Soleimani era un terrorista della peggior specie come quelli che prenderanno il suo postoSoleimani era un terrorista pericolosissimo Gaiaitalia.com Notizie
(3 gennaio 2020)
https://www.gaiaitalia.com/2020/01/03/i ... losissimo/Dopo aver fatto fuori al-Baghdadi, ora Trump ha deciso di far pagare anche al regime iraniano un prezzo altissimo per il suo sostegno al terrorismo internazionale e alle attività anti-americane, soprattutto in Iraq: la scorsa notte, a Baghdad, un elicottero statunitense ha ucciso il Generale Qassem Soleimani, potentissimo capo della Forza Qods e anche Abu Mahdi al-Muhandis, vice comandante della Unità di Mobilitazione Popolare (PMU), forza paramilitare irachena creata su volere dell’Ayatollah al-Sistani per combattere Isis, ma presto divenuto un vero e proprio esercito egemonizzato dalle milizie filo-iraniane.
Prima di tutto, sgombriamo il campo da ogni equivoco: ad essere stato ucciso dagli Stati Uniti è un terrorista e non un “generale iraniano”. Soleimani poteva avere qualsiasi grado militare in Iran e qualsiasi ruolo all’interno della guerra al Califfato, ma ciò che resta di lui sono oltre trenta anni al servizio della jihad, con lo scopo di colpire gli Occidentali ovunque e comunque al solo fine di espandere la Rivoluzione Islamica khomeinista, ovvero di realizzare ciò per cui è stata creata la Forza Qods, l’unità speciale dei Pasdaran comandata da Soleimani.
Prima di impegnarsi in Iraq contro Isis, Soleimani ha passato anni ad esportare il khomeinismo fuori dai confini iraniani, destabilizzando l’intero Medioriente per mezzo di organizzazioni jihadiste quali Hezbollah, Hamas e la Jihad Islamica e, parlando dei tempi odierni, le decine e decine di milizie paramilitari sciite sparse tra Siria, Iraq e Yemen. Non solo: allo scopo di colpire l’Occidente, Soleimani non si è fatto alcuno scrupolo a sostenere gruppi terroristi sunniti apparentemente nemici di Teheran, come al-Qaeda e, se necessario, lo stesso Isis. Per queste ragioni, Soleimani era nella lista dei terroristi non solo degli Stati Uniti e dei suoi alleati, ma anche in quella delle Nazioni Unite.
Ovviamente, dietro l’uccisione di Soleimani c’è molto di più di una semplice azione militare anti-terroristica. Si tratta di un messaggio fortissimo all’intera regione Mediorientale. Questa operazione, infatti, manda un messaggio fortissimo a Teheran in primis sulle sue attività’ imperialistiche in Iraq. Dopo il ritiro americano voluto da Obama nel 2011, Soleimani e i suoi avevano fatto dell’Iraq una provincia iraniana, finanziando centinaia di miliziani jihadisti sciiti, corrompendo i politici principali a Baghdad e provando ad esportare la rivoluzione khomenista nelle aree sciite del Paese. Una interferenza che non è mai stata gradita al potente Ayatollah al-Sistani, sempre avverso a Khomeini e che nelle ultime settimane ha provocato le proteste degli sciiti iracheni, che hanno chiesto il ritiro iraniano dal Paese prendendo d’assalto i consolati di Teheran a Najaf e Kerbala. L’Iran, come si è visto qualche giorno addietro, ha reagito ordinando ai suoi di assaltare l’Ambasciata americana a Baghdad. Eliminando Soleimani, Trump ha voluto far capire a Teheran che l’ora dell’impunità in Iraq è terminata, ovvero l’ora dell’appeasement obamaniamo verso l’Iran.
Ovviamente, l’uccisione di Soleimani non è un messaggio solamente diretto alla questione irachena. Il tema è enormemente più largo. E’ un messaggio diretto ad ogni area dove il regime iraniano ha creato i suoi proxy, prima di tutto in Libano, altro Paese dove gli sciiti stanno (finalmente) scendendo in piazza contro Hezbollah, ovvero contro il proxy iraniano per eccellenza, che nel sud del Libano ha creato un vero e proprio Stato nello Stato, rifiutando ogni richiesta (ONU) di disarmare il proprio braccio armato. E’ un messaggio anche per i terroristi filo iraniani a Gaza, in primis verso Hamas, che non solo perde uno sponsor, ma viene anche caldamente invitato a controllare direttamente la Jihad Islamica, clone del proxy iraniano per eccellenza. E chissà che non sia un messaggio anche ad Erdogan relativo al suo prossimo intervento in Libia: cosi come gli USA hanno ucciso Soleimani in Iraq, sono in grado di uccidere qualsiasi jihadista sunnita che venga mandato a combattere da Erdogan in Libia (in questo caso però, ovviamente, non parliamo di azioni americane contro i militari turchi).
Detto questo, ci sono altri due punti da aggiungere. Soleimani non è stato scovato per caso: sarà il tempo a rivelare che a tradire Soleimani, sono stati proprio quegli sciiti iracheni contrari all’influenza iraniana nel Paese, ormai pronti a tutto per liberarsi della stretta di Teheran. Considerando le proteste anti-iraniane in Libano, promosse proprio dagli sciiti libanesi, questo avvenimento dovrebbe far suonare le orecchie di Nasrallah…
Secondo punto: “Ci saranno delle conseguenze” è il messaggio di Khamenei dopo l’uccisione di Soleimani ed è questo che scrivono tutti i media Occidentali (e che dicono, vergognosamente, anche i democratici americani). E’ ovvio che ci saranno delle conseguenze. Ce ne sono sempre quando si combatte il terrorismo, ovvero quando si combatte qualcosa che richiede la forza e non la diplomazia. Non ci sono alternative e d’altronde, anni di inazione americana promossa da Barack Obama, hanno generato quelle che sono le attuali conseguenze terribili per il Medioriente odierno: la legittimazione del programma nucleare e missilistico iraniano e la proliferazione di milizie paramilitari sciite in Siria, Iraq, Libano e Yemen. E’ stato questo il reale problema del Medioriente, non l’uccisione di Soleimani e di un suo fedelissimo. Questa azione, con tutte le sue possibili conseguenze, ripulisce solamente l’area da un terrorista pericolosissimo. Perche’ questo era Soleimani: un terrorista pericolosissimo.
Chi era Soleimani, il terrorista dipinto come un eroe Loredana Biffo
http://caratteriliberi.eu/2020/01/03/mo ... 2nfkqw1lqcQuassem Soleimani è stato ucciso, ma chi era questo personaggio, pupillo dell’ayatollah Khamenei, che ora tutti si prodigheranno a definire come vittima degli americani?
Soleimani era il più potente e sanguinario comandante della Forza Qods del regime iraniano. Molti esponenti politici e dell’informazione ritengono che nella sua lunga carriera abbia commesso numerosi ed efferati crimini, non solo in Medio Oriente ma anche nei paesi occidentali.
Kenneth Timmerman, autore di “Conto alla rovescia verso la crisi”, ritiene che Soleimani non solo sia pari a Bin Laden in termini di gravità dei crimini commessi, ma che ora sia assolutamente più pericoloso di Bin Laden, con le mani più sporche di sangue di qualunque altro terrorista nel mondo, e che fosse giunto il momento di porre fine ai suoi crimini.
Gli analisti americani dicono che la pressoché totale mancanza di indagini su Soleimani, lo abbia reso ancora più famoso di Bin Laden tra la gente e nei circoli occidentali, dove è stato sempre visto come un simbolo dal regime iraniano dai suoi sostenitori estremisti di tutto il mondo, ammirato ed emulato da tutte le forze terroristiche in Medio Oriente.
Timmerman ritiene che Soleimani sia un simbolo, e che intendeva creare un califfato o uno stato islamico, ovvero che abbia tenacemente portato avanti lo scopo principale del regime iraniano, che ha sempre presentato Soleimani come un uomo forte, colui che doveva realizzare “l’obbiettivo della nazione”: ovvero estendere l’influenza iraniana in tutto il Medio Oriente e realizzare il nuovo Califfato Islamico, ecco perché partecipò alle guerre in Siria e Iraq, per incoraggiare le milizie sciite a combattere fino alla morte.
Il numero delle forze sotto il comando di Soleimani viene stimato dagli americani in centinaia di migliaia, sparse in tutto il Medio Oriente.
Il ruolo di Soleimani non si limitava semplicemente a minare le basi della sicurezza nella regione, ma anche ad interferire nelle questioni politiche, a distribuire posizioni ministeriali nei paesi sotto il suo giogo e, a volte, persino alla nomina dei loro primi ministri. Non si trattava di un “terrorista qualunque”, bensì esso rappresentava il clou di tutta la strategia imperialista iraniana.
Con Trump in carica, c’è stata una quantità crescente di richieste per porre fine all’intervento distruttivo iraniano nella regione, per designare l’Iran come uno stato sponsor del terrorismo e Soleimani leader dei terroristi.
Gli esperti di terrorismo ritengono che la forza Quds sia il braccio estero delle Guardie Rivoluzionarie, sottolineando che questa ha fatto cose che possono essere considerate, a livello internazionale, atti terroristici.
La forza Quds è responsabile della creazione degli Hezbollah libanesi, li rifornisce di supporto militare, finanziario e dell’addestramento, in modo da renderli in grado di compiere atti terroristici e di dominare il Libano dopo essersi sbarazzati di Rafiq Hariri, l’ex-Primo Ministro libanese.
L’Iran ha una lunga storia come sponsor del terrorismo, ha dato rifugio a membri di Al-Qaeda, d’accordo con Osama Bin Laden durante gli anni ’90, e alcuni familiari di Bin Laden vivono tutt’ora in Iran.
La forza Quds è anche accusata di compiere atti terroristici negli Stati Uniti, come il tentativo di assassinare Adel al-Jubeir, l’ex-ambasciatore saudita negli Stati Uniti. E secondo lo stesso Pentagono, Soleimani e i suoi uomini hanno addestrato i terroristi a creare dispositivi esplosivi e ad utilizzarli in Iraq e Afghanistan contro le truppe americane. Ecco perché gli americani hanno un grande interesse ad indagare sulla forza Quds e sul suo comandante.
Da non dimenticare che il regime iraniano agisce ed è responsabile di azioni terroristiche a livello internazionale. Note sono anche le lobby contro il movimento di opposizione fondato da Maryam Rajavy, Presidente eletta della Resistenza Iraniana, la quale ha più volte dichiarato che il Ministero dell’Intelligence del regime, opera attraverso una infinità varietà di metodi intimidatori e tattiche di eliminazione dei dissidenti all’estero.
Gli agenti possono lavorare sotto copertura come diplomatici nelle ambasciate iraniane o in compagnie cine Iran Air, nelle filiali di banche iraniane o anche in aziende private.
Si pensa che anche molti iraniani che sono impiegati in centri educativi all’estero, come nelle università, lavorino per il MOIS, poiché spesso devono tornare in Iran – sia per problemi di immigrazione o per borse di studio rilasciate dal governo iraniano o per altri motivi – essi potrebbero cooperare con il MOIS. Per il trasferimento di danaro il MOIS spesso sfrutta banche controllate dallo Stato con filiali in altri paesi.
Anche l’Hezbollah libanese e la Qods (o Quds) Force sono legati dal punto di vista organizzativo al MOIS. Il supporto a Hezbollah è sempre stato uno degli obiettivi della politica estera iraniana che ritiene Israele una minaccia; l’Iran fornisce ad Hezbollah supporto logistico e materiale, usandolo come tramite nelle sue operazioni di intelligence. Questo supporto è fornito sotto l’egida della diplomazia iraniana, oltre che del coordinamento delle Guardie Rivoluzionarie gestite da Soleimani.
La più grande infiltrazione du Al-Qods in Europa si trova bell’ambasciata iraniana in Germania. Al terzo piano dell’ambasciata erano presenti venti impiegati appartenenti alla Qods Force che coordinavano le attività terroristiche in Europa. Più recentemente sono stati costituiti importanti centri operativi in Bulgaria e Al-Qods ha provato a stabilirne un altro a Milano.
Soleimani è stato riconosciuto come terrorista perfino dalle Nazioni Unite, a dispetto di questa realtà, la propaganda occidentale attraverso Obama è riuscita a dipingerlo come un eroe, un combattente, così come ha dipinto il Presidente Rouhani come un moderato benché egli abbia fatto in passato, parte della famigerata “Commissione della morte”, nonostante lo scempio perpetrato da questi in merito ai diritti umani, il mondo, e in particolare l’Europa è stata spettatrice muta del massacro che stanno perpetrando nei confronti della popolazione iraniana in rivolta.
È bene chiarire che Soleimani era un terrorista, comandante dei Pasdaran – Forza Qods, fautrice dell’esportazione della rivoluzione khomeinista del 1979 in tutto il mondo, per instaurare ovunque lo Stato Islamico, a partire dai paesi già coinvolti in questo processo, quali la Siria, il Libano, l’Iraq la Striscia di Gaza e lo Yemen, che possono essere considerate vere e proprie aree sotto il tacco del regime degli ayatollah. Il MOIS ha inoltre da diversi anni agenti all’estero preposti a rapire iraniani dissidenti fuggiti dal paese, con il compito di riportarli in Iran per imprigionarli e ucciderli.
Curriculum di Sangue: Il sostituto di Soleimani6 gennaio 2020
http://www.linformale.eu/curriculum-di- ... I2ODBdXzBg Quasam Soleimani è stato ucciso dalle forze statunitensi, non vi sono dubbi che il pupillo di Khameni fosse il terrorista più spietato del micidiale apparato dei pasdaran, egli infatti era il famigerato comandante della forza Quds ed è stato lui ad ordinare l’uccisione di 4000 manifestanti (di cui molti minorenni) che da tempo protestano contro il regime- Sono stati uccisi tramite dei cecchini che miravano alla testa e al collo.
Ne ha fatti arrestare ufficialmente 7000, molti sono stati brutalmente prelevati dagli ospedali anche se feriti più o meno gravemente. Solo per citarne alcuni, i minori uccisi sono: Ali Reza Abdollahi di 13 anni; Nikta Esfandanidi 14 anni. Tutto questo è avvenuto in soli cinque giorni, a riprova della feroce organizzazione che caratterizza il regime nell’attuare la repressione sul popolo in rivolta. Anche i bambini siriani sono stati uccisi per volere di Soleimani, così come i dimostranti iracheni che protestavano contro l’ingerenza del regime iraniano nella regione, e che hanno ottimi motivi per festeggiarne la morte.
L’eliminazione di una figura chiave del regime, potrebbe anche rappresentare un punto di svolta se solo l’Europa (che fino ad ora si è sempre dimostrata prona agli interessi nell’area, e ben lungi dal prendere posizione) sostenesse il popolo in rivolta che scalpita per rovesciare il regime; ma la razionalità politica ci deve indurre a pensare che potrebbe essere molto più probabile che sia Trump ad agire in questa direzione, anche se il recente defenestramento del Consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, un accanito sostenitore del regime change, fa pensare che non sia questa l’intenzione del presidente USA.
Il punto fondamentale ora è che il regime non starà certo a guardare o ad aspettare eventuali mosse americane, ne tantomeno lascerà che il popolo in rivolta prenda il sopravvento, e infatti, per quanto Soleimani fosse quotato in seno al regime, questi ha prontamente trovato un sostituto degno, con un curricula criminale che non è certo secondario a quello di Soleimani.
Si tratta di Esmail Qaani-Akbarnejad, che è stato per anni il vice di Soleimani nella forza terroristica Qods. Nato nel 1957 a Bonjnourd, è entrato a far parte dei Pasdaran fin dal primo momento dell’instaurazione del regime degli Ayatollah. Dal 1980 è stato inviato nella regione del Kurdistan iraniano per massacrare la popolazione curda.
Si tratta di uno dei comandanti più efferati del Corpo dei guardiani della rivoluzione (CGRI/Pasdaran), che è un organo che da 40 anni – ovvero dall’ascesa di Khomeini – svolge un ruolo importante nella repressione del popolo iraniano e nei massacri in Siria, Iraq, nello Yemen e altri paesi nella regione mediorientale.
Nel rapporto del Comando Generale dell’Esercito di Liberazione Nazionale dell’Iran (ALNI), nell’operazione Luce Eterna, Qaani ha agito contro i combattenti per la libertà in qualità di comandante della trentunesima divisione Nasr 5: In base allo stesso rapporto, Soleimani ha anche partecipato a questa operazione in trentunesima divisione di Sarollah, rendendosi responsabile della morte di numerosi feriti e prigionieri dell’Organizzazione dei Mujahedin del popolo dell’Ira (OMPI/MEK).
Dopo la fine della guerra, Qaani è stato comandante dei servizi segreti nella regione del Kurdistan, capo dell’ufficio d’intelligence del comando congiunto del CGRI, comandante della forza aerea del CGRI e vicecapo dell’intelligence de comando congiunto del CGRI.
Nel 1987 è stato nominato comandante del corpo Ansar, responsabile delle azioni terroristiche in Afghanistan e Pakistan. In tale veste ha organizzato e ordinato operazioni speciali in tutta l’area. Inoltre durante la rivolta di migliaia di persone a Machad nel 1992, Quasi ha svolto un ruolo determinante nella repressione sanguinaria delle proteste.
Durante una rivolta studentesca nel luglio 1999, è stato uno dei firmatari di una lettera scritta da 24 comandanti del CGRI al presidente Mohammad Khatami in carica all’epoca, chiedendo di reprimere anche con l’uccisione i manifestanti.
Quaani è stato coinvolto nell’esportazione del bellicismo e del terrorismo verso l’Iraq e lo Yemen. Dall’aprile 2014 si recò regolarmente in Iraq per sovrintendere l’addestramento delle milizie. Dopo la guerra contro la popolazione di al-Anbar condotta dall’allora primo ministro Nouri al-Maliki, Quasi si è recato in Iraq il 17 maggio 2014 con una delegazione di quattro membri della Forza Qods, e nei mesi successivi, come indicato dal segretariato del CNRI in un comunicato del 26 dicembre 2014 vi ha fatto ritorno diverse volte.
La posizione del regime degli Ayatollah è ormai fortemente indebolita dalle persistenti sommosse popolari e questo non fa che indurlo a serrare sempre di più i ranghi opprimendo duramente i manifestanti. Il colpo che ha subito con l’eliminazione di Soleimani è significativo, ma occorre non sottovalutare la sovrastruttura del regime che con l’inserimento di Quaani a capo dei Pasdaran, ha dimostrato di avere un’organizzazione ancora importante, anche se non mancano al suo interno delle divisioni; si è visto specialmente durante le manifestazioni popolari di questi ultimi mesi, in cui per la prima volta si è verificato che alcune guardie rivoluzionarie si sono rifiutate di colpire i manifestanti. Questo fatto inedito ai nostri occhi può apparire banale, ma bisogna considerare che è invece molto significativo se la dinamica si svolge all’interno di un sistema dittatoriale che sopravvive da 40 anni, certo, anche grazie al sostegno del mondo occidentale che non ha mai fatto nulla per appoggiare i resistenti. Questa sarebbe l’occasione buona per favorire Regime Change, gli scenari restano aperti, ma se questa occasione venisse sprecata, il regime avrebbe l’ennesima occasione per rafforzarsi o quantomeno mantenere il potere proseguendo con il massacro del suo popolo e ad essere un reale pericolo per Israele e l’Occidente visto il determinante contributo che questo dà al finanziamento dei vari gruppi terroristi.
???
L‘attacco a Benghazi (Bengasi) contro l'ambasciata USA dove sono stati prima sodomizzati e poi bruciati vivi l ‘Ambasciatore e il suo Segretario era opera del terrorista Suleyman.Ecco cos'è davvero successo la notte in cui è stato ucciso l'ambasciatore Stevens in Libia
LeoneGrotti
https://www.tempi.it/ecco-cose-davvero- ... -in-libia/ Il resoconto del Dipartimento di Stato americano racconta di un assalto in piena regola a Bengasi da parte di milizie armate. «Non c’era nessuna protesta anti-islam». Trovati i presunti responsabili.
«Un attacco letale senza precedenti portato a termine da un grande numero di persone armate». Così è stato definito da un importante membro del Dipartimento di Stato americano l’attentato che l’11 settembre scorso a Bengasi ha causato la morte dell’ambasciatore Chris Stevens e di altri tre americani. «È molto, molto difficile trovare un precedente come questo nella recente storia diplomatica. Non c’era mai stato in Libia, né a Tripoli né a Bengasi, un attacco così».
VERSIONI CONTRASTANTI. Da principio, era stata diffusa la versione secondo cui l’attacco all’ambasciata americana di Bengasi, la roccaforte dei “ribelli” libici e la città da cui è partita la controffensiva a Muammar Gheddafi, era stato spontaneo in seguito alle proteste del mondo musulmano contro la pubblicazione del video “L’innocenza dei musulmani“. Ma secondo quanto riferito ieri da alti ufficiali alla AbcNews le cose stanno diversamente.
«NON C’ERA NESSUNA PROTESTA». Nel compound che ospitava l’ambasciatore ci sono quattro edifici: le caserme che ospitano le guardie locali, l’edificio centrale che contiene la residenza dell’ambasciatore Stevens e il Toc (Tactical Operations Center) che serve per la sicurezza e le comunicazioni. L’area, grande come un campo da football americano, è recintata da un muro alto tre metri con un ulteriore metro di filo spinato sopra di esso. Stevens era arrivato a Bengasi il 10 settembre con cinque guardie più le tre di ordinanza e altre due mandate da Tripoli. Secondo il Dipartimento di Stato non c’è stata nessuna protesta prima dell’attacco: «Non stava succedendo niente di strano». Alle 21.40 gli agenti sentono rumori, spari e un’esplosione all’interno del compound e vedono uomini armati entrare. L’ambasciatore con l’ufficiale americano Sean Smith e una guardia si mettono al sicuro nell’edificio principale in una stanza di sicurezza. Da lì, vedono gli uomini armati girare per l’edificio alla loro ricerca.
IL FUOCO E LA MORTE DI STEVENS. Non trovando nessuno, gli uomini armati danno fuoco all’intero edificio: il fumo nero e denso in poco tempo pervade tutto, anche la stanza dove si trovano Stevens e gli altri due. A questo punto, mentre un agente riesce ad uscire dall’edificio che va a fuoco, gli altri agenti, che si trovavano in un edificio differente da quello dove era rinchiuso Stevens, riescono a chiedere aiuto via radio. Un gruppo di sei agenti di sicurezza insieme a 16 membri della milizia libica locale, Brigata del 17 febbraio, soccorrono l’ambasciatore Stevens, probabilmente già morto per soffocamento, e di fianco a lui trovano Smith morto. Combattendo contro gli assalitori si fanno strada fino al “annex”, una struttura di sicurezza a pochi chilometri dal compound. Qui ingaggiano una battaglia nella quale muore Glen Doherty, agente di sicurezza americano colpito da una granata, prima dell’arrivo dei rinforzi statunitensi da Tripoli che riescono ad evacuare tutti all’aeroporto di Bengasi e poi a Tripoli su due aerei. Resta poco chiaro chi abbia portato Stevens all’ospedale che ha cercato di salvargli la vita.
TROVATI GLI ISLAMISTI DI ANSAR AL-SHARIA. Se le proteste spontanee per il film anti-islamico non c’entrano, il principale indiziato dell’assalto all’ambasciata resta la brigata irregolare islamista Ansar al-Sharia, cacciata qualche giorno dopo l’attentato dalla città di Bengasi dalla popolazione. L’esercito libico li ha stanati nella regione collinare Jebel Akhdar, ma come affermato dal comandante della task force del governo, «hanno 200 uomini e 17 veicoli armati. Sono troppo pericolosi per noi». Anche Gheddafi a suo tempo aveva tentato di debellare la brigata ma nonostante avesse un contingente di 30 mila soldati non era riuscito a sconfiggerli.