Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Messaggioda Berto » ven apr 26, 2019 5:05 pm

Islam come maomettismo o nazi maomettismo è il male assoluto

Amis: "Sono anti-islamista". Ecco il coraggio della paura
Massimiliano Parente - Gio, 25/04/2019

http://www.ilgiornale.it/news/spettacol ... 84402.html

"Non è irrazionale temere chi ti vuole uccidere", scrive l'autore. Fra amore e odio per l'America e per i critici

Immaginate se chiedessero a uno scrittore italiano se è contrario all'islamismo, subito farebbe no no con la testolina, per carità. Uno come Martin Amis invece non ha nessun problema a dirlo: «Sono un islamismo-fobo, nel senso di anti-islamista, perché il termine fobia indica una paura irrazionale, e non c'è niente di irrazionale nell'avere paura di gente che dichiara di volerti uccidere».

Il bello degli americani (sebbene Amis sia inglese, ma vive negli Stati Uniti da molti anni), è che esistono intellettuali non catalogabili, come da noi, nelle categorie di destra e sinistra. E non prevedibili. Non essendovi dubbio che Amis sia decisamente di sinistra. Ma non della nostra sinistra ammuffita e perbenista.

Se già amate i suoi romanzi, potete farvi un'idea del suo pensiero nella raccolta di saggi e interventi scritti nell'arco di un trentennio appena uscita per Einaudi, intitolata L'attrito del tempo. Dentro c'è di tutto e di più, aneddoti personali, riflessioni letterarie, incontri, reportage, pubblicati sulle più importanti riviste degli Stati Uniti. Dove, come afferma Amis, gli scrittori contano ancora qualcosa, in quanto si tratta di «una società di immigrati, sterminata, senza una forma ben precisa, nella quale gli scrittori da sempre occupano una posizione indiscussa perché tutti fin dall'inizio hanno intuito che avrebbero avuto un ruolo importante nella costruzione della proteiforme immensità del paese».

Magnifici i suoi articoli su Nabokov, un grande scrittore che oggi in epoca di #metoo rischia di essere messo al bando, basti pensare al suo capolavoro Lolita. Nabokov «si spinge fino ai limiti estremi dell'universo morale» e senza mai tentare una spiegazione, una giustificazione. Che è quello che dovrebbe fare uno scrittore. D'altra parte Humbert bramava «un mondo dove più nulla avrebbe avuto importanza e tutto sarebbe stato permesso», e in Ada o ardore l'amante del sessantenne Van ha addirittura dieci anni. «Bisogna spingersi fino alle frange estreme della letteratura - Lewis Carroll, William Burroughs, il marchese De Sade - per trovare un'attenzione altrettanto morbosa per attività che giustamente consideriamo sempre e comunque imperdonabili».

Comunque anche l'America ha le sue pecche nei riconoscimenti tardivi. Basti pensare a uno dei capolavori di tutti i tempi, Moby Dick di Herman Melville: comparve, e scomparve, nel 1851, e già all'età di quarant'anni l'autore era dimenticato e non più pubblicato, ridotto a lavorare in un ufficio della dogana di New York, e «il revival melvilliano è cominciato esattamente cento anni dopo la sua nascita». I classici, insomma, critici e lettori se li sono spesso trovati sotto gli occhi senza accorgersene se non decenni o talvolta secoli dopo.

Martin Amis infilza in una lunga invettiva Donald Trump e i suoi elettori, «perché ogni tanto gli americani sentono il bisogno di elevare al rango di eroe uno zotico qualsiasi» (aggiungerei non solo gli americani), elogia lady Diana, «portatrice di una bellezza che faceva apparire brutti i Windsor» e incontra estasiato John Travolta, nel momento in cui tutti se lo erano dimenticato, quando fu riscoperto da Quentin Tarantino, che per Pulp Fiction mise un aut aut ai produttori: «O con Travolta o niente».

Ma non solo letteratura e star del cinema, Amis non disdegna di dedicarsi al porno, vedendosi con varie pornostar e con il regista John Stagliano, in un reportage il cui titolo dice tutto, La fica è una presa per il culo, riferendosi alla prevalenza del genere anal. Con tanto di statistiche per tutti i moralisti, da far cascare i capelli a piccole autrici predicatrici femministe nostrane come Michela Murgia o Elena Stancanelli, perché «il porno rappresenta una fetta di mercato più ampia di quella della musica rock e molto più ampia di quella di Hollywood». Tanto per farci un'idea, nel 1975 il valore di mercato totale della pornografia hardcore solo negli Stati Uniti era tra i cinque e gli otto milioni di dollari, oggi supera gli otto miliardi di dollari all'anno. «Qualunque cosa sia la pornografia, qualunque cosa faccia, può non piacere, ma non possiamo cancellarla. Parafrasando Falstaff: chi mette al bando la pornografia, mette al bando il mondo intero».

E poi si parla di Burgess, di Updike, di Kubrick, ma non poteva mancare un capitolo dedicato a un altro grande intellettuale britannico naturalizzato statunitense, Christopher Hitchens, scritto quando Hitchens era ancora in vita. Anche lui inclassificabile, di sinistra e feroce avversario di ogni religione ma attaccato dai democratici perché favorevole alla guerra in Iraq contro Saddam e contro ogni dittatore islamico. Ricordando la sua totale indipendenza (in Italia uno come Hitchens sarebbe stato messo al bando da qualsiasi giornale), e quando qualcuno gli diceva che non aveva capito un suo pensiero gli rispondeva: «La cosa non mi sorprende affatto». Citando molte frasi di «The Hitch» diventate celebri, tra cui quella sul matrimonio gay, che «è una questione di socializzazione dell'omosessualità, e non di omosessualizzazione della società. Il che dimostra quanto tra i gay sia diffuso un atteggiamento conservatore, anziché estremista». Oppure un pensiero che toglierebbe a medici come Roberto Burioni il gravoso compito di combattere con documenti e studi ogni panzana dei no-vax: «Se qualcosa si può affermare senza prove, si può anche confutare senza prove».

Infine Amis torna a ragionare di letteratura, ma anche qui mettendo in guardia i benpensanti, (le signore mie del nostro Alberto Arbasino) perché «il principio fondamentale della letteratura è il decoro, che è l'esatto contrario della definizione che ne dà il dizionario: comportamento in linea con il buon gusto e la decenza, cioè la sottomissione a un consenso pecoresco».


Orrore, terrore, avversione e odio per il nazismo maomettano o sana e naturale islamofobia
viewtopic.php?f=188&t=2523


https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1751910232


La paura è una emozione universale sana e naturale come lo è il terrore per il male reale e la sua rappresentazione irreale o immaginaria.
Ed è un diritto e un dovere umano avversare e odiare il male che genera paura e terrore.

E tra il male vi è il nazismo razzista e totalitario che può essere hitleriano, maomettano, staliniano, ecc..
Islamofobia è la paura e l'odio per l'orrore ed il terrore del nazismo islamico o Islam.

L'odio e la paura per il nazismo maomettano o Islam non è il frutto di un pregiudizio assurdo, immotivato, illogico, razzista ma la logica conseguenza dell'esperienza storica e odierna e di quanto detto e fatto da Maometto e prescritto nel Corano che è il testo fondante del nazismo mussulmano.

L'islamofobia quindi non è una malsana fobia irrazionale ma è una paura dell'Islam, una sana, naturale e più che motivata e giustificata paura e avversione per l'orrore ed il terrore islamico o maomettano o mussulmano.



"Terrorismo, i cannibali islamici protetti dalla sinistra". La sfida di Vittorio Feltri: "Perché li chiamo figli di..."
23 Aprile 2019
di Vittorio Feltri

https://www.liberoquotidiano.it/news/pe ... sista.html

La notizia dei morti ammazzati in Sri Lanka è risaputa: circa trecento vittime. Le televisioni l' hanno lanciata e rilanciata, ma con garbo. Come se fosse un fatto ordinario, tipo tamponamento sulla Salerno-Reggio Calabria. Niente di eccezionale. Pochi (o nessun giornalista) hanno detto fuori dai denti che gli assassini sono musulmani esaltati, kamikaze, terroristi spietati persino contro se stessi, visto che si annientano goduti allo scopo di sterminare cristiani e occidentali.

Il motivo che induce la mia categoria a essere prudente nell'accusare i maomettani di stragismo è drammaticamente semplice. Il pensiero unico progressista è che i figli di Allah spesso non sono figli di puttana, bensì bravi ragazzi fedeli di una religione nobile che hanno varie ragioni per odiare noi che non adoriamo il loro Dio. Siamo intimiditi dagli islamici e li rispettiamo al punto di non imputare loro crimini orrendi. E la sinistra in particolare, non più dotata di voti sufficienti per governare, però ancora padrona di molte leve di potere, cerca di proteggere gli immigrati dal Medioriente nella speranza di rabbonirli e farseli amici. Il fine è evidente, traspare dalla maniera in cui gli ultrà rossi agiscono. Non hanno neanche il coraggio di ammettere che il monopolio del terrorismo ce l'hanno i cannibali dell'islam.

E se tu cronista racconti le cose come stanno e affermi che la cultura di certa gente è in contrasto con la nostra e sarebbe bene osteggiarla, vieni punito. È vietato dall'Ordine dei giornalisti descriverla in forma corretta, ossia proclamare che faremmo meglio a prenderne le distanze. Non c'è verso di poter essere aderenti alla realtà, guai a fare un titolo che definisca bastardi gli attentatori. Non sei obbligato a lodarli, ma costretto a non deplorarli. Chi non si attiene a queste regole paradossali si becca la sanzione e deve stare attento se non vuole poi essere radiato.

Insomma i carnefici che in Sri Lanka hanno massacrato una moltitudine di persone sono degli illustri sconosciuti non meritevoli di essere insultati. Quando verrà fuori, e ciò sta avvenendo, che sono islamici saremo indotti, in omaggio alla deontologia del cavolo, a giustificarli. Saremo pregati di usare, dandogli addosso, un linguaggio ossequioso perché - tutto sommato - chi uccide centinaia di uomini, donne e bambini, in fondo non ha torto. Così è anche se vi fa schifo, noi italiani siamo convinti che leccando i piedi ai musulmani avremo il vantaggio di essere soppressi per ultimi. Oriana Fallaci aveva intuito tutto, noi siamo persuasi che irrorando saliva su chi ci perseguita ce la caveremo, almeno per un po'. Illusione.


"La paura negata dell’islam. Perché l’occidente non ha il coraggio (psichico) di chiamare il nemico col suo nome"
di Rocco Quaglia, "Il Foglio", 30 aprile 2019.

https://www.facebook.com/walter.marrocc ... 3130890376

“È come vivere ai piedi di un vulcano e non capire che si prepara a scoppiare” (Boualem Sansal, scrittore musulmano)
Quando la verità non può più essere detta la si dice per allusione o negandola. L’occidente ha paura dell’islam ma non può ammetterlo, le ragioni possono essere tante, sicuramente tutte ben razionalizzate e politicamente corrette, o forse c’è una ragione soltanto, sconosciuta e irrazionale. Secondo l’intellettuale Sansal (1), il terrore islamico sarebbe ormai troppo radicato, e noi saremmo paralizzati dalla paura; ce ne staremmo buoni e tranquilli in attesa che tutto finisca come per incanto. Non si può escludere che alcuni abbiano raggiunto lo stato di aponia, affermando che l’islam non sia una minaccia; tuttavia l’aggressività generalmente mostrata nella difesa dell’islam contro i cosiddetti islamofobi, tradirebbe in costoro la presenza di una paura negata.

Inutile sarebbe ricordare quanto sia cambiata la nostra vita dopo l’Undici settembre: è sufficiente andare in aeroporto o in una stazione di treni per rendersene conto, anche se continuiamo a dire: “La mia vita non cambierà”, o “Tutto sarà come prima”. Dopo il panico scoppiato in piazza san Carlo a Torino (3 giugno 2017) in seguito a un improvviso rumore, non possiamo più consolarci fingendo di non temere il terrorismo islamico. C’è dunque un conflitto dentro di noi, due forze in opposizione tra loro: c’è un vissuto di paura non riconosciuto che spinge per manifestarsi, e c’è una contro carica di energia che cerca di respingerlo nei sotterranei della psiche.
Come stiamo risolvendo questo conflitto, e quali disagi stiamo vivendo a livello psichico? Negando la paura, poiché socialmente rigettata, viene a mancare il vero oggetto della paura stessa. In altre parole, in assenza di una fonte della paura la nostra psiche è costretta ad attivare una serie di meccanismi di difesa contro la paura stessa, che diventa l’unico nostro nemico. In genere, il primo meccanismo attivato per arginare l’angoscia è la rimozione, che tuttavia, nel nostro caso, poiché è alimentata da un reale nemico esterno, non può avere pieno successo. La mente quando non può rimuovere, cioè espellere dalla coscienza, ricorre alla repressione, investendo molte risorse di energia psichica.
La paura di cui si parla qui resta così appena sotto la superficie della “pelle”, e per questo noi sentiamo il bisogno, dopo ogni attacco terroristico islamico, di marciare insieme per le strade gridando forte, come è avvenuto a Barcellona, “No tinc por!”, “Non ho paura!”. In tali occasioni, non si nomina la fonte della paura, non si indica nessun nemico; si esecra l’atto e si tenta di ridurre tutto all’azione di uno squilibrato, o di un cane sciolto senza collare né museruola. Per chi ha subìto l’offesa è importante riunirsi, sentirsi per un momento insieme, sia per evacuare la rabbia generata dalla paura, sia per non sperimentare la solitudine e lo smarrimento, vale a dire “il terrore senza nome”.
Oltre la negazione, ecco il diniego. A far apparire minaccioso l’islam non sarebbe la semina dei morti per le strade, ma i nostri pregiudizi
Quel che colpisce nelle interviste alle persone sopravvissute, è l’impiego del soggetto “Io” e non “Noi”. Indizio – questo – che denuncia un fragile senso di appartenenza a una comunità, e l’assenza di riferimento a una dimensione di valori umani, sociali, etici condivisi. Il massimo dell’espressione della propria reazione è: “Non ho paura e per dimostrarlo continuo a vivere la mia vita di individuo come se nulla fosse accaduto”. Le folle che si riversano per la strada a rivendicare il loro diritto a starsene in pace in realtà non formano cortei di popoli ma costituiscono una massa di individui accumunati dalla sola paura.
Di fronte a fatti per noi fino a venti anni fa affatto inconcepibili, l’occidente soffre di un disturbo da stress post traumatico. L’invincibile e moderno Occidente non può ammetterlo, perciò grida una paura negata, mascherata, repressa, negletta. Tuttavia, una paura negata non svanisce nel nulla, ma continua a lavorare in profondità distruggendo nell’individuo il suo sentimento di identità e di appartenenza, ossia il significato stesso del suo esser-ci. Più si fa finta che tutto sia come prima, è più si avverte un senso di irrealtà e di precarietà, unito a un senso di paralizzante impotenza. La paura è reale e noi possiamo “valutarla” in proporzione alla forza con cui la neghiamo, o la ignoriamo “distraendoci”.
L’insistenza con cui si nega il pericolo islamico è, infatti, un’inconsapevole difesa. Di solito i negazionisti sono persone che parlano dei terribili fatti di cronaca in modo distaccato; senza una reale partecipazione emotiva. La loro dimensione affettiva è come isolata dal resto dei processi psichici: si tratta di un meccanismo di difesa noto come isolamento dell’affetto. La mente si difende dagli stimoli che non riesce a elaborare, eliminando la parte affettiva dalla coscienza.
La negazione, già più volte menzionata, rappresenta uno dei meccanismi di difesa maggiormente utilizzati. Oltre a negazioni esplicite del tipo “L’Islam non è una minaccia”, esistono forme negazioniste che tendono a ridimensionare sia i fatti di cronaca, riducendoli a “singoli e isolati episodi” ma ingigantiti da una stampa prevenuta, sia il numero degli aspiranti jihadisti, che sarebbe una trascurabile minoranza. In compenso esisterebbero, come scrive un bravo storico, molti “onesti e buoni musulmani desiderosi di vivere da virtuosi nostri concittadini”. Queste rassicurazioni potrebbero attenuare le paure se cessassero le minacce di matrice islamica. Tuttavia il ripetersi delle stragi risveglia, ogni volta, paure appena assopite, costringendo il nostro “Io” a ricorrere a più drastiche misure difensive che, pur variando da individuo a individuo, si rivelano con sempre maggior insistenza sui giornali e nei dibattiti televisivi.
Accanto alla negazione ecco così il diniego; questo meccanismo, alquanto primitivo, nega la realtà stessa di quel che si percepisce. A far apparire minaccioso l’islam, pertanto, non sarebbe la semina dei morti per le strade, ma sarebbero i nostri pregiudizi e la nostra ignoranza dell’islam, oppure sarebbero i “manovratori del terrore”, che coltiverebbero artificialmente un clima di allarme per fini non ben definiti, ma sicuramente politici.
Un altro meccanismo di difesa è la formazione reattiva. Questo meccanismo consiste nell’adozione di atteggiamenti e di comportamenti contrari al contenuto di cui non si vuole prendere consapevolezza (nel nostro caso la paura), evitando di sperimentare l’angoscia della propria invalidità. L’individuo sente così non avversione ma simpatia verso l’Islam, e un “sincero” senso di amicizia verso i musulmani. Può diventare un amante della cultura islamica e un paladino delle loro richieste. A informare che un tale comportamento sia più il prodotto di una formazione reattiva e meno il frutto di una personale formazione culturale è l’esagerazione delle attestazioni di amicizia manifestate, in assenza di ogni capacità critica.
Tuttavia, né il diniego, né la formazione reattiva sono sufficienti a tenere a bada l’inconscia paura del terrorismo islamico, in conseguenza del rinnovarsi sia delle minacce sia delle stragi sempre più imprevedibili e clamorose. Quando poi ci si rende conto che con il mondo islamico il dialogo non è possibile; che il far finta che tutto continui come prima non funziona; che l’integrazione con gli “infedeli” è dall’islam considerata una forma di apostasia; che il buonismo non serve a “bonificare” gli islamici; che le concessioni fatte in nome del rispetto delle culture si rivela un’inutile espediente; e che persino le rinunce alle proprie tradizioni e alle proprie festività in ossequio alla sensibilità dei musulmani si rivelano del tutto inefficaci a trasmettere le nostre buone disposizioni, allora si rende necessario mobilitare nuove energie psichiche e far ricorso a meccanismi di difesa ancora più primitivi e pericolosi per la nostra salute mentale.
Uno di questi meccanismi è la seduzione. Ci si rivolge ai musulmani chiamandoli “nostri fratelli”, mettendo in atto un comportamento di benevola arrendevolezza, separando il terrorismo dall’Islam, e decantando quest’ultimo come portatore di nuove ricchezze morali e spirituali. Tuttavia la seduzione è un segno di grande debolezza che rafforza l’altro nelle sue convinzioni di onnipotenza e nelle sue azioni di forza. Sedurre vuol dire compiacere l’altro, fino a mostrargli un atteggiamento di sottomissione. Tuttavia, la seduzione incita inconsapevolmente l’altro al disprezzo e alla denigrazione. Non c’è mai stato né rispetto né stima per chi ha mostrato paura.
Un aspetto della seduzione è la giustificazione dell’altro e, persino, dei suoi crimini. Si giustifica l’islam dicendo: “Anche noi abbiamo fatto crimini simili”, “Anche noi cattolici siamo violenti”. In un caso Qualcuno è giunto a equiparare la “violenza domestica” dei cattolici alla “violenza islamica” dei terroristi. Il messaggio inviato è: “Noi non siamo migliori di loro”. L’occidente non più cristiano presenta un vuoto che non può restare a lungo tale. Le banche sono diventate le sue nuove chiese, le società si sono trasformate in grandi centri commerciali dove tutto si vende e tutto può essere comprato, compresi i corpi e le anime. L’occidente è ormai una realtà senza convinzione, ha perduto la Ragione, cioè il Logos della sua esistenza. Non ha più uno scopo per stare al mondo che vada oltre il mangiare e il bere. Di fronte a un islam, carico di energie e desideroso di portare la ummah a tutti gli uomini, l’ateo mondo occidentale è incredulo, disorientato e smarrito di fronte a una crudeltà che va oltre ogni limite e ogni misura concepibile. L’occidente è impotente, e cede sempre più terreno, ricorrendo a ideali di antica fattura cristiana per salvare quel che resta del rispetto e la dignità di sé.
C’è un conflitto dentro di noi: un vissuto di paura non riconosciuto che spinge per manifestarsi, e una contro carica di energia
A questo punto rimangono poche altre difese da mettere in campo. Noi in qualche modo abbiamo incarnato i fantasmi contro cui lottano i terroristi islamici, e, come si è già detto, non potendo oggettivare la nostra paura non possiamo liberarcene. L’islam non si può sconfiggere, le sue armi non sono convenzionali, il suo esercito è ovunque, ed è animato da un furore divino e da una passione di morte contro cui la “dea ragione” non può nulla. Soprattutto è tardi e sembra saperlo bene il Regno Unito che “discrimina i cristiani perseguitati a favore dei rifugiati musulmani” (2). Vi è qualcosa di intollerabile e di incomprensibile in tanta spontanea soggezione.
Comunque, riprendendo il discorso, le ultime ed estreme difese che possiamo mettere in campo per negare la verità della nostra paura sono l’idealizzazione e l’identificazione all’aggressore. La prima, l’idealizzazione, innalza così l’altro fino alla perfezione. Quando l’angoscia diventa insopportabile, c’è un solo modo per sottrarsi alla paura, trasformare la fonte della paura da malvagia a buona, e se è buona non è da temere. Segue un lavoro di intellettualizzazione, grazie al quale si riesce a scagionare e a legittimare, con ragionamenti ideologici, comportamenti fino a poco tempo prima condannati. L’aggressore diventa così vittima, il terrorista diventa un martire della libertà; l’islam diventa la religione della pace e della fratellanza universale. Non hanno forse i cristiani distrutto il mondo della Roma classica? Si chiede uno storico in un suo libro.
Implicitamente si comunica che non dobbiamo impedire che un nuovo cambiamento avvenga. Nei cambiamenti – si inizia a dire – ci sono sempre cose positive e nell’Islam di cose positive ce ne sarebbero molte. Diversi programmi televisivi hanno già magnificato la raffinata civiltà islamica contro un mondo barbaro e rozzo quale sarebbe stato il nostro nel Medioevo. Con il ricorso a questo meccanismo si assiste allo sgretolamento della nostra realtà interna, che è culturale, sociale, religiosa. Ormai siamo pronti, pur di ricuperare la perduta serenità, ad abbracciare con “fiducioso abbandono” l’islam e la sharia. Un tale passo è possibile con l’adozione dell’ultima difesa, l’identificazione all’aggressore, meccanismo più noto con il nome della “sindrome di Stoccolma”.
Per spegnere, una volta per tutte, la sorgente della paura in noi, alla psiche non resta che convincersi di essere lei stessa quella sorgente. Il male non è l’atro ma sarebbe in ciò che crediamo, pensiamo e siamo. Se il bambino si auto-convince di essere lui il lupo, non egli deve temere il lupo, ma gli altri devono temere lui. Se dunque io sposo la causa del terrore e mi identifico al terrorista islamico più nessun terrorista può farmi paura, poiché io, al pari di lui, divento “signore del terrore”. Già i neoconvertiti di ex cattolici ed ex atei all’islam sono oggi una realtà non trascurabile. Già assistiamo a parroci che invitano gli imam musulmani nelle chiese cattoliche a spiegare chi è Gesù per loro. Quando avverrà la conversione di massa – poiché avverrà – tutta la paura fino ad allora compressa esploderà, riversandosi su chi nel frattempo non si sarà convertito.
Questi due ultimi meccanismi di difesa possono essere attivati in milioni di individui anche da una sola persona, ma con un ascendente mondiale, parlo del Papa. La persona del papa è stata ormai privata della libertà di fare citazioni storiche a Ratisbona, l’auspicio è che non chieda a Casablanca perdono per le crociate. Si può fare qualcosa? A livello individuale sì: ognuno cominci a dire a sé stesso: “Io ho paura”. Forse un giorno sapremo dire insieme “Tenemos por”, paura per le future generazioni, che non potranno più cambiare religione, non potranno più amare chi vogliono, non potranno più ammirare la Cappella Sistina né la Pietà di Michelangelo”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Messaggioda Berto » lun apr 29, 2019 9:31 am

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 27/04/2019, a pag. IX con il titolo "L'illusione dell'Occidente" l'intervista di Giulio Meotti a Boualem Sansal
Informazione Corretta

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=74450

Quei diciannove martiri cristiani d'Algeria arrivarono prima di tutti gli altri, prima degli iracheni di Ninive, dei siriani di Aleppo, degli egiziani di Alessandria, dei pachistani di Quetta, dei cingalesi di Colombo e Negombo, appena colpiti dagli attentatori suicidi dell'Isis. Erano insegnanti, infermieri, e bibliotecari. Erano i quattro padri bianchi uccisi il 27 dicembre 1994 a Tizi-Ouzou nel cortile della missione. Erano i sei monaci trappisti decapitati a Tibhirine. Era Pierre Claverie, domenicano e vescovo di Orano. Erano i dodici cattolici croati adibiti a varie mansioni che furono sgozzati. Fu il primo massacro di civili cristiani definiti "crociati" dalle milizie del jihad.
Per la prima volta in Algeria il terrorismo islamico percorse la strada dei massacri indiscriminati della popolazione civile e dei fedeli cristiani, religiosi e civili.
A quel tempo, l'ingegner Boualem Sansal era un alto funzionario del ministero dell'Industria. Nel dicembre del 1998, a guerra civile finita, Sansal spedisce "Il giuramento dei barbari" a Gallimard, la principale casa editrice di Parigi.
Il successo letterario lo spinge a parlare. Da allora, Sansal non si è più fermato e ha raccolto un successo letterario dietro l'altro, da "2084" all'ultimo "Treno per Erlingen". "2084" è il Grande fratello di Orwell in salsa islamica: il regno dell'Abistan, dove donne e uomini girano coperti in un mondo di lapidazioni, guerre sante e lavaggio del cervello, dove l'unica legge è la parola del dio Yölah e del suo Delegato, Abi, fatta rispettare dall'Apparato e inculcata con una lingua nuova, l'abiling. Si salva soltanto Ati, l'ateo protagonista attratto dalla libertà di pensiero. Per molti, Sansal è il "nuovo Solgenitsin", come nella copertina del settimanale Valeurs Actuelles. È il dissidente, il franco tiratore, l'intellettuale arabo che avverte l'Europa. La saggista Malika Sorel ha elogiato Sansal come colui che ha il "coraggio di dire le cose, come Solgenitsin".
Ma a Sansal quel coraggio è costato molto caro: ha perso il lavoro, la moglie non può più insegnare, da anni riceve minacce anche di morte, i suoi libri in Algeria sono proibiti e le sue figlie si sono trasferite a Praga. Lo scrittore vive a cinquanta chilometri da Algeri, a Boumerdès, in un campus universitario, vicino al mare, circondato da montagne e foreste. Quando è stato licenziato dal regime, Sansal è rimasto nel campus. Ha più volte pensato di abbandonare il suo paese e in una recente intervista al Figaro ha detto: "Il giorno in cui sembreremo una vera minaccia per qualcuno nel regime, alla fine saremo uccisi".
Che fare? Esilio in Francia? "Come tutti gli algerini, ci pensiamo ogni mattina. Poi la sera diciamo, 'vedremo"'. Adesso Sansal è a colloquio col Foglio sulla strage di 250 cristiani in Sri Lanka. "Questo è un altro abominio che conferma a coloro che si rifiutano di vedere che l'islamismo è la calamità del secolo e che è una sfida molto più grande di fascismo e nazismo", ci dice. "Perché non abbiamo capito, perché non lo sapevamo o perché non potevamo agire, l'islamismo si è oggi installato ovunque nel mondo, è radicato in tutto paesi e si diffonde in tutti gli strati sociali. In Sri Lanka ha preso di mira cristiani e stranieri. Oltre ai morti e ai feriti, è un colpo fatale per il turismo, che è una delle principali risorse economiche del paese". Perché l'islam radicale odia così tanto i cristiani? "Per i musulmani, l'islam è venuto a chiudere il ciclo delle rivelazioni profetiche e a unire sotto un'unica bandiera tutti gli uomini e prima di tutto la `gente del Libro', coloro che credono in un dio unico, vale a dire ebrei e cristiani. Coloro che si rifiutano di sottomettersi sono ribelli che devono essere puniti. L'islam odia i cristiani tanto quanto gli ebrei o i sostenitori di altre fedi. Vuole regnare da solo sul mondo, convinto che Allah lo voglia e lo chieda. Oltre a queste considerazioni teologiche, gli islamisti accusano i cristiani di combattere l'islam e di occupare la sua terra durante crociate e colonizzazioni".
Eppure, l'occidente appare sordo a questo orrore. "L'occidente è entrato in una fase di rapido declino, non ha più la forza che è stata la sua in tutti questi secoli, nemmeno unendo l'Unione europea e la Nato.
Questo declino potrebbe avere a che fare con la perdita di spiritualità conseguente alla rapida scristianizzazione della maggior parte dei paesi occidentali.
Di fronte al mondo musulmano, di fronte alla Cina, l'occidente si sta chiudendo su se stesso, si rifiuta di vedere e sentire, non deve combattere. E' già sulla strada dello smantellamento e della sottomissione".
Perché i media si rifiutano di nominare questo male quando in Nuova Zelanda hanno immediatamente attirato l'attenzione sul suprematismo bianco e sulla "islamofobia"?
"I media obbediscono alle ingiunzioni delle autorità pubbliche", dice Sansal. "Sono tutti più o meno legati agli interessi privati che riguardano i paesi musulmani, specialmente quelli che finanziano l'espansione dell'islamismo come l'Arabia Saudita, il Qatar, l'Iran.
Hanno anche paura di provocare tensioni con le comunità musulmane che vivono in occidente.
Una parola è stata coniata per descrivere questo comportamento: `politicamente corretto"'. Si parla di scontro di civiltà, ma noi riconosciamo davvero di averne una? "Credo semplicemente che la civiltà occidentale stia volgendo al termine e che sia incapace di resistere all'espansione di altre civiltà, diverse da essa e quindi in competizione, come la civiltà arabo-musulmana, la civiltà cinese, ma anche l'Iran e la Russia, che stanno iniziando la loro rinascita", dice Sansal al Foglio.
L'islam radicale sunnita è un'arma di distruzione di massa: Parigi (130 morti), moschea sufi nel Sinai (310 morti), quartiere sciita Karada di Baghdad (340 morti), chiese nello Sri Lanka (250 morti di cui 45 bambini), soltanto per restare ai quattro maggiori attentati dell'Isis. Ma apparve al mondo proprio nella sua Algeria, quando l'Isis non esisteva ancora. "E' l'ideologia che produce gli stessi effetti ovunque, in Algeria, Sri Lanka, New York o Madrid. Uccidere quante più persone possibili, terrorizzare, costringere le persone a partire o a sottomettersi, è il suo metodo".
E i cristiani sono obiettivi privilegiati. "Al tempo dei califfi e dei sultani, i cristiani orientali erano oggetto della dhimma, sono stati tenuti fuori della società, non avevano diritti e hanno dovuto pagare la dhimma per beneficiare della benevolenza del potere musulmano.
Nel mondo di oggi, la dhimma ai non musulmani non può essere imposta, sono cittadini come tutti gli altri, possono votare, essere eletti, insegnare la religione e competere con i musulmani. Gli islamisti non lo possono accettare, è per questo che vogliono che i cristiani se ne vadano e per questo devono terrorizzare coloro che, in occidente, vogliono difenderli".
Negli attacchi nello Sri Lanka i terroristi hanno ucciso anche 45 bambini. Bambini come obiettivi del jihad? "Gli islamisti vogliono terrorizzare e colpire gli spiriti su scala planetaria, è per questo che privilegiano gli obiettivi emblematici, i luoghi pubblici come le chiese, i mercati, le stazioni, gli aeroporti e vogliono che tra le vittime ci siano molte donne e bambini, vittime innocenti che sono in balia dell'opinione pubblica internazionale. Questi obiettivi, così come le date di esecuzione, vengono sempre scelti con cura.
Agli islamisti piace colpire durante il Ramadan. Durante questo mese sacro, dare la morte ai miscredenti nel nome di Allah è un ottimo modo per conquistare il paradiso. E' lo scopo stesso della conquista dell'islam, vincere il pianeta, convertire tutta l'umanità. Il terrorismo è solo un metodo per conquistare territori, soggiogare le loro popolazioni e convertirle con la forza, come ha fatto l'Isis con le comunità cristiane. Questo è il metodo degli islamisti radicali, i jihadisti.
Gli islamisti moderati rifiutano questo metodo, preferiscono la via morbida, la da'wa, l'invito ad ascoltare il messaggio di Allah o la predicazione pubblica. Tra i due metodi, la conquista militare e la da'wa, c'è tutto ciò che l'intelligenza umana è stata in grado di inventare per convertire e arruolare.
La Francia è un terreno molto favorevole all'islamizzazione per via morbida e per mezzo della violenza. Il ritorno alla pratica religiosa è in aumento tra i musulmani e le conversioni stanno esplodendo". Cosa c'è di sbagliato nelle nostre élite paralizzate all'idea di riconoscere uno scontro di civiltà? Inoltre, l'attacco alle chiese cingalesi porta un po' anche il timbro europeo, visto che uno degli attentatori dell'Isis aveva studiato in Inghilterra.
"Ci sono ancora delle élite, intendo élite indipendenti e coraggiose? Non più, ahimè", prosegue Sansal. "Oggi la censura dei politicamente corretto e la minaccia del perseguimento legale per islamofobia, razzismo, incitamento all'odio, sono tali che nessuno osa parlare e denunciare. I media (giornali, tv, radio) esercitano un filtro e lasciano passare solo le espressioni più neutre.
E' necessario passare dai media ai social network per esprimersi liberamente e anche questo non è garantito, visto che YouTube e Facebook esercitano una fortissima censura sull'espressione non conforme alla doxa. L'islamismo è rafforzato dal silenzio delle élite e dalla censura dei media".
Ma l'islam radicale è davvero in grado di sopraffare l'occidente? "No, ma funziona a lungo termine", conclude Sansal. "Il presidente algerino Boumediene, che fu in seguito parafrasato da Arafat, disse che `è con il ventre delle nostre donne che conquisteremo l'Europa'. Demografia, immigrazione, comunitarismo, radicalizzazione e vittimizzazione sono i cinque vettori dell'espansione dell'islamismo. E' già un tale successo che l'occidente si senta circondato, minacciato e condannato a lungo termine. La fortezza e le mura che l'occidente erige qua e là per proteggersi non dureranno a lungo a causa della determinazione degli islamisti".
E a chi lo taccia di pessimismo, Sansal risponde: "Se essere ottimista significa che tutto va bene, preferisco i pessimisti che tremano. La situazione è seria, siamo tutti sulla stessa barca. Devi parlare, avvertire, avvertire, avvertire".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Messaggioda Berto » lun apr 29, 2019 9:32 am

Nella cultura islamica il vero peccato è amare la vita
Karen Rubin - Sab, 27/04/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 85220.html

Quella di Mohammed Yusuf Ibrahim e i suoi figli era una famiglia cui non mancava nulla.

Ricchi, potenti, istruiti nelle migliori università occidentali, sposati e con bambini a cui dare e da cui ricevere amore. Eppure si sono fatti esplodere in due grandi hotel di Colombo con lo scopo di seminare morte e terrore in nome della jihad, superando quella paura primordiale che ci tiene legati alla vita.

Non solo lo sterminio dei cristiani a Colombo ma anche la condanna in Iran di Narsin Sotoudeh a 38 anni di carcere e 148 frustrate. La donna, famosa avvocatessa e attivista per i diritti umani, difendeva nei processi le iraniane condannate anche a 20 anni di carcere se non indossano il velo come prescrive la sharia. Il sultano del Brunei con un nuovo codice penale ha stabilito che per adulteri e omosessuali sarà prevista la lapidazione. Con una lettera ha spiegato al Parlamento europeo che esige rispetto e comprensione per una normativa che difende la sacralità della discendenza famigliare e del matrimonio. In 12 paesi musulmani l'apostasia è ancora un peccato capitale e si può essere condannati a morte per aver pronunciato una frase che denota ateismo o agnosticismo. Tranne che nel primo caso non si tratta soltanto dell'islam radicale, ma di un fanatismo che appartiene alla maggior parte dei regimi in cui la politica viene esercitata attraverso l'uso della religione musulmana. Fanatismo fondato su una credenza per cui l'uomo e la sua sopravvivenza non sono più il fine ultimo ma lo è la fedeltà a un ideale assoluto per cui si è disposti a morire.

Nella storia di tutti i popoli è sempre affiorata una distruttività a carattere biologico ma la modalità in cui emerge dipende soprattutto dalla cultura che la costruisce e in cui si manifesta. In quella occidentale il marito che uccide la moglie e i figli e poi si uccide lo fa per se stesso. L'abbandono da parte di lei è una ferita narcisistica intollerabile. Il kamikaze non uccide per sé ma per una credenza che lo spinge ad odiare l'altro diverso da sé. Una differenza generata dalla cultura di appartenenza. Quella islamica costringe l'individuo ad una scissione e una negazione del valore del suo corpo e dei suoi istinti vitali, che sono costantemente repressi, mentre a quelli mortali, da cui scaturisce la distruttività, viene autorizzato il libero sfogo. L'islamico non può possedere quel narcisismo necessario per cui in primis c'è l'amore e il rispetto di sé e dei propri figli.

Il senso di identità è legato a una religione che permea tutti gli aspetti dell'esistenza. In un momento di crisi personale, quando riemergono desideri rimossi si crea un conflitto con la realtà. Il kamikaze deve scegliere se soddisfare il suo anelito ai sensi e alla libertà o confermare la sua appartenenza a una cultura che impedendogli la realizzazione personale si trasforma in un persecutore interno. La contrapposizione, impossibile da conciliare, genera un delirio mistico in cui l'aggressività che si vorrebbe scaricare su chi impone i divieti viene proiettata su altri, innocenti. Si crea una nuova delirante e aberrante realtà: uccidere e uccidersi in nome di Allah è l'unica via da perseguire per affermare se stessi e dominare l'altro.


Alberto Pento
Io più che cultura la chiamerei incultura e inciviltà, poiché solo ciò che genere, tutela e promuove la vita è degno di essere considerato cultura e civiltà, ciò che invece promuove e genera la morte può essere solo in cultura e inciviltà.

Mussulmani dementi che uccidono gridando Allah è il più grande
viewtopic.php?f=188&t=2043
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Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Messaggioda Berto » dom nov 10, 2019 9:54 am

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Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Messaggioda Berto » dom nov 10, 2019 9:55 am

Niente paura, leggete il Corano Ci troverete le radici del Male
Magdi Cristiano Allam - Lun, 02/03/

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... PrHNz23DyE

Per 56 anni ho creduto che l'islam potesse essere riformabile grazie a musulmani moderati come me. Mi sbagliavo. Il libro sacro è la negazione della civiltà. Sostieni il reportage

Magdi Allam, editorialista del «Giornale», presenterà stasera a Milano una edizione commentata del Corano che sarà allegata al «Giornale. A intervistarlo il direttore del «Giornale» Alessandro Sallusti. L’incontro dalle ore 21 al Teatro Manzoni di Milano.

«Allah Akhbar! Allah Akhbar! Ash-hadu an-la ilaha illa Allah, Ash-hadu anna Muhammad-Rasul Allah». «Allah è Grande! Allah è Grande! Testimonio che non c'è altro dio all'infuori di Allah, Testimonio che Maometto è il Messaggero di Allah». Per vent'anni la mia giornata è stata cadenzata dall'adhan, l'appello alla preghiera diffuso dall'alto dei minareti nella mia città natale, Il Cairo, ribattezzata la «Città dai mille minareti». Per 56 anni mi sono impegnato più di altri, da musulmano moderato, ad affermare un «islam moderato» in Italia, aderendo e sostenendo sostanzialmente la tesi del Corano «creato», che per l'ortodossia islamica pecca ahimè di una fragilità teologica che scade nell'eresia. Perché così come il cristianesimo è la religione del Dio che si è fatto Uomo e che s'incarna in Gesù, l'islam è la religione del loro dio Allah che si è fatto testo e che si «incarta» nel Corano dopo essere stato rivelato a Maometto attraverso l'Arcangelo Gabriele. Per i musulmani quindi il Corano è Allah stesso, è della stessa sostanza di Allah, opera increata al pari di Allah, a cui ci si sottomette e che non si può interpretare perché si metterebbe in discussione Allah stesso.

Per contro, la tesi del Corano «creato», che sottintende che solo Allah è increato, consente l'uso della ragione per entrare nel merito dei contenuti del Corano, che possono essere oggetto di culto da parte della fede ma anche oggetto di valutazione e critica; così come consente la contestualizzazione nel tempo e nello spazio dei versetti rivelati per distinguere ciò che è da considerarsi attuale e lecito da ciò che è invece è da ritenersi prescritto e caduco; ci mette in ultima istanza nella possibilità di poter affermare la dimensione «plurale» dell'islam e, in questo contesto di pluralismo, ci consente di far primeggiare la scelta dell'«islam moderato» che concili la prescrizione coranica con il rispetto dei valori fondanti della nostra comune umanità.

Per 56 anni ho scelto di battermi in prima persona, costi quel che costi, per affermare la bontà del Corano quale testo sacro dell'islam pur nella denuncia del terrorismo islamico. Nel 2003, dopo aver conosciuto Oriana Fallaci ed aver instaurato con lei un rapporto che, al di là della reciproca stima professionale, della condivisione della denuncia del terrorismo islamico e della pavidità dell'Occidente, si fondava su un affetto sincero e una solida amicizia, tuttavia il nostro rapporto fu turbato dal mio rifiuto di abbandonare l'islam e di concepire che la radice dell'islam risieda nel Corano. Mi sentivo contrariato quando scriveva: «L'islam è il Corano, cari miei. Comunque e dovunque. E il Corano è incompatibile con la Libertà, è incompatibile con la Democrazia, è incompatibile con i Diritti Umani. È incompatibile col concetto di civiltà». Eppure, all'indomani della mia conversione al cristianesimo il 22 marzo 2008, ho scritto: «Ho dovuto prendere atto che, al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale».

L'errore in cui incorsi fu di immaginare che l'islam potesse essere riformabile al suo interno grazie all'impegno dei musulmani moderati. Alla fine, dopo oltre cinque anni trascorsi da condannato a morte dai terroristi islamici e reiteratamente minacciato dagli estremisti islamici, mi sono arreso di fronte all'evidenza: si può essere musulmani moderati come persone, ma non esiste un islam moderato come religione. Oggi più che mai dobbiamo avere l'acume intellettuale e il coraggio umano di leggere ad alta voce il Corano e di affermare pubblicamente i suoi contenuti. Non possiamo essere vittime, da un lato, dei musulmani moderati che difendono aprioristicamente e acriticamente l'islam pur di salvaguardare la loro credibilità ed onorabilità, dall'altro, degli occidentali che per paura di offendere i musulmani sostengono in modo altrettanto aprioristico e acritico che il Corano insegna l'amore e la pace, che i terroristi islamici non centrano nulla con l'islam.

Solo leggendo il Corano scopriamo la specificità di una religione che condanna di eresia l'ebraismo e il cristianesimo; la realtà di Allah che era il dio supremo del Pantheon politeista arabo, clemente e misericordioso con chi si sottomette all'islam ma vendicativo e violento con i miscredenti; la verità di Maometto che è stato un guerriero vittorioso che ha fondato una «Nazione di credenti» combattendo e uccidendo i suoi nemici per ordine di Allah.

Solo leggendo il Corano potremo capire le radici di un'ideologia che legittima l'odio, la violenza e la morte, che ispira il terrorismo islamico ma anche la dissimulazione praticata dai «musulmani moderati», perseguendo il comune obiettivo di sottomettere l'intera umanità all'islam, che è fisiologicamente incompatibile con la nostra civiltà laica e liberale negando la sacralità della vita di tutti, la pari dignità tra uomo e donna, la libertà di scelta.

Solo leggendo il Corano potremo capire chi siamo veramente noi, se siamo ancora o non più in grado di riscattare la civiltà di verità e libertà, di fede e ragione, di valori e regole.

L'Italia non ha subito gravi attacchi dal terrorismo islamista, ma non può considerarsi al sicuro se si tiene conto che da anni diversi imam predicano odio, dozzine di centri islamici sono impegnati nel proselitismo e nel finanziamento a gruppi terroristici e che il Paese sta esportando combattenti nei teatri della jihad. Lo rileva un rapporto del Centro militare di studi strategici del ministero della Difesa. La comunità islamica italiana è composta da 1,6 milioni di persone, un terzo degli stranieri presenti, cui si aggiungono 60-70mila convertiti. Sono una ventina le organizzazioni principali, più di 100 le moschee, 159 i centri islamici, decine le scuole coraniche, tanti i siti internet. Secondo il dossier, «la radicalizzazione della comunità islamica rappresenta una potenziale seria minaccia». Dal 2001 ad oggi, circa 200 persone sono state arrestate con l'accusa di terrorismo. Milano è l'epicentro del radicalismo islamico in Italia.
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Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Messaggioda Berto » lun dic 23, 2019 7:51 am

MALAYSIA-ISLAM - Paesi musulmani riuniti a Kuala Lumpur. Mahathir: L’islam è ‘in crisi’
AsiaNews.it
20/12/2019

http://www.asianews.it/notizie-it/Paesi ... 2Ml_80WvtM

Dal tema “Il ruolo dello sviluppo nel raggiungimento della sovranità nazionale”, il vertice si è aperto ieri e si concluderà domani. Il summit ha suscitato disappunto in Arabia Saudita, che vede nell'evento una minaccia all’influenza dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic).

Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – I musulmani, la loro religione ed i loro Paese “sono in uno stato di crisi”: jihad, governi oppressivi e neocolonialismo sono solo alcune delle questioni chiave che il mondo musulmano deve affrontare. Lo ha dichiarato ieri il primo ministro malaysiano, Mahathir Mohamad, durante il suo intervento di apertura ad un atteso vertice tra alcune delle nazioni a maggioranza islamica più popolose al mondo.

Dal tema “Il ruolo dello sviluppo nel raggiungimento della sovranità nazionale”, il Kuala Lumpur Summit 2019 si è aperto ieri e si concluderà domani. Tra i partecipanti vi sono capi di governo, esperti, intellettuali, politici, leader di comunità e rappresentanti del settore privato; 450 delegati provenienti da 56 Paesi, chiamati ad esporre, analizzare e proporre soluzioni alle problematiche che affliggono i musulmani.

Il summit ha suscitato disappunto in Arabia Saudita, che vede nell'evento una minaccia all’influenza dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic) dominata da Riyad. L’organismo è composto da 57 Stati membri e si presenta come la voce collettiva del mondo musulmano. Ad indispettire i sauditi è stata soprattutto la partecipazione al vertice di Kuala Lumpur dei leader di Iran, Qatar e Turchia – rivali regionali di Riyadh.

Oltre al presidente iraniano Hassan Rouhani, ieri all’evento sono intervenuti lo sceicco del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani, e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Sebbene avesse ricevuto l’invito, il re saudita Salman bin Abdulaziz Al Saud non ha voluto recarsi nel Sud-est asiatico. Tra le assenze pesanti vi sono anche quelle di Imran Khan, primo ministro del Pakistan, e Joko “Jokowi” Widodo, presidente dell’Indonesia.

In qualità di presidente del vertice, il 94enne Mahathir è intervenuto per primo. “Ovunque – ha dichiarato – assistiamo a Paesi musulmani distrutti, i loro cittadini costretti a fuggire e a cercare rifugio in nazioni non islamiche”. Il premier malaysiano ha sottolineato che “conflitti fratricidi, guerre civili, governi fallimentari e molte altre catastrofi” continuano ad affliggere Paesi musulmani e islam, “senza alcuno sforzo serio per cessarle o ridurle o riabilitare la religione”. “Oggi abbiamo perso il rispetto del mondo. Non siamo più fonte di conoscenza né modello di civiltà umana”, ha aggiunto.

La crescente islamofobia che denunciano i musulmani deriva in parte da quanti sono disposti a morire per proteggere la religione, ha sostenuto Mahathir. Secondo il leader malaysiano, gli “atti non rispettabili di terrore” hanno solo peggiorato le percezione globale dell’islam. “Possiamo anche affermare di esercitare il jihad, ma il risultato è una maggiore oppressione dei musulmani ovunque – ha concluso –. Siamo espulsi dai nostri stessi Paesi, respinti da quelli di asilo, oppressi e condannati. Abbiamo causato la paura dell'islam al punto da creare l'islamofobia”.



Alberto Pento

"Secondo il leader malaysiano, gli “atti non rispettabili di terrore” hanno solo peggiorato le percezione globale dell’islam."

Perché il terrorismo di Maometto e del Corano sarebbero forse rispettabili e non sono forse il modello per i terroristi che attuano forme non rispettabili di terrorismo?
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Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Messaggioda Berto » sab ott 31, 2020 4:15 am

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Maometto, il Corano, Allah e i maomettani cos'hanno di buono

Messaggioda Berto » sab ott 31, 2020 4:16 am

Allahu Akbar l'idolo mostruoso di Maometto non è Dio e Maometto non è un profeta di Dio e nulla vi è di santo nell'Islam che altro non è che la sottomissione a questo idolo mostruoso e al suo demenziale e criminale profeta
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674
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