Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » sab mag 12, 2018 2:33 pm

Libano sull'orlo del caos Soldati italiani in trincea
Fausto Biloslavo
Mer, 09/05/2018
Per arginare gli scontri con Hezbollah

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 24078.html

La guerra che verrà, fra Israele e Iran, rischia di scoppiare su diversi campi di battaglia a cominciare dal Libano, dove 1100 caschi blu italiani si troverebbero fra due fuochi.

Dopo le parlamentari di domenica, l'esercito è schierato a Beirut per fermare sul nascere gli scontri fra sostenitori sciiti di Hezbollah e i fan sunniti del premier uscente Saad Hariri. I primi cantano vittoria per aver ottenuto con gli alleati, compreso il partito cristiano dell'ex generale Michel Aoun, la maggioranza dei seggi (67 su 128). I sunniti si leccano le ferite per la perdita di un terzo dei voti nonostante l'appoggio saudita.

L'annuncio di rottura sul nucleare iraniano del presidente americano, Donald Trump, rischia di dar fuoco alle polveri. Non è un caso che ieri, prima dell'ardita decisione della Casa Bianca, uno dei principali consiglieri per la politica estera dell'ayatollah Ali Khamenei, la Guida suprema iraniana, ha sottolineato il successo elettorale del blocco sciita in Libano. «Una grande vittoria complementare ad altre vittorie della nazione libanese contro Israele» ha dichiarato Ali Akbar Velayati. E sottolineato che la conquista della maggioranza dei seggi assieme agli alleati cristiani è avvenuta «nonostante gli enormi sforzi dei sauditi e dei sionisti per far deragliare le elezioni». In realtà l'affermazione del blocco sciita non è così netta e grazie al sistema proporzionale gli schieramenti sono costretti al compromesso. Però il blocco filo occidentale del premier Hariri si è molto indebolito rispetto ai rivali sciiti legati a Teheran.

Il consigliere iraniano Velayati alla fine ha osservato che «la vittoria di Hezbollah rafforzerà il movimento di resistenza contro Israele nella regione e in Siria». Una specie di annuncio della guerra che verrà sulla falsariga di quella del 2006, che ha sconvolto il paese dei cedri. Hezbollah lanciava una pioggia di missili su Israele, solo in parte intercettati e le forze armate dello Stato ebraico martellavano, soprattutto con l'aviazione le postazioni del partito di Dio in tutto il Libano compresa Beirut. E per fortuna la confinante Siria non era ancora sconvolta dalla guerra civile come oggi con l'intervento di Hezbollah e Pasdaran iraniani al fianco del regime di Assad.

In mezzo, senza alcuna reale capacità di fermare le ostilità, i caschi blu dell'Onu che dal '78 sono dispiegati nel sud del Libano come forza di cuscinetto. Della missione Unifil fa parte anche l'Italia con 1100 uomini, uno dei contingenti più numerosi, comandati dal generale Paolo Fabbri. Da aprile l'operazione Leonte si basa sulla brigata alpina Julia, ma sono schierati anche forze specialistiche come il 7° Reggimento Nbc di Civitavecchia. Nel sud del Libano operano pure i paracadutisti dell'8° Reggimento Genio Guastatori di Legnago.

Se il braccio di ferro fra Israele e Iran portasse alla guerra, i soldati italiani dell'Onu sarebbero i primi a subirne le conseguenze. Hezbollah ha costruito un dedalo di bunker sotterranei nel sud del Libano e Israele presidia pesantemente il confine nord con il paese dei cedri. Come nei conflitti precedenti i caschi blu finirebbero fra due fuochi senza alcun possibilità di fermare i contendenti.
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Messaggioda Berto » sab mag 12, 2018 2:38 pm

MISSIONE IN UN PAESE CHE NON ESISTE PIU'
di EDGARDO BARTOLI
1985/05/25

http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... siste.html

IL linguaggio diplomatico è esaurito, nessuno pronuncia più frasi di convenzionale speranza sul futuro del Libano: sulla necessità di ripristinare la sua sovranità nazionale, di riappacificare le fazioni in lotta, di modificarne la costituzione per garantire un nuovo equilibrio sociale e politico. Sul Libano, si sono esaurite le idee: nessuno ha più piani da proporre, mediazioni da offrire, proposte da avanzare, iniziative da intraprendere, amici da far intervenire. Tutti i tentativi di puntellare il paese, o almeno la sua facciata, sono falliti; tutte le speranze di tenerlo in vita artificialmente si sono dimostrate vane. Il Libano non esiste più, ed è rimasto solo nei momenti estremi della sua agonia. Il viaggio del ministro degli Esteri italiano a Beirut e a Damasco, nella sua funzione di presidente di turno della Comunità europea, è un atto responsabile e doveroso che risponde a una politica estera, italiana e europea, attiva, attenta, consapevole di nuovi doveri a carattere continentale e mondiale dei quali essa è titolare. Non è un ennesimo atto di infermeria diplomatica, o non soltanto quello; è, più che un estremo soccorso al Libano che non c' è più, una presa di contatto con una realtà mediorientale che la scomparsa del Libano ha profondamente alterato. Neanche il ministro Andreotti possiede la ricetta per risuscitare un paese scomparso fra le rovine di dieci anni di guerra civile, ma di sicuro ha in mente alcune precauzioni perchè il processo di decomposizione del Libano non infetti l' intera area, geograficamente così vicina all' Europa, politicamente così vicina a Washington e a Mosca. E intanto la guerra continua, se guerra si può chiamare la rigorosa sequenza di massacri che Le Monde ha definito "un delirio di natura logica", guidato dall' inflessibile coerenza che presiede a ogni forma di paranoia (e si può aggiungere: l' unico elemento logico in un mondo che dalla logica e dalla coerenza rifugge per istinto, ravvisando in esse limiti artificiali imposti alla fantasia, all' astuzia, alla provvidenziale ambiguità della realtà stessa, maestra di spietatezza e d' insincerità). ORA, le ultime retroguardie israeliane che si apprestano a rientrare nei confini nazionali con tutta la celerità consentita dalla decenza, chiudono dopo tre anni l' ultima fase del processo "logico" che ha portato, appunto, all' estinzione del Libano. Quale imprevisto, quale colpo di scena, quale fatalità si è infatti avverata da quel giugno 1982 quando l' esercito di Gerusalemme intraprese l' operazione "pace in Galilea", vale a dire l' invasione del Libano, spostando il corso naturale e prevedibile degli eventi? Nessuno. Israele entrò in Libano per scacciarne i palestinesi dell' Olp, allora compattamente fedeli ad Arafat, che avevano occupato militarmente il paese facendone il proprio bastione e il proprio stesso Stato su territorio altrui. Vi entrarono con la tacita tolleranza della Siria, che già nel ' 76 aveva vigorosamente intrapreso lo sterminio dei palestinesi di Tal El Zaatar (Beirut). E perchè mai questo odio siriano per i palestinesi, anch' essi nemici di Israele? Semplicemente perchè la Siria, mirando a impossessarsi del Libano, doveva innanzi tutto scacciarne coloro che se ne erano impossessati prima di lei. E in questo senso il nemico israeliano poteva diventare momentaneamente un alleato di fatto. Così, gli israeliani arrivarono fino a Beirut, indisturbati dai siriani, accolti a braccia aperte dai falangisti, salutati con benevola neutralità anche dalla maggior parte della popolazione sciita, particolarmente densa nel Sud, particolarmente povera nella capitale, e da una parte e dall' altra ostile agli "occupanti" palestinesi. Gli sciiti, va ricordato, nonostante rappresentassero la maggioranza etnica del Libano, non possedevano allora nè un fucile nè un embrione di organizzazione politica. Dopo tre mesi di assedio, i guerriglieri dell' Olp furono costretti a lasciare Beirut (settembre ' 82). Gli israeliani si ritirarono a loro volta dalla capitale libanese all' indomani del massacro nei campi palestinesi di Sabra e Chatila. Ma il loro ritiro era comunque previsto. Non così quello dell' anno successivo (settembre ' 83) dallo Chuf, la regione montuosa intorno a Beirut, patria e fortezza dei drusi di Walid Jumblatt: anche loro animati da qualche spirito amichevole verso Israele, seppure armati di tutto punto dalla Siria, che li usava come pedina contro il governo Gemayel. Oltre al comune nemico palestinese, insomma, Siria e Israele condividevano il comune amico druso. La ritirata israeliana scatenò la cosiddetta "guerra della montagna", con i drusi che cercavano lo sbocco al mare a spese delle comunità cristiane e musulmano-sunnite; alla quale si aggiunse ben presto la "battaglia di Tripoli", che si concluse con la cacciata di Arafat e dei suoi dalla città dove essi avevano ripiantato le tende tolte da Beirut, ad opera dei siriani e della frazione dissidente dell' Olp consegnatasi a Damasco; tutto ciò mentre le plebi urbane sciite, accalcate nella periferia meridionale di Beirut, cominciavano ad armarsi, a organizzarsi, a reclamare i propri diritti politico-territoriali, e a venarsi di componenti estremistiche d' ispirazione khomeinista: per intendersi, quelle che compirono la strage di marines americani e di soldati francesi nell' ottobre ' 83. Sta di fatto che gli israeliani hanno sempre causato i maggiori guai in Libano ritirandosi piuttosto che avanzando; e c' è ragione di supporre che per ciò la Siria abbia costantemente tenute aperte per loro sia la porta d' entrata sia quella d' uscita dal paese. Damasco ha guadagnato qualcosa ogni volta che essi hanno varcato l' una o l' altra. Così è accaduto nella Beirut consegnata dagli israeliani a Gemayel: dopo l' insurrezione musulmana del febbraio ' 84, che portò al ritiro della forza multinazionale, Gemayel fu costretto ad abrogare il trattato stipulato con Israele nel maggio precedente, e a offrire i propri servigi a Damasco. COSI' è accaduto, nel febbraio scorso, con l' abbandono di Sidone, prima tappa della ritirata israeliana dal Libano; al quale è seguito il massacro dei cristiani da parte dei drusi, che si vendicavano così della tentata conquista di Sidone (città peraltro sunnita) da parte dei falangisti, che al tempo stesso si erano ribellati al governo di Gemayel... Una sola linea continua e coerente è riconoscibile in questi ultimi tre anni di vicende libanesi: quella del progressivo indebolimento delle forze sia cristiano-maronite sia musulmano-sunnite, e del parallelo rafforzamento degli sciiti, divenuti nel frattempo l' elemento predominante sulla scena libanese. Degli sciiti e dei drusi: i quali ultimi, ottenuto lo sbocco al mare a spese delle comunità cristiane della costa, rappresentano l' elemento più compatto al quale la Siria possa fare riferimento. Nessuna sorpresa, dunque, se le milizie sciite che stanno perfezionando il massacro nei campi palestinesi di Beirut, agiscono col consenso siriano, e se accanto ad esse ci sia la VI brigata dell' Armèe, composta sì di sciiti (tutte le unità sono formate su base confessionale) ma pur sempre parte dell' esercito regolare di Gemayel. L' unica sorpresa possibile sta nel fatto che i dissidenti filo-siriani dell' Olp, che nell' 83 a Tripoli usarono contro i palestinesi di Arafat i cannoni che Damasco aveva loro regalato, oggi usino quegli stessi cannoni in difesa dei palestinesi di Arafat aggrediti dagli sciiti protetti da Damasco. Ma da dove sparano oggi quei cannoni? Dallo Chouf, appunto. C' è dunque da presumere che sparino con il più o meno esplicito consenso della Siria: la quale potrebbe aver scelto questo modo per avvertire i suoi protetti sciiti: ammazzate pure tutti i palestinesi che volete, ma non crediate di poter andare oltre. Il corpo di quello che fu il Libano appartiene alla Siria. La Siria ha vinto la partita, del tutto regolamentare, ingaggiata con Israele sulla divisione delle spoglie.
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Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » sab mag 12, 2018 2:39 pm

L’ultimo baluardo dell’Iran si chiama Hezbollah e in Libano ha trionfato
Gabriele Ciulli
Di Graziano Davoli
2018/05/11

http://blu-lab.net/2018/05/11/lultimo-b ... -trionfato

“I risultati delle elezioni libanesi rafforzano quello che da un po’di tempo è il nostro approccio: Hezbollah= Libano. Lo stato di Israele non farà differenza tra lo Stato sovrano del Libano e Hezbollah, e riterrà il Libano responsabile per qualsiasi azione all’interno del suo territorio”. Ha scritto su Twitter Naftali Bennet, ministro dell’Educazione e membro del gabinetto di sicurezza nazionale israeliano.

Questo alla luce delle ultime elezioni parlamentari in Libano, le prime dopo nove anni di silenzio elettorale, e che hanno visto una bassissima affluenza, appena del 49%.

Elezioni nelle quali Hezbollah insieme all’altro partito sciita alleato, Amal, ha conquistato 26 dei 128 seggi che compongono l’Assemblea Nazionale libanese, voti che se uniti al partito cristiano maronita Movimento libero patriottico del Presidente della Repubblica Michel Aoun, da sempre alleato di Hezbollah, portano a 67 seggi. Senza contare che molti dei seggi riservati ai sunniti sono andati a esponenti di estrazione Sufi, vicini al movimento sciita.

Un altro passo avanti per il Partito di Dio (traduzione letterale della parola Hezbollah) che con il bene placito dell’Iran è riuscito a crearsi un notevole bacino di influenza in Medioriente e nell’Africa mediterranea. Basti pensare, infatti, che i miliziani di Hezbollah reclutati nelle file dell’esercito siriano hanno costituito il collante dell’alleanza tra Siria e Iran, un’alleanza che potrebbe essere rimessa in discussione. Non solo, il sostegno che la repubblica degli ayatollah, secondo le dichiarazioni del ministro degli esteri marocchino Naser Burita, starebbe fornendo ai ribelli del Fronte Polisario si starebbe concretizzando proprio attraverso la vendita di armi da parte dei miliziani di Hezbollah stessi.

E proprio per l’Iran la vittoria di Hezbollah arriva come un fulmine a ciel sereno in un momento di profonda crisi all’interno dello scacchiere mediorientale. Questo in seguito alla scoperta, da parte del Mossad, di 55 mila file (mostrati dal premier israeliano Benjamin Netanyahu) che dimostrano come la repubblica iraniana stia costruendo cinque testate nucleari. Una violazione dell’accordo stipulato con gli Stati Uniti nel 2015, accordo che il presidente statunitense Donald Trump ha provveduto a recidere nelle scorse ore, accompagnando a questa decisione anche quella di apporre delle nuove sanzioni. Come se non bastasse, Israele ha già provveduto negli scorsi giorni a stanziare truppe e veicoli militari sulle alture del Golan, tra questi vi sono carri armati Merkava, lanciarazzi multipli MLRS e inoltre sono stati dispiegati sul confine settentrionale i sistemi antimissile, compreso l’Iron Dome. L’esercito israeliano ha anche ordinato di predisporre rifugi per i civili in caso di attacchi da parte delle forze iraniane o filoiraniane, attacchi che non si sono fatti attendere e che si sono concretizzati attraverso il lancio di 20 razzi sparati contro il territorio del Golan israeliano.

Inoltre lo stato di Israele sembra aver attirato a sé quello che, fino a poco tempo fa, sembrava uno degli alleati più fidati dell’Iran. La Russia. Un dialogo che, a partire dallo scorso Febbraio, si è consolidato e che è culminato in questi giorni con la visita di Netanyahu a Mosca in occasione della parata in memoria della vittoria russa contro il nazismo.

Tempi difficili dunque, tenendo conto che lo stesso Hezbollah non ha ancora risposto alla chiamata alle armi dell’Iran, causando un certo risentimento da parte dei vertici più intransigenti della teocrazia sciita. La mancata risposta da parte del partito di Hassan Nasrallah si spiega facilmente. Hezbollah, grazie all’influenza che ha saputo esercitare, non solo in Iran e in Siria, ma anche nei confronti di tutti i movimenti fondamentalisti sciiti in Medioriente, ha ingrandito notevolmente le sue fila. Attualmente il suo organico complessivo corrisponderebbe a 120.000 razzi e circa 45.000 combattenti, di cui solo 25.000 in servizio attivo. Ha dunque tutte le credenziali per “pacificare” il Libano, con il placet della comunità maronita che fa riferimento al presidente Aoun.

Hezbollah si attesta così come l’ultimo temibile baluardo di un Iran sempre più solo. Un alleato contro il quale la teocrazia sciita non può più permettersi di fare la voce grossa, pena il suo totale isolamento dallo scacchiere mediorientale.


E finalmente anche l’Onu scopre la pericolosità di Hezbollah
Sarah G. Frankl maggio 23, 2018

https://www.rightsreporter.org/e-finalm ... -hezbollah

Finalmente anche l’Onu scopre la pericolosità di Hezbollah. In un rapporto delle Nazioni Unite visto dalla Associated Press il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, critica fortemente Hezbollah per il suo intervento in Siria e per aver acquisito capacità militari al di fuori di quelle dello Stato.

Secondo il rapporto visto dalla AP, Guterres ha chiesto che Hezbollah interrompa tutte le sue attività militari al di fuori e all’interno del Libano, con particolare riferimento alle attività in Siria.

Al Governo libanese il capo dell’Onu ha chiesto di «prendere tutte le misure necessarie per impedire a Hezbollah e ad altri gruppi armati di acquisire armi e capacità militari fuori dal controllo dello Stato».

Secondo Guterres l’attività militare di Hezbollah viola una risoluzione del Consiglio di sicurezza del 2004 che ordina a tutte le milizie libanesi di disarmare oltre che violare gli accordi di Taif che hanno messo fine alla guerra civile libanese.

Non solo, Guterres fa notare al Governo libanese come l’impegno di Hezbollah nel conflitto siriano violi la risoluzione del Consiglio di Sicurezza che impone al Libano di rimanere neutrale nei conflitti e nelle questioni regionali.

«In uno Stato democratico è inaccettabile ed è un grande anomalia che un partito politico detenga anche una milizia armata che non ha nessun collegamento o responsabilità verso le istituzioni del Paese ma dipende unicamente dal partito stesso» ha scritto Guterres nella sua lettera.

Poi il Segretario Generale dell’Onu lancia un messaggio indiretto anche all’Iran. «Invito i Paesi della regione che mantengono stretti contatti con Hezbollah ad incoraggiare la trasformazione del gruppo armato in partito politico e ad avviare il suo disarmo», ha scritto Guterres, parole che non saranno piaciute a Teheran che invece finanzia e arma Hezbollah.

Hezbollah è considerato un gruppo terrorista dagli Stati Uniti, da Israele e dalla Lega Araba, non non dall’Unione Europea né dall’Onu che pur manifestando “riserve” su alcune azioni di Hezbollah, continuano a considerarlo alla stregua di un partito politico.

Speriamo che questa piccola svolta del Segretario Generale delle Nazioni Unite sia l’inizio di un percorso volto a inserire Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche, anche considerando che i terroristi libanesi hanno una organizzazioni militare e criminale che si estende ben oltre il Libano arrivando addirittura in Sud America dove controlla il traffico di droga e interferisce pesantemente nelle questioni interne di diversi Paesi tra i quali il Venezuela e la Colombia.




Chi è Aoun, cristiano maronita alleato Hezbollah
31 ottobre 2016, 15:48
di Lorenzo Forlani

https://www.agi.it/estero/libano_chi_ao ... 2016-10-31

Beirut - Dopo quattro turni di votazione in Parlamento, il Libano ha finalmente un presidente della Repubblica. È l'ottantunenne Michel Aoun, fondatore del principale partito cristiano maronita del Paese, il Free Patriotic Movement. "Giuro su Dio onnipotente di sostenere la Costituzione e garantire la stabilità del Libano", ha detto Aoun in Parlamento, dopo essere stato dichiarato presidente. "Dobbiamo vivere lo spirito della Costituzione che garantisca una parità reale (tra le confessioni, ndr), e adottare al più presto una legge elettorale che garantisca l'unità nazionale, la sicurezza e la stabilità, oltre ad attuare il decentramento amministrativo", ha continuato il generale, che ha fatto poi dei riferimenti alla "protezione del Paese dal nemico israeliano", al "diritto al ritorno" dei profughi palestinesi e alla situazione di quelli siriani.

LA CARRIERA MILITARE
Michel Aoun nasce in una famiglia cristiano maronita nell'area di Haret Hreik, una zona mista e popolata sopratutto da cristiani e musulmani sciiti, nel sud di Beirut, non lontano dal Palazzo presidenziale di Baabda che lo ha accolto oggi come nuovo Capo di Stato. Dopo essersi diplomato in Francia, nel 1955 entra nell'Accademia militare e tre anni dopo, nel 1958, ottiene il grado di ufficiale d'artiglieria nell'Esercito Nazionale, iniziando la sua carriera militare. Poco dopo sposa Nadia al Chami, dalla quale ha tre figlie: Mireille, Claudine e Chantal. Nel 1982, a conflitto civile libanese iniziato, Michel Aoun diviene generale di brigata dell'ottavo battaglione meccanizzato di fanteria, composto sopratutto da cristiani ma non solo: nel settembre 1983, dopo il ritiro delle truppe israeliane dal distretto di Chouf, che fungevano in un certo senso da "cuscinetto" tra il suo battaglione e le milizie druse, sciite pro-siriane e palestinesi, Aoun con i suoi uomini conduce una sanguinosa battaglia nel villaggio di Souq el Gharb, che verrà distrutto nei combattimenti. Con il controverso sostegno delle Forze Navali statunitensi, il battaglione di Aoun alla fine riesce a prendere il controllo dell'area.

DALLA PRESIDENZA AD INTERIM ALL'ESILIO IN FRANCIA
Nel 1984, con l'appoggio di buona parte della comunità musulmana, Michel Aoun diventa Capo di Stato maggiore della Difesa. Nel settembre del 1988 il presidente uscente Amin Gemayel, dopo aver dismesso il governo di Selim al Hoss, gli affida la presidenza del Libano ad interim, affiancandogli un "comitato" di sei ufficiali - tre cristiani e tre musulmani - osteggiata sopratutto dalla Siria. Sostenuto da Saddam Hussein con aiuti militari, Aoun combatte contro le truppe siriane e anche contro fazioni cristiano maronite, come le milizie delle Forze libanesi (oggi partito guidato da Samir Geagea), che inizialmente lo sostenevano. L'ingresso a Beirut della Forza araba di dissuasione guidata dalla Siria (e supportata dagli Stati Uniti in cambio del sostegno siriano contro Saddam), contestuale all'invasione del Kuwait di Saddam Hussein che aveva portato all'isolamento internazionale di quest'ultimo, porta il 13 ottobre 1989 all'assedio siriano del palazzo presidenziale di Baabda (area abbandonata durante i combattimenti da circa il 90% della popolazione), spingendo Aoun a rifugiarsi prima all'ambasciata francese e poi ad andare in esilio in Francia. Tutto ciò dopo aver contestato gli accordi di Taif sul riassetto del Libano, preparati nel corso dei due anni precedenti da Rafiq Hariri, futuro primo ministro assassinato nel 2005. In Francia Michel Aoun fonda il Free Patriotic Movement nel 2005, anno in cui torna in Libano e contesta la "Rivoluzione dei Cedri", nata dopo l'assassinio del primo ministro Rafiq Hariri (di cui principale sospettato è il regime siriano). Appoggia i partiti sciiti di Amal e Hezbollah, contro la maggioranza parlamentare anti siriana (al cui interno ci sono anche il movimento Futuro del figlio di Rafiq Hariri, Saad, il Partito socialista progressista del druso Walid Jumblatt e le Forze libanesi) che sostiene l'esecutivo guidato da Fouad Siniora. Alle elezioni parlamentari di maggio 2005 il partito di Aoun ottiene un gran numero di voti, facendolo eleggere in Parlamento e dando vita al piu' ampio blocco cristiano nell'Assemblea.

IL SODALIZIO CON HEZBOLLAH
Nel 2006 sancisce ufficialmente il sodalizio con Hezbollah, incontrando il segretario del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, all'interno della Chiesa di Mar Mikhail, nell'area di Chiyah: un luogo che simboleggia la coesistenza cristiano-musulmana, situata all'interno di una microarea a maggioranza musulmana e risparmiata dai bombardamenti durante la guerra civile. Aoun e Nasrallah firmano così un memorandum of understanding, in cui viene discusso anche il disarmo delle milizie di Hezbollah a certe condizioni (non rispettate in seguito, come il ritorno dei prigionieri libanesi da Israele o la cessazione della percezione della minaccia posta dallo stesso stato israeliano) e una strategia difensiva contro la minaccia israeliana. Nel MoU viene discussa anche la necessità di avere relazioni diplomatiche con la Siria. Dopo l'incontro, Aoun e il suo partito, l'Fpm, entrano ufficialmente nella coalizione pro-siriana 8 marzo, con Hezbollah, Amal e altre formazioni minori. Nel 2008 - anno dell'elezione dell'ultimo presidente della Repubblica, Michel Sleiman, prima dell'odierna elezione di Aoun - l'Fpm entra per la prima volta nel governo, ottenendo tre ministeri. Ministeri confermati anche nel 2009, quando il governo viene affidato a Saad Hariri: tuttavia, a gennaio 2011 Aoun provoca le dimissioni dello stesso Hariri, ritirando i suoi tre rappresentanti degli stessi ministeri. Il governo viene quindi affidato a Najib Mikati, e la coalizione guidata dal Fpm ottiene ben dieci ministeri (alcuni anche ad Hezbollah). Il resto è storia recente: nel 2016 Michel Aoun - chiamato "il generale", che deve la sua popolarità tra la popolazione sopratutto per il suo ruolo di Capo delle Forze armate durante gli ultimi anni della guerra civile - si candida alla presidenza del Paese. Il suo principale avversario e' Suleiman Franjieh, leader del movimento Marada (anch'esso all'interno della coalizione 8 marzo), la cui candidatura era stata promossa a partire dal 2015 da Saad Hariri. Nel corso di quest'anno Aoun, in sordina - e mentre il suo partito assieme a Hezbollah boicottava le varie sessioni parlamentari (facendo mancare il quorum) non avendo alcun certezza che il generale potesse essere eletto -, ha ottenuto via via l'appoggio dei principali leader politici cristiani (avendo giaà quello di Hezbollah, ma non quello di Amal), il piu' sorprendente dei quali e' stato quello di Samir Geagea. L'endorsement decisivo e' pero' arrivato lo scorso 21 ottobre dal rivale Saad Hariri (il cui partito 'Futuro' ha il maggior numero di seggi in parlamento), dopo alcuni incontri privati con lo stesso Aoun, e in cambio della "promessa" di appoggiare il figlio di Rafiq Hariri alla carica di futuro primo ministro. Dopo l'endorsement di Hariri - a cui e' seguito anche quello del leader druso del Partito socialista progressista Walid Jumblatt - l'elezione di Aoun e' apparsa a tutti scontata. Oggi la conferma: con 83 voti ottenuti dopo quattro travagliati turni di votazione, il generale Michel Aoun e' il tredicesimo presidente del Libano. (AGI)



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Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » gio mag 24, 2018 6:59 am

“Davide, discolpati!” di Rosellina Balbi: un articolo che a suo modo ha fatto storia
Emanuel Baroz 1 gennaio 2013

http://www.focusonisrael.org/2013/01/01 ... repubblica

Nell’ottica di proseguire l’opera di riproposizione di ciò che accadeva negli anni ’70 e ’80 in Italia, oggi postiamo quest’articolo del 6 Luglio 1982 (quindi dopo la manifestazione sindacale durante la quale venne gettata una bara davanti alla Sinagoga e prima del terribile attentato che colpì gli ebrei i taliani il 9 Ottobre 1982) che a suo modo fece la storia, sia perchè pubblicato su Repubblica (che già allora era nota per il suo pregiudizio antisraeliano), sia per il nome dell’autrice del testo. Resta incredibile notare come le accuse mosse contro lo Stato di Israele siano sempre le stesse da decenni, e continuino ad essere assurde. Ringraziamo infine alcuni amici che ci hanno aiutato nella ricerca e poi nella analisi del testo. Buona lettura.

Perché la condanna della politica di Begin si trasforma in una demonizzazione dello Stato d’Israele che finisce per coinvolgere tutti gli ebrei

Davide, discolpati!

di Rosellina Balbi

PROVATE ad immaginare per un momento che, nel settembre del 1939, scendessero in piazza a Berlino centomila persone per manifestare contro l’invasione della Polonia. E che un generale, già capo di Stato maggiore della Wehrmacht, protestasse pubblicamente per lo stravolgimento fatto da Hitler del ruolo dell’esercito, destinato, a giudizio del generale, esclusivamente alla difesa del suolo tedesco. E che un gruppo di soldati inviasse una lettera aperta ai giornali (e questi la stampassero), in cui le decisioni del governo venivano aspramente criticate. E che un movimento denominato «Pace, adesso» lanciasse lo slogan «Mai più una guerra come questa», riuscendo a mobilitare migliaia e migliaia di giovani.

E che un’altra organizzazione proclamasse di voler portare «aiuto umanitario» agli innocenti abitanti di Varsavia intrappolati dalla guerra. Confessiamolo: neppure la più sbrigliata inventiva da romanziere fantapolitico riuscirebbe a rendere credibile un simile «scenario». E tuttavia, in un paese che oggi molti definiscono «nazista», e al quale si attribuisce da tante parti la volontà di perpetrare un genocidio, in questo paese sono avvenute e stanno avvenendo cose come quelle che ho raccontate prima (traggo le informazioni dalla stampa francese, non certo sospetta di tenerezza verso la politica israeliana).

Pregiudizio sfavorevole
Basta sostituire ai polacchi i libanesi e i palestinesi, alla Wehrmacht le truppe di Israele, Tel Aviv a Berlino, Beirut a Varsavia e Begin – nientemeno – a Hitler. Per quale motivo, dunque, sono state riesumate (sia pure sull’onda dell’emozione di fronte a tanta tragedia) le vecchie parole legate all’orrore di quaranta anni fa? Perché la stella di Davide è stata presentata come una nuova croce uncinata? Perché, come ha scritto Alain Finkielkraut su Le Matin, nei confronti di Israele c’è come una «indignazione selettiva»? A leggere i giornali. osserva lo stesso Finkielkraut, si direbbe che «soltanto Israele versi il sangue nel Medio Oriente, che la guerra Irak-Iran sia stato un conflitto tutto da ridere, che fino alle ultime settimane il Libano fosse una Terra Promessa»; laddove in quel disgraziatissimo paese la guerra civile «ha fatto almeno cinque volte più vittime dell’invasione israeliana».

Naturalmente non è questione di contabilità (altrimenti si porrebbero ricordare, come ha fatto sull’Observer Connor Cruise O’ Brien, i ventimila morti provocati dall’assalto sferrato alla città siriana di Hama da parte delle truppe governative, nell’intento di sbarazzarsi dei ribelli armati mescolati alla popolazione civile). È invece questione di parole: che in questo caso sono più che pietre. «La funzione di uno scrittore è quella di chiamare “gatto” un gatto. Se le parole sono malate, spetta a noi guarirle». Lo ha detto Sartre (e lo ha ricordato Finkielkraut). Ora, mai come in questi giorni abbiamo ascoltato un cosi gran numero di parole «malate».

Nel Libano sono morte molte migliaia di persone innocenti – oltre ai combattenti palestinesi. È giusto provare per tutto ciò pietà, orrore, sdegno. Ma questo non autorizza, mi pare, l’uso del termine «genocidio». Finkielkraut osserva che «se Israele avesse perseguito il genocidio, non avrebbe invitato gli abitanti a lasciare le città libanesi, prima di effettuarne il bombardamento» (avvertimento che durante la seconda guerra mondiale non venne mai dato: non dai nazisti nel caso di Coventry, e neppure dagli alleati nei casi di Dresda, di Hiroshima e Nagasaki). lo vorrei sottolineare un’altra cosa: che sarebbe stato lecito paragonare Beirut, per l’appunto, a Dresda, ma non ad Auschwitz: che era, e resta, un’altra cosa.

Credo che il nocciolo della questione sia stato messo a nudo da Rossana Rossanda in un articolo apparso qualche giorno fa sul Manifesto: la pretesa, da parte dell’opinione pubblica europea, che Israele, e soltanto Israele, sia uno Stato «giusto». Se non si comporta come tale, ecco l’indignazione (selettiva). Non è una pretesa nuova: ricordo che anni fa se ne fece portavoce sulla Stampa Natalia Ginzburg, lamentando che gli israeliani, nel prendere le armi, avessero abbandonato la nobile tradizione ebraica della non-violenza. Ma è una pretesa insensata (lo ha osservato anche Rossanda). Stati «giusti» non esistono, e ancor meno Stati «innocenti». E cosi torniamo al punto di prima: perché solo Israele non viene giudicato con i criteri che si usano applicare agli altri Stati? Perché questo pregiudizio viscerale?

Si condanna la politica di Begin. D’accordo. La si giudica negativamente sul piano morale (un «delitto») e negativamente sul piano politico (un «errore»). D’accordo. Ma, per pronunciare questa condanna, bisognerebbe avere le carte in regola. Bisognerebbe ricordare «tutti» gli elementi del quadro, non solo quelli sfavorevoli a Israele. Bisognerebbe far presente, ad esempio, che la sovranità del Libano era da tempo una finzione; che nessun trattato di pace aveva messo fine alle ostilità tra arabi e israeliani; che da anni sulla terra d’Israele piovevano missili provenienti dal Libano; che in quel paese i palestinesi s’erano strettamente mescolati alla popolazione civile; che i palestinesi, ancora, hanno sempre rifiutato il diritto all’esistenza di Israele; che è stato questo rifiuto a impedire ai progressisti israeliani di far crescere il consenso popolare intorno a un progetto di trattativa politica: come diavolo si può negoziare quando l’interlocutore non esiste? E non è forse per questa «impasse» che Begin, e le forze che egli rappresenta, hanno finito per andare al potere?

Quando si è ricordato tutto questo – «solo» quando si è ricordato tutto questo – si ha il diritto, diciamo pure il dovere, di condannare Israele. Ma il pregiudizio sfavorevole è tale, che si sono addirittura passate sotto silenzio certe informazioni e si sono evitate certe analisi. Perché nessun giornale, o quasi, ha dato notizia del ritrovamento in Libano dei campi di addestramento per i terroristi europei? Forse perché ne avrebbe sofferto la divisione manichea tra «buoni» e «cattivi»? E perché si è taciuto del linciaggio, da parte palestinese, di piloti israeliani (le orrende immagini sono apparse nel Tg2)? E perché non si è messo più vigorosamente l’accento sulle responsabilità dei paesi arabi i quali – dopo aver invitato, nel 1948, gli abitanti arabi della Palestina a lasciare le proprie case – si sono poi rifiutati di assorbirli, li hanno rinchiusi nei campi sul confine israeliano e li hanno incitati alla guerra? e tanto poco li amano, che oggi non hanno mosso un dito per aiutarli, e magari sono lieti che Israele tolga le castagne dal fuoco per loro? Perché di tutto questo si tace? Scriveva nel 1976 lo scrittore svizzero Friedrich Durrenmatt che lo Stato di Israele ha questo di peculiare: che «di fatto esiste, ma non sembra necessario a molti, anzi disturba sempre più, si vorrebbe che non esistesse; anche coloro che ne affermano l’esistenza sarebbero felici che non esistesse».

l buoni e i cattivi
Nell’articolo che ho citato più sopra, Rossana Rossanda si chiede per quale motivo, di fronte all’invasione israeliana del Libano, gli ebrei della Diaspora si sentano cosi terribilmente lacerati e coinvolti: “Io non mi sento che moderatamente responsabile di quello che fa Spadolini; e scrivere che l’Italia, oggi come oggi, un paese immondamente corrotto, non mi crea problema alcuno ( … ) perché dunque gli ebrei della Diaspora sentono una tragedia morale per quel che accade in Israele?»

Temo che la risposta sia, tutto sommato, semplice. Perché hanno paura. Perché, a «coinvolgerli», sono gli altri. Perché ogni deplorazione, ogni condanna della politica israeliana ha puntualmente provocato, in Europa, sussulti di antisemitismo. È accaduto in questi giorni in Inghilterra. È accaduto in Francia. È accaduto anche in Italia, dove – lo ha denunciato il rabbino Toaff – durante la recente manifestazione romana per lo sciopero generale «i dimostranti, sfilando o fermandosi davanti alla sinagoga, hanno gridato slogan diretti non solo verso il governo e lo Stato d’Israele, ma contro tutti gli ebrei in generale», portando addirittura una bara «proprio sotto alle due lapidi murate sulla facciata del tempio a ricordo degli ebrei trucidati alle Fosse Ardeatine ed a quelli caduti nella Resistenza».

Ed è grave che Luciano Lama, rispondendo a Toaff, dopo avere riaffermato che il movimento sindacale è nemico del fascismo e dell’antisemitismo, e dopo avere deplorato questi episodi, ha aggiunto essere comprensibile come, di fronte a ciò che accade nel Libano, «si sviluppi in vasti strati di cittadini e di lavoratori un sentimento di condanna politica e morale della linea brutale e aggressiva seguita dal governo Begin».

Guarire le parole
E questo, secondo Lama, dovrebbe giustificare gli insulti e le minacce al tempio ebraico? A quante chiese si sarebbe allora dovuto portar offesa nel corso della Storia, ogni qual volta il governo di uno Stato «Cristiano» assumeva iniziative deplorevoli? Perché confondere una religione con uno Stato? Lama non se ne è certo reso conto, ma queste sue parole sono pericolose. Sono, come avrebbe detto Sartre, «malate».

Ecco perché, amica Rossanda, gli ebrei della Diaspora si sentono coinvolti Sul tuo stesso giornale non è forse apparso un articolo in titolato «ll Dio violento di Israele»?

Il Dio degli ebrei, dunque; il Dio di tutti loro, fuori e dentro lo Stato. Mi sbaglierò, ma dietro la «dichiarazione» contro Begin pubblicata su Repubblica, e firmata quasi esclusivamente da ebrei, c’è anche il timore, conscio o inconscio, di venire accomunati nella condanna della politica di Israele; e dunque il bisogno dì dissociarsene, di far sapere che non tutti gli ebrei sono «cattivi».

Ha scritto ancora Durrenmatt: «In qualsiasi nome Israele venga condannato – in nome degli arabi, del blocco neutrale, dei progressisti, in nome della donna, dell’Unesco, forse presto anche in nome dell’Onu o addirittura anche in nome della libertà e della giustizia – sono tutti nomi di cui si è fatto un cattivo uso, scarabocchiati da giudici disonesti su documenti falsificati». Scritti, per l’appunto, con parole «malate».

Perché non provare a «guarirle», queste parole? Ci si è provato l’altro giorno il vecchio Mendès France con il suo appello, in cui si auspica che venga finalmente intavolato un negoziato tra Israele e i palestinesi. Un appello che il consigliere politico di Arafat, lssam Sartoui, ha definito «pieno di saggezza». E, come è noto, lo stesso Arafat – sia pure in modo meno esplicito – sembra averne dato un giudizio analogo. Se le cose procederanno in questa direzione, qualche novità, psicologica e politica, potrà profilarsi anche all’interno di Israele.

Ecco: quello di Mendès è un tentativo di «guarire» le parole. E «guarire» le parole è un modo serio per cercar di «guarire» le cose. Di guarire questa ferita profonda, dalla quale è già sgorgato tanto sangue. Di far sì, soprattutto, che questo sangue non sia sgorgato inutilmente.

(Fonte: La Repubblica, 6 Luglio 1982)

Nell’immagine in alto: l’articolo originale pubblicato sul quotidiano “La Repubblica”, il 6 Luglio 1982
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Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » dom dic 09, 2018 7:14 pm

Nei paesi con più etnie e religioni diverse, la democrazia può funzionare solo quando vi è condivisione dei valori umani, sociali e civili di base come ad esempio in Svizzera;
in Israele la democrazia funziona solo perché è di tipo etnico dove ad avere la piena sovranità sono gli ebrei che rispettano le altre minoranze etniche e religiose tra cui le minoranze maomettane che sono indotte ad accettare la prevalenza della sovranità etnica ebraica perché sono più che consapevoli che senza gli ebrei, Israele si ridurrebbe come i territori palestinesi e come il Libano, dove prevalgono le dittature mafiose teocratiche, i conflitti etnico religiosi e la miseria economico-sociale;
mentre in Libano la democrazia è totalmente a rischio con il prevalere della maggioranza maomettana e sciita.



Israele una buona democrazia e una grande civiltà
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Democrazia etnica, apartheid e dhimmitudine
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Democrazia svizzera (un buon esempio)
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Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 4:14 am

Haaretz va all'attacco di Salvini: "È persona non gradita in Israele"
Sergio Rame - Ven, 07/12/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/haa ... QKndUE8yas

La prossima settimana Salvini sarà ricevuto da Netanyahu. Per Haaretz è "uno sputo in faccia" agli oltre 8mila ebrei uccisi dai nazisti in Italia

"Salvini dovrebbe essere persona non gradita in Israele". In vista dell'arrivo di Matteo Salvini in Israele dove, la prossima settimana, sarà ricevuto dal primo ministro Benyamin Netanyahu, il quotidiano Haaretz ha pubblicato un durissimo editoriale contro il leader del Carroccio.

"Nessuno si aspetta che Netanyahu tagli i rapporti con l'Italia", mette le mani avanti Sefy Hendler. Che poi passa all'attacco: "La diplomazia, anche con Netanyahu che legittima figure come l'ungherese Viktor Orban, dispone di strumenti per affrontare chiari ed immediati pericoli come Salvini. Non ha senso definire Marine Le Pen persona non grata a Gerusalemme (nel 2006), ricevendo poi Salvini nella residenza del presidente, l'ufficio del primo ministro e lo Yad Vashem".

Nell'editoriale pubblicato oggi, il quotidiano ha ricordato il tweet di Salvini "Tanti nemici molto onore" nel giorno della nascita di Benito Mussolini e la proposta di un censimento dei rom. Da qui l'idea di metterlo al bando accusandolo di non far nulla per nascondere "la sua nostalgia del fascismo". "La Gerusalemme di Netanyahu - si legge ancora - è diventata una fabbrica di certificati di perdono per i nazionalisti di tutto il mondo, che in cambio dell'appoggio all'attuale politica israeliana ricevono indulgenze per lo loro scandalose affermazioni su ogni altra questione". Mentre Israele, in quanto fondata da sopravvissuti dell'Olocausto, dovrebbe essere "una voce speciale nella famiglia delle nazioni".

In chiusura Hendler cita Primo Levi: "Ogni tempo ha il suo fascismo". E, è la sentenza finale, l'accoglienza a Salvini "è uno sputo in faccia" agli oltre 8mila ebrei uccisi dai nazisti in Italia.



Salvini in Israele, lettera aperta di ebrei italiani: "Condanni l'antisemitismo". Un caso il mancato incontro con Rivlin
Mario Calabresi
2018/12/09

https://www.repubblica.it/politica/2018 ... /?ref=fbpr

Un viaggio difficile, quello di Matteo Salvini in Israele, l'11 e il 12 dicembre. Che nasce nel segno di una polemica per il mancato incontro con il presidente Rivlin. Nei giorni scorsi, il quotidiano Haaretz in un editoriale ha affermato che "Salvini dovrebbe essere persona non gradita in Israele". Ieri, lo stesso giornale ha diffuso la notizia secondo cui il presidente dello stato d'Israele, Reuven Rivlin, non incontrerà il ministro dell'Interno italiano. E ha collegato la notizia a quanto detto da Rivlin alla Cnn nei giorni scorsi, cioè che un movimento neo-fascista non dovrebbe essere ben accetto in Israele.

"Tu non puoi dire 'ammiriamo Israele e vogliamo legami stretti ma siamo neo-fascisti'", aveva detto Rivlin al network americano parlando in generale del neofascismo in Europa e non specificamente della Lega. "L'incontro con il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini non è possibile per problemi di agenda del presidente Reuven Rivlin", ha detto il portavoce di Rivlin, Jonathan Cummings.

"Si prende atto della dichiarazione del portavoce del presidente israeliano, secondo il quale Reuven Rivlin non potrà incontrare il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini solo per motivi di agenda", fanno sapere fonti del Vimininale. "Proprio per questo, il colloquio tra i due non era mai stato previsto. Il presunto sgarbo del presidente Rivlin a Salvini è frutto di una fantasiosa ricostruzione di un quotidiano israeliano di sinistra". In Israele, oltre a incontrare il primo ministro Netanyahu, Salvini visiterà lo Yad Vashem - il memoriale dell'Olocausto - e farà tappa alla sinagoga italiana di Gerusalemme.

Al caso Rivlin si aggiunge una lettera aperta firmata da oltre 100 ebrei italiani, tra cui Gad Lerner, Michele Sarfatti, Giorgio Gomel, Anna Foa, Luca Zevi in cui viene chiesta a Salvini la condanna degli atti di antisemitismo "in movimenti e partiti della destra etno-nazionalista in Italia e in Europa", degli "atti aggressivi" contro le comunità Rom e Sinti e "di razzismo contro stranieri e migranti". Si legge: "Preoccupati per l'acuirsi di forme di intolleranza in Italia come altrove", i firmatari auspicano che Salvini in Israele, "nazione di immigrati e rifugiati", pronunci "una condanna ferma di atti di antisemitismo, di rimozione della memoria, di banalizzazione degli orrori degli anni '30 e '40 del '900, in movimenti e partiti della destra etno-nazionalista in Italia e in Europa" e di "atteggiamenti e atti aggressivi diretti contro le comunità Rom e Sinti". Infine la condanna "di atteggiamenti e atti di razzismo contro stranieri e migranti da parte di individui, movimenti organizzati e settori delle pubbliche amministrazioni".

Noi non siamo un partito, non cerchiamo consenso, non riceviamo finanziamenti pubblici, ma stiamo in piedi grazie ai lettori che ogni mattina ci comprano in edicola, guardano il nostro sito o si abbonano a Rep:. Se vi interessa continuare ad ascoltare un'altra campana, magari imperfetta e certi giorni irritante, continuate a farlo con convinzione.


Gino Quarelo
Salvini è contro i criminali, gli invasori, i carnefici e i nazisti e pertanto è contro i clandestini invasori (che non rispettano la casa e i paesi altrui), gli zingari come i Casamonica (e tutti quelli che vivono predando il prossimo) e i nazi maomettani che terrorizzano il mondo.
Questi ebrei che scrivono contro Salvini sono manipolatori e violatori dei diritti umani dei cittadini italiani ed europei; questi ebrei sono delle vergogne umane.



Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste
viewtopic.php?f=197&t=2802





"Hezbollah terroristi islamici". Salvini fa infuriare la Difesa
Claudio Cartaldo - Mar, 11/12/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 15069.html

Polemica sulle dichiarazioni del ministro da Israele. Il ministero "preoccupato": "Mettono in difficoltà i nostri uomini"

Su un elicottero Matteo Salvini visita la zona Nord di Israele, dove è andato a vedere i risultati dell'operazione Scudo Nord contro i tunnel scavati dai miliziani di Hezbollah.

Una fotografia lo ritrae a bordo del mezzo militare: "Chi vuole la pace, sostiene il diritto all'esistenza ed alla sicurezza di Israele - dice il ministro dell'Interno in visita ufficiale - Sono appena stato ai confini nord col Libano, dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione". Frasi che ora rischiano di sollevare una polemica.

"Il terrorismo islamico"

Tutto ruota attorno a quella parola "terroristi". "Per combattere il terrorismo islamico e riportare pace e stabilità, io ci sono", ribadisce il leader della Lega. Parole chiare, che però avrebbero sollevato polemiche nei corridoi del ministero della Difesa e del comando italiano ad Unifil. Fonti citate dall'Adnkronos, infatti, fanno trapelare "preoccupazione" e "imbarazzo" per il post pubblicato dal ministro dell'Interno. "Non vogliamo alzare nessuna polemica, ma tali dichiarazioni mettono in evidente difficoltà i nostri uomini impegnati proprio a Sud nella missione Unifil, lungo la blue line. Questo perché il nostro ruolo super partes, vicini a Israele e al popolo libanese, è sempre stato riconosciuto nell'area. Tra l'altro l'Onu la sua parte la sta già facendo, c'è una missione, si chiama Unifil, da oltre 12 anni, e il comando è oggi sotto la guida italiana per la quarta volta".

Immediata, però, è arrivata la replica del ministro: "Non capisco lo stupore, che ho letto su un'agenzia, per la definizione di Hezbollah come terroristi islamici - ha detto - Se si scavano tunnel sotterranei a decine di metri che sconfinano nel territorio israeliano, non penso lo si faccia per andare a fare la spesa. Sono orgoglioso del sacrificio e del lavoro dei militari presenti non soltanto in Libano, ma a casa mia i terroristi si chiamano terroristi, anche perchè ci sono sentenze della Corte europea".

Anche Di Maio si è schierato con la Difesa: "La missione Unifil in Libano è una delle missioni di pace più importanti che abbiamo nel mondo e soprattutto, come M5S, abbiamo sempre citato quella missione di pace come vero modello di missione super partes. Quello che si doveva dire sulla vicenda l'ha detto il ministero della Difesa. Io mando solo un grande abbraccio ai militari che sono lì. Gli dico di tenere duro e di andare avanti".

Le operazioni di Israele contro i tunnel

Oggi durante l'operazione Scudo Nord i soldati israeliani hanno scoperto un altro tunnel utilizzato da Hezbollah al confine tra Israele e Libano. L'esercito lo ha caricato di esplosivo e ha avvertito tutti che tentare l'ingresso illeale dal Libano è ora "pericoloso". Netanyahu ha minacciato di "dare una risposta molto forte se Hezbollah commette il grave errore e decide di farci del male o resistere al nostro intervento. Subirà colpi inimmaginabili". Le critiche sono rivolte anche al Libano, accusate di non aver saputo impedire la costruzione del tunnel che - spiega Israele - "è un'altra evidente violazione della Risoluzione Onu 1701 e della sovranità israeliana".

Intanto, mentre in Patria crescono le polemiche, Salvini ha incontrato anche l'arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme. "Felice e onorato di incontrarlo di nuovo - ha concluso il ministro - con l'augurio, anche qui, per un Natale di pace e di serenità".



NEGANDO L'EVIDENZA
Niram Ferretti

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Come deve essere dura per la sinistra ebraica italiana vedere che Matteo Salvini è ora in Israele, che considera un esempio di avanguardia nella sicurezza e nella preservazione dei confini territoriali. Non contro orde di neonazisti e fascisti, no, ma contro i jihadisti islamici, insomma quelli che, come Hamas e i compagnucci "moderati" di Fatah, non hanno mai accettato l'esistenza di Israele e vorrebbero scomparisse dalla faccia della terra.

Gad Lerner, con quel sorriso irresistibile, simile a quello di Virna Lisi, ha firmato insieme ad altri incliti ebrei uno di quegli appelli di cui vanno ghiotti i custodi della Virtù e della Giustizia, affinchè Salvini rinunci a Satana e dichiari che sì, lui è contro l'antisemitismo e ogni forma di razzismo.

Questo gruppetto di 100 virtuosi allora forse lo considererà diversamente. Loro che, quando Israele si difende, non li sentiamo mai dire che si difende dagli arabi che hanno tentato di annientare Israele in ben tre guerre senza riuscirci e che sotto il dominio del capobastone egiziano Yasser Arafat, hanno seminato morte e distruzione, ma bensì che fa un "uso sproporzionato della forza".

Mai un appello a difesa di Israele o una richiesta di abiurare l'estremismo rivolte ad Abu Mazen, oppure una strigliatina a chi, nel PD, come Massimo D'Alema, oggi rottame politico, ma in passato presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, ha sempre dipinto Israele come uno Stato canaglia o al defunto Bettino Craxi che paragonava Arafat a Giuseppe Mazzini. Nulla.

Bisognerebbe spiegare loro che i nemici che circondano Israele, non sono Casa Pound o Forza Nuova, da cui certo, bisogna prendere le debite distanze, ma soggetti ben più pericolosi. Stati islamici, e gruppi terroristici come Hamas che non trovano il loro credo nel Manifesto della Razza, ma nel Corano.

Bisognerebbe altresì spiegare loro che tutti gli attentati che in questi hanno insanguinato l'Europa, da Parigi a Berlino, da Londra a Madrid, da Manchester a Nizza, da Berlino a Barcellona, non sono stati perpetrati nel nome di Wotan o del popolo italiano discendente della gloriosa Roma, ma di Allah.

E certo sì, ogni forma di antisemitismo è esecrabile, che sia di destra o di sinistra, blu, bianca o verde, ma soprattutto che il grande problema che attaraversa l'Europa oggi è quello non dei neonazisti o dei neofascisti che vorrebbero ripristinare le leggi razziali e il Terzo Reich, ma dell'immigrazione incontrollata, del fallimento radicale del multiculturalismo e dell'integrazione, e di chi, venendo qui, vuole a tutti i costi preservare una identità religiosa e culturale che si oppone frontalmente al riconoscimento dei valori democratici delle società occidentali.

Ale Dayan-Tzu
... e le sinistre danno del fascista a Salvini che simpatizza per gli ebrei, difende la loro causa e va in visita in Israele.

https://www.facebook.com/ale.dayantzu/p ... 3512484397

Gli ebrei scappano dall'Europa perché hanno paura. Da quando si ostenta e si favorisce una immigrazione di massa da peesi africani, arabi e musulmani, gli ebrei non sono più al sicuro in Europa. Non scappano a causa del falso razzismo e del falso antisemitismo delle Destre Liberali, democratiche e moderne (Centro Destre -pro-Israele), così come dicono e come piacerebbe alle sinistre pseudo-progressiste. No. Scappano a causa delle Estreme Destre Socialiste (antisemite), delle Sinistre ed Estreme Sinistre Socialiste e Liberal (antisemite) e dagli Islamici (antisemitissimi) e che le sinistre coccolano e stanno facendo entrare in Europa a milioni e li fanno prosperare nelle città e addirittura anche nelle istituzioni.

Dove governa la Sinistra prosperano i musulmani e dove prosperano i musulmani, in qualsiasi parte del Mondo, aumenta in maniera esponenziale l'antisemitismo, l'odio viscerale verso gli ebrei, la giudeofobia e la violenza verbale e fisica, fino ad arrivare al loro assassinio, solo perché ebrei.

Per chi segue la politica e la cronaca, nazionale ed estera, questa è una realtà imprescindibile e incontrovertibile e gli ebrei, soppratutto quelli di sinistra, dovrebbero farsene una ragione e prenderne atto.

"Chi vuole la Pace, sostiene il diritto all'esistenza ed alla sicurezza di Israele... l terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione.
Per combattere il terrorismo islamico e riportare pace e stabilità... per rinsaldare collaborazione e amicizia fra popolo italiano e popolo israeliano: io ci sono.
Aspettiamo che anche Onu e Unione Europea facciano la loro parte." Matteo Salvini

W gli amici di Israele!


Felice di tornare in Israele da ministro, dove incontrerò in questi due giorni il premier Benjamin Netanyahu, esponenti del governo e altre autorità civili e religiose.
https://www.facebook.com/salviniofficia ... 4269355099
Vi aggiorno!

Conferenza stampa di Salvini a Gerusalemme
https://www.facebook.com/salviniofficia ... cation=ufi



Salvini in Israele: "Hezbollah terroristi islamici". Difesa: "Dichiarazioni preoccupanti"
dal nostro inviato CARMELO LOPAPA
2018/12/11

https://www.repubblica.it/politica/2018 ... 7fop5pc0y4

GERUSALEMME - Gli scarponi sono ancora sporchi di fango quando Matteo Salvini arriva nel tardo pomeriggio nella sede del Patriarcato cattolico di Gerusalemme, nel cuore della città vecchia. Lo attende Pierbattista Pizzaballa, il patriarca che aveva già incontrato nel 2016 quando era venuto qui nelle vesti di semplice segretario della Lega e il padrone di casa era Custode di Terrasanta. Gli scarponi però portano i segni di quel che è stata la missione nella missione di questa due giorni in Israele del vicepremier italiano. Una visita con polemica per le dichiarazioni su Hezbollah, definiti "terroristi". Parole che provocano la reazione preoccupata del ministero della Difesa.

Salvini: "Hezbollah terroristi islamici"
Giro in elicottero sul confine con il Libano e perlustrazione della zona attraversata dai cuniculi scavati dai miliziani di Hezbollah e neutralizzati in parte dall'esercito israeliano nell'operazione Scudo Nord. È stato il premier Benjamin Netanyahu, stando a quanto trapela, a spingere perché l'influente ministro italiano si rendesse conto di persona di quella che Tel Aviv ritiene la vera emergenza del Paese: lo scontro con l'esercito super armato di Hezbollah in Libano e quello più sotterraneo con l'Iran. Prima ancora della storica conflittualità con l'Autorità palestinese.

Salvini non se lo fa ripetere due volte. Niente elmetto, ma con cappellino in testa e abbigliamento adatto, si tuffa nell'operazione durata circa due ore, prima in elicottero poi lungo la linea di confine libanese. Documenta a colpi di Tweet, posta una sequenza di foto, poco dopo arriva sul web il suo endorsement che non lascia margini a dubbi sul nuovo posizionamento italiano nello scacchiere mediorientale. "Chi vuole la pace, sostiene il diritto all'esistenza ed alla sicurezza di Israele. Sono appena stato ai confini nord col Libano, dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione", scrive il ministro dell'Interno.

"Per combattere il terrorismo islamico e riportare pace e stabilità, per un rapporto sempre più stretto fra scuole, università e imprese, per cooperare in ricerca scientifica e sanitaria, per rinsaldare collaborazione e amicizia fra popolo italiano e popolo israeliano: io ci sono. Aspettiamo che anche Onu ed Unione Europea facciano la loro parte", conclude.

Difesa e comando Unifil: "Dichiarazioni preoccupanti"
Queste dichiarazioni provocano reazioni allarmate del ministero della Difesa e del comando italiano. "Non vogliamo alzare nessuna polemica - si afferma - ma tali dichiarazioni mettono in evidente difficoltà i nostri uomini impegnati proprio a Sud nella missione Unifil, lungo la blue line. Questo perché il nostro ruolo super partes, vicini a Israele e al popolo libanese, è sempre stato riconosciuto nell'area". La controreplica di Salvini: "Non capisco lo stupore, che ho letto su un'agenzia, per la definizione di Hezbollah come terroristi islamici. Se si scavano tunnel sotterranei a decine di metri che sconfinano nel territorio israeliano, non penso lo si faccia per andare a fare la spesa".

Di Maio: "I militari tengano duro"
Ma intanto l'altro vicepremier, Luigi Di Maio, si associa alle critiche allungando la lista dei fronti aperti con la Lega: "Hezbollah? La Difesa ha già detto tutto. L'Unifil è una delle missioni di pace più importanti nel mondo e per noi del M5s un modello super partes. Io mando un grande abbraccio ai nostri militari e gli dico di tenere duro e andare avanti".

I rapporti con Israele
Se Netanyahu ha deciso di scommettere su il leader italiano è perché ritiene che la coalizione sovranista avrà un peso non secondario negli assetti europei che prenderanno corpo con le Europee 2019. E avere una sponda di peso a Bruxelles, oltre a quella consolidata con gli Stati Uniti, viene ritenuto decisivo. La prima giornata a Gerusalemme si conclude con l'incontro col ministro della pubblica sicurezza Gilad Erdan all'hotel King David e con la cena ufficiale organizzata dal ministro del turismo Yariv Levin. Prima di una passeggiata notturna per i vicoli della città vecchia della Capitale e una tappa ai piedi del Muro del Pianto. La seconda giornata sarà segnata dalla visita al memoriale dell'Olocausto, lo Yad Vashem (tappa fondamentale per i capi di governo che vogliono essere accreditati quali amici di Israele), e dal faccia a faccia a porte chiuse con il premier Netanyahu, prima del rientro in Italia.




Salvini in Israele: “Hezbollah terroristi”. La Difesa italiana: “Frasi che imbarazzano”
paolo levi
2018/12/11

https://www.lastampa.it/2018/12/11/este ... OG4BmZZ3xE

Matteo Salvini, appena atterrato oggi a Tel Aviv, chiarisce subito in un tweet da che parte sta definendo «terroristi islamici» gli Hezbollah «che scavano tunnel e armano missili». Ma la sua frase allarma la Difesa e provoca la reazione l’altro vicepremier, Di Maio. «Non vogliamo alzare nessuna polemica - puntualizza il ministero della Difesa in una nota - però tali dichiarazioni mettono in evidente difficoltà i nostri uomini impegnati proprio a Sud nella missione Unifil, lungo la blue line. Questo perché il nostro ruolo super partes, vicini a Israele e al popolo libanese, è sempre stato riconosciuto nell’area». Imbarazzo arriva anche dal comando italiano ad Unifil. Mentre Di Maio dice: «Chiederò chiarimenti a Matteo Salvini: deve tornare da dove sta, lo incontrerò e gli chiederò chiarimenti: mi pare che lui abbia detto che non minimizza. Mi fa piacere che non minimizzi questa vicenda perché noi non minimizziamo». MA Salvini - a sua volta - si stupisce dello stupore della Difesa e da Gerusalemme, in conferenza stampa, ribatte: «Se si scavano tunnel sotterranei a decine di metri che sconfinano nel territorio israeliano, non penso si faccia per andare a fare la spesa».

In volo sopra i tunnel

Con cuffia anti-rumore sulle orecchie, stamattina il vicepremier leghista ha sorvolato a bordo di un elicottero militare i tunnel costruiti da Hezbollah nel nord di Israele. Salvini li ha poi visitati di persona. «Chi vuole la pace, sostiene il diritto all’esistenza ed alla sicurezza di Israele. Sono appena stato ai confini nord col Libano, dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione. Per combattere il terrorismo islamico e riportare pace e stabilità, per un rapporto sempre più stretto fra scuole, università ed imprese, per cooperare in ricerca scientifica e sanitaria, per rinsaldare collaborazione e amicizia fra popolo italiano e popolo israeliano: io ci sono. Aspettiamo che anche Onu e Unione Europea facciano la loro parte», dice il ministro dell’Interno.

La visita che conferma un legame

La sua visita in Israele ha infatti un significato particolare. Non solo per le questioni legate alla sicurezza e all’antiterrorismo (stasera incontra tra gli altri il ministro della pubblica sicurezza Gilad Erdan) ma soprattutto per il grado di amicizia che intende esprimere al governo guidato da Benjamin Netanyahu e riceve in cambio. E già dal primo atto di accoglienza, cioè il volo in una zona ad alta sensibilità militare, il forte legame e la fiducia è confermato.

«Sono felice di tornare in Israele da ministro», ha twittato mentre si trovava in elicottero. Magari un giorno spera di tornarci da presidente del Consiglio e potrebbe augurarselo lo stesso Netanyahu: tra i due ci sono sintonie su diverse questioni. Il premier israeliano non si è curato delle critiche dei suoi oppositori di sinistra si sono scatenati contro Salvini definendolo neo-fascista. Anzi, l’accoglienza è ancora più calorosa se fosse possibile.

È una visita dal sapore politico che incrocia molte questioni anche internazionali. Non è indifferente a Tel Aviv il feeling di Salvini con Putin che qui è visto come una sponda «amica» per legare le mani all’Iran.



E Salvini parla chiaro “Gli Hezbollah sono dei terroristi Io difendo la sicurezza di Israele”
11 dicembre 2018
Claudio Cartaldo

http://www.italiaisraeletoday.it/e-salv ... 9J0RJ9mn5M

Su un elicottero Matteo Salvini visita la zona Nord di Israele, dove è andato a vedere i risultati dell’operazione Scudo Nord contro i tunnel scavati dai miliziani di Hezbollah. Una fotografia lo ritrae a bordo del mezzo militare: “Chi vuole la pace, sostiene il diritto all’esistenza ed alla sicurezza di Israele – dice il ministro dell’Interno in visita ufficiale – Sono appena stato ai confini nord col Libano, dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione”. Frasi che ora rischiano di sollevare una polemica.

Tutto ruota attorno a quella parola “terroristi”. “Per combattere il terrorismo islamico e riportare pace e stabilità, io ci sono”, ribadisce il leader della Lega. Parole chiare, che però avrebbero sollevato polemiche nei corridoi del ministero della Difesa e del comando italiano ad Unifil. Fonti citate dall’Adnkronos, infatti, fanno trapelare “preoccupazione” e “imbarazzo” per il post pubblicato dal ministro dell’Interno.

“Non vogliamo alzare nessuna polemica, ma tali dichiarazioni mettono in evidente difficoltà i nostri uomini impegnati proprio a Sud nella missione Unifil, lungo la blue line. Questo perché il nostro ruolo super partes, vicini a Israele e al popolo libanese, è sempre stato riconosciuto nell’area. Tra l’altro l’Onu la sua parte la sta già facendo, c’è una missione, si chiama Unifil, da oltre 12 anni, e il comando è oggi sotto la guida italiana per la quarta volta”.

Immediata, però, è arrivata la replica del ministro: “Non capisco lo stupore, che ho letto su un’agenzia, per la definizione di Hezbollah come terroristi islamici – ha detto – Se si scavano tunnel sotterranei a decine di metri che sconfinano nel territorio israeliano, non penso lo si faccia per andare a fare la spesa. Sono orgoglioso del sacrificio e del lavoro dei militari presenti non soltanto in Libano, ma a casa mia i terroristi si chiamano terroristi, anche perché ci sono sentenze della Corte europea”.

Anche Di Maio si è schierato con la Difesa: “La missione Unifil in Libano è una delle missioni di pace più importanti che abbiamo nel mondo e soprattutto, come M5S, abbiamo sempre citato quella missione di pace come vero modello di missione super partes. Quello che si doveva dire sulla vicenda l’ha detto il ministero della Difesa. Io mando solo un grande abbraccio ai militari che sono lì. Gli dico di tenere duro e di andare avanti”.

Oggi durante l’operazione Scudo Nord i soldati israeliani hanno scoperto un altro tunnel utilizzato da Hezbollah al confine tra Israele e Libano. L’esercito lo ha caricato di esplosivo e ha avvertito tutti che tentare l’ingresso illeale dal Libano è ora “pericoloso”. Netanyahu ha minacciato di “dare una risposta molto forte se Hezbollah commette il grave errore e decide di farci del male o resistere al nostro intervento. Subirà colpi inimmaginabili”. Le critiche sono rivolte anche al Libano, accusate di non aver saputo impedire la costruzione del tunnel che – spiega Israele – “è un’altra evidente violazione della Risoluzione Onu 1701 e della sovranità israeliana”.

Intanto, mentre in Patria crescono le polemiche, Salvini ha incontrato anche l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme. “Felice e onorato di incontrarlo di nuovo – ha concluso il ministro – con l’augurio, anche qui, per un Natale di pace e di serenità”.
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Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » mer dic 12, 2018 4:22 am

Pento Alberto
Ma che ci sta a fare l'UNIFIL a gestione italiana, con 11mila uomini con i caschi blù e in armi, al confine tra Libano e Israele, se i nazimaomettani riescono a scavare decine di tunnel per aggredire Israele e i soldati dell'ONU nemmeno se accorgono?

UNIFIL
https://it.wikipedia.org/wiki/UNIFIL
Operazione Leonte
https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Leonte

???
Unifil, quel miracolo di pace dei nostri caschi blu che ora è in pericolo
11 Dicembre 2018
Il generale Del Col stava gestendo la crisi dei tunnel con il presidente libanese. Adesso saremo ancora ritenuti super partes?
GIANLUCA DI FEO

https://rep.repubblica.it/pwa/generale/ ... -214031225
Questa mattina pattuglie di caschi blu italiani attraverseranno i villaggi libanesi a ridosso della frontiera. Lo fanno da dodici anni, da quando la nostra mediazione pose fine all'invasione israeliana e ai lanci di razzi dei miliziani. Da allora mantengono calmo il confine più caldo del pianeta, quello dove si decidono i destini del Medio Oriente. Da allora, la popolazione appartenente alla comunità sciita che si riconosce nel movimento Hezbollah li ha sempre guardati con ...

Alberto Pento
Cosa vuol dire: Il generale Del Col stava gestendo la crisi dei tunnel con il presidente libanese ?
Che forse era complice e faceva finta di niente?



Il generale (in pensione) "bacchetta" Salvini: "Pesi le parole quando parla"
Angelo Federici - Mer, 12/12/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... RMEcHksNpI

Il generale Angioni bacchetta Salvini: "Deve avere più oculatezza nel gestire le proprie dichiarazioni. Un politico deve pesare le parole"

Per chi frequenta la storia militare del Libano, soprattutto quella più recente, il generale Franco Angioni è un'autorità.

È stato infatti lui, dal 1982 al 1984, a guidare la missione italiana nel Paese mediorientale, la prima dalla fine della Seconda guerra mondiale. E ai microfoni dell'AdnKronos interviene nella disputa innescata ieri dal ministro dell'Interno Matteo Salvini che ha definito "terroristi islamici" i miliziani sciiti di Hebzollah: "Un politico deve pesare le parole. Salvini è un ministro in carica, deve avere più oculatezza nel gestire le proprie dichiarazioni dal momento che l'Italia ha sempre cercato, in un'area così delicata del mondo, di mantenere l'equidistanza tra tutte le parti in causa".

In Libano, sottolinea il generale, sono presenti i nostri militari con l'operazione Leonte e "sono in questo modo esposti a fraintendimenti e incomprensioni. Chi vuole approfittare della situazione potrebbe trovare pretesti per speculare su parole di questo genere. La cosa mi rattrista perché i militari italiani in Libano hanno dato prova concreta di saper dimostrare sempre, in tutti questi anni, l'assoluto equilibrio tra le parti".

Anche Elisabetta Trenta, questa mattina, ha chiesto più compattezza da parte del governo quando si parla di militari e missioni all'estero: "In Libano, così come in altri teatri questo fanno i nostri militari: rischiano la vita per noi. E lo fanno da molti anni. I nostri uomini e le nostre donne delle forze armate vanno tutelati sempre, incluso chi opera in Italia ovviamente, come i soldati di Strade Sicure. Ieri ad esempio due nostri ragazzi sono intervenuti con la massima professionalità dopo essere stati attaccati da un uomo di origini marocchine a Roma. Li ho ringraziati personalmente per telefono. Ecco, dico solo che dobbiamo sempre tenere a mente che i nostri militari ogni giorno rischiano la vita per la nostra stabilità".


Cosa doveva dire Salvini di Hezbollah? Che sono boy scout?
By Maurizia De Groot Vos
12 dicembre 2018

https://www.rightsreporter.org/cosa-dov ... ngrv_cQ81I


Una premessa: queste cose vanno al di la della polemica politica italiana o delle ipocrite polemiche sulla visita di Matteo Salvini in Israele. Qui parliamo di corretta terminologia, cioè parliamo di chiamare le cose con il proprio nome. La polemica politica la lasciamo agli altri.

Ciò detto, ieri le parole del vice-premier italiano, Matteo Salvini, su Hezbollah hanno scatenato polemiche a non finire in Italia, anche nella sua stessa compagine di governo, cioè tra il Movimento 5 Stelle.


Cosa ha detto Salvini su Hezbollah?
Matteo Salvini visita il nord di Israele e i tunnel di Hezbollah

Di ritorno da una visita nel nord di Israele dove gli sono stati mostrati i tunnel del terrore scavati da Hezbollah e scoperti dall’esercito israeliano, Matteo Salvini ha twittato queste parole:

Chi vuole la pace, sostiene il diritto all’esistenza ed alla sicurezza di Israele. Sono appena stato ai confini nord col Libano, dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione

Insomma, ha definito Hezbollah per quello che è, cioè un gruppo terrorista islamico. Come avrebbe dovuto definirli? Dei boy scout? Avrebbe dovuto definirli “resistenza” come fece Federica Mogherini, anche se la “furbetta signora” ha cercato di cancellare le prove, ma il web non dimentica.
Polemiche dal Ministero della Difesa

Secondo l’Ansa le parole di Salvini avrebbero sollevato «preoccupazione e imbarazzo in ambienti del ministero della Difesa e del comando italiano ad Unifil», la missione ONU stanziata nel sud del Libano per far rispettare la risoluzione 1701 dell’Onu e che tra le altre cose avrebbe dovuto vigilare affinché Hezbollah non si riarmi e che invece in tal senso non ha fatto praticamente nulla.

Forse UNIFIL dovrebbe imbarazzarsi per non aver adempiuto al suo compito, non per le parole di Matteo Salvini.
Hezbollah tiene in ostaggio il Libano

Anche l’Unione Europea riconosce il “braccio armato” di Hezbollah come un gruppo terrorista. Solo che incredibilmente fa distinzione tra l’ala militare e quella politica che partecipa anche al Governo del Libano.

Ora, il caso vuole che a capo dei due bracci (quello armato e quello politico) ci sia la stessa persona, Hassan Nasrallah, e che il cosiddetto braccio armato di Hezbollah sia molto più potente e ben armato dello stesso esercito libanese. Così Hezbollah tiene in ostaggio il Libano sia a livello militare che a livello politico. Eppure questa situazione non sembra scandalizzare nessuno mentre le parole di Matteo Salvini hanno scatenato un putiferio. Come mai?

Ripetiamo, della disputa politica italiana ce ne importa poco o nulla. Qui non si tratta di politica ma di chiamare le cose con il proprio nome.

Ciò detto, ci piacerebbe che, visto che Matteo Salvini si trova in Israele, spiegasse con la stessa chiarezza perché l’Italia anche con il Governo di cui Salvini fa parte continua imperterrita a votare tutte le risoluzioni ONU presentate contro Israele. Questa si che sarebbe una bella novità.




I tre tunnel dei terroristi di Hezbollah scoperti in una settimana e che entravano in Israele sono stati costruiti letteralmente sotto i piedi di Unifil.
Giulio Meotti

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 2207839165

I tre tunnel dei terroristi di Hezbollah scoperti in una settimana e che entravano in Israele sono stati costruiti letteralmente sotto i piedi di Unifil. Fonti del ministero della Difesa hanno detto che le parole di Salvini sui tunnel "mettono in difficoltà i nostri militari della missione Unifil"... Allora ho io una domanda per la nostra Difesa. La missione italiana è lì per qualcosa di più che prendere uno stipendio e fare da balia ai jihadisti libanesi che gli costruiscono tunnel fra le gambe? Perché in quel caso, meglio che tornino a casa. Israele non ha bisogno anche di un altro scudo umano sotto le insegne dell’Onu nelle mani dei terroristi agli ordini dell’Iran.




LA BANDIERA DI HEZBOLLAH PARLA CHIARO

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 7198646965

L'emblema a bandiera di Hezbollah (il cui significato letterale è "partito di Dio") è caratterizzato da un drappo giallo al cui centro campeggia parte di un versetto del Corano, Sūra V, versetto 56, che recita:
"E colui che sceglie per alleati Allah e il Suo Messaggero e i credenti, in verità è il partito di Dio, Hezbollah, che avrà la vittoria".
La lettera alif, prima lettera del nome di Dio, è graficamente resa come una mano che stringe un fucile d'assalto stilizzato ed è affiancata da una rappresentazione schematica del globo terrestre.
Proprio sicuri che non siano terroristi?
Thanks to Davide Riccardo Romano


Netanyahu chiude ogni polemica - “Salvini è un grande amico di Israele”
12 dicembre 2018

http://www.italiaisraeletoday.it/netany ... 0Vh72x3mXM

“L’Unifil deve impedire agli Hezbollah di compiere azioni aggressive contro Israele”: così si è espresso, in un comunicato dell’ufficio del premier, Benyamin Netanyahu nell’incontro avuto oggi con il vicepremier e ministro dell’interno Matteo Salvini da lui definito “un grande amico di Israele”.

“Lei ieri ha avuto modo di vedere direttamente i tunnel terroristici” scavati dagli Hezbollah sotto al confine, ha aggiunto. “Si tratta di atti evidenti di aggressione contro Israele e le norme internazionali”. Il premier israeliano ha così proseguito: “Il comandante dell’Unifil è un italiano e noi pensiamo che l’Unifil debba svolgere un ruolo più forte e determinato. Ma in fin dei conti – ha concluso – questa è responsabilità della comunità internazionale”.



Scoperto un terzo tunnel realizzato dagli Hezbollah
Comincia la “fase esplosiva”
12 dicembre 2018
Giordano Stabile

http://www.italiaisraeletoday.it/scoper ... LFO0eyJd0U

epa03779983 A tunnel is seen in the al-Khalidiya area of Homs, Syria, 07 July 2013. According to SANA, the Syrian army has controlled 70 percent of the Khalidiya area after fierce battles with rebels. Government troops, backed by Hezbollah militiamen, launched a wide-scale attack on rebel-held areas in the central province of Homs. The offensive prompted the UN High Commissioner for Human Rights to express fears for the civilians trapped in the area. EPA/STRINGER

Israele scopre un terzo tunnel al confine con il Libano e l’operazione Scudo del Nord entra nella sua «fase esplosiva», mentre anche l’Unifil ammette che il «caso è serio» e gli Stati Uniti chiamano il presidente Michel Aoun per disinnescare la crisi. A una settimana dall’annuncio dell’offensiva per eliminare le gallerie di attacco di Hezbollah genieri continuano a esplorale la zona di frontiera con l’aiuto di una tecnologia basata su onde microsismiche sviluppata dai centri di ricerca militari. E così che ieri hanno individuato un nuovo tunnel, «non ancora operativo e che non pone una immediata minaccia». Le ricerche richiederanno ancora tempo ma nei prossimi giorni dovrà cominciare l’opera di demolizione, la più delicata perché va a impattare nel territorio libanese.

Nei giorni scorsi l’esercito israeliano ha avvertito con sms gli abitanti del villaggio di Kafr Kila, dove c’è l’ingresso della prima gallerie, che le loro case potrebbero essere danneggiate dalle esplosioni. L’annuncio ha fatto salire la tensione e sabato si è sfiorato l’incidente quando i militari dello Stato ebraico sono stati tratti in inganno dagli spari in aria durante una festa di matrimonio e hanno tirato a loro volta colpi di avvertimento.

Il problema principale è però il secondo tunnel, a Ovest di Kafr Kila, perché si trova in una zona dove non c’è la barriera al confine e l’esercito israeliano e quello libanese si trovano faccia a faccia.

Per questo l’analista militare Hamos Arel parla di «fase esplosiva» in arrivo e una delegazione delle Forze armate, guidata dal generale Aharon Haliva, è andata a ieri Mosca per discutere con i colleghi russi.
Israele vuole che Mosca faccia pressione su Beirut e Damasco per evitare incidenti e dietro le quinte si muovono anche gli Stati Uniti. Lo ha rivelato ieri il presidente libanese Aoun.

Washington lo ha chiamato per tranquillizzarlo e spiegare che «Israele non ha intenzioni ostili». Il leader dei Paesi dei Cedri, alla prese con una crisi di governo che dura da sei mesi, ha ribadito che «neanche il Libano ha intenzioni ostili» e prende le questione «sul serio». Le dichiarazioni sono arrivate dopo un incontro con il comandante della missione Unifil, generale Stefano Del Col, al palazzo presidenziale di Baabda, sulle colline di Beirut. Le autorità libanesi, ha precisato, «risponderanno quando le indagini dell’Onu saranno concluse».

Il Libano, in piena crisi finanziaria, ha bisogno di tutto tranne di una guerra. Aoun ha insistito che Beirut «rispetta la risoluzione dell’Onu 1701» che invece «Israele continua a violare». Ma non ha alzato i toni né nei confronti di Israele né nei confronti di Hezbollah. Il Partito di Dio è un alleato essenziale nel suo tentativo di rafforzare le strutture dello Stato, a partire dalle Forze armate, senza far saltare i precari equilibri settati.

Sulla stessa linea sembra anche il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, che ha tenuto finora un profilo basso, ha limitato la presenza dei miliziani al confine per non imbarazzare l’Unifil né il governo, e ha lasciato il campo libero all’esercito libanese.

L’operazione Scudo del Nord sembra averlo colto di sorpresa e questo aspetto è stato sottolineato ieri dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. Hezbollah «pagherà un prezzo inimmaginabile», ha avvertito, se reagirà all’azione dei militari: «Sapevamo che stavano scavando i tunnel e abbiamo pianificato la nostra operazione – ha spiegato -. Tutto procede secondo i piani ma la cosa più importante è essere pronti a una forte reazione se Hezbollah dovesse commettere l’errore di colpirci».



Anche per l’Unione europea Hezbollah è una organizzazione terroristica. Ecco i documenti
2018/12/12

http://www.controversoquotidiano.it/201 ... WPjlH12zow

Justyna Pawlak e Adrian Croft scrivevano su Reuters nel 2013
https://www.reuters.com/article/us-eu-h ... DA20130722

“L’Unione europea ha trovato l’accordo lunedì scorso per inserire l’ala armata di Hezbollah sulla sua lista nera di gruppi terroristici, una mossa dettata dalle preoccupazioni sul coinvolgimento del gruppo militante libanese in un attentato a un bus in Bulgaria e nella guerra siriana. (…) La Gran Bretagna e l’Olanda premevano da tempo affinché i loro partner dell’UE imposessero sanzioni sul gruppo islamico sciita, citando prove del fatto che Hezbollah sia stata responsabile di un attacco nella città bulgara di Burgas, un anno fa, in cui furono uccisi cinque cittadini israeliani e il loro autista. (…) L’inserimento nella lista nera dei gruppi terroristici apre la strada, per i governi UE, alla possibilità di congelare qualsiasi asset che l’ala militare di Hezbollah possegga nel Continente. (…) Il viceministro degli Esteri israeliano, Zeev Elkin, ha salutato positivamente la decisione, ma ha aggiunto che l’intera Hezbollah dovrebbe essere messa al bando”. Da allora, in Europa, ci sono state numerose manifestazioni di sostegno a Hezbollah.

Qui la lista ufficiale dei gruppi terroristici riconosciuti come tali dall’UE. C’è Hezbollah.
https://eur-lex.europa.eu/legal-content ... 26&from=EN
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » gio dic 13, 2018 7:04 am

???

Salvini in Israele. Un paio di riflessioni e domande
franco londei
10 dicembre 2018

https://www.francolondei.it/salvini-in- ... 5T3hIXs_DY

Per quale motivo Salvini, e non Conte o Moavero Milanesi, va in Israele? Spiegherà perché l’Italia all’ONU vota sempre contro Israele? Condannerà il comportamento di Putin in Siria?

Salvini in Israele? Bene, pur non essendo assolutamente un salvinista non ci trovo nulla di male al fatto che il Ministro degli interni vada a far visita allo Stato Ebraico e trovo disdicevole e fuori luogo l’attacco portato da Haaretz contro Salvini e questa visita.

Anzi, da una parte sono contento che Salvini vada in Israele, magari riuscirà a spiegare come mai l’Italia alle Nazioni Unite vota sempre contro Israele, nonostante sia cambiato il Governo e nonostante i tanti attestati di stima e amicizia da parte del nostro Ministro dell’Interno nei confronti dello Stato Ebraico.

Ho però una domanda da fare: perché Salvini e non Conte o il Ministro degli Esteri Moavero Milanesi? Per dirla alla Di Pietro, che c’azzecca Salvini?

Non vorrei che fosse tutto finalizzato a qualche “photo opportunity” da sventolare con la comunità ebraica o con quella vasta area della destra nostrana che si appassiona a Israele solo perché viene visto come un baluardo all’avanzata dell’islam, o peggio, come uno Stato che combatte l’islam come se fosse nel suo DNA, ma che se non ci fosse il “pericolo islam” starebbero da mattina a sera a insultare lo Stato Ebraico e tutti gli ebrei.

Poi, visto che domani Salvini parte per Israele mi sarei aspettato da lui una ferma condanna per l’attentato che ieri sera ha fatto sette feriti. A uno come lui perennemente sui social, per di più in procinto di partire per Israele, non dovrebbe essere sfuggito questo terribile attacco. E invece no. Nulla. Nisba. Nemmeno una parola. Come mai? A un vero amico di Israele queste cose non sfuggono.

Ma lasciamo stare, pazienza. Mi interessa di più, per esempio, sapere l’opinione di Salvini su quello che sta facendo il suo amico Putin in Siria, sul perché cioè permette all’Iran di schierare un esercito (con Hezbollah sono due eserciti) al confine con Israele. Se lo ritiene sbagliato, lo dirà a Netanyahu? Lo dirà pubblicamente rischiando però di inimicarsi una larga fetta del suo elettorato che considera Putin una sorta di messia?

Insomma, il viaggio di Salvini in Israele è l’occasione buona per lui di dimostrare che è veramente un amico dello Stato Ebraico, o al contrario di dimostrare che di parole ne dice tante ma quando si tratta di passare ai fatti si ferma alla photo opportunity. Chissà perché ma temo che sia buona la seconda.
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » sab dic 15, 2018 8:35 pm

ALCUNE COSE SU HEZBOLLAH
Niram Ferretti
13 dicembre 2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Massimo D'Alema, da tempo in caduta libera, ha, come Manlio Di Stefano, l'ultimo arrivato in Farnesina come funzionario di secondo ordine, una idea di Medioriente basata su spericolate teorie. Israele è molto cattiva mentre l'Iran è buono e fa da argine al wahabismo sunnita.

Eh sì, questi sciiti, che vogliono esportare la rivoluzione islamica e che hanno fuso il marxismo con l'Islam piacciono molto all'ex baffetto degli Esteri, ormai, per fortuna, di assoluta irrilevanza politica.

Così, di nuovo, dobbiamo tornare sulla dichiarazione "superficiale" di Matteo Salvini che ha giustamente definito Hezbollah un gruppo terrorista. Ma Salvini viene solo dopo gli Usa, l'Unione Europea, il Regno Unito, la Lega Araba, l'Australia, e, naturalmente, Israele, nel considerare la mano longa dell'Iran in Libano, una organizzazione terrorista che oltre a clamorosi attentati come quello del 18 luglio del 1994 a Buenos Aires su commissione degli ayatollah che ebbe come obbiettivo l'AIMA, l'Asociación Mutual Argentina, preceduto da quello del 1992 all'ambasciata israeliana sempre a Buenos Aires, è anche assai attivo nel traffico internazionale di droga in America Latina.

Una attività multimilardaria che si fonda sullo smercio della cocaina e dell'eroina e che ha come crocevia operativo la tripla frontiera sudamericana, ovvero, la zona di confine tra Brasile, Paraguay e Argentina.

UN ARRESTO RILEVANTE

Il 17 maggio 2018, a seguito di una operazione delle autorità paraguaiane, venne arrestato il gestore di una agenzia di cambio in Paraguay, Mohamed Nader Farhat, accusato dagli Stati Uniti di riciclaggio di denaro.

Farhat è accusato inoltre di essere al servizio del Business Affairs Component, il ramo dell'organizzazione di sicurezza esterna di Hezbollah, il cui ruolo è quello di supervisionare all'estero il riciclaggio di denaro e le operazioni di traffico di stupefacenti.

Gli Usa hanno chiesto l'estradizione di Farhat, ritenendo che la sua attività nel riciclaggio di denaro toccasse il sistema finanziario americano. Il Libano è però intervenuto inviando una lettera al Procuratore Generale del Paraguay intimandogli di rigettare la richiesta di estradizione. Chissà come mai...

L'OPERAZIONE CASSANDRA

E' utile, per avere un quadro più chiaro dello scenario, sapere che nel 2008, gli Stati Uniti lanciarono una operazione nota come "Progetto Cassandra" dopo che la Drug Enforcement Administration era entrata in possesso di sufficienti prove che Hezbollah oltre a essere l'organizzazione politica e miitare ben nota si era trasformata anche in una organizzazione criminale in grado di raccogliere un miliardo di dollari all'anno attraverso il traffico della droga, la vendita di armi e il riciclaggio. Operazione ostacolata da Barack Obama e dall'ex direttore della CIA, il filoislamico John Brenner, perchè occorreva, al fine dell'imminente accordo con l'Iran sul nucleare, non creare tensione tra i due paesi...

ESTENSIONE DEL DOMINIO DELLA LOTTA

America Latina, Iran, Hezbollah, droga. A proposito dei tentacoli dell'Iran in America Latina attraverso Hezbollah, Judith Bergman, in un articolo recente, ha scritto:

"L'Iran e Hezbollah hanno operato indisturbati in America Latina sin dagli anni '80. Durante questo periodo, l'Iran e il suo proxy, l'organizzazione terroristica Hezbollah, hanno islamizzato l'America Latina, apparentemente per creare una base avanzata di operazioni per la Repubblica Islamica nel cortile degli Stati Uniti".

Non solo. Hanno creato la fiorente attività criminale menzionata di cui beneficiano anche stati virtuosi come il Venezuela. L'afflato tra Iran e Venezuela è storia vecchia. Basterà qui ricordare con quale gaudio, nel 2009, l'allora leader maximo venezuelano Hugo Chavez, ricevette Mahmoud Ahmadinejad e abbracciandolo lo chiamò un compagno rivoluzionario definendo Israele, “Il braccio armato omicida dell’impero americano”.

Sì, Matteo Salvini, ha detto assai bene definendo Hezbollah una organizzazione terrorista, se avesse anche aggiunto, "anche un fiorente sindacato criminale", sarebbe stato ancora più preciso.



Iran, Islam scita e ebrei
viewtopic.php?f=188&t=2221

Iran, ebrei in Iran, persecuzione, guerra a Israele
viewtopic.php?f=197&t=2237
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Re: Libano, l'invasione nazi-maomettana e Israele

Messaggioda Berto » dom dic 16, 2018 10:21 am

I soldati di Hezbollah non sono terroristi islamici
L' Intellettuale Dissidente Ascanio Modena Altieri
12 dicembre 2018

https://www.lintellettualedissidente.it ... i-islamici

Dichiarazioni avventate, insensate, di chi ha imponenti lacune storiche o parteggia per una certa malafede politica.

Non era una novità che il Ministro degli Interni e vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini, fosse da tempo un sostenitore dello stato di Israele e delle sue politiche nell’area del Levante. Giunto in visita ufficiale nel sedicente stato ebraico – considerato illegittimo da molti ortodossi – Salvini ha, senza troppe sorprese, incassato il lieto benvenuto della comunità italiana in Israele e quello del partito conservatore Likud, incarnato nel suo cavernoso capo e premier Benjamin Netanyahu. Fra un incontro nella Città Vecchia di Gerusalemme con il vescovo cattolico Pizzaballa ed un saluto alle Tzahal – forze armate israeliane –, il ministro si è reso protagonista di gravi e troppo leggere dichiarazioni. Queste, si sono consolidate in seguito alla recente scoperta di un tunnel scavato per scopi militari da Hezbollah, nell’area a nord del paese, al confine con il Libano, quella terra dei cedri già presa di mira e sconquassata dal 1978 durante l’omonima guerra.

Proprio qualche anno dopo, nel 1982, con il formale scoppio del conflitto del Libano meridionale – protrattosi fino al 2000 – si andò a creare la prima milizia di Hezbollah appunto, uscita poi vittoriosa. La realtà politica e bellica sciita fondata da Hassan Nasrallah è divenuta con il tempo una bandiera contro il sionismo e l’espansionismo israeliano, nonché più recentemente della lotta contro il fronte Al-Nusra e le orde di Daesh in Siria. In modo del tutto arbitrario, un ministro occidentale si è permesso di insultare quegli stessi patrioti e miliziani, in una dichiarazione che rasenta l’assurdo storico:

“[…] Sono appena stato ai confini nord col Libano, dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione”

Qualcuno dovrebbe informare Salvini del fatto che Hezbollah, ha contribuito ad assicurare la ritrovata pace in Siria e che da sempre si frappone fra il mondo islamico dialogante e il fanatismo tipico di wahabismo e salafismo, entrambi amici di quel sì reale terrorismo che contribuisce all’annichilimento del vicino e medio oriente. Affermare ciò e dunque equiparare i soldati di Hezbollah agli ignominiosi sgozzatori che imperversano ancora nel Levante, dimostra apertamente una profonda mancanza di nozioni storico-geopolitiche da una parte, o una spiccata partigianeria politica in malafede dall’altra. Israele, prendendo il caso libanese, ha ampiamente dimostrato di essere una forza destabilizzatrice e aggressiva.

Come può dunque un popolo difendersi da chi ha già tentato e attuato invasioni se non con tunnel, missili e gruppi coscritti? Hezbollah non per caso, incassa un certo favore popolare – sia islamico che cristiano – proprio in luce delle sue operazioni di protezione e prevenzione. Con queste grossolane e davvero poco oculate dichiarazioni, Salvini è riuscito persino a far intiepidire il Ministero della Difesa. Le parole del vice primo ministro, porrebbero a rischio la credibilità delle forze armate italiane proprio sul fronte fra Libano e Israele, impiegate nella missione UNIFIL di cui il nostro Stato presiede per la quarta volta il comando. L’Italia infatti, è da ben più di dodici anni un interlocutore per e fra entrambe le parti in causa. Se la Palestina e Hamas rappresentano casi storici e politici ben più fitti e intricati, ove le posizioni nette hanno una loro legittimità più o meno discutibile, sul Libano c’è veramente poco da dire. Nella miriade di uscite e sparate giornaliere, Salvini potrebbe scusarsi con tutte quelle comunità falcidiate dalle forze d’invasione israeliane e che Hezbollah, da più di trent’anni, difende con ogni mezzo a disposizione.


Alberto Pento
Questo è un articolo pieno di menzogne e di falsità. Israele non attua alcun imperialismo espansionista coloniale, semplicemente occupa il Golan che è terra israeliana e si difende dalle aggressioni nazi maomettane dei libanesi-iraniani.
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