3)
Ma chi sono i talebani?
Sono la variante afgana di Al-Qāʿida, del l'Isis, di Boko Haram, e altri.
Sono i veri mussulmani, i veri seguaci di Maometto, i veri credenti nell'idolatria islamica terrorista, assassina, sterminatrice, proprio come lo fu Maometto il loro maestro. Bergoglio li chiamerebbe i veri credenti islamici, uomini di fede.
Il termine talebani o talibani (in pashtu e in farsi طالبان, ṭālebān, plurale di ṭāleb, ossia "studenti/studente") indica gli studenti delle scuole coraniche in area iranica, incaricati della prima alfabetizzazione, basata su testi sacri islamici. Il nome ha assunto notorietà a causa dell'improprio uso del termine da parte dei mezzi di comunicazione di massa per indicare la popolazione di orientamento religioso fondamentalista presente in Afghanistan e nel confinante Pakistan.
https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q ... 1hjeEMQEM4
La lezione Afghana e Israele
Pasquale Mammoliti
16 agosto 2021
https://www.facebook.com/DonMammoliti/p ... 4920612403
Fratelli e sorelle, la lezione Afghana non e' quella che raccontano Repubblica e tutti i vari giornaletti sinistroidi che gongolano per la "sconfitta" Americana. La lezione viene in realta' da molto lontano, in primis dai Romani i quali avevano capito che le "mezze guerre" non solo non servono ma quasi sempre hanno un effetto boomerang. Le guerre si combattono per vincerle, NON tanto per combatterle. Purtroppo il veleno del politicamente corretto si è insinuato anche nella dottrina militare e oggi nessuno Stato, USA compresi, puo' permettersi di combattere una guerra per vincerla senza compromessi al ribasso. Lo vediamo con Israele, per la quale l'Afghanistan e' un monito da tenere in serissima considerazione. Continuare solo a "contenere" un nemico mortale che gioca con il fattore tempo e quello demografico e' la strategia perfetta per farsi annientare. Difficile dire "quando" succedera' ma impossibile negare che NON succedera'. Preghiamo
Pasquale Mammoliti
Sui giornaletti di sinistra oggi e' tutto un paragone tra la performance Russa e quella Americana....i Russi "avrebbero fatto meglio"....gli "esperti" di Repubblica ignorano che i Russi invasero l'Afghanistan anche e soprattutto perche' bisognosi di un teatro di guerra. Puo' sembrare incredibile ma non combattevano una guerra sul campo dalla fine della II Guerra Mondiale....non hanno mai avuto l'intenzione ne' di vincerla ne' di rimanere in Afghanistan. Non a caso ruotarono tutte le unita' che poterono per fargli acquisire esperienza di combattimento. Per gli Americani la storia e' un po' diversa ma neanche loro hanno mai provato (o potuto?) a vincere la guerra ne' tantomeno nessuna amministrazione si sarebbe mai sognata di rimanere in un Paese non certo "strategico" da nessun punto di vista. Resta il fatto che quando si ritirano loro, gli Americani brutti sporchi & cattivi, restano solo tagliagole islamici o dittatorelli con le camice rosse.....tutto il resto e' fuffa. Preghiamo
Ferruccio Pesenti
In Afghanistan nessuno ha mai vinto da Serse ai Russi e ora agli Americani , per il semplice motivo che si combatte contro una IDEA , OGGI CORANO . INFATTI IL NEMICO SONO " STUDENTI CORANICI " per cui se combatti gli effetti di una malattia , ma non la causa fai un buco nell' acqua
Alberto Pento
Ferruccio Pesenti Infatti bisognerebbe attaccare il cuore e la testa dell'Islam: Maometto, Il Corano e Allah ma così facendo si provocherebbe l'intero mondo islamico e si andrebbe ad un guerra mondiale cruentissima ma da portare sino in fondo, sino alla distruzione del male, costi quello che costi, ne trarrebbe vantaggio l'intera umanità.
La maggior parte dei cristiani e degli atei comunisti e non, preferisce illudersi che possa esistere un islam buono e che si possa evitare il confronto bellico e perseguono una politica da dhimmi.
Il portavoce dei Taliban si chiama Zabihullah, letteralmente «Sgozzatore di Allah». Un nome e un fatto che attesta la tragica realtà della ferocia omicida prescritta da Allah e praticata da Maometto
Magdi Cristiano Allam
Lunedì 16 agosto 2021
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 2551700799
Cari amici buongiorno e buon inizio di settimana. Il biglietto da visita del regime terroristico islamico dei Taliban, che ieri ha riportato indietro l'Afghanistan di venti anni riesumando l'Emirato Islamico dell'Afghanistan, è Zabihullah Mujahid, il suo portavoce ufficiale.
Zabihullah si traduce letteralmente «Sgozzatore di Allah», mentre Mujahid è «Combattente della Guerra santa islamica».
Una delle due principali feste religiose islamiche si chiama «Id al adha», che si traduce «Festa del sacrificio» o «Festa dello sgozzamento», che si celebra alla fine del pellegrinaggio alla Mecca, nel ricordo del sacrificio di un montone da parte di Abramo in sostituzione del figlio Ismaele, così come gli aveva prescritto Allah. Ebbene ai musulmani è prescritto lo sgozzamento di un montone che deve essere cosciente, affilando il coltello, facendo stendere l’animale sul suo lato sinistro orientandolo verso la Mecca, e dopo aver pronunciato «Nel nome di Allah» e «Allah è il più grande», si recide con il coltello la faringe che è la via respiratoria, l’esofago che è la via alimentare, le arterie carotide fino al suo totale dissanguamento. Maometto lo definì «il giorno più sacro per Allah».
Lo sgozzamento dei nemici è stato praticato da Maometto, assurgendo a modello di comportamento per i terroristi islamici che imitandolo hanno sgozzato i «nemici dell'islam». Nel 627 a Medina, ottemperando a un ordine rivelatogli da Allah, Maometto partecipò allo sgozzamento e alla decapitazione di circa 900 ebrei maschi adulti della tribù dei Banu Qurayza e lui personalmente sgozzò e decapitò i capi della tribù dei Banu Qurayza. Nella Sunna, la raccolta dei detti e dei fatti attribuiti a Maometto, si precisa che Maometto sgozzò e decapitò con le proprie mani i dignitari ebrei Kaab ibn Asad, Nabbash ibn Qays, Ghazzal ibn Samuel. Maometto decapitò anche Huyayy ibn Akhtab, capo dei Banu Nadir. Poi si rivolse a Sa’ad ibn Muadh e gli cedette il posto dicendogli: «A te i restanti». Tutti i circa 900 ebrei furono sgozzati e decapitati prima del crepuscolo. Maometto ordinò di ricoprire i corpi mutilati con la terra che era stata scavata, trasformandola in una terrificante fossa comune.
Lo sgozzamento dei «miscredenti» è prescritto da Allah nel Corano: «E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: “Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi! E ciò avvenne perché si erano separati da Allah e dal suo Messaggero”. Allah è severo nel castigo con chi si separa da lui e dal suo Messaggero...! Assaggiate questo! I miscredenti avranno il castigo del Fuoco! O voi che credete, quando incontrerete i miscredenti in ordine di battaglia non volgete loro le spalle. Chi in quel giorno volgerà loro le spalle - eccetto il caso di stratagemma per meglio combattere o per raggiungere un altro gruppo - incorrerà nella collera di Allah e il suo rifugio sarà l’Inferno. Qual triste rifugio! Non siete certo voi che li avete uccisi: è Allah che li ha uccisi. Quando tiravi non eri tu che tiravi, ma era Allah che tirava, per provare i credenti con bella prova. In verità Allah tutto ascolta e conosce. Ecco quello che avvenne: Allah vanificò l’astuzia dei miscredenti.» (8, 12-18)
Lo sgozzamento dei «nemici dell'islam» è stato praticato dai terroristi islamici ottemperando a ciò che Allah prescrive nel Corano e emulando le gesta di Maometto, nella convinzione che la testa decapitata non potrà più ricongiungersi al corpo nel Giorno del Giudizio e che i «nemici dell'islam» saranno inesorabilmente condannati all'Inferno. Il 7 maggio 2004 in Iraq, Abu Musab Al Zarqawi, l'allora luogotenente di Osama Bin Laden, si fece immortalare mentre sgozzava e decapitava il giovane ebreo americano Nick Berg. Dopo aver urlato ripetutamente insieme ad altri terroristi «Allah Akhbar!», «Allah è il più grande», Al Zarqawi pronunciò il versetto coranico «Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell’omicidio. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti» (2, 191). Poi impugnò il coltello e con una ferocia disumana lo infilzò nella gola di Berg. Quindi Al Zarqawi, a giustificazione dello sgozzamento di un «nemico dell'islam» disse: «Sia gloria ad Allah, che ha onorato l'islam con il suo sostegno, ha umiliato gli infedeli con il suo potere». Poi evocò Maometto: «Il profeta, Signore della grazia, ha ordinato di tagliare la testa ad alcuni dei prigionieri di Badr (allusione alla battaglia di Badr, combattuta da Maometto nel 624, ndr). Egli è il nostro esempio e il nostro modello di buon comportamento».
I terroristi islamici di Al Qaeda e dell'Isis hanno immortalato in video e in immagini le teste sgozzate e decapitate per radicare il terrore nei «nemici dell'islam», affinché facendosi sopraffare dalla paura di fare quella fine atroce, finiscano per sottomettersi senza reagire e per arrendersi senza combattere.
Cari amici, gli antichi romani dicevano «Nomen omen», che significa «Il nome è un presagio», nella convinzione che nel nome fosse indicato il destino della persona. Oggi si dice che una persona è tale «di nome e di fatto». Che cosa dobbiamo aspettarci di buono dal portavoce ufficiale dei terroristi islamici dei Taliban, che di nome fa Zabihullah, «Sgozzatore di Allah»? È vero che le persone vanno rispettate nella loro individualità e valutate sulla base dei loro fatti. Ma è altrettanto vero che ci troviamo di fronte a dei terroristi islamici che ottemperano letteralmente e integralmente a ciò che Allah prescrive nel Corano e a ciò che ha detto e ha fatto Maometto. Il ritorno dei Taliban al potere in Afghanistan, concordato con gli Stati Uniti, ci fa toccare con mano la tragica realtà della resa dell'Occidente all'islam.
Abdul Ghani Baradar, chi è il leader dei talebani liberato dagli USA tre anni fa
Alessandro Strabioli
16 agosto 2021
https://www.ilmessaggero.it/persone/cap ... 40489.html
Abdul Ghani Baradar, il leader talebano liberato da una prigione pakistana su richiesta degli Stati Uniti meno di tre anni fa, è emerso come vincitore indiscusso della guerra dei 20 anni. In una dichiarazione televisiva sulla caduta di Kabul, Baradar ha affermato che la vera prova dei talebani fosse solo all'inizio e che tutti avrebbero dovuto servire con dedizione e sacrificio il proprio paese. Il ritorno al potere del mullah sembra dunque incarnare l'incapacità dell'Afghanistan di sfuggire alle sanguinose catene del passato e la storia della sua vita, in perenne oscillazione tra guerra e misticismo, somiglia esattamente a quella del conflitto di questo territorio.
Nato nella provincia di Uruzgan nel 1968, Baradar ha combattuto nei mujaheddin afgani contro i sovietici negli anni '80. Dopo che i russi furono cacciati nel 1992 e il paese cadde in una sanguinosa guerra civile, Baradar istituì una madrasa a Kandahar con il suo ex comandante e presunto cognato, Mohammad Omar. Insieme, i due mullah hanno fondato i talebani, un movimento guidato da giovani studiosi islamici dediti alla purificazione religiosa del Paese e alla creazione di un emirato.
Alimentati dal fervore religioso, dall'odio diffuso per i signori della guerra e dal sostanziale sostegno dell'agenzia Inter-Services Intelligence (ISI) del Pakistan, i talebani sono saliti al potere nel 1996 dopo una serie di straordinarie conquiste di capoluoghi di provincia che hanno colto di sorpresa il mondo. Baradar, il vice del mullah Omar, ritenuto uno stratega molto efficace, fu artefice principe di quelle vittorie.
Baradar ha svolto una serie di ruoli militari e amministrativi nel regime quinquennale dei talebani: difatti, quando è stato estromesso dagli Stati Uniti e dai suoi alleati afghani, era vice ministro della difesa. Durante i 20 anni di esilio, Baradar aveva la reputazione di essere un potente capo militare e un sottile operatore politico. I diplomatici occidentali arrivarono a considerarlo come l'ala della Quetta Shura – la leadership raggruppata dei talebani in esilio – che era più resistente al controllo dell'ISI e più suscettibile di contatti politici con Kabul.
La CIA lo ha rintracciato a Karachi nel 2010 e nel febbraio dello stesso anno ha convinto l'ISI ad arrestarlo. «La cattura di Baradar si è basata su una valutazione bene precisa: la sua pericolosità come leader di guerra era bene più alta rispetto alla possibilità di un suo ruolo attivo nella ricerca dei una tregua», ha detto un ex funzionario.
Nel 2018, tuttavia, l'atteggiamento di Washington è cambiato e l'inviato afgano di Donald Trump, Zalmay Khalilzad, ha chiesto ai pakistani di rilasciare Baradar in modo che potesse condurre i negoziati in Qatar, sulla base della convinzione che si fosse potuto accontentare di un accordo di condivisione del potere. «Non avevo mai visto alcuna reale dimostrazione di quella volontà, ma ha solo assunto una sorta d'idea mitica», ha detto l'ex funzionario.
Baradar ha firmato l'accordo di Doha con gli Stati Uniti nel febbraio 2020, in quello che l'amministrazione Trump ha salutato come una svolta verso la pace, ma che ora sembra una semplice tappa verso la vittoria totale dei talebani. L'accordo tra Washington e i talebani avrebbe dovuto essere seguito da colloqui di condivisione del potere tra i gruppi di Baradar e il governo di Kabul di Ashraf Ghani.
Quei colloqui sono naufragati, ed ora è chiaro che Baradar stava solo prendendo tempo, aspettando che gli americani abbandonassero il campo per preparare un'offensiva. La vita, a Baradar, ha insegnato la pazienza, ed è stata questa, sospinta da un'ideale mistico, quasi di predestinazione, a dargli la fiducia nella vittoria finale.
MISSION ACCOMPLISHED
Niram Ferretti
16 agosto 2021
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063
La débâcle americana in Afghanistan, dopo vent'anni di enormi risorse finanziarie investite per democratizzarlo e perdite di uomini, è sotto gli occhi di tutti. Fa sorridere un Antony Blinken il quale dichiara, "Mission accomplished".
Il paese torna in mano al rigorismo islamico dei talebani, e si propone come luogo di ritrovo dell'internazionale jihadista con diramazioni sparse ovunque, dall'Africa al Medioriente, dal Pakistan alle Filippine.
Dopo la caduta dello Stato islamico dell'ISIS, il sogno califfale di Al Baghdadi, ecco risorgere dalle sue ceneri, come la fenice, l'Emirato islamico del Mullah Omar. Per continuare con i paragoni mitologici, si taglia una testa all'Idra e subito un'altra le ricresce. Non si vede all'orizzonte nessun Eracle coadiuvato da Iolao.
Negli Stati Uniti, il senatore repubblicano Rand Paul, fervido isolazionista si rallegra, ora si potranno risparmiare molti soldi e tagliare le tasse ai contribuenti. Forse, ma gli Stati Uniti non sono Laputa, l'isola in cielo immaginata dal genio di Jonathan Swift, sono un paese in terra profondamente odiato e avere un Emirato islamico in Afghanistan dopo avere dato il proprio apporto per sconfiggere (sconfiggere?) l'ISIS non appare come un risultato di cui andare fierissimi.
“Ah, ma gli americani non potevano stare lì in eterno“, si sente dire, no, non potevano, ma anche uscire di scena come l’armata Brancaleone poteva essere evitato, oltretutto offrendo alla Cina di fare dell’Afghanistan un nuovo luogo di penetrazione. Sì, mission accomplished.
TALEBANI
E così i talebani tornano al potere.
Giovanni Bernardini
16 agosto 2021
https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 4258092447
Le donne torneranno al burka, dopo aver "conquistato" il semplice velo. Gli omosessuali saranno impiccati invece che incarcerati, le adultere lapidate invece che incarcerate o frustate. Che meraviglia! La religione della pace riacquista tutta la sua geometrica potenza fondamentalista, al di la delle ipocrisie e dei belati degli occidentali dialoganti.
Facile, ora, dire che l’intervento è stato un errore, che la democrazia non si può esportare. L’esportazione della democrazia in Afghanistan non rispondeva a logiche ideologiche. Semplicemente si sperava che imporre qualcosa di simile alla democrazia in paesi dominati dal fondamentalismo islamico aiutasse l’occidente a contenere questa piaga. Si è trattato di un errore? Si, molto probabilmente, ma l’alternativa ad un simile errore non erano certo le chiacchiere sul “dialogo”, il “confronto”, i “ponti non muri” con cui per oltre 20 anni si sono riempiti la bocca gli ipocriti dell’occidente. Era semmai, forse, una rigorosa politica di contenimento della mala pianta fondamentalista, ad iniziare dal controllo dei flussi migratori. L’esatto contrario delle ciance dei politicamente corretti di ogni risma.
Che ora ricominciano con le vane parole.
"Tacciano le armi, si prenda la via del confronto", invita Bergoglio.
"Che i talebani rispettino i diritti delle donne", gli fa eco il prode Di Maio.
Sciocchezze che neppure meritano l’onore di una replica.
Mentre gli italiani si godono la pausa del ferragosto l’Afghanistan precipita nel dramma.
Propongo ai teorici degli “inginocchiamenti”, ai sostenitori del DDL Zan e della “parità di genere”, a chi strilla “ponti non muri” di proseguire nell’Afghanistan “liberato” dai talebani la loro vacanza. In quel felice paese, lontano anni luce dagli orrori dell’occidente, saranno felici.
Scappano dal paradiso in terra mussulmano, ma com'è possibile?
Le immagini choc: cadono dall'aereo dopo il decollo da Kabul
Mauro Indelicato
16 agosto 2021
https://www.ilgiornale.it/news/mondo/as ... 1629117749
In migliaia non si fidano degli annunci volti alla “clemenza” da parte dei Talebani. Quando la mattina del 15 agosto le prime avanguardie del movimento islamista hanno raggiunto Kabul, nella capitale afghana si è scatenato il panico. Molte persone hanno iniziato a temere per la propria sorte.
Si tratta soprattutto di collaboratori delle forze occidentali, tra traduttori, interpreti oppure semplici impiegati degli uffici della coalizione internazionale. Il timore per loro è che i Talebani possano avere dei conti in sospeso. Ma oltre ai collaboratori, ci sono altre fasce della popolazione preoccupate dall'avvento repentino degli studenti coranici.
A partire dalle donne, quelle che ad esempio negli ultimi anni hanno provato a farsi una propria posizione sociale ed economica indipendente da quella degli uomini. Una circostanza inconcepibile per i Talebani, i quali al contrario vorrebbero tornare ad applicare le regole più rigide della Sharia, la legge islamica.
Ci sono poi giornalisti, editori, attivisti e persone che, in generale, hanno provato a dare una sterzata sociale a Kabul in questo ultimo ventennio. Per tutti loro l'unica via di fuga è rappresentata dall'aeroporto. Prendere il primo aereo disponibile per fuggire ed evitare la possibile scure dei Talebani.
Il traffico attorno lo scalo di Kabul ieri mattina era bloccato. C'è chi ha proseguito a piedi per chilometri pur di raggiungere il perimetro della struttura. In serata è stato il caos. In migliaia hanno preso d'assalto le scalette degli aerei in partenza, altri si sono assiepati lungo le piste. Una situazione degenerata soprattutto dopo l'annuncio del blocco dei voli commerciali.
Dalla capitale afghana partono infatti soltanto aerei militari, gli stessi che stanno permettendo l'evacuazione del personale diplomatico dalle ambasciate occidentali lasciate di fretta e furia nell'ultimo fine settimana. Ma a terra ci sono decine di aerei civili che per gli afghani rappresentano l'ultima speranza per sentirsi al sicuro.
Il loro auspicio è che quanto prima possano essere riprogrammati i voli commerciali e quindi andare via. Da Istanbul sono stati attivati diversi ponti aerei visto che la Turchia ha in capo la gestione della sicurezza dell'aeroporto, ma anche in questo caso si tratta soprattutto di voli destinati all'evacuazione di impiegati e diplomatici stranieri. La disperazione ha portato a decine di persone ad aggrapparsi letteralmente agli aerei. Le immagini parlano chiaro: da ora sui social circolano video dove si notano cittadini afghani provare a inseguire velivoli militari Usa lungo la pista, alcuni con le ultime forze rimaste si appoggiano anche ai carrelli degli aerei, un gesto che ben può far comprendere lo stato d'animo di chi sta provando a scappare.
Si segnalano anche delle vittime. Almeno 5 secondo diverse fonti locali. Non si comprende se sono persone decedute a seguito della calca tra le piste oppure se si tratta di gente caduta dagli aerei appena decollati. In un video su Twitter si notano persone cadere da un velivolo militare che da poco aveva lasciato la pista dell'aeroporto di Kabul. Scene strazianti che vanno avanti da questa mattina.
I Talebani, una volta dentro Kabul, hanno assicurato che chi vuole lasciare il Paese può farlo tranquillamente. Ma gli afghani fuggiti in aeroporto temono si tratti di un bluff. Così come non si fidano degli annunci dei governi occidentali, i quali hanno parlato di ponti aerei attivati per i prossimi giorni e fino a quando lo scalo sarà in sicurezza.
Nell'attesa di capire quale sarà il loro destino, le migliaia di persone affluite fin dentro le piste di rullaggio sono in preda al panico. Si cerca un posto dentro un aereo a tutti i costi e per qualsiasi destinazione. Per loro l'importante è non sperimentare su sé stessi le reali intenzioni talebane.
Si aggrappano ai voli, alcuni cadono a morte da alta quota - la DISPERAZIONE in un video. Così l’aeroporto di Kabul, senza più voli
https://www.facebook.com/watch/?ref=sav ... 4852020265
L’ambasciatore afghano all’Onu: "I talebani hanno iniziato a perquisire casa per casa, puntano a esecuzioni mirate, la gente a Kabul è terrorizzata.
16 agosto 2021
https://www.facebook.com/groups/islamno ... 9904590892
È il racconto dell’ambasciatore afghano all’Onu Ghulam M. Isaczai alla sessione speciale del Consiglio di sicurezza, apertasi alle 16 italiane con la partecipazione del segretario generale Antonio Guterres che si è detto "particolarmente preoccupato per le notizie delle crescenti violazioni contro le donne e le ragazze afghane, che temono un ritorno ai giorni più bui".
Una ragazza di 24 anni che frequentava l'università ha inviato la sua testimonianza al Guardian : "Stamattina le mie sorelle e io abbiamo nascosto le nostre carte di identità, i diplomi e i certificati. È stato devastante. Perché dobbiamo nascondere cose di cui dovremmo essere fiere? Sembra di dover bruciare tutto quello che ho realizzato in 24 anni. I guidatori dei mezzi di trasporto pubblico non ci facevano salire per tornare a casa: non volevano prendersi la responsabilità di trasportare una donna. Intorno, gli uomini che gridano: Andate a mettervi il burqa, sono i vostri ultimi giorni in giro per le strade. Uno di questi sposerò quattro di voi. E ancora: "Mia sorella ha lasciato la sua scrivania piangendo: Sapevo che sarebbe stato il mio ultimo giorno di lavoro". Un racconto di terrore, simile a quello di una giovanissima giornalista afghana che pochi giorni fa sempre sul quotidiano britannico raccontava: Non sono al sicuro perché sono una donna di 22 anni, e so che i Talebani stanno costringendo le famiglie a consegnare le loro figlie e le loro madri per poi darle ai soldati". Anche una giornalista ha raccontato che i talebani "costringono le famiglie a consegnare le ragazze per i loro soldati". Jailani Rahgozar, a lungo cooperante con le ONG italiane per svariati progetti : "Torno a implorare l’aiuto delle autorità italiane, vi prego, tirateci fuori da questo inferno. I Talebani me la faranno pagare per l’aiuto fornito al vostro Paese. Devo portare la famiglia fuori dal paese. Se mi dovessero fermare per un controllo sarebbe la fine, non avrei scampo. Mi risultano uccisioni in vari distretti del Paese".
Intanto il giorno dopo la presa di Kabul da parte delle milizie talebane, si è aperta un’ulteriore fase di caos in Afghanistan. Nel corso della notte e fino alle prime ore del mattino, all’aeroporto internazionale “Hamid Karzai” della capitale si sono radunate migliaia di persone, nel tentativo di lasciare il Paese sui voli messi a disposizione dalle ambasciate occidentali per l’evacuazione dei propri concittadini. I militari Usa – che sostengono di avere sotto controllo lo scalo – hanno sparato colpi di avvertimento in aria per evitare che folle di cittadini disperati si precipitassero agli aerei. I video mostrano persone che si aggirano intorno ai jet e si arrampicano su per le scale dei “finger” (le porte d’imbarco). Almeno dieci persone sono morte: in base a quanto riferisce il portavoce del Pentagono John Kirby, in due sono stati uccisi dai colpi dei militari, altri tre sono stati schiacciati dalle ruote del C-17 dell’Air Force statunitense in fase di decollo. Altri video pubblicati sui social mostrano corpi precipitare dallo stesso aereo, appena decollato. L’aeroporto è ancora inagibile, tanto che l’esercito tedesco ha dovuto rinviare la propria missione di evacuazione: i due aerei A400M inviati da Berlino non riescono ad atterrare e sono momentaneamente bloccati a Baku, in Azerbaigian.
CATTIVA COSCIENZA
I talebani sono la cattiva coscienza dell’occidente “buono”.
Giovanni Bernardini
17 agosto 2021
https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 2227798650
Da tempo immemorabile ci ripetono che l’Islam è una religione di pace, perfettamente compatibile con la democrazia, i diritti civili, addirittura con la “parità di genere”.
I talebani non sarebbero altro che un piccolo gruppo di fanatici estranei al “vero islam”, come Al Qaeda, l’ISIS, Boko Haram e tanti altri “gruppetti” di estremisti. Per papa Bergoglio questi terroristi non avrebbero nulla in comune con la religione, sarebbero dei delinquenti comuni. ISIS e talebani come mafia e camorra insomma…
Sagge parole. Però… però i talebani hanno vinto. È bastato che il saggio Biden ritirasse in fretta e furia le truppe dall’Afghanistan perché un piccolo gruppo di mafiosi estremisti conquistasse il paese. Davvero strano…
Il prode Biden ha dichiarato che gli americani non erano in Afghanistan per costruire la democrazia ma per battere il terrorismo.
Fantastico! C’è da chiedergli: lo avete battuto il terrorismo? Cosa sono i talebani che stanno per scatenare un’orgia di sangue? Degli angioletti pacifisti?
E come mai, se l’Islam è compatibile con la democrazia, in 20 anni non è stata possibile costruirla, questa democrazia? E i diritti delle donne, degli omosessuali? Il senato americano che ha discusso sui pronomi poco “inclusivi” non ha nulla da dire in proposito?
O la colpa è, come al solito, di Trump? È vero, Trump intendeva abbandonare l’Afghanistan, in questo Biden ha seguito le sue orme, ma una cosa è ritirarsi dopo aver trattato, altra cosa fuggire a gambe levate lasciando un sacco di gente nelle mani di orde di fanatici.
Scommettiamo che fra breve i media di regime cominceranno a dire che i talebani non sono in fondo tanto cattivi?
"È già iniziata la caccia ai cristiani"
Giulio Meotti
17 agosto 2021
https://meotti.substack.com/p/e-gia-ini ... -cristiani
“A Kabul ricordo benissimo gli altri bambini che per mettermi paura dicevano: 'Andiamo a chiamare i Talebani'. Oggi li rivedo distruggere la vita di persone che non hanno nulla, tagliare le gole davanti ai parenti: che razza di umanità è questa?”. Ali Ehsani è l’esule afghano che nel libro Stanotte guardiamo le stelle (pubblicato da Feltrinelli) ha raccontato l'orrore dei Talebani e la sua personale odissea. Ora Ehsani racconta dall’Italia dell’angoscia dei cristiani nascosti a Kabul dopo la nascita dell’Emirato Islamico: “Questa famiglia di Kabul con cui sono in contatto da due giorni ha perso il padre: uscito di casa non vi ha più fatto ritorno. Devono aver scoperto che era cristiano. La moglie e i cinque figli ora hanno ancora più paura, si spostano di zona in zona, vogliono lasciare il paese ma non hanno nessuno che li aiuti. A Kabul non ci sono chiese, così qualche settimana fa ho provato a collegare questa famiglia in videochiamata con una Messa qui in Italia. Erano felicissimi. Da quindici giorni, però, il clima era già cambiato, si sentivano in pericolo”.
Non si sa neppure di preciso quanti siano i cristiani in Afghanistan. Si parla di 12.000, la più grande minoranza religiosa del paese. “Una persona che lavora con le reti di chiese domestiche riferisce che i suoi leader hanno ricevuto lettere la scorsa notte dai Talebani avvertendoli che sanno dove sono e cosa stanno facendo”, ha appena denunciato Mindy Belz, redattrice di World News Group e autrice del libro They Say We Are Infidels, dedicato alla persecuzione.
Un cristiano da Kabul ha invece rilasciato una testimonianza-video: “Ogni fedele di origine musulmana come me che si è convertito al cristianesimo ne conosce le conseguenze. L'Islam è molto chiaro, il Corano è molto chiaro, gli Hadith sono molto chiaro per l'apostasia. I Talebani ci danno tre giorni e se non ti penti non c'è pietà”.
Il New York Times ci ha fornito una finestra sulla vita di questi cristiani. “In un umido seminterrato alla periferia di Kabul, Josef legge la sua logora Bibbia blu alla luce di una lanterna a propano. Conserva una croce di legno con scritto un passo del Discorso della Montagna e una cartellina di plastica con i documenti della sua conversione. Sono la ragione per cui si nasconde”.
Anche la Caritas italiana che lavora in Afghanistan ha appena dichiarato di temere per la sicurezza dei cristiani nel paese e che sospenderà le sue attività. “Anche i pochi sacerdoti e religiosi cattolici in Afghanistan non hanno altra scelta che andarsene”, racconta la Caritas al National Catholic Register. Esisteva un'unica chiesa cattolica ufficiale, proprio dentro all'ambasciata italiana a Kabul, e anche questa ora è chiusa. I Talebani hanno ucciso numerosi operatori cattolici nel paese, come quelli del Catholic Relief Services, o i dieci medici massacrati a Badakhshan.
Anche l'International Christian Concern (ICC), una organizzazione che monitora e denuncia la persecuzione, ha parlato con il leader di una chiesa clandestina afghana degli enormi pericoli che i cristiani stanno per affrontare. "Alcuni cristiani noti stanno già ricevendo telefonate minacciose", ha raccontato un leader cristiano all'ICC. "In queste telefonate, persone sconosciute dicono: 'Stiamo venendo a prenderti’. I talebani ci uccideranno come fa la mafia, senza rivendicarlo”.
“Uccideranno alcuni dei cristiani che sono più conosciuti e in questo modo vogliono diffondere la paura per cui non tollereranno nulla in contrario", ha detto alla CBN il religioso. “I Talebani porteranno via i bambini dalle famiglie cristiane. Le ragazze cristiane le faranno sposare con i Talebani. I ragazzi cristiani devono essere rieducati nelle madrasse".
Anche prima dell’avvento dei Talebani, l’Afghanistan era il secondo paese più pericoloso al mondo dove essere cristiani. “Troppe conversioni al cristianesimo, gli apostati devono essere giustiziati”, ha detto un parlamentare afghano, Abdul Pedram. Nel 2006 proprio l’Italia offrì asilo a uno di questi condannati a morte. Dopo che la presenza occidentale si è liquefatta come neve al solo di Ferragosto per loro c’è soltanto una scelta: fuggire, scomparire o morire.
E se la sorte delle donne afghane diventa virale giusto il tempo di un lancio sui social, per questi cristiani neanche quello. Invisibili in Afghanistan, invisibili all’Occidente.
Perché l'esercito afghano è collassato così rapidamente
Il Post
16 agosto 2021
https://www.ilpost.it/2021/08/16/eserci ... an-arreso/
La riconquista dell’Afghanistan da parte dei talebani, benché ampiamente attesa, è stata sorprendente per la sua rapidità. L’offensiva dei talebani era cominciata a maggio, dopo la conferma da parte del presidente Joe Biden del ritiro dei soldati americani, già precedentemente negoziato e deciso dall’amministrazione di Donald Trump. Le operazioni dei talebani hanno però preso velocità solo di recente: le capitali provinciali del paese sono cadute una dopo l’altra e domenica i talebani sono entrati a Kabul, senza incontrare grande resistenza.
La ragione principale di questa conquista così rapida è stata il collasso dell’esercito e delle forze di polizia afghane. Benché l’impreparazione e l’inefficienza dell’esercito fosse nota da tempo, la maggior parte degli esperti militari occidentali aveva comunque previsto che le forze armate avrebbero opposto un qualche tipo di resistenza all’avanzata dei talebani. Come ha scritto il New York Times, a giugno l’intelligence americana aveva stimato che ci sarebbe voluto ancora un anno e mezzo di guerra prima che Kabul fosse minacciata. È bastato poco più di un mese.
Le cause di questo crollo improvviso sono in parte strutturali: a vent’anni dall’invasione americana, né il governo afghano né gli Stati Uniti sono riusciti a trasformare l’esercito in una forza pronta al combattimento. Il ruolo principale l’ha avuto però il ritiro americano, che ha fatto precipitare tutti i problemi che già esistevano e ne ha creati di nuovi mostrando come, senza il supporto militare e logistico degli Stati Uniti, l’esercito afghano non fosse in grado di tenere testa alla forza tutto sommato modesta dei talebani.
Sulla carta, l’esercito afghano era una forza militare solida, che avrebbe avuto la capacità di difendere se stessa e il paese, come dissero Biden e i funzionari americani annunciando il ritiro. Contava 350.000 soldati (molti di più delle forze dei talebani, stimate tra i 50.000 e i 100.000 uomini), e almeno in teoria aveva a sua disposizione un’aviazione abbastanza consistente, droni sia per l’attacco sia per la ricognizione, mezzi pesanti e armi sofisticate fornite dagli Stati Uniti. Inoltre, ancora una volta almeno in teoria, poteva contare su quasi vent’anni di addestramento da parte non soltanto degli Stati Uniti, ma anche di numerosi altri eserciti occidentali che avevano partecipato alla missione della NATO in Afghanistan, compresa l’Italia.
Secondo una stima diffusa dai giornali americani, dal 2001 a oggi gli Stati Uniti hanno speso 82 miliardi di dollari nell’addestramento e nell’equipaggiamento dell’esercito afghano. Il problema, ha scritto il New York Times, è che «non è chiaro dove tutti quei soldi siano finiti».
I 350 mila soldati dell’esercito afghano erano probabilmente molti meno – forse meno della metà, secondo alcune stime. I numeri erano in parte gonfiati dal governo nazionale, e in parte dai comandanti locali dell’esercito, che in questo modo potevano intascare i salari dei soldati che avevano abbandonato o disertato. L’esercito afghano, benché equipaggiato dagli americani, era anche male armato, soprattutto nelle zone più periferiche, dove nei giorni dell’avanzata dei talebani scarseggiavano sia le armi sia le munizioni.
Più in generale, le condizioni di vita dei soldati erano spesso misere. Come hanno raccontato diversi media americani, i fucili con cui erano equipaggiati valevano diversi mesi del salario della maggior parte dei soldati. Negli ultimi mesi in alcune zone del paese il governo aveva sospeso i pagamenti e aveva smesso di inviare non soltanto le munizioni, ma perfino razioni di cibo sufficienti al sostentamento.
Buona parte di questi problemi è da imputare all’inefficienza del governo, ma soprattutto alla corruzione, che riguardava tutti i ranghi dello stato afghano ma era grave soprattutto nell’esercito. Come hanno detto alcuni militari locali al Washington Post, il collasso dell’esercito afghano è da imputare più alla corruzione del governo e dei comandanti che all’incompetenza dei soldati.
Negli ultimi mesi, inoltre, la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi completamente dall’Afghanistan aveva lasciato l’esercito locale demoralizzato e convinto che, senza l’aiuto e il supporto americani, la vittoria dei talebani fosse inevitabile. Il primo passo era stato l’accordo di Doha, la capitale del Qatar dove l’anno scorso una rappresentanza dei talebani e l’amministrazione Trump, escludendo il governo afghano, avevano concordato i tempi e i modi del ritiro americano, praticamente senza condizioni.
Il morale dei soldati si era ulteriormente aggravato quando il presidente Joe Biden, ad aprile, aveva confermato che il ritiro americano sarebbe avvenuto entro settembre. Agli occhi di molti militari e funzionari locali, la decisione prima di Trump e poi di Biden non significava soltanto che l’America stava abbandonando l’Afghanistan, ma anche che stava abbandonando il governo afghano, ritirando di fatto il suo sostegno politico.
A quel punto, molti soldati hanno cominciato a chiedersi se valesse ancora la pena combattere, e in pochi hanno continuato a essere disposti a rischiare la vita per il governo afghano, corrotto, incapace di formulare una strategia di resistenza e di riunire i vari gruppi etnici e tribali attorno a un’unica causa nazionale.
Trovatisi ad affrontare un esercito male equipaggiato, demoralizzato, impoverito e spesso affamato i talebani sono stati abili nell’approfittare della situazione. A partire dall’anno scorso, ha scritto il Washington Post, hanno cominciato a fare accordi con le forze governative, offrendo soldi e amnistia in cambio della resa e della consegna delle armi. Questi accordi sono stati fatti prima nelle zone rurali e più remote, e poi si sono estesi al livello delle capitali provinciali, spesso mediati dai capi tribali locali.
Alcuni comandanti hanno accettato le offerte dei talebani per soldi, ma altri l’hanno fatto perché convinti che, dopo il ritiro americano, la vittoria dei talebani fosse inevitabile. «Il giorno della firma [dell’accordo di Doha] abbiamo visto un cambiamento», ha detto un ufficiale dell’esercito al Washington Post. «Tutti hanno cominciato a pensare a se stessi. È stato come se [gli Stati Uniti] ci avessero condannati al fallimento».
Quando i talebani, grazie a questi accordi, hanno cominciato a conquistare ampie zone rurali dell’Afghanistan incontrando poca o nessuna resistenza, la loro avanzata è apparsa sempre più inarrestabile, anche quando non lo era. Perfino in basi militari o in città in cui la difesa delle forze governative avrebbe potuto essere consistente, spesso i soldati afghani hanno deciso di non combattere, perché convinti che la sconfitta fosse certa.
Abbas Tawakoli, un brigadiere generale che era di stanza nella città di Kunduz prima della sua caduta, ha detto al New York Times: «Nessuna regione [dell’Afghanistan] è caduta a causa della guerra, ma a causa della guerra psicologica».
Questo non significa che tutti i soldati afghani si siano arresi senza combattere. In alcune zone, come per esempio a Lashkar Gah e Kunduz, i combattimenti sono stati relativamente intensi, spesso grazie alla resistenza di gruppi appartenenti alle forze speciali, di gran lunga il corpo meglio preparato e più combattivo di tutto l’esercito, i cui membri nelle scorse settimane sono stati inviati a rafforzare le difese di numerose città, spesso però in numeri insufficienti per fare la differenza. Più in generale, bisogna ricordare che l’esercito afghano, benché corrotto e inefficiente, è stato quello che ha sopportato più perdite in questi vent’anni di guerra: oltre 60 mila persone.
Gli scarsi tentativi di resistenza di questi mesi sono stati resi più complicati da alcune scelte strategiche dell’esercito americano, come ha scritto il Wall Street Journal. Al momento di formare l’esercito afghano, infatti, i comandanti militari americani decisero di strutturarlo a immagine dell’esercito statunitense, che fa grande affidamento sull’aviazione per quasi tutte le operazioni: i rifornimenti delle basi, l’attacco degli obiettivi, il trasporto dei feriti, le operazioni di intelligence.
Grazie alla loro supremazia aerea, e con l’obiettivo di mantenere il controllo su tutto il territorio del paese, gli Stati Uniti avevano creato oltre 200 basi e avamposti sparsi anche in zone remote, che potevano essere rifornite e sostenute esclusivamente via aria. Per questa ragione, in Afghanistan gli Stati Uniti avevano oltre 15 mila contractor che si occupavano della logistica aerea e di far funzionare i complessi sistemi d’arma che gli Stati Uniti avevano fornito all’Afghanistan. Con il ritiro delle truppe, però, anche i contractor hanno lasciato il paese e il governo afghano non è stato in grado di rimpiazzarli, di fatto tagliando fuori dai rifornimenti le basi più remote, che sono diventate un facile obiettivo per i talebani.
«Li abbiamo condannati al fallimento», ha detto il generale americano in pensione David Petraeus, che comandò le forze internazionali in Afghanistan tra il 2010 e il 2011 ed è stato anche direttore della CIA. Il ritiro delle migliaia di contractor che consentivano all’aviazione afghana di volare ha privato l’esercito del supporto aereo, e il risultato è stato che le forze a terra «combattevano per qualche giorno, ma poi capivano che non sarebbero arrivati rinforzi (…). L’impatto psicologico è stato devastante».
CIÒ CHE SI AFFIEVOLISCE, CIÒ CHE PERMANE SALDO
Niram Ferretti
17 agosto 2021
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063
Hamas si congratula con i talebani per "la sconfitta dell'occupazione americana su tutte le terre afgane e si congratula con il movimento talebano e la sua coraggiosa leadership per questa vittoria che rappresenta il culmine della sua lunga lotta lungo gli ultimi vent'anni".
Inevitabile congiuntura tra chi persegue un'unica visione, quella del jihad e della piena sottomissione all'Islam. Che gli americani non siano stati sconfitti sul terreno dai talebani non ha nessuna importanza. Ciò che importa è vedere gli americani (occupanti, intrusi) andarsene dall'Afghanistan e cedere il posto ai talebani.
Il sogno di Hamas è di potere ottenere lo stesso risultato nei confronti di Israele, percepito come Stato occupante sacro suolo musulmano, posizione massimamente sostenuta dall'Iran.
L'alleanza dell'Islam più militante, travalica la millenaria querelle tra sciiti sunniti, si raggruma in un unico odio che accantona le divergenze dottrinali e vede negli Stati Uniti e in Israele le due fisionomie del nemico principale.
Il ritorno dei talebani in Afghanistan ha, in questo senso, un rilevante significato simbolico, concede a questa alleanza di percepirsi forte e salda e di convincersi che, alla fine, il tempo giochi a suo vantaggio. E, nel caso dell'Afghanistan, così è stato.
Per quanto siano la più grande potenza militare del pianeta, gli Stati Uniti vengono oggi visti dalla componente più massimalista dell'Islam come un gigante debole e maldestro, refrattario al massimo a impiegare sul terreno i propri uomini, non più animati dalla convinzione di avere una missione di tutela nei confronti dei valori occidentali.
Questo ruolo sembra essersi esaurito, ma non si è esaurita affatto l'opposizione tenace e resistente che la costellazione jihadista, di cui Hamas è uno dei membri, pone all'occidente.
Afghanistan, la giornalista in lacrime imbarazza la Nato: "Che fine ha fatto la vostra grande intelligence? Ci state condannando"
Ivan Rota
17 agosto 2021
https://www.liberoquotidiano.it/video/e ... nnato.html
Nonostante le promesse dei talebani, la vita delle donne in Afghanistan rischia seriamente di tornare a essere un incubo. Il tema è stato posto alla conferenza della Nato dalla giornalista afghana Sadid Lailuma, che ha inchiodato il segretario generale Jens Stoltenberg alle sue responsabilità. “Com’è possibile che sia accaduto tutto questo?”, ha domandato la corrispondente di Brussels Morning, che non è riuscita a trattenere la commozione durante il suo intervento.
“Non pensa che la decisione presa da lei e dalla Nato sia sbagliata? - ha incalzato Lailuma - come reagisce a questo e quanto tempo ci vorrà per implementare e pianificare una politica estera praticabile? Perché guardando questa situazione come donna afgana, come normale cittadina afgana, si vede che è davvero dura e che ci sono migliaia di donne che non sanno cosa succederà in futuro. Com’è possibile che torneremo indietro di 20 anni? Con tutta la grande intelligence di Stati Uniti e Unione Europea non è stato possibile difendere l’Afghanistan da un gruppo di talebani?”.
Insomma, un atto di accusa molto duro, che non è finito qui: “Come donna vorrei chiedere, per favore, di non riconoscere l’Emirato talebano islamico senza alcuna condizione, come nell’accordo firmato tra i talebani e l’amministrazione di Donald Trump da cui è seguito tutto questo. La prego - ha concluso in lacrime la giornalista - non riconosca i talebani rimettendoci nella stessa situazione di prima”.
Il ritorno dei talebani e il potere del simbolico
18 agosto 2021
http://www.linformale.eu/il-ritorno-dei ... simbolico/
Difficile, se non impossibile, non considerare l’uscita di scena americana dall’Afghanistan come un’enorme diminuzione del prestigio degli Stati Uniti e, simbolicamente, una sconfitta. L’esercito americano non è stato certo battuto sul terreno, e il risultato da ottenere, disarticolare l’allora compatta Al Qaida e costringere i talebani alla fuga, ottenuto velocemente vent’anni fa oggi è passato in secondo piano. Appare invece in tutta la sua evidenza il fallimento politico e morale.
L’obbiettivo politico, quello di ristrutturare democraticamente il paese è fallito, oggi l’Afghanistan torna nelle braccia dell’estremismo islamico. A ciò si assomma l’onta morale di abbandonare frettolosamente e cinicamente coloro che hanno collaborato e creduto in questi vent’anni alla possibilità se non di un cambiamento vero, di un miglioramento.
Ma la sconfitta assume anche un’altra fisionomia, quella di regalare all’Islam più agguerritamente militante un trofeo da mostrare, facendolo gonfiare di orgoglio e di retorica anti-occidentale. Hamas e l’Iran si congratulano per il ritorno dei talebani, e insieme a loro non possono non dirsi contenti tutti i musulmani per i quali il jihad è l’unica strada da perseguire, la volontà ultima di Allah, incarnata nella sura 9 la quale incita al combattimento e alla sottomissione degli infedeli, considerata da uno dei massimi esegeti del Corano, al-Bukhari, come l’ultima a essere stata rivelata.
Nessuno che sia dotato di un minimo senso della realtà può pensare che il volto “moderato” del lupo talebano che al momento si presenta ai media (“Non perseguiteremo”, “Le donne non verranno discriminate”, ecc) non sia altro che una maschera sottile pronta ad essere levata appena la presa sul potere si consoliderà in modo fermo.
Kabul, con il rinnovato Emirato islamico, diventa nuovamente punto di riferimento per i nemici occidentali, feticcio ideologico e, al contempo, luogo concreto e (ancora) simbolico di una riscossa, se non di un ricominciamento. E’ la portata di questo aspetto che deve essere compresa per valutare adeguatamente quale rilevanza essa assume nel presente.
Il ricominciamento è il ritorno dell’uguale, è il tempo mitico che per l’Islam è parte essenziale della propria percezione di sè. Sconfitto è infatti il tempo lineare della storia degli infedeli, con la loro idea di portare il “progresso” là dove esso era già presente nella forma dell’Eterno inverato in virtù dell’applicazione rigorista del dettato Coranico.
Nella prospettiva teologica musulmana la storia è pura contingenza, duraturo è solo ciò che è sempre stato fin dall’origine, la volontà di Allah che il Corano manifesta. I talebani nuovamente al potere riportano il tempo indietro come se questi vent’anni di presenza occidentale non ci fossero mai stati.
Il messaggio arriva chiaro a tutti coloro che possono e vogliono comprenderlo: la forza degli invasori è solo un’illusione, potrà durare anni, forse anche secoli, ma cosa è mai un secolo rispetto al tempo sacro, alla sua ciclicità?
La più grande potenza militare e tecnologica del pianeta non può nulla contro ciò che è stabilito dall’origine. Trasversale, il messaggio arriva anche ad Israele che l’Islam considera corpo estraneo in Medioriente. Ridurre il ritorno dei talebani in Afghanistan a una pura questione provinciale, a un episodio a sè, significa non avere compreso lo spessore della sua forza persuasiva, della sua simbolicità.
Ora che l’11 settembre si avvicina (altro simbolo), data epocale e fatidica, in cui il terrore che veniva dall’Afganistan riuscì a colpire gli Stati Uniti, il paese origine e teatro operativo di Al Qaida è di nuovo potenziale laboratorio per rinnovate iniziative jihadiste.
L’Afghanistan insegna all’Islam miltante che bisogna sapere solo attendere.
L'offerta di pace dei talebani: "Amnistia e nessuna vendetta. Donne al governo con la sharia"
Cronache del primo giorno del Talebanistan, l'Afghanistan nelle mani dei mullah integralisti.
Andrea Cuomo
18 Agosto 2021
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 69670.html
Mano tesa. I nuovi padroni del Paese garantiscono di non volere irritare i loro nemici che del resto hanno fatto loro la grande cortesia di fuggire a gambe levate. Il portavoce dei ribelli, Zabihullah Mujahid, nella prima conferenza stampa che tutto il mondo ascolta con il fiato sospeso è chiaro: «Non vogliamo avere nessun problema con la comunità internazionale».
Il programma dei «non». Poi nella conferenza, partita con un moto di «orgoglio per l'intera nazione. Dopo 20 anni di lotta abbiamo liberato il paese ed espulso gli stranieri», Mujahid sparge rassicurazioni a piene mani. Amnistia in tutto il Paese. Nessuna vendetta. Nessuna minaccia alle ambasciate straniere. Nessuna aggressione fuori dai confini. Nessun ostacolo ai media purché non contraddicano i valori islamici e gli interessi nazionali. Stop alla coltivazione del papavero da oppio e al traffico di stupefacenti. La questione femminile preoccupa il mondo e i talebani ci vanno piano: «Siamo impegnati a rispettare i diritti delle donne sotto il sistema della Sharia. Abbiamo il diritto di agire secondo i nostri principi religiosi». Quindi, «permetteremo alle donne di lavorare e studiare, ma entro la nostra struttura». In mattinata Enamullah Samangani, rappresentante della «commissione cultura» dei Talebani, aveva aperto alla presenza di donne nell'esecutivo, ma sempre «in base alla sharia». I talebani sembrano perfino disposti a un po' di autoanalisi, nella quale non sono mai apparsi fortissimi: «Per quanto riguarda l'esperienza, la maturità e la visione, vi è naturalmente una grande differenza fra noi ora e venti anni fa. C'è una differenza nelle azioni che intraprenderemo. È stato un processo evolutivo». Tra pochi giorni i talebani annunceranno la formazione del nuovo governo, al quale stanno lavorando. Si tratterà a loro dire di un governo inclusivo, nel quale «siano rappresentate tutte le parti» e che «porrà fine alla guerra», come promette Mujahid. Dopo la nascita dell'esecutivo «decideremo quali leggi presentare alla nazione».
Amrullah incita alla resistenza. Fuggito il presidente Ashraf Ghani, il suo vice Amrullah Saleh si è dichiarato «presidente ad interim legittimo in base alla Costituzione afgana» e in quanto tale ha lanciato un appello alla «resistenza», riservando anche una stoccata agli Stati Uniti: «A differenza di loro e della Nato, non abbiamo perso lo spirito e vediamo enormi opportunità davanti a noi».
La comunità internazionale. È naturalmente scettica. L'Occidente, l'Onu in testa, invoca la formazione di un governo inclusivo. Il premier britannico Boris Johnson insiste sull'opportunità di organizzare quanto prima un G7 sull'Afghanistan. Jens Stoltenberg, segretario generale dell'Onu, parla di «crollo imprevedibile, rapido e improvviso» e parla di «lotta al terrorismo». Ma non tutti sembrano preoccupati. A Mosca il ministro degli Esteri Sergej Lavrov sembra apprezzare la nuova disponibilità a dialogare dei talebani, così come il suo omologo ad Ankara Mevlut Cavusoglu: «Spero che vedremo lo stesso approccio nelle loro azioni».
Kabul sotto shock. Poche le voci che arrivano dalla capitale afghana. Tra queste quella di Alberto Zanin, responsabile dell'ospedale di Emergency che racconta di una città «poco trafficata, si vedono molte meno persone in giro, anche per l'avamposto di talebani armati che fermano per i controlli ma al momento non risultano persone ferite». Zanin racconta che nella precedente notte si sono sentite «numerose raffiche di kalashnikov, le persone sono preoccupate».
L'appello disperato da Kabul: "Aiutatemi. Devo lasciare il Paese. I talebani fingono, non sono mai cambiati"
"Ho aiutato le bimbe afghane. Ora vogliono uccidermi"
Fausto Biloslavo e Matteo Carnieletto
18 Agosto 2021
https://www.msn.com/it-it/notizie/video ... vi-AANqBON
«Sono vicini, a due passi da dove mi nascondo e stanno cercando casa per casa. Ho paura, ma vi mando una foto» è il coraggioso messaggio di un'eroina afghana, che sta scappando dall'Emirato talebano. L'immagine mostra un gruppo di armati che si prepara a rastrellare la zona. Non possiamo fare il suo nome e ancora meno rivelare dove si trova, ma pubblichiamo le sue parole, che rappresentano il grido di dolore di tutte le donne afghane che non vogliono tornare al Medioevo islamico. In attesa di evacuazione spera di riuscire a mettersi in salvo, ma scappare dall'Afghanistan è un'impresa, nonostante il ponte aereo che si sta rimettendo lentamente in moto dall'aeroporto di Kabul.
I talebani hanno annunciato che vogliono le donne nel governo e che potranno continuare a studiare indossando il velo e non il burqa. Ci crede?
«Hanno appena ucciso una donna a Kandahar perché era da sola e sono gli stessi che continuano ad appoggiare Al Qaida. Se rispettano le donne, perché entrano nelle case con una lista nera di attiviste che si battono per i diritti femminili? Sono bravi ad avere imparato come presentarsi in pubblico con la faccia buona, ma ne hanno due o tre diverse».
Come sta?
«Sono depressa, senza speranza e confusa. Non so cosa mi accadrà tra poche ore. Devo nascondermi perché sanno che sono ancora in Afghanistan. Controllano se risulto connessa su whatsapp. Non posso spegnerlo altrimenti rimango tagliata fuori dal mondo e da chi mi vuole aiutare».
Perché la cercano?
«Sono impegnata in un'associazione che si batte per i diritti delle donne e per proteggerle da ogni forma di violenza. Avevo già iniziato con il primo regime talebano a difendere le ragazzine cercando di istruirle perché allora l'insegnamento era bandito. A Herat sono stata in stretto contatto con gli italiani e anche con le vostre soldatesse. Abbiamo sviluppato tanti programmi a favore delle afghane».
Gli italiani si impegnavano in questo campo?
«La questione femminile era in cima alla lista degli interventi. Ora tutto questo scomparirà. Fin dall'inizio non credevamo negli accordi di pace di Dna (con gli insorti, nda). Abbiamo visto cosa è accaduto, ma tanti non accettano la legittimazione dei talebani».
Ha paura del nuovo Emirato?
«I talebani sono diventati più forti. Abbandonare l'Afghanistan è stato un crimine. Quelli che hanno collaborato con le truppe occidentali rischiano la testa. Si vive nell'incertezza, senza sapere cosa ti capiterà tra un'ora».
Secondo lei come si è arrivati a questo punto?
«Capisco che i paesi europei non potevano opporsi alla volontà americana o assumersi il peso di questa guerra sulle loro spalle. Ora, però, la mia vita è in pericolo, come quella dello staff che lavorava per l'associazione, e migliaia di ragazze saranno vittime di violenze. Non abbiamo più alcun posto sicuro dove vivere».
I talebani la vogliono arrestare?
«Hanno perquisito casa mia cercandomi come fossi una criminale. Per sei ore hanno preso in ostaggio un parente per scoprire dove mi trovassi. Dicono che i talebani sono cambiati, ma non è vero».
Si sente tradita dall'Occidente?
«La mia famiglia mi chiede: dove sono i tuoi amici? Qualcuno è venuto a salvarti?».
Non è in lista per l'evacuazione?
«Tutti dicono di sì, ma non so ancora nulla di preciso. Nessuno mi ha più contattato. Per fortuna sono scappata per evitare di venire arrestata».
Vuole lanciare un appello?
«Aiutatemi a mettermi in salvo. Vorrei venire in Italia non per chiedere asilo, ma per continuare a lavorare per le donne che rimangono in Afghanistan. Il mio obiettivo è battermi per la difesa dei diritti umani. Continuerò a farlo se avrò un visto per uscire dall'Afghanistan. Non voglio soldi, solo protezione, aiuto per lasciare il paese. I talebani possono arrivare da un momento all'altro alla mia porta. Se verrò uccisa sarà una grande vergogna per tutti».