Bastava seguire il piano di Trump per uscire dall’Afghanistan e non ci sarebbe stato il disastro di Biden New York Post
16 agosto 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... -di-biden/La sconfitta di Joe Biden riecheggerà per l’eternità
Le scene dall’Afghanistan sono esasperanti ed erano tragicamente prevedibili.
Non dovrebbe essere una sorpresa che Joe Biden e i geni che lo circondano abbiano fatto un totale disastro con il ritiro da quel paese dimenticato da Dio.
Guardate a tutto il resto che hanno incasinato.
Il suo primo atto appena entrato in carica è stato quello di smantellare le misure di protezione del confine duramente ottenute sotto l’era Trump. L’inevitabile ondata di immigrati illegali al confine meridionale si è trasformata in un’invasione incontrollata, con rischi per la sicurezza nazionale e la salute pubblica che sono destinati a rimanere nella Storia.
A questo punto possiamo dire con sicurezza che Joe Biden ha il tocco di re Mida al contrario.
In Afghanistan non doveva andare così.
Le umilianti scene dell’evacuazione degli americani dall’aeroporto di Kabul erano evitabili, così come lo spettro degli elicotteri americani, degli aerei, dei gipponi, delle armi e delle munizioni cadute nelle mani dei nostri nemici.
Ma Biden è stato colto alla sprovvista.
Poi sabato ha avuto la faccia tosta di incolpare Donald Trump: “Quando sono arrivato in ufficio, ho ereditato un accordo confezionato dal mio predecessore”.
Dal momento che il Segretario di Stato Antony Blinken lo ha ribadito durante il fine settimana, è venuto il momento per dire alcune verità scomode su questo argomento disonesto.
Ho chiesto al presidente Donald Trump domenica circa il piano che la sua amministrazione aveva per uscire dall’Afghanistan – che alla fine è stato ostacolato dagli stessi generali americani che hanno dato il via libera a quello di Biden.
“Non avremmo lasciato che la gente venisse massacrata”, ha detto Trump in modo chiaro. “Volevo andarmene. Ma bisognava andarsene in sicurezza e bisognava andarsene con rispetto…”.
“Avevamo ogni sorta di opzione… Tutti i civili dovevano evacuare prima dei militari. Tutti avrebbero dovuto essere fuori prima ancora che portassero fuori i nostri militari…”
“Avrei chiuso questa ridicola ambasciata per la quale avevamo speso un miliardo di dollari e avrei fatto uscire tutti…”
“Avrei fatto saltare in aria ogni base militare [prima di partire]. Avrei fatto fuori ogni singolo pezzo dell’equipaggiamento. Avevo detto che non volevo che rimanesse nulla [abbandonato] e di lasciare ad ogni soldato una pistola.”
L’ex presidente Donald Trump ha chiesto le dimissioni del suo successore, Joe Biden, il 15 agosto 2021, per la rapida caduta dell’Afghanistan per mano dei militanti Talebani. ERIC BARADAT/AFP via Getty Images
“Inoltre, avevo un atteggiamento verso i Talebani per cui sapevano che non gli sarebbe stato permesso di fare queste cose. Hanno capito che sarebbero stati colpiti molto duramente… Quello che ho avuto sono state conversazioni con la leadership [talebana] in cui ho detto che se farete qualcosa colpiremo i Talebani come non sono mai stati colpiti prima”.
Trump ha detto che ora i Talebani “non hanno più paura o rispetto per l’America”…
“È un terribile, terribile occhio nero per questo paese”.
“Siamo gli zimbelli. Il mondo intero non può più crederci”.
“E non c’era motivo di farlo”.
Il segretario di Stato di Trump Mike Pompeo, che ha iniziato a negoziare con i Talebani nel febbraio del 2020 per stabilire le condizioni di un ritiro degli Stati Uniti, ha confermato la versione degli eventi di Trump.
Pompeo era nella stanza quando Trump aveva avvertito l’alto negoziatore talebano, il mullah Baradar, che se anche un solo americano fosse stato ferito o minacciato, l’intera ira della potenza americana sarebbe piovuta su di loro.
“Non ci siamo mai fidati dei Talebani“, ha detto a Fox News Mike Pompeo. “Abbiamo chiarito abbondantemente… che non avremmo permesso loro di abbandonare qualsiasi accordo che avessero fatto. Li avremmo schiacciati, avremmo imposto loro dei costi reali. Non gli avremmo permesso di prendere questi capoluoghi di provincia. Hanno capito che il potere americano sarebbe arrivato fino al loro villaggio, alla loro comunità, ai loro amici e ai familiari”.
Potete scommettere che i Talebani credevano che Trump avrebbe mantenuto le sue minacce.
Biden visto durante una riunione con la vicepresidente Kamala Harris, il loro team di sicurezza e alti funzionari per apprendere gli aggiornamenti sulla situazione in Afghanistan. Twitter @WhiteHouse/Handout via REUTERS
Nel frattempo, dov’era il Joe Biden mentre Kabul cadeva? In silenzio. A farsi un’altra vacanza a Camp David. La Casa Bianca ha twittato un fermo immagine di lui che prende appunti mentre guarda una video conferenza del suo team sulla sicurezza nazionale. Molto rassicurante.
Il popolo americano voleva uscire dalla guerra ventennale in Afghanistan, ma aveva il diritto di aspettarsi che l’uscita fosse gestita con competenza.
Jake Tapper della CNN ha chiesto al Segretario di Stato di Biden domenica perché l’amministrazione Biden non abbia evacuato le persone prima di ritirare i militari.
È una domanda, ha chiesto Tapper, “di quanto male sia stato fatto. L’idea che il presidente Biden abbia ordinato che 2.500 militari si ritirassero e ora ne stia mandando altri 5.000 di nuovo dentro [per evacuare la gente rimasta indietro], non dimostra forse che l’uscita è stata pianificata in modo inadeguato?“
Anthony Blinken semplicemente non aveva una risposta. Continuava a cercare di incolpare Trump o di fingere che l’unica alternativa a questa debacle autoinflitta fosse una “guerra per sempre”.
Quanto sembra assurda la presunzione di Biden ora, quando si aggirava per il G7 a giugno dicendo a chiunque volesse ascoltarlo che “l’America è tornata” e che aveva ripristinato da solo la leadership globale e la credibilità dell’America dopo che Trump l’aveva rovinata.
Si è solamente preoccupato di rendere l’America un posto meno sicuro. Sta “wokificando” i militari, iniettando il veleno della Teoria critica della razza e dell’ideologia transgender per dividere le truppe, mentre lancia una caccia alle streghe per identificare qualche mitologico “nemico interno”.
Sembra solo ieri da quando il gen. Mark Milley, presidente dei Capi di Stato Maggiore, abbaiava ad un membro repubblicano del Congresso sul “suprematismo bianco“.
Questa amministrazione illegale ed incapace ha causato danni incalcolabili a una incredibile velocità, circa sette mesi. Questi non sono errori da cui ci si possa riprendere. Avranno implicazioni per il futuro.
Afghanistan, Biden pubblica foto della videoconferenza con l'Intelligence. È bufera: «Svelata l'identità degli agenti»Riccardo De Palo
Lunedì 16 Agosto 2021
https://www.ilmessaggero.it/mondo/biden ... 41024.htmlLa Casa Bianca ha diffuso una foto su Twitter del presidente Joe Biden, durante una riunione online con i suoi responsabili dei servizi segreti, in cui si vedevano chiaramente i volti delle persone che venivano interpellate (oltre alla vicepresidente Kamala Harris, anche agenti della Cia e altri funzionari non specificati di stanza a Doha, nel Qatar). La foto è stata scattata dal fotografo del presidente, e poi postata sui social. Ma molti, su Twitter, hanno espresso critiche pesanti: se si tratta di agenti sotto copertura, che necessitano dell’incolumità per poter operare, perché le loro facce, ben visibili, sono state mostrate sullo schermo?
La polemica su Twitter
Un utente ha chiesto: «Ma davvero lei, signor presidente, sta mostrando le centrali della Cia e di Doha»? Altri hanno accusato Biden di avere messo a rischio la Cia “identificando” alcuni agenti. Altri invece hanno difeso il presidente, escludendo che possa essere stata commessa una leggerezza del genere. Ma, in mancanza di una smentita ufficiale, il dubbio a molti rimane.
Dall'11 settembre al Ferragosto di Kabul
Biden in questi giorni è stato criticato sia da destra che da sinistra, per il ritiro dall’Afghanistan che sta lasciando i suoi cittadini in balia dei talebani. Ma va fatta chiarezza sugli eventi, e sgombrare il campo dalle fake news. Da poco meno di vent’anni, all’indomani dell’11 settembre, gli Usa hanno mosso guerra ai talebani per rispondere all’attacco alla due Torri che causò quasi tremila morti. Certo, si parlava anche - tra le ragioni della guerra - della necessità di salvare la popolazione (soprattutto le donne) da un regime oscurantista e di stampo medievale. Ma questa era, in gran parte, propaganda. La ragione principale era colpire i centri del terrore di Al Qaeda che aveva organizzato il triplice dirottamente aereo, e il suo capo Osama bin Laden.
Secondo l’accordo stipulato dall’ex presidente Donald Trump - che oggi chiede le dimissioni di Biden - le truppe americane avrebbero dovuto ritirarsi lo scorso primo maggio. Il suo successore ha soltanto ritardato l’effettivo ritiro. Il fallimento dell’intervento internazionale Nato (e quindi anche italiano) è stato strategico e culturale. L’America non è stata capace di comprendere la cultura afgana, e quindi di rendere comprensibili i propri obiettivi sociali: imporre la democrazia e i diritti umani. Questo ha fatto sì che gli Usa venissero visti, soprattutto nelle zone più arretrate e rurali, come una forza di occupazione. Ecco perché i talebani hanno potuto occupare tutto il Paese in pochi giorni, quasi senza sparare un colpo.
Lo stesso Biden è stato accusato di seguire le operazioni “in vacanza”. In realtà era nella residenza estiva di Camp David. E ha soltanto confermato una (pessima) decisione presa prima di lui.
Il disastro Usa in Afghanistan e le frasi che imbarazzano la Casa BiancaAutore Francesco Boezi
16 agosto 2021
https://it.insideover.com/guerra/il-dis ... ianca.htmlDistribuire giudizi per il fallimento occidentale in Afghanistan non è semplice, perché la decisione di lasciare quella nazione è stata presa tempo fa, ma adesso il Comandante in Capo è Joe Biden, dunque a lui vanno ascritte le responsabilità per la gestione della terribile crisi di questo periodo. Se non altro perché l’attuazione del ritiro è opera della sua amministrazione.
Per essere certosini, bisogna tornare ai tempi di Barack Obama. Era appena il 2014. La linea del disimpegno – come ricordato su Il Giornale – è partita da lì: “Grazie agli straordinari sacrifici dei nostri uomini e donne in uniforme, la nostra missione di combattimento in Afghanistan sta finendo e la guerra più lunga della storia americana sta arrivando a una conclusione responsabile”, aveva detto il primo presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti. Conosciamo come la realtà, con tutta la sua crudezza, abbia smentito di netto le convinzioni del leader Dem.
Poi è arrivato Donald Trump, che ha confermato quanto era stato disposto dal suo predecessore. L’ex inquilino oggi sgomita, affermando che, nel caso avesse trionfato alle presidenziali del novembre del 2020, le cose sarebbero andate in modo diverso: non esistono prove né controprove. The Donald, in queste ore, ha anche domandato a Joe Biden di dimettersi dalla Casa Bianca in virtù del disastro cui stiamo assistendo in queste ore. Trump, comunque, si era incaponito a sua volta sulla necessità di lasciare l’Afghanistan, pure in funzione della linea non interventista che il tycoon ha perseguito durante il suo mandato.
Oggi Biden cerca di scaricare le colpe addosso al suo rivale, ma anche il Wall Street Journal ha criticato l’atteggiamento assunto dal presidente degli Stati Uniti d’America: “Come se Winston Churchill, con le sue truppe accerchiate a Dunkerque, avesse dichiarato che Neville Chamberlain lo aveva messo in questo pasticcio e gli inglesi avevano già combattuto troppe guerre nel continente”, si legge sul quotidiano.
Il clima statunitense, insomma, non sembra sorridere a Joe Biden ed alle modalità scelte dal leader Dem per affrontare un dossier che rischia di sconvolgere il mondo. E poi, in relazione alle scelte compiute mentre Kabul capitola, possono essere elencate alcune frasi, tutte recenti, che svelano quanto il Comandante in Capo ed il segretario di Stato siano arrivati impreparati all’appuntamento con la storia. Prima, però, facciamo un piccolo salto all’indietro. Era il 2009 e, come riporta l’Ispi, addirittura scavalcando la presa di posizione di Obama, Joe Biden si schierava per un abbandono precoce dell’Afghanistan. La minimizzazione dei rischi ha origini antiche. E Biden, se possibile, ha azzardato più degli altri “colleghi”. Veniamo così ad oggi.
Circola ormai ovunque la frase riguardante l’evacuazione dei diplomatici americani. Come ripercorso pure da Il Corriere della Sera, è passato un solo mese da questa pronuncia di Biden: “Scene come in Vietnam? No, non vedremo le persone evacuate dal tetto di un’ambasciata Usa”. Invece, com’è noto, è successo proprio quanto Biden aveva escluso nella maniera più categorica possibile. Un errore di valutazione che non è il solo ad aver accompagnato il vertice statunitense nei primi mesi di presidenza. Come specificato da Formiche, infatti, Biden si diceva anche sicuro che l’esercito afghano, quello che era stato preparato ed addestrato dalle forze occidentali, sarebbe stato preparato ad affrontare l’offensiva dei talebani: “Sono fiducioso che oggi l’Afghanistan, grazie al nostro aiuto e addestramento, abbia delle forze armate capaci di fronteggiarli”, aveva fatto presente. Non è andata così.
Ma Biden non è il solo ad avere la palla tra i piedi adesso. Il segretario di Stato Antony John Blinken, oggi, si esprime, come rimarcato dall’Adnkronos, dicendo che “Eravamo lì per uno scopo ben preciso: bloccare chi ci ha attaccato l’11 settembre. Semplicemente, non è nel nostro interesse rimanere”. Blinken, per giustificare gli Stati Uniti, sta battendo sugli “obiettivi raggiunti”. Ma quella frase circola tra le dichiarazioni del segretario di Stato da almeno aprile scorso, quando la ripresa dei talebani era già ipotizzata. “Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo prefissati. E ora è il momento di portare a casa la nostra forza”, rendeva noto il segretario di Stato, nel mese indicato, come si legge ancora su Rai News.
L’indebolimento occidentaleNiram Ferretti
16 Agosto 2021
http://www.linformale.eu/lindebolimento-occidentale/“Non è chiaro cosa abbiano guadagnato gli Stati Uniti con il ritiro della piccola, economica ed efficace forza deterrente rimasta in Afghanistan a sostengno delle forze di sicurezza. È inquietantemente ovvio ciò che abbiamo perso: prestigio nazionale, ingenti somme di capitale politico, credibilità sulla scena mondiale e, cosa più tangibile, la nostra sicurezza. Il mondo è molto più pericoloso oggi di quanto lo fosse solo 72 ore fa”.
Così scrive Noah Rothman oggi su Commentary. La disfatta americana dall’Afghanistan, dopo un impegno durato vent’anni, il dispiegamento di enormi risorse economiche e la perdità di soldati, è una di quelle evidenze che si impongono in modo perentorio. Ma la disfatta americana non è solo degli Stati Uniti, si porta dietro l’idea fasulla e illusoria che l’Occidente possa impiantare i suoi valori in un mondo a loro refrattario e che li ha infine rigettati.
«Volevamo costruire un Paese dotato di una struttura democratica, non ci siamo riusciti. Non c’è stato alcun collegamento tra le forze armate afgane e il popolo, non ha funzionato come pensavamo». Così ha dichiarato Angela Merkel, a certificare il fallimento dell’esportazione della democrazia, ovvero del trapianto di una pianta che non può fiorire in un terreno a lei avverso, nonostante fertilizzanti e irrigazioni. La pianta che invece è cresciuta e nel frattempo si è irrobustita è quella talebana. Gli sconfitti oggi hanno preso il sopravvento, l’Emirato islamico rinasce dalle sue ceneri e l’Afghanistan si appresta a diventare un punto di riferimento per il jihadismo sparso in Asia, Africa, Pakistan, Medioriente, Filippine. Coloro che combattono perchè si imponga sugli infedeli il dettato coranico voluto da Maometto potranno contare ora che il sogno califfale di Al Baghdadi sembra tramontato, sul suo sostituto afghano, più provinciale e limitato, ma non per questo meno efficace nel promuovere l’Islam nella sua vocazione più rigorista e letterale.
Tuttavia il fallimento dell’esportazione della democrazia non significa che bisogna rinunciare a sostenere un governo che, per quanto corrotto e debole, rappresentava un argine agli estremisti.
Gli Stati Uniti si ritirano ottenendo il vantaggio di portare a casa i pochi soldati rimasti e di non continuare più a immettere denaro per finanziare una impresa fallita (mentre continuano a farlo in Medioriente con l’Autorità Palestinese, a cui l’amministrazione Biden ha ripreso a versare soldi), ma lasciando così il campo aperto al crescere di forze avverse e al probabile ingresso della Cina, la quale vede nell’Afghanistan il secondo lato del triangolo che ha nel terzo il Pakistan e al vertice se stessa.
Il disimpegno americano in Afghanistan è un’ulteriore tappa della linea d’azione intrapresa dall’amministrazione Obama e da quella Trump e che è riassumibile nella rinuncia a inviare corpi combattenti all’estero in luoghi ignoti alla maggioranza degli americani e assai poco lucrosi per i vantaggi elettorali. Ma là dove una forza arretra, un’altra avanza, così è stato in Siria (dove gli Stati Uniti sono stati presenti marginalmente), in Iraq e ora in Afghanistan. Si tratta di forze ostili alla costellazione occidentale nella sua globalità e di cui, gli Stati Uniti, dalla fine della Prima guerra mondiale hanno progressivamente rappresentato il vertice e la garanzia.
L’11 settembre insegna che là dove ci si crede trincerati nella propria sicurezza domestica ci si può scoprire improvvisamente enormemente vulnerabili. Quando il paese più potente dell’Occidente rinuncia a tutelarla fuori dalle proprie mura non indebolisce solo se stesso ma anche i suoi alleati.
Il presidente degli Stati Uniti: "America non combatte una guerra civile che l'esercito afghano non vuole combattere"Biden: "Basta sacrificare soldati Usa per Afghanistan"
16 agosto 2021
https://www.adnkronos.com/afghanistan-b ... YLpCwvjTu1 "È sbagliato chiedere ai soldati americani di combattere una guerra civile che l'esercito afghano non vuole combattere. Quante altre vite, vite americane, dovremmo sacrificare? Sarò chiaro nella mia risposta, non ripeterò gli errori del passato: restare e combattere indefinitamente non è nell'interesse nazionale degli Stati Uniti". Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, dalla Casa Bianca prende la parola sull'Afghanistan, controllato ora dai talebani. Biden ritiene corretta la decisione di ritirare le truppe dal paese asiatico. " La nostra missione in Afghanistan non ha mai mirato a costruire una nazione. Non era previsto che creassimo una democrazia centralizzata e unita. Il nostro unico interesse rimane quello che è sempre stato: evitare un attacco terroristico sul suolo americano. Siamo andati in Afghanistan quasi 20 anni fa con obiettivi chiari: colpire chi ci aveva attaccato l'11 settembre 2001 e asssicurarci che al Qaida non usasse l'Afghanistan come base. Lo abbiamo fatto. Non abbiamo mai smesso di dare la caccia a Bin Laden e lo abbiamo ucciso, dieci anni", aggiunge.
"Quando ho assunto l'incarico, ho ereditato l'accordo negoziato dal presidente Trump con i talebani: le forze americane avrebbero dovuto lasciare l'Afghanistan il primo maggio 2021, 3 mesi dopo il mio insediamento. Le forze americane erano state già ridotte durante l'amministrazione Trump. La scelta che ho dovuto fare da presidente era rispettare l'accordo o prepararmi a combattere i talebani: non ci sarebbe stato nessun cessate il fuoco dopo il primo maggio, non ci sarebbe stato nessun accordo per proteggere i nostri militari dopo il primo maggio, nessuna stabilità senza vittime americane dopo il primo maggio. Si trattava di rispettare l'accordo e arrivare ad un'escalation del conflitto, mandando migliaia di americani in Afghanistan per una guerra che sarebbe entrata nel terzo decennio", aggiunge il presidente degli Stati Uniti.
"Non cambio assolutamente idea rispetto alla mia decisione. Dopo 20 anni, ho imparato che non è mai il momento giusto per ritirare i soldati americani", dice prima di puntare il dito contro "i leader politici dell'Afghanistan" che "hanno lasciato il paese. L'esercito afghano è collassato. I soldati americani non possono e non devono combattere e morire per una guerra che le forze afghane non vogliono combattere. Abbiamo speso oltre un trilione di dollari per addestrare e armare le forze afghane, incredibilmente equipaggiate e più numerose degli eserciti di molti nostri alleati Nato: gli abbiamo dato ogni strumento, abbiamo pagato i loro stipendi, abbiamo garantito l'efficacia della loro aviazione, qualcosa che i talebani non hanno. Non abbiamo potuto dar loro la volontà di combattere per il loro futuro", afferma Biden.
"È sbagliato chiedere ai soldati americani ciò che gli afghani non farebbero. La presenza di soldati americani non farebbe differenza per un anno, 5 anni o 20 anni" se le forze armate afghane non sono disposte a combattere. "Quante altre generazioni di figli e figlie americane avrei dovuto mandare per combattere la guerra civile afghana quando l'esercito afghano non vuole combatterla? Quante vite americane" bisogna sacrificare? "Io non ripeterò errori fatti in passato, con guerre combattute all'infinito" senza che ci fosse "un interesse americano" in gioco.
Quindi, il messaggio ai talebani: "Difenderemo il nostro popolo con forza devastante, se necessario", dice Biden, assicurando che Washington risponderà in modo "veloce e potente" se i talebani attaccheranno cittadini americani o cercheranno di interrompere il ponte aereo dall'aeroporto di Kabul.
No, Biden non può incolpare Trump per il disastro del ritiro dall’AfghanistanThe Federalist
17 agosto 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ghanistan/ Sotto il comando diretto di Biden, i Talebani si sarebbero impadroniti di centinaia di Humvee – veicoli protetti contro le imboscate e resistenti alle mine – e diversi droni da milioni di dollari.
Mentre l’amministrazione Biden ha già tentato di spostare la colpa su Donald Trump per le scene che vengono dall’Afghanistan, Joe Biden è il responsabile sia della decisione di lasciare il paese sia del catastrofico ritiro che ha personalmente supervisionato in quanto Comandante in Capo delle forze armate americane.
“Quando sono entrato in carica, ho ereditato un accordo confezionato dal mio predecessore – che ha invitato i Talebani a discutere a Camp David alla vigilia dell’11 settembre del 2019 – che ha lasciato i Talebani nella posizione militarmente più forte dal 2001 e che aveva imposto una scadenza per il 1° maggio del 2021 alle forze statunitensi”, ha detto Biden in una dichiarazione rilasciata sabato.
“Pertanto, quando sono diventato presidente, mi sono trovato di fronte ad una scelta: seguire l’accordo, con una breve proroga per far uscire in sicurezza le nostre forze e quelle dei nostri alleati, o aumentare la nostra presenza e inviare altre truppe americane a combattere ancora una volta nel conflitto civile in un altro paese”, ha sostenuto Joe Biden nella dichiarazione scritta.
Joe Biden non era maggiormente vincolato dall’accordo dell’ex presidente Trump con i Talebani di quanto Trump fosse tenuto a rispettare l’accordo con l’Iran fatto dall’ex presidente Barack Obama, noto in precedenza come Joint Comprehensive Plan of Action. Nessuno dei due accordi ha vincolato i futuri presidenti perché nessuno dei due accordi è stato presentato al Senato per la ratifica.
Come attuale Comandante in Capo, Biden aveva il potere di decidere ogni aspetto della decisione di ritiro. Infatti, Biden aveva già esteso la scadenza prevista da Trump del 1° maggio 2021 al mese di settembre, e se avesse ritenuto i Talebani troppo forti, il governo dell’Afghanistan troppo debole, o la decisione di ritiro del tutto fuori luogo, l’attuale Comandante in Capo avrebbe potuto cambiare rotta.
Non l’ha fatto perché non voleva farlo.
Al contrario, Biden non si è mai fatto scrupolo ad eseguire delle brusche inversioni di rotta quando le posizioni politiche di Trump sono entrate in conflitto con quelle della sua amministrazione.
Nel suo primo giorno in carica, per esempio, Biden si è unito ufficialmente all’accordo di Parigi sul clima, dal quale l’ex presidente Trump si era ritirato. L’amministrazione Biden ha poi rinunciato alle sanzioni sull’Iran nel tentativo di riavviare l’accordo sul nucleare iraniano. Biden ha invertito il divieto di Trump che impediva ai transgender di servire nell’esercito ed ha lanciato la c.d. “politica di Città del Messico” per riavviare il finanziamento delle organizzazioni internazionali che promuovono o forniscono gli aborti.
L’amministrazione Biden ha anche invertito diverse politiche estremamente efficaci adottate da Donald Trump per affrontare la crisi migratoria al confine, compresa la decisione di usare l’autorità del Titolo 42 per espellere gli stranieri in Messico o nel loro paese d’origine, data la crisi di salute pubblica provocata dal COVID-19. Biden ha anche abbandonato la politica dell’ex presidente del “Remain in Mexico” che impediva agli stranieri illegali di fuggire negli Stati Uniti in attesa delle udienze sull’immigrazione. Queste inversioni di rotta hanno rapidamente portato all’attuale crisi migratoria da record al confine meridionale.
Se Biden credeva che fosse nell’interesse dell’America rimanere in Afghanistan più a lungo, per un altro anno o anche per un altro mese soltanto, come Comandante in Capo avrebbe potuto tranquillamente prendere quella decisone.
Inoltre, anche se andarsene ora è nell’interesse dell’America, Biden ha la piena responsabilità della sua fallimentare esecuzione del ritiro. Sotto il comando di Biden, i Talebani si sono impadroniti di centinaia di Humvee – dei veicoli protetti per affrontare le imboscate e resistenti alle mine – e di diversi droni statunitensi da milioni di dollari.
Nessuno tranne Biden è da biasimare se l’amministrazione è stata “chiaramente presa alla sprovvista dalla rapida avanzata dei Talebani negli ultimi giorni, quando il gruppo militante islamico ha preso il controllo di una serie di capoluoghi provinciali in tutto il paese ed ha circondato Kabul”, costringendo Biden a far accorrere migliaia di truppe in più in Afghanistan solo per evacuare in sicurezza il personale americano e della ambasciata due settimane prima della scadenza del 31 agosto che Biden aveva annunciato per il ritiro di tutte le forze statunitensi dall’Afghanistan.
C’è molto da discutere sul coinvolgimento degli Stati Uniti in una guerra ventennale in Afghanistan, ma dovrebbe essere chiaro a tutti che Biden ha sbagliato tutto sul ritiro.
L’unica domanda che rimane è esattamente quanto abbia fatto male.
Margot Cleveland è una collaboratrice senior di The Federalist. Ha servito per quasi 25 anni come assistente legale presso un giudice d’appello federale ed è una ex full-time faculty member ed adjunct instructor presso il College of Business dell’Università di Notre Dame.
Tucker Carlson: Dobbiamo ritenere qualcuno responsabile di ciò che sta accadendo in Afghanistan17 agosto 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... ghanistan/Nonostante le affermazioni dell’amministrazione Biden, c’erano già stati segni di gravi problemi.
Questo articolo è adattato dal commento di apertura di Tucker Carlson dell’edizione del 1 Agosto 2021 di “Tucker Carlson Tonight”.
Questo è un momento sconcertante, come spesso sentiamo. Cosa sta succedendo esattamente? C’è uno schema, se vi guardate intorno per un momento, potreste notare cose che si sommano: pompe di benzina, inflazione, criminalità a spirale, città che crollano. Se avete più di 40 anni, potrebbe sembrarvi familiare. Sono gli anni ’70, ma senza la libertà di parola e con Brezhnev a capo del nostro governo e, come se potesse essere più perfetto, ora potremmo avere un’altra caduta di Saigon. Ricordate la caduta di Saigon?
Se stavate guardando la televisione nell’aprile del 1975, il 30 aprile, ve la ricorderete bene. Fu il singolo giorno più umiliante della storia degli Stati Uniti all’estero. Funzionari americani che fuggivano terrorizzati mentre un esercito di contadini entrava nella capitale, civili disperati che si aggrappavano ai montanti degli elicotteri mentre decollavano dal tetto dell’ambasciata degli Stati Uniti. Fu un disastro completo. Fu una totale sconfitta ignominiosa. Avevamo passato più di un decennio in Vietnam e alla fine avevamo perso. Quindi, indipendentemente da quello che si pensava riguardo a quella guerra, è stato doloroso vederlo accadere e nessuno voleva vederlo di nuovo. Il mese scorso Joe Biden aveva promesso che non l’avremo rivisto mai più.
REPORTER: “Alcuni veterani del Vietnam vedono echi della loro esperienza in questo ritiro in Afghanistan. Vede qualche parallelo tra questo ritiro e quello che è successo in Vietnam?”
JOE BIDEN: “Nessuno. Zero. Avete visto intere brigate che sfondavano i cancelli della nostra ambasciata. Sei, se non mi sbaglio. I Talebani non sono il Sud… l’esercito nordvietnamita. Non sono e non sono neanche lontanamente paragonabili in termini di capacità. Non ci sarà nessuna circostanza in cui vedrete persone sollevate dal tetto di un’ambasciata degli Stati Uniti dall’Afghanistan. Non è affatto paragonabile.”
Sì, non è paragonabile. La differenza, ci ha detto Joe Biden, è che in Afghanistan possiamo contare sulle forze di sicurezza afgane per tenere a bada i selvaggi. Non si tratta di truppe d’assalto. Hanno ricevuto miliardi di dollari di tasse americane per 20 anni. E a proposito, sono stati addestrati da Mark Milley. Ora è il presidente dei Capi di Stato Maggiore. Quindi siamo a posto. Non preoccupatevi.
Il mese scorso, lo stesso Mark Milley ha dato il suo personale timbro di approvazione alle forze di sicurezza afgane.
MARK MILLEY: “Le forze di sicurezza afgane hanno la capacità di combattere e difendere sufficientemente il loro paese, e noi continueremo a sostenere le forze di sicurezza afgane dove necessario, in conformità con la guida del presidente e del segretario della difesa. Il futuro dell’Afghanistan è nelle mani del popolo afgano. E ci sono una serie di possibili risultati in Afghanistan. E voglio sottolineare ripetutamente, e l’ho detto prima, un risultato negativo, una presa di potere militare automatica dei Talebani non è affatto una conclusione scontata.”
Non è una conclusione scontata, in realtà, a questo punto, una presa di potere militare da parte dei Talebani comincia a sembrare una conclusione scontata. I combattenti Talebani hanno ora il controllo della maggior parte del paese, compresa la seconda città più grande, Kandahar. Il governo, nel frattempo, controlla solo circa il 15% dei distretti in Afghanistan.
I Talebani hanno ormai isolato la capitale, Kabul. A questo punto, sono a 30 miglia di distanza (al 13 Agosto, n.d.r.). Gli analisti dicono che Kabul potrebbe cadere entro pochi giorni. In questo momento, migliaia di truppe americane sono in viaggio per evacuare l’ambasciata americana. I nostri elicotteri hanno volato in città proprio questo pomeriggio. Non sono ancora sul tetto, ma è presto.
La cosa divertente è che Mark Milley non sembra aver visto arrivare nulla di tutto questo. La sua vera competenza, come ha spiegato recentemente al Congresso, è una cosa chiamata “rabbia dei suprematisti bianchi”. I Talebani, al contrario, sono leggermente più abbronzati, quindi non sembravano così pericolosi come, diciamo, i manifestanti del 6 gennaio. No, i Talebani hanno votato per Donald Trump, quindi Mark Milley li ha naturalmente sottovalutati. Ma altri hanno visto molto chiaramente cosa stava arrivando.
Tre anni fa, l’ispettore generale per la ricostruzione afgana aveva scoperto che il governo afgano controllava o aveva influenza solo su metà del paese. Tutto qui. In altre parole, l’Afghanistan è instabile da molto tempo. Da sempre, in realtà. Eppure il Pentagono ci ha ripetutamente detto il contrario. “Ora siamo sulla strada giusta”, ha detto Jim Mattis nel 2010. Quattro anni dopo, un altro generale ha detto che “le forze di sicurezza nazionali afgane stanno vincendo”. Così, sulla base di queste fiduciose valutazioni, i funzionari di Washington hanno speso più di 130 miliardi di dollari per la ricostruzione della nazione.
Da una certa prospettiva, è più di quanto abbiamo speso per l’intero Piano Marshall in Europa dopo che il mondo è stato distrutto nel 1945. Quindi dovete chiedervi: dove sono finiti tutti quei soldi? Il Pentagono, naturalmente, non è sicuro di dove siano andati tutti quei soldi, ma i documenti interni suggeriscono che siano stati sprecati.
Gli Afghanistan Papers, ve li ricordate? Chiariscono che molti di quei soldi sono andati alle persone più corrotte del paese. Quei documenti mostrano che solo circa 2 reclute afgane su 10 nelle favolose forze di sicurezza afghane sapevano leggere o scrivere. Questo significava, tra le altre cose, che non potevano seguire gli ordini in modo affidabile, e a quanto pare, non lo hanno fatto. Per anni.
Nel frattempo, i comandanti afgani hanno abitualmente intascato i soldi dei contribuenti dagli Stati Uniti con i cosiddetti “soldati fantasma”. Queste sono truppe che apparivano sul libro paga ma in realtà non esistevano. Una recente valutazione ha scoperto che tra il 50 e il 70% delle posizioni di polizia in alcune province afgane non erano realmente esistenti. Non c’erano persone. Esistevano solo sulla carta. Mark Milley lo sapeva? E le truppe che esistevano a volte usavano le loro armi per commettere crimini o sparare alle truppe americane o agli stessi funzionari.
Un osservatore norvegese ha stimato che più del 30% delle reclute della polizia afgana avrebbe usato le proprie armi in dotazione per creare “propri posti di blocco privati per estorcere i viaggiatori”. Tra il 2007 e il 2013, gli attacchi interni prevenienti dalle stesse forze afgane hanno ucciso o ferito centinaia di truppe della coalizione. Questi erano i segni che ci fosse già un grave problema.
Altri soldati, di nuovo, con i soldi che abbiamo mandato loro, hanno iniziato ad abusare sessualmente dei bambini. Secondo un pezzo del New York Times, “l’abuso sessuale dilagante di bambini è stato a lungo un problema in Afghanistan, in particolare tra i comandanti armati che dominano gran parte del paesaggio rurale e possono fare i prepotenti con la popolazione”.
La pratica si chiama “bacha bazi“. Letteralmente, ‘boy play‘, e i soldati americani e i marines sono stati istruiti a non intervenire, in alcuni casi, nemmeno quando i loro alleati afgani hanno abusato di ragazzini nelle basi militari.
Quindi tutto questo stava accadendo – abusi sessuali nelle nostre basi militari americane – ma il Pentagono ha detto pubblicamente che tutto stava andando secondo i piani. Così si può capire perché questa situazione arrivi come una sorpresa per quelli di noi che hanno preso quelle rassicurazioni per buone.
Infatti, solo un paio di giorni fa che il top flack al Pentagono, il sempre più ridicolo John Kirby, insisteva che l’esercito americano avesse trasformato l’Afghanistan in una sorta di “utopia progressista” a Santa Monica in montagna.
JOHN KIRBY: “Ho osservato questo sin dal primo momento, subito dopo che il presidente ci ha dato l’ordine di ritirarci. Abbiamo certamente osservato ciò che i Talebani stavano facendo. Abbiamo notato – ed abbiamo notato con grande preoccupazione – la velocità con cui si sono mossi, e la mancanza di resistenza che hanno affrontato. E non siamo stati altro che onesti su questo.”
Così oggi, John Kirby ha invitato il popolo dell’Afghanistan a sollevarsi e combattere per la giustizia sociale che abbiamo portato loro, la vittoria dei diritti delle donne che il governo afgano ha assicurato. Giusto.
Nel frattempo, il paese reale, a parte i nostri progetti di ingegneria sociale, sta crollando a gran velocità. Quindi ci sono decine di milioni di dollari, forse anche centinaia di milioni, di veicoli resistenti alle mine, gli Humvee, e di droni che il Pentagono ha lasciato in Afghanistan. E tutto questo ora appartiene ai Talebani.
Eppure in qualche modo l’amministrazione Biden sta ancora fingendo di avere delle opzioni, di essere ancora al comando. L’ambasciata americana a Kabul ha inviato questo tweet: “Stiamo sentendo ulteriori rapporti di esecuzioni talebane, di truppe afgane che si arrendono, profondamente inquietanti e potrebbero costituire crimini di guerra”.
Crimini di guerra. Divertente. Allora, quando inizieranno i tribunali? Chi dirigerà i tribunali? Potremmo aver bisogno di invadere di nuovo l’Afghanistan. Ma invece, ecco un’altra idea, cerchiamo di capire come è successo. Come abbiamo speso in 20 anni trilioni di dollari e migliaia di vite americane per finire assolutamente con nient’altro che altre umiliazioni? Uomini delle tribù pashtun che ci sparano con le nostre armi mentre noi scappiamo? Questa è la definizione di disastro.
Quindi, piuttosto che lamentarci e basta, per una volta riteniamo qualcuno responsabile di qualcosa. Metà del Dipartimento di Stato di Biden ci ha messo più una mano nella nostra politica fallimentare in Afghanistan, eppure sono ancora tutti impiegati lì. Perché?
Il Pentagono avrebbe dovuto costruire un esercito nazionale in Afghanistan funzionale e funzionante, per proteggere il governo, che noi abbiamo installato. Ma non l’hanno fatto.
Quindi la gente non ha fatto il proprio lavoro e poi ha mentito sul fatto di non aver fatto il proprio lavoro. Ma indossano ancora l’uniforme del nostro paese. Perché è così? Bella domanda.
Così, per la prima volta dopo tanto tempo, forse potremmo chiedere conto ai nostri leader delle calamità che hanno causato. Non è semplicemente una questione di giustizia, però. È sicuramente che è l’unico modo per evitare che disastri come questo si ripetano.
In Afghanistan gli Stati Uniti, la superpotenza mondiale emblema dell'Occidente laico e democratico, si sono arresi ai terroristi islamici dei Taliban che ottemperano letteralmente e integralmente ad Allah e a Maometto. La conseguenza devastante per tutti noi è che la percezione di una epocale vittoria dell'islam scatenerà l'attività degli Stati islamici, dei movimenti politico-religiosi e dei gruppi terroristici per accelerare la conquista dell'Europa e del Mondo liberoMagdi Cristiano Allam
Mercoledì 18 agosto 2021
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 6788218042Cari amici, dopo l'11 settembre 2001, il 15 agosto 2021 rappresenta un nuovo spartiacque della nostra Storia contemporanea. In Afghanistan gli Stati Uniti, la superpotenza mondiale emblema dell'Occidente laico e democratico, si sono arresi ai terroristi islamici dei Taliban che ottemperano letteralmente e integralmente ad Allah e a Maometto. La conseguenza devastante per tutti noi è che la percezione di una epocale vittoria dell'islam scatenerà l'attività degli Stati islamici, dei movimenti politico-religiosi e dei gruppi terroristici per accelerare la conquista dell'Europa e del Mondo libero.
Si tratta di una vittoria epocale dell'islam ed una resa totale dell'Occidente laico e liberale perché il ritorno trionfante a Kabul dei Taliban, letteralmente «Studenti della Sharia», e la riesumazione del sedicente «Emirato Islamico dell'Afghanistan», è il compimento di un processo politico e negoziale intrapreso dagli ultimi quattro Presidenti degli Stati Uniti.
Ad avviarlo fu nel 2005 George W. Bush, il Presidente che aveva subìto la tragedia dell'11 settembre 2001 e scatenato la guerra in Afghanistan. Dopo aver preso atto dell'insuccesso nello sconfiggere Al Qaeda e di fronte alla necessità di abbattere drasticamente i costi della Difesa, Bush con l’allora Premier britannico Tony Blair fecero un accordo segreto con i «Fratelli Musulmani», movimento estremista islamico nato in Egitto nel 1924 che, al pari di Al Qaida e dell'Isis, mira a imporre l'islam ovunque nel mondo, ma preferibilmente attraverso la proliferazione delle moschee, scuole coraniche, enti sociali e istituzioni finanziarie islamiche, senza escludere il terrorismo come fa Hamas che rappresenta i «Fratelli Musulmani» nei Territori palestinesi. Ebbene in virtù dell'accordo segreto con Bush e Blair nel 2006 i Fratelli Musulmani parteciparono per la prima volta alla vita politica in Medio Oriente. In Egitto entrarono con 88 deputati in Parlamento. Nei Territori palestinesi Hamas vinse le elezioni legislative e si aggiudicò la guida del Governo della cosiddetta «Autorità Nazionale Palestinese». E fu sempre Bush nel 2007 ad avviare dei negoziati con i Taliban per il tramite dell'allora Presidente afghano Hamid Karzai.
Barack Hussein Obama il 6 giugno 2009 legittimò l'islam come religione totalmente compatibile con la nostra civiltà occidentale, nel discorso all'Università del Cairo in cui disse: «America e Islam si sovrappongono, condividono medesimi principi e ideali, il senso di giustizia e di progresso, la tolleranza e la dignità dell'uomo». Nel 2011 Obama sostenne le cosiddette «Primavere arabe» che posero fine a dei regimi laici e favorirono l'ascesa al potere di esponenti dei «Fratelli Musulmani», che conquistarono la Presidenza della Repubblica in Egitto, erano a un passo dal monopolizzare il potere in Tunisia e Libia, mentre in Siria scatenarono una sanguinosissima guerra civile. In questa strategia Obama si affidò totalmente alla Turchia di Erdogan e al Qatar, rispettivamente i principali sostenitori politico e finanziario dei «Fratelli Musulmani».
Il 29 febbraio 2020 è stato Donald Trump a sottoscrivere proprio a Doha nel Qatar l’accordo con i Taliban che pose formalmente fine alla guerra, stabilì un calendario per il ritiro delle forze statunitensi nell'arco di quattordici mesi, e lasciò ai Taliban la prerogativa di negoziare un accordo distinto con le fazioni afghane, suggellando di fatto la loro vittoria militare e la resa degli Stati Uniti. L'accordo fu sottoscritto dal delegato talebano Abdul Ghani Baradar e dal Segretario alla Difesa Mark Esper, alla presenza del Segretario di Stato Mike Pompeo e del Rappresentante statunitense per l’Afghanistan Zalmay Khalilzad.
Alla luce di tutto ciò è infondato attribuire all'attuale Presidente americano Joe Biden la responsabilità della resa degli Stati Uniti e della vittoria dei Taliban. «La scelta che avevo era proseguire l'accordo negoziato da Donald Trump con i Taliban o tornare a combattere», ha chiarito Biden, sostenendo di aver fatto «l'interesse nazionale»: «Ci sono sicuramente soldati coraggiosi in Afghanistan, ma se l'Afghanistan non vuole combattere contro i Taliban non possiamo farlo noi. Quanti altri caduti dobbiamo riportare? Non voglio commettere errori del passato. Questo conflitto non è nell'interesse nazionale degli Stati Uniti. Quando sono diventato Presidente ho preso un impegno con gli americani: che avrei posto fine alla guerra in Afghanistan. Non voglio lasciare questa incombenza al prossimo Presidente. So che la mia decisione verrà criticata, ma non possiamo rimanere lì in eterno».
Ciò che invece può essere attribuito a Biden è di aver lasciato l'Afghanistan nelle mani della Cina, che ora diventerà il principale alleato economico di un Paese ricchissimo di rame, litio, marmo, oro e uranio, una ricchezza mineraria stimata di oltre 1 trilione di dollari, cioè mille miliardi di miliardi di dollari. Questa enorme ricchezza non sfruttata contribuirà a fare della Cina la prima potenza economica mondiale.
L'altro aspetto rilevante nel successo dei Taliban è che di fatto l'islam è sempre stato il riferimento identitario dello Stato. La forma di Stato vigente fino allo scorso 15 agosto si chiamava «Repubblica islamica dell'Afghanistan» e la sua Costituzione sanciva che «nessuna legge può essere contraria ai principi e alle disposizioni della sacra religione dell’islam». Il ritorno all'Emirato Islamico dell'Afghanistan, che mette al centro la Sharia, la legge islamica fondata su ciò che Allah prescrive nel Corano e sulla Sunna, la raccolta dei detti e dei fatti attribuiti a Maometto, nella sostanza è più una continuità che non una rottura, perché le leggi e l'organizzazione sociale hanno continuato ad essere fondate sull’islam. Il cambiamento sarà più politico che religioso, per la precisione stiamo assistendo al passaggio dei Taliban dallo schieramento dei «fondamentalisti», che dicono e fanno solo ciò che è apertamente prescritto nel Corano, allo schieramento dei «Fratelli Musulmani», che usano la «takiya», la dissimulazione, strumentalizzando la modernità e la democrazia per imporre il potere islamico ovunque nel mondo. È in questo quadro che si spiega la concessione alle donne di non essere più imprigionate sotto la gabbia di stoffa del burqa e di poter indossare un abito anche a due pezzi che copre i capelli ma lascia libero l'ovale del volto, pur restando la donna un essere antropologicamente inferiore secondo i dettami dell'islam, e pur potendo accedere a taluni incarichi sociali sempre a condizione che non violino i limiti imposti dalla Sharia.
Cari amici, vent'anni dopo la conquista militare dell'Afghanistan, scopriamo che l'islam ha vinto una guerra epocale fondamentalmente sul piano religioso, identitario e politico, mentre l'Occidente è morto, privo di un'anima, senza la certezza di chi siamo, più che mai diviso politicamente e militarmente nonostante il fiume di denaro speso, 2.300 miliardi di dollari solo da parte degli Stati Uniti, e le migliaia di soldati uccisi, 2.300 solo gli americani. Come la Storia insegna, gli imperi e le civiltà non finiscono per la forza dei nemici ma per la propria intrinseca fragilità. L'Occidente è morto non per la forza dei Taliban, ma per la sua ormai inconsistenza. Non è stato un omicidio ma un suicidio. Noi tutti oggi, ovunque in Europa e nel Mondo libero, rischiamo di essere sottomessi all'islam non tanto perché gli islamici sono forti, ma perché siamo a tal punto deboli che ci vergogniamo di chi siamo sul piano delle nostre radici, fede, identità, valori, regole e leggi, con la conseguenza che non sappiamo più farci rispettare dentro casa nostra, finendo per trasformarci in una terra di tutti e di nessuno. Il vuoto che noi stessi abbiamo creato verrà inesorabilmente colmato dai più agguerriti, determinati, violenti. Per prevenire che l'Europa e il Mondo libero facciano la fine dell'Afghanistan, dobbiamo fortificarci dentro, acquisendo la certezza e l'orgoglio di chi siamo, diventando pienamente noi stessi dentro casa nostra, esigendo che tutti, compresi i musulmani, si comportino né più né meno come sono tenuti a comportarsi tutti i cittadini, rispettando le stesse leggi, ottemperando alle stesse regole, condividendo gli stessi valori. Considerando che siamo una civiltà decaduta, solo un miracolo potrà salvarci. Ma dobbiamo credere che questo miracolo si realizzerà. Non possiamo in alcun modo rassegnarci alla sconfitta e alla sottomissione all'islam. Con l'aiuto del Signore insieme ce la faremo.