Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2020 10:10 pm

Il povero Bergoglio che non sa distinguere il bene dal male e che ha santificato Maometto, il Corano e l'Islam o nazi maomettismo, una grande vergogna cristiana



Papa Francesco apre a Rouhani:«Teheran fondamentale per la pace»
L’incontro tra il presidente iraniano e il pontefice
Milano, 26 gennaio 2016

https://www.corriere.it/cronache/16_gen ... 5d56.shtml

Bergoglio: «L’Iran ha un ruolo importante, assieme ad altri Paesi della regione, per promuovere soluzioni politiche alle problematiche del Medio Oriente»
L’essenziale sta in due righe dello scarno comunicato ufficiale che ha seguito i quaranta minuti di colloquio in Vaticano tra papa Francesco e il presidente iraniano Hassan Rouhani, «riformista» eletto tre mesi dopo Bergoglio: là dove si dice che «ci si è poi soffermati sulla conclusione e l’applicazione dell’Accordo sul nucleare» e soprattutto si parla del «ruolo importante che l’Iran è chiamato a svolgere, insieme ad altri Paesi della Regione, per promuovere adeguate soluzioni politiche alle problematiche che affliggono il Medio Oriente, contrastando la diffusione del terrorismo e il traffico di armi».

La «strategia del dialogo»

Da tempo il Vaticano insiste sul ruolo di Teheran per affrontare le crisi in Siria e Iraq e nella lotta all’Isis. All’Onu, in settembre, Francesco ha elogiato l’accordo sul nucleare iraniano, ed anche nel discorso al corpo diplomatico di inizio anno aveva auspicato che «contribuisca a favorire il clima di distensione» nell’area. L’incontro di martedì mattina nel Palazzo Apostolico è una tappa importante della «strategia del dialogo» di Francesco. «La ringrazio tanto per questa visita e spero nella pace», ha sorriso il Papa alla fine del colloquio. «Mi ha fato molto piacere incontrarla, le auguro buon lavoro e le chiedo di pregare per me», ha replicato Rouhani.

L’incontro

Agenti ovunque, via della Conciliazione chiusa al traffico. Il presidente iraniano è arrivato poco dopo le 11 con un corteo di una ventina di auto, accolto nel Cortile di San Damaso da monsignor Georg Gänswein. Dopo il colloquio con Francesco, il presidente iraniano ha avuto un incontro con i vertici della diplomazia vaticana, il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e monsignor Paul Gallagher, «ministro degli esteri» della Santa Sede. Il comunicato ufficiale parla di «cordiali colloqui» durante i quali «si sono evidenziati i valori spirituali comuni e si è poi fatto riferimento al buono stato dei rapporti tra la Santa Sede e la Repubblica Islamica dell’Iran, alla vita della Chiesa nel Paese e all’azione della Santa Sede in favore della promozione della dignità della persona umana e della libertà religiosa». Del resto, i rapporti diplomatici tra Santa Sede e Iran non furono interrotti neppure dalla rivoluzione di Khomeini.


La Chiesa e la «terza guerra mondiale»

L’azione diplomatica di Francesco punta a disinnescare la «terza guerra mondiale a pezzi» del nostro tempo, più volte denunciata dal Papa. «Costruire ponti, nel senso di promuovere il dialogo e il negoziato come mezzo di soluzione dei conflitti, diffondere la fraternità, lottare contro la povertà, edificare la pace: non esistono altri “interessi” e “strategie” del Papa e dei suoi rappresentanti quando agiscono sulla scena internazionale», spiegava tempo fa il cardinale Parolin.

Confronto interreligoso

L’udienza al presidente iraniano arriva tra l’altro nel momento di massima tensione tra Teheran e l’Arabia Saudita. Una settimana fa, Francesco ha ricevuto l’invito a visitare la Grande moschea di Roma dal suo presidente, l’ambasciatore saudita a Roma Rayed Krimly: una visita, in primavera, tanto più importante se si considera che la Santa Sede non ha relazioni diplomatiche formali con il Regno saudita. Nell’incontro con Rouhani, a proposito dei conflitti mediorientali e del terrorismo, «è stata ricordata l’importanza del dialogo interreligioso e la responsabilità delle comunità religiose nella promozione della riconciliazione, della tolleranza e della pace». Nessuna menzione ufficiale ad un invito al Papa a visitare l’Iran, un’ipotesi circolata nei giorni scorsi. Al momento, l’unico precedente storico è lo scalo che Paolo VI fece a Theran il 26 novembre 1970.




Crisi Usa-Iran, il Papa: “Dobbiamo credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace”
4 gennaio 2020
CITTÀ DEL VATICANO

https://www.lastampa.it/vatican-insider ... 1.38287025

«Dobbiamo credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace. Non si ottiene la pace se non la si spera. Chiediamo al Signore il dono della pace!». Mentre soffiano di guerra tra Usa e Iran, all’indomani del raid ordinato dal presidente Donald Trump a Baghdad che ha ucciso il potente generale Qassem Soleimani, Francesco interviene per lanciare un appello a trovare una soluzione pacifica affinché la «terza guerra mondiale a pezzi» che si combatte in diverse parti del mondo non si componga in un unico vortice che finisca per inghiottire il globo.

Il Papa sceglie la via di Twitter per condividere il suo auspicio con gli oltre 20 milioni di followers che seguono il suo account in nove lingue @Pontifex. Jorge Mario Bergoglio segue infatti con grande attenzione la situazione di alta tensione che si sta creano nello scenario internazionale da circa quarantott’ore.

La ricostruzione dell'attacco statunitense in Iraq al generale Soleimani: ecco come è stato ucciso

«Il Santo Padre è informato di quanto accade in Iran e segue con la preghiera gli eventi», ha confermato il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni. Già ieri l’arcivescovo Leo Boccardi, dal 2013 nunzio apostolico a Teheran, riportava ai microfoni di Vatican News «la forte preoccupazione» della Santa Sede per le drammatiche ritorsioni che potrebbe provocare l’uccisione del capo da oltre un ventennio del corpo sceltissimo Quds, le unità speciali delle guardie rivoluzionarie iraniane. Colui che la Cia non ha esitato a definire «la persona operativa più potente in Medio Oriente». L’ayatollah Seyyed Ali Khamenei ha annunciato infatti una «dura vendetta» nei confronti degli Stati Uniti; le autorità iraniane hanno invece stigmatizzato il raid - condannato anche da Cina, Russia e Siria - come «attacco terroristico».

«Tutto questo crea preoccupazione e ci dimostra quanto è difficile costruire e credere nella pace. La buona politica è al servizio della pace, tutta la comunità internazionale deve mettersi al servizio della pace, non soltanto nella regione ma nel mondo intero», ha detto Boccardi.

Contattato telefonicamente dall’Ansa ieri pomeriggio, il nunzio ha spiegato inoltre: «Solo due giorni fa abbiamo celebrato la Giornata Mondiale della Pace e questi fatti ci devono spingere tutti a credere fortemente e lavorare con speranza per la pace». «Il dialogo, non solo quello inter-religioso, che la Santa Sede mantiene e sviluppa con l’Islam, resta la via maestra per la soluzione di tutti i conflitti», ha aggiunto, anche in considerazione dei consolidati rapporti che il Vaticano mantiene da anni con l’Islam sciita iraniano.

Rapporti non soltanto diplomatici, come testimoniato dalle rispettive visite di ministri, ma anche teologici con colloqui islamo-cristiani svolti tra le delegazioni ufficiali dei due Paesi. Senza dimenticare, sempre a riprova delle buone relazioni reciproche, la partecipazione di una delegazione iraniana all’VIII Incontro mondiale delle famiglie che era svolto a Philadelphia nel settembre 2015.

Il rappresentante del Papa in Iran ha riportato nel colloquio anche la situazione che, in queste ore, vivono la capitale e le altre città iraniane: «Incredulità, dolore e rabbia, sono queste le prime reazioni a Teheran alla notizia della morte del generale Soleimani. Le grandi manifestazioni, che si sono svolte in molte città dell’Iran dopo la preghiera del venerdì, hanno espresso bene questi sentimenti», ha detto. Aggiungendo: «Credo che la tensione sia arrivata ad un livello che non si era mai visto prima e questo preoccupa e complica ancora di più la situazione nella regione che appare davvero incandescente».

L’appello del rappresentante vaticano è dunque quello di «abbassare la tensione, chiamare tutti al negoziato e credere al dialogo sapendo, come la storia ci ha sempre insegnato, che la guerra e le armi non sono le soluzioni ai problemi che affliggono il mondo di oggi. Bisogna credere nel negoziato. Si deve credere nel dialogo».

Parole ribadite anche dal cardinale Peter Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, che lo scorso aprile aveva assistito proprio la popolazione iraniana vittima di violente alluvioni. Ai media vaticani, il cardinale ghanese ha confidato tutta la tristezza nel vedere che «così presto l’anno sia salutato da questi episodi di violenza, di uccisione, di spargimento di sangue…».

«Sappiamo - ha sottolineato Turkson - che con questi episodi in Medio Oriente, soprattutto in Iraq in questi giorni, stiamo verificando una spirale di vendetta con tutti i segni che descrivono situazioni di tensioni e di guerra. Malgrado tutto questo, siamo sempre invitati a riconoscere il fatto che la via della pace è lunga. Per questo si parla di cammino per la pace».




Alberto Pento

Bergoglio l'irresponsabile e bugiardo come fa a sostenere che il regime teocratico nazimaomettano iraniano persegue la pace quando in realtà da sempre persegue la guerra in ogni dove: al suo interno contro i suoi cittadini, all'esterno contro l'Arabia Saudita, Israele e gli USA, in Irak, in Siria, in Libano, nello Yemen, in Israele, in Palestina;
forse Bergoglio si riferisce alla pace mussulmana della sottomissione a Maometto, al Corano e ad Allah, perseguita con ogni mezzo tra cui la discriminazione, l'omicidio, lo sterminio, la guerra.

Questo papa bugiardo, demenziale e irresponsabile
ha demonizzato e colpevolizzato i cristiani e i cattolici, i bianchi e gli occidentali e le loro democrazie laiche
e
ha santificato il criminale Maometto e il suo nazismo maomettano con il suo idolo dell'orrore e del terrore Allah, ha santificato le dittature teocratiche nazi maomettane.
Mai una critica al nazismo maomettano e ai suoi criminali regimi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2020 10:11 pm

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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2020 10:12 pm

In Iran festeggiano la morte del criminale oppressore Soleimani

Elimination par Trump du criminel terroriste islamique Qassem Soleimani : la gauche est en deuil
Guy Millière le 5 janvier 2020

https://www.dreuz.info/2020/01/05/elimi ... lQPe01_U-s

Qassem Soleimani est mort. Il a volé en éclats, comme des centaines de ses victimes. Une photo montre un morceau de bras et une main portant une grosse bague ornée d’une pierre rouge, qu’il ne quittait jamais. Joe Biden, consterné, a déclaré que Trump avait jeté “un bâton de dynamite dans une poudrière”. Les autres candidats Démocrates à la présidence sont allés dans le même sens. Le sénateur Chris Murphy (Démocrate) a déclaré que c’était un “assassinat” qui n’avait pas reçu l’autorisation de la Chambre des représentants ( Démocrate), qui ne l’aurait, bien sûr, jamais donnée. Le Washington Post a parlé avec tristesse d’un “général très respecté”. Les rédacteurs du Washington Post avaient déjà parlé avec déférence d’Abou Bakr al Baghdadi comme d’un “savant religieux austère” (donc rien de surprenant). Les anciens conseillers de Barack Obama oscillent entre la fureur et la colère.

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Le contraste avec les Républicains est immense, et fort heureusement, les Républicains disent ce qui doit l’être. Qassem Soleimani était le plus important chef militaire du régime des mollahs, l’un des indignes dignitaires iraniens les plus proches du Führer Ali Khamenei, et vu ce qu’est le régime des mollahs, mieux vaut dire que c’était un chef terroriste islamique. Et quel chef ! Il supervisait les actions du Hezbollah au Liban, du Hamas et du Djihad Islamique à Gaza, des milices Houthi au Yémen et des Gardiens de la Révolution en Syrie, et il trouvait le temps de s’occuper de la répression sanglante des manifestants soulevés contre le régime en Iran ! Il s’était occupé aussi des campagnes terroristes contre les soldats américains en Irak, et des récents assauts contre l’ambassade des Etats-Unis à Bagdad.

Des “journalistes” américains sur CNN avaient dit que les assauts en question seraient le “Benghazi de Donald Trump”, en référence l’assaut de terroristes islamiques contre le consulat des Etats-Unis à Benghazi, Libye, et ils avaient donc osé une comparaison avec ce qui avait été l’un des moments les plus sordides de la présidence Obama et de la présence d’Hillary Clinton au poste de Secrétaire d’Etat, ce qui montre qu’ils sont vraiment prêts à faire feu de tout bois : le duo Obama-Clinton avait à l’époque, on le sait, laissé assassiner un ambassadeur des Etats-Unis et trois membres d’unités d’élites américaines sans intervenir, ce qui avait été absolument ignoble. Les “journalistes” américains susdits pensaient visiblement que Trump ne réagirait pas. Ce qui montre que, comme les mollahs iraniens, ils n’ont rien compris à la méthode Trump.

Trump a reconstruit une armée américaine très puissante pour qu’elle fasse peur et qu’il n’ait pas à s’en servir, mais il n’a cessé de dire clairement que si les Etats-Unis étaient attaqués ou si des ennemis des Etats-Unis passaient la mesure, il réagirait avec force.

Il ne se laissera pas entrainer dans une guerre. Il n’est pas un adepte de la guerre. Il ne veut pas la guerre. Il vient de le redire.

Il ne mènera pas d’opérations de changement de régime au Proche-Orient, car il a tiré les leçons des opérations menées sous George Walker Bush, et discerne que vouloir installer la démocratie dans le monde musulman est vain, mais il n’a jamais envisagé de renoncer à des frappes décisives destinées à éliminer un ennemi ou à frapper à mort un régime.

A ses yeux, la destruction d’un drone américain ne dépassait pas la mesure, et la destruction d’installations pétrolières en Arabie Saoudite ne dépassait pas la mesure non plus. Et il ne voulait surtout pas se laisser entrainer dans une guerre directe avec l’Iran, et exaucer les rêves de gens tels que Qassem Soleimani, qui pensaient qu’une attaque des Etats-Unis contre l’Iran pourrait peut-être souder la population autour du régime, et conduire à l’enclenchement d’une guerre régionale. Les assauts contre l’ambassade américaine de Bagdad, qu’avait précédé l’assassinat d’un Américain dans le Nord de l’Irak, auront dépassé la mesure.

Trump avait dit qu’il n’y aurait pas de Benghazi, et il n’y a pas de Benghazi. Il n’est pas Barack Obama ou Hillary Clinton. Il se souvient aussi de la prise d’otages à l’ambassade des Etats-Unis à Téhéran en 1979. Il n’est pas Jimmy Carter.

Il veut l’asphyxie du régime des mollahs. L’asphyxie vient, et le régime est exsangue. Il veut, si possible, la chute du régime des mollahs, et le régime vacille.

Trump s’attendait à des provocations ou à des actes de fuite en avant d’un régime exsangue et vacillant. Il était décidé, si les choses allaient trop loin, à porter un coup majeur au régime Il l’a fait. L’élimination de Qassem Soleimani est un coup majeur porté au régime et à toutes ses activités criminelles dans la région.

Le régime envisage vraisemblablement de réagir. Trump a montré qu’il pouvait frapper à mort, directement, à la tête du régime, sans avoir besoin de troupes au sol (le drone qui a éliminé Soleimani a été piloté depuis la base de Nellis, à Las Vegas, à plus de seize mille kilomètres de distance).

Le régime des mollahs ne déclarera pas la guerre aux Etats-Unis. Ses dirigeants savent que ce serait suicidaire pour eux, et ils n’en ont de toute façon ni les moyens financiers, ni les moyens militaires. Ils savent que leur régime vacille. Ils ne peuvent pousser le Hezbollah à attaquer Israël car ce serait la fin du Hezbollah, qui subit d’ores et déjà une contestation forte au Liban et qui est lui-même exsangue, les mollahs n’ayant plus les moyens de le financer. Ils ne peuvent pousser le Hamas à attaquer Israël, car le Hamas est lui aussi exsangue, et passe un accord de non-agression avec le gouvernement israélien. Les milices Houthi, à bout de souffle, sont en train de passer un accord de non belligérance avec les autorités du Yémen. Les milices pro-iraniennes en Irak ont perdu plusieurs de leurs dirigeants dans l’élimination de Soleimani (dont le principal d’entre eux, Abu Mahdi al-Muhandis), et la population irakienne à Bagdad s’est soulevée voici peu contre la présence iranienne dans le pays. La population iranienne n’en peut plus d’un régime qui l’opprime, et les récentes manifestations ont montré que des millions d’Iraniens souhaitent en finir avec le régime des mollahs.

Il reste peu de possibilités aux mollahs. Ils ont des drones, des milices fanatiques mais sans moyens, des unités terroristes. Ils ont la possibilité de miner le détroit d’Ormuz, mais cela ne plairait guère à la Chine qui a besoin du pétrole passant par le détroit d’Ormuz. Ils peuvent envoyer des missiles vers des bases américaines en Irak, ce qui aurait un impact très limité.

Le régime des mollahs espère tenir jusqu’à novembre 2020 en comptant sur l’élection à la présidence des Etats-Unis de l’un de ses amis Démocrates. L’élection d’un Démocrate n’aura très vraisemblablement pas lieu, et on peut se demander si le régime tiendra jusqu’au mois de novembre.

Si les mollahs ont fait manifester à Téhéran des milliers de ceux qui les soutiennent, des centaines de milliers d’Iraniens sont descendus dans la rue un peu partout en Iran pour montrer leur joie de voir Soleimani, qui était aussi leur tortionnaire, éliminé.

Quelle que soit la réaction du régime des mollahs dans les prochains jours, il est probable qu’Ali Khamenei, Hassan Rouhani et quelques autres gouapes du même acabit feront bien attention à ne pas trop se montrer à l’extérieur et comprendront pourquoi Hassan Nasrallah, chef du Hezbollah, vit depuis plusieurs années à Beyrouth dans un bunker souterrain, sans en sortir.

Je n’ai pas parlé des réactions de la France, me direz-vous. Elles sont consternantes, comme d’habitude. Les dirigeants français calquent leurs réactions sur celles de la gauche américaine. Macron appelle à la “retenue” et incite à “éviter l’escalade”. Il déplore visiblement l’élimination d’un des pires dirigeants terroristes de l’époque contemporaine et, à l’évidence, il resterait prêt à se vendre aux mollahs pour une poignée de pois chiches. Quel être minable ! Je n’ai entendu aucune réaction plus courageuse venant d’un responsable politique français. J’en ai même entendu certains dire que Trump était coupable car il avait rompu “l’excellent accord de juillet 2015” avec le régime des mollahs : l’essentiel de l’argent reçu par les mollahs après juillet 2015 a servi à financer le terrorisme islamique et à permettre aux mollahs de poursuivre leurs projets atomiques militaires, mais les politiciens français n’ont rien vu, rien entendu. Que ces gens sont sordides ! Et les articles que j’ai vu dans la presse française continuent à ressembler à ceux publiés dans le Washington Post, en plus médiocre. L’un décrit Donald Trump comme un “isolationniste velléitaire cerné de conseillers va-en-guerre” : quelle lucidité fulgurante ! Un autre dit que “les espoirs de dialogue de l’Europe avec l’Iran sont anéantis”. Qu’il est ignoble, ce Donald Trump : les mollahs sont si sympathiques, surtout lorsqu’ils parlent des Juifs…. On me dira que je critique encore la France, je sais. J’aimerais voir les politiciens et les médias français se situer du côté du droit, de la démocratie, de la liberté, de la dignité humaine. Entre ce que j’aimerais voir et la réalité que je vois, il y a un gouffre abyssal et de plus en plus profond.

© Guy Millière pour Dreuz.info. Toute reproduction interdite sans l’autorisation écrite de l’auteur.


In Iran festeggiano la morte del criminale oppressore Soleimani
Ottimo anche questo articolo di Guy Millière dal quale si apprende che nelle città iraniane centinaia di migliaia di cittadini scendono in piazza per festeggiare la morte del loro torturatore. Non ho trovato molti articoli al riguardo sui nostri giornali.

Elimination par Trump du criminel terroriste islamique Qassem Soleimani : la gauche est en deuil
Guy Millière le 5 janvier 2020

https://www.dreuz.info/2020/01/05/elimi ... lQPe01_U-s

Qassem Soleimani è morto. È andato in frantumi, come centinaia di sue vittime. Una foto mostra un pezzo del suo braccio e una mano che tiene un grande anello con una pietra rossa, che non ha mai lasciato. Joe Biden, costernato, ha detto che Trump ha gettato "un candelotto di dinamite in una polveriera". Gli altri candidati alla presidenza democratica sono andati nella stessa direzione. Il senatore Chris Murphy (democratico) ha detto che si è trattato di un "assassinio" non autorizzato dalla Camera dei rappresentanti democratica, che, ovviamente, non l'avrebbe mai concesso. Il Washington Post ha parlato tristemente di un "generale molto rispettato". I redattori del Washington Post avevano già parlato in modo deferente di Abu Bakr al Baghdadi come di un "austero studioso religioso" (non a caso). Gli ex consiglieri di Barack Obama oscillano tra la furia e la rabbia.

Il contrasto con i repubblicani è immenso e, per fortuna, i repubblicani dicono quello che devono dire. Qassem Soleimani era il più importante leader militare del regime dei mullah, uno degli indegni dignitari iraniani più vicini al Führer Ali Khamenei, e dato quello che è il regime dei mullah, è meglio dire che era un leader terrorista islamico. E che leader! Ha supervisionato le azioni degli Hezbollah in Libano, di Hamas e della Jihad islamica a Gaza, della milizia Houthi in Yemen e delle Guardie rivoluzionarie in Siria, e ha trovato il tempo di affrontare la sanguinosa repressione dei manifestanti che si ribellavano al regime in Iran! Si era anche occupato delle campagne terroristiche contro i soldati americani in Iraq, e dei recenti assalti all'ambasciata americana a Baghdad.

I "giornalisti" americani della CNN avevano detto che gli assalti in questione sarebbero stati "Bengasi di Donald Trump", in riferimento all'assalto dei terroristi islamici al consolato americano a Bengasi, in Libia, e così hanno osato confrontarlo con quello che era stato uno dei momenti più sordidi della presidenza Obama e la presenza di Hillary Clinton come segretario di Stato, che dimostra che sono davvero pronti a dare il massimo: il duo Obama-Clinton aveva all'epoca, come sappiamo, lasciato che un ambasciatore statunitense e tre membri di unità d'elite statunitensi venissero assassinati senza intervenire, il che era stato assolutamente spregevole. I suddetti "giornalisti" americani pensavano ovviamente che Trump non avrebbe reagito. Questo dimostra che, come i mullah iraniani, non hanno capito nulla del metodo Trump.

Trump ha ricostruito un esercito americano molto potente in modo che fosse spaventoso e non dovesse usarlo, ma continuava a dire chiaramente che se gli Stati Uniti fossero stati attaccati o i nemici degli Stati Uniti avessero passato il provvedimento, avrebbe reagito con la forza.

Non si lascerà trascinare in una guerra. Non è un sostenitore della guerra. Non vuole la guerra. L'ha appena detto di nuovo.

Non effettuerà operazioni di cambio di regime in Medio Oriente, perché ha imparato la lezione delle operazioni effettuate sotto George Walker Bush, e discerne che voler installare la democrazia nel mondo musulmano è inutile, ma non ha mai considerato di rinunciare a colpi decisivi volti a eliminare un nemico o a colpire a morte un regime.

A suo parere, la distruzione di un drone americano non ha superato la misura, e nemmeno la distruzione di impianti petroliferi in Arabia Saudita ha superato la misura. E non voleva essere trascinato in una guerra diretta con l'Iran, e per realizzare i sogni di persone come Qassem Soleimani, che pensavano che un attacco degli Stati Uniti all'Iran potesse forse unire la popolazione intorno al regime e portare a una guerra regionale. Gli attacchi all'ambasciata americana a Baghdad, che hanno preceduto l'assassinio di un americano nel nord dell'Iraq, saranno andati troppo oltre.

Trump aveva detto che non ci sarebbe stata nessuna Bengasi, e non c'è nessuna Bengasi. Non è Barack Obama o Hillary Clinton. Ricorda anche la presa di ostaggi del 1979 all'ambasciata americana a Teheran. Non è Jimmy Carter.

Vuole che il regime dei mullah sia asfissiato. Arriva l'asfissia e il regime si dissangua. Vuole, se possibile, la caduta del regime dei mullah, e il regime vacilla.

Trump si aspettava provocazioni o atti di fuga da un regime incruento e vacillante. Era determinato, se le cose andavano troppo oltre, a sferrare un duro colpo al regime. L'eliminazione di Qassem Soleimani è un duro colpo per il regime e per tutte le sue attività criminali nella regione.

Il regime sta probabilmente valutando una risposta. Trump ha dimostrato di poter sferrare un colpo diretto alla testa del regime.

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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2020 10:13 pm

Soleimani era un terrorista della peggior specie come quelli che prenderanno il suo posto


Soleimani era un terrorista pericolosissimo
Gaiaitalia.com Notizie
(3 gennaio 2020)

https://www.gaiaitalia.com/2020/01/03/i ... losissimo/

Dopo aver fatto fuori al-Baghdadi, ora Trump ha deciso di far pagare anche al regime iraniano un prezzo altissimo per il suo sostegno al terrorismo internazionale e alle attività anti-americane, soprattutto in Iraq: la scorsa notte, a Baghdad, un elicottero statunitense ha ucciso il Generale Qassem Soleimani, potentissimo capo della Forza Qods e anche Abu Mahdi al-Muhandis, vice comandante della Unità di Mobilitazione Popolare (PMU), forza paramilitare irachena creata su volere dell’Ayatollah al-Sistani per combattere Isis, ma presto divenuto un vero e proprio esercito egemonizzato dalle milizie filo-iraniane.

Prima di tutto, sgombriamo il campo da ogni equivoco: ad essere stato ucciso dagli Stati Uniti è un terrorista e non un “generale iraniano”. Soleimani poteva avere qualsiasi grado militare in Iran e qualsiasi ruolo all’interno della guerra al Califfato, ma ciò che resta di lui sono oltre trenta anni al servizio della jihad, con lo scopo di colpire gli Occidentali ovunque e comunque al solo fine di espandere la Rivoluzione Islamica khomeinista, ovvero di realizzare ciò per cui è stata creata la Forza Qods, l’unità speciale dei Pasdaran comandata da Soleimani.

Prima di impegnarsi in Iraq contro Isis, Soleimani ha passato anni ad esportare il khomeinismo fuori dai confini iraniani, destabilizzando l’intero Medioriente per mezzo di organizzazioni jihadiste quali Hezbollah, Hamas e la Jihad Islamica e, parlando dei tempi odierni, le decine e decine di milizie paramilitari sciite sparse tra Siria, Iraq e Yemen. Non solo: allo scopo di colpire l’Occidente, Soleimani non si è fatto alcuno scrupolo a sostenere gruppi terroristi sunniti apparentemente nemici di Teheran, come al-Qaeda e, se necessario, lo stesso Isis. Per queste ragioni, Soleimani era nella lista dei terroristi non solo degli Stati Uniti e dei suoi alleati, ma anche in quella delle Nazioni Unite.

Ovviamente, dietro l’uccisione di Soleimani c’è molto di più di una semplice azione militare anti-terroristica. Si tratta di un messaggio fortissimo all’intera regione Mediorientale. Questa operazione, infatti, manda un messaggio fortissimo a Teheran in primis sulle sue attività’ imperialistiche in Iraq. Dopo il ritiro americano voluto da Obama nel 2011, Soleimani e i suoi avevano fatto dell’Iraq una provincia iraniana, finanziando centinaia di miliziani jihadisti sciiti, corrompendo i politici principali a Baghdad e provando ad esportare la rivoluzione khomenista nelle aree sciite del Paese. Una interferenza che non è mai stata gradita al potente Ayatollah al-Sistani, sempre avverso a Khomeini e che nelle ultime settimane ha provocato le proteste degli sciiti iracheni, che hanno chiesto il ritiro iraniano dal Paese prendendo d’assalto i consolati di Teheran a Najaf e Kerbala. L’Iran, come si è visto qualche giorno addietro, ha reagito ordinando ai suoi di assaltare l’Ambasciata americana a Baghdad. Eliminando Soleimani, Trump ha voluto far capire a Teheran che l’ora dell’impunità in Iraq è terminata, ovvero l’ora dell’appeasement obamaniamo verso l’Iran.

Ovviamente, l’uccisione di Soleimani non è un messaggio solamente diretto alla questione irachena. Il tema è enormemente più largo. E’ un messaggio diretto ad ogni area dove il regime iraniano ha creato i suoi proxy, prima di tutto in Libano, altro Paese dove gli sciiti stanno (finalmente) scendendo in piazza contro Hezbollah, ovvero contro il proxy iraniano per eccellenza, che nel sud del Libano ha creato un vero e proprio Stato nello Stato, rifiutando ogni richiesta (ONU) di disarmare il proprio braccio armato. E’ un messaggio anche per i terroristi filo iraniani a Gaza, in primis verso Hamas, che non solo perde uno sponsor, ma viene anche caldamente invitato a controllare direttamente la Jihad Islamica, clone del proxy iraniano per eccellenza. E chissà che non sia un messaggio anche ad Erdogan relativo al suo prossimo intervento in Libia: cosi come gli USA hanno ucciso Soleimani in Iraq, sono in grado di uccidere qualsiasi jihadista sunnita che venga mandato a combattere da Erdogan in Libia (in questo caso però, ovviamente, non parliamo di azioni americane contro i militari turchi).

Detto questo, ci sono altri due punti da aggiungere. Soleimani non è stato scovato per caso: sarà il tempo a rivelare che a tradire Soleimani, sono stati proprio quegli sciiti iracheni contrari all’influenza iraniana nel Paese, ormai pronti a tutto per liberarsi della stretta di Teheran. Considerando le proteste anti-iraniane in Libano, promosse proprio dagli sciiti libanesi, questo avvenimento dovrebbe far suonare le orecchie di Nasrallah…

Secondo punto: “Ci saranno delle conseguenze” è il messaggio di Khamenei dopo l’uccisione di Soleimani ed è questo che scrivono tutti i media Occidentali (e che dicono, vergognosamente, anche i democratici americani). E’ ovvio che ci saranno delle conseguenze. Ce ne sono sempre quando si combatte il terrorismo, ovvero quando si combatte qualcosa che richiede la forza e non la diplomazia. Non ci sono alternative e d’altronde, anni di inazione americana promossa da Barack Obama, hanno generato quelle che sono le attuali conseguenze terribili per il Medioriente odierno: la legittimazione del programma nucleare e missilistico iraniano e la proliferazione di milizie paramilitari sciite in Siria, Iraq, Libano e Yemen. E’ stato questo il reale problema del Medioriente, non l’uccisione di Soleimani e di un suo fedelissimo. Questa azione, con tutte le sue possibili conseguenze, ripulisce solamente l’area da un terrorista pericolosissimo. Perche’ questo era Soleimani: un terrorista pericolosissimo.



Chi era Soleimani, il terrorista dipinto come un eroe
Loredana Biffo

http://caratteriliberi.eu/2020/01/03/mo ... 2nfkqw1lqc

Quassem Soleimani è stato ucciso, ma chi era questo personaggio, pupillo dell’ayatollah Khamenei, che ora tutti si prodigheranno a definire come vittima degli americani?

Soleimani era il più potente e sanguinario comandante della Forza Qods del regime iraniano. Molti esponenti politici e dell’informazione ritengono che nella sua lunga carriera abbia commesso numerosi ed efferati crimini, non solo in Medio Oriente ma anche nei paesi occidentali.

Kenneth Timmerman, autore di “Conto alla rovescia verso la crisi”, ritiene che Soleimani non solo sia pari a Bin Laden in termini di gravità dei crimini commessi, ma che ora sia assolutamente più pericoloso di Bin Laden, con le mani più sporche di sangue di qualunque altro terrorista nel mondo, e che fosse giunto il momento di porre fine ai suoi crimini.

Gli analisti americani dicono che la pressoché totale mancanza di indagini su Soleimani, lo abbia reso ancora più famoso di Bin Laden tra la gente e nei circoli occidentali, dove è stato sempre visto come un simbolo dal regime iraniano dai suoi sostenitori estremisti di tutto il mondo, ammirato ed emulato da tutte le forze terroristiche in Medio Oriente.

Timmerman ritiene che Soleimani sia un simbolo, e che intendeva creare un califfato o uno stato islamico, ovvero che abbia tenacemente portato avanti lo scopo principale del regime iraniano, che ha sempre presentato Soleimani come un uomo forte, colui che doveva realizzare “l’obbiettivo della nazione”: ovvero estendere l’influenza iraniana in tutto il Medio Oriente e realizzare il nuovo Califfato Islamico, ecco perché partecipò alle guerre in Siria e Iraq, per incoraggiare le milizie sciite a combattere fino alla morte.

Il numero delle forze sotto il comando di Soleimani viene stimato dagli americani in centinaia di migliaia, sparse in tutto il Medio Oriente.

Il ruolo di Soleimani non si limitava semplicemente a minare le basi della sicurezza nella regione, ma anche ad interferire nelle questioni politiche, a distribuire posizioni ministeriali nei paesi sotto il suo giogo e, a volte, persino alla nomina dei loro primi ministri. Non si trattava di un “terrorista qualunque”, bensì esso rappresentava il clou di tutta la strategia imperialista iraniana.

Con Trump in carica, c’è stata una quantità crescente di richieste per porre fine all’intervento distruttivo iraniano nella regione, per designare l’Iran come uno stato sponsor del terrorismo e Soleimani leader dei terroristi.

Gli esperti di terrorismo ritengono che la forza Quds sia il braccio estero delle Guardie Rivoluzionarie, sottolineando che questa ha fatto cose che possono essere considerate, a livello internazionale, atti terroristici.

La forza Quds è responsabile della creazione degli Hezbollah libanesi, li rifornisce di supporto militare, finanziario e dell’addestramento, in modo da renderli in grado di compiere atti terroristici e di dominare il Libano dopo essersi sbarazzati di Rafiq Hariri, l’ex-Primo Ministro libanese.

L’Iran ha una lunga storia come sponsor del terrorismo, ha dato rifugio a membri di Al-Qaeda, d’accordo con Osama Bin Laden durante gli anni ’90, e alcuni familiari di Bin Laden vivono tutt’ora in Iran.

La forza Quds è anche accusata di compiere atti terroristici negli Stati Uniti, come il tentativo di assassinare Adel al-Jubeir, l’ex-ambasciatore saudita negli Stati Uniti. E secondo lo stesso Pentagono, Soleimani e i suoi uomini hanno addestrato i terroristi a creare dispositivi esplosivi e ad utilizzarli in Iraq e Afghanistan contro le truppe americane. Ecco perché gli americani hanno un grande interesse ad indagare sulla forza Quds e sul suo comandante.

Da non dimenticare che il regime iraniano agisce ed è responsabile di azioni terroristiche a livello internazionale. Note sono anche le lobby contro il movimento di opposizione fondato da Maryam Rajavy, Presidente eletta della Resistenza Iraniana, la quale ha più volte dichiarato che il Ministero dell’Intelligence del regime, opera attraverso una infinità varietà di metodi intimidatori e tattiche di eliminazione dei dissidenti all’estero.

Gli agenti possono lavorare sotto copertura come diplomatici nelle ambasciate iraniane o in compagnie cine Iran Air, nelle filiali di banche iraniane o anche in aziende private.

Si pensa che anche molti iraniani che sono impiegati in centri educativi all’estero, come nelle università, lavorino per il MOIS, poiché spesso devono tornare in Iran – sia per problemi di immigrazione o per borse di studio rilasciate dal governo iraniano o per altri motivi – essi potrebbero cooperare con il MOIS. Per il trasferimento di danaro il MOIS spesso sfrutta banche controllate dallo Stato con filiali in altri paesi.

Anche l’Hezbollah libanese e la Qods (o Quds) Force sono legati dal punto di vista organizzativo al MOIS. Il supporto a Hezbollah è sempre stato uno degli obiettivi della politica estera iraniana che ritiene Israele una minaccia; l’Iran fornisce ad Hezbollah supporto logistico e materiale, usandolo come tramite nelle sue operazioni di intelligence. Questo supporto è fornito sotto l’egida della diplomazia iraniana, oltre che del coordinamento delle Guardie Rivoluzionarie gestite da Soleimani.

La più grande infiltrazione du Al-Qods in Europa si trova bell’ambasciata iraniana in Germania. Al terzo piano dell’ambasciata erano presenti venti impiegati appartenenti alla Qods Force che coordinavano le attività terroristiche in Europa. Più recentemente sono stati costituiti importanti centri operativi in Bulgaria e Al-Qods ha provato a stabilirne un altro a Milano.

Soleimani è stato riconosciuto come terrorista perfino dalle Nazioni Unite, a dispetto di questa realtà, la propaganda occidentale attraverso Obama è riuscita a dipingerlo come un eroe, un combattente, così come ha dipinto il Presidente Rouhani come un moderato benché egli abbia fatto in passato, parte della famigerata “Commissione della morte”, nonostante lo scempio perpetrato da questi in merito ai diritti umani, il mondo, e in particolare l’Europa è stata spettatrice muta del massacro che stanno perpetrando nei confronti della popolazione iraniana in rivolta.

È bene chiarire che Soleimani era un terrorista, comandante dei Pasdaran – Forza Qods, fautrice dell’esportazione della rivoluzione khomeinista del 1979 in tutto il mondo, per instaurare ovunque lo Stato Islamico, a partire dai paesi già coinvolti in questo processo, quali la Siria, il Libano, l’Iraq la Striscia di Gaza e lo Yemen, che possono essere considerate vere e proprie aree sotto il tacco del regime degli ayatollah. Il MOIS ha inoltre da diversi anni agenti all’estero preposti a rapire iraniani dissidenti fuggiti dal paese, con il compito di riportarli in Iran per imprigionarli e ucciderli.



Curriculum di Sangue: Il sostituto di Soleimani
6 gennaio 2020

http://www.linformale.eu/curriculum-di- ... I2ODBdXzBg

Quasam Soleimani è stato ucciso dalle forze statunitensi, non vi sono dubbi che il pupillo di Khameni fosse il terrorista più spietato del micidiale apparato dei pasdaran, egli infatti era il famigerato comandante della forza Quds ed è stato lui ad ordinare l’uccisione di 4000 manifestanti (di cui molti minorenni) che da tempo protestano contro il regime- Sono stati uccisi tramite dei cecchini che miravano alla testa e al collo.

Ne ha fatti arrestare ufficialmente 7000, molti sono stati brutalmente prelevati dagli ospedali anche se feriti più o meno gravemente. Solo per citarne alcuni, i minori uccisi sono: Ali Reza Abdollahi di 13 anni; Nikta Esfandanidi 14 anni. Tutto questo è avvenuto in soli cinque giorni, a riprova della feroce organizzazione che caratterizza il regime nell’attuare la repressione sul popolo in rivolta. Anche i bambini siriani sono stati uccisi per volere di Soleimani, così come i dimostranti iracheni che protestavano contro l’ingerenza del regime iraniano nella regione, e che hanno ottimi motivi per festeggiarne la morte.

L’eliminazione di una figura chiave del regime, potrebbe anche rappresentare un punto di svolta se solo l’Europa (che fino ad ora si è sempre dimostrata prona agli interessi nell’area, e ben lungi dal prendere posizione) sostenesse il popolo in rivolta che scalpita per rovesciare il regime; ma la razionalità politica ci deve indurre a pensare che potrebbe essere molto più probabile che sia Trump ad agire in questa direzione, anche se il recente defenestramento del Consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, un accanito sostenitore del regime change, fa pensare che non sia questa l’intenzione del presidente USA.

Il punto fondamentale ora è che il regime non starà certo a guardare o ad aspettare eventuali mosse americane, ne tantomeno lascerà che il popolo in rivolta prenda il sopravvento, e infatti, per quanto Soleimani fosse quotato in seno al regime, questi ha prontamente trovato un sostituto degno, con un curricula criminale che non è certo secondario a quello di Soleimani.

Si tratta di Esmail Qaani-Akbarnejad, che è stato per anni il vice di Soleimani nella forza terroristica Qods. Nato nel 1957 a Bonjnourd, è entrato a far parte dei Pasdaran fin dal primo momento dell’instaurazione del regime degli Ayatollah. Dal 1980 è stato inviato nella regione del Kurdistan iraniano per massacrare la popolazione curda.

Si tratta di uno dei comandanti più efferati del Corpo dei guardiani della rivoluzione (CGRI/Pasdaran), che è un organo che da 40 anni – ovvero dall’ascesa di Khomeini – svolge un ruolo importante nella repressione del popolo iraniano e nei massacri in Siria, Iraq, nello Yemen e altri paesi nella regione mediorientale.

Nel rapporto del Comando Generale dell’Esercito di Liberazione Nazionale dell’Iran (ALNI), nell’operazione Luce Eterna, Qaani ha agito contro i combattenti per la libertà in qualità di comandante della trentunesima divisione Nasr 5: In base allo stesso rapporto, Soleimani ha anche partecipato a questa operazione in trentunesima divisione di Sarollah, rendendosi responsabile della morte di numerosi feriti e prigionieri dell’Organizzazione dei Mujahedin del popolo dell’Ira (OMPI/MEK).

Dopo la fine della guerra, Qaani è stato comandante dei servizi segreti nella regione del Kurdistan, capo dell’ufficio d’intelligence del comando congiunto del CGRI, comandante della forza aerea del CGRI e vicecapo dell’intelligence de comando congiunto del CGRI.

Nel 1987 è stato nominato comandante del corpo Ansar, responsabile delle azioni terroristiche in Afghanistan e Pakistan. In tale veste ha organizzato e ordinato operazioni speciali in tutta l’area. Inoltre durante la rivolta di migliaia di persone a Machad nel 1992, Quasi ha svolto un ruolo determinante nella repressione sanguinaria delle proteste.

Durante una rivolta studentesca nel luglio 1999, è stato uno dei firmatari di una lettera scritta da 24 comandanti del CGRI al presidente Mohammad Khatami in carica all’epoca, chiedendo di reprimere anche con l’uccisione i manifestanti.

Quaani è stato coinvolto nell’esportazione del bellicismo e del terrorismo verso l’Iraq e lo Yemen. Dall’aprile 2014 si recò regolarmente in Iraq per sovrintendere l’addestramento delle milizie. Dopo la guerra contro la popolazione di al-Anbar condotta dall’allora primo ministro Nouri al-Maliki, Quasi si è recato in Iraq il 17 maggio 2014 con una delegazione di quattro membri della Forza Qods, e nei mesi successivi, come indicato dal segretariato del CNRI in un comunicato del 26 dicembre 2014 vi ha fatto ritorno diverse volte.

La posizione del regime degli Ayatollah è ormai fortemente indebolita dalle persistenti sommosse popolari e questo non fa che indurlo a serrare sempre di più i ranghi opprimendo duramente i manifestanti. Il colpo che ha subito con l’eliminazione di Soleimani è significativo, ma occorre non sottovalutare la sovrastruttura del regime che con l’inserimento di Quaani a capo dei Pasdaran, ha dimostrato di avere un’organizzazione ancora importante, anche se non mancano al suo interno delle divisioni; si è visto specialmente durante le manifestazioni popolari di questi ultimi mesi, in cui per la prima volta si è verificato che alcune guardie rivoluzionarie si sono rifiutate di colpire i manifestanti. Questo fatto inedito ai nostri occhi può apparire banale, ma bisogna considerare che è invece molto significativo se la dinamica si svolge all’interno di un sistema dittatoriale che sopravvive da 40 anni, certo, anche grazie al sostegno del mondo occidentale che non ha mai fatto nulla per appoggiare i resistenti. Questa sarebbe l’occasione buona per favorire Regime Change, gli scenari restano aperti, ma se questa occasione venisse sprecata, il regime avrebbe l’ennesima occasione per rafforzarsi o quantomeno mantenere il potere proseguendo con il massacro del suo popolo e ad essere un reale pericolo per Israele e l’Occidente visto il determinante contributo che questo dà al finanziamento dei vari gruppi terroristi.








???

L‘attacco a Benghazi (Bengasi) contro l'ambasciata USA dove sono stati prima sodomizzati e poi bruciati vivi l ‘Ambasciatore e il suo Segretario era opera del terrorista Suleyman.


Ecco cos'è davvero successo la notte in cui è stato ucciso l'ambasciatore Stevens in Libia
LeoneGrotti

https://www.tempi.it/ecco-cose-davvero- ... -in-libia/

Il resoconto del Dipartimento di Stato americano racconta di un assalto in piena regola a Bengasi da parte di milizie armate. «Non c’era nessuna protesta anti-islam». Trovati i presunti responsabili.

«Un attacco letale senza precedenti portato a termine da un grande numero di persone armate». Così è stato definito da un importante membro del Dipartimento di Stato americano l’attentato che l’11 settembre scorso a Bengasi ha causato la morte dell’ambasciatore Chris Stevens e di altri tre americani. «È molto, molto difficile trovare un precedente come questo nella recente storia diplomatica. Non c’era mai stato in Libia, né a Tripoli né a Bengasi, un attacco così».

VERSIONI CONTRASTANTI. Da principio, era stata diffusa la versione secondo cui l’attacco all’ambasciata americana di Bengasi, la roccaforte dei “ribelli” libici e la città da cui è partita la controffensiva a Muammar Gheddafi, era stato spontaneo in seguito alle proteste del mondo musulmano contro la pubblicazione del video “L’innocenza dei musulmani“. Ma secondo quanto riferito ieri da alti ufficiali alla AbcNews le cose stanno diversamente.

«NON C’ERA NESSUNA PROTESTA». Nel compound che ospitava l’ambasciatore ci sono quattro edifici: le caserme che ospitano le guardie locali, l’edificio centrale che contiene la residenza dell’ambasciatore Stevens e il Toc (Tactical Operations Center) che serve per la sicurezza e le comunicazioni. L’area, grande come un campo da football americano, è recintata da un muro alto tre metri con un ulteriore metro di filo spinato sopra di esso. Stevens era arrivato a Bengasi il 10 settembre con cinque guardie più le tre di ordinanza e altre due mandate da Tripoli. Secondo il Dipartimento di Stato non c’è stata nessuna protesta prima dell’attacco: «Non stava succedendo niente di strano». Alle 21.40 gli agenti sentono rumori, spari e un’esplosione all’interno del compound e vedono uomini armati entrare. L’ambasciatore con l’ufficiale americano Sean Smith e una guardia si mettono al sicuro nell’edificio principale in una stanza di sicurezza. Da lì, vedono gli uomini armati girare per l’edificio alla loro ricerca.

IL FUOCO E LA MORTE DI STEVENS. Non trovando nessuno, gli uomini armati danno fuoco all’intero edificio: il fumo nero e denso in poco tempo pervade tutto, anche la stanza dove si trovano Stevens e gli altri due. A questo punto, mentre un agente riesce ad uscire dall’edificio che va a fuoco, gli altri agenti, che si trovavano in un edificio differente da quello dove era rinchiuso Stevens, riescono a chiedere aiuto via radio. Un gruppo di sei agenti di sicurezza insieme a 16 membri della milizia libica locale, Brigata del 17 febbraio, soccorrono l’ambasciatore Stevens, probabilmente già morto per soffocamento, e di fianco a lui trovano Smith morto. Combattendo contro gli assalitori si fanno strada fino al “annex”, una struttura di sicurezza a pochi chilometri dal compound. Qui ingaggiano una battaglia nella quale muore Glen Doherty, agente di sicurezza americano colpito da una granata, prima dell’arrivo dei rinforzi statunitensi da Tripoli che riescono ad evacuare tutti all’aeroporto di Bengasi e poi a Tripoli su due aerei. Resta poco chiaro chi abbia portato Stevens all’ospedale che ha cercato di salvargli la vita.

TROVATI GLI ISLAMISTI DI ANSAR AL-SHARIA. Se le proteste spontanee per il film anti-islamico non c’entrano, il principale indiziato dell’assalto all’ambasciata resta la brigata irregolare islamista Ansar al-Sharia, cacciata qualche giorno dopo l’attentato dalla città di Bengasi dalla popolazione. L’esercito libico li ha stanati nella regione collinare Jebel Akhdar, ma come affermato dal comandante della task force del governo, «hanno 200 uomini e 17 veicoli armati. Sono troppo pericolosi per noi». Anche Gheddafi a suo tempo aveva tentato di debellare la brigata ma nonostante avesse un contingente di 30 mila soldati non era riuscito a sconfiggerli.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » lun gen 06, 2020 10:40 pm

No all'indipendentismo veneto venezianista, antisemita, antiamericano, filonazimaomettano e filorusso putiniano.


Condivido pienamente con questa associazione (venezianista e marciana) la critica ai veneti indipendentisti antisemiti, antiamericani e filonazimaomettani, ma non sono assolutamente venezianista, serenissimo e marciano.

VENETO SERENISSIMO GOVERNO
Ufficio di Presidenza

É bene chiarirlo: nessun terrorista troverà mai asilo in Veneto!

Noi come Veneto Serenissimo Governo, quale unica voce della resistenza popolare marciana, abbiamo l’obbligo di prendere posizione rispetto alla morte del terrorista Soleimani. La linea che deve seguire ogni patriota Veneto rispetto alla lotta al terrorismo è stata segnata dal Doge Sebastiano Venier durante le fasi precedenti la Battaglia di Lepanto: “Che si combatta è necessità et non si può far di manco!”. Ogni tentennamento, ogni dialogo, ogni trattativa vengono visti dal terrorismo come debolezza e segno di sottomissione. Non dimentichiamo mai la fine che dovette patire l’eroe veneto Marcantonio Bragadin al termine della resistenza a Famagosta: fu scuoiato vivo!

Si può notare nei commenti di alcuni pseudo-venetisti una sorta di sudditanza rispetto all’aggressività islamista, guidata, si direbbe, esclusivamente da uno spirito anti-statunitense, e dalla assurda convinzione che gli avvenimenti al di fuori dal proprio orticello non riguardano il futuro della nostra terra veneta. Questa miopia politica è patetica, oltre che pericolosa: deve essere chiaro che fintanto che esisterà il Veneto Serenissimo Governo la patria Veneta non soccomberà all’invasione islamica palese o occulta. L’evento della morte della terrorista Soleimani ha fatto in modo che tutte le quinte colonne amiche del terrorismo islamico venissero a galla, l’asticella è chiara e visibile a tutti o si è contro il terrorismo o si è complici del terrorismo, non esistono né mezze misure né zone grigie in questa battaglia. Non dobbiamo aspettare che le nostre gole siano sgozzate per combattere, perché in quel caso sarà troppo tardi, la difesa avanzata, come quella applicata per eliminare Soleimani è la corretta via per contenere e sconfiggere il terrorismo.

Non siamo stanchi di girare per le nostre città rischiando di incrociare quelli che il perbenismo occidentale chiama pazzi, ma che in realtà sono chiaramente terroristi, che al grido di “allah akbar” si avventano contro di noi e le nostre famiglie per ucciderci? La vigilanza è d’obbligo, come è d’obbligo avvisare le forze di polizia e carabinieri per ogni sospetto che abbiamo (le forze d’ordine presenti nel nostro territorio non sono nemiche ma saranno indispensabili nella ricostituita Veneta Serenissima Repubblica). Diffidiamo da chi addita le forze armate come nemiche perché essi vogliono solo trasformare il Veneto in una terra di conquista per chi garantirà impunità alle loro malefatte contro l’ambiente e contro il prossimo.

Ma è bene chiarire perché Soleimani, come lo stato che esso rappresentava, ovvero l’Iran, sono solo dei terroristi che nulla hanno da invidiare alla Germania Nazista, questi criminali hanno finanziato: Hezbollah, Jihad islamica, milizie shiite, Hamas, miliziani in Yemen, decine di gruppi terroristi al di fuori del medioriente. Questi manigoldi inoltre amano organizzare festival negazionisti ed antisemiti, oltre che minacciare continuamente la sopravvivenza dello Stato d’Israele (il quale, è sempre bene ricordarlo, è l’unica democrazia mediorientale, e una delle migliori democrazie a livello globale).

A fronte di quanto qui sopra evidenziato è evidente che chiunque tentenni rispetto al terrorismo né è complice, e come tale è nemico del Veneto, della sua storia, cultura e tradizioni. Quindi cari incerti e detrattori fatevi un esame di coscienza perché la storia non perdona, la responsabilità delle azioni è sempre e solo principalmente individuale….nessuno potrà lavarsene le mani.



Venezia-Longarone, 05 gennaio 2020
Per il Veneto Serenissimo Governo
il Ministro degli Esteri
Demetrio Shlomo Yisrael Serraglia
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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » gio gen 09, 2020 7:48 am

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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » gio gen 09, 2020 7:50 am

Dalla parte del bene e della civiltà, di Trump e dell'America trumpiana, degli ebrei e di Israele la loro terra.
Sei l'unico che difende i cristiani, Bergoglio invece li lascia sgozzare dai nazi maomettani senza mai alzare la voce la mano contro come se i cristiani fossero colpevoli del male del Mondo.
Trump sei la nostra speranza
!

Dalla parte del bene e della civiltà,
di Trump e dell'America trumpiana,
degli ebrei e di Israele la loro terra.

Trump sei l'unico che difende i cristiani,
Bergoglio invece li lascia sgozzare dai nazi maomettani senza mai alzare la voce e la mano contro come se i cristiani fossero colpevoli del male del Mondo e i nazi maomettani il bene.
Trump sei la nostra speranza!


Je suis Charlie e Trump, forza Trump!
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2482

Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =25&t=2771



Dissento dalla destra, sinistra e cattolici che santificano Soleimani e demonizzano Trump. Sto, pur in modo critico, con Stati Uniti e Israele

Magdi Cristiano Allam
7 gennaio 2019

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... __tn__=K-R


Cari amici, l’Europa, sia come Unione Europea sia come Stati, ha condannato l’azione militare americana culminata nell’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani colpito da un drone all’aeroporto di Bagdad venerdì scorso 3 gennaio.
Per quanto concerne specificatamente l’Italia stiamo registrando una convergenza tra la destra dall’anima fascista, la sinistra dall’anima comunista e la fazione cattolica dall’anima anti-ebraica nel santificare Soleimani e demonizzare Trump; nell’esaltare la “resistenza popolare” della teocrazia degli ayatollah iraniani e denunciare “l’imperialismo” della democrazia americana; nel concepire l’islam sciita immune dalla violenza e bastione della guerra al terrorismo islamico e l’islam sunnita come intrinsecamente violento e artefice del terrorismo islamico; nel suddividere il Mondo tra i “buoni” che aspirano alla pace, un fronte che comprenderebbe l’Iran, l’Europa, la Russia e la Cina, e i “cattivi” che scatenano le guerre, un fronte che comprenderebbe l’Arabia Saudita, Stati Uniti e Israele.
Più dettagliatamente il generale Soleimani viene indicato non solo dall’Iran, ma anche dai governi e dalla stampa europea, come il protagonista della sconfitta dei terroristi islamici dell’Isis. Di conseguenza averlo ucciso corrisponderebbe a un attentato terroristico pari a quelli perpetrati dall’Isis.

Ebbene a questo punto è doveroso chiarire chi era veramente il generale Soleimani. Diciamo subito che non era un generale dell’Esercito regolare dell’Iran e che non è mai stato un militare di carriera.
All’indomani della presa del potere da parte dell’imam Khomeini nel 1979, Soleimani a 22 anni si arruolò nei Pasdaran, le “Guardie della Rivoluzione islamica”, che nascono come una milizia paramilitare ideologicamente asservita al potere islamico per contrastare l’esercito regolare costituito dal precedente regime monarchico e laico dello Scià Reza Pahlevi. Di fatto Soleimani ha fatto parte di un apparato repressivo concepito per salvaguardare costi quel che costi la teocrazia islamica, del tutto simile alla realtà delle “camicie nere”, come venivano indicati gli aderenti alla “Milizia volontaria per la sicurezza nazionale”, costituita da Benito Mussolini nel 1922 come corpo paramilitare del fascismo distinto dall’Esercito Regio, così come è simile alla realtà delle “camicie grigie”, come si indicavano gli aderenti alle Sturmabteilung o “Squadre d’assalto”, la formazione paramilitare di natura repressiva costituita da Adolf Hitler per promuovere l’avvento al potere del Partito Nazista.
Con maggiore precisione, il generale Soleimani dal 1998 è stato il comandante della Niru-ye Qods, letteralmente “Brigata Santa” ma anche “Brigata Gerusalemme”, che è una divisione in seno ai Pasdaran che ha il compito preciso di diffondere l’ideologia della “rivoluzione islamica” e favorire la penetrazione del potere dell’Iran con tutti i mezzi, dalla costituzione di partiti vassalli alla guerra, dalla propaganda al terrorismo. Nel 2008 Soleimani si presentò così al generale David Petraeus, comandante delle forze armate americane in Iraq, tramite un messaggio che il Presidente iracheno Jalal Talabani ricevette sul suo telefono e fece leggere a Petraeus: «Generale Petraeus, dovrebbe sapere che io, Qassem Soleimani, controllo la politica dell’Iran per quanto riguarda l’Iraq, il Libano, Gaza e l’Afghanistan. Inoltre, l’ambasciatore a Bagdad è un membro delle forze Qods. Colui che lo va a sostituire è, anche lui, un membro delle forze Qods». Soleimani rispondeva del suo operato direttamente alla Guida Suprema dell’Iran, il Grande Ayatollah Khamenei, e aveva carta bianca per realizzare l’obiettivo dell’esportazione della rivoluzione islamica iraniana all’estero: ingenti mezzi finanziari, tutte le armi e i militari necessari, potere politico, licenza di scatenare guerre, ordire colpi di stato, perpetrare attentati terroristici. Di fatto Soleimani era a capo del più potente apparato iraniano per le operazioni segrete finalizzate a estendere l’influenza islamica sciita in Medio Oriente.

Chiariamo che il maggior successo dei Pasdaran e della sua “Brigata Gerusalemme” è stata la fondazione del Hezbollah, il Partito di Allah, in Libano nel 1982. E che il suo battesimo si consumò a suon di attentati terroristici suicidi contro le forze americane e francesi. Il 18 aprile 1983, un attacco suicida all'ambasciata americana a Beirut ovest provocò la morte di 63 persone. Il 23 ottobre 1983 un duplice attentato dinamitardo suicida alle basi americana e francese della Forza Multinazionale causò la morte di 241 marines statunitensi e 56 paracadutisti francesi. I Pasdaran parteciparono alla guerra in Afghanistan al fianco di Ahmad Shah Massoud contro i sovietici e in Bosnia al fianco dei musulmani. È stata accertata la responsabilità dell’Iran negli attentati del 1992 contro l’Ambasciata d’Israele a Buenos Aires che causò la morte di 29 persone e del 1994 contro l’edificio della Israelite Mutual Association a Buenos Aires che causò la morte di 85 persone. Ugualmente l’Iran è responsabile dell’attentato del 18 luglio 2012 contro un autobus di turisti israeliani in Bulgaria che ha ucciso cinque persone più l'autista. Nei Territori palestinesi l’Iran sostiene militarmente e finanziariamente il terrorismo islamico di Hamas e del Jihad islamico. In Iraq Soleimani aveva promosso un movimento sciita anti-americano sostenendo le milizie sciite presenti, le Brigate Badr e l’Esercito Mahdi, e costituendone altre tra cui “Kataib Hezbollah”, responsabile dell’assalto con migliaia di miliziani all’ambasciata americana a Bagdad il 31 dicembre e il primo gennaio che ha determinato la decisione di Trump di reagire uccidendo il generale Soleimani.

Concludendo: il generale Soleimani è stato il più potente agente segreto responsabile delle “operazioni coperte” per esportare la rivoluzione islamica ed estendere l’egemonia dell’Iran in Medio Oriente. Non era un militare che difendeva la Patria dedito alla “resistenza popolare”. Serviva il regime teocratico islamico più agguerrito al mondo, dove la “Guida spirituale” ha il potere assoluto sul piano legislativo, giuridico ed esecutivo e la cui missione è diffondere ovunque nel mondo la rivoluzione islamica con tutti i mezzi, compreso il terrorismo. L’islam sciita ha praticato il terrorismo islamico suicida al pari dell’islam sunnita. Il fatto che il generale Soleimani sia stato partecipe nella guerra all’Isis si deve alla specificità del conflitto storico e ancestrale tra sunniti e sciiti, non certamente al fatto che lui fosse ostile o estraneo al terrorismo.

Cari amici, io sono totalmente contrario a chiunque violi il valore della sacralità della vita di tutti, quindi sono totalmente contrario a chiunque pratichi il terrorismo che deliberatamente mira a uccidere il prossimo per il semplice fatto che non si sottomette al proprio arbitrio. Ed è il caso del terrorismo islamico che è di natura aggressiva. I terroristi islamici uccidono non per ciò che facciamo ma per ciò che siamo, ci uccidono perché siamo cristiani, ebrei, americani, occidentali, o anche sciiti o sunniti, a prescindere da ciò che facciamo. Diverso è il caso di chi è costretto a reagire per difendere il proprio legittimo diritto alla vita, ed è il caso delle azioni militari degli Stati Uniti e di Israele. Io non difendo ciecamente l’operato di Trump o di Netanyahu, ma difendo nel modo più assoluto il diritto alla vita degli americani e di Israele come Stato del popolo ebraico. Mi riservo di criticare delle specifiche iniziative di Trump o di Netanyahu, ma sono decisamente schierato dalla parte degli Stati Uniti e di Israele, perché si fondano sulla civiltà della vita, e sono decisamente schierato contro l’Iran ma anche contro l’Arabia Saudita e la Turchia di Erdogan, perché promuovono la cultura della morte.





Iran, Trump: "Finché sarò presidente non avrà mai la bomba nucleare"
WASHINGTON - Il presidente americano, prima ancora di salutare al suo arrivo alla conferenza stampa alla Casa Bianca, in ritardo di 30 minuti, ha detto che l'Iran "non avrà mai la bomba atomica".

Iran, Donald Trump: "Sembra che Teheran stia indietreggiando" e minaccia sanzioni
08 gennaio 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/0 ... 245269940/

In una conferenza stampa alla Casa Bianca il presidente ha rivendicato la legittimità dell'uccisione di Qassem Soleimani, definendolo l'uomo chiave di tutti gli atti terroristici nella regione, ma ha anche abbassato i toni senza annunciare ritorsioni all'attaco iraniano di questa notte


"Sembra che l'Iran abbia indietreggiato", ha detto un Trump soddisfatto, "nessuno dei nostri soldati è stato colpito, e i danni alle nostre basi in Iraq, sono stati minimi. Soprattutto grazie agli avvertimenti preventivi che hanno funzionato molto bene. Gli americani si devono reputare molto fortunati". Il presidente ha poi iniziato a fare un lungo elenco delle ragioni che hanno portato all'uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani. Ha poi annunciato "nuove sanzioni economiche punitive" contro Teheran, che "resteranno in vigore finché l'Iran non cambierà comportamento. Per troppo tempo le nazioni hanno tollerato le azioni destabilizzanti dell'Iran in Medio Oriente. Questi giorni sono finiti", ha aggiunto.


Gino Quarelo
Grande presidente, benefattore dell'umanità, non uno ma dieci premi nobel, grazie Trump! Altro che Bergoglio!



IL LEADER SUNNITA IN IRAQ: «SOLEIMANI MANDANTE DI 12 MILA ASSASSINII»
di Lorenzo Cremonesi

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... highlights

"...«Ma voi in Europa sapevate che Qassem Soleimani è stato direttamente coinvolto nel rapimento di oltre 12.000 iracheni? Di loro dal 2015 non si hanno notizie e quasi certamente sono stati brutalmente assassinati dalle sue milizie estremiste sciite»..."

"... «In Iraq questa è una verità nota e confermata da migliaia e migliaia di testimoni. Sono le famiglie delle vittime, per lo più giovani sunniti che tra il 2014 e il 2015 fuggivano verso sud da Mosul e le regioni occupate dalla guerriglia di Isis. Vennero fermati dalle milizie che Soleimani stava contribuendo a costruire reclutando giovani, specie dalle province sciite nel centro-sud del Paese. Le loro vittime vennero rapite e massacrate nei mesi seguenti: all’inizio nella regione di Nassiriya si parlò di almeno 5.000 desaparecidos. Il gruppo Kataeb Hezbollah, comandato da quello stesso Abu Mahdi al Mohandis ucciso dagli americani assieme a Soleimani, massacrò poi altri 900 in fuga dalla zona di Saqlawie. La cifra di 12.000 morti è la sommatoria dei desaparecidos in più località. Ma i nostri governi sono troppo deboli per condannare o aprire inchieste. E questo è un altro segnale di quanto gli apparati dello Stato iracheno siano già nelle mani degli iraniani. Teheran ci ha spodestati della nostra sovranità nazionale»..."

"...Soleimani ha a sua volta provocato la morte violenta di centinaia di migliaia di civili innocenti. È stato l’architetto della repressione in difesa del regime di Bashar Assad in Siria, che dal 2011 è costata almeno mezzo milione di morti oltre a 12 milioni tra profughi e sfollati, orchestrava la guerra in Yemen, era stato tra i massimi fautori dell’apparato militare di Hezbollah in Libano. In Iraq le conseguenze del suo operato sono state gravissime». .."

"...Soleimani ha personalmente ordinato ai cecchini delle milizie sciite addestrate dagli iraniani di fare fuoco contro i giovani rivoltosi di piazza Tahrir. In tre mesi registriamo 600 morti e 22.000 feriti. Ma il governo non fa nulla, non cerca di arrestare gli assassini. Niente, tutti zitti. Teheran ci ha già trasformati nel loro campo di battaglia contro gli americani. Ma c’è di più: Soleimani voleva trasformarci in una loro provincia»..."

https://www.corriere.it/video-articoli/ ... X5RuouPYHY




Il monito di Trump all'Iran: "Non avrete mai l'atomica"
Renato Zuccheri - Mer, 08/01/2020

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/mon ... 7i5VgKq1ks

Il presidente parla dopo il lancio di razzi alle due basi Usa in Iraq. "Soleimani andava ucciso". Ma apre all'accordo

Donald Trump parla in conferenza stampa dopo il raid che ha colpito le due basi americane in Iraq, questa notte. È un presidente degli Stati Uniti che parla chiaro, ma che apre anche al dialogo.

Si dichiara soddisfatto dal fatto che gli attacchi con i missili lanciati dall'Iran non abbiano provocato alcuna vittima tra i soldati americani e conferma "Nessuna vita americana e irachena è stata perduta, grazie alle precauzioni adottate e al sistema di avviso anticipato". Una frase che smentisce le prime indiscrezioni provenienti dalla stampa iraniana che avevano addirittura parlato di 80 morti. Cifra ridimensionata fino alla conferma dell'assenza di feriti e vittime.

Per Trump è il segnale che la Casa Bianca si aspettava. Ma non è tutto. Il presidente degli Stati Uniti ha confermato che sotto di lui il governo iraniano non avrà mai un'arma nucleare e afferma la necessità di mantenere la pressione alta sulla Repubblica islamica. Nessuna marcia indietro quindi, ma apertura al dialogo sulla base di un nuovo accordo che faccia scomparire quello sul programma nucleare voluto da Barack Obama e dagli altri Paesi europei. Un accordo che a detta del leader Usa non ha fatto altro che accrescere il potenziale bellico iraniano, e che proprio per questo ha provocato l'uscita degli Stati Uniti non appena il leader repubblicano è stato aletto alla guida del Paese. E conferma che Teheran non avrà mai la bomba atomica.


L'apertura su un nuovo accordo

Il presidente americano continua a ribadire la necessità di un accordo con l'Iran "per il bene del popolo iraniano". Uno spiraglio che la Casa Bianca non ha mai voluto chiudere con la Repubblica islamica nonostante la costante e violenta pressione nei confronti degli Ayatollah. L'uccisione del generale Qasem Soleimnai per Trump è una tappa verso l'accordo, non l'inizio di una nuova e terrificante escalation. E il messaggio pare sia stato recepito anche a Teheran visto che l'attacco di questa notte a Erbil e contro la base Al Asad di fondo è uno schiaffo più simbolico che politico.

"Siamo pronti alla pace, con tutti quelli che la desiderano" ha detto il presidente Trump, incontrando la stampa. "Sembra che l'Iran stia allentando la tensione, è una buona cosa per tutte le parti in causa" ha detto il capo della Casa Bianca pur ribadendo la necessità che l'Iran fermi i "focolai".


Maggiore impegno Nato

La conferenza stampa serve infine a chiedere anche all'Alleanza atlantica un impegno maggiore sul fronte mediorientale. Trump ha chiesto ancora una volta ai suoi alleati della Nato di fare di più nel quadrante mediorientale. E in questo modo continua a ribadire la necessità di un maggiore coinvolgimento anche economico oltre che militare dei partner europei.



L'eliminazione di Soleimani ostacola il progetto imperialista iraniano
Ugo Volli
8 gennaio 2020

https://www.progettodreyfus.com/soleima ... DMBOzAfaTE

Le analisi che abbiamo letto in questi giorni dopo l’uccisione americana del generale Soleimani sono state viziate, come al solito, da odio antiamericano e subalternità all’islamismo. Eppure gli argomenti per considerare giustificato e utile, addirittura necessaria la scelta di Trump sono chiarissimi.

In primo luogo, sul piano etico-politico, è chiaro che negli ultimi tempi più ancora che in passato, l’Iran sta usando le risorse di un paese ricco, beneficato ulteriormente dall’accordo IPCOA voluto da Obama, per preparare una guerra in grande stile, apprestando sistemi d’arma missilistici intercontinentali e bombe atomiche; ma soprattutto sta conducendo una guerra a bassa intensità, spesso usando satelliti come Hezbollah, Houtis, Hamas e contando sull’appoggio russo e cinese, contro Stati Uniti, Israele, Arabia ed Egitto, alla ricerca di un impero regionale. Per costruirlo l’Iran ha bisogno di eliminare Israele, cacciare gli Stati Uniti dalla regione imponendo loro perdite intollerabili e colpire i centri di potere alternativo come Arabia ed Egitto. Se ci riuscisse potrebbe contare sui due terzi delle risorse petrolifere del mondo e controllare stretti vitali per l’economia mondiale come quelli che chiudono il Golfo Persico e il Maro Rosso.

Questo progetto imperialista, cui corrisponde un controllo totalitario della società interna, è in corso da decenni, è stato fortemente incrementato dall’IPCOA e ha portato l’Iran a controllare quattro stati stranieri (Libano, Siria, Iraq, Yemen), minacciando ormai da vicino Israele e Arabia. Negli ultimi mesi, oltre ad attaccare i propri nemici in questo teatro, l’Iran ha rapito petroliere e altre ne ha colpite con Mine nel Golfo e all’imbocco del Mar Rosso, ha bombardato i pozzi di petrolio dell’Arabia, ha cercato di colpire Israele dal Nord e dal Sud con altri missili, ha abbattuto mezzi militari americani, ha investito risorse ingenti per creare una rete logistica militare dal suo territorio attraverso l’Iraq e la Siria fino al Libano. Insomma esso è oggi oggettivamente il più grande e attivo pericolo per la pace del mondo. Il coordinamento di questa grande azione strategica e le disposizioni alle forze fantoccio nei vari paesi è stato il lavoro di Soleimani, un compito difficile e gigantesco, compiuto dal capo militare dell’Iran con grande e terribile competenza.

Date queste premesse, il problema etico-politico è il seguente: cosa bisogna fare di fronte agli aggressori più pericolosi e determinati? Di fronte agli Stalin, agli Hitler, ai Tamerlano, ai Gengis Kahn, bisogna resistere o cercare di calmarli con le concessioni? Lo spirito prevalente oggi in Europa e naturalmente in Italia, risponde a questo secondo principio, come accadde negli anni Trenta con l’ ”appeasement” di Chamberlain di fronte a Hitler. L’esperienza dice che questo atteggiamento non funziona, anche perché di solito questi aggressori sono in debito di risorse (questo è il caso dell’Iran, ma oggi anche della Turchia e della Russia) e cercano di usare il loro imperialismo per procurarsele depredando gli aggrediti e di usarle poi ancora per estendere l’offensiva. Bisogna dire che l’Europa collabora attivamente all’armamento iraniano, sostenendo attivamente l’economia degli ayatollah imperialisti, organizzando anche forme semiclandestine di commercio per aggirare la sanzioni americane.

È essenziale dunque contenerli, come Churchill e Truman (e poi di nuovo Reagan) fecero con l’Urss, combatterli, bloccarli, se occorre anche con mezzi militari, come ancora Churchill fece con la Germania nazista, nonostante le profferte di pace di Hitler. Questa è la scelta che ha fatto Trump, ed è perfettamente giusta. Molto, molto meglio rischiare oggi un conflitto armato quando il nemico non lo vuole e privarlo di risorse importanti, che subirlo quando esso sarà pronto e giudicherà conveniente attaccare.

Sul piano giuridico, bisogna chiedersi se gli attacchi iraniani che ho riassunto sopra siano atti di guerra legittimi o gesti terroristici. Nel primo caso è naturalmente legittimo cercare di eliminare il comandante militare nemico, cogliendo un momento in cui egli è scoperto: si tratta di un normale atto di guerra. Nel secondo caso non si tratta di un militare ma di un terrorista, colto nel momento in cui stava cercando di organizzare nuovi atti di terrore contro il personale americano in Iraq: non si vorrà pensare che Soleimani fosse andato da Damasco all’aeroporto di Baghdad in gita di piacere? Gli americani del resto hanno detto di avere le prove di un imminente e molto sanguinoso attacco contro le loro forze. Anche in questo caso non vi è dubbio che il diritto stia dalla parte di Trump.

Infine, le previsioni su quel che accadrà ora. L’Iran è un grande stato, con 80 milioni di sudditi e un territorio esteso e naturalmente ben difeso. Senza dubbio impensierisce Israele, ma non ha le armi per far paura agli americani. Strepita e minaccia vendetta, ma non è detto che ci provi davvero, anche perché legittimerebbero un’ulteriore reazione americana che facilmente distruggerebbe risorse materiali importanti per i loro piani imperialistici. Semmai, il problema è che l’eliminazione del comandante in capo dei militari non ha distrutto le armi più pericolose dell’Iran, cioè le bombe atomiche in via di fabbricazione e i missili balistici a lunga gettata. Questo è un lavoro che resta da fare, e se non all’America, toccherà certamente a Israele che ne è direttamente minacciato.

Ma questo è un altro argomento, che probabilmente dovremo affrontare non fra molto. Per ora possiamo solo essere grati per il fatto che alla testa degli Stati Uniti ci sia Trump e non un Obama, una Clinton o un Sanders. Dopo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale e della legittimità degli insediamenti, ora ha anche preso in mano direttamente l’eliminazione di Soleimani, che sembra per due volte Obama avesse impedito a Israele, passando le informazioni all’Iran. Ancora una volta come spesso nel secolo scorso l’America si sta prendendo la responsabilità e l’onere di salvare il mondo da una terribile minaccia.
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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » gio gen 09, 2020 7:51 am

DEMOCRAZIA ASTRATTA E DEMOCRAZIA REALE
Niram Ferretti
8 genneio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Stimo Ezio Mauro, l'ex direttore di La Repubblica, è un intellettuale serio e preparato, e anche se non condivido quello che scrive, lo considero sempre degno di attenzione. Non è un Fusaro qualunque e sicuramente scrive assai meglio e con più competenza del fondatore del giornale, Eugenio Scalfari.

Oggi, su La Repubblica, Mauro ha pubblicato un pezzo dal titolo, "I due occidenti" in cui descrive la contrapposizione tra l'Occidente migliore rappresentato dalle istituzioni sovranazionali e dalla condivisione delle decisioni che riguardano la sicurezza internazionale, e quello se non peggiore, inferiore, rappresentato da chi antepone a questa condivisone un decisionismo muscolare e unilaterale a salvaguardia dei propri interessi.

Mauro è troppo felpato ed elegante per tagliare le questioni con l'accetta, ma la sostanza resta sempre la medesima. Dunque, citandolo:

"È chiaro che le democrazie hanno il diritto di difendersi, anche con azioni preventive, persino con il ricorso estremo e contronatura alla guerra (sì, Mauro non è hobbesiano...) per salvaguardare se stesse e i propri cittadini. Ma nello stesso tempo, le democrazie hanno un vincolo, autoimposto e dettato dalla loro qualità: è il dovere di difendersi restando sempre se stesse...Questo significa che la democrazia deve rispettare le obbligazioni che lei stessa ha imposto ai suoi legittimi sovrani, condizionando l'uso della forza alla forza del diritto...Un'azione di guerra fuori dalla della democrazia non è accettabile, diventa un'azione illegittima e dannosa...".

Per Mauro, dunque la democrazia è sostanzialmente quella che pone il diritto sopra ogni alta considerazione. Ma, quale diritto? Forse il diritto internazionale rappresentato così malamente dall'ONU? Oppure ci può essere un diritto che è quello che una democrazia riconosce come proprio e si incarna nella propria costituzione, nella salvaguardia della sicurezza dei propri cittadini e dei propri interessi, rispecchiandosi nel dovere principale di tutelari prima di ogni altra cosa?

Quando Donald Trump decide che è necessario eliminare un militare di un paese ostile agli USA, il quale, nel corso di un ventennio, ha pianificato e portato a termine l'uccisione di soldati americani, non rispetta innanzitutto il diritto che gli è stato conferito come presidente degli Stati Uniti, e che ha la finalità principale di tutelare la sua nazione?

"L'unilateralismo strategico di Trump non è soltanto la decisione di rendere la Casa Bianca libera dal condizionamento degli organismi internazionali. delle alleanze e delle intese, per sprigionare tutta intera e intatta la forza della nazione. L'America First pone gli interessi del paese sopra ogni altra cosa, travolgendo il perimetro della costruzione occidentale, in cui l'America inscriveva il valore della libertà, ma l'Europa portava la cultura del diritto, col risultato di una concezione unitaria e di una proiezione condivisa della moderna democrazia".

Ma esiste ancora una "costruzione occidentale", e di nuovo, da chi sarebbe rappresentata? Dall'ONU, dove satrapie, dittature, teocrazie, votano insieme a paesi democratici, dove Israele, dal 1967, è fatto oggetto di una criminalizzazione senza scampo?

Oppure sarebbe rappresentata dalla UE, con la sua idea di una storia postnazionale, ormai avviata teleologicamente verso un progresso inevitabile, la quale abdica nel preambolo della propria Costituzione al rifierimento precipuo e necessario al cristianesimo, come suo fondamentale collante religioso e culturale millenario?

Gli Stati Uniti iscrivono principalmente il valore della libertà nella loro Costituzione che recita, nel primo articolo:

"We the People of the United States, in Order to form a more perfect Union, establish Justice, insure domestic Tranquility, provide for the common defence, promote the general Welfare, and secure the Blessings of Liberty to ourselves and our Posterity, do ordain and establish this Constitution for the United States of America".

È questa la costruzione occidentale a cui gli USA fanno principalmente riferimento, il che non significa disattendere il diritto internazionale, o avocare a sè un potere illimitato e selvaggio, ma agire soprattutto e innanzitutto a salvaguardia della propria tutela e del proprio benessere.

Ezio Mauro, da uomo di fede progressista, crede nell'esistenza platonica di una democrazia universale astratta a cui ogni singola democrazia incarnata, ossia empirica, dovrebbe sottomettersi. Ma questa democrazia universale, che rappresenterebbe la "forza del diritto" è solo una idea. Ogni democrazia reale declina se stessa sulla base dei valori specifici e fondamentali che si è data, e della loro difesa, che è anche difesa di se medesima come nazione sovrana.

È per questo che gli USA non hanno mai voluto delegare la propria libertà ad altri e soprattutto a organismi sovranazionali che dovrebbero tutelare un dritto generale che è e rimane solo un'astrazione.

Non si tratta, come scrive Mauro nel suo articolo di dare "pieni poteri" a chicchessia, e la Costituzione americana è, in questo senso, una magnifica architettura di pesi e contrappesi, ma di non delegare a un immaginario consenso condiviso la decisione su come e quando difendere la propria sicurezza.



ACQUA SUL FUOCO
Niram Ferretti
8 gennaio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063


Dal discorso pronunciato da Donald Trump stamattina a seguito dell'uccisione del Generale Soleimani, una cosa appare chiara, come era già chiara a chiunque abbia seguito in questi anni la politica di Trump nei confronti dell'Iran.

Non c'è alcuna volontà da parte americana di arrivare a uno scontro frontale. Trump non è interessato a questa eventualità.

Pur rivendicando la bontà della scelta di eliminare un pericoloso criminale responsabile negli anni della morte di numerosi soldati americani, Trump reputa che la strada migliore nei confronti dell'Iran sia quella delle sanzioni economiche.

Non solo. Nel discorso è presente un messaggio distensivo rivolto al regime, ed è quando Trump ha dichiarato alla fine del discorso,

"Al popolo e ai leaders dell'Iran: Noi vogliamo che abbiate un futuro e un grande futuro, che meritate, di prosperità a casa e di armonia con le nazioni del mondo. Gli stati Uniti sono pronti ad abbracciare la pace con chiunque la cerchi".

Prima di questo ramo di olivo, Trump aveva dichiarato che gli Stati Uniti dovrebbero cooperare con l'Iran contro l'ISIS, comune nemico.

Chi sperava o pensava che Trump volesse una escalation che potesse portare a un confronto diretto con l'Iran e un conseguente cambio di regime a Teheran, sarà deluso. Non è rimasto deluso chi non ha mai pensato che questa fosse la sua priorità.

In una mia recente intervista a Daniel Pipes, alla domanda:

"L’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale, John Bolton ha acclamato la decisione di uccidere Soleimani come un passo positivo verso un cambio di regime in Iran. Lei è in favore di un cambio di regime?", lo studioso americano ha così ha risposto:

"Sì, lo sono. Sorprendentemente nessuna amministrazione americana dal 1979 in poi ha aspirato a un cambiamento di regime a Teheran. Spero, ma non mi aspetto che Trump abbia ripensato questa politica".

Il discorso che ha fatto Trump conferma in pieno lo scetticismo di Pipes.

Ora spetta all'Iran, dopo la sua risposta in tono minore alla morte di Soleimani con il raid aereo di stamattina contro alcune basi americane in Iraq, mostrare le sue carte.

L'Iran non ha nessun interesse a trascinare un presidente riluttante in una guerra che vedrebbe il regime sciita inevitabilmente soccombente.

Tutte le assurdità dietrologiche che si sono lette in questi giorni, tutto lo scatenamento ideologico contro gli Stati Uniti, sono stati spazzati via dal discorso di Trump.

Se l'Iran non obbligherà Trump a reagire come conseguenza di una azione specificamente rivolta contro cittadini o soldati americani, gli antiamericani in servizio permanente, sia a destra che a sinistra, dovranno aspettate un'altra occasione propizia per sfoderare di nuovo il loro triste e ben noto repertorio.


L'assalto di Trump all'Iran: colpito al cuore ma isolato in Medio Oriente
Autore Lorenzo Vita
8 gennaio 2020

https://it.insideover.com/guerra/iran-s ... -9yW4FMbTw

Gli Stati Uniti non vogliono un regime change in Iran: questo è il messaggio lanciato da Donald Trump dopo l’omicidio di Qasem Soleimani. L’Iran ha giurato vendetta e ha colpito, dopo alcuni giorni, due basi americane. Lo ha fatto con decine di missili e senza provocare vittime fra i soldati statunitensi di stanza a Erbil e nella base al Asad. Rappresaglia che molti hanno considerato non proporzionata rispetto alla morte del generale iraniano a capo delle Forze Quds. Ma che proprio per questo potrebbe avere due letture: che l’Iran doveva rispondere ma non poteva farlo in maniera effettivamente proporzionale; la seconda è che non è finita qui. Il tempo è dalla parte di Teheran e ai vertici della Repubblica islamica sanno di poter logorare l’avversario.

Ipotesi che nel frattempo fanno i conti con la realtà: il Medio Oriente è in fermento e l’Iran ha subito un colpo decisivo non tanto nella sua strategia (che non cambia solo con una morte, pur eccellente), quanto nella sua immagine di potenza in grado di controllare la regione o provare a sovvertire l’ordine voluto da Stati Uniti, Israele e Saud (e forse anche dalla Turchia). L’uccisione di colui che è stato l’artefice dell’edificazione della Mezzaluna sciita ha un altissimo valore simbolico ma anche pratico. E adesso, se non è certo un regime change che cerca Trump, di sicuro quello che può avvenire un cambiamento strategico imposto a tutti: dagli arabi a Israele fino alla Russia e alla Cina. Che in Medio Oriente hanno più di un interesse.

Al netto delle conseguenze militari e politiche evidenti, cioè minacce, vendette e raid, ci sono altri effetti che sono meno cristallini ma altrettanto fondamentali. Innanzitutto i silenzi. Tra reazioni di soddisfazione di semplice richiesta di raffreddamento delle tensioni, nessun leader mondiale ha condannato gravemente il gesto di aver ucciso Soleimani né ha offerto sostegno e aiuto all’Iran. La Repubblica islamica, colpita al cuore della sua strategia, ha ricevuto solo richieste di frenare possibili escalation. Un segnale interessante visto che l’America ha di fatto ucciso un capo politico e militare importante in tutto il Medio Oriente, ma è anche l’esempio perfetto di come quell’assassinio avesse anche lo scopo di far comprendere che, nei fatti, il Medio Oriente non si era mai sganciato dall’influenza statunitense e che quel disimpegno voluto da Trump sin dalla sua campagna presidenziale non equivaleva a un abbandono della regione ai nemici strategici. E questa morte è stata la garanzia dell’impegno della Casa Bianca anche a fronte degli spostamenti delle truppe in Siria. L’Iran era considerato da sempre il nemico del mondo sunnita legato alle monarchie del Golfo, così come non è mai stato un vero partner strategico della Turchia, pur con una certa affinità tra Recep Tayyip Erdogan e Hassan Rouhani.

Nessuno, dal Nord Africa all’Anatolia fino al Golfo Persico ha reagito concretamente all’attacco mostrando la minima vicinanza reale a Teheran. Segno che in fondo, quella morte, rappresentava qualcosa di più si una sfida tra Iran e Stati Uniti. Tutti i nemici dell’Iran preferiscono un Trump “autoritario” in Medio Oriente piuttosto che una situazione di calma apparente nella regione con l’Iran in grado di gestire le crisi esplose in questi anni. Mentre i turchi, che hanno messo più di un piede nel Golfo grazie all’asse con il Qatar, hanno perso un una personalità che aveva, tra le altre mosse,. fatto sì che Doha si avvicinasse (e molto) a Teheran prima del blocco saudita.

Il silenzio del mondo mediorientale è forse uno dei risultati più interessanti raggiunti da The Donald, che, attraverso la “svolta neocon”, cerca di imporre non un regime change interno all’Iran ma un regime change in tutta la regione. Ha fatto intendere che gli iraniani sono soli e soprattutto ha reso evidente che qualsiasi attacco nei confronti degli alleati Usa nel Golfo e nella regione sarebbero considerati attacchi contro vittime che non avevano alcun ruolo nell’omicidio. E anche per questo Ali Khamenei ha preferito scegliere la via dell’attacco diretto alle basi americane in Iraq: far colpire gli Usa dai proxy mediorientali significava abdicare al ruolo di guida; colpire gli alleati americani o direttamente Israele avrebbe significato un attacco non proporzionale e non giustificato dalla “legittima difesa”.

Al silenzio arabo si aggiunge quello turco, perché Erdogan ora accresce ancora di più il suo ruolo nella regione evitando che l’Iran possa prendere il sopravvento. La guerra in Siria, ad esempio, avrebbe potuto rappresentare la grande vittoria della Mezzaluna sciita e quindi della strategia iraniana, che avrebbe collegato Teheran al Mediterraneo. Con l’esclusione progressiva dell’Iran, la Turchia ha imposto la sua road-map in un abile gioco di alleanze e ora, con la morte di Soleimani, l’Iran perde un punto essenziale della catena di comando che collega il quartier generale iraniano ai vari centri nevralgici del Mediterraneo orientale fino al Golfo, aprendo la strada al sogno neo-ottomano. Il silenzio del sultano è la più chiara conferma del suo sogno egemonico nei confronti dell’altro impero, quello persiano.

Nel frattempo, l’escalation tra Usa e Iran ha anche imposto un cambio di passo a Putin che, non a caso, ha scelto di passare il Natale ortodosso a Damasco prima di incontrare proprio Erdogan. Sia chiaro: Iran e Russia hanno forti interessi in comune, ma non è un caso che Mosca, in queste settimane, non abbia mai definito l’Iran un “alleato”. Le parole contano, specialmente in diplomazia. Così come le strategie a lungo termine. L’obiettivo russo, in questo momento, è fare in modo che a un nemico americano (il grande Iran targato Soleimani) non si sostituisca un alleato esclusivamente pro Usa. Ed è per questo che da tempo il Cremlino ha rafforzato i legami con Israele, Arabia Saudita e Turchia. Niente a Mosca è lasciato al caso: e Putin sa di poter essere non il padrone del Medio Oriente, ma sicuramente non un attore secondario. Finora lo status quo premiava Putin: ma la morte di Soleimani impone anche ai russi un cambio di passo. Trump ha colpito al cuore un partner essenziale nella lotta all’Isis, ma anche una potenza regionale che la Russia ha sempre cercato di limitare: come confermato anche dagli accordi presi in Siria. E ora per il presidente russo si aprono nuovi scenari, possibilmente in grado di rafforzare la sua strategia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » gio gen 09, 2020 7:52 am

L'Iraq ha avvertito in anticipo gli Usa dell'attacco iraniano: la strategia per evitare la guerra
Mercoledì 8 Gennaio 2020

https://www.ilmessaggero.it/mondo/iran_ ... gdc06gH7GE

Iran, l'attacco alle basi Usa solo un avvertimento? «Teheran ha volutamente evitato di fare vittime»

L'Iran ha volutamente evitato di colpire aeree basi militari in Iraq dove erano presenti truppe americane. È quanto riporta la Cnn, citando fonti che suggeriscono come Teheran abbia voluto in questo modo mandare un messaggio ma non intraprendere un'azione che avrebbe portato ad una decisiva risposta americana. A sostegno di questa lettura dei raid della scorsa notte, che hanno colpito le basi di Erbil e di Al-Assad senza fare vittime tra militari americani, iracheni e degli altri Paesi della coalizione, viene citato il fatto che i missili hanno colpito anche una zona vicina al consolato Usa della città del Kurdistan iracheno, ma non la sede diplomatica americana. Alcuni media americani si spingono oltre, citando una fonte locale che parla di «messaggio verbale ufficiale» consegnato da Teheran a Baghdad che a sua volta lo avrebbe «passato» ai vertici militari Usa. L'Iraq, insomma, ha avvertito gli Stati Uniti che l'Iran stava per attaccare le sue forze militari in due basi del Paese.

«Avremmo potuto farlo e non l'abbiamo fatto», sembra essere quindi il messaggio inviato dagli iraniani, secondo il ragionamento di un funzionario del dipartimento di Stato. Al Pentagono, spiegano altre fonti, si sta cercando di determinare se sia trattata di una deliberata decisione da parte degli iraniani di calibrare la propria risposta senza provocare danni significativi. Ma allo stesso momento c'è chi si interroga sulle reali capacità dell' Iran di colpire i propri obiettivi.

Secondo quanto riporta l'emittente americana, questa interpretazione sarà presentata al segretario di Stato Mike Pompeo che a sua volta poi la riferirà a Donald Trump che, come ha annunciato lo stesso presidente nella notte, oggi farà un discorso alla nazione sulla crisi. La Casa Bianca in un primo momento aveva preparato un discorso di Trump nella notte, ma poi l'intervento è stato rimandato ad oggi mentre, rivela ancora la Cnn, si registrava un sentimento generale teso a «prendere una pausa» anche da parte del «pragmatico» Pompeo. L'idea, concludono le fonti dell'emittente Usa notoriamente su posizioni anti-Trump, è che gli Stati Uniti abbiano dato all' Iran «l'opportunità di fare quello che dovevano fare senza far salire la tensione uccidendo americani». Questa, dicono ancora le fonti, sarebbe «una mossa intelligente» da parte degli iraniani che avrebbero dimostrato di avere «più da perdere» che guadagnare uccidendo americani.




"Nessuna vittima" Trump esulta e offre la via d'uscita Subito altre sanzioni
Valeria Robecco - Gio, 09/01/2020

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... -KVEVOZ6_s

D onald Trump rivendica una prima vittoria nei rapporti di forza con l'Iran, facendo sperare in un'opportunità di inizio della normalizzazione tra Washington e Teheran.

«Nessun americano è stato ferito nell'attacco condotto dal regime iraniano» alle basi Usa in Irak, «tutti i soldati sono al sicuro, ci sono stati solo danni minimi», annuncia il presidente americano parlando alla nazione in diretta tv dalla Casa Bianca. «L'Iran sembra indietreggiare, - prosegue - e questa è una cosa molto buona per tutte le parti interessate e per il mondo».

Dietro di lui ci sono tutti i vertici della sua amministrazione, dal vice Mike Pence al segretario di stato Mike Pompeo, al capo del Pentagono Mark Esper, per inviare al mondo un segnale di unità. Il tycoon avverte che «tutte le opzioni restano sul tavolo per contrastare la minaccia della Repubblica Islamica», ma per ora non paventa lo spettro di nuove rappresaglie, riprendendo invece la strada delle misure punitive di carattere economico. «Gli Usa imporranno immediatamente nuove sanzioni al regime», chiosa, avvertendo che «per troppo tempo è stato tollerato il comportamento distruttivo e destabilizzante dell'Iran, ma quei giorni sono finiti». Rivolgendosi al popolo e ai leader iraniani, afferma poi che l'America è «pronta ad abbracciare la pace», e ribadisce le sue critiche all'accordo sul nucleare: «Le ostilità di Teheran sono aumentate sostanzialmente dopo che è stata firmata l'intesa». L'Iran «deve abbandonare le sue ambizioni nucleari e smettere di sostenere il terrorismo», avverte, ed «è giunto il momento che Gran Bretagna, Germania, Francia, Russia e Cina riconoscano questa realtà». Perciò li invita a uscire dall'accordo, per «raggiungerne uno che permetta all'Iran di crescere e prosperare, e renda il mondo un posto più sicuro». Trump chiede poi agli alleati della Nato di essere più coinvolti in Medio Oriente, e afferma che le priorità strategiche dell'America sono cambiate perché «negli ultimi tre anni la nostra economia è più forte che mai, abbiamo raggiunto l'indipendenza energetica e non abbiamo bisogno del petrolio del Medio Oriente».

Il presidente torna anche a spiegare le ragioni che hanno portato al raid in cui è rimasto ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani, che era il «maggiore terrorista mondiale», con «le mani sporche del sangue dei soldati americani e iracheni». The Donald, pur promettendo che Teheran «finché sarò presidente non avrà mai l'arma nucleare», evita di minacciare un ulteriore uso della forza. L'inquilino della Casa Bianca fa quindi un passo indietro rispetto alla possibilità di un ulteriore confronto militare con la Repubblica Islamica, anche perché l'Iran sembrerebbe indicare che con i 22 missili lanciati contro le basi Usa la sua rappresaglia per l'uccisione di Soleimani è terminata.

All'interno dell'amministrazione Usa, secondo i media, c'è peraltro la convinzione che l'Iran abbia intenzionalmente evitato le aree con i soldati americani, e inoltre l'Irak avrebbe avvertito gli Stati Uniti dell'imminente attacco alle due basi militari. I media americani citano una fonte locale che parla di «messaggio verbale ufficiale« consegnato da Teheran a Baghdad, che a sua volta lo avrebbe «passato» ai vertici militari di Washington. Dall'Onu, nel frattempo, il portavoce del segretario generale Antonio Guterres «plaude a qualsiasi indicazione che indichi che i leader facciano un passo indietro dal rischio di un grave scontro e tutto il possibile per evitare un'ulteriore escalation».




La politica estera di Trump dovrebbe piacere ai libertari, ma resterà incompreso da intellettuali e politici
10 dicembre 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... GZTZ8aBmZM


Al quarto anno di presidenza di Donald Trump si può esprimere già un giudizio sulla sua politica estera, specie dopo che si è concluso, con un plateale 1-0, l’ultimo scontro con l’Iran. E, come c’era da attendersi, non è scoppiata alcuna terza guerra mondiale. Dovrebbero già essere fugate molte paure, se non altro.

La sinistra, sia quella europea che quella americana (sempre più simili fra loro, sia nel linguaggio che nei programmi) dovrebbe essere ormai certa che Trump non è un agente di Putin intento a esportare il programma reazionario di qua e di là dell’Atlantico. Se non altro perché Trump ha affrontato la Russia a testa alta, anche militarmente, in più di un’occasione e adesso sta fermando l’espansionismo iraniano, anch’esso negli interessi di Mosca (che usa l’Iran, oltre alla Siria, come suo avamposto nel Medio Oriente). La destra sociale, che invece sperava che Trump fosse realmente un agente della Russia, ha diritto di dirsi delusa. Ma se quel che temeva di una presidenza Clinton era l’interventismo democratico, almeno su questo aspetto può stare serena (realmente serena, non in senso renziano), perché Trump è uno dei pochissimi presidenti nel secondo dopoguerra a non aver coinvolto gli Usa in nessun conflitto. Se vogliamo usare categorie politiche che vadano oltre la destra e la sinistra, possiamo vedere che Trump ha finora condotto una politica estera più vicina agli ideali libertari. Per libertari, qui, intendiamo i “libertarians” americani, quelli che, in politica estera, vogliono tornare alla radice dei rapporti dell’America con il resto del mondo, “Pace, commercio e amicizia onesta con tutte le nazioni, ma alleanze vincolanti con nessuna” (George Washington).

Pace: Donald Trump non ha coinvolto gli Usa in nessuna nuova guerra, appunto. Ha ereditato un conflitto già in corso con l’Isis e lo ha concluso in meno di un anno. Ha ridotto al minimo indispensabile il contingente in Iraq e in Afghanistan. Talvolta anche con gran disappunto per gli alleati locali (i curdi in Siria, per dirne una). Ha intenzione di ritirare quasi del tutto le forze americane dall’Africa. Appena possibile, farebbe lo stesso anche in Corea del Sud e in Europa, quando le condizioni lo dovessero permettere. Quando una “linea rossa” viene passata, Trump reagisce in tre modi: o con le sanzioni economiche, o con una dimostrazione di forza (come le esercitazioni in Corea e le rappresaglie senza vittime in Siria), oppure uccidendo il singolo responsabile di un attacco agli americani (come è stato per il generale Soleimani e pochi mesi prima con Al Baghdadi). Finora non è mai ricorso alla guerra. È raro trovare nel secondo dopoguerra, una volta che gli Usa sono diventati una super-potenza, un presidente così “pacifista”. Prima di Trump si ricordano solo gli esempi di Eisenhower, che tuttavia fu responsabile di almeno due guerre segrete (il golpe in Guatemala e quello in Iran) e di Carter, che però era un internazionalista convinto ed è stato promotore di diversi organismi sovranazionali, come il Comitato Helsinki per i diritti umani. Nella storia recente, dunque, Trump è un caso unico.

Commercio: molti libertari storcono il naso, a ragion veduta, per dazi e sanzioni che abbondano nell’era dell’amministrazione Trump. Però, nel mondo altamente regolamentato del XXI Secolo, se c’è un problema di asimmetria commerciale con la Cina o con l’Ue, è perché la Cina e l’Ue sono protezioniste, non l’America. Per risolvere queste asimmetrie, ci sono solo due vie: coinvolgere tutto il mondo in un nuovo trattato internazionale o in un nuovo organismo sovranazionale per ridefinire le regole del commercio, oppure negoziare con la nazione che crea il problema di protezionismo. Trump sceglie la seconda strada, che è (paradossalmente) la meno invasiva: tratta e applica misure punitive in modo temporaneo, finché la controparte non si apre al libero mercato. Non è una strategia perfetta, l’ideale sarebbe ridurre a zero le proprie tariffe, lasciando perdere il protezionismo altrui (che tanto danneggia chi lo applica molto più di chi lo subisce). Ma fra le varie offerte politiche negli Usa, rispetto ai castelli sovranazionali costruiti da Roosevelt fino a Obama, la politica di Trump appare quanto di più vicino vi sia al commercio delle origini.

Amicizia onesta con le nazioni, ma alleanze vincolanti con nessuna: Trump si è ritirato dall’accordo di Parigi sul clima e da quello di Vienna sul nucleare iraniano, perché erano trattati decisi da altri, anche se con la mediazione americana, che nulla facevano per promuovere il benessere (nel primo caso) e la sicurezza (nel secondo) dei cittadini e contribuenti americani. Perché vincolarsi a un trattato che rallenta la crescita industriale degli Usa e comporta costi e tasse in più, anche se nel nome dell’ecologia? E perché rischiare di veder sorgere un Iran nucleare, ad esclusivo vantaggio dei suoi partner economici europei? Quanto alla più vincolante delle alleanze, la Nato, il presidente americano ha fatto presente più volte che non intende mantenere di peso gli alleati europei, pagando il grosso della spesa militare. In compenso, “l’amicizia onesta” con le nazioni alleate, in primo luogo con Israele, con il Regno Unito, con l’Arabia Saudita e con la Polonia, si è rafforzata in questi anni, nel nome di comuni interessi e di una reciproca difesa. Inoltre ha sostenuto con atti concreti, molto più che Obama, i nordcoreani che fuggono dal regime, i cristiani in Medio Oriente, i cinesi di Hong Kong in lotta per la libertà, gli iraniani che resistono alla teocrazia.

La politica estera di Donald Trump è dunque oggettivamente la più simile a quella libertaria, a quella delle origini degli Stati Uniti. Ma i libertari attuali non lo ringrazieranno affatto. Vuoi perché obnubilati dalla loro stessa passione ideologica, vuoi perché troppo impegnati ad adulare la politica di Putin, Ron Paul (candidato presidente molteplici volte) e i suoi seguaci continuano ad accusare Trump di interventismo democratico e irresponsabilità, manco fosse un neocon come Bush figlio. In assenza di guerre, si inventano di sana pianta presunti interventi segreti Usa in Venezuela o anche a Hong Kong, dando voce, sempre ed esclusivamente, alla propaganda di regime dei nemici degli Usa. Nel caso della crisi con l’Iran, i libertari del Ron Paul Institute sono stati prontissimi ad alimentare l’allarmismo. Al tempo stesso ci sono i libertari più moderati, più inclini a comprendere la sinistra della destra, che non sopportano Trump fin dal primo giorno. Anzi, fin dalla prima campagna delle primarie repubblicane. Anche autorevoli think tank come il Cato Institute, continuano ad accusare il presidente per ogni sua mossa, arrivando a empatizzare con l’Iran. Adesso sono in estremo allarme per la crisi iraniana, come se la guerra mondiale fosse ancora dietro l’angolo. Trump resta dunque il presidente più incompreso dagli intellettuali e dai politici, anche quelli che dovrebbero fare un tifo sfegatato per la sua rielezione. Sarà ugualmente incompreso dalla gente comune? Aspettiamo il prossimo novembre e vediamo. Intanto un risultato, se non ci sono imprevisti, è stato ottenuto: non ci sono nuove guerre. Scusate se è poco.


???
Il raid contro Soleimani faceva parte di una missione molto più ampia
Federico Giuliani
10 gennaio 2020

https://it.insideover.com/guerra/soleim ... ww668Lt84o

Arrivano importanti novità riguardo l’uccisione di Qassem Soleimani. Prima tra tutte, la motivazione. Oggi, il presidente statunitense Donald Trump ha rilasciato un’intervista a Fox News in cui ha dichiarato che il generale iraniano è stato eliminato perché “voleva colpire quattro ambasciate americane”.

Non è finita qui, perché Soleimani, secondo quanto riferito dal Washington Post, “non era l’unico obiettivo degli americani”. La stessa notte dell’omicidio mirato che ha spinto Teheran e Washington sull’orlo di un conflitto, infatti, è andato in scena un secondo raid Usa in Yemen. Contro chi? Abdul Reza Shahlai, un finanziere e comandante chiave delle Forze Quds attive in quel Paese.

Ricordiamo che le cosiddette Brigate al-Quds, in passato guidate da Soleimani, si occupano delle operazioni speciali iraniane condotte all’estero. Il gruppo è operativo in numerosi scenari, tra cui anche Siria e Iraq. Stati Uniti e Israele le considerano – in maniera forse un po’ troppo semplicistica – un’organizzazione terroristica, anche se le stesse Forze iraniane hanno combattuto e continuano a combattere quel che resta delle forze militari dell’Isis.

L’operazione fallita

Tornando all’operazione americana fallita in Yemen nella notte del raid a Baghdad, questo particolare potrebbe indicare un particolare molto importante: l’uccisione di Soleimani rischia di essere soltanto la punta dell’iceberg.

L’ipotesi più accreditata è che il raid contro il generale delle Forze al-Quds facesse parte di un’operazione militare molto più ampia, preparata con l’obiettivo di paralizzare la leadership del Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica. Insomma, Trump ha affermato che l’unico movente della Casa Bianca era quello di prevenire un imminente attacco agli americani. Ma la realtà, stando ai media americani, potrebbe essere molto diversa.

Ricordiamo che le operazioni militari statunitensi nello Yemen, dove una guerra civile ha creato una delle peggiori crisi umanitarie del mondo (guarda il reportage di InsideOver), sono protette dal segreto di Stato.

Il nuovo obiettivo Usa: Abdul Reza Shahlai

Alcuni funzionari americani hanno affermato che la missione contro Shahlai è realmente esistita ed è rimasta segreta soltanto perché terminata con un buco nell’acqua. Pare infatti che il Pentagono stesse monitorando contemporaneamente sia la missione a Baghdad che quella in Yemen; nel caso in cui fossero andate bene entrambi, sarebbe arrivato un doppio annuncio.

“Se avessimo ucciso Shahlai – ha detto un alto funzionario Usa al Washington Post – ci saremmo vantati quella stessa notte”. La stessa voce ha aggiunto che Shahlai potrebbe essere preso di mira in un futuro non troppo lontano. Neanche un mese fa il Dipartimento di Stato americano aveva offerto un premio di 15 milioni di dollari per ogni informazione che avesse portato le forze Usa dritte su Shahlai o che avesse provocato l’interruzione del meccanismo di finanziarmento dell’Irgc, cioè i pasdaran iraniani.

La nota dello stesso Dipartimento affermava inoltre che l’uomo ricercato da Washington “ha sede in Yemen” e che “ha alle spalle una lunga storia di coinvolgimenti in attacchi contro gli Stati Uniti e i nostri alleati, incluso il complotto del 2011 contro l’ambasciata saudita”. Shahlai sarebbe inoltre collegato agli attacchi contro le forze statunitensi in Iraq, incluso il raid del 2007 in cui miliziani sostenuti dall’Iran hanno rapito e ucciso cinque truppe Usa nella città di Karbala.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Re: Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene

Messaggioda Berto » dom gen 12, 2020 8:42 am

Osservazioni del presidente Donald Trump sull'Iran, in seguito degli attacchi missilistici iraniani:
8 gennaio 2020
Finché sarò presidente degli Stati Uniti, all'Iran non sarà mai permesso di avere un'arma nucleare.

https://telegiornaledelsantuario.blogsp ... 0vLwDS_rbE

Buongiorno.

Sono lieto di informarvi:

Il popolo americano dovrebbe essere estremamente grato e felice che nessun americano sia stato ferito nell'attacco della scorsa notte da parte del regime iraniano. Non abbiamo subito vittime, tutti i nostri soldati sono al sicuro e nelle nostre basi militari sono stati subiti solo danni minimi.

Le nostre grandi forze americane sono preparate a tutto. L'Iran sembra indietreggiare, il che è una buona cosa per tutte le parti interessate e un'ottima cosa per il mondo.

Nessuna vita americana o irachena è andata perduta a causa delle precauzioni prese, della dispersione delle forze e di un sistema di allerta precoce che ha funzionato molto bene. Saluto l'incredibile abilità e il coraggio degli uomini e delle donne d'America in uniforme.

Per troppo tempo - fino al 1979, per l'esattezza - le nazioni hanno tollerato il comportamento distruttivo e destabilizzante dell'Iran in Medio Oriente e oltre. Quei giorni sono finiti. L'Iran è stato il principale sponsor del terrorismo e la loro ricerca di armi nucleari minaccia il mondo civile. Non permetteremo mai che ciò accada.

La scorsa settimana, abbiamo preso provvedimenti decisivi per impedire a uno spietato terrorista di minacciare vite americane. Sotto la mia direzione, l'esercito degli Stati Uniti ha eliminato il più grande terrorista del mondo, Qasem Soleimani. Come capo della Quds Force, Soleimani era personalmente responsabile di alcune delle atrocità assolutamente peggiori.

Ha addestrato eserciti terroristici, tra cui Hezbollah, lanciando attacchi terroristici contro obiettivi civili. Ha alimentato sanguinose guerre civili in tutta la regione. Ha ferito e ucciso brutalmente migliaia di truppe statunitensi, tra cui la messa in opera di bombe lungo la strada che mutilano e smembrano le loro vittime.

Soleimani ha diretto i recenti attacchi contro il personale degli Stati Uniti in Iraq che ha ferito gravemente quattro membri del servizio e ucciso un americano, e ha orchestrato il violento assalto all'ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad. In questi giorni, stava pianificando nuovi attacchi contro obiettivi americani, ma lo abbiamo fermato

Le mani di Soleimani erano intrise di sangue sia americano che iraniano. Avrebbe dovuto essere licenziato molto tempo fa. Rimuovendo Soleimani, abbiamo inviato un potente messaggio ai terroristi: se apprezzi la tua vita, non minaccerai le vite della nostra gente.

Mentre continuiamo a valutare le opzioni in risposta all'aggressione iraniana, gli Stati Uniti imporranno immediatamente ulteriori sanzioni punitive economiche al regime iraniano. Queste potenti sanzioni rimarranno fino a quando l'Iran non cambierà i suoi comportamenti.

Solo negli ultimi mesi, l'Iran ha sequestrato navi in acque internazionali, ha lanciato un attacco ingiustificato contro l'Arabia Saudita e abbattuto due droni statunitensi.

Le ostilità dell'Iran sono aumentate sostanzialmente dopo che nel 2013 è stato firmato lo sciocco accordo nucleare iraniano e gli sono stati dati $ 150 miliardi, per non parlare di $ 1,8 miliardi in contanti. Invece di dire "grazie" agli Stati Uniti, hanno cantato "morte in America". In effetti, hanno cantato "morte in America" il giorno in cui è stato firmato l'accordo.

Quindi, l'Iran è andato in uno stato di terrore, finanziato con i soldi dell'accordo e ha creato l'inferno in Yemen, Siria, Libano, Afghanistan e Iraq. I missili sparati ieri sera contro di noi e i nostri alleati sono stati pagati con i fondi messi a disposizione dall'ultima amministrazione. Il regime ha anche inasprito notevolmente le redini del proprio paese, uccidendo anche di recente 1.500 persone per le numerose proteste che si stanno verificando in tutto l'Iran.

Il molto difettoso Piano JCPOA (Il Piano d'azione congiunto globale (acronimo PACG; in inglese Joint Comprehensive Plan of Action, acronimo JCPOA) scade comunque in breve tempo e offre all'Iran un percorso chiaro e rapido verso il scoppio nucleare. L'Iran deve abbandonare le sue ambizioni nucleari e porre fine al suo sostegno al terrorismo. È giunto il momento che il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Russia e la Cina riconoscano questa realtà.

Devono ora staccarsi dai resti dell'accordo iraniano - o JCPOA - e tutti dobbiamo lavorare insieme per fare un accordo con l'Iran che renda il mondo un posto più sicuro e più pacifico. Dobbiamo anche fare un accordo che consenta all'Iran di crescere e prosperare e di sfruttare il suo enorme potenziale non sfruttato. L'Iran può essere un grande paese.

La pace e la stabilità non possono prevalere in Medio Oriente finché l'Iran continua a fomentare la violenza, i disordini, l'odio e la guerra. Il mondo civile deve inviare un messaggio chiaro e unificato al regime iraniano: la tua campagna di terrore, omicidio, caos non sarà più tollerata. Non sarà permesso di andare avanti.

Oggi chiederò alla NATO di essere molto più coinvolta nel processo in Medio Oriente.

Negli ultimi tre anni, sotto la mia guida, la nostra economia è più forte che mai e l'America ha raggiunto l'indipendenza energetica. Questi risultati storici hanno cambiato le nostre priorità strategiche. Questi sono risultati che nessuno pensava fosse possibile. E le opzioni in Medio Oriente sono diventate disponibili. Ora siamo il primo produttore di petrolio e gas naturale in qualsiasi parte del mondo. Siamo indipendenti e non abbiamo bisogno del petrolio in Medio Oriente.

L'esercito americano è stato completamente ricostruito sotto la mia amministrazione, al costo di $ 2,5 trilioni. Le forze armate statunitensi sono più forti che mai. I nostri missili sono grandi, potenti, precisi, letali e veloci. In costruzione ci sono molti missili ipersonici.

Il fatto che abbiamo questo grande equipaggiamento e militari, tuttavia, non significa che dobbiamo usarlo. Non vogliamo usarlo. La forza americana, sia militare che economica, è il miglior deterrente.

Tre mesi fa, dopo aver distrutto il 100% dell'ISIS e il suo califfato territoriale, abbiamo ucciso il leader selvaggio dell'ISIS, al-Baghdadi, che era responsabile di così tanta morte, tra cui le decapitazioni di massa di cristiani, musulmani e tutti coloro che si trovavano nella sua modo. Era un mostro. Al-Baghdadi stava di nuovo tentando di ricostruire il califfato dell'ISIS, ma fallì.

Decine di migliaia di combattenti ISIS sono stati uccisi o catturati durante la mia amministrazione. L'ISIS è un nemico naturale dell'Iran. La distruzione dell'ISIS è positiva per l'Iran e dovremmo lavorare insieme su questa e altre priorità condivise.

Infine, al popolo e ai leader dell'Iran: vogliamo che abbiate un futuro e un grande futuro - uno che ti meriti, uno di prosperità in patria e armonia con le nazioni del mondo. Gli Stati Uniti sono pronti ad abbracciare la pace con tutti coloro che la cercano.

Voglio ringraziarvi e Dio benedica l'America. Grazie mille. Grazie. Grazie.


Alberto Pento
Ottimo presidente ottimo uomo e ottimo cristiano, grazie Trump!




Il retroscena su Soleimani: gli Usa volevano eliminarlo da 18 mesi
Federico Giuliani
12 gennaio 2020

https://it.insideover.com/guerra/il-ret ... zU4_HO8BKk

Il raid che ha portato all’uccisione di Qasem Soleimani non è stato preparato all’ultimo secondo, in fretta e furia. Gli Stati Uniti erano sulle tracce del generale iraniano, nonché capo delle Forze Quds dei Pasdaran, da ben 18 mesi. Washington aspettava soltanto il momento giusto per colpire, e lo ha fatto nove giorni fa sferrando un attacco mirato all’aeroporto di Baghdad, in Iraq, dove in quel preciso istante stava transitando il convoglio che trasportava Soleimani.

Secondo quanto riportato dal New York Times in un lungo reportage sui “Sette giorni più pericolosi” dell’amministrazione Trump, il generale si trovava dallo scorso maggio nella lista dei possibili obiettivi statunitensi “da abbattere per ritorsione”.

Ancor più nel dettaglio, il 31 dicembre, mentre migliaia di manifestanti iracheni prendevano d’assalto l’ambasciata americana a Baghdad, tra i corridoi della Casa Bianca ha iniziato a circolare una “nota top-secret” firmata dal consigliere per la sicurezza nazionale Robert C. O’Brien. L’irritazione degli Stati Uniti era alle stelle.


Nel mirino dallo scorso maggio

Nella nota si elencavano, nero su bianco, tutti i potenziali obiettivi iraniani da colpire. La lista comprendeva una struttura energetica, un comando e una nave di controllo utilizzata dalle Guardie della Rivoluzione per dirigere le piccole imbarcazioni che attaccavano le petroliere nelle acque intorno all’Iran.

Il memorandum elencava anche un’altra opzione, ben più provocatoria: colpire alcuni alti funzionari iraniani mediante “raid chirurgici”. I nomi nel mirino dell’ingelligence americana erano due: Abdul Reza Shahlai, un comandante iraniano attivo nello Yemen – il quale aveva contribuito a finanziare gruppi armati in tutta la regione – e il generale Qasem Soleimani.

Quest’ultimo era un pesce nettamente più grosso, visto che era il capo della forza d’élite iraniana incaricata di effettuare operazioni all’estero e gestiva, in parte, le guerre per procura in Iraq, Siria, Libano e Yemen. Ci sarebbe stato il suo zampino anche negli attacchi che, secondo le stime degli Usa, uccisero 600 soldati americani al culmine della guerra irachena.


Un intenso lavoro di intelligence

Tornando al piano americano, negli ultimi 18 mesi ci sono state fitte discussioni sul da farsi. Alla fine ha prevalso l’opzione dell’abbattimento di Soleimani. Washington ha ritenuto che fosse troppo difficile colpirlo in Iran. Ecco perché i funzionari americani hanno pensato di seguirlo durante una delle sue frequenti sortite in Siria o in Iraq e di inserire agenti in sette diverse entità per riferire sui suoi movimenti.

Tra le entità monitorate c’era l’esercito siriano, la forza Quds a Damasco e l’aeroporto di Baghdad. A settembre, dopo l’aumento delle tensioni nello Stretto di Hormuz, il comando centrale degli Stati Uniti e il comando congiunto delle operazioni speciali iniziano a sondare il terreno per eliminare Soleimani. Così come era complicato uccidere il generale in terra iraniana, altrettanto lo sarebbe stato in Siria e in Libano.

Tra le informazioni raccolte dagli 007 Usa c’era anche un escamotage adottato da Soleimani per evitare di essere colpito da un attacco nemico. Il generale volava con varie compagnie aeree e talvolta acquistava biglietti su più di una per confondere gli inseguitori. Era inoltre sua abitudine salire sull’aereo nell’ultimo momento possibile; si sedeva in prima fila, in business class, e poi scendeva prima per ripartire all’istante. Misura, questa, che evidentemente non è stata sufficiente per scampare al raid americano.
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