Iran, la dura minaccia contro l'ambasciatore della Gran Bretagna: "Andrebbe fatto a pezzi"Mauro Indelicato - Gio, 16/01/2020
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ira ... 4313ufnoSE Parole molto dure contro Rob Macaire, ambasciatore del Regno Unito a Teheran, sono state pronunciate dall'ayatollah della città santa di Mashad: "Fatelo a pezzi". Il diplomatico è accusato di aver partecipato alle manifestazioni dei giorni scorsi nel Paese
Non accennano certamente a placarsi i toni tra Iran ed occidente dopo questi primi convulsi giorni del 2020, contrassegnati dall’escalation innescata in primis dall’uccisione del generale Soleimani e continuata con la risposta di Teheran data dal lancio dei missili contro basi Usa in Iraq.
Uno di questi missili (o forse più di uno), come si sa, ha centrato un aereo civile ucraino appena decollato in quelle ore dall’aeroporto della capitale iraniana. Un fatto questo causato da un errore ammesso dallo stesso governo di Teheran. Ma che, nelle ore successive, ha innescato proteste tra gli iraniani confluite poi in importanti manifestazioni in diverse città del paese mediorientale.
A questi moti di piazza avrebbe partecipato, secondo le autorità iraniane, anche l’ambasciatore del Regno Unito Rob Macaire. Quest’ultimo è stato fatto allontanare dall’Iran proprio in quanto accusato di aver fomentato le proteste svoltesi soprattutto in alcuni campus universitari di Teheran.
Le manifestazioni infatti, nelle scorse ore hanno coinvolto molti giovani, alcuni dei quali si sono rifiutati di calpestare le bandiere americane ed israeliane. Un fatto ritenuto alla stregua di un oltraggio in alcuni ambienti interni alla Repubblica islamica.
Come detto, i toni per il momento non sono apparsi più distensivi. Contro lo stesso Rob Macaire infatti, sono tornati a tuonare diversi esponenti iraniani. Uno di questi, non è certamente un volto secondario: si tratta infatti dell’ayatollah Ahmad Alamolhoda, membro dell'Assemblea degli Esperti e rappresentante della Guida Suprema a Mashhad. Non certo uno di second’ordine, visto che la città in cui opera è la seconda più grande dell’Iran per numero di popolazione, ma soprattutto risulta essere tra le città sante per gli sciiti.
Le parole usate dall’ayatollah Ahmad Alamolhoda nei confronti dell’ambasciatore Rob Macaire, sono apparse subito molto gravi: “Il rappresentante del Regno Unito – ha infatti affermato il rappresentante di Khamenei a Mashad – andrebbe fatto a pezzi”. Una frase che, pronunciata nel contesto di Mashad e da un esponente di primo piano della Repubblica islamica nella seconda città dell’Iran, potrebbe innescare non pochi problemi per Rob Macaire. Quest’ultimo dovrebbe tornare nel paese mediorientale già nei prossimi giorni.
A riportare le frasi di Alamolhoda, è stato il quotidiano The Indipendent, mentre sui social diversi video hanno confermato le dure parole dell’ayatollah nonché gli applausi della folla che ascoltava il suo discorso.
Lo stesso Alamolhoda, a proposito delle manifestazioni in corso in questi giorni in Iran, ha definito gli studenti scesi in piazza come “la quinta colonna dell’America”, redarguendo in modo incisivo il rifiuto di molti di loro di calpestare le bandiere di Washington e Tel Aviv.
Iran: incontri con tutti i gruppi terroristici. Cosa sta tramando Teheran?Haamid B. al-Mu’tasim
14 gennaio 2020
https://www.rightsreporter.org/iran-inc ... 6Rj4vCRkJQTutti i gruppi terroristici legati all’Iran sono confluiti a Teheran nell’ultima settimana. A riferirlo sono diverse fonti di intelligence.
Dopo la morte di Qassem Soleimani e la sua sostituzione con Esmail Ghaani, il nuovo leader della Forza Quds ha voluto incontrare separatamente i leader o comunque altissimi rappresentanti di tutti i movimenti terroristici legati all’Iran.
Hezbollah dal Libano, Hamas e Jihad Islamica dalla Striscia di Gaza, le milizie sciite irachene rappresentate dai loro più alti esponenti quali Moqtada Al Sadr e addirittura Hadi Al Amiri, capo dell’Organizzazione Badr, la principale milizia irachena appoggiata da Teheran.
Tutti a Teheran in una settimana e non certo per i funerali di Soleimani ma dopo, uno alla volta sono tutti passati per l’ufficio di Esmail Ghaani.
Cosa stanno tramando?
Cosa stanno tramando i terroristi e gli iraniani? Se lo sono chiesti quasi tutti i servizi occidentali e soprattutto quelli israeliani.
Hanno fatto il punto della situazione dopo l’uccisione di Soleimani? Hanno ripreso in mano i piani di attacco già pronti prima dell’uccisione del capo della Forza Quds? Hanno intenzione di vendicare la morte di Soleimani con uno o più attacchi coordinati?
Di sicuro non tramano nulla di buono anche se una fonte importante della intelligence israeliana è convinta che, per esempio, Moqtada Al Sadr e Hadi Al Amiri siano andati a Teheran per rivendicare il controllo totale su tutte le milizie sciite presenti in Iraq senza interessarsi ad altro, almeno per il momento.
Riprendere da dove aveva lasciato Qassem Soleimani
Molto più probabilmente gli incontri che si sono susseguiti questa settimana a Teheran erano volti a riprendere da dove aveva lasciato Qassem Soleimani, cioè a continuare l’opera del defunto capo della Forza Quds senza lasciare alcun vuoto.
Non è una buona notizia. Soleimani con tutta probabilità aveva creato i presupposti per un formidabile attacco congiunto a Israele. E secondo molti analisti l’attacco era, se non imminente, molto vicino.
Molti analisti sono convinti che gli iraniani vogliano dare al più presto la dimostrazione che l’uccisione di Soleimani non ha pregiudicato né i loro piani né le loro ambizioni strategiche.
E anche questo non è propriamente un bel segnale perché significa che molto presto la tensione con Israele tornerà ad alzarsi pericolosamente, sia sul fronte libanese che, soprattutto, su quello di Gaza.
Lo strano mondo alla rovescia dei progressisti europei15 gennaio 2020
https://www.rightsreporter.org/lo-stran ... SgV7ZdSNC0Rubo l’idea del titolo da un editoriale di uno strano Ben-Dror Yemini – strano perché non certo abituato a criticare i progressisti – che infatti definisce il comportamento dei progressisti europei «un enigma».
Ma di quale enigma parla Ben-Dror Yemini su Yediot Aharonot? L’editorialista israeliano si chiede come mai i cosiddetti “progressisti europei” non dicano una parola di condanna sulla durissima repressione in atto in Iran contro i pacifici manifestanti che chiedono democrazia, mentre non perdono occasione per criticare l’unica democrazia in Medio Oriente, cioè Israele.
Scrive il giornalista israeliano: «ma che differenza netta tra i manifestanti in Iran e i radicali nei campus in Occidente. In Occidente, l’avanguardia radicale è caratterizzata da un odio per l’Occidente e Israele, mentre l’avanguardia iraniana è caratterizzata da un odio per gli ayatollah» dove “avanguardia” sta per progressismo.
Mentre i manifestanti iraniani evitano di calpestare le bandiere americane e israeliane, messe li apposta per essere calpestate, in occidente quelle bandiere le bruciano anche se poi fanno convegni dove si parla di Diritti Umani, di pace e di sviluppo.
Per un assurdo paradosso i cosiddetti “progressisti europei” si infuriano con Trump per aver ucciso un assassino seriale come Qassem Soleimani mentre in Iran i giovani manifestanti stracciano i suoi poster dai muri, ben sapendo di quante morti di giovani iraniani era responsabile il capo della Forza Quds.
È un mondo alla rovescia quello dei progressisti europei. Pur di attaccare gli Stati Uniti e Israele giustificano la strage di giovani progressisti iraniani (questi si veramente progressisti) o quanto meno non se ne interessano.
Sono gli stessi progressisti che con l’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) hanno consegnato agli Ayatollah non solo la possibilità di arrivare all’atomica (con un po’ di ritardo) ma soprattutto hanno fatto in modo che gente come Soleimani avesse a disposizione miliardi di dollari per organizzare guerre in tutto il Medio Oriente e sovvenzionare pesantemente gruppi terroristici.
E parlano di Diritti Umani, di democrazia e addirittura di pace.
Iran: se la Mogherini metteva il velo, Josep Borrell mette il paraocchiFranco Londei
18 Gennaio, 2020
https://www.rightsreporter.org/iran-se- ... e7hPrwcFM0Sono passate solo poche settimane da quando l’Iran ha annunciato la sua uscita dall’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) e la contestuale ripresa dell’arricchimento dell’uranio oltre i militi consentiti.
In realtà l’Iran era già fuori da quell’accordo nel momento in cui ha iniziato i lavori per riattivare il reattore di Arak per la produzione di acqua pesante (e quindi di plutonio) ed ha annunciato che avrebbe ripreso l’arricchimento dell’uranio oltre la soglia consentita nel reattore di Fordo (o Fordow).
Inizialmente (molto ottimisticamente) si pensava che il silenzio dell’Europa fosse dovuto al fatto che la UE era in un momento di transizione. Cambiava il Parlamento, cambiavano le commissioni e cambiavano le persone sulle poltrone importanti.
In particolare cambiava la persona al timone della politica estera europea. Alla pessima Federica Mogherini succedeva Josep Borrell, dalla padella alla brace visto l’amore di Borrell per gli Ayatollah.
Invece il silenzio europeo non era affatto dovuto al momento di transizione. L’Europa è fermamente intenzionata a mantenere in piedi il JCPOA a dispetto anche della dichiarata volontà iraniana di uscirne.
All’annuncio iraniano di voler uscire dall’accordo sul nucleare, con una mossa “suggerita” da Borrell le Nazioni Unite hanno attivato il “meccanismo di risoluzione delle controversie” che prevede prima di tutto una riunione di Francia, Gran Bretagna, Germania, Russia, Cina e Unione Europea, cioè di quello che rimane del gruppo dei 6+1 dopo l’uscita degli Stati Uniti.
La procedura innescata dalle Nazioni Unite (prevista dal JCPOA) dovrebbe teoricamente portare a verificare se ci sono ancora le condizioni per mantenere in piedi il JCPOA e, nel caso queste condizioni non vi siano, ripristinare le sanzioni contro l’Iran. Una procedura che però durerà molti mesi, mesi durante i quali l’Iran potrà fare sostanzialmente quello che vuole.
Josep Borrell non poteva non sapere che attivando il meccanismo previsto dall’accordo sul nucleare iraniano avrebbe sostanzialmente concesso all’Iran molti mesi di tempo senza che le sanzioni venissero ripristinate.
Ed è proprio quello di cui ha bisogno Teheran in un momento in cui le sanzioni americane stanno mettendo a dura prova l’economia iraniana e i giovani iraniani scendono in piazza per protestare contro il regime. Se, al contrario, anche l’Europa (come potrebbe e dovrebbe) ripristinasse sin da subito le sanzioni, l’Iran si troverebbe davvero in grossi guai.
Josep Borrell incontra Mohammad Javad Zarif in India
Ma, per sua stessa ammissione, Josep Borrell non vuole questo. In un incontro tra Borrell e il Ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, avvenuto giovedì scorso a Nuova Deli a margine del Raisina Dialogue 2020, il Ministro degli esteri europeo ha ribadito che «è nell’interesse dell’Europa mantenere in piedi il JCPOA».
È come tenere in vita una persona cerebralmente morta solo per poter dire che è ancora viva.
Di fatto l’Iran è già fuori dall’accordo da diverso tempo e da logica la UE avrebbe già dovuto ripristinare le sanzioni nel momento in cui l’Iran ammetteva pubblicamente la sua uscita dal JCPOA.
Ma evidentemente Borrell la pensa diversamente e vuole dare più tempo agli iraniani, a coloro cioè che lo stesso Borrell in occasione del 40esimo anniversario della rivoluzione islamica che ha portato al potere gli Ayatollah ha definito «la fantastica democrazia iraniana».
Ancora pochi giorni fa il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ribadito che Israele non permetterà mai all’Iran di arrivare a possedere un ordigno nucleare, facendo intendere che lo Stato Ebraico è pronto a fare qualsiasi azione per impedire che Teheran si doti di armi nucleari.
Ed è proprio il comportamento di Josep Borrell a spingere Israele a questi toni. Dare all’Iran molti mesi di tempo significa probabilmente consentirgli di arrivare all’atomica, come ha ammonito proprio Netanyahu riprendendo un report della intelligence israeliana dove si afferma che l’Iran potrebbe far detonare il suo primo ordigno nucleare entro i prossimi 12 mesi.
Ci lamentavamo della Mogherini perché in occasione di incontri con i vertici iraniani indossava il velo, ma Josep Borrell indossa i paraocchi, non si sa quanto volontariamente o meno. E detto sinceramente, è molto ma molto peggio.
Iran, Iraq, Libano: il mondo sciita si solleva contro le guerre degli AyatollahSarah G. Frankl
19 Gennaio, 2020
https://www.rightsreporter.org/iran-ira ... KRF0ipFoqIIran, Iraq e Libano, tre stati potenzialmente ricchi (i primi due ricchissimi) che invece vivono in uno stato di miseria inaudita, tre paesi che se non avessero a che fare direttamente con gli Ayatollah vivrebbero in pace e in ricchezza.
Le proteste che vediamo in questi giorni, i giovani iraniani, iracheni e libanesi che ormai da mesi scendono in piazza per chiedere libertà, giustizia sociale e democrazia hanno tutti un comun denominatore: sono nell’area di influenza degli Ayatollah o, come nel caso dell’Iran, sono direttamente sotto la loro oppressione.
Ieri in Libano è stata la giornata più dura di sempre. Oltre 200 persone ferite con gli scontri che ancora a tarda sera proseguivano.
I giovani libanesi al grido di «non pagheremo il prezzo» e di «rivoluzione» protestano contro una situazione finanziaria ormai al collasso e contro una politica che, bloccata da Hezbollah e dalla corruzione, non riesce a formare un governo che traghetti il Paese fuori dalle sabbie mobili del debito.
In particolare Hezbollah, per seguire gli ordini di Teheran, ha trascinato il paese nella guerra siriana che ha aggravato la già difficile situazione libanese portando il Libano sull’orlo della bancarotta con un debito di circa 87 miliardi di dollari, il 150% del PIL.
La situazione non è dissimile in Iraq, paese potenzialmente ricchissimo con tutte le carte in regola per riprendersi rapidamente dai danni provocati prima dall’invasione americana poi da quella dello Stato Islamico. Invece anche in questo caso la corruzione e soprattutto l’interferenza iraniana stanno bloccando tutto lasciando milioni di persone in povertà. Non è un caso che nel mirino dei manifestanti iracheni ci siano l’Iran, i gruppi paramilitari e i politici ad esso associati.
Dell’Iran ne abbiamo parlato a lungo nei giorni scorsi. Qui la repressione contro coloro che protestano contro il regime degli Ayatollah è violentissima. Si parla di migliaia di morti, di decine di migliaia di ragazzi incarcerati. I pasdaran sparano sulla gente con pallottole vere come possiamo vedere dal video qui sotto.
I giovani di Iran, Iraq e Libano sono accomunati dalla voglia di democrazia e soprattutto di pace mentre i loro leader non solo pensano unicamente alla guerra, ma per farlo dilapidano immense fortune che potrebbero servire a risollevare in breve tempo i tre Paesi.
Quando qualche giorno fa gli Ayatollah hanno steso due bandiere, una americana e l’altra israeliana, per far vedere che i giovani manifestanti iraniani le calpestavano, è successo l’imprevedibile. I ragazzi iraniani non solo non le hanno calpestate passando di lato ma hanno duramente redarguito i pochissimi che lo facevano urlandogli contro le parole «disonore, disonore». Tutto documentato.
I ragazzi iraniani, iracheni e libanesi sono accomunati dalla voglia di pace, dalla voglia di una vita normale mentre gli Ayatollah continuano a trascinarli da un conflitto all’altro compromettendo intere economie e quindi il loro futuro.
È singolare come in occidente non si parli di questo, come non si faccia questa associazione tra le proteste dilaganti nel mondo sciita, una sorta di “primavera sciita”, pur di non “disturbare” gli Ayatollah.
Per quanto tempo ancora lasceremo che i pasdaran massacrino questi giovani che giustamente chiedono pace e prosperità? Per quanto tempo l’occidente continuerà ad essere complice di questi massacri e a coprire la grande rivolta sciita?
Questo è l'Islam veroAlla moschea di Gerusalemme si auspica la restaurazione del Califfato, la liberazione di Gerusalemme dagli ebrei e la conquista di Roma.
Progetto Dreyfus
https://www.facebook.com/watch/?v=796205600860648 Un predicatore musulmano che si fa chiamare Abu Ibrahim Siam, in occasione dei festeggiamenti per la caduta di Costantinopoli di oltre cinquecento anni fa, ha auspicato lo stesso destino per Roma dalla moschea Al Aqsa di Gerusalemme dove ha anche profetizzato la liberazione di Gerusalemme dagli ebrei e la restaurazione del Califfato. Poi ha anche aggiunto: «Questa moschea verrà liberata da coloro che collaborano con l’America, la Russia e l’Occidente» ricevendo dal pubblico estasiato un liberatorio «Allah akbar».
Ayatollah: «la nostra resistenza diffonderà l’Islam in tutto il mondo»Sadira Efseryan
20 Gennaio, 2020
https://www.rightsreporter.org/ayatolla ... yu62LakFoY La resistenza iraniana al “bullismo” degli Stati Uniti aiuterà a diffondere l’Islam in tutto il mondo. Lo sostiene il Grande Ayatollah Ali Khamenei.
Secondo la guida suprema iraniana il mondo è rimasto affascinato dal fatto che l’Iran non ha ceduto alla “prepotenza americana”.
«Il mondo ha capito che il “modello di democrazia religiosa” praticato in Iran è l’unico mezzo per resistere al bullismo americano» ha detto stamane Khamenei durante un discorso ad un gruppo di funzionari iraniani.
«Dobbiamo approfittare della simpatia e dal fascino suscitato dalla nostra resistenza per diffondere l’islam e i nostri ideali in tutto il mondo» ha poi proseguito Khamenei.
Secondo la Guida Suprema iraniana l’obiettivo degli americani nel dire che l’Iran dovrebbe comportarsi come una nazione normale è che la Repubblica islamica lasci cadere il suo nuovo messaggio per il mondo, cioè la combinazione dell’opinione popolare con il pensiero islamico (leggi democrazia religiosa n.d.r.).
«Introdurre le basi politiche del sistema della Repubblica islamica e spiegare il suo nuovo messaggio al mondo è un altro compito importante e necessario che dobbiamo imporci» ha proseguito l’Ayatollah Khamenei.
Poi ha attaccato le altre nazioni islamiche colpevoli di non seguire il “messaggio iraniano” e l’unità di tutto l’Islam.
«L’ummah islamica non si è ancora formata nel suo vero senso, vale a dire un’unità coesa che agisce con volontà e scopi comuni» ha tuonato Khamenei. «Sarà la nostra resistenza a unire il mondo islamico e a diffondere l’Islam in tutto il mondo».