I mussulmani cosidetti moderati e l'Islam buono non esistono

I mussulmani cosidetti moderati e l'Islam buono non esistono

Messaggioda Berto » mar gen 01, 2019 9:09 am

“Tutta questa storia della “riforma” dell’islam non è altro che una copertura per assolvere l’Islam e dargli (nuovamente) l’opportunità di riorganizzarsi”.
https://www.facebook.com/Islamicamentan ... 1291391479

Islamicamentando
30 dicembre 2018 alle ore 18:04
L’EX-musulmano Armin Navabi in soli due minuti smonta le false speranze e le deleterie illusioni riguardanti una fantomatica “riforma” dell’islam.
Ringraziamo il lettore che ci ha segnalato il video.
[Kafir Soul]
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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I mussulmani cosidetti moderati e l'Islam buono non esistono

Messaggioda Berto » dom gen 06, 2019 8:32 pm

Cari amici,
Giulio Meotti
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 4554185704

quante cose si scoprano a sfogliare la più precisa, dettagliata e importante “lista nera” dei 50 stati al mondo che perseguitano i cristiani e appena diffusa da Open Doors. Si scopre ad esempio che fra i primi dieci paesi, con l'eccezione di quella topaia comunista che è la Corea del Nord e che dovrebbe entrare nei libri di storia, sono tutti paesi islamici. Strano no? Visto che il Vaticano, che rappresenta un miliardo di cristiani, non solo si rifiuta di nominarli, questi persecutori dei cristiani, ma li incensa pure. Si scopre anche che, fra questi cinquanta paesi, non c'è quello dove è nato il cristianesimo e che da 70 anni è nelle mani salde e sagge del popolo ebraico: Israele. Già, nella lista nera ci sono i Territori palestinesi che perseguitano i cristiani, ma Israele non c'è proprio. Strano anche questo, no? Visto che è uno stato che la Santa Sede ha riconosciuto soltanto venticinque anni fa, che si rifiuta di nominare chiamandolo “terra santa” e di cui molte chiese nel mondo, soprattutto progressiste, tifano per i suoi nemici. Ecco la lista. Tenete a mente queste tre parole: islam, Israele, cristiani. Tirate le somme e le conclusioni. Non c'è peggior cieco di chi non vuole vedere.


Maryan Ismail
In Somalia vengono perseguitati i mussulmani non fondamentalisti, figuriamoci le persone di fede diversa. È una polveriera che galleggia sulle bombe. Addirittura anacronistico metterla nella lista delle Nazioni. Non esistiamo quasi più.

Johan Liebert
Maryan Ismail purtroppo ci sono anche somali che vorrebbero dividere il loro paese in nuove entità pressoché insignificanti. Come se non bastavano già i problemi che ci sono. Mi dispiace per ayeyou, se ne è andata senza vedere il suo paese in pace e prospero.

Alberto Pento
Mi chiedo se i maomettani non fondamentalisti sono veri mussulmani, considerato che Maometto era un fondamentalista assassino e che pretendeva obbedienza assoluta dai suoi fedeli, discepoli e seguaci.

Maryan Ismail
Alberto Pento , provocarmi non serve a nulla. Anche Maometto dovrà rendere conto delle sue azioni di fronte a Dio. Non devo certo prendere patenti di cittadinanza da nessuno.

Alberto Pento
Gentile Maryan Ismail l'argomento non è la cittadinanza ma il maomettismo e la sua disumanità criminale anti cristiana, antisemita, anti ogni diversità religiosa e di pensiero. E criminali non sono solo i fondamentalisti odierni ma anche quelli di ieri a cominciare dal primo fondamentalista islamico che fu Maometto modello per tutti i maomettani o mussulmani o islamici.
Quindi, secondo lei Maryan Ismail, un buon e vero maomettano non segue l'esempio e la parola del profeta e maestro Maometto e quanto scritto nel Corano e l'essere maomettani è altro da Maometto e dal suo esempio, buono a sapersi e che lo sappiano tutti i maomettani che secondo lei Maometto non era un buon e vero mussulmano e che l'Islam è altra cosa da quella inventata da Maometto!
Poi mi consenta di ricordarle che Maometto e i maomettani prima di rispondere a Dio e al loro Allah devono rispondere agli uomini e all'umanità.



Umberto Pavoncello
Alberto Pento il suo intervento mi sembra poco tollerante, tutte le religioni e tutte le correnti politiche-filosofiche hanno il loro lato oscuro, inutile menzionarle tutte. Le persone cenno giudicare dalle azioni e non dal credo religioso politico. Dire che tutti i musulmani sbagliano è razzismo.

Maryan Ismail
Per fortuna non essendo un dogma religioso un mussulmano può procedere liberamente a non seguire pedissequamente ciò che fece Maometto.
Certo è riconosciuto guida,a pur sempre uomo e non Dio.
Siamo muslim, non mohammadiani.
Contestualizzare le azioni e le gesta del profeta non ci rende meno islamici e neppure irrispettosi verso la religione.
Come viene detto nel Corano 2: 256 : La Ikra laha fii Diin. e cioè : Non vi è costruzione nella religione.
La libertà personale e il diritto/dovere di cittadinanza parte da questo importante dogma religioso e ci pone rispettosi nei confronti dell'uomo e dell'umanità.
Ciò vale anche per i mussulmani.
Non vi è contraddizione religiosa se siamo disposti a riconoscerci uomini tra gli uomini.
Dopodiché se la violenza prende il sopravvento, ebbene è certamente colpa di chi ha voluto e vuole asservire un testo sacro al dominio economico e politico con il quale, tra l'altro, l'Occidente cristiano va beatamente a braccetto per via dei petrodollari.
Ma questo è un altro tema ed è il cancro dell'Islam e della storia contemporanea.


Alberto Pento
Umberto Pavoncello come si pone lei difronte a Hilter, al Mein Kampf, al nazismo ariano-hitleriano dei social nazionalisti ?
Ecco, io difronte a Maometto al suo Corano e ai nazisti maomettani suoi seguaci che per me e moltissimi altri uomini di buon senso e di buona volontà della terra (magari areligiosi, atei e aidoli), sono incomparabilmente più razzisti e pericolosi di Hitler e dei nazisti ariani, mi pongo alla stessa maniera.

Per me,
un maomettano (o mussulmano o islamico) seguace di Maometto e del Corano è molto peggio dei nazisti che seguivano e seguono Hitler, il suo arianesimo e la sua dottrina esplicata nel Mein Kampf;
esso è potenzialmente una fonte di male come Maometto che è stato un prepotente razzista assassino e che come prescritto nel suo Corano (che per i maomettani è la parola increata di Allah l'idolo di Maometto e non un libro qualsiasi) e come testimoniato e confermato da 1400 anni a oggi di espansione imperiale violenta, di conflitti e di guerre civili, di discriminazioni e stermini a centinaia di milioni, di ogni diversamente religioso e pensante della terra,
maomettani o mussulmani seguaci di maometto, da cui potersi aspettare gli stessi comportamenti di Maometto che sono attuati dai cosidetti fondamentalisti islamici o islamisti che riproducono/ripetono/realizzano fedelmente le sue gesta, le gesta del profeta, loro maestro e modello per tutti i mussulmani.
Il fatto che non tutti i maomettani abbiano comportamenti fondamentalisti e che non si mettano a discriminare e ad ammazzare i non mussulmani, non significa:
1) che chi lo fa non sia un maomettano o sia un cattivo mussulmano;
2) che chi non lo fa sia invece un buon mussulmano;
3) che chi oggi non si comporta come Maometto e i suoi seguaci più fedeli o fondamentalisti, non lo possa fare in seguito come dimostrano gli atti terroristici quotidiani nei paesi maomettani, nell'Occidente americano ed europeo, in Africa e in Asia, compiuti da mussulmani prima apparentemente pacifici e buoni, detti radicalizzati.

I razzisti sono i nazisti hitleriani, staliniami e maomettani non chi li stana, denuncia, combatte e bandisce.



Alberto Pento
Gentile Maryan Ismail ho preso in carico il suo contributo e sto approntadone uno adeguato.

Maryan Ismail ha scritto:

1) Per fortuna non essendo un dogma religioso un mussulmano può procedere liberamente a non seguire pedissequamente ciò che fece Maometto.
Certo è riconosciuto guida,a pur sempre uomo e non Dio.

2) Siamo muslim, non mohammadiani.
3) Contestualizzare le azioni e le gesta del profeta non ci rende meno islamici e neppure irrispettosi verso la religione.
4) Come viene detto nel Corano 2: 256 : La Ikra laha fii Diin. e cioè : Non vi è costruzione nella religione.


Alberto Pento scrive:

1) Questo è il primo dogma dell'Islam, la testimonianza di fede:
La shahāda, o "testimonianza" di fede (in arabo ﺷﻬﺎﺩة):

Ašhadu an lā ilāha illā Allāh - wa ašhadu anna Muḥammadan Rasūl Allāh
"Testimonio che non c'è divinità se non Dio (Allàh) e testimonio che Muḥammad è il Suo Messaggero".
... Maometto si concepisce come indissolubile da Allah. L'Islam è la religione della sottomissione ad Allah e a Maometto che rappresentano una entità unitaria e indivisibile. Allah è l'unico dio adorato da Maometto perché di fatto è il suo dio prediletto, il suo e non di altri. Maometto di fatto acquisisce lo stesso status di Gesù Cristo nel cristianismo, che è parte integrante del Dio unico e trino, dove non è concepibile la fede nel Dio Padre senza credere nella rivelazione di Gesù. Allo stesso modo nell'Islam non è concepibile la fede in Allah senza credere in Maometto come sigillo della profezia, il Messaggero attraverso cui si attua il compimento della rivelazione. Si è mussulmani solo se si crede simultaneamente in Allah e in Maometto. Si diventa mussulmani recitando la shahada, la testimonianza di fede, che va pronunciata in arabo alla presenza di due testimoni. ... (Tratto dall'opera di un ex mussulmano apostata minacciato di morte e che vive sotto scorta, grande conoscitore di questo mondo disumano).

E chi nega che Maometto sia il modello perfetto per ogni maomettano e che non debba essere seguito come tale non è certamente un vero e buon mussulmano, ed è probabile che in realtà sia un mentitore mascherato da credente. Allo stesso modo che uno che si dice cristiano negasse che Gesù Cristo sia il modello perfetto da seguire per ogni cristiano. Io che non sono più cristiano mi sono felicemente liberato dall'ossessione demenziale di assomigliare a Cristo.

Sugli altri punti mi riservo ulteriori commenti.




Maryan Ismail
Sono lontanissima dal pensiero, per fortuna non unico, dell'ex mussulmano apostata.
Rispetto la sua scelta e darei la vita per farlo esprimere in libertà.
Preferisco una via di nuova esegesi coranica e giuridica e a questo processo guardo con interesse.
Perché ,è vero, che l'Islam è testimonianza di fede , ma è altrettanto vero che ci si sottomette a Dio e non al suo profeta in quanto uomo tra gli uomini, profeta tra profeti.
Certo che per il mussulmano è esempio di virtù, ma è altrettanto vero che, da uomo viene criticato e ripreso nel Corano per i suoi errori e che le sue azioni politiche e militari sono da contestualizzare e non da eseguire tout court, come chiedono di fare wahabiti/salafiti e fratellanza islamica per il loro dominio politico sulla Ummah.
Chiunque venera il profeta come Dio e non come guida spirituale è un idolatra.
Altra forzatura è paragonare Gesù Cristo e Mohamed.
Nell'Islam un preciso dogma dichiara che Dio non è stato generato, nè ha generato e nessuno è uguale a lui (Corano 112:1-4 ).
Nessun problema da parte mia nel rispettare coloro che credono e venerano la Trinità, poiché chiunque ha diritto alla propria fede e alla cultura di appartenenza.
Pronta ad affrontare questi punti con l'amico apostata sotto scorta, come con qualsiasi grande mufti.
Bene se ci vuole confrontare e criticare con la conoscenza e il sapere delle cose e non con l'ideologia che porta a dire che "tutta" una religione o il suo mondo sono disumani.
Ciò è quel substrato culturale che prepara allo scontro e non alla dialettica tra pari.
Ed infine e ancora una volta, nessuno può giudicarmi mussulmana o meno se non me stessa e le mie azioni personali dei quali non devo rendere conto.
Lei consapevolmente ha scelto di non essere cristiano, ha il mio massimo rispetto e considerazione e tutti i diritti di essere ciò che sente.
Io scelgo di professare la mia religione e non sono un'assassina o promotrice di morte, bensì cittadina come altri.
Buona giornata e buona Epifania (nel senso festivo della giornata).

Perché ,è vero, che l'Islam è testimonianza di fede , ma è altrettanto vero che ci si sottomette a Dio e non al suo profeta in quanto uomo tra gli uomini, profeta tra profeti.



Alberto Pento
Lei Maryan Ismail sogni pure un Islam buono e civile che non esiste, io mi batto per perseguire e bandire l'Islam cattivo e disumano che c'è, l'unico esistente e fondato da Maometto e prescritto dal Corano.

Lei Maryan Ismail professi pure la sua idolatria politico religiosa nazi maomettana e persegua pure una via eretica di nuova esegesi coranica e giuridica a cui guardare con interesse; è bene precisare però che la stragrande massa dei nazi maomettani la pensa diversamente da lei come la pensava diversamente da lei anche Maometto e il suo idolo Allah.

In Occidente l'idolatra, incivile e disumano nazismo maomettano si serve delle donne come lei per cercare di neutralizzare la sana e giusta diffidenza e avversione che suscita e ingannare gli occidentali con un Islam buono che non esiste e che non è mai esistito.
Io invece mi batto affinché Maometto, il Corano con il suo idolo Allah e il suo culto idolatra nazi maomettano siano banditi e perseguiti come lo è stato per Hiltler, il suo Mein Kampf e la sua ideologia politica nazista e razzista.



Maryan Ismail
Alberto Pento sul battersi contro il nazi fascismo islamista siamo più che d'accordo.
Come sul mio essere ottimista.
In fondo Gesù iniziò con 12 apostoli a cambiare il mondo.
Non sono ne sarò mai come lui ma l'esempio di quel potente profeta non è da sottovalutare.

L'unica cosa che le contesto e rigetto è il suo indicarmi strumento "buono" dei nazi fascisti islamisti.

Non sono così ingenua, non me lo permette il tributo altissimo che io e la mia famiglia abbiamo pagato.
Non posso scordarmi che chi ha torturato, straziato e infine ucciso barbaramente mio fratello Yusuf M. Ismail Bari Bari ambasciatore somalo presso le Nazioni Unite di Ginevra, erano mussulmani nazi fascisti, jihadisti , wahabo/salafi/fratellanza che agiscono sotto la sigla degli Al Shabab.
Ma soprattutto non dimentico chi erano e sono i loro mandanti.
Gli stessi con i quali l'Occidente va a braccetto per i propri affari.

Io non scappo e dal di dentro promuovo il cambiamento, perché la mia storia e quella del mio paese liberale, sufi e pacifico riprendano il loro posto tra le Nazioni e l'umanità.

La ringrazio per il civile confronto dal quale spero che lei abbia potuto intravedere una diversa prospettiva di resistenza.

Forse una delle poche valide per un miliardo e mezzo di persone che non possono essere cancellate con solo posizioni di contrapposizione, ma con un reale cambiamento di vita e cultura.
Abbiamo gli strumenti della globalizzazione per fare controinformazione basta saperli usarli con intelligenza e perseveranza.

Questa la mia scelta e so che non è un cammino facile per gli ostacoli che dobbiamo superare dentro e fuori della nostra fede.
Ma cammino insieme alle sorelle curde, iraniane, algerine, pakistane, marocchine, tunisine, saudite, e persino le induiste che si battono sul campo con una forza incredibile per i propri diritti e per una lettura diversa dei testi.

Le auguro una felice giornata.



Alberto Pento
Alcune osservazioni su quanto scritto da Maryan Ismail:
1) il nazi fascismo maomettano non è islamista ma islamico, il primo terrorista mussulmano o islamico fu proprio Maometto e non si può dire che Maometto fosse un islamista perché Maometto in verità fu il primo islamico, il fondatore del terrorismo maomettano o mussulmano o islamico.
Gli islamisti sono soltanto gli studiosi dell'Islam o nazismo maomettano islamico.
2) Gesù l'ebreo eretico, che per me è solo un uomo, non ha cambiato il Mondo, è solo morto sulla croce ucciso dai romani. Il Mondo certamente è stato influenzato anche dagli ebrei e dai cristiani come da tanti altri venuti prima e dopo di loro.
Rispetto ai diritti umani universali l'umanità dell'ebreo Cristo, pur nei suoi limiti e nelle sue imperfezioni umane e religiose, rifulge come un sole rispetto alla tenebra orrenda e infernale della disumanità di Maometto.
3) I mandanti delle sue tragedie famigliari sono maomettani forse più di lei e sono i diretti discendenti del beduino arabo Maometto fondatore del nazismo maomettano o Islam.
4) L'occidente fa affari con tutto il Mondo e non ha alcuna responsabilità nei conflitti generati dall'Islam all'interno dei paesi dominati dalle teocrazie monarchiche e dalle dittature democratiche nazi maomettane.
5) Non credo assolutamente che lei possa produrre un qualche cambiamento significativo nel Mondo mussulmano, verso la liberazione delle popolazione islamiche dal nazismo maomettano. in quanto lei stessa è pienamente maomettana e certamente la finzione verbale distintiva da lei adoperata tra islamici e islamisti lo sta a dimostrare.
6) Per noi non mussulmani, diversamente religiosi e non religiosi, lei non costituisce affatto una garanzia della bontà del maomettismo o Islam o nazismo maomettano. Lei con le sue parole non mi tranquillizza ma mi conferma pienamente la pericolosità dell'Islam o nazismo maomettano in tutte le sue variabili anche quelle apparentemente rispettose e buone.



Maryan Ismail
Nessun problema. Siamo su visioni opposte e come lei proseguo per la mia strada convinta di creare un diverso approccio della questione Islam.
Per chiudere anch'io la discussione, scelgo l'antico detto latino "IN MEDIO STAT VIRTUS" inteso nel suo senso più aperto e cioè :- "La Verità è nel mezzo della realtà". E permettendomi di parafrasare l'adagio, deduco che la posizione intransigente che ha assunto, appare come la " totale negazione della contraddizione delle storie universali che ci hanno condotto all'attuale realtà relativa". È una scelta che rispetto, a patto che non mi annoveri tra i dissimulatori. Sarebbe solo pura malafede che mi obbligherebbe in futuro ad ignorarla. Sono una signora e professionista perbene di quasi 60 anni e passare per un'attrice consumata non m'interessa.
Auguro anche a lei una buona serata e buona settimana.
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Messaggioda Berto » gio gen 10, 2019 10:28 pm

https://www.facebook.com/SarahVictor88/ ... on_generic

Elle s’appelle Kahina Bahloul : une islamologue première femme imam de France veut ouvrir une mosquée mixte à Paris!
2019/01/09

https://www.algeriemondeinfos.com/2019/ ... nytObw-7to

Islamologue, première femme imam de France veut ouvrir un lieu de culte où hommes et femmes prieraient côte à côte et promouvoir un islam libéral !

Juriste de formation, cette Franco-Algérienne de 39 ans, née à Paris mais qui a grandi en Kabylie, rêvait depuis plusieurs années de trouver un endroit où elle pourrait pratiquer l’islam que lui a transmis son père : « Un islam empreint d’humanisme et de progressisme, une religion où le dogme n’étouffe pas la réflexion, où la tradition peut se conjuguer avec la modernité », explique-t-elle.

Début janvier, en effet, mettant son ambition à exécution, elle annonce vouloir ouvrir une mosquée «inclusive» à Paris où hommes et femmes «prieraient côte à côte»…

Depuis, son téléphone ne cesse de sonner. « L’initiative que je porte, avec Faker Korchane, provoque beaucoup de réactions. Soutiens et questions pleuvent. L’attente est visiblement très grande », note Kahina Bahloul. Entre un rendez-vous avec un reporter italien du Corriere della Serra et une interview au journal brésilien d’O Globo, Le Point a rencontré la jeune femme. Si celle-ci se réjouit de l’intérêt suscité par son projet, elle assure que l’objectif de sa démarche n’était pas de « faire sensation ».


Islamologa, prima imam femminile di Francia vuole aprire un luogo di culto dove uomini e donne pregherebbero fianco a fianco e promuoverebbero un Islam liberale!

Avvocato di formazione, questa 39enne franco-algerina, nata a Parigi ma cresciuta in Cabilia, aveva sognato per diversi anni di trovare un luogo dove poter praticare l'Islam trasmesso dal padre: "Un Islam intriso di umanesimo e progressismo, una religione dove il dogma non soffoca la riflessione, dove la tradizione può essere combinata con la modernità", spiega.

All'inizio di gennaio, infatti, mettendo in pratica la sua ambizione, annuncia di voler aprire a Parigi una moschea "inclusiva" dove uomini e donne "pregheranno fianco a fianco".....

Da allora, il suo telefono suona sempre. "L'iniziativa che sto prendendo, con Faker Korchane, sta generando molte reazioni. Il sostegno e le domande stanno piovendo. L'aspettativa è ovviamente molto alta", osserva Kahina Bahloul. Tra un appuntamento con una giornalista italiana del Corriere della Serra e un'intervista al quotidiano brasiliano di O Globo, Le Point ha incontrato la giovane donna. Mentre è soddisfatta dell'interesse generato dal suo progetto, ci assicura che l'obiettivo del suo approccio non era quello di "creare una sensazione".

Tradotto con http://www.DeepL.com/Translator



Alberto Pento
Mostruosità femminili nazi maomettane (moderate) dietro alle quali si cela l'integralismo nazi maomettano maschile.
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Messaggioda Berto » gio gen 10, 2019 10:31 pm

Restano poche ore per salvare una giovane saudita in fuga dopo aver abbandonato l’islam
7 gennaio 2019

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 6529219257


Cari amici, lancio un appello urgente al Governo italiano affinché intervenga in tutti i modi possibili per salvare la vita a Rahaf Mohammed Alqunun, una giovane saudita di 18 anni, bloccata all’aeroporto di Bangkok diretta in Australia, in fuga dalla famiglia e dal suo Stato teocratico islamico.
Nel suo profilo Twitter ha scritto in arabo “Cerco solo di salvarmi”. Sempre su Twitter sostiene di aver abbandonato la religione islamica e di aver subito torture da parte della famiglia.
All’aeroporto di Bangkok, dove era di transito, il suo passaporto le è stato sequestrato da diplomatici sauditi e kuwaitiani autorizzati dalle autorità thailandesi. Rahaf dovrebbe essere imbarcata su un aereo diretto a Kuwait City nelle prossime ore.
A un giornalista dell’agenzia Afp ha spiegato di aver subito delle torture fisiche e psichiche da parte della famiglia a causa della decisione di abbandonare l’islam e per il rifiuto di sposare un uomo impostole dalla famiglia. Ha detto: “Mi hanno chiuso per sei mesi in una stanza solo perché mi ero tagliata i capelli corti”. Rahaf ha paura: “Sono sicura al cento per cento che mi uccideranno”.
Un caso simile avvenne nell'aprile 2017, quando un'altra donna saudita, la 24enne Dina Ali Lasloom, in transito per l'Australia, fu fermata nelle Filippine e costretta con la forza al rimpatrio. Di lei non si è più saputo nulla.
Cari amici, nell’islam vige la condanna a morte per l’apostata. Rahaf ha lanciato un appello alle Nazioni Unite affinché le sia riconosciuto lo status di rifugiato o di asilo politico proprio perché rischia la vita. Restano poche ore per poter intervenire. Quanto vale la vita di Rahaf per noi italiani? Sono più importanti i milioni che verranno intascati per giocare la partita della Supercoppa tra Juve e Milan il 16 gennaio a Gedda, in Arabia Saudita? Il Governo italiano manterrà il silenzio su Rahaf per non danneggiare gli interessi economici o coglierà l’opportunità del rilievo che ha il tifo calcistico per sollevare una questione umanitaria e tentare il possibile per salvare la vita a una giovane donna che vuole essere soltanto lasciata libera di scegliere il Dio in cui credere e l’uomo da amare?
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Messaggioda Berto » gio gen 10, 2019 11:11 pm

Giulio Meotti
10 gennaio 2019
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 8926694989

Incredibile quanti barbari l'Europa ha consentito che si insediassero in mezzo a noi. “Oh Allah, brucia i sionisti”, ha detto l'imam belga Mohamed Toujgani, che guida la più affollata moschea di Bruxelles. Questo imam è anche a capo di un Istituto di studi Islamici, di due scuole riconosciute dallo stato belga ed è candidato a guidare la Conferenza degli imam del paese. Poi però se dici che l'"Islam moderato" di cui Toujgani era in teoria espressione non esiste, ma che esistono soltanto i musulmani moderati, ti processano per "islamofobia". E i benpensanti si sorprendono, come la ragazza che scopre di essere incinta all'ottavo mese, se uno dei fedeli dell'imam imbraccia un mitra e uccide quattro "sionisti" al Museo ebraico di Bruxelles. Ci sono zone della capitale europea che ricordano Gaza.
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Messaggioda Berto » ven gen 11, 2019 8:33 am

L'Ue spende 10 milioni per trovare le radici dell'Europa nel Corano
Claudio Cartaldo - Mer, 09/01/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 26254.html

Lo studio multidisciplinare finanziato dal Consiglio Europeo di Ricerche: "La nostra ipotesi di lavoro è che il Corano abbia svolto un ruolo importante nello sviluppo intellettuale e religioso europeo"

La novità è questa, riguarda l'intera Europa e direttamente anche l'Italia: l'Ue ha sovvenzionato con 10 milioni di euro (10 milioni!) una ricerca universitaria sul "Corano europeo", un progetto multidisciplinare per "determinare fino a che punto il testo sacro di Allah è incorporato al pensiero dei cristiani, medievali e moderni, degli ebrei, dei liberi pensatori, degli atei e dei musulmani europei".

L'obiettivo delle ricerche scientifiche sembra essere dunque quello di studiare quale influenza abbia avuto il pensiero di Maometto e dei suoi seguaci nella cultura occidentale. L'Europa che ha negato le sue radici cristiane, dunque, guarda all'Islam e ad Allah.

Il Consiglio Superiore di Ricerche Scientifiche spagnolo (Csic), spiega l'Ansa, ha incassato un finanziamento Synergy Grants da 10 milioni di euro da parte del Consiglio Europeo di Ricerche. Una parte di questi fondi, circa 2,5 milioni di euro, finiranno alla Università L'Orientale di Napoli. Un progetto che dovrebbe durare sei anni e che avrà come oggetto lo studio delle traduzioni in latino e nelle lingue europee del testo sacro islamico.

Allo studio, che è multidisciplinare e internazionale, partecipano diversi studiosi. In particolare, scriveva Repubblica, ci sono Mercedes Garcia Arenal (del Csic), John Tolan (Università di Nantes), Jan Tolan, (Università di Kent e del Warburg Institute di Londra).

"La nostra ipotesi di lavoro - ha spiegato la Arenal ai media, come riporta l'Ansa - è che il Corano abbia svolto un ruolo importante nello sviluppo intellettuale e religioso europeo. Per questo vogliamo studiare l'uso culturale e religioso che si fa del Corano, tradotto, edito, stampato e circolato in Europa dal Medio Evo fino all'Illuminismo".



Magdi Cristiano Allam
9 gennaio 2019

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 6738822236

Cari amici, com’è possibile che ci siano dei professoroni che ci vorrebbero far credere che esistano un “Corano europeo” e delle “radici islamiche” della nostra civiltà? Com’è possibile che nelle nostre scuole si insegna che l’islam sarebbe una “religione di pace”? È ora di ribellarci alla mistificazione della realtà, a questa folle strategia finalizzata al suicidio della nostra civiltà.
Ne parliamo alle ore 18 nella Diretta Facebook «Mezz’ora culturale con gli Amici di MCA» su questa pagina Facebook.com/MagdiCristianoAllam. Siete tutti invitati a partecipare con i vostri commenti e le vostre domande. Vi aspetto.
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Messaggioda Berto » sab gen 12, 2019 10:57 pm

Svolta storica nell'Egitto di Al Sisi: inaugurata la madre delle cattedrali
Alessandra Benignetti
11 gennaiio 2019

http://www.occhidellaguerra.it/legitto- ... io-oriente

È stata inaugurata ieri in Egitto la più grande cattedrale del Medio Oriente. A tagliare il nastro, in occasione delle celebrazioni liturgiche per la vigilia del Natale copto, assieme al papa Tawadros II, è stato il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi.

Un chiaro segno, questo, di inclusione e vicinanza alla minoranza cristiana egiziana, sempre più presa di mira dai fondamentalisti islamici. È stato proprio il governo del Cairo, infatti, a finanziare con un contributo di 100mila sterline egiziane, la costruzione della Cattedrale della Natività nella nuova capitale amministrativa, che si trova a circa 30 chilometri dal Cairo. Una decisione presa dallo stesso presidente al Sisi, dopo gli attentati della Domenica delle Palme del 2017 in due chiese copte ad Alessandria e Tanta, che provocarono 49 vittime.

Il nuovo complesso si estende su un’area di 7.500 metri quadri e può ospitare fino a 8.200 fedeli. Un’opera che non ha precedenti nel Paese e che punta, assieme alla costruzione della moschea al Fattah al Alim, che aprirà i battenti nel mese di gennaio, a dare un forte segnale di unità nazionale contro “i tentativi di minare la stabilità del Paese e le violenze settarie”. Unità che nei fatti, però, sembra sempre più difficile da raggiungere. Quella del Natale copto, infatti, è stata una vigilia macchiata di sangue. Il maggiore di Polizia, Mostafa Ebeid, è morto nel quartiere di Nasr City, ad est della capitale egiziana, mentre tentava di disinnescare un ordigno piazzato nella chiesa della Vergine Maria e di San Macario. Nell’esplosione sono rimasti feriti anche altri due artificieri e un passante. L’obiettivo dei terroristi era provocare l’ennesima strage tra i fedeli. Per questo le celebrazioni per il Natale copto si stanno svolgendo in tutto il Paese in un clima di massima allerta.

Alla cerimonia di inaugurazione della Cattedrale della Natività erano presenti anche numerosi rappresentanti del mondo islamico, tra cui il Grande Imam di al Azhar e il leader palestinese, Abu Mazen. A salutare la dedicazione della nuova cattedrale è stato anche Papa Francesco, che al presidente al Sisi e al Papa copto Tawadros II ha augurato “pace e prosperità”. “Voi avete dei martiri che danno forza alla vostra fede, grazie per il vostro esempio”, ha detto il pontefice nel videomessaggio di auguri inviato alla chiesa copta ortodossa d’Egitto, mentre il presidente americano Donald Trump, su Twitter ha definito un passo verso “un futuro più inclusivo” la costruzione del luogo di culto, che diventerà un nuovo punto di riferimento per i cristiani egiziani.

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Messaggioda Berto » gio gen 17, 2019 11:15 pm

Rotterdam, la truffa dell'università islamica
Lorenza Formicola
17-01-2019

http://www.lanuovabq.it/it/rotterdam-la ... w.facebook

Doppia truffa: culturale e fiscale. Così è finita l'università (che università non era) islamica di Rotterdam, progetto multiculturale del 2001. E il suo rettore, Nedim Bahçekapılı, è sparito, ricercato dalla polizia con accuse pesantissime. Ancor peggio della frode fiscale, resta quella culturale, perché a lezione si faceva propaganda.

Il professor Nedim Bahçekapılı, il rettore dell'Università islamica d'Europa in Olanda, è scomparso. Dopo il mandato di arresto emesso a novembre dai pubblici ministeri olandesi, se ne sono perse le tracce. Bahçekapılı pare abbia lasciato il Paese, ma l'accusa di "evasione fiscale di milioni di euro, corruzione e apertura di classi fraudolente" continua a pendere sulla sua testa.

Si tratta di un recente sviluppo di uno scandalo di corruzione le cui indagini sono iniziate due anni fa. La famosa università di Rotterdam già nel 2016 era stata privata del suo status per ragioni finanziarie. Poi lentamente è stato scoperchiato il vaso di Pandora. Anche se il problema relativo alla frode fiscale, che è la ragione per cui l'interesse pubblico si è soffermato sull'istituzione scolastica, ha fatto un po' passare in secondo piano la natura e il contenuto estremamente pericoloso dei corsi islamici nel cuore d'Europa.

Già nel 2012 girava un video, pubblicato anche su YouTube, utile a pubblicizzare l'università descritta come una scuola "istituita nel 2001 per costruire un'identità europea musulmana consapevole e coltivata in Europa, e per promuovere l'islam, che è considerato dagli olandesi una religione indesiderata e temuta, e la lingua, e per dare vita alla mentalità che 'servire l'umanità è servire l'islam'". E le lezioni del professore, oggi latitante, Bahçekapılı, erano proprio in linea con questa missione. Era solito, infatti, prima di sparire, intrattenere i suoi studenti circa la storia dell'islam. E glorificare l'invasione militare musulmana nell'Ottavo secolo della Spagna e l'insediamento dello stato islamico di Al-Andalus (Andalusia) era tra i suoi cavalli di battaglia. "Circa 80 anni dopo la morte del Profeta Maometto, i musulmani conquistarono tutto il Nord Africa e attraverso lo Stretto di Gibilterra, raggiunsero la Spagna", - diceva-. "Secondo un resoconto, il comandante musulmano Tariq ibn Ziyad incendiò le navi [dei soldati musulmani] per fare sì che si sentissero disperati, ma allo stesso tempo ancora più forti e motivati. Fu così che quell'esercito è diventato vittorioso nella guerra, i musulmani hanno quindi stabilito uno stato musulmano chiamato Al-Andalus, rimasto uno stato per 800 anni", gli piaceva, ancora, raccontare. Per Bahçekapılı il dominio islamico in Spagna è stato "illuminato" e foriero di una civiltà che prima mancava. Insisteva spesso sulla natura di "città selvaggia" di Cordoba prima dell'islam, che l'avrebbe resa un centro di civilizzazione. Perché lì l'islam ha eretto palazzi, un'università, madrase e moschee "ancora più gloriose di quelle nelle città irachene di Kufa e Baghdad".

Il professore era insomma un esperto di revisionismo storico e dedito a diffondere la visione di un islam che non invade, ma libera le terre non-musulmane. Nella teologia islamica, infatti, il mondo è sempre appartenuto ad Allah, quindi, secondo la narrazione musulmana, ebrei e cristiani sono sempre stati invasori che hanno manomesso le verità del Corano. Così, quando Allah si rende conto che il mondo sta finendo nelle mani sbagliate decide di mandare l'angelo Gabriele [Jibril] al suo messaggero, Mohammed, per iniziare a riportare il mondo all'islam. Una "riconquista" che implica l'imposizione della shari'a, l'islamizzazione della popolazione e l'assegnazione di uno status inferiore ai cristiani, agli ebrei e agli altri che rifiutano di convertirsi.

In video diffusi in rete Bahçekapılı ha più volte pubblicizzato la sua "università" insistendo "sull'importanza che l'islam attribuisce all'educazione" e facendo sempre riferimento al califfato di Umar che "conquistò l'Iraq nel settimo secolo e costruì le madrase (scuole teologiche islamiche)". Sulla stessa falsariga anche l'ex rettore della scuola, il professore Ahmet Akgündüz, che nel 2013 giudicò gli oppositori di Erdoğan "nemici dell'islam" aggiungendo, poi, che la lapidazione è "una delle pene prescritte dall'islam". Dichiarazioni che hanno indotto il ministro dell'istruzione e il governo ad aprire un'inchiesta su quello che viene insegnato nelle scuole islamiche, e in particolare su quelle che ricevono denaro dal governo.

Scoperchiato il vaso di Pandora sono emerse anche le frodi finanziarie della finta università. Frode fiscale, riciclaggio di denaro sporco, contraffazione, sono queste le accuse partorite dalla procura e che coinvolgono in prima persona il rettore. Si tratta di milioni di euro e, peraltro, il rettore a ottobre era già stato arrestato, e subito rimesso in libertà, anche perché rilasciava diplomi di laurea quando all'istituto era stato concesso solo il titolo di scuola superiore. Inoltre il FIOD - servizio di investigazione e informazione fiscale olandese - ha denunciato che la scuola ha preteso ingiustamente anche un rimborso di circa 8,5 milioni di dollari alle autorità olandesi.

Spogliare la scuola del suo titolo universitario e indagare sui suoi amministratori sono stati del importanti primi passi compiuti dall'Olanda per ritenere tale istituzione responsabile, non solo per quanto riguarda le frodi finanziarie. In una città, peraltro, di cui da anni si parla come della "capitale dell'Eurabia" e in una nazione dove da tempo l'identità cristiana è ormai dissolta, in cui la presenza musulmana cresce più spavalda. Nel 2008 The Economist scrisse di Rotterdam che ha "tutti gli ingredienti di un incubo eurabico".
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I mussulmani cosidetti moderati e l'Islam buono non esistono

Messaggioda Berto » mar gen 22, 2019 5:14 am

Politica, teologia e religione nella violenza jihadista, di Jonathan Cole
21 gennaio 2019
traduzione di Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/politica-teolo ... 8OG0m1SXJc

Nonostante la proliferazione globale della violenza jihadista negli ultimi decenni, molti occidentali istruiti considerano ancora questo fenomeno un corollario di un’errata interpretazione estremista della jihad che non ha nulla a che fare con il presunto significato reale del concetto (cioè una battaglia spirituale interiore), o addirittura con lo spirito e gli insegnamenti reali dell’Islam. Tuttavia, mentre la stragrande maggioranza dei musulmani del mondo non sostiene attivamente il movimento jihadista globale, ciò non lo rende un dirottatore o un deformatore dell’Islam. Piuttosto, sia gli obiettivi dichiarati del movimento sia il suo modus operandi riflettono testi autorevoli, tradizioni e storia dell’Islam. Ma per comprenderlo è necessaria una maggiore chiarezza concettuale circa l’interrelazione tra le tre categorie occidentali al centro della polemica: politica, teologia e religione.

Politica

Il movimento jihadista globale è politico in due aspetti significativi e incontrovertibili. Per prima cosa, aspira a dirigere e amministrare gli stati così come l’ISIS è riuscito a fare in alcune parti della Siria e dell’Iraq, anche se brevemente. In effetti, i jihadisti possiedono quella che considerano essere un’arte islamica unica ed efficace per dirigere e amministrare gli stati. Inoltre, i jihadisti cercano di acquisire potere politico attraverso mezzi rivoluzionari violenti, principalmente insurrezionali, ma supportati dal terrorismo e da altre tattiche.

La violenza jihadista, sia indirizzata ai regimi musulmani sia ai governi e alle popolazioni occidentali, è quindi politica in quanto cerca di portare l’Islam al potere negli Stati territoriali e quindi di attuare la propria agenda politica. Lo scopo finale dei jihadisti è quello di ridisegnare o rimuovere i confini tra questi stati attualmente sovrani ai sensi del diritto internazionale e stabilire un califfato globale.

In linea con la visione fondamentale dell’Islam, i jihadisti rifiutano categoricamente una separazione funzionale tra la sfera privata-spirituale e quella pubblico-politica della vita individuale e comunitaria a causa della loro comprensione di due caratteristiche fondamentali dell’Islam: l’Islam è sia “completo” (kamil), che è perfetto e sufficiente, e “comprensivo” (shamil), includente tutti gli aspetti della vita umana. Come ha affermato il fondatore del gruppo islamico Hizb at-Tahrir, Taqi ad-Din an-Nabhani, l’Islam “è un regime completo e onnipervadente per la totalità della vita umana, che i musulmani sono obbligati ad attuare ed eseguire nella sua interezza”. [ 1]

Quindi, questa concezione completa e onnicomprensiva dell’Islam, che non riconosce distinzione o separazione tra politica e religione, tra la religione e il sacro, dove inserisce la categoria della “politica” nel pensiero jihadista? La lingua araba ha una parola per “politica” –siyasa – che corrisponde alla categoria occidentale. Ma siyasa non è un concetto coranico, il che potrebbe spiegare perché non è un concetto centrale nella letteratura jihadista. Vi sono, d’altra parte, alcuni importanti concetti coranici che hanno un ruolo preminente nel pensiero jihadista che potrebbero essere descritti come politici in termini occidentali. Questi includono khalifa (califfo), Shari’a e il termine meno conosciuto hukm, che significa “giudizio” o “regola”. I passaggi coranici che coinvolgono uno o più di questi concetti appaiono spesso nella scrittura jihadista e formano insieme il fondamento teologico della teoria politica jihadista.

Hukm, dal verbo hakama (giudicare) significa regola in tutte le sue dimensioni politiche. Il verbo hakama, per esempio, si trova in tre passaggi coranici strettamente correlati nella quinta sura (al–Ma’ida, La Tavola), che sono spesso citati nella letteratura jihadista, in particolare nelle analisi che cercano di sostanziare lo status di infedeli dei governi negli attuali stati a maggioranza musulmana.

La formula si trova per la prima volta nell’ultima parte del versetto 42: “I miscredenti sono coloro che non giudicano secondo le rivelazioni di Dio”. [2] Il passaggio è ripetuto con variazioni minori nei versetti 45 e 47. [3] I jihadisti interpretano questi versetti come indicanti che qualsiasi governante il quale non governi in stretta conformità con la Shari’a (così come la definiscono) è un infedele e quindi deve essere contrastato, anche violentemente, in accordo con la loro visione espansiva dell’apostasia e delle sue punizioni.

Khalifa, o califfo, deriva dal verbo khalafa, che significa seguire o succedere. Il califfo significa letteralmente successore e, nel contesto dell’Islam, indica in modo specifico il successore del profeta Maometto, il primo governatore politico dell’Islam. L’annuncio, nel 2014, da parte dello Stato islamico (ISIS) del suo presunto califfato, fornisce una vivida illustrazione di come il concetto coranico di califfo sia usato dai jihadisti a sostegno dei loro obiettivi politici.

La dichiarazione aveva come titolo “Questo è ciò che Dio ha promesso” [4] e inizia con il versetto 55 Surat an–Nur (La luce), che dice:

Dio ha promesso a quelli di voi che credono e fanno opere buone di renderli padroni della terra come Egli ha fatto con coloro che sono venuti prima, per rafforzare la religione. Ha scelto per loro, e di cambiare le loro paure in sicurezza…”Lascia che mi adorino e non servano nessuno oltre a Me. Davvero malvagi sono coloro che dopo ciò mi negano”.

Il verbo tradotto “rendere padroni” (“governanti” in altre traduzioni) è istakhlafa dalla radice khalafa e, quindi, con connotazioni di califfo. [5] Sulla base di questo e dei passaggi coranici correlati, la dichiarazione dell’ISIS afferma che Dio ha promesso all’Islam la leadership e la sovranità globale sulla terra, ma che l’adempimento di questa promessa è subordinato al fatto che Dio venga adorato nel monoteismo più rigoroso. Di conseguenza, spianare la strada per l’adempimento della promessa politica di Dio è una delle missioni centrali per il movimento jihadista globale.

Questa disamina dell’esegesi jihadista dimostra che mentre i jihadisti non riconoscono formalmente la distinzione occidentale tra politica e religione, posseggono qualcosa di simile a una teoria politica. Dio governa sulla terra come il sovrano, attraverso la sua legge rivelata nella forma della Shari’a, e il compito politico umano è quello di assicurare che la Sua sovranità sia attuata sottoponendo e ordinando tutte le relazioni sociali umane all’arbitrato di quella legge rivelata. L’apparente contraddizione tra l’inseparabilità della religione e della politica è risolta ricordando che l’Islam è un modo di vivere completo e onnicomprensivo. Per i jihadisti, l’Islam è un nidham (regime) e un manhaj (programma) che deve essere implementato completamente sia nella sfera privata sia in quella pubblica. In questo senso, la teoria politica jihadista e il manifesto politico che ne scaturisce (nel senso occidentale di ciò che si intende per politico) sono semplicemente dimensioni dell’islam.


Combattere la jihad, istituire stati islamici e imporre pubblicamente la Shari’a sono collegati a obblighi e doveri morali personali, come ad esempio eseguire le salat – le cinque preghiere quotidiane. Tutto fa parte del regime e del programma. Emblematicamente, i jihadisti descrivono spesso il jihad come un ibada (culto), una chiara indicazione di come il jihad sia integrato all’interno di una concezione olistica e pratica dell’Islam come modo di vita.

Il movimento jihadista globale e la sua violenza sono di fatto un movimento politico. La domanda, tuttavia, è se la politica da sola possa fornire una comprensione completa ed esauriente del movimento e della sua violenza. Questo ci conduce alla teologia.

Teologia

La teologia, nel senso occidentale, non è una categoria del pensiero jihadista o di quello islamico. Un termine arabo equivale alla parola inglese “teologia”, ilm al–lahut, ma si riferisce esclusivamente alla teologia cristiana.

L’Islam, d’altra parte, ha una sua tradizione indigena di studi con un vocabolario unico designato dal termine comprensivo ulum Islamiya (scienze islamiche). Questi coprono una gamma di discipline, alcune con correlati in altre fedi, come la tafsir (esegesi), presenti anche nel giudaismo e nel cristianesimo. Altri sono unici dell’Islam, come la scienza del hadith, lo studio della biografia del profeta, e asbab an–nuzul, che è la scienza per determinare la sequenza e le circostanze in cui ogni passaggio del Corano è stato rivelato dato che ci sono passaggi all’interno di singole sure che non sono disposti in ordine cronologico.

Tuttavia, si può impiegare in modo produttivo la concezione occidentale (o cristiana) della teologia per analizzare il movimento jihadista globale in modo molto simile a quanto accade con la politica. Ciò permette di evidenziare alcune caratteristiche distinte che non sono analizzate dalla politica e che differenziano il movimento jihadista globale dai movimenti politici laici con i quali viene spesso paragonato in modo fuorviante.

Una definizione cristiana convenzionale di teologia “denota l’insegnamento di Dio e della sua relazione con il mondo dalla sua creazione alla sua consumazione, in modo particolare in una esposizione ordinata e coerente.” [6] In questo senso, è possibile concludere che i jihadisti possiedono una teologia che plasma la loro visione del mondo e la loro attività politica.

Introdurre la categoria della”teologia” ci permette anche di identificare qualcosa di unico relativamente ai concetti politici jihadisti come califfo, shari’a e hukm. Sono concetti teologici dalle spiccate somiglianze che fanno riferimento all’insegnamento su Dio e alla sua relazione con il mondo, e trovano la loro fonte in un testo considerato come la parola letterale di Dio, che articola la sua volontà per l’umanità.

Alcuni dei concetti fondamentali del pensiero e dell’attività jihadista possono quindi essere descritti usando due distinte categorie occidentali: politica e teologica. In altre parole, occorrono due categorie concettuali occidentali per descrivere adeguatamente, per non dire spiegare, aspetti chiave del pensiero jihadista, che si uniscono in modo da formare una “teologia politica”. I concetti centrali jihadisti come il califfato, la shari’a e l’hukm sono pensati in modo più adeguato come concetti teopolitici che riguardano sia la relazione di Dio con il mondo sia l’amministrazione degli stati.

Una comprensione del terrorismo jihadista globale illustra la necessità di integrare politica e teologia. La legittimazione morale dell’uccisione dei cittadini occidentali è fondamentalmente teologica, basata sull’interpretazione dei comandamenti fatti da Dio nel Corano e sul modello di guerra praticato da Maometto e dai suoi successori. Ma la selezione degli obiettivi terroristici viene spesso fatta sulla base di considerazioni politiche. Gli obiettivi sono raramente, se non mai, selezionati a causa della rivelazione, ma piuttosto per il loro valore strategico, simbolico e politico in virtù dell’agenda politica jihadista più ampia: giungere al potere e attuare il “vero” governo islamico.

Perché, allora, è così controverso parlare di teologia quando si tratta del movimento jihadista globale e della sua violenza? Una spiegazione è la natura delle scienze sociali contemporanee in cui esiste un disagio palpabile e talvolta esplicito nei confronti della categoria della teologia. Ciò può essere attribuito a quello che Jason Blum definisce appropriatamente il “naturalismo metodologico e ontologico” della maggior parte dei ricercatori di scienze sociali, l’idea che “i fenomeni devono essere spiegati solo attraverso le categorie e le cause naturali [mondane, non religiose] …” [7]

Il naturalismo metodologico e ontologico considera la teologia applicata ai suoi soggetti irrilevante perché non esiste una cosa come “la relazione di Dio con il mondo”. I concetti teologici e la retorica, insieme alla pratica e all’esperienza religiosa, devono essere spiegati esclusivamennte da fenomeni e cause naturali, che diventano necessariamente di natura ulteriore quando i soggetti richiedono motivazioni e obiettivi teologici. La politica, a differenza della teologia, è considerata reale, tangibile e, soprattutto, naturale, e quindi una categoria legittima per spiegare il movimento jihadista globale.

C’è un motivo di attritio per gli scienziati sociali, tuttavia, perché la letteratura jihadista è satura di linguaggio teologico. Quindi, i ricercatori devono fare qualcosa con la teologia espressa dai jihadisti. Due sono le strategie comuni adottate nella letteratura accademica e nei commenti pubblici. Una è quella di minimizzare l’importanza della teologia jihadista e quindi di ignorarla. L’altra è di elaborare la teologia jihadista come mera politica con un altro nome.

Thomas Hegghammer, uno dei massimi esperti del movimento jihadista globale, offre una vivida illustrazione della strategia “minimizza e ignora”. Pur riconoscendo che il movimento “ha una dimensione sia teologica che politica e può essere analizzato da entrambe le prospettive”, consiglia di concentrarsi esclusivamente sulla politica perché la teologia, sebbene sia utile per comprendere “l’origine intellettuale di particolari testi”, non può spiegare le “preferenze politiche” “dei jihadisti. [8] I jihadisti, quindi, hanno una teologia, ma che non è considerata particolarmente illuminante per comprendere il loro programma politico violento e rivoluzionario.

Da parte sua, il politologo francese Olivier Roy, che ha pubblicato ampiamente sull’islamismo e il terrorismo islamista, sostiene che la violenza jihadista deriva da quella che chiama “l’islamizzazione del radicalismo” e non dalla “radicalizzazione dell’islam”. Egli sostiene che i “giovani ribelli” hanno semplicemente “trovato nell’Islam il paradigma della loro rivolta totale”. [9] In altre parole, i jihadisti devono essere davvero intesi come rivoluzionari politici, che incidentalmente esprimono le loro tendenze attraverso l’Islam, forse per ragioni di convenienza, cioè, il fatto di essere nati in famiglie e comunità musulmane.

I fatti, tuttavia, costringono Roy a usare costantemente il termine “religione”, minando la sua tesi secondo cui la teologia sarebbe accessoria. Ammette che i jihadisti stranieri provenienti dalla Francia e dal Belgio appaiono in modo schiacciante musulmani “rinati” che, “dopo aver vissuto una vita eminentemente secolare … rinnovano improvvisamente la loro osservanza religiosa”. Conclude inoltre che sono “credenti sinceri”. Ma poi appare confuso dal fatto che esista una “scarsità di conoscenze religiose tra i jihadisti”. [10] Roy interpreta questa scarsità di conoscenze teologiche come prova che la teologia sia incidentale all’impulso rivoluzionario che spinge i ribelli musulmani alla violenza. Questo è un chiaro esempio della strategia della politica con un’altra veste.

L’analisi di Roy riflette un problema comune tra i sociologi contemporanei: l’incapacità di prendere sul serio l’esperienza religiosa professata, o anche osservabile, anche quando queste si applicano ai giovani che hanno preso la decisione decisiva di rinunciare alle loro vite per combattere e possibilmente morire nel nome dell’Islam.

Un’altra fonte di controversia riguarda gli studiosi musulmani occidentali, per i quali le domande sulla teologia jihadista sono inevitabilmente normative. Per gli studiosi musulmani, in gioco c’è molto di più che una semplice descrizione della teologia jihadista. È del tutto comprensibile che tali studiosi desiderino contestare le affermazioni teologiche normative fatte dai jihadisti e offrire una lettura alternativa di quelle stesse fonti e tradizioni.

La controversia, tuttavia, deriva dal fatto che il movimento jihadista globale non pone questioni teologiche normative per gli studiosi non musulmani, o per la maggior parte degli occidentali. Tuttavia alcuni studiosi musulmani interpretano erroneamente le affermazioni descrittive di studiosi non musulmani sulle credenze jihadiste contemporanee come affermazioni normative sull’Islam nel suo insieme, e quindi si oppongono a tali descrizioni. Si oppongono agli studiosi non musulmani che adottano il linguaggio dei jihadisti perché ritengono che legittimi ingiustamente i jihadisti.

Alcuni portano questa opposizione agli estremi. Lo studioso musulmano Asma Afsaruddin, ad esempio, ha sostenuto che “coloro che descrivono le azioni di questi gruppi militanti come jihad sono parte del problema”. Ha anche suggerito provocatoriamente che sono gli “islamofobi” che “si concentrano sulla nozione di jihad come combattimento armato”. [11] Questo rifiuto persino di parlare della teologia jihadista spinge molti studiosi non musulmani verso le zone più comode e placide delle spiegazioni politiche, che sono anche quelle offerte da studiosi musulmani come Afsaruddin.

Ma come notò Sun Tzu in un celebre aforisma, “Se conosci te stesso ma non il nemico, per ogni vittoria ottenuta, subirai anche una sconfitta.” [12] Impedire lo studio onesto ed empirico del pensiero jihadista è del tutto controproducente, una ricetta per il grossolano fraintendimento di un nemico con cui l’Occidente – giustamente o erroneamente – si trova in guerra. Studiosi musulmani come Afsaruddin dovrebbero riconoscere che non è “l’islamofobia” che ha portato il jihad nell’ambito della discussione pubblica: la responsabilità è del movimento jihadista globale. Se non ci fossero dei jihadisti che si auto-definiscono tali che dichiarano il jihad contro molti stati a maggioranza musulmana e contro i loro alleati occidentali, allora la questione del jihad sarebbe probabilmente dibattuta così poco com lo era prima dell’11 settembre. Gli studiosi musulmani come Afsaruddin potrebbero anche essere più attenti al fatto che, mentre la loro lettura restrittiva e l’applicazione del jihad sono lodevoli, non illuminano ciò in cui i jihadisti credono, che è ciò che anche i politici, gli studiosi e il pubblico generale cercano di comprendere.

Religione

La religione è la categoria concettuale occidentale più facilmente osservabile nel pensiero jihadista. Il termine din (religione) si riscontra frequentemente e centralmente all’interno della letteratura jihadista. Inoltre, il jihad, come concepito dai jihadisti, è considerato un elemento fondamentale del din al–Islam (la religione dell’Islam). Si potrebbe sostenere che, nell’universo concettuale jihadista, i concetti teopolitici come il califfo, la shari’a e l’hukm siano correttamente da intendere semplicemente in quanto religiosi, o ancor più precisamente come islamici, iscrivibili nell’ambito del din.

Ma la categoria della “religione” crea una vera confusione nel contesto occidentale, rendendola una categoria difficile allo scopo di analizzare il movimento jihadista globale e la sua violenza. Il cuore del problema è che la religione nel contesto occidentale è generalmente interpretata come un fenomeno sia plurale sia generico, nel senso che esistono più religioni che condividono un’essenza comune. La visione occidentale è evidente nella fissazione delle università occidentali nei confronti della religione comparata come metodologia di ricerca e obiettivo degli studi religiosi, e nella concomitante ossessione di volere identificare e definire l’essenza transculturale della religione.

L’accademico americano Kenneth Rose, ad esempio, definisce la religione come “la volontà umana di volersi relazionare con una dimensione immateriale di beatitudine e assenza di morte.” [13] L’intellettuale cattolico franco-americano René Girard definisce la religione come “qualsiasi fenomeno associato agli atti del ricordare, commemorare e perpetuare una unanimità che origina dall’assassinio di una vittima surrogata. “[14] Queste sono le definizioni essenzialistiche classiche della religione. Il problema è che i jihadisti credono in una sola religione: l’Islam. Quando impiegano il termine “religione” (din), non ha connotazioni plurali o generiche, rendendo così marginalmente utili le definizioni accademiche della religione come cornici analitiche per potere comprendere il movimento jihadista globale.

È vero che le definizioni di religione di Rose e Girard potrebbero essere applicate in senso lato al movimento jihadista globale. Ma è improbabile che la ricerca di beatitudine e di assenza di morte e la commemorazione dell’omicidio di una vittima surrogata aiutino a comprendere la mentalità e l’agenda jihadista. Qualsiasi indagine proficua sulla dimensione religiosa del movimento jihadista globale deve iniziare con l’Islam, non con ciò che il movimento jihadista globale potrebbe condividere con il buddismo.

Naturalmente, non è illegittimo indagare se esistano legami intrinseci tra religione e violenza. Ma questa è una domanda separata da quella del ruolo della religione dell’Islam (din al–Islam) nel pensiero e nell’azione jihadista, e la fusione dei due non aiuta la comprensione di quest’ultima. Le crociate cristiane del 12 ° e 13 ° secolo o l’intreccio della chiesa tedesca con il Terzo Reich non illuminano il pensiero, le motivazioni e gli obiettivi dei jihadisti del XXI secolo. Eppure questo genere di questioni si intromette costantemente nel dibattito sul movimento jihadista globale.

La falsa dicotomia tra religione e politica ha lungamente ostacolato l’analisi del conflitto dell’Occidente con i jihadisti contemporanei. Invece di aderire a questo paradigma facile e datato, gli accademici, i giornalisti e i politici occidentali dovrebbero rinunciare alla stagionata negazione del ruolo della teologia islamica all’interno del jihadismo contemporaneo. Riconoscere che l’Occidente affronta una potente “teologia politica islamica” nella forma del movimento jihadista globale sarà un primo passo verso la comprensione della vera natura di una delle sfide più durature alla propria sicurezza.

Note

[1] Taqi ad-Din an-Nabhani, Nidham al-Hukm fi-l-Islam, expanded and revised by Abd al-Qadim Zallum (Hizb at-Tahrir Publications, Online, 2002), pp. 13-14.

[2] Qur. 5:44. Tutte le traduzioni in inglese dei passagggi coranici sono tratte da N. J. Dawood, trans., The Koran (London: Penguin Classics, 2006). La parola qui tradotta come “miscredenti” (kafirun) è la stessa parola che è spesso tradotta con “infidele.”

[3] “Miscredenti” è utilizzato for “colpevole” (dhalimun) nel versetto 45 e “empio” (fasiqun) nel versetto 47.

[4] Abu Muhammad al-Adnani, “This Is What God Has Promised,” June 29, 2014.

[5] Guardare, per esempio, Corano. 2:30, che è anche citato nel proclama dell’ISIS: “Questo è ciò che Dio ha promesso”.

[6] D.F. Wright, “Theology,” in Martin Davie et al., eds., The New Dictionary of Theology: Historical and Systematic, 2nd ed. (Downers Grover, Ill.: IVP Academic, 2016), p. 903.

[7] Jason Blum, “Pragmatism and Naturalism in Religious Studies,” Method and Theory in the Study of Religion, 2 (2011), p. 84.

[8] Thomas Hegghammer, “Jihadi-Salafis or Revolutionaries? On Religion and Politics in the Study of Militant Islamism,” in Roel Meijer, ed., Global Salafism: Islam’s New Religious Movement (London: Hurst and Company, 2009), p. 264.

[9] Olivier Roy, “Who Are the New Jihadis,” The Guardian (London), June 5, 2017.

[10] Ibid.

[11] Asma Afsaruddin, “Islamist Militants Carry out Terror, not Jihad,” Religion News Service, June 9, 2017.

[12] Sun Tzu, The Art of War (Berkeley: Ulysses Press, 2007), chap. 3:18.

[13] Kenneth Rose, Pluralism: The Future of Religion (New York: Bloomsbury, 2013), p. 12.

[14] René Girard, Violence and the Sacred (London: Continuum, 2005), p. 333.

Jonathan Cole ha conseguito un dottorato di ricerca in teologia politica presso la Charles Sturt University e un MA di specializzazione in studi mediorientali presso l’Australian National University. Ha lavorato come analista senior sul terrorismo presso l’Office of National Assessments e la Australian Signals Directorate

Traduzione di Niram Ferretti

https://www.meforum.org/7265/politics-t ... n-jihadist
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I mussulmani cosidetti moderati e l'Islam buono non esis

Messaggioda Berto » gio feb 14, 2019 8:21 pm

Cronaca del naufragio: Intervista con Magdi Allam

Niram Ferretti
6 febbraio 2019

http://caratteriliberi.eu/2019/02/06/ag ... agdi-allam

Da anni, la voce controcorrente di Magdi Allam è presente nel mercato delle idee, con forza, lucidità e coerenza. Il prezzo che ha pagato e continua a pagare per raccontare un Islam nudo e crudo che nulla ha a che vedere con la cornice apologetica in cui è stato collocato dal discorso egemone è stato ed è ancora alto. Come altri intellettuali ex musulmani o musulmani critici dell’Islam, tra cui Ayaan Hirsi Alì, Ibn Warraq, Hamed Abdel Samad, gli è stata gettata addosso l’abituale accusa di essere islamofobo, lo psicoreato creato apposta per tacitare coloro che, della religione fondata da Maometto nel VII secolo, hanno da fornire una devastante critica.

In esclusiva per Caratteri Liberi.

Magdi Allam, di cosa parliamo esattamente quando parliamo di Islam? Ha un senso distinguere l’Islam come religione dall’Islam politico?

L’Islam si fonda su due pilastri, il Corano e Maometto. Il Corano è ciò che sostanzia, invera Allah. Per i musulmani il Corano è Allah stesso che si rivela a Maometto e il contenuto della rivelazione è riportato nel Corano. Il Corano è un testo sacro increato, al pari di Allah, della stessa sostanza di Allah, quindi guai a dire che il Corano è stato scritto da Maometto. Il Corano è Allah stesso. Diciamo che così come il cristianesimo si fonda sulla fede in Gesù Cristo, sul Dio che si fa uomo e si incarna in Gesù, l’Islam è la religione del Dio che si fa testo e si incarta nel Corano. Poi c’è Maometto, i cui detti e le cui azioni sono raccolte nella Sunna che rappresenta la seconda fonte sacra dell’Islam a cui si attinge per elaborare la sharia, la legge. Ma in realtà ciò che Allah prescrive nel Corano non è null’altro di ciò che Maometto ci dice che Allah gli avrebbe rivelato. Quindi, noi, dalla lettura del Corano, scopriamo innanzitutto una grande contraddizione tra la tesi fondante dell’Islam e cioè che il Corano è un testo increato e la realtà del contenuto del Corano che è invece totalmente calato nel tempo e nello spazio in cui visse Maometto.

Abbiamo un libro del tutto trascendente con un contenuto immanente legato intimamente alla vita di Maometto, alle sue gesta. Ecco perché, quando ci domandiamo che cosa è l’Islam noi dobbiamo calarci innanzitutto nella vita di Maometto il quale nacque nel 570 alla Mecca in una delle aree più torride del mondo dove c’è un deserto assoluto e poche fonti d’acqua da cui dipende la sopravvivenza delle persone. Ciò comporta sul piano del vissuto che l’individuo, per potere sopravvivere, doveva obbligatoriamente fare parte di una tribù, di un clan che garantendo militarmente il controllo del territorio garantiva anche l’accesso alle poche fonti d’acqua e di conseguenza alla sua sopravvivenza. Nel 622, i meccani cacciarono Maometto perché si ostinava a sostenere che bisognava adorare solo Allah, e Allah, va precisato subito, non è il nome arabo che corrisponde al Dio unico dell’ebraismo o al Dio uno e trino del cristianesimo. Allah è un dio pagano preesistente all’Islam. Il padre di Maometto, che lui non conobbe perché morì prima della sua nascita, si chiamava Abdallah, lo schiavo di Allah. Allah esisteva prima di Maometto, era uno dei 360 idoli che venivano adorati all’interno di un pantheon politeista arabo raffigurati da statuette o da immagini custoditi nella Kaʿba, che sarebbe poi diventato il principale luogo di culto dell’Islam. Ma prima dell’Islam lo stesso luogo era il principale luogo di culto del paganesimo arabo, dove le varie tribù adoravano i 360 idoli menzionati, tra i quali c’era appunto anche Allah.

Allah veniva considerato come il dio supremo, l’equivalente di Giove nel pantheon politeista romano o Zeus in quello greco. Maometto non ha creato una religione folgorato da un dio nuovo che all’improvviso compare nella sua vita. Maometto ha limitato il culto al dio pagano arabo Allah, monopolizzandolo e personalizzandolo sostenendo che Allah rivelava solo a lui ciò che i comuni mortali erano tenuti a fare o a non fare. I meccani lo cacciarono e lui si trasferì a Medina e lì creò una tribù dei musulmani, una propria tribù, e chi vi aderiva doveva obbligatoriamente adorare solo Allah e sottomettersi al suo potere. L’Islam nasce come uno Stato in nuce a partire da una tribù fondata da Maometto che lui non chiama tribù ma comunità. Quindi l’Islam, fin dall’inizio non è solo fede ma si presenta come un sistema di potere, un sistema politico, a cui si poteva e si può aderire molto facilmente. E’ sufficiente affermare “Credo che non vi è altro Dio al di fuori di Allah e credo che Maometto è il messaggero di Allah“, ma uscirne era impossibile, così come era impossibile uscire da qualsiasi tribù del deserto, perché si tradiva la tribù e si metteva a repentaglio la sua stessa sopravvivenza. E’ il motivo per cui ancora oggi l’Islam resta un sistema di potere impositivo, invasivo, e violento, perché nacque con queste connotazioni. Chi abbandonava la tribù di Maometto, la comunità musulmana, veniva subito condannato a morte perché veniva considerato come una minaccia. La sua fuoriuscita significava, infatti, che aveva preso accordi con un’altra tribù, che era diventato un nemico a tutti gli effetti.

Il jihad accompagna la storia dell’Islam dai suoi esordi. Intendo riferirmi al jihad non come sforzo inteso a disciplinare se stessi ma come guerra di conquista. Vi sono autori che arrivano a considerarlo il sesto pilastro dell’Islam. Quale è la sua posizione in merito?

Il Corano è pieno di versetti che fanno riferimento al jihad e il jihad è inteso in modo inequivocabile come guerra santa, perché in modo inequivocabile fu praticato da Maometto come guerra santa. Da quando, nel 622, fu cacciato dalla Mecca alla sua morte nel 632, tra razzie nei confronti di carovane di commercianti della Mecca e vere e proprie guerre, sia nei confronti di tribù arabe pagane che con la violenza furono obbligate a convertirsi all’Islam, sia anche nei confronti di tribù ebraiche e di tribù cristiane, e Maometto, va sottolineato, fu particolarmente violento nei confronti degli ebrei, complessivamente egli fu responsabile di un centinaio di razzie e guerre e in buona parte vi partecipò.

Maometto, negli ultimi dieci anni della sua vita è stato predone del deserto e ha personalmente combattuto, ha personalmente ucciso, ha personalmente sgozzato e decapitato i suoi nemici. Quindi il jihad è nella vita di Maometto e Maometto, per i musulmani, è l’esempio da emulare. Nessun musulmano contraddice ciò che ha fatto o detto Maometto perché questo significherebbe sconfessare le fondamenta stesse dell’Islam.

Storicamente noi dobbiamo sempre rifarci al vissuto di Maometto. Tutto ciò che è scritto nel Corano va riferito a questo vissuto. Quando, nel 621, Maometto volle convincere i rappresentati della tribù dei Banu Khazrai di Medina a convertirsi all’Islam e a proteggerlo una volta che lui si fosse trasferito, comprendendo che erano predoni del deserto e che sopravvivevano di razzie, ripensò quella che era stata la sua precedente posizione e legittimo l’uso della violenza. Nei versetti del Corano 36, 43 della sura 42, in un versetto si dice, “La sanzione di un torto è un male corrispondente ma chi perdona e si riconcilia avrà in Allah il suo compenso“. Questa era la posizione precedente che Maometto aveva assunto, poi però, comprendendo che per esigenze pratiche, doveva cambiare, modificò la sua posizione. Ai Banu Khazraj disse questo, sura 22, versetti 39 e 45, “A coloro che sono stati aggrediti è data l’autorizzazione di difendersi perché certamente sono stati oppressi e in verità Allah ha la potenza di soccorrerli…A coloro che senza colpa sono stati scacciati dalle loro case solo perché dicevano, ‘Allah è il nostro signore’”. Maometto dunque legittima il fatto che ai musulmani viene data la possibilità di contrastare chi si oppone loro.

Nel 624, nella battaglia di Badr, dal nome di una località dove Maometto riuscì a vincere un numero superiore di meccani che caddero in una trappola, Allah gli avrebbe rivelato che “Non si addice ad un profeta prendere prigionieri finché non avrà completamente soggiogato la terra”. Vi è qui un chiaro obbligo nei confronti dei musulmani ad uccidere. Nel versetto 39 della sura ottava è scritto, “Combatteteli finché non ci sia più politeismo e la religione sia tutta per Allah”.

Il politeismo era la spiritualità prevalente all’epoca nel deserto dell’Arabia dove nacque Maometto. Ci sono versetti del Corano in cui Allah dice che il jihad è un obbligo. Combattere i miscredenti non è facoltativo ma è un dovere. Va oltretutto aggiunto che, sempre in tema di guerra santa, esiste il concetto di martirio. Nel versetto 111 della sura nona si dice, “Allah ha comprato dai credenti le loro vite e i loro beni dando in cambio il paradiso poiché combattono sul sentiero di Allah, uccidono e sono uccisi“. Il paradiso è un luogo in cui entra chi uccide ed è ucciso. In questa prospettiva, per meritarsi il paradiso, è necessario uccidere il numero più alto possibile di miscredenti e poi si deve essere a propria volta uccisi. Vi è un altro versetto che legittima ciò, il versetto 169 della terza sura del Corano il quale recita, “E non chiamare morti coloro che sono stati uccisi sulla via di Allah, anzi, vivi sono, nutriti di grazia presso il Signore”.

Morire da martiri non è la morte ma è la vera vita. Si tratta di tutti quei versetti a cui fanno riferimento i terroristi islamici per rivendicare le atrocità che commettono. E’ fondamentale comprendere questo punto. Non si tratta di pazzi, come si vorrebbe far credere, di folli che disattenderebbero il vero Islam. È vero esattamente il contrario. Si tratta di quelli che più di altri ottemperano letteralmente e integralmente a ciò che Allah prescrive loro nel Corano e a ciò che ha fatto e detto Maometto nel corso della propria vita.

Lei da studioso dell’Islam e come egiziano conosce molto bene la storia della Fratellanza musulmana, il gruppo fondato da Hasan al Banna in Egitto nel 1928. Secondo il politologo tedesco Matthias Kuntzel, il ritorno del jihad in ambito islamico si deve principalmente a questo gruppo salafita rigorista. In altre parole, prima della fondazione dei Fratelli Musulmani, il jihad come dovere fondamentale, l’autoimmolazione e il culto della morte si erano sopiti all’interno dell’Islam. È d’accordo?

È la realtà storica. Noi abbiamo registrato, prima una decadenza del califfato turco-ottomano, che ha rappresentato l’ultima manifestazione dei califfati islamici, e quando, nel 1924, con la dissoluzione del califfato turco ottomano e la nascita della repubblica turca per mano del generale Kemal Ataturk, che era dichiaratamente un ateo che odiava l’Islam e disprezzava Maometto e che de-islamizzò e de-arabizzò la Turchia, abbiamo registrato la diffusione della laicità in tutto il Medio Oriente.

Per decenni la laicità è stata la realtà prevalente in Turchia, in Libano, in Siria, in Iraq, nell’Iran, nell’Egitto di Nasser dove io sono nato negli anni Cinquanta, nella Tunisia di Bourguiba. La laicità, in ambito islamico, significa sostanzialmente anteporre la ragione e il cuore ad Allah e a Maometto, ed il tratto più manifesto della laicità è l’emancipazione della donna. Nei vent’anni in cui io sono nato e vissuto al Cairo non ho mai visto donne velate per la strada. Le donne erano emancipate al pari degli uomini. I Fratelli Musulmani sono stati la realtà che ha combattuto in modo frontale questa svolta laica. Il regime di Nasser e ancora prima, la monarchia, hanno avuto nei Fratelli Musulmani il principale nemico, proprio per questa volontà di riesumare l’Islam delle fondamenta, delle radici, attribuendo al jihad una connotazione centrale, sia quando si trattava di chiamare a raccolta gli egiziani per combattere gli inglesi sia quando si trattò di combattere contro il regime laico di Nasser.

Nasser combatte dall’interno i Fratelli Musulmani e la laicità riuscì a manifestarsi solo in virtù di questa spietata repressione della Fratellanza culminata nell’arresto e nell’impiccagione di quello che è stato l’ideologo di punta del movimento in tema di jihad, Sayyid Qutb, per il quale tutto quello che non era aderente a ciò che Allah prescrive nel Corano andava combattuto con la guerra santa.

Ciò che afferma Kuntzel è storicamente corretto, ovvero individuare nei Fratelli Musulmani il movimento islamico che diede un impulso fondamentale alla ripresa del jihad. I Fratelli Musulmani, al pari di Al Qaeda, al pari dell’ISIS, perseguono lo stesso obbiettivo, che è quello di sottomettere l’intera umanità all’Islam, ma lo fanno in modo più scaltro entrando in seno alle istituzioni e sfruttando la democrazia e le sue leggi. In Egitto si sono infiltrati bene in alcuni settori, la magistratura, l’istruzione, un po’ come fecero i comunisti in Italia dopo il 1945. Laddove invece ritengono che si debbano impugnare le armi lo fanno, come fa Hamas contro Israele. Possono fare ricorso sia a una strategia militare terroristica o a una strategia, tra virgolette, politica, apparentemente conciliante, ma senza mai perdere di vista l’obbiettivo finale, che è sottomettere all’Islam l’intera umanità. Questa è la ragione per cui i Fratelli Musulmani sono molto più pericolosi dell’ISIS e di Al Qaeda, perché mentre questi ultimi operando sul piano quasi esclusivamente militare e terroristico, noi li possiamo sconfiggere, perché siamo più forti di loro, laddove invece noi consentiamo loro nel nome della democrazia e della libertà di avere una rete sempre più ampia di moschee, di madrase, di enti assistenziali, finanziari, di centri di studi e di formazione, di strutture ricreative, ambulatori e altro, avremo un mini stato islamico all’interno dello Stato di diritto. Alla fine ci ritroviamo con questo corpus separatum in seno allo Stato di diritto che avvalendosi anche dell’arma demografica finirà per prevalere, per imporsi. Abbiamo numerosi esempi in questo senso, in Gran Bretagna, in Francia, in Belgio, dove, proprio l’aspetto demografico è quello che finisce per far sì che gli islamici abbiano acquisito la consapevolezza che non serve più combattere. È sufficiente strumentalizzare la democrazia e le sue leggi per conquistare il potere.

L’ISIS, il Califfato, il gruppo o setta rigorista islamica nato in Iraq nel 2014, ha sempre rivendicato la propria stretta osservanza al Corano, e dunque la propria fedele appartenenza all’Islam, riproducendo nelle proprie azioni le gesta del profeta guerriero Maometto, esempio da seguire per ogni musulmano pio come lei ha ricordato prima. Per alcuni studiosi musulmani, l’ISIS, tuttavia, non rappresenterebbe l’Islam ma una sua deformazione e deviazione. È così?

Ha ragione l’ISIS. Loro hanno operato, uso il passato perché sostanzialmente l’ISIS è finito come stato, come realtà che controlla un territorio e che esercita la propria autorità su questo territorio, conformemente alla sharia, la legge islamica. È essenziale comprendere una cosa, i terroristi islamici non sono dei pazzi. Noi troviamo delle similitudini nel comportamento dell’Arabia Saudita, per esempio. L’Arabia Saudita è il primo stato teocratico della storia moderna. Nel 1932 nasce dal sodalizio tra la monarchia e una corrente islamica rigorista, quella wahabita, il cui predicatore, Muhammad ibn Abd al-Wahhab, era contrario a qualsiasi innovazione, modernizzazione dell’Islam. L’Arabia Saudita nasce come stato teocratico con l’obbiettivo di riproporre l’era del VII secolo, esattamente come l’ISIS, poi la monarchia si trovò costretta a fare i conti con la realtà, per esempio, si trovò costretta a introdurre il telegrafo e ci fu un contrasto con i religiosi perché dissero che nel Corano non si parla di telegrafo. Si trovarono costretti a introdurre la stampa per potere proporre le immagini delle persone e per i documenti di identità, e ancora una volta i religiosi si opposero dicendo che il Corano vieta la rappresentazione di qualsiasi essere vivente. Ci sono tanti aneddoti che evidenziano come la modernità, la gestione di uno stato moderno, è totalmente in contrasto con l’ottemperanza letterale e integrale di ciò che Allah prescrive nel Corano.

L’ISIS è una realtà di stato islamico che coniuga ciò che di meglio può offrire la materialità della modernità con ciò che di più rigoroso o puritano è previsto in seno all’Islam. L’ISIS non si è fatto scrupoli nell’usare armi e tecnologie. Ha avuto nel sistema mediatico una delle sue punte di maggiore incisività, tutto studiato in modo puntiglioso. Le immagini raccapriccianti delle decapitazioni erano finalizzate a incutere paura e sottomettere attraverso la paura il nemico. L’esercito iracheno, nel 2014, si arrese all’ISIS senza combattere. Non fu l’ISIS a vincere ma fu l’esercito iracheno a consegnarsi. Avevano in mente le immagini delle teste decapitate, e per non incorrere nello stesso destino si arresero. La paura è stata l’arma principale dell’ISIS per sconfiggere il nemico così è stata l’arma principale di Maometto. Maometto sgozzò, decapitò, e mostrò le teste decapitate. Nell’arco di dieci anni conquistò un territorio molto vasto sul quale poi nacquero i califfati islamici, e tutto questo lo fece attraverso la violenza. L’uso della paura è stato lo strumento principale usato da Maometto per la sottomissione.

Nel Corano è presente una spiccata componente antiebraica. Quale fu l’atteggiamento di Maometto nei confronti degli ebrei?

A Medina vivevano da dieci secoli tre tribù ebraiche, che di fatto rappresentavano la realtà autoctona della città ed erano anche la realtà più benestante grazie al fatto che erano più capaci a coltivare la terra, erano più capaci nell’allevamento delle greggi, erano più capaci anche nel fabbricare oggetti di artigianato e nel produrre armi. Avevano, diremmo oggi, un livello tecnologico più elevato e questo consentiva loro di avere anche un beneficio economico in quanto vendevano parte di quello che producevano.

Quando Maometto si trasferì a Medina volle appropriarsi dei beni degli ebrei e li indico pertanto come dei nemici. Riuscì astutamente a dividere le tre tribù ebraiche, anche perché ciascuna tribù faceva riferimento, sul piano delle alleanze, a una diversa tribù araba pagana. Non erano unite le tre tribù ebraiche. Maometto riuscì a dividerle ulteriormente e a costringere le prime due tribù che erano quelle meno forti e meno ricche ad abbandonare Medina lasciando lì i loro beni. La terza tribù ebraica, quella dei Banu Qurayshi, che era la più forte e la meglio armata ma era rimasta sola, nel 627, sempre dopo che Allah aveva rivelato a Maometto il versetto in cui gli ordinava di sterminarla, Maometto pose l’assedio alla fortezza in cui risiedevano, per 25 giorni.

I Banu Qurayshi erano impreparati all’assedio e si arresero. Maometto entrò e fece scavare una fossa nella piazza del mercato e fece portare uno ad uno gli ebrei maschi adulti e ad uno ad uno furono sgozzati e decapitati. Esattamente come ha fatto l’ISIS con i suoi nemici.

Nel Corano e soprattutto per quello che riguarda il dettaglio, nella raccolta dei detti e dei fatti attribuiti a Maometto, la Sunna, si precisa che il totale degli ebrei maschi adulti della tribù dei Banu Qurayshi decapitati oscilla tra i 600 e i 900 e Maometto personalmente decapitò i capi della tribù ebraica. Noi possediamo i nomi delle persone che furono personalmente decapitate da Maometto. Maometto è stato profondamente antiebraico e di conseguenza il Corano è un testo profondamente antiebraico che non ha nulla da invidiare sotto questo profilo al Mein Kampf. Gli ebrei sono considerati maledetti e i “più lontani dalla retta via” e per questo trasformati in scimmie e maiali, come leggiamo nei versetti coranici 51, 57 e 84 appartenenti alla quinta sura. “Troverai che i più acerrimi nemici di Allah sono i giudei e i politeisti” recita un altro versetto.

Questo versetto che ha appena citato, il ventottesimo, appartenente sempre alla quinta sura, venne citato da Ahmad al Tayyib, il Grande Imam dell’Università di Al Azhar al Cairo, considerato un interlocutore “moderato”, il 25 di ottobre del 2013, durante una trasmissione televisiva egiziana, in cui, a suggello del versetto, aggiunse, “Questa è una prospettiva storica che non è mutata fino ai nostri giorni”. Ha ragione?

Sì, ha ragione. Nei confronti degli ebrei nel Corano si affermano cose raccapriccianti. Facendo una sintesi dei versetti antiebraici, Allah ha affermato che gli ebrei sono le bestie peggiori in quanto miscredenti, i nemici peggiori di coloro che credono, coloro che Allah ha maledetto perché hanno ucciso ingiustamente i profeti, coloro che praticano l’usura, che con falsi pretesti divorano i beni della gente e per questo sono stati da lui trasformati in scimmie e porci. Questo è quello che troviamo nel Corano a proposito degli ebrei. Il Corano è un testo profondamente antiebraico, perché, torno a ripeterlo, Maometto è stato profondamente antiebraico. Ha disprezzato gli ebrei perché era invidioso e si sentiva inferiore nei loro confronti. Ordinò l’uccisione di tre poeti ebrei che lo avevano schernito nelle loro poesie. Fu particolarmente feroce con loro non solo perché erano ebrei ma perché erano dei poeti. Dobbiamo comprendere che per Maometto il Corano era una forma di poesia. La poesia, all’epoca, era l’arte nobile delle comunicazione e lui non concepiva che potessero esserci dei poeti che gli facessero concorrenza. Ecco perché, nel Corano, c’è un odio nei confronti dell’arte, perché tutto ciò che è arte offende e fa concorrenza ad Allah. Se infatti Allah aveva manifestato a Maometto il Corano, si poteva diffondere solo quello e gli ebrei che erano anche la realtà più colta in quell’area del deserto furono individuati da Maometto come dei nemici. Ad oggi l’unico collante tra i paesi islamici è l’odio nei confronti di Israele. È l’unica cosa che li unisce, su tutto il resto sono divisi, fratelli coltelli, ma quando c’è da coalizzarsi contro lo Stato ebraico sono tutti quanti uniti, anche quei paesi islamici che hanno, e sono pochi, stretto relazioni diplomatiche con Israele. Riconoscono Israele come status quo, ma non riconoscono il diritto alla sua esistenza come stato del popolo ebraico. Tutto ciò ha, come si è visto, una spiegazione coranica, una spiegazione nell’ambito della vita di Maometto.

Secondo al Bukhari, uno dei massimi esegeti islamici, la sura 9, sarebbe l’ultima a essere stata rivelata a Maometto. La sura in questione contiene la celebre esortazione “Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità finchè non versino umilmente il tributo e siano soggiogati”. Come è possibile considerare l’islam una religione di pace quando, insieme ad altri versetti estremamente violenti, il Corano si concluderebbe con un vero e proprio manifesto di guerra?

L’Islam non è una religione di pace perché Maometto non fu un uomo di pace, nel modo più assoluto. Maometto ha combattuto per dieci anni, fino alla sua morte, per sottomettere con la violenza le tribù ebraiche, le tribù cristiane, le tribù pagane arabe, che rappresentavano la maggioranza della realtà in quell’area del deserto. Va tenuto presente che anche nella preghiera, che i musulmani sono tenuti a ottemperare cinque volte al giorno, in base alla posizione che assume il corpo, può essere una posizione eretta, o inchinata, o prostrata, a ogni cambio di posizione assunto, si recita la prima sura del Corano, che si chiama l’Aprente. È una delle sure più corte, di soli sette versetti, ed è l’unica che fa eccezione nella disposizione delle sure del Corano, che iniziano dalla più lunga e proseguono con la più corta. Negli ultimi due versetti della sura l’Aprente, si eleva questa esortazione ad Allah, “Dacci la retta via, la via di coloro che hai colmato con la tua grazia, non coloro che sono incorsi nella tua ira, non coloro che vagano nell’errore”. Fu Maometto stesso a spiegare, e tutti i teologi e i giureconsulti islamici, concordano obbligatoriamente con la spiegazione di Maometto, che, “coloro che hai colmato con la tua grazia” sono i musulmani, “coloro che sono incorsi nella tua ira” sono gli ebrei, “coloro che vagano nell’errore” sono i cristiani. I cristiani vagano nell’errore, perché, dal punto di vista islamico, sono politeisti. Quindi, il musulmano, che regolarmente prega, per diciassette volte al giorno, di fatto condanna la miscredenza degli ebrei e dei cristiani, anche se ne è ignaro, perché la maggioranza dei musulmani, e lo dico da ex musulmano, essendolo stato per quarantasei anni, non conosce l’Islam, non ha letto correttamente e integralmente il Corano, ma soprattutto, la maggioranza dei musulmani, sa poco o nulla di Maometto. L’Islam non è in alcun modo una religione di pace, perché, come già detto, Maometto non è stato un uomo di pace, e perché la sua vita è stata quella di un predone del deserto che si è fatto strada attraverso l’uso della violenza, come, dopo di lui, gli eserciti islamici che si ispiravano alle sue gesta.

Sempre di più oggi, anche e soprattutto alla luce di una crescente presenza dei musulmani in Europa, vi è da parte di alcuni studiosi e storici la volontà di evidenziare che di fatto l’Islam apparterrebbe all’Occidente e l’Occidente all’Islam. Quanto c’è di vero o di falso in questa affermazione?

È totalmente falsa e denota una grande ignoranza della storia o una profonda malafede. È preoccupante che ci siano degli storici che affermino questo. Vorrei restringere l’ambito della questione all’Europa. La prima volta nella storia in cui compare la parola “europei” intesa politicamente, cioè intesa come comunità di persone che risiedono in un territorio, è in un testo di lingua latina che racconta la vittoria di Carlo Martello nel 732 a Poitiers, in cui, per “europei” si intendono i cristiani che sulla sponda settentrionale del Mediterraneo si opposero all’avanzata e all’invasione islamica. In cento anni dopo la morte di Maometto, che risale al 632, gli eserciti islamici avevano invaso e occupato la sponda orientale, la sponda meridionale del Mediterraneo, avevano attraversato lo Stretto di Gibilterra, si erano insediati in Spagna per circa otto secoli, e a Poitiers, Carlo Martello li fermò in nome del cristianesimo, perché tutto il Mediterraneo era cristiano. La popolazione, al 98 per cento era cristiana, c’era anche una presenza ebraica, ma la stragrande maggioranza della popolazione era una popolazione cristiana. Questa popolazione prevalentemente cristiana venne man mano sottomessa e costretta a convertirsi all’Islam. Si tratta dunque, inequivocabilmente, di una storia di sottomissione.

Se l’Europa ha potuto opporsi all’Islam, ha potuto non fare la fine della sponda orientale e meridionale del Mediterraneo, le cui popolazioni erano anch’esse interamente cristiane, lo deve solo alle vittorie militari degli eserciti cristiani, a Poitiers nel 732, ma anche alla riconquista della Spagna nel 1492, alla vittoria navale di Lepanto, il 7 ottobre del 1571 e soprattutto alla vittoria a Vienna, l’11 e il 12 settembre del 1683. Senza queste vittorie militari anche l’Europa sarebbe stata inevitabilmente sottomessa all’Islam. E se si considerano le date, 732 Poitiers, 1683 Vienna, sono quasi mille anni. Mille anni in cui gli islamici non hanno mai rinunciato ai loro programmi di conquista e di sottomissione. Nell’830 e nell’846, per due volte gli islamici invasero Roma e per due volte saccheggiarono la Basilica di San Pietro. Le mura che oggi cingono lo Stato del Vaticano si chiamano Mura leonine perché furono edificate nell’847 dall’allora pontefice Leone IV. Esse vennero edificate un anno dopo la seconda invasione islamica, il secondo saccheggio della Basilica di San Pietro, e furono edificate per difendere la Chiesa, servirono a salvaguardare la cristianità. La verità è che l’Islam è sempre stato il nemico storico dell’Europa.

Oggi, che ci sia in seno all’Unione Europea chi dice che bisogna riconoscere le radici islamiche dell’Europa afferma innanzitutto un falso storico e poi ci prepara al suicidio, perché l’Islam si concepisce come l’unica vera religione naturale dell’uomo e condanna di miscredenza sia l’ebraismo sia il cristianesimo. L’Islam è disponibile ad una tregua, alla collaborazione, fin tanto che è minoranza, ma quando diventa maggioranza sottomette perché è nutrito dalla convinzione di essere l’unica vera religione di tutta l’umanità. L’Europa si sta orientando verso un vero e proprio suicidio che è accelerato dal tracollo demografico, il vero tallone d’Achille del continente. L’Europa intesa come Unione Europea ma il discorso vale anche per la Russia in questo caso, è l’area del mondo che ha in assoluto il più basso tasso di natalità. Le popolazioni europee, di questo passo sono destinate a estinguersi perché hanno smesso di fare figli. Le popolazioni dei 28 paesi membri dell’Unione Europea, formano in tutto 500 milioni di abitanti, di cui solo il 16 per cento, pari a 80 milioni, hanno meno di trent’anni. Dei 500 milioni che popolano la sponda orientale e meridionale dal Mediterraneo, dal Marocco alla Turchia, all’Iran, il 70 per cento ha meno di trent’anni. Il confronto è dunque impietoso, 80 milioni contro 350 milioni. Il risultato è che l’Europa è destinata ad essere colonizzata demograficamente, ecco perché è assolutamente necessario porre fine a questa follia suicida di legittimare l’Islam e qui il ruolo della Chiesa cattolica è fondamentale. L’attuale papa rappresenta, sotto questo aspetto, un totale disastro, perché sta accelerando il suicidio dell’Europa ma anche il suicidio della stessa Chiesa cattolica.

Il 10 dicembre del 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Questo documento non è stato fatto proprio dall’Islam, che, il 18 settembre del 1981, vi ha contrapposto la propria dichiarazione secondo la quale i diritti dell’uomo verrebbero meglio tutelati dalla legge divina desumibile dal Corano. Alla luce dell’essenza teopolitica dell’Islam come è possibile pensare che vi possa essere convivenza pacifica tra un ordinamento liberale democratico e un ordinamento islamico?

Infatti non c’è conciliazione alcuna, perché nel momento in cui l’Islam non riconosce la sacralità della vita di tutti, la vita degli ebrei, la vita dei cristiani, la vita degli israeliani, nel momento in cui non riconosce la pari dignità tra uomo e donna, nel momento in cui non riconosce la libertà di scelta individuale, compresa la libertà religiosa, compresa la libertà di abbandonare l’Islam, e di convertirsi o non convertirsi ad altre religioni, non c’è conciliazione possibile. Quello che possiamo dire è che uno stato che è presente in un consesso internazionale e che è legato da rapporti economici, commerciali, e anche politici con altri stati cerca di salvare il salvabile sostenendo che ci possa essere una sorta di compromesso tra la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la sharia, ma in realtà sono assolutamente antitetiche. Lo ripeto, fin tanto che l’Islam è una realtà minoritaria si mostra conciliante, questo è il punto. In nessun paese a maggioranza islamica abbiamo una realtà di rispetto e di autorizzazione nei confronti di altre religioni di potere operare in piena libertà. Anche laddove ci sono le chiese e le sinagoghe, anche dove si consente ai fedeli autoctoni di recarvisi, è però severamente vietato fare proselitismo perché per l’Islam si tratta di realtà di miscredenza.

In Italia, per esempio, ed è una cosa di cui non si parla mai, ad oggi l’Islam non è una religione riconosciuta dallo Stato italiano e non a caso, perché le religioni, in Italia, vengono riconosciute se ottemperano all’Articolo 8 della nostra costituzione, che dice che le religioni beneficiano di pari libertà di fronte alla legge, se hanno stipulato una intesa e se il loro ordinamento giuridico non è in contrasto con le leggi dello stato. L’Islam non ha stipulato nessuna intesa e l’ordinamento giuridico dell’Islam è totalmente in contrasto con le leggi dello stato. Se l’Italia fosse veramente uno stato di diritto che si rispetti, non dovrebbero esserci moschee, perché le moschee sono conseguenti al riconoscimento dell’Islam come religione. È come una persona che non ha la laurea in medicina, non è iscritta all’ordine dei medici e nonostante ciò esercita la professione medica. Noi consentiamo ai musulmani di beneficiare delle prerogative di una religione riconosciuta quando in realtà l’Islam non lo è.

Secondo Robert Spencer e Mordechai Kedar non esiste un Islam moderato contrapponibile ad un Islam radicale, ma solo un Islam e diversi modi di viverlo, il che ci conduce inevitabilmente alle forti contraddizioni presenti all’interno del Corano tra un messaggio maggiormente improntato alla tolleranza ascrivibile al periodo della predicazione maomettana alla Mecca e uno esplicitamente più violento, successivo al determinarsi dell’Islam come realtà politica, dopo l’egira di Maometto a Medina. E’ possibile secondo lei risolvere queste contraddizioni?

No, non è possibile. All’inizio del mio discorso ho chiarito che per i musulmani il Corano è un testo increato, al pari di Allah, ne consegue che esso possa essere spiegato ma non interpretato. Spiegare significa illustrare il significato letterale di un concetto, interpretare significa potergli attribuire un significato allegorico. Noi non possiamo attribuire significati allegorici a ciò che Allah prescrive. Non possiamo contestualizzarlo nel tempo e nello spazio, non possiamo attribuirgli significati che ci consentano di venire incontro a quelle che sono le necessità della modernità, poiché, così facendo, si tradirebbe Allah stesso.

Nell’Islam essendo il Corano ciò che sostanzia, ciò che invera Allah, viene meno la presenza della ragione, ed è per questo motivo che non c’è mai stato un illuminismo in seno all’Islam. Non c’è stato ne mai ci sarà perché manca la legittimità dell’uso della ragione come strumento per entrare nel merito dei contenuti della fede. Chi lo ha fatto o lo fa viene considerato un eretico, così come vennero considerati eretici i discepoli della scuola Mutazilita, nata nel VIII secolo, un secolo dopo Maometto, e che affermò la tesi eterodossa del Corano creato e non increato, intendendo di fatto che fosse stato scritto da Maometto. Il nome più noto di questa scuola è quello di Averroè, che viene elogiato in Europa e in Occidente come l’emblema dell’Islam moderato, ma si dimentica di dire la fine che fece. Venne accusato di eresia, le sue opere furono bruciate e fu costretto alla fuga per non subire la condanna a morte che gli sarebbe spettata.

Non ci può essere dunque un Islam distinto da ciò che Allah prescrive e aggiungo, da ciò che Maometto ha detto e ha fatto. I musulmani in quanto persone possono essere moderati, quindi noi dobbiamo distinguere tra la dimensione della soggettività personale e quella della religione. Le persone vanno valutate nella loro individualità, ognuno risponde delle proprie azioni e nell’ambito dei musulmani come persone noi indubbiamente troviamo delle persone moderate, delle persone raziocinanti, delle persone che antepongono la ragione e il cuore ad Allah e a Maometto, io lo sono stato per 46 anni e sono stato condannato a morte proprio per questo, quando, nel 2003 ho condannato i terroristi islamici palestinesi suicidi e ho difeso la sacralità della vita degli israeliani e da allora vivo sotto scorta. Ma l’Islam come religione è uno, si può manifestare per ragioni storiche, per ragioni territoriali con modalità diverse, i sunniti, gli sciiti, però esso si fonda sempre e comunque su due pilastri che sono identici e perenni, il Corano e Maometto. Quando il presidente turco Erdogan, che io considero l’uomo più pericoloso oggi in Medio Oriente, afferma che non esiste un Islam moderato, che l’Islam è l’Islam, ha perfettamente ragione. L’Islam è l’Islam, non esiste un Islam moderato e un Islam non moderato, e questo vale anche a proposito dell’attività dei terroristi islamici. Sono quelli che più di altri ottemperano letteralmente e integralmente a ciò che Allah prescrive nel Corano e a ciò che ha detto e fatto Maometto.

Spesso, quando si fa riferimento alla violenza presente all’interno del Corano, i difensori dell’Islam affermano che anche nella Bibbia, esplicitamente nell’Antico Testamento, vi sarebbero esortazioni alla violenza attribuite al volere divino. Tuttavia, vi è un ovvia differenza: il messaggio di violenza contenuto nel Corano è di natura prescrittiva ed è agito ancora oggi, mentre la violenza narrata dalla Bibbia e attribuita a Dio riguarda epoche passate che non sono più di riferimento per nessuno. Non è forse ciò dovuto al fatto che diversamente dalla Bibbia per l’Islam il Corano è un testo dettato parola per parola, fuori dal tempo e dallo spazio e dunque, relativamente alle sure, valido per sempre?

La domanda formula già la risposta in modo corretto. Sia la Bibbia, sia i Vangeli, vengono concepiti come testi sacri scritti da uomini, seppure ispirati da Dio, il Corano invece non è considerato un testo sacro scritto da uomini, guai ad affermarlo, ma, come già sottolineato, è un testo sacro che sostanzia, invera Allah. Per i musulmani il Corano è Allah stesso, questa è la differenza fondamentale. Ciò che è scritto nella Bibbia e nei Vangeli noi lo possiamo interpretare, lo possiamo contestualizzare nel tempo e nello spazio, gli possiamo attribuire un significato allegorico, tutto questo non lo si può fare con ciò che Allah prescrive nel Corano. Questa è la ragione per cui oggi solo i musulmani sgozzano, decapitano, si fanno esplodere nel nome di Allah, non lo fa nessun ebreo, non lo fa nessun cristiano. È la ragione fondamentale per cui l’Islam non è modificabile, non può diventare una realtà moderata, perché significherebbe tradire l’Islam, far venire meno l’essenza, la quintessenza dell’Islam che è appunto quella di ritenere il Corano un testo increato in cui ciò che è prescritto da Allah deve essere ottemperato letteralmente e integralmente perché ha una valenza assoluta, universale.

Desidero aggiungere che gli esegeti del Corano hanno individuato circa 200 versetti che ne contraddicono altrettanti. Quando ciò succede vale il versetto rivelato cronologicamente successivamente, in questo senso è stata creata la categoria dei versetti abroganti e dei versetti abrogati. Dato che i versetti rivelati cronologicamente successivamente sono quelli del periodo di Medina, quando Maometto, negli ultimi dieci anni della sua vita combatte, uccise, sgozzò e decapitò i suoi nemici, ciò fa sì che la connotazione principale dell’Islam sia all’insegna della violenza.

Ne ha già accennato prima, ma vorrei sapere come giudica l’attuale posizione espressa dal pontefice nei confronti dell’Islam?

Già nel 2013, poco dopo il suo insediamento pubblicai in prima pagina su Il Giornale, con cui collaboravo, una lettera aperta a Papa Francesco in cui annunciai la mia dissociazione dalla Chiesa cattolica, proprio perché non posso in alcun modo accettare che il papa legittimi l’Islam come religione. Io sono stato musulmano per 46 anni, ho abbandonato l’Islam, mi sono convertito al cristianesimo e non posso accettare un papa che legittima l’Islam, ciò equivarrebbe a una mia autosconfessione. Allo stesso modo espressi le mie riserve sull’enfasi posta e che il papa continua a porre riguardo alla cosiddetta accoglienza, tenendo presente che gran parte di coloro che vengono accolti sono musulmani. La stragrande maggioranza di questi giovani che provengono dall’Africa, dall’Asia e dal Medio Oriente è musulmana ed è parte integrante del processo di islamizzazione demografica dell’Europa. Ora, come nulla di ciò che accade ad alto livello può essere casuale, perché può anche darsi che il papa non sia molto competente sull’Islam, ma sicuramente, essendo un capo di stato, essendo il capo supremo della Chiesa di Roma, sicuramente ha una cerchia di collaboratori che conoscono bene la realtà dell’Islam, che sa bene cosa implica oggi l’invasione di questi migranti che sono prevalentemente musulmani.

Sono estremamente preoccupato perché mi rendo conto che papa Francesco sta operando in sintonia con una strategia che mira ad omologare, ad uniformare, a omogenizzare, l’intera umanità, abbattendo gli stati nazionali, le identità localistiche e riducendo sostanzialmente le persone a semplici strumenti di produzione e di consumo. Più consumo che non produzione, perché ci viene detto che nel futuro prossimo la produzione verrà interamente demandata alla robotica. In questa prospettiva, papa Francesco tenderebbe a una sorta di pan-religione, una specie di sincretismo che coniuga in prima battuta cristianesimo e Islam. In tale senso sta tessendo rapporti molto intensi con l’università islamica di Al Azhar al Cairo, con gli imam, in particolare con il grande imam Ahmed Al Tayibb, che è un apologeta del terrorismo islamico suicida palestinese. Nel 2002, durante la Seconda Intifada in Israele, legittimò gli attentati terroristici suicidi islamici nei confronti degli israeliani e specificò anche che erano legittimi nei confronti dei bambini ebrei. Tutte queste cose un papa non può non saperle.

Non può non venirmi in mente la convergenza tra le istanze che promuove questo papa e, per esempio, il progetto esplicito, manifesto della Open Society Foundations di George Soros. È d’accordo?

Sì. Ecco perché sono estremamente preoccupato. I fatti sono fatti, non sono né di destra, né di sinistra, né di centro, non hanno alcuna connotazione ideologica. Noi vediamo che Soros ha questa fondazione presso cui ha dirottato il grosso delle sue sostanze, e finanzia tutte quelle attività che hanno come obbiettivo la disgregazione degli stati nazionali, lo scardinamento di quelle realtà che corrispondono a quelle civiltà che mettono al centro la persona, la famiglia biologica, la comunità locale, l’economia reale, per promuovere una globalizzazione che sostanzialmente significa mettere al centro la moneta e non la persona, una umanità in cui gli individui saranno ricettori e strumenti di manipolazione da parte di un mercato unico, in cui la sostituzione etnica della popolazione europea che, come già detto, è in forte decrescita, viene promossa con giovani che provengono prevalentemente dall’Africa, dall’Asia e che hanno tutti una età compresa tra i venti e i trent’anni, l’età, non a caso, che corrisponde all’esplosione della fertilità maschile. Che il papa si presti anche lui a questa strategia in un contesto dove la forte crisi economica che registra il Vaticano viene mitigata con i proventi di questa accoglienza, perché lo stato italiano investe fiumi di denaro per la cosiddetta accoglienza e la gran parte di chi accoglie in Italia sono strutture cattoliche, legate alla Chiesa, c’è dunque un tornaconto finanziario notevole, è raccapricciante. Credo che sia necessario acquisire correttamente la realtà dei fatti e sia necessario diffondere questa realtà e avere chiara la prospettiva. Bisogna salvaguardare una civiltà che ci consenta di tutelare noi stessi come persone, come famiglia, come comunità, come economia reale che fornisce beni e servizi, come sistema di valori, di regole, perché dobbiamo tramandare ai nostri figli e ai nostri nipoti il loro diritto alla vita, alla dignità, alla libertà. Tutto questo rischia di scomparire se l’Europa dovesse trasformarsi in una significativa realtà meticcia, in cui l’Islam, così come sta accadendo in Gran Bretagna, in Francia, in Belgio, in Olanda.

Ci sono quattro capitali europee, Londra, Bruxelles, Amsterdam e Oslo, dove tra i nuovi nati il nome più diffuso è Mohammed. Queste non sono ipotesi, ma è realtà e bisogna fare in fretta. La battaglia culturale oggi è in assoluto la più importante. Diffondere informazione corretta, promuovere una formazione costruttiva che consenta a ciascuno, illuminato dalla verità e fortificato dal recupero della certezza e dall’orgoglio di chi siamo. La sfida è che si riesca, in questo modo, a invertire una rotta che rischia di portarci nella condizione in cui si trovò l’impero romano di Occidente quando fu travolto dai barbari. Fece la stessa cosa che stiamo facendo noi oggi, faceva meno figli e apriva le frontiere, accordò la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell’impero, erano venuti meno i valori e le regole, c’era la dissolutezza sul piano dei costumi. Noi rischiamo di fare la stessa fine ma con una aggravante sostanziale, che all’impero romano di Occidente è poi seguito il cristianesimo, a questa Europa seguirà l’Islam.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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