Il nazismo maomettano del regime teocratico iraniano, la dhimmitudine e la persecuzione dei cristianiIn Occidente, in Europa e in Italia vi sono molti disinformati o maleinformati che credono che gli sciiti siano i mussulmani buoni, al contrario dei sunniti che secondo la vulgata sciita sarebbero i mussulmani cattivi, e che credono stoltamente che i nazi maomettani sciiti siano difensori dei cristiani e che i cristiani prosperano e vivano felici e contenti laddove comandano gli sciiti come in Iran, la realtà nuda e cruda invece è proprio tutta il contrario.
Non esiste paese a maggioranza maomettana e a teocrazia mussulmana dove i cristiani vivano felici e contenti, protetti, rispettati e non perseguitati, tanto meno nei paesi a prevalenza sciita.Caccia ai cristiani in Iran.di Matteo Matzuzzi
11/12/2018
https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/12/ ... an-228562/ Roma. Nell’ultimo mese 256 cristiani sono stati arrestati in “dieci o undici diverse città” dell’Iran. Cristiani appartenenti “a gruppi differenti”, ha denunciato Mansour Borji, direttore dell’organizzazione umanitaria Articolo 18. Borji ha aggiunto che la maggior parte degli arrestati è stata scarcerata poco dopo, ma che tutti – ai quali è stato confiscato il telefono cellulare – saranno presto convocati dall’intelligence. L’obiettivo della retata è di scoraggiare il proselitismo cristiano in concomitanza del Natale. La notizia degli arresti è stata confermata poi dall’agenzia semiufficiale Mehr, che ha sottolineato come l’azione delle forze di polizia rientrasse in un piano per sradicare una sorta di cellula formata da “cristiani evangelici legati al cristianesimo sionista”: Mehr parla di “setta di sionisti cristiani” in stretto contatto con i progetti israeliani di far propaganda nei paesi musulmani con l’obiettivo ultimo di “indebolire l’islam e il sistema della Repubblica islamica”.
Le retate di cristiani sono una triste tradizione della teocrazia iraniana. Perfino il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, sovente silenzioso rispetto alla persecuzione delle minoranze religiose in realtà musulmane, ha denunciato negli anni “arresti arbitrari, aggressioni e detenzioni” che hanno colpito i cristiani convertitisi dall’islam. Di solito, sono accusati di fare “propaganda contro lo stato”. Il Rapporto annuale della Commissione sulla libertà religiosa internazionale del Dipartimento di stato americano, come sottolineato da Aiuto alla chiesa che soffre, cita le irruzioni di funzionari statali durante le celebrazioni liturgiche, con conseguenti arresti, soprattutto fra gli evangelici. Emblematico quanto avvenuto nel 2016: quattro convertiti al cristianesimo furono arrestati con l’accusa di avere cospirato contro la sicurezza nazionale. Al pastore, già condannato in precedenza per apostasia, è andata peggio di tutti: 80 frustate, dieci anni di carcere e due di esilio interno. Gli altri tre hanno scontato la pena anche per “aver bevuto alcolici”.
La situazione per i cristiani in Iran è complessa. Chi sta meglio sono i cattolici, grazie soprattutto ai buoni rapporti tra la Repubblica islamica e la Santa Sede: le relazioni diplomatiche durano da decenni. L’attuale presidente, Rohani, è stato ricevuto in udienza dal Papa – “preghi per me”, è la richiesta che il leader mediorientale ha fatto al Pontefice – diverse furono le lettere di Mahmoud Ahmadinejad a Benedetto XVI, improntate a cercare sponde oltretevere alle chiusure occidentali. Più recentemente, poi, il Vaticano ha criticato il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano, con l’Osservatore Romano che parlava di “strappo di Trump” e dava conto delle valutazioni dell’Aiea favorevoli al mantenimento dell’intesa.
Dietro tale scenario improntato alla cordialità e alla collaborazione per la pace e contro i fondamentalismi, la situazione è più fluida. I non musulmani non possono accedere alle alte cariche politiche e militari, non possono far parte del sistema giudiziario né è loro consentito di amministrare gli istituti scolatici. “Noi cristiani siamo sotto stretta sorveglianza”, diceva in un’intervista a Aide à l’eglise en détresse l’arcivescovo di Teheran, mons. Ramzi Garmou. “A volte i vecchi musulmani si uniscono a noi, finendo così per esporsi a gravi problemi prima con le rispettive famiglie e poi con il regime. Abbiamo due seminaristi che sono stati incarcerati perché convertiti al cristianesimo. In particolare, ci è vietato dire la messa in persiano. Noi amiamo l’aramaico, la lingua di Gesù, ma gli iraniani non lo capiscono. Restando confinati in questa lingua, non possiamo comunicare la nostra fede. Per lo stesso motivo, non possiamo avere libri sacri in persiano”.
Il problema principale resta il reato di apostasia, che preclude la strada a una piena libertà religiosa. La trappola consiste proprio nel fatto che l’apostasia non è esplicitamente vietata dalla Costituzione: per tutti i casi non previsti dal testo, infatti, i giudici fanno riferimento ad “autorevoli fonti islamiche e fatwa”. Nei casi di apostasia, di norma si ricorre alla sharia e quindi il colpevole può essere condannato a morte.
Condannati perché cristiani: 45 anni di prigione per quattro iranianidi SARA FICOCELLI
28 settembre 2018
https://www.repubblica.it/solidarieta/d ... 207586836/ROMA. Presi di mira per l'esercizio pacifico dei loro diritti alla libertà di religione e credo, espressione e associazione; condannati perché cristiani e praticanti: è questa la colpa di Victor Bet-Tamraz, Amin Afshar-Naderi, Shamiram Issavi e Hadi Asgari, arrestati a Teheran dopo che forze di sicurezza in borghese hanno fatto irruzione nelle loro abitazioni durante un raduno natalizio privato. I quattro sono stati condannati nel mese di luglio 2017 con l'accusa di "formare un gruppo composto da più di due persone allo scopo di interrompere la sicurezza nazionale".
Chiesti complessivamente 45 anni di carcere. Per loro - accusati di aver organizzato e condotto messe in casa e di aver viaggiato fuori dall'Iran per partecipare a seminari cristiani, prove che hanno fatto scattare il reato di "minaccia alla sicurezza nazionale" - sono stati chiesti complessivamente 45 anni di carcere.
Al momento Yousef Nadarkhani è in carcere, mentre gli altri tre sono liberi su cauzione. Tutti sono in attesa del verdetto del tribunale d'appello. Amin Afshar-Naderi è stato condannato a ulteriori cinque anni di prigione per "aver offeso le santità islamiche" con un post satirico su Facebook condiviso dall'account di qualcun altro.
L'appello di Amnesty International. "Nel post - scrivono gli operatori di Amnesty International, che hanno lanciato un appello per annullare la condanna - si adottava uno stile di scrittura coranica per commentare il forte aumento del prezzo del pollo in Iran".
Il ministro ordinato Victor Bet-Tamraz e la sua famiglia sono stati perseguitati dalle autorità iraniane per anni per aver praticato la loro fede. Nel marzo 2009, la chiesa pentecostale assira di Teheran, che Victor Bet-Tamraz stava conducendo, è stata forzatamente chiusa dal Ministero degli interni perché svolgeva funzioni in lingua persiana. Anche il figlio di Victor Bet-Tamraz, Ramiel Bet-Tamraz, è stato preso di mira: è stato arrestato durante un picnic il 26 agosto 2016 nella città di Firuzkuh, insieme ad altri quattro cristiani, da funzionari del ministero dell'Intelligence.
La condizione dei cristiani in Iran. L'Iran è sede di diverse confessioni cristiane, tra cui cristiani cattolici, protestanti, ortodossi armeni e assiri (caldei). I cristiani sono una delle poche minoranze religiose ufficialmente riconosciute nella costituzione del Paese.
Tuttavia, la costituzione prevede solo protezioni limitate per loro, mentre ai convertiti cristiani non viene fornita alcuna tutela in base alla legge: questo implica che i cristiani in Iran siano spesso bersaglio di molestie, arresti e detenzioni arbitrarie, processi iniqui e reclusione per accuse relative alla sicurezza nazionale, unicamente a causa della loro fede. Solo nell'ultimo anno sono stati presi di mira dozzine di persone, per la maggior parte cristiani convertiti.
Qui il testo dell'appello:
Head of the Judiciary
Ayatollah Sadeghi Larijani
c/o Public Relations Office
Number 4, Dead end of 1 Azizi
Above Pasteur Intersection
Vali Asr Street, Tehran, Iran
Eccellenza,
Le scrivo come sostenitore di Amnesty International, l'organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
Le chiedo di annullare le condanne di Victor Bet-Tamraz, Shamiram Issavi, Amin Afshar-Naderi e Hadi Asgari, in quanto presi di mira unicamente per l'esercizio pacifico dei loro diritti alla libertà di religione e credo, espressione e associazione, attraverso la loro fede cristiana.
La invito a fermare le molestie, l'arresto arbitrario, la detenzione e l'incarcerazione di cristiani, compresi i convertiti, in Iran.
La sollecito a rispettare il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, inclusa la libertà di avere o di adottare o cambiare una religione o convinzione di propria scelta. La sollecito a rispettare il diritto alla libertà, individualmente o in comunità con altri e in pubblico o privato, di manifestare la propria religione o credo nel culto, osservanza, pratica e insegnamento, come garantito dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui l'Iran è parte statale.
La ringrazio per l'attenzione.
Repressione brutale a danno dei cristiani in IranLa lettera dei membri della Chiesa evangelica in Iran è un forte appello all'azione, per porre fine a devastazioni e repressioni
20 giugno 2019
https://riforma.it/it/articolo/2019/06/ ... tiani-iranL’Iran è al nono posto nella lista – elaborata dall’Ong Open Doors – dei paesi in cui è più pericoloso essere cristiani: l’apertura di chiese è proibita e la conversione dall’Islam – religione di Stato – è punibile con la morte per gli uomini, e con l’ergastolo per le donne. Solo nel 2015 più di 100 cristiani sono stati arrestati, imprigionati o sono stati vittime di tortura. Dunque, l’Iran non è un paese per i cristiani. Eppure, è in questo Stato che il cristianesimo sta crescendo in maniera sorprendente. Sarebbero un milione gli iraniani cristiani, anche se avere cifre certe non è semplice, data proprio la repressione cui sono vittime coloro i quali vivono apertamente la propria fede. Dal 1981 almeno 120mila persone sarebbero state giustiziate per le personali convinzioni politiche o religiose. In questo contesto giunge al Comitato esecutivo del Wcrc/Cmcr (Comunione mondiale di chiese riformate) il drammatico appello da parte dei vertici della Chiesa evangelica in Iran che proponiamo qui di seguito:
«Noi, membri del Comitato fondatore del Sinodo della Chiesa evangelica dell'Iran in Diaspora (Secid), ci rivolgiamo a voi con umiltà, dolore profondo e lacrime in cerca del vostro sostegno. Possa questa richiesta trovare un posto profondo nei vostri cuori e muovervi alla preghiera e all'azione.
L'oppressione costante e la discriminazione contro la Chiesa presbiteriana dell'Iran non sono un fenomeno nuovo. Conosciamo bene la persecuzione e le sfide che pone. Avere un luogo comune di culto nelle nostre chiese ci ha permesso di sopportare quattro decenni di ingiustizia, condividendo un terreno comune fatto di preghiera, condividendo i nostri lamenti e ricevendo la parola e la guarigione di Dio insieme. Ora i nostri luoghi di culto dove ci siamo incontrati per incoraggiarci l'un l'altro vengono spazzati via.
Negli ultimi otto anni, persecuzioni e insulti alla nostra fede e alla nostra presenza si sono costantemente intensificati, tuttavia poter contare su edifici ecclesiastici, dove potevamo portare le nostre pene davanti al Signore, è stata fonte di speranza e ottimismo. Lo scorso giovedì (9 maggio 2019) ha segnato una giornata molto buia nella storia del cristianesimo in Iran.
Un gruppo numeroso (stimato in 50 persone) di agenti governativi ha invaso la proprietà della Chiesa presbiteriana assira a Tabriz. L’azione è parsa ben pianificata. Mentre un gruppo ha sostituito le serrature di tutte le porte, alcuni hanno intimato al custode di lasciare la proprietà, mentre un altro gruppo ha installato strumenti di monitoraggio all'interno e intorno alla proprietà e, allo stesso tempo, un ultimo gruppo ha scalato il tetto. Questi hanno distrutto la croce della nostra chiesa. La croce per noi è un simbolo sacro della nostra fede. Vedendo la croce non più al suo posto, molti dei nostri anziani membri di chiesa hanno sentito che la loro speranza era svanita. Guardare le foto della chiesa prima e dopo l'invasione fa venire le lacrime agli occhi di tutti coloro che vi hanno pregato nel tempo.
Ciò che il regime islamico dell'Iran ha fatto, ci ricorda i recenti attacchi terroristici in Nuova Zelanda e Sri Lanka. Ci ricorda anche cosa ha fatto il gruppo fondamentalista Isis alle chiese in Iraq e cosa ha fatto Al Qaeda a Bamiyan, in Afghanistan. La confisca e la distruzione dei luoghi di culto, la rimozione dei simboli di fede non sono un atto di poco conto. Agenti di polizia hanno violato il nostro sacro luogo di culto. Ci sentiamo più soli che mai! È ovvio che questo non è che l’inizio. Il loro prossimo obiettivo potrebbe essere la nostra chiesa presbiteriana di San Pietro e il centro sinodale di Teheran. Nessuna di queste cose sta accadendo per caso. Stanno cercando l'annientamento totale.
La minaccia contro la presenza di un gruppo pacifico di cristiani che vivono in Iran da 2000 anni è diventata più seria che mai. Nel corso dei decenni, avete sostenuto il Sinodo della Chiesa Evangelica dell'Iran in vari modi. Ora, ancora una volta, veniamo da voi in cerca delle vostre preghiere e di azioni immediate. Speriamo che possiate prendere in considerazione l'idea di utilizzare qualsiasi mezzo per difendere per conto un vostro partner storico».
Vivere da cristiani a TeheranIrene Paci
Avvenire, 3 settembre 2012
https://www.arcidiocesibaribitonto.it/p ... -a-teheranRiconosciuti dalla legge, tollerati in pubblico ma sottoposti a una discriminazione sostanziale nella burocrazia, negli uffici, nelle scuole, nei tribunali, ogni volta che ci sia da far valere un diritto civile. La vita dei cristiani in Iran non è facile. «Siamo cittadini, ma di serie B, di seconda classe», dicono quei pochi che accettano di parlare, fatto salvo che desiderano non rivelare la loro identità. Eppure i templi cristiani, nel Paese, non sono catacombe.
La chiesa cattolica di Teheran, accanto all’ambasciata, fondata dai salesiani nel 1936, è stata rinnovata da poco e ha campane e croci in bella vista; le chiese armene di Isfahan sono incastonate nel quartiere di Jolfa che è cristiano dall’epoca dello scià Abbas I, nel 1604; gli edifici di culto sono monumentali, meta di turisti di tutte le confessioni religiose e possono vantare un museo abbastanza ricco di reperti della tradizione; perfino la chiesa protestante di Rasht, quella che è più nell’occhio del ciclone a causa degli ultimi arresti di fedeli e pastori, all’esterno è riconoscibilissima: due croci rilevate sul portone che spiccano sul fondo bianco del muro.
Ma nella Repubblica islamica d’Iran che vive una sorta di schizofrenia sociale – la vita pubblica, aderente alle regole e alla legge, è solo la testa della medaglia su cui la vita privata, modernissima e con qualche eccesso, ne è la croce – non stupisce che quel che si veda, a un primo sguardo, non corrisponda a ciò che esattamente è. Le comunità, soprattutto nel Nord del Paese, dove ultimamente le conversioni dall’islam al cristianesimo sono state numerose, vivono blindate.
Non è permesso l’accesso ai non cristiani alle funzioni: si vive nel timore di mettersi in casa un delatore, una spia, anche fosse il vicino di casa o un parente molto prossimo. I numeri telefonici della chiesa armena di una città del Nord del Paese girano tra pochi adepti: tutti sanno che qualsiasi chiamata è registrata, che chi dice di recarsi lì potrebbe essere seguito.
E, infatti, se il numero arriva nelle mani di uno straniero che vuole sapere o conoscere, non è raro che qualcuno lo fermi e gli chieda, non senza ambiguità, perché si trova lì e se volesse seguirlo per andare a prendere un tè. Per penetrare nelle sacrestie iraniane, quello che funziona è il passaparola, stando bene attenti a capire chi ci si trovi di fronte. A Isfahan, la cattedrale di Vank, costruita tra il 1606 e il 1655 con il sostegno dei sovrani della dinastia safavide, dà l’impressione che essere cristiani in Iran sia un fatto accettato e anche valorizzato, vista la magnificenza del sito e il flusso di turismo soprattutto interno.
Ma si fa fatica a domandare a chi ha in custodia le chiavi di questa e delle altre due chiese (le chiese di Betlemme e di Maria) di essere ammessi la domenica, quando si celebrano le funzioni religiose, nelle sedi del culto vero e proprio. E alla domanda: «Ci sono discriminazioni nella vita quotidiana?», la risposta, nel migliore dei casi, è un invito in casa privata ma da soli, lontani da orecchie indiscrete.
Dalle esperienze rivelate si comprende che tra la teoria e la prassi giuridica, c’è il mare: come nel caso del risarcimento danni dopo un incidente stradale, nell’accesso all’università a numero chiuso o alle scuole. I cosiddetti dhimmi (cioè i cittadini non islamici) pagano sempre di più: non hanno, di fatto, gli stessi diritti degli sciiti. «Su settanta milioni di iraniani – dice un religioso che vuole rimanere anonimo – i cristiani cattolici sono pari allo 0,35% della popolazione totale.
La popolazione cristiana si è anche ridotta a un terzo rispetto a dieci anni fa». Molti hanno chiesto il visto austriaco, per poi avere come destinazione finale gli Stati Uniti. «Ma si vive in un paradosso: nonostante nel Maijlis, l’assemblea consultiva islamica, le minoranze abbiano diritto ad almeno un rappresentante; nonostante per legge tutti gli iraniani siano uguali, senza distinzione di appartenenza per gruppo etnico, colore, lingua e nonostante tutte le minoranze abbiano diritto di protezione se vivono su questo territorio, in conformità con i principi islamici, di fatto non è così». Infatti, la Repubblica islamica permette la libertà di culto ma non di religione. E questi sono gli articoli (13 e 14) ai quali sono stati inchiodati i rappresentanti della comunità protestante di Rasht.
A Rasht la religione è un argomento tabù, complice il fatto che negli ultimi anni molti musulmani sono passati al cristianesimo e si sono uniti a un movimento crescente (la Hauskirche, Chiesa domestica), diventato anche più forte della Chiesa cattolica. Su questa scia sono aumentati i controlli della polizia, le intimidazioni, gli arresti: un musulmano che si converte al cristianesimo sa che si macchia del reato di apostasia, punibile con la morte.
Anche per questo motivo i musulmani praticanti non entrano in una chiesa dove si officiano i riti, temendo di potere essere indicati come apostati nel caso di un controllo delle autorità. Del resto, il rapporto di Human Rights Watch del 2011, pubblicato da poco dall’agenzia di informazione cristiana Mohabat news, indica una tendenza in crescita che la conoscenza sul campo conferma. In un anno la pressione del governo sulle minoranze è aumentata: sono state rilevate 274 violazioni che hanno coinvolto 876 persone. I baha’i sono al primo posto in 100 occasioni, i dervisci al secondo con 46 episodi, i cristiani al terzo con 29. Il tutto in un quadro che registra un totale di 498 sentenze di condanna a morte. Il prossimo 8 settembre, con la sentenza definitiva per il pastore Youcef Nadarkani, arrestato nell’ottobre 2009 a Rasht, già condannato a morte in primo grado per apostasia, si saprà se bisognerà conteggiare un’altra vittima. Rea di avere dichiarato una fede diversa da quella all’imam Alì, padre dello sciismo.
“I cristiani in Iran potrebbero scomparire”Agnès Pinard Legry
15 maggio 2019
https://it.aleteia.org/2019/05/15/crist ... comparire/ Sono trascorsi quarant’anni da quando lo scià Mohammad Reza Pahlavi ha abbandonato l’Iran il 16 gennaio 1979 per non tornarvi più. L’ayatollah Khomeini ha lasciato la Francia per tornare a Teheran il 1° febbraio, venendo accolto da una grande folla. Dieci giorni dopo, l’11 febbraio, l’ultimo Governo dell’Iran imperiale è caduto, e l’ayatollah Khomeini ha proclamato la Repubblica islamica.
Come regime autoritario che rivendica una doppia legittimità, teocratica e popolare, la Repubblica Islamica dell’Iran si basa sulla legge islamica, la sharia, e sul principio di tutela del giureconsulto (il Wilayat Faqih). Ciò significa che la Costituzione iraniana mette l’insieme delle istituzioni (politiche, giudiziarie, militari e mediatiche) sotto l’autorità della guida suprema della Rivoluzione islamica e del Consiglio dei Guardiani, una funzione assunta dal giugno 1989 dall’ayatollah Khamenei.
Qual è la situazione attuale del Paese? “La situazione dei diritti umani dal 2009 ha conosciuto un peggioramente consistente”, informa il Ministero degli Esteri francese. “Con il prolungamento della repressione esercitata contro il Movimento Verde, nato dalla contestazione all’elezione del Presidente Ahmadinejad nel giugno 2009, la libertà d’espressione, di associazione e di riunione subisce oggi importanti restrizioni. (…) Sono stati incarcerati numerosi attivisti politici e difensori dei diritti umani. Le minoranze affrontano discriminazioni sociali consistenti”.
Sul piano economico, il Paese è entrato in recessione nel 2018. Il ritorno commerciale e finanziario atteso per l’accordo nucleare firmato nel 2015 con la comunità interazionale non si è concretizzato del tutto, e il Paese soffre per il ristabilimento delle sanzioni statunitensi conseguenti al ritiro unilaterale degli Stati Uniti da questo patto nel 2018.
Quanto alla libertà religiosa, “i cristiani d’Iran hanno libertà di culto nella misura in cui ci sono delle chiese e possono celebrarvi la Messa”, ha spiegato ad Aleteia monsignor Pascal Gollnisch, direttore generale dell’Opera d’Oriente. “È tuttavia limitata al culto, e quindi non si tratta assolutamente di libertà religiosa nel senso che intendiamo noi”.
Quali sono le particolarità della comunità cristiana dell’Iran?
La comunità cattolica dell’Iran si compone di una comunità caldea con due vescovi caldei. Uno è a Teheran, l’altro nell’ovest del Paese. La comunità cristiana nel suo insieme include anche gli ortodossi, essenzialmente armeni, così come i protestanti, soprattutto evangelici. La comunità cristiana rappresenta meno dell’1% della popolazione del Paese.
40 anni dopo la Rivoluzione iraniana, com’è cambiata la sua situazione?
Questi cristiani d’Iran hanno libertà di culto nella misura in cui ci sono chiese e possono celebrarvi la Messa. Ma non sbagliamoci, questa libertà è limitata al culto, e quindi non si tratta di libertà religiosa per come la intendiamo noi. È molto difficile che un giovane iraniano diventi cristiano, visto che esistono gravi sanzioni che includono perfino la prigione. Convertirsi è un crimine! È inoltre proibito che una donna musulmana sposi un cristiano.
Un’altra difficoltà è che è estremamente difficile ottenere dalla Repubblica iraniana dei visti per i religiosi e le religiose le cui comunità mantengono opere in Iran. Mi viene in mente un lebbrosario gestito dalle Missionarie della Carità, che accoglieva lebbrosi iraniani e afghani e le loro famiglie. Quando è stato necessario inviare nuove religiose per sostituire quelle ormai troppo anziane è stato impossibile, e quindi la struttura ha dovuto chiudere.
La minoranza cristiana ha qualche peso politico?
Ci sono due o tre deputati in Parlamento che si suppone rappresentino i cristiani, ma è solo un simbolo. Non rappresentano affatto una forza.
È preoccupato per il futuro dei cristiani dell’Iran?
???
I cristiani d’Iran potrebbero scomparire, come quelli dell’Iraq e della Siria, ma l’Iran è un Paese più grande e bello, con una civiltà prestigiosa. A differenza del mondo arabo, l’Iran, come l’Egitto, è consapevole di godere di una storia che risale a prima dell’islam. Gli iraniani non sono arabi, esiste una distanza culturale tra il testo arabo del Corano e la cultura persiana. Questo elemento è fondamentale, e se non dà frutto oggi credo che potrebbe darlo nei prossimi anni in relazione all’interpretazione dei testi. Se ci sarà mai una riforma dell’islam, credo che possa venire da questo Paese.
Chiesa/Cattolici in Iran: una comunità a rischio estinzione?https://www.sanfrancescopatronoditalia. ... hGcIvx7mhMMentre molti cristiani fuggono dall'Iran, sia per motivi politici, che per motivi religiosi, la comunità cristiana di quel Paese è a rischio estinzione, secondo Camille Eid, giornalista e osservatore delle Chiese in Medio Oriente.
Il giornalista ha parlato con il programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, in questa intervista in cui spiega come può essere la vita di un cristiano che vive in Iran.
L'Iran è un Paese musulmano per più del 99% della sua popolazione, dove l'Islam è religione di Stato. Le radici della Chiesa in Iran sono molto antiche e risalgono al II secolo. Il Cristianesimo è effettivamente la religione più antica dell'Iran?
Eid: No, abbiamo altre due comunità che sono più antiche del Cristianesimo. La prima è la comunità zoroastriana, che risale a secoli prima dell'arrivo del Cristianesimo e dell'Islam. La seconda è la comunità ebraica.
La comunità zoroastriana è di circa 20.000 persone, mentre quella ebrea è tra le 20.000 e le 35.000 unità. Queste due comunità sono più antiche di quella cristiana.
Oggi l'Iran è per più del 99% musulmano. In che misura l'Islam permea la vita quotidiana?
Eid: Per le strade di Tehran, o in qualunque parte del Paese, sono visibili ritratti di martiri, dell'Ayatollah, di quello precedente, Khomeini, e di quello attuale, Khamenei. Se si usa una cabina telefonica si sente la voce dell'Imam Hussein dare le istruzioni.
Se si alza il telefono si sente la voce registrata dell'Imam?
Eid: Esatto. E nelle scuole, l'insegnamento delle diverse materie è consentito, ma sempre attraverso una prospettiva fondata sul Corano e l'Hadith e le altre dottrine islamiche.
Se ho ben capito, l'immagine dell'Ayatollah si trova persino sulla copertina dei libri di catechismo cristiano?
Eid: è così. E forse è un modo per ricordare ai cristiani che sono sotto la protezione del regime e sono considerati dhimmi (protetti) della Sharia islamica. Un modo per bollare i cristiani come sottoposti al regime islamico. Esiste infatti anche la polizia religiosa.
Stavo per chiedere proprio delle pattuglie del buoncostume, che assicurano che le donne siano adeguatamente vestite.
Eid: Certo. Talvolta sono severi, altre volto no. Dipende dal regime. Sotto Khatami, per esempio, erano un po' più aperti e le donne potevano mostrare qualcosa della propria testa. Con Ahmadinejad sono più severi.
Oggi quindi sono molto severi e pretendono la copertura totale?
Eid: Sì. Solo il viso può essere mostrato. Talvolta le donne si coprono anche il viso e le mani.
I cristiani sono circa 100.000, su una popolazione di 71 milioni. Come sono visti i cristiani in Iran?
Eid: Sono visti come una minoranza etnica, perché i cristiani sono prevalentemente armeni e assiro-caldei. Ci sono 80.000 armeni ortodossi, definiti anche gregoriani o armeni apostolici, 5.000 cattolici armeni e circa 20.000 assiro-caldei, più altre comunità come i latini, i protestanti, che in totale contano tra i 100.000 e i 11.000.
Quindi sono visti come una minoranza etnica e, come tale, non hanno il permesso di celebrare i loro riti in farsi, la lingua ufficiale dell'Iran. Quindi non potendo celebrare la Santa Messa in farsi, lo fanno in armeno o in caldeo.
Per distinguerli in quanto stranieri?
Eid: Non solo, ma anche per evitare che possano attrarre e interessare gli iraniani locali.
Per impedire agli iraniani di essere attratti dalla fede?
Eid: Esatto e per impedirgli di capire ciò che i cristiani dicono. L'unica eccezione si è verificata quando ero a Tehran, qualche giorno dopo la morte di Papa Giovanni Paolo II e il sacerdote ha letto le Scritture in farsi, alla presenza delle autorità. Ma è stato un caso straordinario.
Eppure, in Parlamento, tre seggi sono riservati alla minoranza cristiana. Quindi, in qualche modo, i cristiani hanno voce in capitolo nell'istituzione parlamentare?
Eid: In effetti, la Repubblica islamica ha mantenuto la Costituzione del 1906 che riserva cinque seggi alle minoranze: tre ai cristiani, uno ai zoroastriani e l'altro agli ebrei. D'altra parte i bahai, per esempio, che sono la minoranza non musulmana più grande, non sono rappresentati perché sono considerati eretici e non persone di una comunità religiosa.
Esiste quindi una divisione tra le comunità islamiche?
Eid: Se i bahai sono considerati islamici... Non so, perché anche loro sono monoteisti, ma l'Islam non accetta altra fede monoteista dopo Maometto, e quindi loro sono considerati eretici e basta.
I diritti dei cristiani sono tutelati dalla Costituzione?
Eid: No, questo non significa che i loro diritti siano garantiti dalla Costituzione.
L'articolo 13 afferma che tutti gli iraniani sono eguali per razza e lingua ma la religione non è citata. Nell'articolo 14, se mi consente di leggerlo: “Tutte queste comunità non musulmane devono astenersi dal partecipare a cospirazioni contro l'Islam e contro la Repubblica islamica dell'Iran”. E l'ultimo, l'articolo 19, dispone: “Tutti gli iraniani, a qualunque gruppo etnico appartengano, godono degli stessi diritti, e il colore, la razza o la lingua non conferiscono privilegi”. Anche in questo caso non vi è alcun riferimento alla religione.
Ma l'articolo 13 della Costituzione non afferma che i cristiani possono esercitare i loro diritti e professare la loro fede?
Eid: A condizione di non partecipare a cospirazioni contro la Repubblica iraniana. Cosa significa? Comprende anche la contestazione del regime? Il problema dell'Iran è che è un regime teocratico. Quindi l'opposizione al regime dal punto di vista politico potrebbe essere interpretata come un'azione contro la repubblica islamica.
Nell'ambito della comunità islamica esistono i progressisti e i conservatori. Nel contestare l'ayatollah Khamenei si contesta il suo aspetto politico o religioso? Quando il regime ha allo stesso tempo un volto politico e uno religioso, un attacco a quello politico può essere considerato come un attacco a quello religioso, essendo un regime teocratico.
Che altro tipo di restrizioni subiscono i cristiani nella loro vita quotidiana?
Eid: Per esempio, nell'amministrazione pubblica è difficile che i cristiani possano trovare lavoro. Persino i direttori delle scuole cristiane sono musulmani, salvo un'unica eccezione: a Isfahan, dove circa tre anni fa il Governo ha nominato un armeno come direttore di una scuola armena. Ma negli altri casi i direttori delle scuole cristiani sono musulmani è quelle poche scuole che sono state restituite ai cristiani dopo le confische del 1979 e 1980.
Un altro esempio è quello delle forze armate. Alcuni anni fa si è scoperto che un ufficiale, il colonnello Hamid Pourmand, si era convertito al Cristianesimo. É stato processato e sottoposto alla Corte marziale, ma a causa delle pressioni internazionali è riuscito a lasciare l'Iran. Soprattutto è difficile per i cristiani arrivare alle più alte posizioni in Iran.
Come è la vita di un musulmano convertito?
Eid: Stando in Iran non è possibile dichiarare di aver cambiato fede. è possibile solo se si riesce ad andare all'estero. Conosco due famiglie iraniane qui in Italia che sono convertite. Una ha passato il confine con la Turchia durante l'inverno. è stato difficile, ma sono riusciti ad ottenere asilo. In Iran non potevano esprimere o mostrare la loro fede per il rischio di andare incontro alla morte. Non è facile.
Vorrei toccare la questione della fuga dei cristiani dall'Iran dopo la rivoluzione islamica del 1979. Circa la metà della popolazione cristiana ha abbandonato il Paese, mentre è per quanto mi risulta è circa 10.000 famiglie lasciano l'Iran ogni anno. Cosa significa questo per la comunità cristiana in Iran?
Eid: La pressione politica esiste sia per i non musulmani che per i musulmani, ma per i cristiani essa è doppia perché per loro si somma la pressione politica del regime, mal sopportato dalla maggioranza della popolazione iraniana, alla pressione religiosa riservata ai non musulmani, tale da avere una libertà limitata. è per questo che è in atto questa massiccia fuga, con un concreto rischio di scomparire del tutto, di un'estinzione del Cristianesimo in Iran.
(Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per "Where God Weeps", un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l'organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre).
(Zenit)