Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » mar dic 18, 2018 9:42 pm

Tunnel di Hezbollah: UNIFIL conferma violazione risoluzione 1701
Sarah G. Frankl
18 dicembre 2018

https://www.rightsreporter.org/tunnel-d ... zione-1701

Con un comunicato diffuso ieri sera UNIFIL, la forza di interposizione ONU basata nel Libano meridionale, ha confermato che il Libano ha violato la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

«L’IDF ha informato UNIFIL di aver scoperto finora quattro tunnel lungo la Blue Line» si legge nel comunicato. «Sulla base della valutazione indipendente, l’UNIFIL ha finora confermato l’esistenza di tutte e quattro le gallerie vicine alla Blue Line nel nord di Israele» continua il comunicato.

«Dopo ulteriori indagini tecniche condotte autonomamente in conformità con il suo mandato, UNIFIL in questa fase può confermare che due dei tunnel attraversano la linea blu. Questi costituiscono violazioni della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite» continua ancora il comunicato.

UNIFIL chiede poi al Libano di «assicurare azioni urgenti di follow-up in conformità con le responsabilità del governo del Libano ai sensi della risoluzione 1701».

E delle responsabilità di UNIFIL ne vogliamo parlare?

Troppo facile per UNIFIL scaricare tutte le responsabilità sul Governo libanese che per altro non ha alcun controllo su Hezbollah e su quello che il gruppo terrorista libanese fa.

Infatti sarebbe stato compito di UNIFIL vigilare affinché Hezbollah non si potesse né riarmare né minacciare in alcun modo Israele.

Invece dalla fine del conflitto tra Israele ed Hezbollah del 2006 i terroristi libanesi con la complicità iraniana si sono costantemente riarmati e potenziati proprio sotto il naso di UNIFIL arrivando ad essere il secondo esercito più potente dell’area dopo quello israeliano con oltre 30.000 uomini in armi (più un numero imprecisato di riservisti che si stima essere superiore alle 50.000 unità) e un arsenale che contempla oltre 150.000 missili e armi di ogni tipo.



Tunnel, le informazioni fornite da Israele all’Unifil sono state passate agli Hezbollah
20 dicembre 2018
di Yossy Raav

http://www.italiaisraeletoday.it/tunnel ... -hezbollah

L’accusa è di quelle pesanti. E può significare tante cose. L’ambasciatore israeliano presso l’Onu Danny Danon ha detto che le informazioni fornite da Israele all’UNIFIL, le forze di pace delle Nazioni Unite in Libano, sono state passate all’esercito libanese, che l’ha passata a Hezbollah, che ha poi tentato di nascondere i tunnel sul lato libanese.

Danon ha continuato dicendo che Hezbollah ha pianificato di utilizzare i tunnel per effettuare un attacco di cinque punti contro civili israeliani in cinque diverse località della Galilea. Ha anche mostrato un’immagine di un tunnel che correva direttamente sotto i piedi delle truppe UNIFIL, sostenendo che c’erano aree in cui i peacekeepers non potevano andare.

Il capo dell’UNIFIL, Jean-Pierre Lacroix, in precedenza ha confermato che l’organizzazione ha chiesto al Libano di aiutare a rintracciare i tunnel sul lato libanese del confine.

L’inviato libanese ha negato che il paese abbia violato la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha posto fine alla Seconda guerra del Libano del 2006 combattuta tra Israele e Hezbollah. Il Libano, secondo il suo rappresentante non ha ambizioni aggressive, ma porta con sé i ricordi di quattro invasioni israeliane.

Nel frattempo, gli Hezbollah, sostenuti dall’Iran e pesantemente armati, si sono trovati nel mirino, mentre una nazione dopo l’altra ha chiesto all’esercito del Libano di essere l’unica forza militare del paese.

La Gran Bretagna, la Francia e gli Stati Uniti hanno definito tutti i tunnel una violazione della Risoluzione 1701. Gli Stati Uniti si chiesero se fosse necessaria un’ulteriore prova del fatto che Hezbollah costituisse un’autentica minaccia per la stabilità della regione.



Il mondo è avvertito: se l’Iran approfitterà del ritiro Usa, Israele potrebbe essere costretto a intervenire in Libano
C’è un collegamento fra il dibattito all’Onu sui tunnel di Hezbollah e l’annunciato ritiro delle truppe americane dalla Siria
Di Herb Keinon
24 dicembre 2018

https://www.facebook.com/AdiAmicidiIsra ... 9278045600

Nonostante tutti gli ottimi argomenti presentati, con tanto di fotografie aeree, e nonostante l’inequivocabile sostegno diplomatico degli Stati Uniti, Israele sapeva che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non avrebbe intrapreso nessuna azione decisa e determinata contro Hezbollah per il suo aggressivo progetto dei tunnel transfrontalieri dal Libano. Per capirlo, è bastato ascoltare il dibattito di mercoledì al Consiglio di Sicurezza, quando uno dopo l’altro i quindici paesi che siedono nel massimo organismo dell’Onu, con l’unica eccezione degli Stati Uniti, hanno sì denunciato, con diverse sfumature, i tunnel terroristici di Hezbollah, ma hanno tutti ritenuto di aggiungere che anche Israele vìola la sovranità del Libano (con i voli di ricognizione, che però sono difensivi e non aggressivi ndr). Certo, Israele avrebbe voluto molto di più. Parlando alla stampa estera a Gerusalemme, il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva chiesto al Consiglio di Sicurezza di condannare l’aggressione di Hezbollah, di designarlo e sanzionarlo una volte per tutte per quello che è, un’entità terrorista, di esigere dal Libano che non permetta più che il suo territorio venga usato per attaccare uno stato vicino, di sostenere il diritto d’Israele a difendersi da “un’aggressione ispirata e diretta dall’Iran” e di sollecitare i caschi blu Unifil ad adempiere al loro mandato e a rendere più incisive le loro operazioni. Ma Netanyahu sapeva che non c’è alcuna possibilità che il Consiglio di Sicurezza, di cui fanno parte Kuwait, Bolivia, Russia e Cina, accetti nulla di tutto questo.

Perché allora tanto sforzo diplomatico? Perché investire della cosa il Consiglio di Sicurezza? Semplice, perché Israele sta usando il Consiglio di Sicurezza come una tribuna da dove spiegare al mondo come mai, nel prossimo futuro, potrebbe trovarsi costretto a intraprendere un’azione di forza all’interno del Libano. Sta preparando sin d’ora le ragioni legali della sua causa.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » mar dic 25, 2018 10:33 am

LA POLIZIA TEDESCA SROTOLA IL TAPPETO ROSSO A UN GRUPPO AFFILIATO A HEZBOLLAH
di Benjamin Weinthal
25 dicembre 2018

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... __tn__=K-R


Il capo della polizia di Münster, in Germania, ha partecipato a una "bella serata" il 25 novembre scorso a un incontro pro-Hezbollah che proclama la resistenza contro lo Stato ebraico, ignorando i rapporti di intelligence sull'entità terrorista di Hezbollah. Sulla pagina Facebook dell'organizzazione Mahdi AG affiliata a Hezbollah viene raccontato come il capo della polizia di Münster, Hajo Kuhlisch, abbia incontrato i membri della moschea Imam-Mahdi per discutere del "razzismo anti-musulmano e dell'apprendimento del Corano". “È stata una bella serata e uno scambio produttivo ", ha scritto l'organizzazione che è piena di sostenitori di Hezbollah, secondo i rapporti dei servizi segreti del Nord Reno-Westfalia (NRW), dove si trova Münster. Una foto sul sito di Facebook di Mahdi AG, datata 25 novembre, mostra un sorridente capo della polizia Kuhlisch in piedi accanto ai membri della Mahdi AG. L'anno scorso, il presidente del centro islamico affiliato a Hezbollah Al-Mahdi aveva esortato i suoi sostenitori a fare "resistenza" contro Israele. "Israele è il nemico - noi portiamo avanti la resistenza", ha detto Hassan Jawad, presidente del centro culturale Al-Mahdi di Münster.

La resistenza per la milizia libanese di Hezbollah è sinonimo di lotta armata contro Israele. Quando il The Jerusalem Post / JPost.com a settembre ha chiesto se il ministro della Renania settentrionale-Vestfalia, Armin Laschet, aveva intenzione di mettere fuori legge l'organizzazione libanese Hezbollah nel Nord Reno-Westfalia, facendo riferimento al ministro degli interni dello stato che nel 2017 aveva dichiarato che il sostegno a Hezbollah può attualmente essere vietato, solo se il loro sostegno finanziario è dimostrabile. " Gli Stati Uniti, Israele, la Lega araba e il Canada classificano Hezbollah come entità terroristica. La Germania e l'UE hanno semplicemente vietato solo la parte militare dell'organizzazione terroristica di. La Renania settentrionale-Vestfalia ha visto una crescita degli affiliati a Hezbollah, in grado di raccogliere fondi e reclutare nuovi membri. Secondo il rapporto dell'intelligence del 2017, il numero di membri di Hezbollah è aumentato da 100 nel 2015 a 105 nel 2016. Oggi ci sono 950 membri attivi di Hezbollah in Germania, secondo i rapporti dell'intelligence tedesca recensiti dal Post. Il quotidiano popolare tedesco Bild ha riferito che il capo della polizia non ha informato i servizi di intelligence dello stato prima del suo incontro con il gruppo pro-Hezbollah. La polizia di Münster non ha pubblicato nessuna notizia sul proprio sito web riguardo all'incontro o una spiegazione del perché il suo capo abbia incontrato un'entità filo-Hezbollah. Bild ha riferito che, secondo il dipartimento di comunicazione della polizia, Kuhlisch si incontra regolarmente con diversi gruppi religiosi nella città, comprese comunità cristiane, ebraiche e islamiche.


Alberto Pento
Non so cosa sia capitato di preciso. Certo è che non riesco a capire come facciano questi tedeschi a perdersi in tal modo contro Israele e gli ebrei e a schierarsi con i nazi-maomettani; non riesco propriio a capacitarmi. E sì che il loro antisemitismo ha portato soltanto del male alla Germania e ai tedeschi.
A me che sono veneto con anche radici germaniche sassoni e cimbre dispiace molto perché amo gli ebrei e Israele e odio con tutto me stesso ogni nazismo sia esso hitleriano/ariano e fascista, social comunista e specialmente nazi maomettano che è il peggiore di tutti.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » ven feb 01, 2019 9:10 pm

Il presidente fantoccio di un Libano che non esiste più
Aoun, presidente del mio paese natale, è un burattino di Hezbollah e non può fare nulla che risponda ai veri interessi della sua popolazione
Di Fred Maroun
1 Febbraio 2019

https://www.israele.net/il-presidente-f ... esiste-piu

Quando sento parlare Michel Aoun, il presidente del Libano, mio paese natale, non posso fare a meno di ridere.

In risposta all’operazione di smantellamento dei tunnel terroristici attualmente condotta dalle Forze di Difesa israeliane al confine con il Libano, Aoun ha assicurato che “l’operazione di Israele volta a distruggere i tunnel d’attacco di Hezbollah attraverso il confine non metterà in pericolo la calma lungo la frontiera”, e che il suo paese non ha “nessuna intenzione aggressiva”. Aoun ha anche detto che è pronto a “prendere le misure necessarie per rimuovere le cause di divergenza”. Perfetto.

Tuttavia Aoun sa bene, come chiunque altro, quali sono le “cause di divergenza”, e sa anche di non avere assolutamente nessuna possibilità di rimuoverle. Sa che la principale “causa di divergenza” con Israele è il controllo che Hezbollah esercita sul Libano: quegli Hezbollah che gli Stati Uniti hanno correttamente indicato come una minaccia criminale transnazionale; quegli Hezbollah che Israele, Canada, Stati Uniti e persino la Lega Araba considerano un’organizzazione terroristica; quegli Hezbollah che minacciano regolarmente Israele e che dispongono di 100.000 missili che, affermano loro stessi, possono raggiungere qualunque punto in Israele.

Poster sul versante libanese del confine tra Libano e Israele: il volto dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, iniziatore e capo della rivoluzione islamica in Iran, sotto a due bandiere di Hezbollah, accompagnate dalla Cupola della Roccia di Gerusalemme e dalla scritta in arabo ed ebraico: “stiamo arrivando”

Ma Aoun sa anche che gli Hezbollah, finanziati dall’Iran e da attività criminali, sono più potenti dell’esercito libanese e che, in ogni caso, l’esercito libanese è troppo diviso per potersi contrapporre a Hezbollah.

Ciò significa che Aoun e il suo intero governo non possono fare esattamente nulla circa le “cause di divergenza” con Israele. Pertanto, tutto quello che Aoun dice a Israele è completamente privo di significato. Aoun non può impedire a Hezbollah di costruire altri tunnel; non può impedire a Hezbollah di attaccare Israele, scatenando una guerra che probabilmente devasterebbe il Libano molto più di qualsiasi altra cosa gli si accaduta in passato; non può dare seguito concreto alla sua affermazione che non ha “intenzioni aggressive”, per esempio avviando colloqui di pace con Israele o anche solo pronunciando la parola “pace” nella stessa frase in cui nomina “Israele”. Aoun non può fare semplicemente nulla che risponda ai veri interessi della popolazione libanese.

Aoun è un burattino nelle mani di Hezbollah e mentre parla come se le sue parole significassero davvero qualcosa, il suo paese cade a pezzi ogni giorno di più. L’Economist ha riferito che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, entro 5 anni “il servizio del debito libanese brucerà i tre quinti delle entrate del governo non lasciando quasi nulla per le spese in conto capitale (già molto basse)”. Rafi Sabounjian, proprietario di una piccola impresa libanese, ha detto: “Questo è il periodo peggiore che vi sia stato in quarant’anni: tutto si sta fermando”.

Oggi il Libano è solo l’ombra di se stesso e sembra non andare da nessuna parte, se non sempre più in basso. Per molti di noi libanesi, il Libano che una volta conoscevamo non esiste più. Quando sento parlare Michel Aoun, il presidente del Libano, mio paese natale, non posso fare a meno di piangere.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » gio feb 14, 2019 8:55 am

“Se c’è Israele non ci siamo noi…” Iran e Libano disertano Vienna E poi parlano di cercare la pace…
12 febbraio 2019
Yossy Raav

http://www.italiaisraeletoday.it/se-ce- ... 6LDDB_aHxg

”Se partecipa Israele non partecipiamo noi…” Il ministro degli esteri libanese Gebran Bassil con il suo omologo iraniano, Mohammad Javad Zarif in una conferenza stampa congiunta a Beirut hanno spiegato così perché Libano ed Iran non partecipano alla Conferenza su pace e sicurezza di Varsvavia organizzata da Polonia e Stati Uniti.

L’Iran gode di ampia influenza in Libano attraverso il gruppo terroristico Hezbollah, che siede anche nel governo. Il Libano è tecnicamente in guerra con Israele e i rappresentanti libanesi evitano le conferenze in cui sono presenti gli israeliani. La loro assenza alla Conferenza di Varsavia, dove partecipano ben ottanta Paesi, spiega più di qualsiasi analisi quale sia la loro unica soluzione per risolvere le vicende tormentate del Medio Oriente, la cancellazione di Israele.


Alberto Pento
Che brutta fine che sta facendo il Libano, da prevalentemente cristiano e democratico a prevalentemente maomettano e antidemocratico; da l'essere la Svizzera benestante del Medioriente a diventare la Bosnia miseranda del Medioriente. I cristiani in libano se la passeranno brutta, ma brutta forte.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » gio feb 14, 2019 9:15 am

???

Religione e società
Makassed, la scuola che vuole salvare la pace
01/07/2011 | Hisham Nashabe
Istruzione e identità nazionale in Libano/2.

https://www.oasiscenter.eu/it/makassed- ... re-la-pace

Storia e obbiettivi dell’associazione nata in ambito sunnita alla fine del XIX secolo e oggi operante in tutto il Paese con un principio guida: costruire una società tollerante, civile e religiosamente impegnata.
In questo breve articolo mi limiterò a fornire alcune informazioni su Makassed, sulla sua storia, sugli obiettivi che persegue, sulle convinzioni che la animano e sulle attività che svolge.

Il nome Makassed deriva dalla denominazione di una scienza prestigiosa all’interno della cultura islamica conosciuta come Maqâsid al-Sharî‘a. In tempi moderni questa scienza è stata la fonte di un’interpretazione dell’Islam innovativa e di larghe vedute. Maqâsid, letteralmente, significa “finalità”. Il nome completo dell’Associazione Makassed è dunque Jam‘iyyat al-Maqâsid al-Khayriyya al-Islamiyyah (Associazione filantropica islamica Makassed). Essa è stata fondata a Beirut nel 1878. Più tardi, nello stesso anno, un’altra Associazione Makassed fu fondata a Sidone. Infine diverse altre associazioni con scopi e attività simili furono istituite a Baalbek, Gerusalemme e Aleppo, ma l’Associazione Makassed di Beirut rimane la più prestigiosa e di gran lunga la più attiva e diffusa. Generalmente è nota come “associazione madre”.

Oggi l’Associazione Makassed di Beirut possiede un sistema di scuole diffuso in tutto il Libano: 8 scuole a Beirut, 37 nell’area rurale libanese, per una popolazione studentesca totale di circa 13 mila studenti e un personale di mille insegnanti (con una preponderanza di insegnanti donne), un’importante scuola professionale e un’università. Inoltre Makassed possiede una prestigiosa clinica universitaria a Beirut, cinque dispensari, un’organizzazione di protezione civile, un’unità di servizio sociale, un movimento scout, una società per l’assistenza alle donne. Makassed è inoltre responsabile di tutti i cimiteri musulmani sunniti di Beirut. L’Università Makassed ha tre facoltà: la Facoltà di Infermieristica, la Facoltà di Studi islamici, e la Facoltà di Educazione (che aprirà nel 2011).

Mi asterrò dal menzionare ulteriori fatti e cifre. È sufficiente dire che un’organizzazione iniziata nel 1878 come una scuola elementare per ragazze conta oggi circa 3 mila impiegati, offrendo attività e servizi di cui beneficia quasi ogni musulmano di Beirut e una vasta fascia di popolazione rurale. I servizi a favore di educazione e salute rimangono il punto d’interesse principale delle attività di Makassed.

Al di là dei fatti e delle cifre, è importante rilevare il collocamento di Makassed rispetto al dialogo islamo-cristiano. Va considerato che nel XIX secolo, quando fu fondata l’Associazione Makassed, tre correnti maggioritarie dominavano il paesaggio socio-politico: l’attività missionaria cristiana di diversi Stati europei e dagli Stati Uniti; le ambizioni imperialiste e coloniali; infine un vigoroso movimento di riforma orientato all’Occidente all’interno dell’Impero Ottomano. I missionari cristiani servivano da motore per permettere agli Stati europei di esercitare un’influenza culturale e politica. Allo stesso tempo i movimenti missionari, di varie nazionalità o affiliazioni religiose, ricercavano il supporto dei governi. L’alleanza tra attività missionaria e ambizioni statali non fu una santa alleanza; infatti, a lungo termine, non servì né ai missionari né agli Stati ai quali appartenevano. L’“artiglieria del cielo”, come la descrisse uno studioso, fu sfruttata dai costruttori degli imperi, causando così grave danno alla relazione tra cristiani e musulmani. Le istituzioni scolastiche nazionali, al cui interno Makassed rivestiva un ruolo guida, guardavano con ammirazione, ma anche con una buona dose di diffidenza, alle scuole missionarie. Allo stesso tempo Makassed lavorava duramente per imitare le scuole missionarie nei loro curricula e metodi educativi. L’attività missionaria ebbe un effetto negativo sulla coesione del tessuto sociale perché promosse rivalità interconfessionali. La situazione contribuì significativamente alla crescita del confessionalismo in Libano.

In una prospettiva educativa, una conseguenza più grave dell’esperienza del XIX e XX secolo in Libano fu il danno inflitto allo studio della stessa religione in varie scuole. Un rigido formalismo religioso, dimentico della dimensione spirituale, divenne la corrente predominante nell’insegnamento religioso. Nelle scuole dei missionari cristiani sembrava che questi fossero più interessati ad accrescere il numero degli adepti che ad adorare Dio. Nelle scuole islamiche l’insegnamento della religione seguiva metodi tradizionali con quasi nessun cambiamento in contenuti e metodo. In ogni caso i musulmani, che considerano il Cristianesimo una religione abramitica al pari dell’Islam e Gesù un profeta inviato da Dio, vide l’immagine del Cristianesimo deturpata dalla sua associazione ad attività di proselitismo e all’Occidente coloniale. Si deve poi osservare che le relazioni dei musulmani con i loro compatrioti e con il Cristianesimo orientale furono turbate anche dalla crescita del confessionalismo, in modo particolare in Libano.

Inoltre le scuole missionarie in Libano e le università private gestite dai missionari (L’American University di Beirut, fondata nel 1866, e l’Università Saint-Joseph, fondata nel 1876) si opposero alla diffusione delle scuole governative e alla costituzione dell’Università Libanese. Essa fu istituita solo nel 1952, quasi dieci anni dopo l’indipendenza del Libano. L’Associazione Makassed diede il proprio appoggio alla diffusione delle scuole governative e sostenne con decisione la fondazione dell’Università Libanese, che veniva a rompere il monopolio della Licence en Droit, prerequisito per l’accesso alle alte cariche governative.

L’atmosfera generale, nella quale s’intrecciavano l’elemento religioso e quello politico, non contribuiva a un dialogo interreligioso sereno e fruttuoso. Piuttosto che insistere sui tratti in comune tra Cristianesimo e Islam, si metteva l’accento sulle differenze. Piuttosto che insistere sulla necessità, il diritto e il dovere della comprensione e del rispetto reciproci, e sullo studio delle rispettive Scritture, si metteva l’accento sulle accuse e sui punti controversi.

Era questa la situazione in Libano alla vigilia della guerra civile (1975-1991). Essa mise cristiani e musulmani di fronte alla triste realtà che entrambi conoscevano ben poco dell’altra religione e ciò che ne sapevano era sbagliato. Il bisogno di “conoscere l’altro” divenne un tema comune negli incontri di educatori e leader religiosi. Questa realtà negativa indusse ad alcuni passi concreti in Makassed, che ricorderò più oltre. La guerra civile insegnò ai musulmani e ai cristiani le terribili conseguenze dell’incomprensione reciproca e dell’ignoranza. Essa inoltre lasciò agli educatori un vivo sentimento di aver fallito, dal momento che, dopo tutto, erano i loro studenti a rivolgere in modo selvaggio le armi gli uni contro gli altri. L’educazione non funse da deterrente nel conflitto armato tra concittadini.

In Makassed si fece strada la consapevolezza molto chiara che confessionalismo, fanatismo e violenza non debbono essere associati alla religione; in realtà essi sono contrari a Cristianesimo e Islam. Nell’Islam non esiste il concetto di Guerra Santa. Ogni guerra è sacrilega.

Oggi Makassed propugna con decisione la riscrittura della storia del Libano secondo gli Accordi di Taif del 1989. I nostri giovani crescono con un senso di rispetto e di apertura nell’apprezzare le altre fedi, non a spese delle loro convinzioni religiose, ma al fine di costruire una sana società tollerante, civile e religiosamente impegnata. A livello pratico, durante la guerra civile in Libano, Makassed si è dimostrata un’oasi di pace in un deserto di violenza. Ricordo solo le sue attività riguardanti il dialogo interreligioso. Il Corano dice: «Dalla disperazione viene la speranza. Dalla morte sorge la vita» (Corano 94,5-6).

Fu durante il conflitto civile in Libano che le scuole di Makassed aprirono le loro classi a Beirut a tutti gli studenti che non potevano attraversare le “frontiere” che li separavano dalle loro scuole a Beirut Est. Questi studenti erano cristiani e musulmani. Non appena si conclusero le ostilità, Makassed si impegnò con decisione per riallacciare i legami interrotti con alcune scuole cristiane: il Collegio di Antoura e il Collegio gesuita di Jamhour meritano una particolare menzione a questo proposito. Il Presidente dell’Associazione Makassed e alcuni membri autorevoli del Consiglio di Amministrazione presero parte a cerimonie organizzate tra Makassed e le istituzioni ricordate. Gli studenti di Makassed e gli studenti delle scuole cristiane si scambiarono diverse visite per stabilire amicizie e condividere attività. I collegi di Antoura e di Jamhour invitarono Makassed a pasti serali per il mese di Ramadan e Makassed ricambiò con pranzi in occasione del Natale.

Inoltre una stretta cooperazione in diversi ambiti accademici fu stabilita tra l’Associazione delle scuole cattoliche in Libano e Makassed. A livello universitario s’istituì anche un’importante collaborazione tra Makassed e l’Università Saint Joseph. Nel 1978, cioè mentre la guerra civile ancora infuriava in Libano, Padre Augustin Dupres La Tour, il compianto Padre André Serima, il compianto Professore Yusuf Ibish e chi scrive, uniti da una fede comune nel Cristianesimo e nell’Islam come religioni di pace e di rispetto reciproco, fondarono all’Università Saint Joseph l’Istituto di Studi Islamo-Cristiani. Il curriculum e la tipologia di corsi erano innovativi e il successo conseguito, che continua tutt’oggi, testimonia dell’impegno autentico al dialogo, al rispetto e all’apprezzamento reciproco tra studiosi cristiani e musulmani in Libano. Nel 1982, tre anni dopo la fondazione dell’Istituto di Studi islamo-cristiani, Makassed aprì l’Istituto di Studi Islamici che divenne successivamente una Facoltà di Studi Islamici all’Università Makassed. Un corso di Cristianesimo è prerequisito necessario per conseguire la laurea alla Facoltà di Studi islamici Makassed. Questo corso deve essere affidato a un cristiano praticante, ciò che rende Makassed unico da questo punto di vista. Makassed ospita inoltre al suo interno un centro di documentazione particolarmente focalizzato sulle relazioni islamo-cristiane.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » gio feb 14, 2019 10:14 am

Uno scritto del 1978


Le ragioni politiche dei cristiani libanesi
Alleanza Cattolica - Dal sito http://www.alleanzacattolica.org | 1Camille Tawil, Cristianità n. 43 (1978)Intervista con il comandante Bashir Gemayel
a cura di CAMILLE TAWIL

http://alleanzacattolica.org/le-ragioni ... ?pdf=18188

Le ragioni della comunità cristiana libanese espresse da uno dei suoi massimi esponenti politici, che, nella freddezza e nell’apparente distacco delle sue parole, manifesta la nobiltà del popolo libanese, da secoli abituato a sopportare eroicamente e senza inutili lamenti i ripetuti tentativi digenocidio perpetrati nei suoi confronti.
I motivi che spiegano lo sforzo internazionale per sterminare questo popolo scomodo, incrollabile testimone della verità cattolica nel corpo del mondo islamico.
Il lettore occidentale in genere, e quello italiano in particolare, da circa quattro anni viene quasi quotidianamente informato sulle vicende che si svolgono in Libano e sul dramma della locale comunità cattolica, della cui fecondità ha avuto conferma attraverso la canonizzazione, il 9 ottobre dello scorso anno, di san Sciarbel Makhluf, monaco dell’Ordine Libanese Maronita.
Ma, considerati i tempi, la informazione è abbondantemente partigiana, e non certo a favore dei cattolici, presentati con ogni tratto che possa renderli poco gradevoli. Le ultime fasi del conflitto hanno, però, quasi costretto i mass media a rivelare, per così dire, i veritermini del problema, anche se la sostanza degli avvenimenti non emerge ugualmente con ladovuta chiarezza. Allo scopo di meglio illuminare la causa della eroica comunità cattolica libanese, abbiamo pensato di intervistare il comandante Bashir Gemayel. Nato a Bikfaya, nel Metn, il 10 novembre 1947, ha compiuto i propri studi presso l’università Saint Joseph, tenuta a Beirut dai padri gesuiti, e si è laureato in giurisprudenza e in scienze politiche. Alla pratica dell’avvocatura ha affiancato studi di politica internazionale negli Stati Uniti.Sceikh Bashir, che parla correttamente arabo, francese e inglese, è attualmente comandante del consiglio militare del Kataeb e delle Forze Libanesi Unificate.
Le risposte, raccolte nello scorso mese di ottobre nella sede del consiglio militare, rivelano un uomo politico pressoché ignoto in Occidente, dove corrono quasi esclusivamente i nomi di Pierre Gemayele di Camille Chamoun; un uomo destinato, anche per la sua giovane età, a pesare sul futuro del Libano, e quindi a intervenire autorevolmente a proposito di quella Questione d’oriente da lui stesso evocata.


D. Il Libano è praticamente in guerra da ormai quattro anni. Chi sono i belligeranti, e quali sono gliobiettivi di questa guerra?
R. Effettivamente il Libano è entrato nel suo quarto anno di guerra. Quando si pensa che la guerradel ‘14-18, in quattro anni, ha scosso dalle fondamenta la principale potenza d’Europa, si ha lamisura della forza di resistenza degli abitanti di questo paese di diecimila chilometri quadrati,nonché dell’ampiezza del disastro e dei sacrifici sostenuti. Abbiamo lottato per quasi duemila anni in condizioni più o meno simili, per conservare la nostra indipendenza e la nostra libertà. Siamo veramente figli della tempesta. Una volta ancora, la guerra fatta contro di noi ha come unico finequello di sottometterci alla egemonia araba, oppure di buttarci fuori dal nostro paese. È una guerra come si dice siano state quelle dei tempi barbarici, con tutta la ferocia e l’orrore a esse proprie.Ci si illude se si pensa che l’età dei genocidi sia passata, che appartenga solo ai capitoli tenebrosi della storia, perché il secolo XX ha conosciuto quelli più abominevoli e «tecnicamente» meglio organizzati, proprio nella sua prima metà, come per esempio, per restare nella nostra area geografica, il genocidio degli armeni. Più tardi ve ne sono stati molti altri, perpetrati nella indifferenza complice dell’ONU, in India, in Biafra, nel Sudan, in Cambogia. Lo sterminio dura da più di tre anni. Che cosa hanno fatto le grandi potenze, membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU, per fermarlo? ... Decine di migliaia di profughi e di senza tetto non hanno ancora commosso a sufficienza la comunità internazionale.Noi lottiamo contemporaneamente contro i palestinesi, i siriani e la sinistra internazionale. Il Libano aveva accolto con liberalità i rifugiati palestinesi al momento del loro esodo nel 1948. Meno divent’anni dopo, eccoli accanirsi a distruggere il paese che li ha ospitati, per dominarlo. L’aggressione palestinese era stata programmata, organizzata, alimentata dalla Siria. Staccate i palestinesi dalla Siria e tutto il terrorismo crolla. Il presidente Hafez el Assad lo ha riconosciuto pubblicamente in un famoso discorso del 20 giugno 1976, quando ha bruscamente deciso di cambiare spalla al suo fucile e di venire in aiuto dei cristiani. Allora le truppe siriane si sono sparse sul territorio libanese, inviate dalla Lega degli Stati arabi, nella veste di forza di pace venuta a ristabilire l’ordine e la sicurezza nel paese. Esse si sono molto rapidamente trasformate in forza dioccupazione e oggi si sforzano di realizzare il vecchio sogno dei dirigenti di Damasco: annettere, in una forma o in un’altra, il Libano alla Siria. Dopo avere incoraggiato e organizzato massacri tra cristiani, come è accaduto nel Libano del Nord, nella speranza di ridurre l’ostacolo logorandolo dall’interno, hanno finito per togliersi la maschera e per impegnarsi in un confronto diretto con i cristiani del Libano. La sinistra internazionale ha tutto l’interesse ad annientare questo paese che ha rappresentato per tanto tempo il modello realizzato di una economia libera. La comunità cristiana ne costituisce il nocciolo e il legame vivente con il mondo occidentale. Essa costituisce quindi la vittima naturalmente designata alla vendetta di Mosca. Non vi è dubbio sul fatto che il naufragio del Libano porti con sé quello degli altri paesi arabi, che non sono ancora stati presi nell’orbita sovietica, come la Giordania, il Koweit e la stessa Arabia Saudita Purtroppo, gli strateghi dalla vista corta, che hanno nelle loro mani il destino del mondo libero, sono ben lontani dall’essersene accorti.

D. Il Libano, per molto tempo, ha tentato di organizzarsi in uno Stato multiconfessionale.
Questa esperienza è ancora possibile?
R. La popolazione è ripartita in diciassette comunità religiose diverse, ciascuna con il potere dilegiferare e di applicare le sue leggi attraverso propri tribunali. Ma la divisione è tra le comunitàislamiche da una parte e le comunità cristiane dall’altra, a causa delle differenze che le sul piano delle credenze, della cultura e dei costumi. Malgrado tutto, non si aveva esitato a organizzare i pubblici poteri nella forma di uno Stato unitario, centralizzatore e fortemente gerarchizzato, sul modello della Repubblica francese una e indivisibile. Un patto d’onore, elaborato al momento della indipendenza, nel 1943, dava ai maroniti – la comunità cristiana più importante – certe cariche fondamentali, tra cui la presidenza della Repubblica. Come contropartita, i cristiani rinunciavano alla protezione secolare dell’occidente e il Libano aderiva alla Lega Araba. Il sistema si è rivelato, in pratica, estremamente fragile. Per riassorbire le distorsioni della coesistenza, si viveva di espedienti, moltiplicando i compromessi, gli accomodamenti, le mezzemisure, e questo, sulla distanza, ha portato alla disintegrazione dello Stato. Forse, con il tempo,sarebbe stato possibile ridurre gli antagonismi, ma bisognava non dover fare i conti con la forte pressione dell’irredentismo delle comunità islamiche. Lo Stato fu fatto vacillare fino dalle prime scosse, quando, nel 1958, Nasser tentò di integrare il Libano nella RAU. Si sarebbe completamente sbriciolato nel corso della guerra libano-palestinese, dal momento che l’Islam libanese aveva, nel suo complesso, fatta propria la causa dei palestinesi. Un sistema meglio congegnato, basato su di un autentico federalismo delle comunità, sarebbe stato più solido? Continuiamo a crederlo. Bisogna tenere conto della mentalità e delle ideologie specifiche della zona. L’Islam è in grado di rinunciarealla fusione del temporale e dello spirituale, e di accettare la uguaglianza politica dei cittadini di uno stesso paese? È facile ricostituire sulle rive del Mediterraneo orientale la confederazione elvetica? Queste sono le difficoltà contro le quali urta la ricostituzione di uno Stato islamico-cristiano. Le stesse che sono parse insormontabili in Algeria, che hanno portato alla divisione dell’isola di Cipro, e che attualmente pongono difficili problemi nelle Filippine.

D. Come definisce il destino dei maroniti?
R. Il destino di un popolo si legge nel lento movimento della sua storia. Per cogliere bene quello deimaroniti, mi permetto di fare una breve retrospettiva della storia del Libano. Vi sono in propositodue correnti di opinione. La prima fa risalire le origini della nazione libanese a quel lungo periododell’antichità che ha visto svilupparsi sul litorale di questi paesi dell’Asia Minore le brillanti cittàfenice. Questa dottrina è fiorita presso gli umanisti, nel periodo tra le due guerre, permettendo in questo modo di spiegare il tracciato delle nuove frontiere del paese, che non erano più quelle delvecchio Governatorato del Libano dalla superficie più ridotta. Essa fornisce la sua legittimità storico-culturale allo Stato libanese multiconfessionale. A questo modo, i fenici di Tiro e di Sidone (città oggi a maggioranza musulmana) diventavano gli antenati comuni delle due grandi comunità.
Ma i fenici di Ugarit, che fu per altro una delle città più fiorenti della Fenicia, restavano nella eredità siriana: sincretismo semplicistico, come quello che faceva dei galli gli antenati di tutti i popoli delle colonie francesi, dalla Indocina alla Guadalupa. n realtà, questa concezione della storia del Libano trascura totalmente un fatto considerevole, che ha sconvolto tutti i dati socio-culturali del Medio Oriente dell’antichità e dei primi secoli cristiani, e cioè la conquista araba.
Ora, è innegabile che la esplosione dell’Islam abbia trasformato radicalmente il tessuto socio-politico della Zona. Da questo punto di vista il fenomeno maronita si inserisce come un costante rifiuto di integrazione (attraverso la conversione all’Islam) e di sottomissione allo Stato musulmano.
È la storia di una lunga resistenza segnata da spaventose persecuzioni.Una nazione è il prodotto di un lungo passato di sforzi e di sacrifici. Nel nostro caso, questi sforzi equesti sacrifici hanno portato alla secrezione della coscienza di un «noi» e di costumi e di tradizioni specifiche, di tutta una organizzazione della vita sociale con i suoi quadri, la sua gerarchia, i suoi ordini religiosi dotati di una grande vitalità, che hanno disseminato sulla montagna chiese econventi, i suoi poeti, i suoi artigiani, e oggi, i suoi medici, i suoi ingegneri, i suoi avvocati sparsi anche in tutta la penisola araba. È vero che la nazione maronita non si è mai affermata attraverso una espressione giuridica con gli attributi dello Stato-nazione così come lo si concepisce oggi. Ma accade raramente (si cita generalmente l’esempio francese) che Stato e nazione coincidano. Vi era certo una nazione irlandese in Gran Bretagna.
Di fatto, noi siamo sempre stati associati a un potere che emanava da un pluralismo comunitario. Fu così nel Libano degli emiri. Allora il principato era formato da popolazioni maronite e druse viventi in perfetta armonia (???). L’esperienza dello Stato libanese di oggi ne è un altro esempio.Noi non miriamo a conservare domani – come ci si accusa – uno Stato-nazione maronita. Cerchiamo una nuova forma di organizzazione statale, che sia in grado di garantire la nostra esistenza nazionale e la nostra libertà contro ogni tentativo di egemonia mirante a integrarci in un mondo arabo votato per essenza al totalitarismo. Non vogliamo perdere i valori di civiltà che i nostri antenati hanno conservato a prezzo di tanti sacrifici, che ci hanno lasciati in eredità, che difendiamo con accanimento, per la cui sopravvivenza migliaia dei nostri giovani sono morti da più di tre anni a questa parte. Il mondo occidentale (o quanto ne rimarrà) ci sarà un giorno grato diavergli mantenuti intatti, in mancanza di petrolio, questi stessi valori che ha in comune con noi e che fanno la grandezza dell’uomo.

D. Come vede i rapporti tra i cristiani del Libano e i paesi arabi?
R. I paesi arabi non devono misconoscere la specificità del Libano, che non è un paese arabo comegli altri. A differenza degli altri Stati della Lega, il Libano non appartiene a quella che si denomina la nazione araba, che è la incarnazione della Umma islamica, la «comunità dei credenti». I paesi arabi dovrebbero smettere di alimentare il sentimento di duplice appartenenza dei musulmani libanesi alla nazione araba, e il cittadino arabo – penso soprattutto al palestinese – dovrebbe smettere di considerare il Libano un territorio conquistato. Solo a questa duplice condizione lo Stato libanese potrà esercitare la sua sovranità su tutto il suo territorio, senza entrare necessariamente in conflitto con questo o quello dei suoi vicini. Insomma, tenuto conto della nostra specificità, gli Stati arabi dovrebbero imparare a rispettare la indipendenza del Libano.
Tutto questo non rischia assolutamente di servire male i loro interessi bene intesi, al contrario... È abbastanza noto che la lingua araba è stata riportata alla luce nei conventi della montagna libanese, dove entrò in funzione la prima stamperia in caratteri arabi. Nello stesso luogo sono stati formati i quadri che hanno scoperto i tesori culturali del mondo islamico, e da lì è partita la scintilla della rivolta araba contro l’Impero Ottomano.
Nell’interesse del mondo arabo, il Libano dovrà rimanere quella finestra aperta sull’Occidente che è sempre stato. Non è interesse di nessuno che sia chiusa.

D. Come immagina i rapporti tra il Libano e Israele?
R. I dirigenti libanesi cristiani hanno giocato onestamente il gioco della coesistenza, consacrato dal patto del 1943, e, così facendo, hanno sempre preso partito per la causa degli arabi contro Israele. È vero che il Libano ha evitato di impegnarsi nei confronti militari con lo Stato ebraico, ma non è mai venuto meno a un impegno arabo sul piano politico, diplomatico ed economico.Oggi, tuttavia, non rimane più gran cosa del patto del 1943, e neppure della solidarietà araba difronte a Israele. Inoltre, i dati prevalenti prima della guerra libano-palestinese sono completamentecambiati. Il Libano esangue aspira a una cosa sola: avere la pace.

D. Crede che la crisi libanese sia legata alla soluzione del conflitto medio-orientale?
R. Non vi è ombra di dubbio. Basta osservare il sincronismo dei combattimenti con l’andare e venire dei negoziatori americani e degli incontri israelo-egiziani. I primi scontri, nell’aprile del ‘75, hanno fatto seguito immediatamente al disimpegno sul Sinai. Oggi si sa con certezza che la guerra tra i cristiani del Libano e i palestinesi mirava a facilitare la integrazione di questi ultimi, assicurando preventivamente lo stabilirsi in Libano di un potere musulmano. Gli americani ne furono glio peratori. La politica delle grandi potenze è spesso consistita nel risolvere i problemi spinosi alla meno peggio. Oggi, da quando il coraggio ha abbandonato le grandi democrazie occidentali, come ha detto Solgenitsin, a farne le spese sono le piccole nazioni. Da questo i numerosi focolai di incendi male spenti in tutto il mondo. Per risolvere un problema, se ne crea un altro. Rimandando ininterrottamente le sedute, si finge di avere raggiunti risultati per il tempo necessario per ottenere un successo in politica interna sulla parte avversaria, in questo permanente confronto elettorale che mina le democrazie. Ma, ci si ricordi di Monaco ...

D. Che ne è degli attuali scontri con la Siria?
R. Il piano di cui vi ho parlato sembra sia stato riveduto e corretto. La Siria ha attualmente l’incarico di portarlo a termine. Si pensa che una pax syriana riassorbirebbe tutti gli antagonismi che siaffrontano sulla scena libanese. La Siria otterrebbe nello stesso tempo compensi territoriali, e così potrebbe presentarsi a testa alta (forte dei massacri dei cristiani) al tavolo nei negoziati.Ma, in politica, come dice Jules Monnerot, tra l’idea e la sua esecuzione ve ne corre. Si dimentica che la Siria, malgrado tutte le apparenze, è uno Stato fragile, sottoposto a costanti pressioni centrifughe, e che il potere esercitato dagli alauiti, che sono in minoranza, tiene solamente grazie a una notevole organizzazione poliziesca. D’altra parte le truppe impegnate nei combattimenti sono quasi tutte comandate da ufficiali alauiti. Spesso gli ufficiali sunniti li criticano apertamente, perché la loro brutalità «rischia di sporcare l’immagine della Siria nel mondo». Del resto, è difficile immaginare che il potere attuale, il cui sostegno popolare è estremamente ridotto, possa avventurarsi un giorno in negoziati con Israele. Per questa ragione il governo siriano si è prudentemente schierato fra i paesi del «fronte della fermezza», e si sforza di rifarsi una buona coscienza araba con questa guerra che ha intrapreso contro i cristiani libanesi.

D. Qual è, a suo modo di vedere, la soluzione del problema palestinese?
R. Si dice correntemente che la pace nella zona passa attraverso la soluzione del problema palestinese. Ma si tratta di un falso problema: gli abitanti arabi dei territori un tempo designati con il nome di Palestina avevano per la maggior parte venduto o abbandonato le loro terre agli israeliani. Per queste popolazioni, di cui una parte era ancora nomade al momento dell’esodo, e l’altra appena uscita dal nomadismo, la nozione di patria, di «terra dei padri», non aveva un grande significato. In ogni caso, è assolutamente certo che non si erano mai radicati in un suolo considerato come l’eredità di un insieme di valori sostenuti dai loro antenati. D’altra parte, proprio per questa ragione nessuno parla e nessuno ha mai parlato di una nazione palestinese. Si parla molto semplicemente di popolo palestinese. Un altro fatto significativo in proposito è che queste stesse popolazioni, delle quali una grande parte ha trovato rifugio nel nostro paese, hanno tentato e tentano ancora di stabilirsi in modo definitivo sul nostro suolo. Non avendo né tradizioni né morale, si sono accaniti nel trasformare questo paese, che li aveva generosamente accolti, in terra bruciata. Ma, contrariamente a quanto pensano certi strateghi dalla vista corta, la integrazione nel Libano dei profughi palestinesi non basta a risolvere il conflitto medio-orientale. Le sue radici sono molto più profonde di quanto sembri. Esse giungono alla famosa Questione d’oriente, problema millenario relativo alla ripartizione della eredità di Abramo tra i seguaci delle tre grandi religioni monoteistiche. Non lo si è percepito nel famoso discorso del presidente Sadat alla Knesset. Ma è dubbio che il mondo ateizzato e positivista d’occidente sia in grado di coglierne la vera portata.

D. Si tratta di un conflitto «tra profeti». La pace definitiva in Medio Oriente non è quindiimmaginabile domani?...
R. Le grandi potenze cercano veramente di stabilirla? ... Di fatto, gli arabi non reclamano tanto che i palestinesi recuperino la loro terra (???). Le nuove generazioni, nate in esilio, non sanno cosa farsene. Si tratta soprattutto ed essenzialmente di cacciare l’israeliano per rendere questa terra all’arabismo. Èstato detto abbondantemente, e non si smette di ripeterlo: «la causa palestinese si confonde con la causa araba». Questo non significa altro che i palestinesi servono come punta di lancia alla nazione araba, la Umma del profeta, che ha la missione di portare la «vera» religione fino ai confini del mondo, e nell’attesa, di conservare almeno le acquisizioni territoriali dell’Islam. Ora, la terra palestinese è una delle sue gemme. Per questa ragione Israele è e sarà sempre considerato come un elemento estraneo, che bisogna strappare dal corpo dell’Islam a ogni costo. È accaduto los tesso, in altri tempi, per il regno di Gerusalemme. Non si può ammettere che degli «infedeli» esercitino la sia pure minima porzione di potere su dei «credenti». Tutto questo è naturale, dal momento che questo potere è un dono di Allah, regolamentato dal Corano e dalla Sunna. Forse èpossibile che gli arabi accettino di venire a qualche accomodamento con Israele. Ma non potrà che essere provvisorio. «Non chiedete la pace quando avete la superiorità», si dice tra gli arabi. Questo accomodamento durerà il tempo necessario perché la congiuntura politica e militare sia modificataa favore degli arabi. La parola pace non ha lo stesso significato da una parte e dall’altra delMediterraneo. Le cose stanno proprio così. Da noi, come in Africa, siccome le frontiere coloniali non sono state riviste, le guerre locali si moltiplicano, mentre le grandi potenze, che talora attizzano il fuoco, e talora si sforzano dispegnerlo, non hanno il coraggio di venire alle soluzioni radicali. Qualcuno non ha forse detto che la terza guerra mondiale è già cominciata? ...

D. La si definisce un nazionalista libanese. Pensa che l’avvenire sia ancora propizio alla affermazione delle identità nazionali?
R. Il nazionalismo è il principio che ha corroso il concetto di nazione. Si sa quanto il principio di nazionalità sia stato nefasto per il mondo. Anche noi siamo vittime del nazionalismo arabo. Sì, siamo consapevoli di essere i depositari di una eredità. Il suo valore è soprattutto di ordine culturale. Pio XII diceva che la vita nazionale è qualcosa di non politico. Che cosa vi è di più legittimo della difesa della propria libertà culturale? Lo facciamo senza essere animati da uno spirito di dominio, e neppure sciovinista, e restando aperti al mondo che ci circonda, anche se ci è, come in questo momento, ostile. Dopo tre anni di guerra sentiamo di meritare ancora a maggior ragione questo patrimonio che abbiamo rischiato di perdere. È anacronistico morire perché si vuole rimanere liberi? Gli insegnamenti dell’occidente li abbiamo sempre accolti con molta attenzione e con molto profitto. Nella grave crisi morale che esso oggi attraversa, ci sia permesso di ricordargli,con l’esempio di questi giovani che muoiono volgendo le spalle al mare, il senso del coraggio e della dignità.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » mar feb 26, 2019 10:51 pm

Terrorismo, La Gran Bretagna mette fuori legge Hezbollah
emanuele bonini
2019/02/25

https://www.lastampa.it/2019/02/25/este ... agina.html

Il Parlamento britannico si appresta a mettere fuori legge Hezbollah, il movimento sciita libanese acerrimo nemico di Israele e appoggiato dall’Iran. Il voto è previsto venerdì e la mozione vuole includere anche l’ala politica del «Partito di Dio» fra le organizzazioni terroristiche. L’ala militare è già inclusa nella lista nera dalla maggior parte degli Stati europei e dagli Stati Uniti d’America. Nel Regno unito parti dell’organizzazione sono state bandite nel 2001 e l’ala militare nel 2008.

Il governo britannico sostiene che però adesso è impossibile «distinguere fra l’ala militare e quella politica». Hezbollah, assieme agli alleati sciiti, ha ottenuto un buon risultato alle elezioni dello scorso maggio e ha ottenuto tre ministri nel nuovo governo libanese, appena formato sotto la guida del premier sunnita Saad Hariri. Gli sciiti in Libano sono almeno il 35 per cento della popolazione e hanno conquistato una influenza crescente, soprattutto dopo l’ultima guerra con Israele, nell’estate del 2006, che si è conclusa con il ritiro delle forze israeliane e una vittoria «tattica» dei miliziani.

Se la legge verrà approvata, i sostenitori di Hezbollah rischieranno in Gran Bretagna fino a 10 anni di carcere. Il ministro dell’Interno Sajid Javid ha spiegato di voler mettere al bando il movimento per i suoi «continui tentativi di destabilizzare la fragile situazione in Medio Oriente». La decisione arriva dopo la Conferenza di Varsavia, organizzata dagli Stati Uniti per allertare gli alleati europei e arabi sulla pericolosità dell’Iran e delle milizie sciite alleate in Medio Oriente. La decisione britannica segna un punto a favore di Washington e di Israele, che ha partecipato al summit e rinsaldato i legami con i Paesi arabi sunniti anti-Teheran. Il governo israeliano «si è felicitato» della decisione di Londra.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » ven apr 26, 2019 10:44 pm

Lo choc demografico, la guerra e la diaspora dei cristiani
Ven, 26/04/2019

http://www.ilgiornale.it/news/choc-demo ... 84816.html

L'ultimo censimento ufficiale risale al 1932 a causa della grande «sensibilità» dei libanesi nei confronti dei rapporti numerici fra le varie fedi religiose.

Nuovi dati, infatti, spingerebbero a cambiare la costituzione e i rapporti di forza politici.
Nel 1932, il 56% della popolazione era cristiana (32% maroniti, 6% greco-cattolici, 4% armeno-cattolici, 2% cattolici latini, 10% greco-ortodossi, 2% protestanti e altri) e il 44% musulmana (15% sunniti, 22% sciiti, 7% drusi). Mentre un tempo i cristiani erano la maggioranza, oggi i musulmani, dopo la migrazione palestinese (dal 1948 al Settembre nero del 1970), sono all'incirca il 60% della popolazione. Lo choc demografico e religioso ha scatenato una guerra civile nel 1975, durata quindici anni, che ha visto su un fronte i cristiani maroniti e sull'altro i palestinesi alleati con i musulmani sunniti, sciiti e drusi.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » mar lug 23, 2019 9:15 pm

Il destino del Libano appeso agli eventi del Golfo. E l’Europa ancora tace
Sarah G. Frankl·
Luglio 22, 2019·

https://www.rightsreporter.org/il-desti ... TyNwvQPy0o

Il destino del Libano appeso agli eventi del Golfo. È questo che emerge da una serie di rapporti giornalistici e soprattutto della intelligence israeliana.

«Il Libano è ostaggio di Hezbollah e dell’Iran» ci dice una funzionario libanese che vuole rimanere anonimo.

«I leader del Partito di Dio non fanno mistero che se dovesse scoppiare una guerra nel Golfo tra Iran e Stati Uniti non esiteranno un attimo ad obbedire agli ordini di Teheran e attaccheranno Israele» continua il funzionario.

«Lo dicono così apertamente che il fatto è sconvolgente perché questo vorrebbe dire trascinare il Libano in una guerra che sarà devastante per il Paese».

Poi aggiunge: «la maggioranza dei libanesi non vuole una guerra con Israele per conto dell’Iran, la giudica un suicidio e soprattutto non è disposta a sacrificare il Paese per fare un favore agli Ayatollah» conclude.

Questa volta spareremo il primo colpo

Purtroppo i timori del funzionario libanese sono più che giustificati. In una intervista al quotidiano Daily Beast alcuni ufficiali di Hezbollah hanno ammesso che il Partito di Dio si sta organizzando per un attacco a Israele nel caso da Teheran lo richiedessero. «Questa volta spareremo il primo colpo» ha detto un ufficiale di Hezbollah al quotidiano americano.

L’intelligence israeliana conferma che i miliziani di Hezbollah si stanno posizionando lungo il confine tra Libano e Israele e sulle Alture del Golan nonostante qualche giorno fa avevano fatto intendere che stavano abbandonando la Siria.

Sono decine e decine i depositi di armi e missili individuati dalla intelligence israeliana nel sud del Libano dove, per altro, è ancora in piedi l’inutile missione di UNIFIL che in caso di guerra rischia di trasformarsi in uno scudo umano per i terroristi. Tra questi depositi vi sono moltissime abitazioni civili e persino scuole.
Lo strano silenzio europeo

Quello che stupisce il funzionario libanese non è solo la franchezza con la quale Hezbollah ammette di essere pronto a dare il via alla guerra se richiesto da Teheran, è rimasto stupito dall’indifferenza dell’Europa di fronte a un rischio così grave per il Libano.

«Qualche giorno fa funzionari libanesi e israeliani si sono incontrati, con la mediazione europea, per stabilire i confini marittimi tra i due Paesi» ci dice il funzionario libanese. «Eppure, sebbene ne avessero la possibilità, da Bruxelles non è stata spesa nemmeno una parola sul gravissimo rischio che incombe sul Libano, come se le parole di Hezbollah non fossero mai state pronunciate».

«Se fosse davvero Hezbollah a sparare il primo colpo contro Israele gli israeliani avrebbero tutte le ragioni di reagire attaccando il Libano» continua il funzionario. «Eppure questo non sembra impensierire gli europei, molto più attenti a non rovinare il business con l’Iran che al destino del Libano».

«Mi aspettavo qualcosa dagli europei, magari un dura presa di posizione contro Hezbollah che rischia di trascinare il Libano in una guerra devastante che ci metterebbe in ginocchio. Invece niente, come se fosse tutto uno scherzo».

E noi aggiungiamo che oltre al silenzio europeo c’è anche quello di UNIFIL (e quindi dell’ONU) a destare stupore.

Eppure UNIFIL è nel sud del Libano proprio per evitare una guerra tra Israele ed Hezbollah, o almeno così dovrebbe essere, anche se sappiamo che è proprio grazie alla presenza di UNIFIL che il Partito di Dio ha potuto riarmarsi pesantemente.

«Il destino del Libano dipende da quello che succederà a migliaia di chilometri, nelle acque del Golfo Persico» dice ancora il funzionario libanese.

«Questo è frustrante perché ci fa rendere conto della nostra impotenza, ci fa rendere conto che noi non possiamo fare nulla per incidere sul futuro del nostro Paese».
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » gio lug 25, 2019 6:36 am

La "morte lenta" dei palestinesi in Libano
Khaled Abu Toameh
24 luglio 2019

https://it.gatestoneinstitute.org/14593 ... esi-libano

In qualche modo, i provvedimenti discriminatori e razzisti adottati dal Libano nei confronti dei palestinesi non sembrano disturbare i gruppi pro-palestinesi in tutto il mondo. Questi gruppi fingono regolarmente di non vedere le sofferenze dei palestinesi che vivono nei paesi arabi. Piuttosto, focalizzano la loro attenzione su Israele, osservandolo e criticandolo per abusi immaginari contro i palestinesi.

Più di centomila palestinesi cisgiordani sono autorizzati a lavorare in Israele, secondo fonti palestinesi e israeliane. Inoltre, le fonti riferiscono che migliaia di palestinesi entrano ogni giorno in Israele senza permessi.

Il 15 luglio, il numero dei lavoratori palestinesi che sono entrati in Israele, secondo il ministero della Difesa israeliano, ammontava a più di 80 mila.

La scorsa settimana, nell'ambito dei tentativi di raggiungere un accordo di tregua tra Israele e Hamas, secondo quanto riportato, Israele avrebbe deciso di incrementare il numero dei commercianti e degli imprenditori palestinesi della Striscia di Gaza autorizzati a entrare in Israele, portandolo da 3.500 a 5.000.

I media riferiscono che l'ultimo gesto israeliano è stato il risultato di tentativi compiuti dall'Egitto e dalle Nazioni Unite di impedire un confronto militare a tutto campo tra Israele e Hamas.

Mentre Israele aumenta costantemente il numero dei permessi di lavoro per i palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, il Libano, al contrario, ha avviato un giro di vite senza precedenti sui lavoratori stranieri irregolari, compresi i palestinesi, innescando così un'ondata di proteste tra i palestinesi residenti lì.

Le autorità libanesi affermano che la repressione nei confronti dei lavoratori stranieri illegali è rivolta principalmente contro i siriani fuggiti in Libano dopo l'inizio della guerra civile in Siria, nel 2011. Nell'ambito di questa campagna contro i lavoratori irregolari, molte imprese sono state chiuse e molti lavoratori palestinesi e siriani sono stati licenziati.

Il ministro libanese del Lavoro Kamil Abu Sulieman ha smentito le accuse secondo cui la campagna sarebbe stata organizzata come una "cospirazione" contro i 450 mila palestinesi presenti nel suo paese. "Il piano per contrastare il lavoro nero è stato realizzato diversi mesi fa e non riguarda i palestinesi", ha dichiarato Abu Sulieman. "In Libano, esiste una legge sul lavoro, e noi dobbiamo decidere di applicarla. Abbiamo dato un preavviso di sei mesi a tutti i lavoratori e alle imprese irregolari per chiedere i permessi necessari".

Il ministro libanese ha ammesso, tuttavia, che a seguito della campagna contro i lavoratori illegali, alcune attività palestinesi sono state chiuse.

I palestinesi hanno respinto le affermazioni del ministro. Hanno invece avviato una serie di proteste in diverse parti del Libano contro il giro di vite nei confronti dei lavoratori stranieri irregolari. I manifestanti hanno bruciato pneumatici all'ingresso di un certo numero di campi profughi, e alcuni funzionari e fazioni palestinesi, stigmatizzando la campagna, hanno chiesto alle autorità libanesi di sospendere le misure prese contro gli imprenditori e i lavoratori palestinesi.

"I provvedimenti libanesi danneggiano i palestinesi", ha dichiarato Ali Faisal, membro del Fronte democratico per la liberazione della Palestina (FDLP). Faisal ha esortato le autorità libanesi a revocare le loro misure contro i palestinesi e ha rilevato che il contributo palestinese alla crescita economica è stimato all'11 per cento. Il funzionario del FDLP ha altresì osservato che, "con vari pretesti", ai palestinesi che vivono in Libano è stato legalmente precluso di svolgere diverse professioni.

La legge libanese limita le capacità dei palestinesi di svolgere diverse professioni, tra cui quelle di medico, avvocato e ingegnere, e impedisce loro di ricevere prestazioni sociali. Nel 2001, il parlamento libanese ha approvato inoltre una legge che vieta ai palestinesi di acquisire giuridicamente proprietà immobiliari.

Secondo quanto riportato nei media arabi, le proteste palestinesi potrebbero segnare l'inizio di una "Intifada" [sollevazione] palestinese contro il Libano. I media affermano che ad ogni modo i palestinesi hanno difficoltà a ottenere permessi di lavoro dalle autorità libanesi.

"Il tasso di disoccupazione tra i palestinesi in Libano è molto alto", ha detto l'imprenditore palestinese Ziad Aref. "Abbiamo il diritto di adoperarci per risolvere questo problema. La nuova campagna delle autorità libanesi lascerà senza lavoro migliaia di palestinesi e aggraverà la crisi finanziaria".

Secondo Aref, il tasso di disoccupazione tra i palestinesi in Libano è stimato al 56 per cento. Aref ha inoltre ammonito i leader palestinesi per non essersi occupati delle difficoltà dei lavoratori e degli imprenditori palestinesi presenti in Libano.

I leader palestinesi in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e in Libano dicono di essere quotidianamente in contatto con le autorità palestinesi, nel tentativo di porre fine alla repressione perpetrata contro i lavoratori palestinesi.

Azzam al-Ahmed, un alto funzionario dell'OLP che è responsabile del "portfolio palestinese" in Libano, ha espresso profonda preoccupazione per la campagna libanese contro i lavoratori stranieri irregolari. Ha asserito di aver contattato diversi funzionari libanesi per ammonirli di non ledere alcun palestinese.

Hamas, da parte sua, ha accusato le autorità libanesi di esercitare una politica di "morte lenta" contro i palestinesi in Libano. Hamas ha detto in una dichiarazione che la campagna libanese contro i lavoratori e le imprese irregolari sembra far parte di una "cospirazione per liquidare i diritti dei profughi palestinesi. Non accetteremo alcuna minaccia alla vita e al futuro dei profughi palestinesi in Libano e contrasteremo la politica della morte lenta".

Le misure prese dalle autorità nei confronti dei palestinesi evidenziano ancora una volta le discriminazioni subite dai palestinesi in questo paese arabo. "I palestinesi in Libano", secondo un report del 2017 dell'Associated Press, "sono vittime di discriminazioni in quasi ogni ambito della vita quotidiana. (...) Molti vivono in insediamenti riconosciuti ufficialmente come campi profughi, ma meglio descritti come veri e propri ghetti circondati da posti di blocco e, in alcuni casi, cinti da muri e da filo spinato".

"La discriminazione e l'emarginazione subita [dai palestinesi] sono aggravate dalle restrizioni cui devono far fronte nel mercato del lavoro e che contribuiscono a creare livelli elevati di disoccupazione, bassi salari e pessime condizioni di lavoro", secondo un rapporto delle Nazioni Unite. "Fino al 2005, ai palestinesi erano state precluse più di 70 professioni – e ancora oggi ne sono loro vietate una ventina. La povertà risultante è esacerbata dalle restrizioni imposte al loro accesso all'istruzione pubblica e ai servizi sociali".

Eppure, in qualche modo, i provvedimenti discriminatori e razzisti adottati dal Libano nei confronti dei palestinesi non sembrano disturbare i gruppi pro-palestinesi in tutto il mondo. Questi gruppi fingono regolarmente di non vedere le sofferenze dei palestinesi che vivono nei paesi arabi. Piuttosto, focalizzano la loro attenzione su Israele, osservandolo e criticandolo per abusi immaginari contro i palestinesi.

È ora che i gruppi pro-palestinesi presenti nei campus universitari di Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Australia organizzino una "settimana dell'apartheid araba" anziché accusare Israele di "discriminare" i palestinesi. È anche tempo che i media internazionali prendano atto che le misure antipalestinesi sono state adottate dal Libano in un momento in cui Israele incrementa il numero dei palestinesi autorizzati a entrare in Israele per lavoro.

Chi risponderà alle seguenti domande: Perché le Nazioni Unite e altre istituzioni internazionali restano in silenzio quando i palestinesi vengono cacciati dal lavoro in un paese arabo, mentre più di centomila palestinesi entrano quotidianamente in Israele per lavoro? Assisteremo a una riunione di emergenza della Lega Araba o del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per denunciare l'apartheid libanese e il razzismo? Oppure sono troppo impegnati a redigere risoluzioni di condanna nei confronti di Israele, che ha aperto le sue porte ai lavoratori palestinesi?

Khaled Abu Toameh è un pluripremiato giornalista che vive a Gerusalemme. È Shillman Journalism Fellow al Gatestone Institute.



Alberto Pento
L'autore di questo articolo sbaglia a dire che il Libano è un paese arabo.
E i provvedimenti prresi dai libanesi contro i palestinesi profughi e invasori sono solo legittima difesa di un paese prevalentemente cristiano contro de profughi-invasori maomettani senza rispetto che attentano all'integrità politica del Libano e alla sicurezza dei cristiani e che più volte nel passato hanno creato grossi problemi al Libano come gli hanno creati all'Egitto e alla Gordania (vedasi Settembre Nero https://it.wikipedia.org/wiki/Settembre ... nizzazione) ).



Liban
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