Bergoglio in Asia (le idolatrie religiose si reggono a vicenda, si sotengono anche se sono incompatibili)
In Bangladesh su 300mila imam (uno per ogni moschea), oltre 200mila sono per la violenza maomettana e solo 100mila sono contro.
Dove sta il problema????
A papa Francesco una fatwa contro l’estremismo firmata da 100mila imam (su 300mila)AsiaNews.it
29/11/2017
BANGLADESH – VATICANO
Anna Chiara Filice
http://www.asianews.it/notizie-it/Leade ... 42448.html Allamma Majharul Islam è il grande custode della moschea Amber Shah Shahi Jami. Un gruppo interreligioso per promuovere l’armonia tra le fedi. Il dolore per l’attentato alla mosche nel Sinai. Per frenare il terrorismo, “puntare sull’educazione nella madrasse e controllare i sermoni nelle moschee”. Dall'inviato
Dhaka (AsiaNews) – A papa Francesco “consegneremo una lettera che contiene una fatwa contro l’estremismo firmata da 100mila imam”. Lo dice ad AsiaNews Allamma Majharul Islam, Grand Khatib (grande custode) della Amber Shah Shahi Jami Mosque, nella zona di Kawran Bazar a Dhaka. Lo incontriamo nella moschea di cui egli è custode, di sera, mentre gli studenti della sua madrassa (scuola coranica) recitano le preghiere islamiche (v. foto). Tra una tazza di thè e un dolce preparato dalla moglie di un imam che lo accompagna, egli parla di armonia interreligiosa, di come costruire la pace in Bangladesh, del fondamentalismo islamico. Soprattutto sottolinea: “L’islam non consente alcuna forma di terrorismo. Da predicatore, insegno ai miei studenti che islam vuol dire pace, e non offendere i sentimenti religiosi di nessuno”. Di seguito l’intervista.
Grand Khatib, come accoglierà il papa e cosa vuole dirgli?
Accogliamo papa Francesco con immensa gioia. Egli è un leader mondiale. Viene in un piccolo Paese islamico. La sua visita ci rende onore, perché egli non è solo il capo dei cristiani, ma è un leader di tutti i fedeli. Ogni religione porta con sé un messaggio di pace, e il Santo Padre lo promuove in maniera adeguata. Sarò uno dei 500 religiosi islamici che incontreranno papa Francesco [durante il raduno interreligioso ed ecumenico per la pace del primo dicembre, nel giardino dell’arcivescovado – ndr]. In quell’occasione gli consegneremo una lettera che contiene una fatwa contro la militanza islamica firmata da 100mila sacerdoti musulmani.
Cosa si aspetta che papa Francesco dirà a voi musulmani?
Il Santo Padre darà un messaggio di amore, in particolare per i Rohingya, e li aiuterà a risolvere il loro problema di rifugiati. Di sicuro la sua visita porterà ad una rapida risoluzione della crisi [dei profughi musulmani scappati dal Myanmar e accampati in centri di fortuna nella zona di Cox’s Bazar – ndr]. Allo stesso tempo, da leader islamico, io ritengo che essi debbano ritornare in Myanmar, perché essi non sono mai stati cittadini del Bangladesh. E soprattutto perché ognuno ha diritto di vivere nel proprio luogo di origine.
Secondo lei, come si può stimolare l’armonia e la convivenza tra le religioni in Bangladesh? E tra i fedeli musulmani sciiti, sunniti e sufi?
Abbiamo creato il World Religious Forum (Wrf), che raduna insieme i leader religiosi musulmani, cristiani, indù e buddisti. Io ne sono il coordinatore. Con questo forum non vogliamo solo costruire rapporti di fratellanza tra sunniti e sciiti, ma anche tra le altre religioni. Organizziamo programmi per il dialogo interreligioso con coloro che praticano la vera religione che è quella della pace. Anche il card. Patrick D’Rozario [arcivescovo di Dhaka] fa parte del gruppo ed è coinvolto in maniera diretta nelle iniziative. Per il nostro grande contributo alla costruzione dell’armonia interreligiosa abbiamo anche ricevuto numerose lettere di ringraziamento da parte del Vaticano.
Ci fa qualche esempio concreto di convivenza e di rispetto tra le religioni?
Negli scorsi anni sono stati pubblicati su Facebook alcuni commenti che incitavano alla violenza religiosa a Cox’s Bazar, o contro i cristiani di Rongpur, o che giustificavano l’omicidio di Sunil Gomes, un cattolico sgozzato a Natore. Noi abbiamo organizzato una marcia di protesta, cui hanno partecipato 5mila imam e fedeli. È stata la prima volta che il Wrf protestava contro gli attacchi settari nei confronti dei fedeli di altre religioni. Il programma interreligioso ha avuto anche risonanza su tutti i media e noi abbiamo ricevuto apprezzamento da più parti.
Avrà sentito del recente attentato nel Sinai, che ha fatto più di 300 morti e aveva come obiettivo una moschea frequentata da sufi. Quali sono i suoi sentimenti a riguardo?
Quando ho sentito la notizia, ho avvertito un profondo dolore nel cuore. Essi sono dei terroristi. Noi siamo contro la violenza. Siamo addolorati per tutte le atrocità che accadono nel mondo, non solo verso i musulmani ma anche verso i cristiani, i buddisti e gli indù.
In che modo si può assicurare la pace e la giustizia sociale nel suo Paese?
Noi lavoriamo per garantire la giustizia sociale e in questo siamo appoggiati dalle politiche del governo. Io sostengo che tutti debbano godere dei propri diritti, anche i Rohingya. Sosteniamo anche lo sviluppo delle donne e diamo aiuti alle vedove. Per assicurare la pace, operiamo insieme agli altri leader religiosi, in modo che essi godano della libertà di predicare secondo i valori della propria religione. Nessuna fede promuove la violenza religiosa. E per quanto riguarda il terrorismo islamico, nessuna religione permette il conflitto e le uccisioni.
E come frenare il terrorismo?
Dobbiamo ripartire dall’educazione. Noi insegniamo i nostri valori nelle madrasse. Agli alunni riportiamo i veri insegnamenti dell’islam. Motiviamo i giovani e diciamo loro che non c’è posto per le armi o per compiere attacchi contro altri fedeli. Sono orgoglioso di dire che il 90% dei membri del Wrf sono studenti coranici. Il fondamentalismo in questo Paese deriva dalla sbagliata educazione. Poi dobbiamo stare attenti ai sermoni. In Bangladesh ci sono circa 300mila moschee, di cui 10mila solo a Dhaka. Nella mia moschea vengono a pregare circa 8mila musulmani, tra cui diversi ministri del governo. Io sono consulente del ministro dell’Interno e ho il compito di controllare le predicazioni, per evitare che gli imam indulgano in discorsi d’odio. Se ci rendiamo conto che qualcuno predica gli insegnamenti sbagliati e incoraggia l’estremismo, dobbiamo agire contro di essi.
(Ha collaborato Sumon Corraya)
Alberto Pento100mila Imam contro la violenza maomettana? Ma altri 200mila sono per la violenza maomettana!In Bangladesh aumentano le violenze contro i cristianiFabio Polese - Ven, 11/12/2015
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ban ... 03369.htmlDue fratelli cattolici sono stati feriti in modo grave nella tarda mattinata di ieri a Dacca. La dinamica dell’aggressione è molto simile a quella avvenuta lo scorso 18 novembre al missionario italiano Piero Parolari
Ancora violenze religiose in Bangladesh. Questa volta è toccato a due fratelli cattolici, feriti in modo grave nella tarda mattinata di ieri nella capitale del Paese.
I due, Rajesh D’ Cruze e Ranjan D’ Cruze, si trovano in condizioni disperate presso il Medical College Hospital di Dacca.
La dinamica dell’aggressione non è ancora del tutto chiara. Ma secondo le prime ricostruzioni, i due fratelli sono stati avvicinati intorno alle 12 da diversi assalitori armati di pistole e coltelli, mentre erano nella zona di Mohakhli, uno dei quartieri più affollati della capitale.
L’attacco armato è molto simile a quello dello scorso 18 novembre al medico e sacerdote italiano Piero Parolari, avvenuto nella città di Dinajpur, a circa trecento chilometri a nord di Dacca. Il missionario del Pontificio istituto missioni estere (Pime), era stato attaccato da tre uomini armati mentre si stava recando al lavoro. Questa aggressione era stata subito rivendicata dagli uomini dello Stato Islamico. “Il crociato italiano Pietro Parolari che opera da anni in una campagna missionaria nel distretto di Dinajpur”, si leggeva nel comunicato diffuso dai tagliagole del Califfo, “è stato attaccato con diversi colpi sparati da una pistola con silenziatore che gli hanno provocato gravi lesioni”.
“Condanniamo senza riserve questo attacco efferato e chiediamo azioni immediate contro i colpevoli”, ha detto ad Asia News Nirmal Rozario, segretario generale della Bangladesh Christian Association (Bca). “Quest’anno ci sono stati numerosi episodi di violenza contro i cristiani. Vogliamo la giusta punizione per chi ha commesso questo crimine”. E ha lanciato un appello al governo: “Chiediamo di garantire giustizia e sicurezza per tutti”.
Sempre secondo quanto riferisce Asia News, nelle ultime settimane diversi cristiani sono stati minacciati di morte con una serie di lettere e messaggi recapitati sul cellulare delle vittime designate, “colpevoli di essere stranieri o predicatori del Vangelo nel Paese”. Nelle minacce si consiglia loro di “mangiare finché possono, perché presto saranno uccisi”.
https://it.wikipedia.org/wiki/Diritti_u ... Bangladesh Attacchi a case e luoghi di culto si verificano prevalentemente contro i fedeli del culto Ahmadi e con sempre maggior frequenza, ma il governo ha fatto la scelta di non prevenir in alcuna maniera tali atti né disciplinare gli agenti di polizia responsabili che non sono riusciti (o che non hanno voluto) difendere le vittime degli attacchi. Anche altre minoranze religiose si trovano prese di mira e sotto attacco tramite rapimenti, profanazione dei luoghi di culto e conversioni forzate; con sempre maggior insistenza vengono segnalati casi in tal senso[8].
Vi sono state anche molte segnalazioni di persone di fede induista sfrattate arbitrariamente dalle loro proprietà e di ragazze indù vittime di violenza sessuale[9], ma con le forze di polizia che si rifiutano di indagare per perseguire penalmente i responsabili di tali azioni.
Anche a causa di questo clima palpabile di persecuzione religiosa, centinaia di migliaia di buddhisti, cristiani e indù si son trovati costretti a lasciare il paese.
Bangladesh, il Papa e cristiani perseguitatinovembre 10, 2017
http://www.tempi.it/bangladesh-la-visit ... h-P5zdryjI«La speranza di noi cattolici è che la visita del Santo Padre possa tradursi in una maggiore sicurezza per le minoranze religiose»
Bangladesh, September 2012 Chittagong. Bishop House Mass Project trip of Veronique Vogel, Jesus Garcia
Tratto da Acs – «La speranza di noi cattolici del Bangladesh è che la visita del Santo Padre possa tradursi in una maggiore sicurezza per le minoranze religiose». Così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre padre Gabriel Amal Costa, missionario del Pime, originario della diocesi di Dacca.
Il religioso ha raccontato come l’intera popolazione bengalese, musulmani inclusi, sia lieta di ricevere la visita di Papa Francesco, in programma il 1° e il 2 dicembre prossimi. La comunità cristiana, che rappresenta appena lo 0,3 percento dei 160 milioni di bengalesi, attende ovviamente con ansia il Pontefice e spera che Francesco possa invitare le autorità locali a tutelare maggiormente le minoranza religiose. «Dopo l’attentato di Dacca nel luglio 2016, abbiamo vissuto un periodo di paura e incertezza e auspichiamo che il Papa possa aiutarci in tal senso».
Padre Costa ha riferito del grande cambiamento del Bangladesh negli ultimi anni, in particolare a causa della diffusione di un fanatismo islamico che non appartiene affatto alla cultura bengalese. «Le principali vittime di questo fanatismo sono le minoranze religiose, ma vengono colpiti anche i musulmani non radicali», afferma il sacerdote notando tuttavia come il partito al potere stia cercando di arginare l’estremismo e si stia impegnando per rendere il Paese maggiormente democratico.
Al tempo steso si sono registrati anche cambiamenti positivi, come ad esempio la crescita della popolazione cattolica. Rispetto alle 4 diocesi che contava la Chiesa visitata da Giovanni Paolo II nel 1986, quella che incontrerà Francesco vanta oggi 8 diocesi e un maggiore numero di battezzati e di sacerdoti, religiosi e vescovi locali. «Non mancano neanche le conversioni di musulmani al Cristianesimo, anche se si tratta di un processo piuttosto lungo. La Chiesa, infatti, deve essere molto prudente in questi casi perché seppure le conversioni dall’Islam non sono proibite per legge, a livello sociale sono spesso ostracizzate».
Nonostante le difficoltà, la Chiesa del Bangladesh conserva una fede ben salda che padre Costa ritiene possa essere d’esempio ai cristiani occidentali, «i quali a volte hanno paura o vergogna di mostrare la loro identità religiosa. I cristiani bengalesi invece vivono apertamente la loro fede e la mostrano con orgoglio».
Minacciato di morte, un intero villaggio indù costretto a fuggire30/03/2015
http://www.asianews.it/notizie-it/Bangl ... 33854.htmlBANGLADESH
Sumon Corraya
Le 14 famiglie che abitavano Chandantola vivono ora come rifugiati in una città vicina. Politici locali li hanno costretti a vendere le proprietà a prezzi stracciati. La polizia ha arrestato alcuni responsabili, ma la minoranza denuncia: “Da tempo subiamo persecuzioni e le nostre ragazze vengono regolarmente molestate”.
Dhaka (AsiaNews) – Una fila di case ancora tutte ammobiliate, ma senza alcun essere umano al loro interno. È così che appare oggi il villaggio Chandantola (distretto di Barguna, Bangladesh), a maggioranza indù. Le 14 famiglie che lo abitavano hanno abbandonato le loro proprietà per mancanza di sicurezza e per la continua persecuzione che subivano. Con le ultime minacce di morte, sono stati costretti a vendere le loro proprietà a prezzi irrisori e ora vivono in una città del distretto come rifugiati.
È nel 2013 infatti che una prima famiglia decide di abbandonare il villaggio, a causa delle ripetute minacce. All’inizio del 2014 altre due famiglie hanno preso la stessa decisione. Le ultime nove se ne sono andate il 13 marzo scorso.
Secondo testimonianze locali, dietro questa campagna intimidatoria vi sono Abdur Rashid Akan, leader locale del Bangladesh Nationalist Party (Bnp, nazionalista), e Jakir Hossain Sarkar, dell’Awami Juba League. I due avrebbero istigato la comunità islamica contro quella indù, con l’obiettivo di cacciare la minoranza dal villaggio e prendersi i terreni.
“Guidate da Jakir e altri leader – racconta Taslima Begum, musulmana di 40 anni – alcune persone sono venute nel villaggio è hanno costretto gli indù a vendere le loro case a prezzi stracciati.
Per la loro “fuga” il 22 marzo scorso alcuni musulmani sono stati denunciati e arrestati, incluso Rashid. Un funzionario di polizia di Taltoli, Mohammad Babul Akhter, riferisce: “Stiamo investigando sul caso con la massima urgenza”. Tuttavia, nonostante le assicurazioni delle autorità distrettuali, la comunità non ha intenzione di tornare al villaggio. “Se necessario – spiega il vice-commissario di Barguna, Mir Zahurul Islam – costruiremo loro nuove case con fondi del governo”.
Gli indù accusano l’amministrazione di non aver tenuto conto dei loro reclami e delle pressioni che hanno portato al loro esodo.
Le vittime spiegano che le ragazze della comunità hanno dovuto subire regolari molestie sessuali. Le persone hanno anche dovuto ritirare una denuncia contro Rashid, colpevole di aver torturato alcune donne, per via delle minacce di Jakir. “Ci hanno minacciato con coltelli e chiesto di abbandonare la zona subito. Ci siamo anche rivolti ai leader dell’Awami League [primo partito del Paese, ndr], ma è stato inutile”.
Persecuzione di natura religiosa, minacce ed espropri terrieri stanno riducendo a poco a poco la comunità indù in Bangladesh. Ogni mese ci sono episodi di demolizione di templi e idoli della minoranza. Dall’essere il 30% della popolazione nel 1947, quando il territorio [allora Pakistan orientale, ndr] è diventato indipendente dai coloni inglesi, oggi gli indù sono ridotto al 10% su oltre 164 milioni di persone.
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