spiegare se non come un attacco politico al leader leghista che nel frattempo era passato all'opposizione.

Al di là del valore giuridico la richiesta del pm ha un valore anche giuridico. Perché oltre alla resa del fronte grillino, che crolla sotto le sue stesse bugie, il "non luogo a procedere" avanzato dalla procura di Catania smonta (finalmente) l'automatismo del porto aperto per qualsiasi nave carica di clandestini che punta dritta all'Italia. Un automatismo che per anni ha trasformato il nostro Paese nel campo profughi d'Europa. "Sentire dire la pubblica accusa che ho rispettato le norme italiane e internazionali, ho salvato vite e fatto il mio mestiere e non commesso alcun reato, mi ripaga di mesi e mesi di amarezze", ha commentato il leader della Lega uscendo dall'aula bunker. "Torno tranquillo dai miei figli e spero che il 14 maggio si chiuda tutto".



Gino Quarelo
L'obbligo del soccorso in mare non implica quello dell'accoglienza, dell'ospitalità e della libertà di muoversi nel paese altrui, del non accertamento dell'identità, ...
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mer giu 02, 2021 9:04 pm

Vogliono chiudere il Riformista, offensiva intimidatoria dei Pm contro il nostro giornale
Il Riformista
Piero Sansonetti
15 aprile 2021

https://www.ilriformista.it/vogliono-ch ... le-210973/

Ieri mattina, verso le 9, ha suonato alla mia porta un vigile urbano gentilissimo. Mi ha consegnato una busta verde. Era una notifica, veniva dalla procura di Lodi. L’ho aperta. Era un avviso di chiusura indagini su di me, sollecitate da una querela del procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato. Mi sono un po’ innervosito. Cinque minuti dopo hanno suonato di nuovo. Di nuovo il vigile, di nuovo gentilissimo, di nuovo una busta verde. Era l’ avviso di chiusura indagini su di me, sollecitate da una querela dell’ex Pm palermitano Guido Lo Forte. Ho detto: vabbè.

Dopo mezz’ora il postino mi ha portato due raccomandate. Venivano dall’Ordine dei giornalisti. Riguardavano dei provvedimenti disciplinari dell’Ordine contro di me. Il primo era – per mia fortuna – di archiviazione. Il secondo di censura. Il primo, da quello che ho capito, era stato sollecitato da un giornalista del Corriere della Sera (Bianconi, suppongo), il secondo dall’ex giudice di Cassazione Antonio Esposito. Bianconi si lamentava per un articolo del Riformista nel quale si riferiva di una sua telefonata nella quale il giornalista avvertiva Luca Palamara che erano state aperte delle indagini su di lui, quando queste indagini erano ancora segrete. Il Consiglio di disciplina dell’ordine ha accertato che il fatto è vero, ci sono i file audio sequestrati a Palamara, e dunque ha dovuto archiviare. Anche perché Bianconi è un semplice giornalista, non è un magistrato (spesso i giornalisti confondono le due funzioni, ma i privilegi sono riservati solo ai magistrati effettivi) e dunque non ha diritto a trattamenti di favore.

Il secondo esposto invece è stato in larga parte accolto ed è stata decisa a mio carico una censura, che è una misura grave, specialmente per un direttore di giornale. L’episodio al quale ci si riferisce è abbastanza famoso: Il Riformista, l’estate scorsa, pubblicò il ricorso in sede europea (alla Cedu) degli avvocati di Berlusconi contro la sentenza che lo condannava a quattro anni di detenzione per evasione fiscale. Gli avvocati di Berlusconi in quel ricorso riferivano di un colloquio (registrato) con il giudice relatore in Cassazione (il giudice Franco), il quale spiegava che quella sentenza fu “una porcata” decisa da “un plotone di esecuzione”. E poi esponevano i risultati di un processo civile nel quale era coinvolto Berlusconi (processo Mediatrade) , la cui sentenza era inconciliabile con la sentenza della Cassazione, emessa dalla sezione feriale presieduta dal dottor Antonio Esposito (autore dell’esposto oggi in pensione ed editorialista del Fatto Quotidiano).

Il Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti ha stabilito – anticipando la sentenza che sarà emessa dalla Corte Europea – che la sentenza civile alla quale si riferiscono gli avvocati di Berlusconi non ha niente a che vedere con il processo sull’evasione fiscale e che io avrei dovuto dirlo, cioè che avevo il dovere di contestare il ricorso di Berlusconi e non potevo limitarmi a riferire. Il giornalista, secondo questa interpretazione, prima di raccontare deve giudicare, prima di fare il cronista deve fare il giudice. L’idea del giornalista giudice non è nuovissima, inizia però a strutturarsi. Ora sospendo il ragionamento sulla censura ricevuta dall’Ordine dei giornalisti (lo riprendo alla fine di questo articolo) per spiegare le querele di Scarpinato e Lo Forte.

La questione è molto semplice. In varie occasioni io, su questo giornale e precedentemente sul Dubbio, ho sollevato la questione dell’archiviazione del dossier mafia-appalti (che adesso vi spiego cos’è) avvenuta a Palermo subito dopo l’assassinio di Paolo Borsellino e lo sterminio della sua scorta nel 1992. Il dossier era il risultato di una indagine importantissima, avviata da Giovanni Falcone e realizzata dal Ros dei carabinieri guidato dal generale Mario Mori. Gettava luce sui rapporti tra mafia (non solo quella corleonese), imprese e grande finanza del Nord e rappresentava una vera bomba atomica nella storia delle indagini antimafia (in quegli anni l’antimafia era ancora una cosa seria, e anche molto costosa e dolorosa, perché chi la praticava spesso pagava molto caro il suo sforzo, talvolta anche con la vita). Quel dossier doveva finire nelle mani di Paolo Borsellino, che più volte aveva chiesto di potersene occupare e ne aveva parlato con diversi suoi colleghi, tra i quali Antonio Di Pietro. Forse quel dossier era stata una delle ragioni per le quali la mafia aveva condannato a morte Giovanni Falcone. Forse anche uno dei moventi della strage di via D’Amelio nella quale perse la vita Borsellino.

Il dossier mafia-appalti invece fu archiviato. La richiesta di archiviazione viene redatta il 13 luglio del 1992 da Roberto Scarpinato e Guido Lo Forte. Il giorno successivo il Procuratore di Palermo Giammanco convoca una riunione con tutti i sostituti e gli aggiunti, tra i quali Borsellino, e in quella sede, secondo le testimonianze rese al Csm da diversi magistrati che erano alla riunione, Borsellino mostrò interesse per il dossier, chiese che si convocasse una riunione apposita nei giorni successivi per discutere come far procedere le indagini, ma nessuno gli disse che il dossier era sul punto di essere archiviato. Il 19 luglio – questa non è una cosa certa ma ci sono varie testimonianze che lo sostengono – di prima mattina Giammanco informò Borsellino che gli sarebbe stato assegnato il dossier. Ma alle due del pomeriggio Borsellino viene ucciso. Il 23 luglio viene depositata la richiesta di archiviazione del dossier del Ros. Il 14 agosto, alla vigilia di Ferragosto, in grandissima fretta, il dossier è archiviato dal Gip.

Ho chiesto varie volte il perché di questa archiviazione, che probabilmente ha compromesso il buon esito delle indagini antimafia e ha vanificato il lavoro, soprattutto, del generale Mori. La stessa richiesta che ho fatto io è stata in più occasioni ripetuta dalla signora Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo Borsellino. Non mi è stato risposto. Mai. Neanche alla signora Borsellino è stato risposto. La quale recentemente ha dichiarato: «Ci sono magistrati che continuano a negare l’interessamento di mio padre per il dossier mafia-appalti che invece era il pallino di mio padre. Persone come Scarpinato, che continua a dire che mio padre non era interessato». Invece, dice la signora Borsellino, suo padre era massimamente interessato e forse ha pagato anche per questo con la vita.

Quale è stata la risposta di Scarpinato e Lo Forte alle mie domande? Mi hanno querelato. Mi hanno portato a processo davanti al tribunale di Avezzano. Il processo è in corso. E ora, mentre il processo è in corso, mi hanno querelato di nuovo e la Procura di Lodi mi informa che le indagini sono chiuse. Probabilmente dovrò rispondere in ben tre processi di avere chiesto a due magistrati perché hanno archiviato le indagini sulla mafia che Paolo Borsellino voleva condurre. Mi sarei accontentato di una risposta semplice. Potevano dirmi: “Perché quel dossier non valeva nulla e Falcone e Borsellino avevano preso un abbaglio”. Può anche darsi che sia così. Nessuno è infallibile. Ma allora perché non dirlo e chiedere invece che sia chiusa la bocca a un giornalista (anzi a due, perché insieme a me è a processo anche il bravissimo Damiano Aliprandi, giornalista del Dubbio).

Ora, il problema che vi pongo è questo. Da quando dirigo il Riformista ho ricevuto più di venti tra querele e azioni civili contro di me e contro il giornale. Tutte da magistrati. Soprattutto da magistrati o ex magistrati importanti. Ne cito solo qualcuno: Scarpinato, Lo Forte, Gratteri, Caselli, Esposito, Davigo, Di Matteo (Di Matteo però per una cosa precedente) Sturzo e vari altri. Venti procedimenti giudiziari, dei quali almeno un terzo penali e dunque con la possibilità di essere ripetutamente condannato al carcere, sono tanti. Specialmente per la circostanza, nota, che è difficilissimo che un magistrato perda un processo. Se ti querela un politico, stai tranquillo: perderà e dovrà anche risarcire. Se ti querela un magistrato hai già perso.

Mi chiedo: questo accerchiamento è un tentativo di chiudere il Riformista? Di metterlo in condizioni di dover tacere? Il Riformista, lo sa chiunque ormai, è quasi l’unico giornale che da un anno e mezzo combatte senza riguardi una lotta a viso aperto contro le sopraffazioni della magistratura, contro le illegalità, contro l’orgia del potere dei Pm. E denuncia l’esistenza del partito dei Pm, quello descritto piuttosto bene nel libro di Luca Palamara che, in passato, ne è stato uno dei capi. Devo pensare che il partito dei Pm, stressato dal caso Palamara (praticamente ignorato dalla grande stampa) si sente in pericolo solo per la voce flebile di questo piccolo quotidiano? Pensa di non potersi permettere che esista un giornale che continua a protestare, e intende adoperarsi per farlo chiudere?

Quel che mi colpisce è che di fronte a questa ipotesi non succede quello che si potrebbe immaginare: che l’Ordine dei giornalisti, o il sindacato, intervenga a difesa della libertà di stampa. Succede il contrario: l’Ordine dei giornalisti dichiara in modo esplicito che sta dalla parte dei magistrati. Come nelle peggiori favole dei fratelli Grimm. Riusciranno a farci tacere? Non credo. Intanto andiamo a fare questi tre processi con Scarpinato e Lo Forte.
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mer giu 02, 2021 9:05 pm

"Insabbiano il caso Palamara. Si dimetta il capo dell'Anm"
Stefano Zurlo
14 aprile 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 38562.html

Usa un linguaggio mai sentito a queste latitudini. E va all'attacco dei vertici dell'Associazione nazionale magistrati: «Il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia si deve dimettere». Senza tanti complimenti. Giuliano Castiglia, gip a Palermo, è uno dei leader di Articolo 101, la lista - guai a chiamarla corrente - che ha raccolto 651 voti alle ultime elezioni e sta sparigliando i giochi dentro il Palazzo.

Dottor Castiglia, perché Santalucia se ne deve andare?

«Perché da troppi mesi i vertici dell'Anm tergiversano sulle chat di Palamara, prendendo tempo, non rispondendo alle questioni poste dal sottoscritto e dagli altri tre colleghi di Articolo 101 che con me siedono nel comitato direttivo centrale dell'Anm, perché in definitiva mi pare evidente la volontà di insabbiare tutte le problematiche affiorate con il caso Palamara».

Lui è stato espulso dall'Anm. Non vi basta?

«Per niente. Noi diciamo basta alle correnti che dentro il Csm sono espressione di una parte, anzi dei partiti. Questa logica non ci appartiene, ma questa logica è dominante e questa logica riemerge nella vicenda delle chat».

In pratica, cosa è successo?

«Dall'estate scorsa chiediamo ai vertici dell'Anm di acquisire le chat e abbiamo anche detto dove bussare: al gip di Perugia».

La risposta?

«Per molto tempo nessuna. Si sono persi mesi, poi finalmente, seguendo una procedura inedita, fin qui mai utilizzata, sono stati messi in moto i probiviri».

I probiviri?

«Sì, i probiviri che, per ragioni a noi incomprensibili, hanno presentato domanda di nuovo alla procura che, naturalmente, li ha spediti dal gip. Ma questo è niente».

Che altro è successo?

«Il fatto più grave è accaduto dopo. C'è stato un carteggio fra i vertici dell'Anm e il giudice di Perugia e quel carteggio ci è arrivato tagliato, con omissis e lacune».

Le forbici le ha impugnate il gip?

«No, al contrario, le censure sono farina del sacco di Santalucia che, a quanto pare, non vuole informare i membri del comitato direttivo centrale».

Forse non gradiscono l'uscita eventuale di nomi da tutelare nel corso delle indagini?

«Per noi la privacy è una scusa bella e buona; in ogni caso i nomi, anzi il nome perché ce n'era uno solo, si possono sbianchettare».

E allora?

«Il giudice ha concesso le chat con alcune limitazioni. Ma il dibattito sul diritto dell'Anm ad avere le chat ci è arrivato monco. Senza la necessaria condivisione e trasparenza: forse hanno paura che si vada troppo avanti, troppo in là, toccando assetti di potere consolidati. In ogni caso, quel carteggio ce l'ha poi dato il giudice e anche questo è paradossale».

In conclusione?

«Non abbiamo ancora le carte relative alle chat. E ci sembra che non si voglia andare fino in fondo».

Qual è il programma di Articolo 101?

«Il Csm deve tornare ad essere un organo di alta amministrazione della giustizia, non un organismo politico. Il nostro faro sono le leggi, non le ideologie».

Voi vi aggiungete alle altre correnti.

«Non c'è nessuno di noi al Csm e le assicuro che non ci sarà mai».

È un impegno?

«Di più: è il nostro programma. Noi vogliamo il sorteggio per recidere i tentacoli delle correnti dentro Palazzo dei Marescialli e la rotazione dei dirigenti per porre fine al nominificio in cui è stato trasformato il Csm. Ci siamo presentati per la prima volta l'anno scorso, ma il nostro blog, Uguale per tutti, è nato nel 2007. Solo che prima non ci ascoltava nessuno. Oggi gli scandali fanno finalmente aprire gli occhi a molti colleghi che prima ci ignoravano».
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mer giu 02, 2021 9:06 pm

Matteo Salvini: «Rinviato a giudizio per Open Arms? Scelta pericolosa, non ci sono reati e per fare politica si usa il tribunale»
Matteo Salvini rinviato a giudizio per la vicenda Open Arms: «La sinistra vuole vincere così». L’avviso a Lamorgese: «Ora la priorità è il Covid, ma quest’estate non saranno più tollerati gli sbarchi clandestini»
Cesare Zapperi
18 aprile 2021

https://www.corriere.it/politica/21_apr ... 4df8.shtml

Segretario, in 24 ore è passato da «liberatore» degli italiani a «sequestratore» degli immigrati. Una bella nemesi.
«In me prevale la soddisfazione per le riaperture — spiega il leader della Lega, Matteo Salvini —. Ma il rinvio a giudizio, detto che non mi toglie il sonno, è frustrante e molto pericoloso perché crea un precedente...».

In che senso?
«Si usa il tribunale per fare politica. Il disegno Palamara (“Salvini è innocente ma va fermato”) sta prendendo forma».

Il suo rinvio a giudizio è una «scelta politica»?
«Beh, intanto il giudice di Palermo ha deciso di non decidere delegando il verdetto finale ad altri».

Ha lasciato che decida un giuria dopo un dibattimento.
«Ma qui non ci sono reati. C’è un atto politico preso da un intero governo. Contrastare gli scafisti, difendere i confini non sono reati. Ho difeso gli interessi del mio Paese o il mio interesse personale?».

Chiama in correità un intero governo (il Conte I)?
«Per me, lo ripeto, non c’è alcun reato. Ma se lo si ravvisa, va addebitato a tutti quelli che hanno contribuito ad adottare una certa strategia».

Conte e Toninelli verranno a Palermo come testimoni.
«Sì, ma ci vuol poco a cambiare ruolo...».

Non è che mandandola a processo le hanno fatto un «favore»?. Il 15 settembre saremo in piena campagna per le Amministrative. Tutti i riflettori saranno per il «martire» Salvini.
«Non faccio il piangina né intendo strumentalizzare la situazione. Mi dispiace che da settembre in poi dovrò sacrificare tanti altri sabati che avrei dedicato ai miei figli».

Forza Italia sostiene che le stanno applicando il «metodo Berlusconi».
«Silvio ha dovuto affrontare 80 processi, io per ora solo 5-6... Ma è evidente che la sinistra vuole vincere in tribunale le elezioni che perde nelle urne. In nessun Paese al mondo si mandano a processo gli avversari politici».

Si è sentito tradito da Conte e Toninelli?
«Constato solo che hanno cambiato idea per convenienza politica, rinnegando sé stessi e le loro scelte».

Le Sardine, che lei spesso sbeffeggia, dicono che Salvini «va sconfitto nelle piazze, non nei tribunali».
«Hanno ragione, io non mi sognerei mai di portare alla sbarra chi la pensa diversamente da me. Ma in Italia si fanno tante inchieste che poi finiscono nel nulla. Come quelle che hanno riguardato grandi società come Eni e Finmeccanica. Difendere gli interessi dell’Italia significa anche difendere le aziende italiane».

Ma i magistrati quando perseguono i reati non devono difendere gli interessi di nessuno.
«Per carità. Ma ricordo che gli italiani hanno votato per la responsabilità civile dei giudici. Che fine ha fatto?».

Il segretario del Pd Letta indossando la felpa della Open Arms le ha fatto un bello scherzetto.
«Ha mancato di rispetto non a me ma al presidente della Repubblica che aveva chiesto ai partiti umiltà e senso di responsabilità per aiutare gli italiani ad uscire dalla pandemia. Ma a sinistra hanno il riflesso del toro: quando vedono Salvini è come se sventolasse un panno rosso».

Dicono che non sia molto soddisfatto del suo successore, la ministra Lamorgese.
«I numeri parlano chiaro. Quest’anno gli sbarchi sono triplicati. E mentre nei tre episodi che mi sono stati contestati non è mai morto nessuno, con lei ci sono stati decine di morti, incendi, naufragi».

È nel mirino?
«Guardi, in questo momento la priorità assoluta è la campagna di vaccinazione e la ripresa dell’economia. Ma quest’estate, quando spero tutto sarà superato, non saranno più tollerati gli sbarchi di clandestini sulle nostre coste. L’ho già detto a Draghi».

Che cosa esattamente?
«Gli ho chiesto di organizzare un incontro a tre per un chiarimento. Lo dico chiaro: bisogna cambiare registro».

Ha ottenuto le riaperture, ma già chiede altro.
«Chiedo di estendere le riaperture dei locali anche al chiuso e l’eliminazione del coprifuoco alle 22».

Per quando?
«Entro la metà di maggio. Bisogna ritornare alla normalità, con buona pace di alcuni sciagurati del Pd, come l’ex ministro Boccia (che querelerò visto che dice che io nego il Covid)».

Perché continua ad attaccare il ministro Speranza nonostante la difesa di Draghi?
«È una contestazione politica. Da chi riveste il suo incarico mi aspetto scelte scientifiche, tecniche, oggettive. Non valutazioni politiche».

Perché non condivide la mozione di sfiducia presentata da Giorgia Meloni?
«Io sto dentro il governo e cerco di incidere, altri preferiscono stare fuori a protestare e manifestare».

Quindi non la voterà?
«Le mozioni di sfiducia rafforzano chi le subisce. Invito le altre forze di centrodestra a chiedere, d’intesa con Renzi, la commissione d’inchiesta sulla pandemia che ci aiuterà a far luce sulle responsabilità, comprese quelle di Speranza. Su questa i numeri ci sono».





Open Arms, Casarini: "Rinvio a giudizio Salvini buona notizia"
17 aprile 2021

https://www.adnkronos.com/open-arms-cas ... refresh_ce

Il rinvio a giudizio di Matteo Salvini nel caso Open Arms è una "decisione importante. Finalmente ci sarà un processo contro chi ha usato immunità e privilegi in passato per tentare di coprire le proprie responsabilità, che sono gravissime". Lo dice all'Adnkronos Luca Casarini, capo missione di Mediterranea e indagato dalla Procura di Ragusa per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, commentando il rinvio a giudizio di Matteo Salvini per Open Arms. "Ed è importante anche che chi abusa del suo potere per fare del male ad altri esseri umani che come unica colpa hanno quella di essere poveri e senza potere, finisca oggi sul banco degli imputati", aggiunge.

"Di solito ci finisce chi salva vite umane in mare, chi non accetta l'orrore dei campi lager libici finanziati dai nostri governi. Oggi per fortuna - conclude - non è andata cosi. È una buona giornata per chi lotta per la democrazia e i diritti umani".




Open Arms, don Biancalani: "Processo a Salvini serva a riportare politiche più umane"
17 aprile 2021

https://www.adnkronos.com/open-arms-don ... refresh_ce


Il 'parroco dei migranti': "Non più tollerabile che persone siano trattate come animali"

Il processo a Matteo Salvini per sequestro di persona nell’ambito della vicenda Open Arms possa servire a riportare "politiche più umane nei confronti dei migranti. Non ci si può più permettere di trattare le persone come animali". Don Massimo Biancalani, il parroco toscano di Vicofaro ribattezzato ‘sacerdote dei migranti’ per il suo impegno nei confronti di chi fugge da guerra, fame e da ogni tipo di violenza, commenta così con l’Adnkronos il rinvio a giudizio dell’ex ministro dell’interno accusato di sequestro di persona per avere bloccato per sei giorni in mezzo al mare 147 migranti salvati dalla Ong spagnola Open Arms.

"Il processo - l’auspicio di don Biancalani - potrà servire a mettere in luce i risultati delle politiche dei respingimenti che sino ad ora sono state segnate dalla mancanza di umanità nei confronti di decine di migliaia di persone consegnate nelle mani di milizie senza scrupoli".

Premesso che la questione migranti non è di facile soluzione è non è "questione semplice", don Biancalani, che si è spesso scontrato con il leader della Lega sul tema dei migranti, sottolinea che "non è più tollerabile che come Paese ci si possa permettere di trattare le persone come animali. Speriamo dunque che il processo possa servire anche a fare maturare le coscienze degli italiani. Per lo meno si abbia la forza e il coraggio di attuare un monitoraggio serio di ciò che accade in Libia e si garantiscano corridoi umani per trarre in salvo bambini e donne. Non è più tollerabile che siano lasciati in mano ad aguzzini. I problemi oramai sono tutti pandemici, tutti connessi".


Ecco chi è il giudice che ha mandato Salvini a processo
Ignazio Stagno
17 Aprile 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 39696.html

Molto attivo in diversi procedimenti a Palermo, in passato aveva criticato le scelte dei legislatori sul fronte della lotta al terrorismo
Ecco chi è il giudice che ha mandato Salvini a processo

Il dado è tratto: Matteo Salvini dovrà affrontare un processo con l'accusa di sequestro di persona per aver tenuto per alcuni giorni 147 migranti a bordo della Open Arms prima di autorizzarne lo sbarco. La vicenda giudiziaria durava da parecchi mesi, ma oggi con la decisione del Gup si è arrivati ad un punto di svolta che avrà anche conseguenze sia sul piano politico che sul piano della gestione dell'emergenza immigrazione. Infatti gli avversari "rossi" del leader della Lega sperano nel capitombolo alla sbarra per sbarazzarsi del leader del Carroccio e i leader delle Ong, Casarini in testa, sognano già di dare il via a nuovi sbarchi senza freni sulle nostre coste. La decisione presa oggi dal giudice Lorenzo Jannelli ha dato fiato nuovamente al fronte buonista. Il giudice ha spiegato così le motivazioni del suo rinvio a giudizio: "Non ci sono gli elementi per il non luogo a procedere di Matteo Salvini". L'udienza preliminare non deve valutare se sussiste o meno la responsabilità penale dell'imputato, ma se ci sono elementi sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio e non ci sono elementi per decidere un proscioglimento, sempre secondo la toga.

Il magistrato, molto attivo a Palermo in diversi procedimenti, non è nuovo alle cronache e all'attualità. Infatti circa 4 anni fa si ritrovò sul banco degli imputati Khadiga Shabbi, 47enne libica, ricercatrice dell'università di Palermo per propaganda sul web pro Isis e Ansar al Sharia. In quel caso il pm aveva chiesto quattro anni e mezzo. Ma come ha ricordato sul ilGiornale, Luca Fazzo, il giudice Jannelli decise per una condanna ben più leggera: un anno e otto mesi con la condizionale e la scarcerazione dell'imputata. Ma in quella occasione, proprio Jannelli giustificò la sua decisione mettendo nel mirino le scelte del legislatore in materia di lotta al terrorismo: "È solitamente incline ad assecondare gli umori e le paure più diffuse tra la popolazione con il ricorso allo strumento penale "sotto l'avanzare del terrorismo, sull'onda della paura, oggi "ben lontani da un sistema organico, registriamo una serie di interventi alluvionali". Eppure gli interventi sul fronte terrorismo, dalle Torri Gemelle in poi, come ricordava il Giornale, erano stati soltanto quattro in 16 anni. Ma a quanto pare per Jannelli si trattava di un eccessivo intervento a colpi di norme per far fronte ad una emergenza.

Lo stesso Jannelli, sempre sul caso della Shabbi, aveva affermato: "Gli attacchi terroristici condotti su scala globale hanno inflitto profonde ferite non solo in termini di vite umane ma anche in termini di dirette conseguenze sugli ordinamenti giuridici dei paesi coinvolti, talvolta degenerate in inquietanti derive autoritarie". Chissà, magari anche in tema di immigrazione avrà ritenuto eccessivi i due decreti Sicurezza varati da Salvini per interrompere l'ondata di sbarchi sulle nostre coste. Bisognerà attendere settembre per capire quale sarà il percorso processuale a cui sarà sottoposto Salvini. Ma una cosa è certa: il verdetto di oggi potrebbe dare il via ad una nuova (pericolosa) ondata di arrivi (grazie alle Ong) proprio mentre il nostro Paese è impegnato nella battaglia più dura: quella contro il Covid.



Caso Open Arms, ecco perché Conte e Di Maio non possono dormire sonni tranquilli
Mauro Indelicato
18 aprile 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1618709233

Il rinvio al processo per Matteo Salvini sul caso Open Arms, secondo l'avvocato Giulia Bongiorno altro non ha rappresentato che un semplice passaggio a un nuovo grado di giudizio, in cui si cercherà di far trapelare la verità portata avanti dalla difesa dell'ex ministro in questi mesi.

Il vero perno su cui ruoterà, in fase processuale, lo scontro tra accusa e difesa sarà rappresentato dal valore da assegnare all'atto contestato al segretario del carroccio. In particolare, la scelta di vietare l'ingresso della nave dell'Ong spagnola per la procura è un atto amministrativo. Da qui quindi l'impostazione dell'accusa sostenuta dai magistrati palermitani, secondo cui Salvini avrebbe attuato un abuso di ufficio e un sequestro di persona.

Di parere completamente diverso è invece il legale dell'ex ministro, secondo cui quella scelta è da catalogare a un mero ambito politico. Per dimostrarlo, Giulia Bongiorno ha già fatto sapere di voler chiamare al banco dei testimoni personaggi di alto profilo del governo Conte I, l'esecutivo all'interno del quale Salvini ha operato in qualità di vice premier e ministro dell'Interno.

“Chiameremo a testimoniare anche l'ex presidente Conte – ha dichiarato Giulia Bongiorno dopo la notizia del rinvio a giudizio nei confronti di Salvini – l'ex ministro Toninelli e il ministro Di Maio. È inutile negare che c'è una valutazione politica: è come mandare a giudizio una linea politica perché le scelte di Salvini sono le scelte di un governo in materia di flussi migratori”.

Un passaggio, quello dell'avvocato difensore del segretario leghista, in cui sono stati messi in risalto due elementi: da un lato l'atto firmato dall'allora ministro dell'Interno nei confronti di Open Arms è da contemplare all'interno di una linea politica attuata in quel contesto storico e, dall'altro lato, la scelta è stata dettata da una comune linea governativa.

Per questo quindi Giulia Bongiorno ha intenzione di chiamare a testimoniare esponenti chiave di quell'esecutivo. Toninelli, in qualità di ministro dei Trasporti, ha avuto un ruolo importante, secondo la difesa di Salvini, nel concordare quegli atti. Stesso discorso vale per l'attuale ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che nel primo governo Conte era ministro dello Sviluppo Economico ma anche vice presidente del consiglio.

Ovviamente non può sfuggire in questa ottica il ruolo dello stesso ex capo dell'esecutivo, Giuseppe Conte. L'obiettivo dell'avvocato Bongiorno è mostrare un lavoro collegiale all'interno del governo sul fronte dell'immigrazione.

Come del resto già dimostrato nell'ambito dell'altro caso processuale che ha riguardato in Sicilia Matteo Salvini, ossia il procedimento Gregoretti. Una vicenda discussa a Catania, per la quale la locale procura ha chiesto il non luogo a procedere per il segretario della Lega. In fase preliminare, il Gup di Catania Nunzio Sarpietro ha ascoltato in diverse udienze proprio i principali esponenti del governo Conte I.

“Dalle deposizioni – ha dichiarato lo stesso giudice etneo dopo aver ascoltato Giuseppe Conte a gennaio – è emerso un lavoro collegiale”. Con una testimonianza da parte di vecchi e attuali ministri, la difesa di Salvini mira a dimostrare come le scelte di Salvini siano state politiche e condivise con gli altri esponenti dell'esecutivo.

Il processo Open Arms dunque, potrebbe vedere l'ingresso sulla scena di personaggi di spicco della passata compagine gialloverde. All'interno dell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo dunque potrebbero mettere piede, tra gli altri, sia l'ex presidente del consiglio che l'attuale titolare della Farnesina.


Dopo le "accuse paradossali" da parte della difesa di Salvini
Sul caso Open Arms l’ex ministro Toninelli annuncia iniziative legali
Domenica 18 aprile 2021

https://www.askanews.it/politica/2021/0 ... 18_120619/

Roma, 18 apr. (askanews) – Il senatore M5S Danilo Toninelli “preannuncia iniziative legali a sua tutela e nell’interesse preminente della verità e della correttezza dell’informazione” dopo essere stato “più volte oggetto di paradossali accuse e addebiti di responsabilità da parte della difesa del senatore Matteo Salvini, all’indomani della lineare testimonianza nella vicenda ‘Gregoretti'”, ed essere stato “ancora una volta chiamato indebitamente in causa nell’analoga vicenda ‘Open Arms'”. E’ quanto si legge in un comunicato stampa diffuso da Ivano Iai, legale dell’ex ministro delle Infrastrutte nel primo governo Conte.

“Tali continue falsificazioni, strumentali all’autodifesa del senatore Matteo Salvini, appaiono finalizzate a nascondere la realtà storica emersa nel processo e ad addossare incredibilmente sul senatore Toninelli responsabilità non sue”, ha precisa l’avvocato.

“Appare utile, perciò, far conoscere all’opinione pubblica l’ingenerosità del malaccorto ‘scaricabarile’, e rappresentare, una volta per tutte, che i tuoni e i fulmini del senatore Salvini contro l’approdo delle navi di migranti nei porti italiani sono improvvisamente scomparsi nel processo per fare spazio a un ben più utile e callido programma difensivo nel quale lo stesso senatore Salvini si è miracolosamente trasformato in un missionario caritatevole e umano pronto ad accogliere e accudire gli stranieri, ossia le medesime persone che tempo prima, quand’era ministro dell’interno, non esitò a definire pubblicamente, in aperto contrasto con le posizioni del Governo Conte, clandestini e malfattori da respingere alle frontiere”, ha spiegato Iai.
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mer giu 02, 2021 9:06 pm

Quei veleni in tribunale. Il maxi giudice scroccone si dimette per vergogna
Luca Fazzo
23 aprile 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1619194223

U na cosa è certa: se ci fossero stati ancora Saverio Borrelli o Livia Pomodoro, con le loro asprezze caratteriali, tutto questo non sarebbe accaduto. Perché solo in un clima plumbeo di anarchia è possibile quanto sta accadendo in questi giorni nel palazzo di giustizia di Milano: che è, comunque lo si guardi, prima e dopo Mani Pulite, un'icona della giustizia nel nostro Paese. E che ora è divenuto un palazzo dei veleni, dove si incrociano guerre per bande e killeraggi organizzati, in un groviglio di interessi personali, di categoria e di fazione di cui non si vede la fine.

L'ultimo ad andarci di mezzo è Piero Gamacchio, 67 anni, giudice di Corte d'appello. Un magistrato fin troppo intelligente, protagonista di processi storici come quello del Banco Ambrosiano, punto di riferimento di una generazione di giudici. Che finisce sui siti per una storia antipatica di conti non pagati e di debiti non restituiti: sulle prime senza che si faccia il suo nome, con allusioni sempre più precise. Ieri arrivano nome e cognome, e Gamacchio si deve mettere in aspettativa. «Si è trattato di un comportamento di grave leggerezza di cui mi pento profondamente e al quale porrò al più presto rimedio», scrive il giudice. Letta così, sembra un gossip gustoso della Casta con la toga. Invece l'operazione che affossa Gamacchio è l'ultima puntata dei veleni che ammorbano i corridoi e le stanze del colosso di marmo di corso di Porta Vittoria.

Gli attacchi a Gamacchio sono iniziati quando ha assolto gli imputati di processi istruiti con risalto e risorse: prima il caso Finmeccanica, poi il processo ai Riva per il crac dell'Ilva di Taranto. Prima sottovoce, poi più esplicitamente, Gamacchio veniva accusato di inspiegabili eccessi di garantismo. E poco conta che le sentenze non le avesse decise da solo, né che fossero state entrambe confermate in Cassazione. Poi il brontolio si era esteso al suo superiore diretto, il presidente vicario della Corte d'appello Giuseppe Ondei, colpevole non solo di non controllare Gamacchio ma di avere preso personalmente una decisione indigesta, l'assoluzione dei vertici di Saipem per le presunte tangenti in Algeria.

Sane, fisiologiche diversità di valutazione tra organi giudiziari, venivano raccontate come tradimenti: o peggio. E l'allarme è cresciuto quando si è saputo che Gamacchio aveva rinviato la pensione per celebrare un altro processo delicato, quello ai vertici del Monte dei Paschi di Siena, previsto per l'autunno. A quel punto qualcuno, dentro il Palazzo, ha pensato bene di affossarlo definitivamente, facendo uscire la storia dei debiti. Risultato raggiunto, il processo Mps lo farà un altro giudice.

Impossibile indicare chi abbia fatto scattare l'operazione. Ma è evidente che un simile regolamento di conti può avvenire solo in un contesto fuori controllo. Basti pensare al precedente più recente, il tentativo di eliminare dalla scena il giudice Marco Tremolada, presidente del processo Eni, cui un «pentito» attribuì rapporti privilegiati con alcuni legali: chi abbia ispirato il «pentito» non si sa, ma anche in quel caso c'era di mezzo un processo a rischio di assoluzione. Come puntualmente accaduto.

Le chat interne alla Procura, divulgate dal Giornale il mese scorso, raccontano bene lo sconcerto e le spaccature che regnano anche tra i pubblici ministeri: anche perché esistono fascicoli d'inchiesta ancora segretati sul cui contenuto circolano voci incontrollate e incontrollabili. Molte delle voci ruotano intorno al caso Eni, la sconfitta più bruciante subita in questi anni dalla Procura, e al presunto complotto per delegittimare l'autore dell'indagine, il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale. Nello sfogatoio delle chat, un pm si lamenta contro «il metodo dell'insinuazione, dello schizzo di fango».

Ora lo schizzo di fango colpisce ad alto livello, con l'attacco a Gamacchio. E non c'è da illudersi che finisca presto. Perché sullo sfondo c'è la successione a Francesco Greco, il capo della Procura che tra pochi mesi andrà in pensione. Greco in queste settimane ha difeso a spada tratta De Pasquale, che proprio lui ha voluto a capo del pool che si occupa di corruzione internazionale. Ma cosa accadrà quando lui non ci sarà più? La scelta da parte del Consiglio superiore della magistratura si annuncia lunga e complicata, nel frattempo la Procura verrà retta dal più anziano tra gli «aggiunti», Riccardo Targetti. Ma è chiaro che un lungo interregno rischia di lasciare ancora più ingovernate le fazioni in lizza.
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mer giu 02, 2021 9:07 pm

Nuovo terremoto sul Csm, i verbali segreti di Amara consegnati a Davigo: inchiesta tra 'corvi' e logge segrete
Il Riformista
Carmine Di Niro
Le deposizioni passata a magistrati e giornali
30 Aprile 2021

https://www.ilriformista.it/nuovo-terre ... refresh_ce

Ci sono tutti gli ingredienti di una spy story nella nuova inchiesta che rischia di provocare l’ennesimo terremoto all’interno della magistratura e in particolare del Csm, già travolto dalle vicende giudiziarie riguardanti il ‘sistema Palamara’.

Un caso che nasce dai quattro interrogatori ai quali era stato sottoposto a fine 2019 Piero Amara, l’avvocato siciliano arrestato nel 2018, indagato per i depistaggi dell’inchiesta Eni e per vari episodi di corruzione di giudici, 2 anni e 8 mesi di patteggiamento, coinvolto anche nelle vicende che vedono indagato l’ex pm di Roma Luca Palamara.

Amara viene sentito nel dicembre 2019 dall’aggiunto Laura Pedio e dal sostituto Paolo Storari nell’ambito delle indagini sui depistaggi nel processo Eni-Nigeria. In quei verbali Amara parla dei suoi rapporti con politici, imprenditori e magistrati, che avrebbero chiesto aiuto per ottenere promozioni: nei verbali “secretati”, cioè non depositati dai pm milanesi in alcun procedimento, c’è anche il nome dell’ex premier Giuseppe Conte, con Amara che rivela di essere membro di una presunta loggia massonica, chiamata ‘Ungheria’, di cui farebbero parte numerose toghe, tra cui il consigliere del Csm Sebastiano Ardita, membro della ‘corrente’ davighiana Autonomia & Indipendenza.

Quei verbali finiscono a giornali e ad altri magistrati. In particolare il plico contenente le parole di Amara finisce nell’ottobre 2020 a giornalisti del Fatto Quotidiano e di Repubblica: entrambi i quotidiani informano della vicenda rispettivamente la Procura di Milano e di Roma, pensando di essere finiti al centro di una attività di dossieraggio in quanto i verbali non erano firmati dai magistrati che avevano raccolto le deposizioni di Amara, e questo li rendeva non ufficiali e sospetti.

Liana Milella e Antonio Massari, i giornalisti che ricevono il plico anonimo, non sanno ancora che nell’aprile 2020 quegli stessi verbali sono finiti nelle mani di Piercamillo Davigo, ormai ex consigliere del Csm (andato in pensione ad ottobre del 2020 tra mille polemiche e ricorsi), consegnati dal sostituto Paolo Storari, che lo avrebbe fatto come atto di “autotutela” da possibili conseguenze disciplinari per comportamenti che, nel trattamento di quei verbali, riteneva non corretti da parte dei vertici della Procura di Milano. Un gesto che rientra nella divergenza di vedute tra Storari e gli altri magistrati milanesi, col primo che spingeva per iscrizioni nel registro degli indagati e Greco, De Pasquale e Pedio che non lo ritenevano opportuno.

Storari, secondo quanto saputo dall’Ansa tramite fonti giudiziarie milanesi, sarebbe pronto a riferire la sua versione dei fatti al Csm se l’organo di autogoverno della magistratura lo riterrà necessario

Quanto a Davigo, l’ex membro del Csm al Corriere della Sera ha confermato di aver ricevuto quei verbali e di non aver violato il segreto perché “non opponibile ai componenti del Csm. E io ho subito informato chi di dovere”, pur non spiegando chi sia la persona informata. Al Tg2 quindi Davigo ha spiegato di ritenere “inusuale” quanto accaduto a Milano, “cioè un sostituto procuratore della Repubblica lamentasse che non gli consentivano di iscrivere una notizia di reato”.

A spedire invece i verbali ai giornali, secondo quanto scoperto dalla Procura di Roma, sarebbe stata Marcella Contrafatto, impiegata del Csm nella segreteria dell’allora consigliere Davigo e poi assegnata al consigliere Fulvio Gigliotti, ora indagata per calunnia, perquisita a casa e in ufficio due settimane fa dai pm che nel computer hanno trovato copie degli atti spediti. La funzionaria si è avvalsa della facoltà di non rispondere quando è stata interrogata dalla procura di Roma sulla diffusione dei verbali degli interrogatori resi a suo tempo ai pm di Milano dall’avvocato Amara, è stata quindi sospesa dalle sue funzioni dal Csm.

Verbale che è finito anche ad un secondo membro del Csm, il togato Nino Di Matteo. A dirlo è stato lo stesso ex pm di Palermo nel Plenum del Csm del 28 aprile, annunciando che nei mesi scorsi aveva ricevuto un “plico anonimo, tramite spedizione postale, contenente la copia informatica e priva di sottoscrizione dell’interrogatorio di un indagato risalente al dicembre 2019 dinanzi a un’Autorità giudiziaria”. Nella lettera che accompagnava il faldone, ha spiegato Di Matteo, “quel verbale veniva ripetutamente indicato come segreto”. “Nel contesto dell’interrogatorio – aggiungeva Di Matteo – l’indagato menzionava in forma evidentemente diffamatoria, se non calunniosa, circostanze relative a un consigliere di questo organo” (ovvero Ardita, ndr).

L’ex pm aveva quindi spiegato di aver subito contattato la Procura competente, cioè quella di Perugia, per riferire i fatti. Il suo timore, infatti, era che “tali dichiarazioni e il dossieraggio anonimo” potessero “collegarsi a un tentativo di condizionamento” dell’attività di Palazzo dei Marescialli.

E sull’intricata vicenda sta effettivamente indagando la procura guidata da Raffaele Cantone. L’ipotesi, tutta da verificare, è inquietante: l’esistenza di una loggia, la già citata ‘Ungheria’, che col coinvolgimento di alcuni pezzi del Paese avesse l’obiettivo di condizionare le nomine non solo nella magistratura ma anche in altri settori.




Toghe vicine a Conte e ufficiali della Gdf. Ecco i nomi coinvolti nei verbali segreti
Anna Maria Greco
1 maggio 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 43224.html


Sono tre i gruppi di cui parla il faccendiere Piero Amara ai pm di Milano come iscritti ad una loggia massonica chiamata «Ungheria»: magistrati romani del tribunale fallimentare, magistrati catanesi come il togato del Csm Sebastiano Ardita e alti ufficiali della Guardia di Finanza.

Da quello che trapela sulle copie degli interrogatori del 2019 fatti avere ad alcuni giornali, come la Repubblica, Il Fatto, Domani e al consigliere Nino Di Matteo che ha rivelato il fatto al plenum di Palazzo de' Marescialli, l'avvocato dell'Eni coinvolto in diversi fatti di corruzione, per ottenere vantaggi per sé collabora con gli inquirenti. E, come nella migliore tradizione dei «pentiti», potrebbe mescolare cose vere e cose false.

Il corvo che diffonde le carte secretate vuole, comunque, che siano di dominio pubblico, forse per mettere in difficoltà la procura di Milano che non avrebbe indagato come si doveva sulle rivelazioni di Amara. Questo nella primavera del 2020 spiegò il pm milanese Paolo Storari all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Che assicura di aver informato «chi di dovere», senza che ci sia stato però un seguito, a quanto pare. Mentre risulta indagata per calunnia a Roma la sua segretaria di allora, Marcella Contrafatto, sospettata di aver spedito in giro i verbali e sospesa dal servizio al Csm. Storari, che a Milano indagava sul falso complotto Eni, fa sapere che se verrà chiamato è pronto a riferire al Csm.

La conferma che Amara abbia coinvolto dei magistrati romani viene, anche se non ufficialmente, da Perugia che ha competenza in questi casi. Il reato ipotizzato sarebbe di associazione segreta e questo conferma anche le indiscrezioni sulla loggia massonica, che per l'avvocato opererebbe per condizionare le nomine in magistratura e in altri settori.

Tra le toghe della fallimentare citate dall'avvocato una, che ora lavora per la Coldiretti, sarebbe vicina al l'ex premier Giuseppe Conte, tirato già in ballo dal Domani per i suoi incarichi per l'Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone.

Nei verbali emergerebbe lo stretto collegamento con lo scandalo Palamara. Amara è l'accusatore dell'ex presidente dell'Anm e ai pm di Milano non parlerebbe solo della loggia ma anche della storia del dossier sull'avvocato consulente dell'Eni Domenico Ielo, fratello dell'aggiunto di Roma Paolo, che Luca Lotti avrebbe chiesto al presidente di Eni, Claudio Descalzi. Il pm romano è quello che ha ottenuto il rinvio a giudizio dell'ex ministro dello Sport per l'inchiesta Consip e Amara è stato indagato per bancarotta e frode fiscale dal collega di Ielo, Stefano Fava che poi, su consiglio di Palamara, presentò un esposto al Csm per denunciare irregolarità nell'ufficio e il possibile conflitto d'interessi legato al fratello di Ielo e a quello del procuratore Giuseppe Pignatone. La storia di Fava, che si rivolse a Davigo e Ardita, oltre che a Palamara, ricorda quella di Storari oggi. Solo che nel primo caso si seguì la via istituzionale, nel secondo tutto si arenò in una stanza di Palazzo de' Marescialli.

A questo punto il Csm, che finora si è tenuto fuori da queste vicende, ne viene investito in pieno. Un consigliere, Di Matteo, che denuncia il dossieraggio del «corvo»; un altro, Ardita, accusato da Amara di essere massone e finito sui giornali; un ex consigliere, Davigo, che ha ricevuto lamentele e verbali dal pm Storari ma non gli ha consigliato di fare un esposto; la sua ex segretaria indagata e sospesa e tutto si lega al sistema Palamara. È davvero troppo per tacere ancora. E il vicepresidente David Ermini, che tre giorni fa in plenum ha fatto cadere nel vuoto l'allarme di De Matteo, ora dice che il Csm è «obiettivo di un'opera di delegittimazione e condizionamento tesa ad alimentare, in un momento particolarmente grave per il Paese, la sfiducia dei cittadini verso la magistratura». Per L'organo di autogoverno delle toghe, afferma, «è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti» di cui parlano i giornali e i pm devono «accertare chi tenga le fila di tutta questa operazione».
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » mer giu 02, 2021 9:08 pm

Magistratura, il giudice nomina il suo amico? Non c'è nessun reato: la sentenza è uno schiaffo
Paolo Ferrari
2 giugno 2021

https://www.liberoquotidiano.it/news/it ... iaffo.html

Se un cittadino chiede un favore di qualsiasi tipo ad un politico, quest' ultimo risponde nella migliore delle ipotesi di abuso d'ufficio, altrimenti di corruzione. Se un favore, come una nomina o un incarico, lo chiede un magistrato ad un componente del Csm non succede nulla trattandosi di "autopromozione". È il "doppio binario" che assolve i signori in toga e punisce con l'arresto i comuni mortali. «La legge per i nemici si applica, per gli amici si interpreta», diceva Giovanni Giolitti che aveva già capito tutto un secolo prima di Luca Palamara. Un esempio di applicazione del diritto per coloro che non hanno il privilegio di indossare la toga viene dalla recente sentenza numero 21006 della Cassazione. In estrema sintesi, risponde di concorso in abuso d'ufficio chi "convince" il pubblico ufficiale a non compiere il proprio dovere, non trattandosi di una semplice segnalazione che lascia libertà di agire, bensì di una istigazione determinante per la decisione finale. I cultori del diritto potranno obiettare che nel caso affrontato dalla Cassazione, un multa non elevata dalla stradale, si configura un vantaggio patrimoniale. Per i magistrati, differenziandosi fra loro solo per funzioni, non ci sarebbe alcun incremento di stipendio fra chi, a parità di anzianità di servizio, viene nominato procuratore e chi resta pm. Però c'è il danno ingiusto: il meccanismo emerso dalle chat ha danneggiato chi non aveva santi in paradiso, quindi al Csm.
Aboliamo l'abuso d'ufficio o non si riparte, l'Italia è paralizzata. Rossello, la crociata insieme a Libero
"Aboliamo l'abuso d'ufficio o non si riparte, l'Italia è paralizzata". Rossello, la crociata insieme a Libero

Palamara, in segno di "pacificazione", dopo l'esplosione dello scandalo sulle nomine si è affrettato a chiedere scusa ai colleghi penalizzati dal mercato delle nomine. Ma oltre a non incorrere in reati, le toghe dedite al "self marketing" sono state esonerate dal fastidio di affrontare un disciplinare. Il pg della Cassazione Giovanni Salvi, titolare dell'azione disciplinare, con una circolare dell'anno scorso ha stabilito che il magistrato non commette illeciti caldeggiando il proprio nome per un incarico al Csm. «L'attività di autopromozione - secondo Salvi - effettuata direttamente dall'aspirante, anche se petulante, ma senza la denigrazione dei concorrenti, non può essere considerata in violazione di precetti disciplinari». Per le Sezioni unite della Cassazione, invece, le condotte che danno vita al sistema clientelare, mediante qualunque interferenza nella valutazione del Csm, «sono in ogni caso disciplinarmente sanzionabili», diversamente da quanto previsto dalle linee di Salvi. A due anni dalla pubblicazione delle chat di Palamara, dunque, nessuna Procura ha aperto un fascicolo nei confronti dei magistrati che spingevano per una nomina, nessun procedimento disciplinare è stato avviato per sanzionare il self marketing togato, e nessuno è stato trasferito per incompatibilità ambientale. Insomma, tranne Palamara sono tutti al proprio posto.

Ecco come i pm violano la Costituzione. La denuncia di Sabino Cassese: lo strapotere dei magistrati (sulla nostra pelle)
"Ecco come i pm violano la Costituzione". La denuncia di Sabino Cassese: lo strapotere dei magistrati (sulla nostra pelle)

Nei mesi scorsi, senza successo, alcuni magistrati "dissidenti" del gruppo anticorrenti Articolo 101, hanno invitato Salvi a ritirare la direttiva, chiedendogli le dimissioni se non avesse fornito spiegazioni convincenti su un episodio di self marketing, quindi non punibile, che lo aveva visto coinvolto ed era stato raccontato nel libro Il Sistema. Per la precisione un aperitivo alla presenza dell'allora vice presidente del Csm Giovanni Legnini durante il quale si sarebbe "sponsorizzato" proprio per il posto di pg della Cassazione
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Re: Magistratura criminale ed eversiva, caso Salvini

Messaggioda Berto » gio giu 10, 2021 6:41 pm

Scandalo Eni Nigeria, il Pm nascose la prova che scagionava i vertici
Il Riformista
Piero Sansonetti
10 Giugno 2021

https://www.ilriformista.it/scandalo-en ... ci-225665/

La Procura di Milano – che ha portato a processo e accusato di reati molto gravi i vertici dell’Eni, compreso l’amministratore Claudio Descalzi – ha nascosto al Tribunale una prova fondamentale che scagionava lo stesso Descalzi. Si tratta di un filmato nel quale il principale teste di accusa dichiarava che intendeva accusare i vertici dell’Eni per ricattarli, e minacciava di trascinarli nel fango.

Il filmato risale esattamente a due giorni prima del momento nel quale l’accusatore si presentò in procura per accusare l’Eni e aprire il famoso scandalo Eni Nigeria. L’ufficio del Pubblico ministero possedeva questo filmato ma non lo ha esibito al processo, nascondendolo alla difesa e ai giudici. È stato uno degli avvocati della difesa che lo ha scoperto per caso, depositato agli atti di un altro processo in un’altra città, e ne ha chiesto l’acquisizione. Il Pm, in particolare il procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale, ha chiesto che non fosse acquisito perché – ha sostenuto – era di scarsa rilevanza. la Corte invece ha imposto l’esame del filmato e lo ha considerato decisivo per scagionare gli accusati. Tutto questo è scritto, anche con una certa indignazione, nelle motivazioni della sentenza di assoluzione (emessa il 17 marzo) che sono state rese pubbliche ieri.

Scandalo Eni-Nigeria e prove nascoste, indagati i pm De Pasquale e Spadaro

Il filmato fu realizzato (di nascosto) dal famoso avvocato esterno dell’Eni, Piero Amara, e contiene una dichiarazione di Vincenzo Armanna – che appunto è il teste d’accusa – il quale – è scritto nella sentenza – dichiarava di pianificare ”un ricatto ai vertici della società petrolifera preannunciando l’intenzione di rivolgersi ai Pm milanesi per far arrivare una “valanga di merda” e un avviso di garanzia ad alcuni dei dirigenti apicali della compagnia”. Nella motivazione dell’assoluzione c’è anche scritto testualmente: “Risulta incomprensibile la scelta del Pubblico ministero di non depositare tra gli atti del procedimento un documento che, portando alla luce l’uso strumentale che Armanna intendeva fare delle proprie dichiarazioni e dell’auspicata conseguente attivazione dell’attività inquirente, reca straordinari elementi a favore degli imputati”. Una frustata in faccia alla Procura.

Il Procuratore aggiunto del quale stiamo parlando è un personaggio molto noto in magistratura. Ha al suo attivo due procedimenti giudiziari importantissimi e contestatissimi. Quello che nel 1993 portò al suicidio dell’allora amministratore dell’Eni Gabriele Cagliari, e quello che a partire dal 2001 portò all’unica condanna subita da Silvio Berlusconi nel corso dei circa 70 processi che ha subito, quella per l’affare Diritti-Mediaset, stranota per la sentenza della Cassazione – quella che uno dei giudici sostenne fosse stata la decisione di un “plotone di esecuzione” – e che ancora è sotto la lente di ingrandimento del tribunale di Brescia e della Corte di giustizia europea.

Stavolta De Pasquale è stato trattato con una certa ruvidezza dai giudici. I quali sembrano emettere, insieme alla sentenza di assoluzione per gli imputati, anche una sentenza di condanna ferma, e abbastanza sdegnata, per i Pm della Procura. È un nuovo capitolo di magistratopoli. Certo, ormai nessuno più si stupisce. Però a me pare che risulti sempre più chiaro come la degenerazione nella magistratura non riguardi solo i sistemi di spartizione del potere, ma tocchi direttamente il funzionamento della giustizia. In genere, quasi sempre, a danno degli imputati. Nel caso del quale stiamo parlando, probabilmente, se un avvocato non avesse scovato fortunosamente il filmato, ci sarebbe stata la condanna degli imputati. Con effetti devastanti per le loro vite, e forse anche per l’Eni.

Succede spesso? Succede anche in altri processi che i Pm celino elementi di prova o indizi favorevoli agli imputati? Io penso di sì. Ed è molto difficile che questo vizio possa cessare se non c’è nessun modo per controllare il Pm. Voi credete che i Pm che hanno nascosto il filmato pagheranno per questo loro gravissimo errore professionale? Io sono pronto a scommettere che non pagheranno. Resteranno al loro posto, anche di altissima responsabilità, e potranno continuare a sbagliare e a influenzare negativamente i propri colleghi. È questo il prezzo che dobbiamo pagare alla sacra religione dell’indipendenza della magistratura intesa come diritto alla assenza di ogni controllo? Beh, allora non assomiglieremo mai agli altri paesi occidentali, dove esiste da molti decenni lo stato di diritto.



Eni-Nigeria, crolla ancora il castello di accuse della Procura di Milano: assolti anche i presunti mediatori della maxi tangente
Cancellate le uniche due condanne e revocate le confische
24 Giugno 2021

https://www.ilriformista.it/eni-nigeria ... te-229537/

Eni-Nigeria, crolla ancora il castello di accuse della Procura di Milano: assolti anche i presunti mediatori della maxi tangente

Continua la lunga scia di assoluzioni sul presunto caso di corruzione internazionale di Eni-Nigeria, dopo le 15 avvenute nel processo principale che ha visto scagionati tra gli altri Paolo Scaroni e Claudio Descalzi, ex e attuale amministratore delegato del ‘Cane a sei zampe’. Il teorema della Procura milanese riguardava il presunto pagamento di una maxi tangente, la più grande mai pagata da una società italiana, per l’acquisto nel 2011 dei diritti di esplorazione del giacimento Opl245 in Nigeria.

Questa mattina la Corte d’Appello di Milano ha infatti assolto anche Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, i due presunti mediatori accusati di corruzione internazionale, condannati in primo grado con rito abbreviato a quattro anni di reclusione.

Assoluzione che si intreccia al fascicolo sul ‘falso complotto’ e col caso dei verbali di Piero Amara: la Procura di Brescia, come è noto, sta indagando sul procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e sul pm Sergio Spadaro, titolari dell’indagine Eni-Nigeria, per l’ipotesi di rifiuto d’atti d’ufficio in relazione alla gestione del materiale probatorio del processo, in particolare il video registrato di nascosto dall’ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato nel processo e testimone sulle cui dichiarazioni si era basata buona parte dell’accusa della Procura di Milano, mentre parla con l’avvocato Piero Amara rivelando l’intenzione di ricattare i vertici della società petrolifera.

Obi Emeka e Gianluca Di Nardo sono stati assolti con la formula “perché il fatto non sussiste” con la sentenza sa dalla seconda sezione d’Appello, presidente Rosa Luisa Polizzi coi giudici Scalise e Nunnari, accogliendo la richiesta dello stesso sostituto pg Celestina Gravina e dei difensori, gli avvocati Giuseppe Iannaccone (per Di Nardo) e Roberto Pisano (per Emeka).

La Corte d’Appello ha anche revocato le confische disposte in primo grado di 98 milioni e 400 mila dollari per Obi Emeka e 21 milioni e 185 mila franchi svizzeri per Gianluca Di Nardo per un totale di 112 milioni di euro.

Per l’avvocato Roberto Pisano, legale di Obi Emeka, “dopo 7 anni si respira aria di verità”. Una condanna di primo grado che per il legale era stata “ingiusta” e dovuta ad un “macroscopico travisamento della prova e a violazioni di legge”. La pensa allo stesso modo Giuseppe Iannaccone, difensore di Gianluca Di Nardo, secondo cui oggi è assolto giustamente “un innocente”. La Corte, ha chiarito, “lo ha acclarato, ho sempre avuto fiducia nella giustizia e oggi l’appello lo ha dimostrato”.
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