Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Re: Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » gio ago 19, 2021 8:45 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » gio ago 19, 2021 9:07 pm

5)
L'infernale alleanza tra i social internazi comunisti sessantottini come Gino Strada e la Boldrini i fanatici dei diritti dei presunti ultimi e deboli della terra, i cristiani terzomondisti e social comunisti di Bergoglio antiamericani e antisraeliani e pieni di demenziali sensi di colpa, e i nazi maomettani di ogni dove, compresi quelli che ci hanno invaso e che ci stanno invadendo clandestinamente via mare e via terra (con il pretesto dell'asilo/aiuto politico, umanitario, economico) ogni giorno abusando e violando le convenzioni internazionali, i finti minorenni e il dirittto al ricongiungimento parentale, gli impropriamente detti Palestinesi che vorrebbero cacciare e sterminare gli ebrei, i Talebani come AlQaida, l'ISIS, BoKo Haram, tutti quelli che alimentano il suprematismo nero anti bianco negli USA e in Europa come gli antifa, i BLM e i neri islamici americani come la rifugiata somala Ilhan Omar, e tutti gli altri che non ho elencato e che si contraddistinguono nel sostenere la distinzione dell'Islam buono che non è mai esistito, dall'Islam cattivo che è sempre esistito come Islam da Maometto in poi.




Il nostro amato Gino è morto questa mattina.
È stato fondatore, chirurgo, direttore esecutivo, l’anima di EMERGENCY.
“I pazienti vengono sempre prima di tutto”, il senso di giustizia, la lucidità, il rigore, la capacità di visione: erano queste le cose che si notavano subito in Gino. E a conoscerlo meglio si vedeva che sapeva sognare, divertirsi, inventare mille cose.
Non riusciamo a pensare di stare senza di lui, la sua sola presenza bastava a farci sentire tutti più forti e meno soli, anche se era lontano.
Tra i suoi ultimi pensieri, c’è stato l’Afghanistan, ieri. È morto felice.
Ti vogliamo bene Gino.

La nascita di EMERGENCY

Nel 1994, l’esperienza accumulata negli anni con la Croce Rossa spinge Gino Strada, insieme alla moglie Teresa Sarti e alcuni colleghi e amici, a fondare EMERGENCY, Associazione indipendente e neutrale nata per portare cure medico-chirurgiche di elevata qualità e gratuite alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.
Il primo progetto di EMERGENCY, che vede Gino Strada in prima linea, è in Ruanda durante il genocidio. Poi la Cambogia, Paese in cui resta per alcuni anni.
Nel 1998 parte per l’Afghanistan: raggiunge via terra il nord del Paese dove, l’anno dopo, EMERGENCY apre il primo progetto nel Paese, un Centro chirurgico per vittime di guerra ad Anabah, nella Valle del Panshir.
Gino Strada rimane in Afghanistan per circa 7 anni, operando migliaia di vittime di guerra e di mine antiuomo e contribuendo all’apertura di altri progetti nel Paese.
Oggi EMERGENCY è presente in Afghanistan con 3 ospedali, un Centro di maternità e una rete di 44 Posti di primo soccorso.
Dal 2005 inizia a lavorare per l’apertura del Centro Salam di cardiochirurgia, in Sudan, il primo Centro di cardiochirurgia totalmente gratuito in Africa. Nel 2014 si reca in Sierra Leone, dove EMERGENCY è presente dal 2001, per l’emergenza Ebola.
EMERGENCY ha curato oltre 11 milioni di persone. L’utilizzo dei fondi e la ripartizione delle spese nei progetti sono da sempre resi pubblici nel Bilancio di EMERGENCY e nel Report di sostenibilità.

https://www.emergency.it/gino-strada-ch ... skQAvD_BwE

Idee che fanno bene: una riflessione su sanità e diritti

A settembre 2020, abbiamo organizzato l’evento online Idee che fanno bene, per riflettere sull’importanza di una sanità universale, pubblica, gratuita, integrata.
Insieme a medici, filosofi, attori, giornalisti, scrittori, comici abbiamo raccontato gli effetti del considerare la salute un bene di mercato e l’enorme potenziale del viverla come un diritto.
Ne è uscito anche questo piccolo vocabolario, raccontato da Gino Strada: dieci parole semplici ma fondamentali su cui ricostruire una Sanità che abbia al centro le persone che ne hanno bisogno.




La furia talebana contro le donne afgane
Autore Francesca Salvatore
14 agosto 2021

https://it.insideover.com/donne/la-furi ... fgane.html

Non era necessaria una sfera di cristallo per intuire come sarebbe andato a finire il pantano afgano in mano ai talebani. Gli stessi additati per quasi vent’anni come male assoluto, come incarnazione dell’oscurantismo postmoderno, per poi essere riabilitati a controparte con cui trattare tanto da essere ospitati perfino sulle dorate pagine del New York Times. L’Afghanistan di queste ore è un disastro, un inferno in terra, soprattutto per coloro che, a vario titolo, avevano cominciato a respirare quando la morsa violenta della barbarie si era poco a poco affievolita. A rischiare di finire nel pozzo nero della geopolitica ci sono loro, le donne afgane, sui cui corpi e sulle cui vite il regime scrive con assoluta ferocia da sempre e del quale il burqa è solo la punta dell’iceberg di un mondo ben più complesso, ma sempre uguale a se stesso nella sua misoginia. I dati parlano chiaro: un rapporto pubblicato il mese scorso dalle Nazioni Unite mostra un aumento delle donne e dei bambini uccisi e feriti già tra maggio e giugno, in concomitanza con l’inizio della partenza delle truppe statunitensi e di altre truppe internazionali dalla regione.

Le conquiste perdute

Ma peggio della morte c’è la perdita della libertà, dell’indipendenza, dell’identità. Eppure, qui le donne avevano ottenuto il diritto di voto nel 1919, molto prima di numerose democrazie occidentali e, negli anni Sessanta, un nuovo testo costituzionale aveva affidato loro un ruolo fondamentale nella vivace società afgana. Basta poco per rendersene conto: è sufficiente googlare tra le immagini degli anni d’oro per osservare quanto l’Afghanistan fosse una società viva, colorata e in fermento, dove le donne procedevano a passo spedito nel mondo a suon di gonne corte e libri sotto al braccio. Di alcune grandi conquiste perdute le donne afgane si erano riappropriate dopo il 2001, checché se ne pensi dell’intervento americano. La presenza delle donne in Parlamento è aumentata di quasi il 30%, più di 100mila donne sono riuscite a iscriversi all’università e quasi 4 milioni di bambine a scuola.

Molte donne afgane, vent’anni fa erano poco più che bambine: hanno conosciuto i benefici dello status quo ante, sono andate a studiare all’estero. Molte sono tornate per diffondere il verbo diventando attrici chiave dei loro distretti. Tante di loro, complici famiglie umili ma al passo con i tempi, non sono sposate, non hanno figli nonostante abbiano superato i 25 anni. Tantissime non indossano né il burqa né tantomeno il velo. Questa libertà rischia di non durare man mano che i Talebani avanzano: a Kabul i guerriglieri – gli stessi che si iniettano dosi da cavallo di eroina prima di sgozzare i nemici – stanno stilando liste di tutte le donne nubili in loco: quale la ragione se non quella di “rimediare” a quest’onta con la violenza, matrimoni forzati e chissà cos’altro? La fuga al momento è impossibile per chiunque.

Le donne sole rischiano di più

Fra le donne “sole” ci sono anche quelle divorziate, che adesso sembrano essere nel mirino della furia talebana che vuol dar sostanza al vecchio detto afgano che recita “Una donna lascia la casa di suo padre solo con gli abiti da sposa bianchi e può tornare solo con i sudari bianchi”. In questa società profondamente conservatrice e patriarcale, le donne che sfidano le convenzioni e cercano il divorzio sono spesso rinnegate dalle loro famiglie ed evitate dalla società afghana. Rimaste sole, devono lottare per diritti fondamentali, come l’affitto di un appartamento o un prestito in banca, che richiedono il coinvolgimento o le garanzie dei parenti maschi. Nonostante lo stigma sociale e gli ostacoli all’indipendenza, oggi in Afghanistan vivono molte donne divorziate. In molti distretti catturati dai Talebani sono già state imposte nuove regole, comprese le restrizioni alla circolazione che ora tornano a dover essere “scortate” dai parenti maschi e completamente coperte dal tradizionale burqa.

L’escalation di violenza ha costretto molti afgani a fuggire dalle loro case, ma le donne che vivono da single si ritrovano isolate, senza un posto dove rifugiarsi. La cosa più terrificante, tuttavia, è e sarà la pratica dei matrimoni forzati di giovani ragazze e vedove con combattenti talebani. Per molte donne, l’unica strada alternativa alla fuga sarà uccidersi pur di non perdere la libertà: le cronache ci raccontano di centinaia di donne pronte a farlo o che già lo hanno fatto. Molte di loro, single o meno, hanno già perso il posto di lavoro nelle ultime settimane: già agli inizi di luglio, centinaia di impiegate o piccole imprenditrici hanno visto arrivare i guerriglieri talebani presso le loro attività, nei loro uffici, nei propri negozi per essere costrette a lasciare il posto di lavoro e indossare il burqa: i loro impieghi, ottenuti col sudore e tanto studio, ceduti al parente maschio più prossimo.

Molte di queste donne in pericolo hanno vissuto vent’anni di libertà. O nella libertà recuperata sono nate. Non conoscono altro modo di vivere, non sanno contrattare la vita con la sottomissione. Questo potrà essere la salvezza dell’Afghanistan o l’inizio del loro atroce sterminio, mentre il mondo fa spallucce. Malala Yousafzai, la giovane pakistana che da un altro Paese ha fatto della lotta ai Talebani la sua vita ha affermato più volte che “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.

In Afghanistan di libri e di penne ne sono arrivati tanti. Ora non ne arrivano più. E per ora, purtroppo, sta vincendo la spada.



Dove abbiamo sbagliato in Afghanistan
Wired
13 agosto 2021

https://www.wired.it/attualita/politica ... efresh_ce=

Dopo vent'anni di missione occidentale e l'annuncio dell'abbandono del paese, l'Afghanistan si ritrova punto e a capo, in mano alle forze talebane. Un fallimento americano su cui dovremmo interrogarci

Di Afghanistan probabilmente si parlerà per lungo tempo, esempio di un grande fallimento a stelle e strisce. Sono passati pochi mesi da quando Joe Biden ha annunciato ufficialmente, in linea con i piani dei suoi predecessori, che entro l’11 settembre prossimo gli Stati Uniti avrebbero completamente lasciato il paese. Arrivati a quella data, è possibile che l’Afghanistan sarà già del tutto in mano ai talebani, la cui rimozione dal potere è stata la ragion d’essere di una missione occidentale durata vent’anni e costata molto in termini umani e finanziari.

Nel giro di poche settimane una provincia dietro l’altra sono cadute come birilli davanti all’avanzata talebana. Nelle scorse ore è toccato a centri molto importanti come Herat e Kandahar, ormai due terzi del paese sono stati sottratti alle forze governative. Tutto questo sta lasciando sul terreno moltissime vittime soprattutto dal lato dell’esercito, mentre tra matrimoni forzati, stupri e altre violenze indiscriminate si parla già di massicci crimini di guerra e contro l’umanità operati dalle milizie talebane. Di fronte al collasso dell’Afghanistan, fino a qualche giorno fa si diceva che la caduta della capitale Kabul sarebbe potuta avvenire nel giro di sei mesi-un anno. Le ultime proiezioni parlano invece di 90 giorni, un periodo destinato a scendere ulteriormente vista la rapidità dell’offensiva.

Vent’anni fa, dopo l’attacco alle torri gemelle di New York e la protezione del regime talebano dei terroristi coinvolti, gli Stati Uniti a braccetto con le potenze occidentali della Nato correvano in Afghanistan per rovesciare il potere dei fondamentalisti islamici ed “esportare la democrazia”, secondo una formula tanto cara a Washington. Venti anni dopo nulla è cambiato e si è avuta la conferma che tutti quei progressi gridati al mondo sotto forma di stabilizzazione del paese e addestramento delle forze governative per sventare eventuali future offensive erano in realtà un fuoco di paglia. L’Afghanistan si ritrova lì dove era all’inizio del millennio e la sensazione è che sia stato sprecato molto tempo, oltre che ingenti risorse (un trilione di dollari, un numero con così tanti zeri da renderne difficile la scrittura).

Il problema in Afghanistan è che per troppo tempo si è fatto finta che la missione stesse andando bene. Come rivelano però migliaia di lettere come quelle pubblicate dal Washington Post, ma anche editoriali di analisti e interviste postume di chi nel paese ci è stato, il senso del fallimento si respira da parecchi anni. Che il paese versasse ancora nel caos, che il nuovo stato democratico fosse in realtà un coacerbo di corruzione, che la forza dei talebani fosse solo addormentata e non sconfitta, che quella occidentale fosse ormai una mera presenza deterrente priva di strategia e obiettivi a lungo termine nel paese, è una certezza che accompagna i militari e i governi coinvolti da tempo. Se ora se ne stanno andando tutti, se l’Afghanistan è stato lasciato a sé come un bambino a cui vengono tolte le rotelle della bicicletta, non è perché si è convinti della sua capacità di farcela da solo, ma proprio perché l’insabbiamento del fallimento non poteva andare avanti per molto. L’offensiva di queste settimane era quindi data per scontata e non si è nemmeno fatto molto per evitarla, se come sottolinea il New York Times l’occidente ha deciso di andarsene proprio nel momento stagionale di massima forza offensiva talebana, in quella che suona soprattutto come una fuga prima che fosse troppo tardi. E non ha offerto alcun tipo di supporto reale di fronte all’inevitabile.

A guardare con sospetto alla situazione afghana ora è soprattutto l’Europa, culla di democrazia che non è tanto scossa dai crimini contro l’umanità in corso di esecuzione nel paese ma dalle conseguenze migratorie derivanti, in quella abituale paranoia sovranista per cui ogni disastro globale è letto nell’ottica della tenuta delle proprie frontiere. Gli Stati Uniti, invece, lavorano di diplomazia sperando che si trovi una soluzione interna di qualche tipo, magari una condivisione di potere tra talebani e governo afghano, che limiti i danni d’immagine propri e della missione di cui per venti anni sono stati a capo.

Si è andati in Afghanistan per i propri tornaconti personali e ora che il paese è stato abbandonato si continua a ragionare in quest’ottica. Intanto a Kabul e dintorni si combatte, si muore e si soffre, tormentati dall’idea di essere stati cavie di un ennesimo esperimento fallito.



"Femministe, perché non provate il burqa dei Talebani?"
La lettera di Mila, condannata a morte in Francia per aver "offeso" l'Islam. "Care amiche afghane, i vostri occhi dalla rete metallica possono vedere solo la vigliaccheria occidentale?"
Giulio Meotti
16 agosto 2021

https://meotti.substack.com/p/femminist ... provate-il

“Donne e ragazze afghane fuggono dai Talebani. Ma quest’allarme ha incontrato un silenzio apparentemente inspiegabile da parte del movimento femminista internazionale”. Così scrive oggi su The Australian Ida Lichter, autrice di Muslim Women Reformers: Inspiring Voices Against Oppression. “Mentre conquistano più territorio, gli insorti vietano alle donne di uscire di casa senza un parente maschio e bandiscono le ragazze dalla scuola. Alle famiglie viene ordinato di consegnare donne e ragazze per il matrimonio a combattenti talebani. Queste richieste sono coerenti con l'interpretazione estremista dei talebani della sharia islamica che afferma che le donne sono beni mobili da cedere come bottino di guerra”. Lichter ricorda che, nei due decenni di occupazione da parte delle forze della coalizione, “le donne afghane hanno guadagnato preziosi diritti. Sono stati istituiti 3.000 centri sanitari e la mortalità materna è diminuita del 40 per cento. Il numero di ragazze nell'istruzione secondaria è aumentato di un terzo, con 100.000 che hanno raggiunto l'università. Le donne hanno votato alle elezioni, si sono candidate a cariche politiche e sono diventate parlamentari e giudici”. Nonostante questo, “le principali organizzazioni femministe internazionali hanno mostrato scarso sostegno alle donne afghane, ora, negli ultimi vent’anni o in precedenza. La flagrante persecuzione dei Talebani è ignorata. Nella loro attuale traiettoria politicizzata, le femministe si sono allontanate dalle questioni fondamentali dei diritti delle donne”.

Mentre da Kabul arrivano notizie come i negozi di burqa che tornano a riempiersi, racconti di chi vede in giro “solo volti di donne atterrite”, della corrispondente della CNN costretta a mettersi il velo a Kabul e di donne frustate per aver indossato i sandali, Mila si è rivolta alle donne afghane. Lei è la liceale francese che ha ricevuto 100.000 minacce di morte in un anno e mezzo per aver “offeso” l’Islam sui social. Costretta a cambiare due scuole, a vivere sotto la protezione della polizia e in un angosciante anonimato, Mila ha appena scritto una lettera sulla caduta di Kabul. La traduco e riproduco per la newsletter. E’ un testo che oggi dovrebbe campeggiare, come quelli di Oriana Fallaci sul Corriere della Sera dopo l’11 settembre, sulla prima pagina dei quotidiani italiani.


Afghanistan: non distogliete lo sguardo.

I talebani sono appena entrati a Kabul, dopo aver assunto il controllo di quasi tutto l'Afghanistan, davanti ai nostri occhi increduli di occidentali.

Come voi, sto assistendo a questo disastro e voglio parlare alle donne di questo Paese, terrorizzate da ciò che le aspetta.

Cosa vedono i vostri occhi attraverso la rete metallica del burqa? Avendo brevemente intravisto la libertà e la possibilità di avere un futuro, temo che ora vedrete solo la nostra vigliaccheria. La viltà di chi tace, di chi non denuncia la sorte a voi riservata da chi vuole imporre la pura legge islamica.

Noi donne europee abbiamo il diritto di usare i nostri occhi, la nostra vista non è disturbata da una rete. E quello che vediamo è l'asservimento delle donne e delle bambine alla legge degli uomini, che promettono a chi non si sottomette, a chi continua a imparare, a chi vuole fare un mestiere, la fustigazione, la lapidazione, gli attacchi con l'acido, gli omicidi. Mentre chi osserva le regole della sharia sarà destinato, nel migliore dei casi, a una cancellazione totale del proprio essere.

Noi donne europee possiamo parlare, gridare, cantare, urlare, ridere... le donne afghane potranno presto solo piangere, in silenzio, imprigionate dietro le loro lenzuola blu.

Le ‘femministe’ hanno gli occhi, una bocca, quindi perché non denunciano tutto ciò che vedono? Non vi siete svegliate? Siate consapevoli dell'oppressione dell'Islam su queste donne. Ah sì, dimentico un dettaglio: questa lotta è molto più pericolosa di quelle che di solito conducete.



Per aiutare l’islam moderato, non riconoscete i Talebani
Souad Sbai
18 Agosto 2021

https://almanews24.it/editoriali/2021/0 ... -talebani/
https://lanuovabq.it/it/per-aiutare-lis ... i-talebani

Dopo 20 anni di guerra nel tentativo di instaurare una parvenza di democrazia, l’Afghanistan torna al punto di partenza. L’Occidente dovrà avere relazioni e rapporti con i terroristi al governo? Gli afgani dovrebbero ribellarsi. E gli occidentali non credere alla svolta “moderata” degli integralisti.

Dopo 20 anni di guerra nel tentativo di instaurare una parvenza di democrazia, l’Afghanistan torna al punto di partenza. Una vicenda assurda che lascia spazio a numerose domande. Cosa succederà adesso? Che fine faranno le donne e tutti coloro che si oppongono ai Talebani? L’Occidente dovrà avere relazioni e rapporti con i terroristi al governo? Sono interrogativi che bisogna porsi visto quanto accaduto. Kabul è in mano ai Talebani e per gli afgani inizia un periodo i cui effetti e conseguenze sono già note.

Nonostante i Talebani abbiano dichiarato di non voler opprimere la popolazione con le leggi dell’oscurantismo religioso di cui sono portatori, le cose cambieranno a breve. Quando l’attenzione dei media internazionali calerà, l’Afghanistan si trasformerà in un inferno. Già da ora arrivano notizie sconfortanti su una caccia alle donne che non indossano gli abiti o non tengono comportamenti che l’islam radicale impone. Alcune di queste, tra cui qualche giornalista, hanno fatto sapere di essersi chiuse in casa nel timore di essere aggredite o uccise. Nonostante questo, la possibilità che le “disobbedienti” vengano cercate casa per casa è altissima. Così come per tutti gli afgani che negli anni hanno lavorato con gli occidentali e che adesso rischiano la morte.

Davanti a questo scenario Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, ha dichiarato che l’intervento in Afghanistan non aveva l’obiettivo di creare uno Stato democratico, ma di combattere il terrorismo. Parole per certi versi sconcertanti, ma che nascondono una prospettiva per gli afgani: ribellarsi al terrorismo dei Talebani. Solo a quel punto l’intervento delle forze straniere avrà un senso e potrà eliminare definitivamente il gruppo. Fino a quando ci saranno afgani, che per paura o connivenza, lasceranno la loro patria nelle mani di Al Qaeda, Isis o altre organizzazioni terroristiche, l’Afghanistan non avrà mai pace.

Allo stesso modo, la comunità internazionale non deve riconoscere un governo formato da terroristi. Sarebbe l’ennesimo errore nell’approccio all’integralismo islamico. Occorre inserire i Talebani nella lista internazionale dei terroristi. Ogni nazione dovrebbe dichiarare fuori legge movimenti islamisti come quello dei Fratelli Musulmani. Solo mettendo al bando queste realtà e chiudendo ogni canale di trattativa e comunicazione con le democrazie occidentali, si può sperare di invertire il corso della storia in Afghanistan e in tutti i Paesi dove vige l’islam oscurantista. Il mondo arabo moderato, infatti, proprio in queste ore esprime preoccupazione per la salita al potere dei Talebani, mentre la parte dell’islam radicale festeggia.

I prossimi giorni, dunque, saranno decisivi per capire se gli interessi economici globali avranno la meglio sui diritti umani e sulla democrazia. Anche se in questo caso, la previsione rispetto alla sorte dell’Afghanistan è piuttosto agevole: il cosiddetto Emirato Islamico, dichiarato dai Talebani dopo essere entrati a Kabul, diventerà un referente dell’Occidente.

Alberto Pento
Quale mai sarebbe l'Islam moderato e cosa mai vorrebbe dire Islam moderato?
Esistono forse un Maometto e un Corano moderati diversi da quelli veri, reali e storici precipui dell'Islam tradizionale e universale?




DIALOGO STRETTO
«Non va assunto un atteggiamento arrogante, l’Occidente deve coinvolgere tutti per mantenere uno stretto dialogo con i talebani»,
Niram Ferretti
19 agosto 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Cosi ha dichiarato Giuseppe Conte. "Stretto dialogo con i talebani". Ecco, sì, deve essere questa la soluzione per riportare calma, ordine, e forse un po' di democrazia. Chissà se Conte ha avuto questa pensata di sua iniziativa o gli è stata insufflata dal pasionario del M5S, Alessandro Di Battista, per il quale con i terrorsti occore dialogare.
L'avvocato di Volturara Apulla, ha una notevole esperienza di Afghanistan e conosce in profondità l'Islam. Contando su di lui, con i talebani si potranno sicuramente ottenere risultati di rilievo, magari, chissà, anche quello di aprirgli un consolato a Roma.



Afghanistan, la governatrice #SalimaMazari è stata arrestata dai talebani e non si hanno notizie sulle sue condizioni
Lucia Borgonzoni
19 agosto 2021

https://www.facebook.com/groups/islamno ... 0920444457

La governatrice di Charkint Salima Mazari è una delle tre donne al comando in Afghanistan. Ogni giorno difende il suo distretto dall'attacco dei talebani imbracciando anche le armi. "Se non lo facciamo adesso, continueranno ad avanzare e non si arrenderanno fino a quando non accetteremo la loro agenda"
Il suo lavoro in prima linea l'ha resa bersaglio di diversi attentati da parte degli estremisti. Ha paura?
“Se ho paura? No. Credo nello stato di diritto in Afghanistan"



New York Post – Dov’è Kamala? “L’ultima persona rimasta a fianco” a Biden tace ormai da giorni sul caos del ritiro afgano
Kamala Harris non è vista in pubblico dal 12 agosto 2021.
Evan Vucci/AP
20 agosto 2021malixani

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ro-afgano/

Mentre Joe Biden e i membri chiave della suo team sulla sicurezza nazionale hanno sopportato il peso delle critiche e dell’indignazione per la rapida caduta dell’Afghanistan in mano ai Talebani – e le scene di caos e la carneficina mentre gli americani e gli afgani tentano di uscire dal paese – Kamala Harris ha mantenuto un profilo visibilmente basso.

È ormai un lontano ricordo quel 25 aprile, quando la Harris era apparsa a “State of the Union” della CNN ed aveva affermato con orgoglio alla conduttrice Dana Bash che lei era rimasta, come ha detto Bash, “l’ultima persona nella stanza” con Biden quando ha deciso di porre fine al coinvolgimento degli Stati Uniti in Afghanistan.

“E si sente a suo agio [con la decisione di Biden]?” aveva incalzato la Bash.

“Lo sono, e voglio aggiungere altro”, ha detto Harris. “Questo è un presidente che ha una straordinaria quantità di coraggio. È qualcuno che ho visto più e più volte prendere decisioni basate su ciò che crede veramente – sulla base dei suoi anni di lavoro e di studio di questi problemi – ciò che crede veramente sia la cosa giusta da fare”.
Kamala Harris ha interrotto una riunione con gli amministratori delegati per discutere le proposte dell’amministrazione Biden sull’assistenza all’infanzia mentre i Talebani iniziavano a prendere il controllo dell’Afghanistan. Jonathan Ernst/Reuters

Tuttavia, con le orribili e tragiche immagini che emergono ogni ora dall’Afghanistan, la Harris non è vista in pubblico da giovedì, quando ha interrotto una riunione con gli amministratori delegati per discutere le proposte di assistenza all’infanzia dell’amministrazione Biden per partecipare a un briefing sull’intelligence quando i Talebani hanno iniziato la loro offensiva finale.

Da allora, è apparsa solo in foto di scena messe in giro dalla Casa Bianca. Le sue uniche dichiarazioni pubbliche sono state su Twitter. Non era al fianco di Biden, come ha fatto in altre occasioni, quando ha cercato di difendere la sua decisione di ritirare tutte le forze da combattimento degli Stati Uniti dall’Afghanistan in un discorso della Casa Bianca lunedì.

Mentre la situazione in Afghanistan si deteriorava durante il fine settimana, la Harris ha partecipato sabato e domenica a delle videoconferenze con il team sulla sicurezza nazionale di Biden. Immagini ampiamente derise, pubblicate sull’account Twitter della Casa Bianca, mostrano la Harris che si unisce alla conferenza dalla residenza ufficiale del vicepresidente ed occupa una delle diverse caselle su uno schermo di fronte a Biden, che sedeva da solo in una sala conferenze a Camp David.

L’account ufficiale della Harris ha ritwittato l’immagine della videoconferenza di sabato. Lunedì, dopo che Biden ha rilasciato la sua dichiarazione molto criticata in cui giustificava la decisione di ritirare le forze americane, Harris ha twittato: “Per due decenni, i nostri coraggiosi membri in servizio (sic.) hanno messo in gioco la loro vita in Afghanistan. Saremo sempre grati ed orgogliosi”.
Kamala Harris ha partecipato alle riunioni con il team di sicurezza nazionale di Biden durante il fine settimana. Chip Somodevilla/Getty Images

“Mettere fine al coinvolgimento militare degli Stati Uniti in Afghanistan è la decisione giusta“, ha aggiunto.

Martedì, la Harris lo ha ribadito, in un altro tweet che recitava: “Siamo andati in Afghanistan quasi 20 anni fa. Ora, la nostra missione è quella di portare la nostra gente, i nostri alleati e gli afghani vulnerabili al sicuro fuori dal paese”.

Mercoledì mattina, la Casa Bianca ha twittato un’altra immagine di un briefing sulla sicurezza nazionale. La Harris sedeva alla destra di Biden, indossando una mascherina e fissando i fogli del briefing con un’espressione che potrebbe essere letta come pensierosa o sofferta.


La Harris dovrebbe terminare il suo silenzio pubblico giovedì con un discorso alla convention annuale dell’Associazione nazionale dei giornalisti afroamericani. Il giorno seguente, è prevista la sua partenza da Washington per Singapore e il Vietnam, il suo secondo soggiorno all’estero dopo un viaggio difficile in Messico e Guatemala a giugno.
Kamala Harris dovrebbe partire da Washington il 20 agosto per il suo secondo viaggio all’estero. Oliver Contreras/Sipa via AP Images

Mentre sarà nel sud-est asiatico, la Harris dovrebbe affrontare le difficili domande sui segnali che il crollo dell’Afghanistan avuto con l’amministrazione Biden lancia agli alleati dall’altra parte del continente, che sono preoccupati per una Cina che agita la sua sciabola.

L’ufficio della Harris non ha risposto alle domande del New York Post se avesse dovuto assumere un ruolo più pubblico con lo svolgersi della situazione in Afghanistan, compresa la domanda se avesse dovuto unirsi a Biden per le sue osservazioni di lunedì.




I demenziali comunisti del Manifesto

Da tempo l’Occidente è amico dei peggiori talebani del mondo | il manifesto
Alberto Negri
21 agosto 2021

https://ilmanifesto.it/da-tempo-loccide ... Kw7O212Dsw

Siamo tutti talebani? Nel senso che da tempo l’Occidente è amico dei peggiori talebani del mondo? Pare di sì. Gli Usa, la Nato, l’Italia, vendono armi e lisciano il pelo a monarchie assolute e oscurantiste come l’Arabia Saudita. Mohammed bin Salman tortura e fa a pezzi un giornalista, Renzi si fa pagare da lui e lo definisce un “principe del rinascimento”. In fondo siamo tutti talebani, basta che paghino.
Sarebbe ora che ci dicessimo in faccia la verità: i talebani li abbiamo voluti noi occidentali con i nostri alleati arabi, quelli ricchi beninteso, dei poveracci non sappiamo che farcene.

L’ossessione del comunismo un tempo era tale che gli Usa e l’Occidente avrebbero fatto carte false pur di far fuori Mosca. La jihad in Afghanistan l’abbiamo fomentata e sostenuta negli anni Ottanta per sconfiggere i sovietici. Gli arabi pagavano i mujaheddin, il Pakistan ospitava i gruppi radicali, gli Stati Uniti dirigevano le danze.

ALL’EPOCA Osama bin Laden era un alleato benemerito perché la sua famiglia finanziava la guerriglia contro l’Urss: la società di costruzioni Bin Laden, di cui gli americani erano soci, forniva, tra l’altro, le scavatrici per costruire i tunnel che proteggevano i combattenti dai raid aerei di Mosca. Gli stessi tunnel che poi Bin Laden ha usato insieme ai talebani del Mullah Omar, per addestrare gli attentatori dell’11 settembre 2001, quasi tutti sauditi, e da cui è fuggito in Pakistan dove è stato ucciso nel maggio 2010.

Per abbattere l’Urss, gli Usa e gli arabi del Golfo hanno pagato un’intera generazione di combattenti che affluivano da tutto il mondo musulmano. Per colpire gli aerei la Cia aveva fornito ai mujaheddin i missili Stinger, un’arma tra le più efficaci in circolazione. Questi combattenti avrebbero poi costituito battaglioni di terroristi che hanno destabilizzato il Medio Oriente e poi colpito anche in Europa. Il problema è cominciato quando l’Unione sovietica si è ritirata dall’Afghanistan nell’89. Gli Usa e gli occidentali abbandonarono – more solito – il Paese al suo destino e i jihadisti si sentirono traditi: avevano abbattuto i comunisti e ora gli americani voltavano le spalle. È così che i nostri alleati afghani, definiti sui media occidentali «combattenti della libertà», si sono trasformati in nemici.

I talebani sono gli eredi di questa storia. Con una notazione: per prendere il potere negli anni Novanta a Kabul avevano bisogno dell’aiuto del Pakistan e a organizzare la loro ascesa fu il governo di Benazir Bhutto, acclamata in Occidente come un’eroina e poi uccisa in un attentato nel 2007. Non dobbiamo stupirci: l’Afghanistan da sempre viene considerato da Islamabad essenziale alla «profondità strategica» del Pakistan. I generali pakistani erano legati a Bin Laden, che distribuiva soldi a tutti, e molti della «lista nera» di Washington stavano tranquillamente in Pakistan. Non è un caso che Bin Laden sia stato ucciso nella città pakistana di Abbottabad nel 2011 dove è stato latitante per un decennio.

OGGI LA STORIA si ripete. L’Emiro dei talebani Akhunzadah, il vero capo del movimento, dirige anche una manciata di moschee e di scuole coraniche in Pakistan. Il Mullah Baradar venne arrestato nel 2010 in Pakistan e nel 2018 sono stati proprio gli americani a richiederne ufficialmente la scarcerazione. Era con lui che volevano trattare.

Dopo otto anni di training Baradar ha imparato la lezione: se fai il bravo con Washington, a casa tua puoi comportarti come ti pare. Altro che esportazione della democrazia. Basta vedere i sauditi, una monarchia assoluta totale, che non lascia uscire di casa le donne, le quali non possono viaggiare senza il consenso del marito – sempre ovviamente velate dalla testa ai piedi – ma siccome sono i migliori clienti di armi americane e sostengono il complesso militare-industriale Usa possono fare quello che vogliono.

Noi alle monarchie assolute del Golfo non andiamo mai a chiedere conto dei diritti umani, di quelli delle donne o delle minoranze, lasciamo che mettano in galera giornalisti e oppositori senza fare una piega perché ci pagano profumatamente. Siamo degli ipocriti senza vergogna: capaci persino, come ha fatto quel Renzi, di lodare Mohammed bin Salman, il principe saudita che ha fatto torturare e tagliare a pezzi il giornalista Jamal Khashoggi, colpevole di averlo criticato sui giornali.

I nostri amici arabi sono come i talebani ma noi stiamo zitti e muti perché ci pagano. Anzi siccome sono anche nel G-20, come l’Arabia saudita, Draghi ha detto che chiederà loro consiglio su come fare pressione sui talebani. Sembra una parodia: domandiamo a dei truculenti oscurantisti di diventare i paladini dei diritti delle donne e della libertà di opinione.

QUINDI OGGI non ci deve fare troppo schifo anche il Mullah Baradar. È stato lui a firmare gli accordi Doha e a stringere la mano davanti alle telecamere al segretario di stato Mike Pompeo. Sia l’Emiro Akunzadah che il suo vice Baradar da giovani sono stati combattenti anti-sovietici. Akunzadah tra l’altro è cognato del Mullah Omar e nel suo staff lavora anche Yakoob, il figlio del Mullah fondatore dei talebani, deceduto qualche anno fa – guarda caso – in un ospedale pakistano a Karachi. Insomma questa è anche una foto di famiglia, della loro come della nostra. Se Baradar e il suo capo fanno i bravi ragazzi, impantanando cinesi, russi e iraniani in Afghanistan, riapriremo le ambasciate a Kabul con la scusa che dobbiamo proteggere i diritti umani e delle donne. In fondo «siamo» tutti talebani.




La sciagura afghana e l’Occidente ottuso
Marcello Veneziani
MV, La Verità (20 agosto 2021)

https://www.marcelloveneziani.com/artic ... te-ottuso/


L’Afghanistan è un luogo fatale per le sorti del mondo. Secondo la narrazione canonica fu l’inizio della fine dell’Impero sovietico, e dunque originò la caduta della diarchia mondiale. È poi diventata la croce degli Stati Uniti e dell’Occidente che si sono dissanguati in tutti questi anni tra risorse economiche e reparti militari, per controllarlo e arginare le sue metastasi. Tutto inutile, vanificato in pochi giorni. L’Afghanistan è stato il luogo simbolico in cui ha preso corpo il terrorismo islamico e in cui ha preso fuoco la jihad, esportata poi nel mondo. Ma anche il centro di coltivazione e smistamento della droga internazionale. Un paese-simbolo, cerniera dolorosa tra Oriente e Occidente in più sensi.

Trent’anni fa, con la caduta dell’Unione Sovietica, nasceva il Nuovo Ordine Mondiale. Lo aveva proclamato George Bush. Un mondo unipolare, con un solo Impero e tanti satelliti, protettorati, periferie più o meno scontente. Per i dem progressisti, il nuovo ordine mondiale significava esportare la democrazia nel mondo e intervenire in difesa dei diritti umani. O meglio, laddove è possibile; in Cina per esempio, nessuno mai ha pensato di intervenire per difendere i diritti umani. Quella sciagurata teoria fu poi adottata di fatto anche dai repubblicani americani. Le cassandre occidentali temevano un effetto Cartagine sugli Stati Uniti perché avevano perso il loro Antagonista Globale, e furono presto servite: così nacque, rinacque, il Nemico Islamico.

In principio ci fu, trent’anni fa, la guerra del Golfo contro l’Iraq di Saddam, un tempo alleato d’Occidente usato contro l’Iran degli Ayatollah. L’attacco all’Iraq, i bombardamenti, le città distrutte, le sanzioni e l’embargo pure ai medicinali ne furono lo strascico bestiale. Poi, quando si riuscì a buttar giù il dittatore e condannarlo a morte, nacque il terribile, interminabile dopo Saddam tra governi fantoccio, insediamenti militari, attentati. Intanto era avvenuta la Nemesi, e la Catastrofe: vent’anni fa ci fu l’attacco alle Torri Gemelle, poi la guerra al terrorismo islamico di Al Quaeda e agli stati-canaglia che lo sostenevano. Fu allora che prese corpo l’avventura in Afghanistan, considerato il ricettacolo e il rifugio del terrorismo, a partire da bin Laden. Poi l’occupazione occidentale, la cacciata dei talebani. Quindi il difficile controllo militare di quel paese martoriato, i fiumi di dollari buttati dagli Usa e dai loro alleati per debellare talebani e antioccidentali. Infine la ritirata dei giorni scorsi; non si fa in tempo ad andar via che tornano al potere i talebani. Evidentemente non erano stati emarginati e abbattuti, e non tutto il popolo era contento di stare sotto l’ombrello americano, almeno a giudicare dalla rapidità e dalla facilità con cui hanno ripreso il potere. Un Biden col viso tirato di un levriero afghano scarica l’errore su Trump ma si vede che accusa il colpo. I complottisti fantasiosi direbbero che Biden è la contrazione onomastica di Bin Laden. Nomen omen…

Trent’anni fa mi riconobbi nella posizione di Giovanni Paolo II contro la Guerra del Golfo e lo sciagurato intervento occidentale. Furono offerti potenti alibi e vistosi obbiettivi all’odio islamico contro l’Occidente; cominciò la loro “guerra di liberazione” vestita da jihad contro l’imperialismo occidentale. Due nazioni importanti come la Turchia e l’Iran vegliano da allora l’area.

Ma non fu solo l’Iraq o l’Afghanistan a caratterizzare l’interventismo euro-americano in quell’area bollente, caldeggiato da Israele: ci fu poi il sostegno alle primavere arabe, nella folle e ignorante presunzione che avrebbero condotto molti paesi maghrebini a convertirsi alla democrazia, ai diritti e alla libertà. E invece abbattuti i dittatori coi loro regimi di modernizzazione forzata, alla fine vinsero le fratellanze islamiche o scoppiarono le guerre tribali.

Da quelle primavere prese corpo la seconda ondata di terrorismo islamico, ancora di matrice sunnita: da Al Quaeda si passò all’Isis che ha avuto come nemico principale l’Europa e soprattutto la Francia, per il suo ruolo nella primavera araba. E non solo: caduti i regimi dittatoriali, cominciava l’esodo per le popolazioni, non solo di profughi e dissidenti ma anche l’ondata ben più massiccia di emigrati “economici”. Cominciava la grande migrazione islamica verso l’Europa, che un tempo era un’eredità delle colonie europee in Africa e in Medio Oriente, e ora invece si allargava ad ampio raggio. Con tutte le conseguenze che ben conosciamo.

Giunti a questo punto ci chiediamo: ma a cosa è servito l’interventismo militare, assistenziale e politico degli Usa e dell’Occidente? A cosa è servito esportare le democrazie e imporre i diritti umani, visti i risultati opposti? Ha incattivito il mondo islamico, ha fornito pretesti a quello più fanatico e integralista; ha ingigantito la rete del terrorismo, ha generato reazioni e contraccolpi sulle popolazioni, alimentando le migrazioni; e ora, colpo di grazia, riprende anche alla grande la via della droga dall’Afghanistan.

È valsa la pena la crociata americana, ha prodotto effetti benefici, ha evitato guerre e guerre civili, regimi dispotici, persecuzioni di minoranze e di cristiani, odii antiebraici e antioccidentali? No, niente di tutto questo, anzi.

Allora, semplificando al massimo, le soluzioni in campo erano di due tipi: o non intervenire, non interferire, limitarsi a garantire un minimo di agibilità nei rapporti politici e commerciali e un massimo di incolumità agli occidentali in quei territori. Oppure caricarsi della responsabilità di essere un Impero, imporre la propria lex universale con la forza e il coraggio e presiedere i luoghi caldi del pianeta. L’Occidente, e l’America più di tutti, ha scelto invece la via di mezzo, la peggiore: ha fatto massimi interventi economici e militari, ha buttato al vento soldi, generazioni, energie ricevendo poco o nulla, e oggi dopo che si è ritirato sa solo balbettare: presto, creiamo corridoi umanitari, tuteliamo i diritti umani, a partire dalle donne, salviamo la gente portandola da noi… Una sintesi al peggio di arroganza e viltà, resa stomachevole dalla glassa umanitaria.



Consigliera toscana dem sta con i talebani. La Lega insorge. Il Pd: "Si dimetta"
Federica Olivo
25 agosto 2021

https://www.huffingtonpost.it/entry/con ... 0862ecaaa5

A fine giornata è arrivata la richiesta di dimissioni da parte dei dem. Nura Musse Ali, avvocato e componente della Commissione di parità della Regione Toscana, del Pd, aveva pronunciato parole in favore della presa di potere da parte dei talebani in Afghanistan. Il caso era stato sollevato dalla Lega, poi la presa di distanza da parte di singoli esponenti del Pd, fino alla nota unitaria,in cui si legge: “Le parole di Nura Musse Ali non rappresentano il pensiero del Pd, che si batte da sempre affinché sia riconosciuto il ruolo delle donne, in Italia come nel mondo. Per questo, nel dissociarci dalle sue parole e nel ribadire la nostra contrarietà verso ogni regime che azzera la dignità delle persone, chiediamo che si dimetta”.

La consigliera, parlando della crisi in Afghanistan, aveva dichiarato: “Forse qualcuno rimarrà sorpreso, ma sono a favore della presa del potere da parte dei fondamentalisti in Afghanistan, non perché condivida il loro modus operandi. Ritengo che quello che stiamo vivendo fosse una tappa obbligata della storia, affinché finalmente quel Paese iniziasse il proprio lento cammino verso un’interpretazione evolutiva delle sue leggi e la maturazione del concetto di vita politica e sociale”.


COMUNITA' INTERNAZIONALE
Giovanni Bernardini
27 agosto 2021

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 5728086633

Due parole perseguitano dagli schemi televisivi il popolo bue, ripetute in continuazione, con voce suadente da conduttori e conduttrici: “comunità internazionale”. E, subito dopo le due paroline magiche una serie di verbi coniugati all’imperativo. La “comunità internazionale” deve. La comunità internazionale” non abbandoni. La “comunità internazionale sorvegli, monitori, impedisca eccetera.
La “comunità internazionale in Afghanistan c’era, fino a pochi giorni fa, non aveva subito alcuna sconfitta militare (davvero possiamo pensare che un branco di barbari col turbante possano sconfiggere gente super armata e super addestrata?). Questa “comunità internazionale” è fuggita a gambe levate lasciando il paese preda dei talebani e dei loro amici-concorrenti dell’Isis.
E ora questa stessa “comunità internazionale” dovrebbe “monitorare”, “sorvegliare”, “impedire”, “garantire” eccetera.
La “comunità internazionale” controlla forse ciò che avviene in Corea del nord? È in grado di impedire che in quel paese tanto amato a sinistra come a destra avvengano violazioni clamorose dei fondamentali diritti umani?
Ieri la “comunità internazionale” era in grado di “monitorare” quanto avveniva nella Germania di Hitler, nell’URSS di Stalin o nella Cina di Mao? Ha saputo “monitorare”, questa famosa “comunità internazionale, ciò che avveniva nella Cambogia di Pol Pot? Ha mosso un dito per impedire lo sterminio di circa un quarto della popolazione cambogiana?
L’Afghanistan diventerà base del terrorismo e terreno di scontro fra i fondamentalisti assassini dell’ISIS e gli assassini fondamentalisti talebani. Questa la triste realtà.
Il resto sono stronzate.
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Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » ven ago 20, 2021 2:14 am

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Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » ven ago 20, 2021 2:22 am

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Re: Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » dom ago 22, 2021 6:55 pm

6) Biden e l'Afganistan

Il mondo orrendo di Sleepy Joe e della sua banda Biden Biden.
Il mondo orripilante di Joe Biden e della sua corte dei miracoli.
Gli USA di Joe Biden, della Kamala Harris e della Pelosi, un incubo infernale per il mondo intero!

viewtopic.php?f=92&t=2941
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6616063933
https://www.facebook.com/groups/2097364 ... 470682628/

Capitolo 28) Biden e l'Afganistan



Dimenticare Kabul (e in fretta)
25 agosto 2021

http://www.linformale.eu/dimenticare-kabul-e-in-fretta/

L’America è stata tenuta in ostaggio prima. Nel 1976, il volo TWA 355 fu dirottato dai nazionalisti croati e un ufficiale di polizia di New York perse la vita nel tentativo di risolvere la situazione. Il sequestro del 1985 dell’Achille Lauro da parte di militanti del Fronte di Liberazione Palestinese si concluse solo in seguito all’intervento militare americano. Il caso più noto fu quando l’avanguardia della rivoluzione islamica in Iran prese in ostaggio 52 americani per 444 giorni. Questi episodi traumatici impallidiscono in confronto a ciò che gli Stati Uniti potrebbero dover affrontare ora in Afghanistan. L’America potrebbe trovarsu nel mezzo della più grande crisi degli ostaggi della sua storia.

Lunedì, l’amministrazione Biden ha annunciato di avere trasbordato almeno 37.000 persone fuori dalle condizioni sempre più disumane che prevalgono nell’aeroporto internazionale di Hamid Karzai, l’ultimo baluardo rimasto dell’influenza occidentale in Afghanistan. Non è un’impresa da poco. Ma nella misura in cui si possa definire “facile” l’erculea coscrizione delle forze sia civili che militari nello sforzo di evacuare gli americani e i loro partner da dietro le linee talebane, questa è stata la parte facile. Il tempo corre fino all’ora zero e gli Stati Uniti non rispetteranno la scadenza.

“Faremo evacuare tutti quelli che possiamo evacuare”, ha dichiarato alla fine della settimana scorsa il Segretario alla Difesa Lloyd Austin. “E provvederò il più a lungo possibile fino allo scadere del tempo o fino all’esaurimento delle nostre capacità”. Quel “orologio” era stato fissato non solo dal presidente, che ha insistito sul fatto che gli Stati Uniti avrebbero rimosso tutti gli americani vulnerabili e gli alleati statunitensi dall’Afghanistan entro il 31 agosto, ma anche dai talebani. “È una linea rossa”, ha dichiarato il rappresentante dei talebani Suhail Shaheen. “Se gli Stati Uniti o il Regno Unito dovessero richiedere più tempo per continuare le evacuazioni, la risposta è no. O ci saranno delle conseguenze».

Nel tentativo di accelerare le cose, gli Stati Uniti hanno iniziato con riluttanza a eseguire operazioni delle forze speciali progettate per esfiltrare gli americani fuori dall’aeroporto, anche a rischio di infiammare le tensioni con i talebani e i loro alleati terroristi, così definiti dal Dipartimento di Stato, i quali stanno provvedendo alla nostra “sicurezza.” Allo stesso tempo, secondo quanto riferito, le forze americane stanno respingendo gli afgani idonei per l’evacuazione e il trasferimento. Ma anche abbandonare i nostri alleati per dare la priorità agli americani non lo accorcerà. Da lunedì a oggi, solo circa 3.300 dei circa 10-15.000 americani rimasti intrappolati in Afghanistan da quando Kabul è caduta sono stati trasferiti fuori dal paese. Anche a questo ritmo insostenibile, la missione americana in Afghanistan non finirà entro il 31 agosto. E tutti, tranne la Casa Bianca di Biden, sembrano saperlo.

“Dato il numero di americani che devono ancora essere evacuati, il numero di SIV, il numero di altri membri della stampa afgana, i leader della società civile, le donne leader, è difficile per me immaginare che tutto ciò possa essere realizzato tra adesso e alla fine del mese”, ha dichiarato lunedì il presidente della commissione per l’intelligence della Camera degli Stati Uniti Adam Schiff.

Un certo numero di importanti legislatori federali chiedono che l’amministrazione si impegni in un’operazione più lunga e a loro si è unito il Primo Ministro britannico Boris Johnson. Sfrutterà l’occasione di un vertice di emergenza del G7 oggi per fare pressione su Biden al fine di “garantire evacuazioni sicure, prevenire una crisi umanitaria e sostenere il popolo afgano per mettere al sicuro i risultati degli ultimi 20 anni”.

Joe Biden si ritrova in una trappola creata da lui stesso. Le forze statunitensi operano dall’aeroporto di Kabul a piacimento dei talebani. In qualsiasi momento, quello che Biden ha definito un gruppo “di straccioni” può disabilitare l’aeroporto e impegnarsi nuovamente in combattimento con le forze americane a cui finora hanno concesso un ormeggio ristretto. Biden è determinato a evitare questo risultato. L’unica alternativa a un simile disastro sarebbe quello di comprare la sottomissione dei talebani. È un’opzione che il presidente ha già preannunciato. “I talebani devono prendere una decisione fondamentale”, ha detto Biden domenica. Per avere successo, “avranno bisogno di tutto, dall’aiuto aggiuntivo in termini di assistenza economica, commercio e tutta una serie di cose”. I talebani, ha detto Biden, “cercano legittimità per stabilire se saranno riconosciuti o meno da altri paesi”. Senza dubbio, tutte queste carote sono state fatte penzolare davanti ai nostri rapitori dal direttore della CIA William Burns, che questa settimana è stato inviato a Kabul probabilmente per negoziarvi una estensione della nostra missione.

Il messaggio dei talebani non potrebbe essere più chiaro: i vostri soldi o le vostre vite. E ci sono migliaia di americani in Afghanistan dai quali i talebani potrebbero trarre degli esempi. Come attesta lo straziante audio ricevuto dall’ufficio del rappresentante Carol Miller, gli americani intrappolati dietro le linee nemiche credono di essere stati abbandonati dal loro governo alla mercé di una vendicativa milizia islamista. Come ha ammesso un membro dello staff dell’ambasciata americana abbandonata, “Sarebbe meglio morire sotto il proiettile dei talebani” piuttosto che affrontare la brutalità di un probabile tentativo infruttuoso di raggiungere per proprio conto il personale di servizio americano. I nostri cittadini e amici si stanno rassegnando a un destino terribile.

L’umiliazione dell’America in Afghanistan non si è conclusa con la caduta di Kabul. È solo all’inizio.



Quando l'Onu inviterà i Talebani a darci lezioni di antirazzismo e diritti delle donne
Giulio Meotti
25 agosto 2021

https://meotti.substack.com/p/quando-lo ... talebani-a

Il matematico francese Laurent Lafforgue ha scritto che l’Onu è serio sui diritti umani “come fare appello ai Khmer Rossi per costituire un gruppo di esperti di diritti umani”.

Il Consiglio per i diritti (dis)umani delle Nazioni Unite ha appena tenuto la sua 31esima sessione speciale per affrontare le "gravi preoccupazioni e la situazione in materia di diritti umani in Afghanistan". La discussione è stata guidata dal Pakistan, il grande finanziatore e amico dei Talebani (paese dove, come ricorda Aiuto alla chiesa che soffre, si incarcerano e ammazzano cristiani in nome della “blasfemia”). Sui rifugiati, la risoluzione dell’Onu elogia "la generosa ospitalità dimostrata dai vicini dell'Afghanistan". Attribuisce tutta la colpa dell'attuale crisi non ai Talebani, da cui scappano gli afghani, ma ai paesi occidentali. Ricorda lo Spectator che il documento è così farsesco che “i Talebani non sono nemmeno citati una sola volta nella risoluzione”. Anche Shaharzad Akbar, presidente della Commissione indipendente per i diritti umani dell'Afghanistan, ha attaccato l’Onu per il rifiuto di costituire una commissione speciale sui Talebani.

Anche Hillel Neuer, direttore di UN Watch, esprime tutta la sua frustrazione, postando la copia della risoluzione: “In Afghanistan milioni di persone vivono nella paura dei talebani che hanno preso il controllo del paese. Qui a Ginevra, l'UNHRC si riunisce sull'Afghanistan per adottare una delle sue risoluzioni più deboli. Meglio interrompere la sessione che inviare un messaggio di pacificazione ai Talebani”.

Già, ma è Israele la grande ossessione del Consiglio dei diritti umani in quella “Versailles della diplomazia” che è Ginevra. Ogni volta che in quel Consiglio le democrazie hanno sollevato il problema della sharia e dei crimini commessi in suo nome (lapidazioni, amputazioni, esecuzioni, mutilazioni, fosse comuni…) gli ambasciatori dei regimi islamici sono riusciti sempre a insabbiare tutto. Non solo.

Presto, come racconta la CNSNews, i Talebani potrebbero sedere in posti chiave all’Onu. Sotto il governo deposto di Ashraf Ghani, l'Afghanistan ha ricevuto un mandato di quattro anni (2021-2025) nella Commissione sulla condizione delle donne. L'Afghanistan è stato eletto all’Unesco per quattro anni (2019-2023) ed è anche nella Commissione sui narcotici. L’ex ambasciatore americano all’Onu, John Bolton, oggi ha detto che è likely che i Talebani si siedano presto in queste commissioni, anche considerano che nella commissione sulle donne siedono già Iran e Arabia Saudita, paesi dove si torturano e arrestano le donne che non portano il velo. Sempre Hillel Neuer scrive: "Se la sessione odierna dell'UNHRC è una guida per ciò che verrà, l'ONU e la comunità internazionale stanno adottando una politica di pacificazione nei confronti dei talebani, a cui potrebbe essere assegnato il seggio afghano alla Commissione per i diritti delle donne”. I Talebani ci spiegheranno, come hanno fatto ieri, che le donne non devono lavorare perché…i loro uomini non sono addestrati ad avere a che fare con le donne.

Nel 1996, il regime degli studenti coranici fu riconosciuto solo da tre paesi: Arabia Saudita, Pakistan ed Emirati Arabi. Oggi tira ben altra aria. Prepariamoci dunque al giorno in cui i Talebani ci daranno lezioni su come si distruggono i Buddha di Bamyan, strangolano le minoranze, si coltiva l’oppio e si frustano le donne che osano parlare al cellulare.

Questo succede quando le democrazie decidono di condividere la tavola con le dittature. O per dirla con Mark Steyn, “il problema delle Nazioni Unite è che se si prendono un po’ di gelato e di feci di cane e poi li si mescolano insieme, il risultato saprà di feci e non di gelato”.


Sean Hannity: Joe Biden ha appena firmato la condanna a morte di “ogni afgano” che ha aiutato gli Stati Uniti negli ultimi 20 anni
26 agosto 2021

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... i-20-anni/

Sean Hannity dice che gli sforzi limitati di Biden per evacuare gli americani all’estero impallidisce in confronto a quelli dei leader di altri paesi.

Joe Biden ha “umiliato” l’America con il suo pasticciato ritiro dall’Afghanistan che ha lasciato i cittadini statunitensi abbandonati e gli alleati bloccati dietro le linee talebane. Il conduttore di Fox News ha detto Sean Hannity agli spettatori martedì.

“Ora siamo al decimo giorno in cui ci sono degli americani tenuti in ostaggio, intrappolati dietro le linee nemiche – e chiaramente Joe Biden sta lasciando che i Talebani se ne prendano tutti i meriti”, ha detto Hannity.

“Il vostro comandante-in-capo ha ora umiliato l’intero paese ed è stato costretto alla sottomissione dai terroristi, i Talebani“, ha continuato il conduttore. “Non si impegnerà a mantenere le forze statunitensi oltre la scadenza del 31 agosto dettata dai Talebani. Non si impegnerà a garantire il salvataggio di tutti i nostri cittadini e dei nostri partner afgani a cui abbiamo promesso che li avremmo tirati fuori se questo giorno fosse mai arrivato”.

Accettando la data di evacuazione entro il 31 agosto come richiesto dai Talebani, Biden essenzialmente ha “firmato la condanna a morte di ogni afgano che ha aiutato gli Stati Uniti negli ultimi 20 anni”, ha detto Hannity.

“A quanto pare, loro [i Talebani] hanno anche accesso ai dati del computer in modo che queste persone verranno cacciate, saranno assassinate, le loro famiglie saranno assassinate. Joe sembra preoccuparsi meno di questo”, ha affermato Hannity.

Ha continuato: “Donne e bambini sono stati asfissiati, sono stati frustati e accoltellati. Molti sfollati sono stati costretti a pagare decine di migliaia di dollari per assumere appaltatori militari privati per scortarli all’aeroporto”.

“Donne e bambini sono stati asfissiati, sono stati frustati e accoltellati. Molti sfollati sono stati costretti a pagare decine di migliaia di dollari per assumere appaltatori militari privati per scortarli all’aeroporto” – Sean Hannity

Hannity ha detto che gli sforzi limitati di Biden per evacuare gli americani all’estero impallidisce in confronto ad altri paesi che hanno adottato un approccio molto più aggressivo per riportare i loro al sicuro.

“Gli olandesi, i francesi, i britannici, hanno inviato truppe dietro le linee nemiche a Kabul per estrarre i loro cittadini con le loro forze speciali e i loro paracadutisti mentre i nostri militari sono sotto stretto comando di non lasciare l’aeroporto”, ha detto il conduttore.
Lo sforzo limitato di Biden per evacuare gli americani all’estero impallidisce in confronto ad altri paesi che hanno adottato un approccio molto più aggressivo per riportare i loro cittadini in salvo, dice Sean Hannity. (Associated Press)

“Gli americani sono stati abbandonati a se stessi, ma gli olandesi hanno protetto i loro cittadini, le loro truppe sono andate dietro le linee nemiche, i francesi, gli inglesi ma non le truppe americane. Questa è un’umiliazione totale sulla scena mondiale e peggio, migliaia di americani e migliaia di nostri amici ed alleati saranno probabilmente uccisi presto dai Talebani che ora hanno il pieno controllo”, ha proseguito.

“Alcuni vengono già torturati, altri già vengono uccisi”.

Hannity ha esortato Biden a “farsi venire una spina dorsale, rispondere ad alcune domande basilari, cruciali ed importanti” e “essere onesto per un cambiamento” con gli americani che stanno implorando delle risposte.

“Basta con le stronzate e con gli spin di Jen Psaki”, ha detto Hannity.

“Impegnatevi affinché ogni americano sia portato fuori prima di lasciare l’Afghanistan. Perché dovresti lasciare indietro anche un solo americano, Joe? Ti impegnerai a non lasciare indietro neanche un solo americano? Abbiamo forze speciali sul terreno? Sei disposto a mandarle per salvare i cittadini americani che stanno dicendo ai media che non possono raggiungere l’aeroporto?”, ha chiesto. “Vi impegnerete ad estrarre i nostri partner afgani, che abbiamo promesso di tirare fuori se questo giorno fosse mai arrivato?”
Marco Rubio: La crisi in Afghanistan di Biden sarà tra le ‘peggiori catastrofi’ nella storia della politica estera americana. “Abbiamo appena donato un’aeronautica ai Talebani”.

Il tentativo di Joe Biden di ritirare le truppe americane dall’Afghanistan ed evacuare gli americani lì intrappolati non sarà mai dimenticato nella storia, ha detto il senatore Marco Rubio, Repubblicano della Florida, martedì ad “Hannity“.

MARCO RUBIO: “Quando la storia guarderà indietro a questo momento, e guarderà indietro a questo momento, questo sarà un grande scandalo per decenni. Questa sarà ricordata come una delle peggiori catastrofi nella storia della politica estera americana per due motivi. Il primo è tutto ciò che hai appena detto, cioè il fallimento di questa amministrazione nell’anticipare ciò che avrebbero dovuto sapere, ciò che le luci rosse hanno segnalato per tutto il tempo, che i Talebani si stavano muovendo più velocemente di quanto stessero parlando, e per tutto il tempo sono stati ignari di tutto ciò, così sembra.”

“E poi il pasticcio di questa evacuazione nell’intero processo. Questo è il modo in cui il processo avrebbe dovuto funzionare. Quello che Joe Biden avrebbe dovuto dire è che abbiamo queste persone e abbiamo questo equipaggiamento e che lo porteremo fuori dall’Afghanistan e che ce ne andremo quando avremo preso tutta quella roba. E chiunque si metterà in mezzo, compresi i Talebani, che cercheranno di fermarci, verrà ucciso. Morirete se vi metterete sulla nostra strada. Non il 31 agosto e non il 1° settembre, non il 29 agosto. Non una data, un obiettivo. L’obiettivo è che faremo uscire gli americani. Faremo uscire le persone che lavorano per noi. E non lasceremo ai Talebani una forza aerea. Abbiamo appena donato una forza aerea ai Talebani.”

GUARDA L’INTERVISTA COMPLETA QUI
Lindsey Graham: Biden “ha firmato la condanna a morte” per migliaia di afghani che ci hanno aiutato e dice che tutti gli americani non saranno fuori dall’Afghanistan prima della scadenza del 31 agosto.

In seguito alla concessione di Biden alle richieste dei Talebani di ritirare le truppe entro il 31 agosto, il senatore Lindsey Graham, Repubblicano della Carolina del Sud, ha denunciato Biden per aver ceduto su quella richiesta.

LINDSEY GRAHAM: “Non credo che se la caverà politicamente. Penso che ci sarà una rivolta in patria. È la cosa più disonorevole che un comandante in capo abbia fatto nei tempi moderni. Quello che ha detto oggi è che lascerà la scadenza al 31 agosto perché i Talebani gli hanno detto che doveva andarsene. Non c’è modo di far uscire tutti i cittadini americani. Lasceremo indietro migliaia di afghani che hanno combattuto al nostro fianco, e stiamo preparando il tavolo per l’ascesa di Al Qaeda e dell’ISIS per attaccarci lungo la strada. I combattenti dell’ISIS sono raddoppiati negli ultimi dieci giorni. L’evasione di massa ha portato migliaia di combattenti dell’ISIS in prigione ora sul campo di battaglia. Quindi vi dico che è finita. Il presidente Biden ha firmato la condanna a morte di migliaia di afghani che ci hanno aiutato. Si sta lavando le mani dell’Afghanistan.”



Gli attentati sventrano Kabul e il suo aeroporto, diventato sempre meno sicuro. Tre ordigni sono esplosi in una sola giornata e il bilancio dei morti è destinato a crescere
"60 morti e 130 feriti". Ancora esplosioni. E l'Isis pubblica la foto del kamikaze

Francesca Galici
26 Agosto 2021

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/60 ... 71277.html

Giornata di sangue a Kabul, dove dopo le due esplosioni del pomeriggio nella zona aeroportuale, nel corso della tarda serata ne sarebbe avvenuta un'altra a 7 chilometri dallo scalo. La rivendicazione è stata dell'Isis. La stagione degli attentati era stata ampiamente annunciata e prima ancora che scadesse l'ultimatum del 31 agosto dato dai talebani alle truppe americane e straniere, i terroristi hanno colpito nel punto ora più delicato della città afghana. Il bilancio è ancora incerto, ma finora si parla di almeno 90 persone uccise all’aeroporto, tra le quali 12 soldati americani, e 150 feriti. Al momento non ci sono notizie di italiani coinvolti ma la Farnesina è costantemente in contatto con le truppe e con il contingente diplomatico ancora in aeroporto per continui aggiornamenti.

La situazione di Kabul è confusionaria. Prima degli attentati, alcuni uomini hanno sparato contro un C-130 dell'Aeronautica militare italiana in decollo, che fortunatamente non ha riportato danni. Il pilota, con alcune manovre diversive, è riuscito a spostare il velivolo dalla traiettoria di tiro portando in salvo l'aereo e il suo carico di giornalisti e civili. L'allerta nella capitale afghana è alta da diversi giorni, tanto che gli Stati Uniti avevano già avvisato i loro cittadini di non recarsi in aeroporto. Ma è proprio nei pressi del Baron hotel, la struttura nei pressi dello scalo di Kabul che ospita gli americani in attesa di rimpatrio, che stando a quanto si apprende si sarebbe fatto esplodere un kamikaze, del quale l'Isis ha diffuso una foto con la rivendicazione. Dopo pochi minuti, invece, quella che si presume sia stata un'autobomba, è esplosa nei pressi Abbey Gate dell'aeroporto. Ma l'azione dei terroristi è stata orchestrata con un ulteriore intervento armato da parte di alcuni uomini che, dopo le esplosioni, hanno esploso dei colpi verso l'alto, probabilmente per disperdere i presenti e coprire la fuga.

Il terzo attentato nel centro della città sarebbe stato innescato da un veicolo talebano "che ha colpito un ordigno esplosivo improvvisato nel centro di Kabul". Così riporta Murad Gazdiev, corrispondente in Afghanistan di Russia Today, ma nel corso della serata ci sarebbero state altre esplosioni in vari punti della città. Le immagini che arrivano da Kabul sono strazianti. Un giornalista afghano è riuscito a raggiungere la zona di Abbey Gate, registrando alcuni video dove si vedono brandelli umani sparsi ovunque. "Ci sono molti morti vicino a me e il canale è diventato color sangue", dice chi è sopravvissuto. "Io e la mia famiglia eravamo lì vicino coi nostri due bambini, ci stiamo da quattro giorni in attesa di essere imbarcati su un volo che da Kabul ci porti in Italia. Tanti i civili come noi morti, chi ha potuto come noi è fuggito con un taxi il più lontano possibile", ha riferito all'Adnkronos un ex interprete e capitano dell'esercito afghano.

Ora la tensione all'aeroporto di Kabul è alle stelle. Si teme lo scalo possa essere fatto oggetto di razzi, pertanto i militari di presidio hanno chiesto a tutti i presenti di cercare un posto sicuro in cui ripararsi in caso di attacco. Dopo i fatti di oggi, l'Italia sta accelerando le operazioni di rimpatrio che sarebbero dovute terminare domani e già stanotte dovrebbero essere ultimati tutti i trasferimenti. Nelle prossime ore, come riporta l'Adnkronos, è prevista la partenza da Kabul di tutti gli italiani civili, diplomatici e militari. Tra loro anche il console a Kabul Tommaso Claudi e l'ambasciatore Stefano Pontecorvo, rappresentante civile della Nato in Afghanistan. Presso lo scalo di Kabul, fa sapere il portavoce del Comando centrale delle Forze armate Usa (Centcom), John Rigsbee, alla Cnn, le forze della Coalizione hanno provocato una serie di esplosioni controllate e previste

Intanto i talebani, tramite il loro portavoce Zabihullah Mujahid, hanno condannato l'accaduto riversando le responsabilità sugli Stati Uniti: "Condanniamo in modo forte l'attentato contro civili all'aeroporto di Kabul, che è avvenuto in un'area in cui la sicurezza è nelle mani delle forze Usa". I talebani si sono dovuti scontrare contro l'Isis nella loro avanzata di conquista ma non è da escludere che durante le liberazioni indiscriminate abbiano lasciato liberi anche pericolosi terroristi.



Il presidente Usa: "Soldati morti sono eroi. Non dimenticheremo e non perdoneremo"
Attacco Kabul, Biden: "È stato l'Isis, la pagherà"
26 agosto 2021

https://www.adnkronos.com/attacco-kabul ... refresh_ce

"È stato un attacco dell'Isis. La pagheranno". Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, prende la parola dopo l'attacco all'aeroporto di Kabul, in Afghanistan. L'azione rivendicata dall'Isis ha provocato decine di morti, compresi 12 militari americani. "Questi soldati americani che hanno dato la vita, in una missione per salvare vite di altri, sono eroi. Sono la spina dorsale dell’America, sono il meglio che il paese può offrire", dice Biden.

"A coloro che hanno compiuto questo attacco: non perdoneremo, non dimenticheremo. Vi daremo la caccia e ve la faremo pagare. Difenderò i nostri interessi e la nostra gente con ogni mezzo a mia disposizione", scandisce Biden. "Abbiamo motivo di credere che sappiamo dove si trovino i leader che hanno ordinato" l'attacco, dice riferendosi ai membri dell'Isis-k, lo Stato islamico della provincia di Khorasan. Biden ha ordinato ai vertici militari di "sviluppare piani operativi per colpire obiettivi dell'Isis-K, la leadership e le strutture. Risponderemo con forza e precisione, quando decideremo, in un luogo che individueremo e in una maniera che definiremo".

La missione per evacuare americani e collaboratori dall'Afghanistan prosegue. "Possiamo e dobbiamo completare questa missione, lo faremo. E' quello che ho ordinato. Continueremo l'evacuazione, l'America non si farà intimidire dai terroristi", dice Biden visibilmente emozionato e commosso, che ricorda anche il figlio Beau - militare in Iraq poi morto a 46 anni per un cancro al cervello - prima di interrompere il suo intervento per un momento di silenzio.

"I terroristi dell'Isis non vinceranno, porteremo in salvo gli americani che sono lì. Porteremo fuori i nostri alleati afghani, la nostra missione andrà avanti", prosegue il presidente. "Ogni giorno ai nostri comandanti chiedo cosa gli serva per completare l'opera. Oggi ho ripetuto tre volte che devono adottare tutti i passi necessari per proteggere i nostri uomini sul campo", aggiunge, ribadendo che saranno inviati altri uomini se dovesse essere necessario per portare a termine la missione di evacuazione.

"Nessuno si fida" dei talebani, "ma contiamo sul fatto che è nel loro interesse che noi possiamo lasciare il paese" nei termini stabiliti. "Al momento non c'è nessun elemento" che lasci pensare ad una "collusione tra i talebani e l'Isis in relazione a ciò che è accaduto oggi e a ciò che ci si aspetta possa ancora accadere".

Biden non cambia idea riguardo all'opportunità di ritirare i soldati Usa. "Non ho mai ritenuto che avremmo dovuto sacrificare vite americane per provare a creare un governo democratico in Afghanistan, una paese che non è mai stato unito nella sua intera storia. Il nostro interesse mirava ad evitare che al Qaeda riemergesse, puntavamo a Bin Laden e ad eliminare al Qaeda in Afghanistan. Come ho detto 100 volte, il terrorismo si è diffuso come una metastasi nel mondo. Abbiamo minacce più grandi provenienti da altri paesi, molto più vicini agli Stati Uniti". "Il nostro interesse nell'andare in Afghanistan era prendere Osama bin Laden, spazzare via al-Qaeda e impedire che potesse accadere" un nuovo 11 settembre, ha rimarcato.

"Ancora circa cinquemila americani" si trovano nel Paese, replica quindi Biden dopo le domande dei cronisti. "Non posso dire con nessuna certezza che ci fosse una lista di nomi" degli afghani da evacuare consegnata ai Talebani per permettere loro l'ingresso in aeroporto, ha poi spiegato a proposito delle rivelazioni di Politico, secondo cui gli Stati Uniti avrebbero fornito ai militanti una lista con i nomi degli afghani che avevano lavorato con loro.

"Si, la rispetto", la risposta alla domanda se rispettasse la decisione del suo predecessore Donald Trump di ritirarsi dall'Afghanistan. "Signori e signore è il momento di finire questa guerra di 20 anni", ha detto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » dom ago 22, 2021 6:55 pm

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Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » dom ago 22, 2021 6:56 pm

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Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » sab ago 28, 2021 6:23 pm

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Re: Nazismo maomettano e hitleriano, il caso afgano

Messaggioda Berto » sab ago 28, 2021 6:23 pm

7)
Molti da più parti dicono che l'Occidente euro americano, USA e NATO doveva restare in Afganistan, ma io domando: a fare che e a spese di chi e per quanto tempo?




LE PAROLE DI KISSINGER
Niram Ferretti
27 agosto 2021

https://www.facebook.com/photo/?fbid=19 ... &ref=notif

"L’America non può sottrarsi al suo ruolo di attore chiave nell’ordinamento internazionale, sia per le sue capacità che per i suoi valori storici. Non può rinnegarli, semplicemente ritirandosi dall’Afghanistan".

Difficile dare torto a Henry Kissinger, eppure è quello che è successo. Il disastroso ritiro americano messo in atto da Joe Biden segue la volontà di ritiro esplicitata da Donald Trump, ed è inutile e del tutto futile affermare, "Con Trump le cose non sarebbero andate in questo modo", perchè non lo sappiamo come sarebbero andate esattamente.

L'accordo di Doha, per chi lo ha letto, è un documento pieno di wishful thinking, già disatteso pochi mesi dopo la sua stipula, ma il problema non è la modalità del ritiro dall'Afghanistan sotto Trump, se Trump fosse rimasto presidente, è la decisione di andarsene, di non lasciare sul campo alcuna presenza militare, è l'idea che il ruolo chiave di attore nell'"ordinamento internazionale" gli Stati Uniti possano mantenerlo senza più impiegare soldati sul terreno, senza presidiare luoghi in cui, lasciandoli sguarniti, avanzano inesorabilmente altri attori con interessi opposti a quelli americani e decisi ad affermarli a loro discapito.

Non è chiudendosi a casa e mandando i droni che si potranno efficaciemente contrastare coloro per i quali l'Occidente è ormai un ventre molle o meglio rammollito, ancora prospero e avanzato ma avviato, implacabilmente, a un declino inesorabile. Mostra meno



Alberto Pento
Certo che lo sappiamo Kissinger che le cose con Trump sarebbero andate diversamente, lo sappiamo bene tutti, ma tu remi contro Trump?
In Afganistan gli USA e la NATO avrebbe avuto senso che restassero solo se avessero deciso di annientare completamente i talebani, ma tale decisione l'Occidente euroamericano non è stato in grado di prenderla in 20 anni, quindi meglio lasciare il campo e che gli afgani si arrangino.
I nazisti hitleriani sono stati sconfitti/annientati in pochi anni, volendo si poteva fare lo stesso con i nazi maomettani afgani detti talebani, a costo di doversi mettere contro l'intero mondo islamico ma nessuno se l'è sentita di fare questo passo senza ritorno.

Alberto Pento
No ad una costosa, inutile, insensata e farsesca presenza!
In Afganistan a fare che e a spese di chi? E sopratutto fino a quando?
Se non si combatte il male nazimaomettano alla radice non ha alcun senso restare in Afganistan, infatti se si critica la Cina per la sua lotta radicale ai nazi maomettani uiguri (come violazione dei diritti umani degli uiguri islamici) e quindi si difende l'Islam la sua bontà e il suo diritto ad esistere come ideologia e pratica politico religiosa non ha alcun senso restare in Agfanistan a mantere un paese parassita e a sprecare risorse dei contribuenti americani ed europei.

L'Afganistan come altri teatri o palcoscenici del Mondo doveva costituire un'occasione per mettere ben in evidenza il male dell'Islam o nazismo maomettano, il male di Maometto, del Corano e del loro idolo Allah, ma se ciò non viene fatto non ha alcun senso a fare pomposa ed insulsa presenza in questi luoghi sprecando preziose risorse pubbliche.



???
AFGHANISTAN, IL CARATTERE DI UNA GUERRA E IL CORAGGIO DA RITROVARE
Magistrale Ernesto Galli della Loggia
Niram Ferretti
28 agosto 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

La discussione sul perché della sconfitta Usa e occidentale in Afghanistan si è concentrata per intero sulla possibilità o impossibilità (ovvero sulla liceità o illiceità) di trapiantare la democrazia in un Paese di cultura non occidentale, e di farlo mediante la guerra.
Non si è discusso per niente, invece, di un’altra questione che a me sembra ancora più importante, e cioè: è possibile tentare una simile impresa con un esercito come quello degli Stati Uniti? Una domanda elusa probabilmente perché ne implica immediatamente un paio di altre che l’opinione pubblica occidentale, cioè noi tutti, non abbiamo il coraggio di porci, forse proprio perché conosciamo fin troppo bene le risposte: sono ancora in grado le nostre società di fare la guerra? Di sostenere psicologicamente l’urto terribile di una dimensione per così dire volontaria della morte? Siamo noi ancora capaci di accettare l’eventualità di dare o ricevere consapevolmente la morte, così come da sempre vuol dire «fare la guerra»?
Domande cruciali perché è dalla risposta ad esse che dipende il tipo di strumento militare che si mette in campo, il suo modo di combattere e di occupare un Paese, e alla fine il risultato politico della guerra. Risultato politico che è l’unico che importa, dal momento che, come è evidente, la pura e semplice eliminazione fisica dell’avversario ne costituisce solo una premessa. Proprio considerando questo nodo di problemi si può dire che forse il primo motivo per cui gli Usa hanno clamorosamente fallito l’obiettivo di dar vita in Afghanistan ad un abbozzo di regime democratico sia stato per l’appunto il tipo di esercito che essi hanno schierato.
Si è trattato di qualcosa che più che a un esercito tradizionalmente inteso assomigliava in realtà a un’armata mista di soldati regolari e di mercenari, in cui il ruolo di quest’ultimi era svolto dai cosiddetti contractor. Utilizzati dagli Stati Uniti a partire dagli anni ’90 in tutti i teatri di operazione (dai Balcani all’Irak) i contractor sono individui assunti da ditte private le quali hanno stipulato appositi contratti con il Pentagono (attualmente il numero di tali contratti è di alcune migliaia) per la fornitura di personale da utilizzare in operazioni belliche con compiti di supporto logistico di ogni tipo, di pianificazione strategica, protezione di impianti, ma anche in operazioni tattiche di combattimento. Non solo.
Ai contractor civili sono stati via via affidati anche sistemi d’arma sofisticatissimi come le batterie di missili «patriot» o i bombardieri B2 Stealth e perfino compiti delicatissimi come gli interrogatori dei prigionieri (una buona parte degli americani responsabili delle torture nel carcere irakeno di Abu Ghraib, ad esempio, erano contractor). Negli ultimi tempi in Afghanistan i contractor sono serviti anche a riempire molti dei vuoti via via lasciati dai ritiri delle truppe regolari iniziati sotto la presidenza Obama, e sono stati soprattutto loro che fin dall’inizio si sono incaricati dell’addestramento delle truppe afghane e della manutenzione della relativa aviazione.
C’è una cifra che parla chiaro circa il peso militare che nelle operazioni contro i talebani hanno avuto questi combattenti civili a contratto, la cui ricompensa può raggiungere in certi casi i mille — mille! — dollari al giorno (con quali effetti sui soldati regolari è facile immaginare): è la cifra dei loro morti. Che alla data odierna rappresentano più della metà dei circa 5 mila e 500 caduti americani da quando è iniziata l’invasione del Paese. In Afghanistan cioè hanno perso la vita più mercenari che soldati della US Army.
Il fenomeno dei contractor configura insomma un vero e proprio outsourcing della guerra: motivato dallo smantellamento dei grandi apparati militari dopo la fine dell’Unione sovietica con relativa fine della leva obbligatoria in tutti Paesi occidentali, dalla moltiplicazione dei confitti non convenzionali «a bassa intensità», dalla crescita del contenuto tecnologico delle operazioni militari, e dalla nuova centralità operativa delle «forze speciali» al posto delle generiche truppe di terra, della fanteria di un tempo. Ma tutti questi pur ragionevolissimi motivi non cancellano il dato storico di fondo: la fine virtuale in Occidente dell’esercito nazionale, una fine della quale forse solo oggi cominciamo a scorgere nella loro portata tutte le conseguenze. Tra le quali l’esperienza afghana sembra indicarci la più importante, riassumibile nella forma di un interrogativo: sono compatibili o no la fine dell’esercito nazionale e la sua sostituzione con un esercito di specialisti e di mercenari, con una guerra che si pone obiettivi ideologici forti, intrisi di una carica valoriale, come è evidentemente una guerra «per portare la democrazia»?
Ne dubito assai. Una guerra del genere, infatti, è credibile — e per riuscire essa deve essere credibile e apparire tale innanzi tutto agli occhi della popolazione a cui si dice di voler portare la libertà — solo se il Paese che decide di iniziarla vi impegna realmente tutto se stesso, cioè il proprio popolo, e questo mostra di aderirvi partecipando in armi, rischiando cioè la vita. Perché a dispetto di ogni mutamento ci sono cose che non cambiano e che valgono sotto tutti i cieli, ed una di queste è che solamente la disponibilità a mettere in gioco la nostra esistenza costituisce la prova indiscutibile della verità delle intenzioni che ci animano, della verità che attribuiamo ai nostri princìpi. E solo un esercito nazionale così motivato può occupare un territorio ostile e vinto senza trasformarlo in una bisca o in un mercato, come è stato invece il caso dell’Afghanistan. Solo un esercito di popolo può sperare di conquistare cuore e mente di qualcuno.
Con un’armata di specialisti e di mercenari si possono fare al massimo operazioni di polizia; e anche quelle si finisce inevitabilmente per perderle nella maniera più rovinosa se ci si ostina a farle passare per qualcos’altro. Così come infatti sta ormai accadendo da molto tempo agli Stati Uniti e con loro all’intero Occidente. A noi tutti, convinti che in realtà non ci sia nulla per cui valga veramente la pena di morire, e che manchiamo perfino del coraggio di dircelo.


Alberto Pento
Galli della Loggia scrive:
Perché a dispetto di ogni mutamento ci sono cose che non cambiano e che valgono sotto tutti i cieli, ed una di queste è che solamente la disponibilità a mettere in gioco la nostra esistenza costituisce la prova indiscutibile della verità delle intenzioni che ci animano, della verità che attribuiamo ai nostri princìpi.

Alberto Pento scrive:
Non sono assolutamente d'accordo con questa affermazione, perché se la verità e la bontà di un qualcosa che si considera un valore universale dipendessero solo dal rischiare la vita e dal morire per essa allora l'Islam dei mussulmani che si uccidono sterminando il prossimo sarebbe la verità e la bontà assoluta, purtroppo ciò non è vero, non è assolutamente vero ed è invece tragicamente falso.
Non è il morire uccidendo il prossimo che rende le cose, le idee, le intenzioni, le ideologie, le teologie, le politiche buone e giuste per l'umanità.

Poi vi sarebbe da dire che l'Occidente non è andato in Afganistan dopo l'11 settembre del 2001 per esportarvi la sua democrazia ma per fermare e arrestare il criminale terrorista Bin Laden e i suoi complici responsabili dell'attentato terroristico e poi per cercare di debellare/distruggere il male nazi maomettano responsabile dell'odio verso l'Occidente e degli attentati terroristici.
Quello dell'esportazione della democrazia occidentale in un paese del mondo dove vige l'inferno dell'orrore e del terrore nazi maomettano è qualcosa che si è aggiunto dopo come parte del tentativo strategico di cambiare strutturalmente il paese, tentativo fallito perché non si è provveduto prima a denunciare e poi ad attaccare, combattere e sradicare veramente e completamente il male ideo-teologico politico religioso nazi maomettano afgano e si è commesso il grave errore di distinguere il nazismo maomettano terrorista cattivo da un inesistente Islam buono non terroristico che non è mai esistito.


Fox News – Biden ha infranto la promessa di riportare indietro tutti gli americani prima di andarsene dall’Afghanistan
1 settembre 2021

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ghanistan/

I critici hanno riesumato l’intervista di Biden alla ABC dove si era impegnato a rimanere in Afghanistan fino a quando ogni americano non sarebbe stato salvato.

Mentre i Democratici e gli alleati della Casa Bianca stanno tentando di presentare l’evacuazione dell’Afghanistan come un “successo“, i critici sui social media si sono scagliati contro il Joe Biden per aver tradito la promessa di rimanere nel paese fino a quando ogni americano non fosse stato evacuato.

Il generale Kenneth F. McKenzie Jr. del Corpo dei Marines ha annunciato lunedì sera che l’ultima delle unità americane di stanza all’aeroporto di Kabul era partita un giorno prima rispetto alla scadenza indicata da Biden, completando il ritiro dell’esercito dal paese – anche se centinaia di americani verranno lasciati indietro.

I critici si sono affrettati a far riemergere l’intervista alla ABC News di Biden con George Stephanopoulos all’inizio di questo mese, dove aveva promesso che “se ci saranno cittadini americani ancora lì, resteremo per farli evacuare tutti”.

“Immagino che Biden abbia cambiato idea”, ha scritto Blake Masters, COO di Thiel Capital e candidato al Senato dell’Arizona, accanto ad un estratto dell’intervista della ABC.

“Biden ha promesso ai Talebani che se ne sarebbe andato entro il 31 agosto. Biden ha promesso agli americani che nessuno sarebbe stato lasciato indietro. Indovinate quale delle due promesse Biden ha mantenuto?” ha scritto il giornalista freelance Chris Tremoglie, accusando che “Più di 81 milioni di americani hanno votato per un presidente che abbandona gli americani in territorio ostile”.

Stephen L. Miller, ospite di “Media Podcast” si è chiesto dove si sono nascosti i fact-checkers che avevano perseguitato l’ex presidente Donald Trump durante la sua presidenza.

“Ah, immagino che Daniel Dale e Kessler siano troppo occupati a controllare i fatti su Twitter, di quanto si è addormentato, per controllare queste cose”, ha scritto.

Il collaboratore di MSNBC e editorialista del Washington Post Hugh Hewitt ha accusato Biden di “abbandonare gli americani“. “Incredibile“, ha detto.

“L’America aveva bisogno di una leadership e Biden ci ha dato solo menzogne“, ha detto il rappresentante dell’Oklahoma Markwayne Mullin. “Ha voltato le spalle agli americani e ai nostri alleati ancora bloccati in Afghanistan. Cos’è successo a “nessun uomo sarà lasciato indietro”? Questa amministrazione dovrebbe essere ritenuta responsabile di questo completo e totale fallimento“.

Il redattore del National Review Rich Lowry ha notato che “Biden ha mantenuto la sua promessa ai Talebani di uscire dall’Afghanistan entro il 31 agosto; ma ha infranto la sua promessa agli Americani di farli uscire tutti prima della partenza definitiva”.





Stati Uniti e Afghanistan
Il nation-building in Afghanistan e in Iraq non avrebbe mai potuto funzionare
Daniel Pipes
26 Settembre 2021

http://www.linformale.eu/il-nation-buil ... unzionare/
https://www.danielpipes.org/20661/natio ... -was-never
Traduzione di Angelita La Spada

Come al solito, dopo la Prima guerra mondiale, i vincitori depredarono i perdenti, specialmente i tedeschi. I vincitori chiesero il pagamento di enormi indennità di guerra e un piano prevedeva che i pagamenti tedeschi sarebbero continuati fino al 1988. Questo schema si rivelò però catastrofico, ponendo in parte le basi per il ben più orribile bagno di sangue della Seconda guerra mondiale.

Imparando da questo errore, i leader americani nel 1945 agirono in modo differente: anziché depredare, fecero il passo radicale e senza precedenti di ricostruire i Paesi sconfitti a immagine degli Stati Uniti.

Questa novità si rivelò sorprendentemente buona: come sperato, Germania, Giappone, Austria e Italia divennero libere, democratiche e prospere. (Ciò ha anche ispirato una commedia di Peter Sellers del 1959, Il ruggito del topo , in cui un piccolo Stato impoverito dichiara guerra agli Stati Uniti per beneficiare della loro generosità.)

Anche il sostegno finanziario ai nemici sconfitti fu ammesso e divenne perfino una politica americana di routine, secondo la regola del “Pottery Barn”: “Chi rompe paga e i cocci sono suoi”. Nel 2001-2003, quando le coalizioni guidate dagli Stati Uniti rovesciarono due governi ostili, i talebani in Afghanistan e Saddam Hussein in Iraq, gli americani occuparono questi due Paesi, riscrissero le loro costituzioni, armarono e addestrarono le loro forze armate, formarono nuovi leader e li inondarono di denaro.

Ma la situazione nel 2001-2003 era ben diversa da quella esistente nel 1945, e lo era per aspetti molto importanti.

Innanzitutto, Germania e Giappone erano sfiniti da guerre totali pluriennali, distrutti da anni di carneficine, umiliati da occupazioni prolungate e sconfitti come popoli. Questo martellamento li portò ad essere arrendevoli nella revisione postbellica delle loro società e culture. Al contrario, afgani e iracheni uscirono quasi indenni dalle loro guerre con l’America che durarono solo settimane e vennero combattute per rovesciare odiati tiranni, danneggiando il minor numero di civili. Senza aver subito praticamente alcun danno dopo brevi ostilità, queste popolazioni si sentivano più liberate che sconfitte e non erano dell’umore giusto per sentirsi dire cosa fare dalle forze di occupazione. Determinati a plasmare il futuro dei loro Paesi, afgani e iracheni presero ciò che serviva loro dai propri padroni e rifiutarono, attraverso la violenza e altre forme di resistenza, ciò che non era di giovamento.

In secondo luogo, durante la Seconda guerra mondiale, gli americani combatterono per l’interesse supremo: la loro indipendenza e libertà, e perdere la guerra avrebbe avuto conseguenze incalcolabili per gli Stati Uniti. Al contrario, gli interessi in Afghanistan e in Iraq erano limitati, riguardando solo alcuni eccelsi obiettivi di politica estera: ovviamente, agli americani importava molto meno del futuro corso di quei Paesi. Di conseguenza, gli sforzi del 1945 per imporre il modello americano superarono di gran lunga quelli del 2001-2003.

In terzo luogo, la Germania e il Giappone non avevano vicini che proseguissero il conflitto nel 1945: nessuna stazione radio trasmetteva propaganda, le armi non venivano contrabbandate, non c’era alcuna infiltrazione di guerriglieri, nessun attentatore suicida avrebbe lanciato attacchi. Al contrario, i vicini dell’Afghanistan – l’Iran a ovest e il Pakistan a est – e dell’Iraq – la Siria a ovest e l’Iran a est – hanno tutti e tre attivamente combattuto l’influenza americana. Il loro successo è evidente, come testimonia il ritorno dei talebani.

In quarto luogo, in quanto popolazioni prevalentemente musulmane, afghani e iracheni rifiutano fortemente l’idea di un governo non musulmano, un atteggiamento insito nella natura stessa dell’Islam, che è considerata la più politica delle religioni. Vivere secondo la sacra legge dell’Islam, la Sharia, richiede che il governante sia un musulmano perché la sacra legge islamica include precetti pubblici difficili da applicare (relativi a tassazione, giustizia, guerra, etc.) ai quali solo un musulmano darebbe piena applicazione. Pertanto, sia in epoca medievale sia moderna, da parte di cristiani, ebrei o buddisti, un governo di non musulmani alla fine suscita una forte resistenza.

Questi fattori hanno spinto quasi tutti coloro che conoscevano la storia americana e mediorientale (con le sfortunate eccezioni di Bernard Lewis e Fouad Ajami) a  prevedere rapidamente che “le grandi aspirazioni della coalizione per [l’Afghanistan e] l’Iraq non avranno successo”.

Gli americani devono riconoscere sia le circostanze insolite, se non uniche, che nel 1945 resero possibile la ricostruzione dei nemici dell’Asse, sia il fatto che tali circostanze si ripresentano raramente. Piuttosto che presumere che ogni nemico possa, con sufficiente sforzo, tempo e denaro, diventare un amico e un alleato, è giunto il momento per Washington di limitarsi ad aspirazioni più modeste, come porre fine all’inimicizia ed evitare il dominio totalitario. In quest’ottica, nel 2004, proposi per l’Iraq l’idea di un uomo forte e dalla mentalità democratica, qualcuno che avrebbe preso il controllo e poi, nel tempo, avrebbe portato il Paese verso l’apertura politica.

La stessa ambizione minore si applica alla maggior parte dei futuri nemici sconfitti perché, come osservava Voltaire “Il meglio è nemico del bene”. È ora di voltare pagina: non è più il 1945.
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