Alcune persone, imbarazzate dallo scandalo, pretendono che Giovanni Paolo II non abbia mai baciato il Coranohttp://www.crisinellachiesa.it/articoli ... corano.htm Alcune persone, imbarazzate dallo scandalo, pretendono che Giovanni Paolo II non abbia mai baciato il Corano 1. Oppure dicono che il ritratto libro nella fotografia non sia il Corano, o affermano che si tratti di un montaggio fotografico! Queste obiezioni sono facili da smontare. Innanzitutto, c'è la testimonianza del Patriarca caldeo cattolico Raphaël I BiDawid (1922-2003), che era presente a quell'incontro 2: «Il 14 maggio sono stato ricevuto dal Papa, con una delegazione composta dall'iman sciita della moschea sunnita Khadum e dal presidente del consiglio di amministrazione della Banca islamica irachena. C'era anche un rappresentante del Ministero iracheno della religione [...]. Alla fine dell'udienza, il Papa si è inchinato davanti al libro sacro musulmano, il Corano, presentato dalla delegazione, e lo ha baciato in segno di rispetto. La foto di questo gesto è stata mandata in onda a più riprese dalla televisione irachena per dimostrare che il Papa non solo ha consapevolezza della sofferenza del popolo iracheno, ma che ha anche molto rispetto per l'islam». Questa testimonianza potrebbe bastare, ma si potrebbero citare anche altri articoli apparsi sui media:
- In un articolo pubblicato su Le Monde des religions in occasione della morte di Giovanni Paolo II è stato scritto: «Giovanni Paolo II ha compiuto alcuni gesti simbolici senza precedenti. Egli è stato il primo Papa a riunire in preghiera i capi spirituali delle principali confessioni del pianeta, il primo ad entrare in una sinagoga, il primo a penetrare in una moschea, il primo a baciare pubblicamente il Corano, a pregare davanti al Muro del Pianto a Gerusalemme, a partecipare in numerose occasioni a riti non monoteisti […]. Non dimentichiamo inoltre che è stato soprattutto un Papa viaggiatore, trovandosi di fronte, naturalmente, in quasi tutti i suoi spostamenti, al problema della diversità. Ora, ogni volta che si è trovato dinanzi a popolazioni non cattoliche, egli ha tentato, con un senso acuto del simbolo, di entrare in relazione fraterna con i loro rappresentanti religiosi» 3
- Un altro articolo apparso su La Vie, del 10 settembre 2008, contiene un'affermazione di Rémi Brague, professore di filosofia alla Sorbona e a Monaco, rilasciata nel corso di un'intervista: «Quale è il suo atteggiamento profondo (di Benedetto XVI) nei confronti dell'islam»? Risposta di Brague: «Non credo che lo conosca bene. Non ha avuto alcuna ragione di studiarlo. E io non so chi lo consiglia a questo riguardo. Spero che eviti certi errori come quello, molto più grave, di Giovanni Paolo II, di baciare il Corano […]. Avrebbe fatto molto meglio prima a leggerselo».
- In un articolo pubblicato su Valeurs actuelles e ripreso da Salon Beige ha dichiarato Annie Laurent, politologa e scrittrice francese: «Il bacio del Corano di Giovanni Paolo II, portato in dono da una delegazione irachena, nel 1999, ha suscitato un forte smarrimento presso i cristiani d'Occidente e d'Oriente, come se fosse un'attestazione ufficiale della veridicità dell'islam» 4.
San Giovanni Paolo II baciò Il Corano. Eppure Allah nel Libro sacro dell’islam ordina di combattere e annientare i cristiani e gli ebreiMagdi Cristiano Allam
10/01/2018
https://www.magdicristianoallam.it/blog ... ebrei.html Cari amici, nel 1999 San Giovanni Paolo II baciò Il Corano. Fu il Patriarca caldeo cattolico Raphael I Bidawid a rivelare che il Papa baciò Il Corano:
«Il 14 maggio 1999 sono stato ricevuto dal Papa in Vaticano con una delegazione composta dall’imam sciita della moschea Khadum e dal Presidente del Consiglio di amministrazione della Banca islamica irachena. C’era anche un rappresentante del Ministero iracheno dei Beni Religiosi. Alla fine dell’udienza, il Papa si è inchinato davanti al libro sacro musulmano, il Corano, presentato dalla delegazione, e lo ha baciato in segno di rispetto. La foto di questo gesto è stata mandata in onda a più riprese dalla televisione irachena per dimostrare che il Papa non solo ha consapevolezza della sofferenza del popolo iracheno, ma che ha anche molto rispetto per l’islam».
Eppure Il Corano è un testo profondamente anti-cristiano e ancor di più è anti-ebraico. Allah nel Corano ordina ai musulmani di annientare, combattere e di non scegliersi per alleati i cristiani e gli ebrei.
«Dicono i giudei: “Esdra è figlio di Allah”; e i nazareni dicono: “Il Messia è figlio di Allah”. Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Ripetono le parole di quanti già prima di loro furono miscredenti. Li annienti Allah. Quanto sono fuorviati!». (5, 14)
«Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati». (9, 29)
«O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni essi sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti». (9, 30)
Invito tutti a conoscere ciò che Allah prescrive nel Corano. Per agevolarne la lettura e soprattutto per renderlo il più possibile comprensibile ho appena pubblicato una guida semplice, ragionata e selezionata dal titolo “Il Corano senza veli”. Potete ordinare il mio nuovo libro attraverso il mio sito magdicristianoallam.it/libri al costo di 10 euro più la spedizione. Solo conoscendo adeguatamente l’islam potremo vincere la paura che ci ispira e riscattare il nostro inalienabile diritto a essere pienamente noi stessi dentro casa nostra.
Amico islam. Il "dialogo a ogni costo" di papa WojtylaLe critiche al papa che molti cardinali e vescovi pensano ma non dicono in pubblico. Trascritte in un libro da un islamologo che le conosce da vicino
di Sandro Magister
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/6973.htmlROMA - Protesa com'è nel Mediterraneo, l´Italia è un approdo naturale dell´ondata migratoria islamica verso l´Europa. La risposta della Chiesa italiana - e del vescovo di Roma, il papa - a questa crescente pressione musulmana è quindi indicativa di un più generale porsi della Chiesa cattolica di fronte all´islam.
Fino a un decennio fa, la risposta prevalente della Chiesa italiana era di tipo caritativo. L´immigrazione musulmana era vista come un´emergenza sociale. E ad essa si rivolgevano organismi ´ad hoc´ della conferenza episcopale come Caritas e Fondazione Migrantes. Il dialogo pacifico, anche interreligioso, era la dominante di questo approccio.
Ma da alcuni anni non è più così. In un libro uscito in questi giorni, intitolato "Xenofobi e xenofili. Gli italiani e l´islam", Renzo Guolo dedica un intero capitolo proprio al cambiamento di linea dei vescovi italiani e alla nuova risposta che essi danno alla sfida musulmana.
Guolo insegna sociologia della religione all´università di Trieste ed è specialista del fondamentalismo islamico. Su questo tema scrive editoriali per il quotidiano della conferenza episcopale, "Avvenire".
E nel suo libro descrive passo per passo, protagonista per protagonista, quella che chiama "la svolta della Cei" di questi ultimi anni: la polemica anti-dialogo lanciata per primo dal vescovo di Como, Alessandro Maggiolini; il brusco risveglio dell´assemblea dei vescovi, nel 2000, di fronte ai guasti dei matrimoni tra cristiani e musulmani; l´offensiva del cardinale di Bologna, Giacomo Biffi, contro i cattolici "della resa"; l´attestarsi anche del cardinale progressista Carlo Maria Martini su posizioni più reattive; i richiami del cardinale Camillo Ruini a un rafforzamento dell´identità cristiana dell´Italia e dell´Europa.
In Vaticano, dà man forte a questa nuova linea il cardinale Joseph Ratzinger. Ma il papa?
Il papa no. Stando alla descrizione che ne dà Guolo, Giovanni Paolo II non si è mai smosso dalla linea del "dialogo a oltranza".
Questa linea, si sa, è criticata da molti vescovi e cardinali. Oggi più di ieri. Ma mai in modo diretto e pubblico. Sono critiche che restano "off the record", espresse al più in colloqui privati.
Eppure sono critiche forti e diffuse, condivise da uomini di Chiesa autorevoli. Guolo le ha semplicemente messe per iscritto, in un paio di pagine di questo suo ultimo libro.
Mentre si avvicina il venticinquesimo anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II - col prevedibile diluvio di retorica elogiativa - è utile gettare l´attenzione anche su questo suo aspetto discusso.
Ecco il passaggio del libro che dà conto di questa discussione:
Chiesa e islam nella visione di Giovanni Paolo II
di Renzo Guolo
Nonostante i conflitti e le persecuzioni che nel mondo vedono i cristiani vittime dei musulmani, Giovanni Paolo II non sembra nutrire alcuna paura dell´islam. Per Karol Wojtyla il dialogo religioso è necessario per costruire il bene comune dell'umanità. Esso poggia sulla consapevolezza che vi sono valori comuni a ogni cultura, in quanto radicati nella natura della persona. La difesa della famiglia, il rifiuto dell´aborto, la pace sono solo alcuni di essi. Il papa ha più volte dichiarato che egli si rivolge "all´autentico islam religioso, l´islam che prega, l´islam che sa farsi solidale con chi ha bisogno".
Il papa è mosso, oltre che da intima convinzione, dalla necessità di tutelare le comunità cristiane nei paesi della Mezzaluna e dall´esigenza di evitare che l´islam si schiacci su posizioni fondamentaliste. Prospettiva che condurrebbe a quello scontro di civiltà che Wojtyla giudica nefasto per le sorti dell´umanità. Chiedendo scusa per le crociate o facendo gesti clamorosi come pregare nella moschea degli Omayyadi a Damasco, in origine basilica cristiana, Giovanni Paolo II ha cercato di tenere aperto il dialogo con il mondo musulmano. Così come ha fatto promuovendo gli incontri tra le religioni ad Assisi nel 1986 e nel 2002. E così come ha fatto schierando decisamente la Chiesa contro l´intervento militare americano in Iraq.
La linea del papa, che nel mondo cattolico qualcuno definisce "oltranzismo dialoghista", genera però una critica diffusa tra i vescovi e nella stessa curia romana. Secondo queste posizioni, Giovanni Paolo II parla, illusoriamente, a interlocutori che non possono garantire alcuna linea di condotta per la umma musulmana. In quanto "religione senza centro", l´islam è privo di autorità in grado di vincolare i comportamenti dei suoi fedeli. Secondo gli oppositori del dialogo, confidare in simili compagni di preghiera del papa è speranza vana, dal momento che rappresentano solo sé stessi. Purificando la memoria storica della Chiesa, chiedendo perdono per le crociate, ossequiando i "persecutori" dei cristiani, il papa, secondo i suoi critici, espone la Chiesa a pesanti umiliazioni. Inoltre, trasforma l´ecumenismo in una sorta di sincretismo in cui una religione sembra valere l´altra. È una critica dura, che per rispetto dell´autorità papale e delle condizioni dì salute di Giovanni Paolo II non si manifesta come dissenso aperto ma segna, comunque, profondamente il corpo ecclesiale.
La linea del papa fu respinta dalla maggioranza dei cardinali proprio nel concistoro del 1994 in cui Giovanni Paolo II espresse l´intenzione di chiedere perdono per le "colpe" dei suoi predecessori. Ma nonostante il parere contrario di molti settori ecclesiali, non solo quelli apertamente tradizionalisti, il papa decise di proseguire su quella linea. Nel silenzio ostile di molti: tra loro quelli che ricordano come Wojtyla, uso a intervenire su tutti i temi, abbia steso un velo di silenzio sulle persecuzioni dei cristiani nei paesi musulmani.
Secondo i critici, nonostante Giovanni Paolo II abbia chiesto il rispetto dei diritti umani , tra i quali la libertà religiosa, anche al mondo islamico, è l´aspetto del "dialogo a ogni costo" il tratto saliente, e non condiviso, della linea papale. Ma convinto dell´impossibilità di far progredire il dialogo tra religioni mediante strategie già usate in passato, Wojtyla ha ignorato queste critiche. Egli sembra ritenere che solo il gesto profetico, la prospettiva utopica, lo slancio mistico nutrito di un intensa spiritualità possano realizzare quell´obiettivo. A costo di umiliare la Chiesa facendosi carico delle colpe del passato, nella speranza che anche gli altri, a loro volta, ammettano prima o poi le proprie.
La linea papale sull´islam muta di tono sul tema della società multietnica. Qui Wojtyla afferma che occorre individuare principi etici di fondo capaci di regolare la convivenza all´interno di quel tipo di società. Per il papa le istanze culturali degli immigrati vanno rispettate e accolte; ma solo se non si pongono "in antitesi ai valori etici universali, insiti nella legge naturale, e ai diritti umani fondamentali". Giovanni Paolo II ricorda che il diritto degli immigrati al riconoscimento giuridico di specifiche espressioni culturali è legato alla "valutazione del bene comune" in un dato momento storico e in una data situazione territoriale e sociale. Il richiamo permette al papa di sottolineare l´importanza del legame tra cultura e territorio. Per Woyitla occorre garantire a un territorio un certo "equilibrio culturale", in rapporto alla cultura prevalente. Equilibrio che, nel rispetto dei diritti fondamentali delle minoranze, prevede la continuità di una determinata "fisionomia culturale". Ovvero di quel patrimonio di lingua, tradizioni e valori che si legano generalmente all'esperienza della nazione e al senso della patria. Se ne deduce, ad esempio, che l´equilibrio culturale della "cattolica Italia" non debba essere alterato dalla presenza islamica.
Ma l´esigenza di "equilibrio culturale" di un territorio, ricorda Wojtyla - in questo quasi sconfessando il cardinale Giacomo Biffi, - non può essere soddisfatta con strumenti legislativi. Questi non sono efficaci se privi di fondamento nell'ethos della nazione; e sono destinati a cambiare quando una cultura perde forza. Per il papa occorre, invece, mantenere viva e vitale la cultura e l´identità cristiana della nazione. Solo così essa non verrà sopraffatta, mentre nessuna legge potrebbe tenerla in vita artificiosamente. La linea di Giovanni Paolo II sulla società multietnica è quella della sfida tra identità religiose forti, più che quella dell´Europa fortezza. Egli non invoca la legge ma il confronto sui valori, opponendo carisma a norma. Una linea legata più al suo personale carisma che alle convinzioni dei vertici della Chiesa italiana.
__________
Il libro:
Renzo Guolo, "Xenofobi e xenofili. Gli italiani e l´islam", Laterza, Bari, 2003, pagine 182, euro 14,00.
__________
Su un precedente saggio di Renzo Guolo, con pagine dedicate a Hamas, in questo sito:
> A Betlemme è ricomparso Erode (5.4.2002)
__________
(s.m.) - Il "Corriere della Sera" del 3 e del 4 settembre ha pubblicato un´inchiesta di Magdi Allam sui convertiti dall´islam alla fede cristiana. Una maghrebina di nome Nura dice: "Ci sentiamo abbandonati. Dopo la conversione non abbiamo nessuno che ci sostenga. Chiediamo aiuto alla Chiesa e all'Italia: proteggeteci, difendeteci".
A queste parole, che spostano sulla Chiesa cattolica la colpa di non difendere i convertiti da una minaccia alla loro vita che in realtà viene tutta e soltanto dal mondo islamico, l´arcivescovo Michael Fitzgerald, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, risponde: "Dico alla signora maghrebina e a tutti i musulmani convertiti al cristianesimo che anche noi abbiamo questa preoccupazione. Non cessiamo di parlare di libertà di coscienza con i nostri partner. Spesso tendono a limitare la libertà di religione alla libertà di culto. Per noi la libertà di religione va oltre, abbraccia anche la libertà di cambiare la religione. Ma non è un discorso che viene recepito facilmente".
Tutto qui. Fitzgerald evita accuratamente di esplicitare che il "discorso" ha a che fare con la messa al bando, la persecuzione e talora la condanna a morte dei convertiti al cristianesimo, da parte del mondo musulmano.
Anzi, in un altro passaggio della sua intervista Fitzgerald mostra di nutrire non gioia ma "preoccupazione" per l´ingresso nella Chiesa di convertiti dall´islam: "Si deve sempre chiedere le motivazioni di questo cambiamento. Talvolta si presenta con il desiderio di essere un vero italiano. Ma uno potrebbe essere italiano e al tempo stesso essere musulmano. Avrei una preoccupazione all´arrivo, nel senso dell´accoglienza nella comunità cristiana".
In un´analoga inchiesta dell´"Espresso", uno degli ecclesiastici più attivi con gli immigrati musulmani in Italia, dirigente della Fondazione Migrantes, diceva: "Abbiamo deciso di non incoraggiare in alcun modo le conversioni".
Sia queste parole che quelle di Fitzgerald riflettono in pieno la linea del "dialogo" tra Chiesa e islam. Ed è contro questa linea che il cardinale Giacomo Biffi ha pronunciato una delle sue battute sferzanti: "Predicare e battezzare è dovere statutario della Chiesa. Per tutti. Gesù non ci ha comandato: predicate il vangelo a ogni creatura tranne i musulmani, gli ebrei e il Dalai Lama".
Ecco il link all´articolo dell´"Espresso":
> I convertiti dall'Islam. Chi lascia Allah se ne pentirà (5.4.2001)
E il libro che descrive le vicissitudini dei convertiti:
Jean-Marie Gaudeul, "Vengono dall´islam, chiamati da Cristo", Emi, Bologna, 1995, pagine 320, euro 15,95.
__________
Un saggio che critica a fondo il "dialogo" e vi contrappone una teologia centrata sull´"assoluta novità del cristianesimo rispetto all´islam" è uscito nel settembre 2002 sul n. 3 di "Teologia", la rivista della Facoltà teologica dell´Italia settentrionale, con sede a Milano.
L´autore è Giuseppe Rizzardi, sacerdote della diocesi di Pavia e professore di islamistica nella Facoltà. Il saggio ha per titolo "Teologia ed islam: componenti costanti del dibattito religioso". Eccone alcune citazioni:
- "Il ruolo della teologia cristiana non è di conciliare le diversità del ´credo´, di scoprire nell´islam ´semi cristiani´ e ´semi biblici´, di far ´dialogo´, ma di annunciare la novità cristiana. L´annuncio comporta necessariamente un giudizio di verità sull´islam alla luce della verità cristiana".
- "Troppa letteratura ha compiuto e compie tentativi di omologazione tra i monoteismi storici, ebraico, cristiano, islamico, e punta al teocentrismo delle religioni in vista di un ´dialogo´ teologico senza alcuna verifica delle rispettive prospettive religiose".
- "La teologia deve prendere le distanze dal processo - storicamente perseguito nella controversia cristiana - in base al quale dal Dio uno si possa giungere alla Trinità come se si trattasse di una sommazione. Il Dio uno e unico dell´islam è talmente chiuso nella sua segreta unità ontologica che non solo si contrappone al mistero trinitario come origine della salvezza umana ma anche a una mediazione in Cristo".
- "Nel Corano il processo di islamizzazione di Gesù è talmente accentuato che il Cristo del Vangelo e della teologia è irriconoscibile nel linguaggio islamico".
- "Le ragioni, le speranze e le utopie del dialogo interreligioso portano con sé il rischio, sia da parte cristiana che da parte musulmana, di una semplificazione che contraddice la verità delle due fedi".