I popoli del mondo si rivoltano contro il nazismo maomettano

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Messaggioda Berto » sab mar 17, 2018 9:13 pm

La Polonia non gradisce per nulla i maomettani e giustamente

Sans complexe, la Pologne affirme ne pas vouloir de musulmans chez elle
Publié le 14 mars 2018 - par Alain Marsauguy
https://ripostelaique.com/sans-complexe ... lmans.html

S’il est un pays en Europe où les musulmans ne sont pas les bienvenus, c’est la Pologne. Le pays refuse de recevoir des migrants en provenance d’Afrique ou du Moyen-Orient et n’en éprouve aucun complexe.

« L’islam est une religion archaïque qui n’a pas de place dans notre société » répondent à 60% les Polonais dans une enquête du centre de recherche sur les préjugés de la faculté de psychologie de Varsovie. C’est la peur des attentats qui est à la base de cette réaction. Pour un Polonais, un réfugié est un terroriste potentiel. « Nous n’avons pas d’attentats, parce que nous n’avons pas d’immigrés sur notre sol » se félicitent-ils.

Dans le rapport européen sur l’islamophobie paru en 2016 à la question posée de savoir « si l’immigration des pays à majorité musulmane devrait être arrêtée », la Pologne arrive en tête avec 71% de réponses positives (60% pour la France). C’est clair, les Polonais refusent la colonisation de leur pays par des « envahisseurs ». Un sentiment largement partagé tant par les responsables politiques que par les autorités religieuses du pays.

« Qu’on ne nous dise pas qu’on n’accueille pas de réfugiés. Nous avons reçus plus de 1,2 million d’Ukrainiens et de Biélorusses » s’indigne Mgr Sochacki, recteur de la cathédrale de Cracovie. La Pologne qui s’oppose à la politique des « quotas de réfugiés » imposée par Bruxelles manque pourtant de main d’œuvre dans une économie de quasi plein emploi. Mais elle ne veut recruter que des immigrés chrétiens. La crise qui a opposé la Russie à l’Ukraine en 2015 et 2016 a été pour elle une véritable bénédiction. Néanmoins, n’entre pas dans le pays qui veut ! Les candidats à l’émigration doivent répondre à un questionnaire très poussé et les membres de leur famille soumis à une enquête approfondie. Les autorités ne veulent prendre aucun risque. Le migrant n’est accepté qu’à la condition qu’il fasse le travail qui lui est proposé. Pour vivre il devra travailler car il ne bénéficiera d’aucune aide sociale.

Une immigration choisie

Moyennant quoi la Pologne a un taux de chômage parmi les plus bas d’Europe : 4% seulement. De quoi faire pâlir d’envie un Macron ou une Merkel ! A l’immigration de masse, la Pologne a préféré l’immigration choisie. Les Polonais ont gardé une conscience raciale et veulent préserver leur identité. Ils sont blancs, chrétiens de confession et tiennent à le rester. Peu importe les menaces brandies par l’Union européenne pour les obliger à accueillir des immigrés. Un récent sondage montrait d’ailleurs qu’une majorité d’entre eux préféreraient que la Pologne quitte l’Union européenne plutôt que d’accepter les conditions de Bruxelles.

Ce pays martyr, meurtri, plusieurs fois dépecé au cours de l’Histoire et qui a subi du fait de la guerre l’occupation allemande et les persécutions des nazis, l’horreur des camps de concentration, mais aussi les massacres commis par les soviétiques et la dictature du communisme n’est pas prêt à sacrifier sa liberté retrouvée pour obéir aux diktats de l’Union européenne. Les Polonais sont tellement allergique à l’islam qu’ils croient que les musulmans représentent 7% de la population, soit 2 millions d’habitants, alors qu’on n’en recense que 40 000 pour tout le pays soit 0,1%.

Il n’empêche que c’est encore trop pour eux. Ces dernières années et notamment depuis les attentats qui ont ensanglanté la France et plusieurs pays européens, on assiste à la montée dans l’opinion d’un rejet de l’islam qui se manifeste aussi bien dans les médias que dans la rue par des manifestations, voire des agressions à l’égard de mahométans. Depuis 2013, ceux-ci ont remplacé les Roms sur le plan de la discrimination.

Une islamophobie dont il faut, sans doute, chercher les racines dans la mémoire collective des Polonais où sont inscrites les guerres menées contre l’Empire Ottoman notamment sous le règne de Jean III Sobieski. Une interminable lutte de 250 ans entre les forces de l’Occident chrétien et les troupes turques qui prît un tournant décisif à Vienne en 1683. La République polonaise gagna à cette occasion le titre d’Antemurale Christianitatis (rempart du Christianisme). Un titre qu’elle mérite toujours aujourd’hui.
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Messaggioda Berto » dom mar 18, 2018 7:22 pm

I belgi non gradiscono i nazisti maomettani

The Belgians are fed up! Now they're wearing pig masks to provoke Muslims
I belgi sono stufi! Ora indossano maschere di maiale per provocare i musulmani.
30 aprile 2017
https://www.facebook.com/19028323472506 ... 7072816676
https://www.facebook.com/News-World-Pap ... fY&fref=nf
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Messaggioda Berto » lun mar 19, 2018 1:27 pm

Ungheria, tira sassi alla polizia: condannato per terrorismo
18 Marzo 2018

http://www.ilpopulista.it/news/18-Marzo ... rismo.html

Aizzava i clandestini in rivolta
Ahmed Hamad per la sinistra internazionale è una povera vittima condannata ingiustamente

Entra illegalmente nel Paese, aizza la folla di clandestini a sfondare il cancello che delimita la frontiera e lancia sassi alla polizia. L’Ungheria lo condanna a 7 anni per “atti di terrorismo”. Il signore in questione è Ahmed Hamad, siriano-cipriota che nel settembre 2015 guidò la rivolta degli immigrati che pretendevano di varcare il confine ungherese illegalmente. La polizia per cercare di contenere l’assalto degli irregolari utilizzò acqua e gas lacrimogeni, mentre l’islamico condannato per terrorismo incitava alla ribellione attraverso l’altoparlante.

Per la sinistra internazionale si tratta di una povera vittima condannata ingiustamente. Amnesty International dichiara che "il verdetto di oggi riflette la pericolosa sintesi delle radicali leggi anti-terrorismo ungheresi e la spietata repressione di Budapest nei confronti di rifugiati e migranti. La condanna di Ahmed dovrebbe essere annullata in appello e lui rilasciato senza indugio". Persino l’irreprensibile Obama, il presidente Usa che bombardò la Libia uccidendo donne e bambini innocenti, nel 2015 espresse “preoccupazione per l’arresto di Hamed”, e così fece anche il Parlamento europeo.


Alberto Pento
Condanna esemplare più che giusta. Questo profugo clandestino è un criminale senza rispetto per la terra e la casa degli altri. È un delinquente violatore dei diritti umani degli ungheresi e degli europei, aggravato dal nazismo maomettano. Finita di scontare la pena deve essere espulso o se non momentaneamente espellibile andrebbe tenuto in un campo di concentrameto di sicurezza a pane e acqua.
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Messaggioda Berto » lun mar 19, 2018 9:58 pm

Il Regno Unito rifiuta l'ingresso al leader degli anti-islam di Pegida
Ivan Francese - Lun, 19/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/reg ... 06834.html

Il fondatore di Pegida Lutz Bachmann è stato fermato all'aeroporto londinese di Stansted perché "la sua presenza" non sarebbe "nell'interesse pubblico del Regno Unito"

Lutz Bachmann, leader del gruppo di estrema destra tedesco Pegida, è stato bloccato all'aeroporto londinese di Stansted e gli è stato rifiutato l'ingresso nel Regno Unito.

Il 45enne fondatore del gruppo anti-islamico è atterrato allo scalo inglese sabato sera ma è stato bloccato dalle autorità doganali britanniche ed espulso dal Regno la mattina della domenica. Interpellato dal quotidiano The Independent, il ministero dell'Interno di Londra ha spiegato che "la presenza di Bachmann sul suolo britannico non è nell'interesse del bene comune" della Gran Bretagna.

Bachmann avrebbe dovuto parlare al famoso speakers corner di Hyde Park a Londra insieme al leader nazionalista di estrema destra inglese Tommy Robinson: un altro attivista da tempo impegnato contro "l'islamizzazione dell'occidente".

Il fondatore di Pegida ha dovuto rinunciare al proprio ruolo ufficiale nell'organizzazione sin dal gennaio 2015, in seguito allo scandalo scoppiato per la pubblicazione di una foto che lo ritraeva nei panni di Adolf Hitler ma questo non gli ha impedito di mantenere comunque una enorme influenza sul movimento.

Come ricorda l'Independent citando la testata tedesca Sachsische Zeitung, in passato Bachmann ha accumulato diverse condanne, per capi d'accusa che comprendono fra l'altro furto con scasso, spaccio di cocaina, guida in stato di ebbrezza e senza patente.

https://it.wikipedia.org/wiki/Pegida
Pegida (in tedesco Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes, che tradotto significa Patrioti europei contro l'islamizzazione dell'Occidente) è un movimento politico tedesco antislamista fondato a Dresda nel 2014 e considerato da alcuni analisti politici vicino all'estrema destra, al partito Alternativa per la Germania e al Partito Nazionaldemocratico di Germania, data la partecipazione di alcuni militanti dell'NPD a manifestazioni organizzate da Pegida .
Il leader del gruppo Lutz Bachmann, si è dimesso il 21 gennaio 2015 dopo che il giornale tedesco Bild aveva pubblicato una sua foto in cui mostrava un taglio di capelli e di baffi molto simili a quelli di Hitler. Successivamente è stato reintegrato presidente del movimento il 24 febbraio dello stesso anno.

https://it.wikipedia.org/wiki/Lutz_Bachmann
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Messaggioda Berto » mar mar 20, 2018 8:05 pm

Un appello contro il “nuovo totalitarismo islamista”
Giulio Meotti
20/03/2018

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 1070209938

Un appello contro il “nuovo totalitarismo islamista” è stato lanciato sul Figaro da 100 intellettuali francesi fra cui gli storici Georges Bensoussan e Alain Besançon, il medievista Rémi Brague, lo scrittore Pascal Bruckner, l'ex ministro Luc Ferry, i filosofi Alain Finkielkraut e Jean-Pierre Le Goff, lo studioso Pierre Nora, il professor Robert Redeker, il romanziere algerino Boualem Sansal, il politologo Pierre-André Taguieff e altri.

“Non molto tempo fa, l'apartheid regnava in Sud Africa. Oggi l'apartheid di un nuovo tipo viene proposta alla Francia, una segregazione capovolta grazie alla quale i 'dominati' preserverebbero la loro dignità riparandosi dai 'dominatori'.

Il nuovo separatismo avanza mascherato. Vuole apparire benigno, ma è in realtà l'arma della conquista politica e culturale dell'islamismo. Vogliamo vivere in un mondo in cui entrambi i sessi si guardano l'un l'altro senza sentirsi insultati dalla presenza dell'altro. Vogliamo vivere in un mondo in cui le donne non sono giudicate inferiori per natura. Vogliamo vivere in un mondo in cui le persone possano incontrarsi senza paura. Vogliamo vivere in un mondo in cui nessuna religione detta legge”.

Non so se la Francia sia perduta, come spesso temo, ma almeno esistono ancora delle teste pensanti che hanno il coraggio di battersi per ciò che siamo e che sanno bene quale sia la minaccia più grande alla nostra cultura.
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Messaggioda Berto » mar mar 20, 2018 10:07 pm

Anche la Germania non gradisce i maomettani


Germania, chi è il ministro dell'Interno anti-migranti
Barbara Ciolli
2018/03/20

http://www.lettera43.it/it/articoli/mon ... kel/218796

Il primo atto da falco del ministro dell’Interno tedesco, il leader bavarese Horst Seehofer, non è tardato ad arrivare: «Sospendere Schengen, finché l’Unione europea non sarà in grado di proteggere e controllare le sue frontiere esterne», ha detto in un’intervista al quotidiano die Welt, non appena varata la grande coalizione tra cristiano-democratici e sociali (Cdu-Csu) e socialdemocratici (Spd). La posizione di Seehofer non stupisce, anche se fa già irritare i compagni di governo della Spd: l’ex governatore della Baviera è dal 2008 a capo dell’ala più a destra (la Csu) dei conservatori di Angela Merkel.

ASSE CON AUSTRIA E UNGHERIA
Seehofer è sempre stato contrario alla linea dell’accoglienza, soprattutto di musulmani. «L’Islam non appartiene alla Germania» è l’altra sua uscita da ministro, di visione opposta anche alla cancelliera Merkel. Dall’emergenza dei migranti dell’estate 2015, quando quasi 1 milione di richiedenti asilo è entrato in Germania dalla rotta balcanica, il Land della Baviera si è ancora più irrigidito: Seehofer ha iniziato a chiedere di far saltare il trattato di Schengen sulla libera circolazione nell’Ue, in linea con il governo austriaco di destra radicale che minaccia di chiudere il Brennero e con il premier ungherese Viktor Orban che ha innalzato muri.

Non stupisce visto che tra Seehofer e Orban c’è grande affiatamento. Il neo ministro dell’Interno tedesco non ha mai neanche nascosto la fascinazione per le politiche protezioniste e nazionaliste del blocco dell’Est di Visegrad, capitanato dall’Ungheria. Certo si sperava in un ridimensionamento del capo della Csu dopo, in questo sì che aveva stupito, il grande feeling emerso ai colloqui per la grande coalizione con l’ex leader dei socialdemocratici Martin Schulz, promotore - sulla carta - di un esecutivo di politiche europee di crescita e condivisione.

MIGRANTI SACRIFICATI
In Germania gli accordi scritti e sottoscritti, quali i trattati di coalizione, fanno fede. Chi non li rispetta e (mai accaduto) fa saltare i governi ne risponde agli elettori. Ma è chiaro anche che Seehofer, ago della bilancia con 4 ministeri in quota Csu del quarto e probabilmente ultimo esecutivo Merkel, giochi le sue carte fino in fondo. Specie se i migranti sono stati le vittime sacrificali delle nuove larghe intese tra Cdu-Csu e Spd. La maggioranza dei socialdemocratici, inclusa la loro leader in pectore ed esponente dell’ala sinistra Andrea Nahles, è per un approccio realista sul nodo degli ingressi.

Con idealismo solo i giovani socialdemocratici (Jusos), contrari alla grande coalizione, difendono a spada tratta l’accoglienza, molto più in sintonia con i Verdi che non con il proprio partito. Nahles e molti compagni sono convinti che si debba controllare e limitare il numero di immigrati nel Paese, per non intaccare le tutele sociali e sul lavoro dei cittadini tedeschi. Da lì a sospendere Schengen ce ne vuole, ma non è un caso che a Seehofer sia stato assegnato il ministero chiave in materia degli Interni e che uno dei pilastri per l’accordo di governo tra destra e sinistra tedesche sia proprio la quota di massimo 220 mila ingressi l’anno di migranti.

STOP A RICOLLOCAMENTI DA ITALIA
Si dice che Merkel l’abbia concesso a malincuore a Seehofer, insistendo che chi ha diritto d’asilo debba sempre entrare. Ma la cancelliera non aveva scelta, anche se è contro le politiche di Austria e Ungheria. E solleva perplessità la postilla nelle linee guida per la grande coalizione- per i socialdemocratici inserita all’ultimo e di sotterfugio (cioè una volta ottenuto il via libera dalle delegazioni dei negoziatori, con la bozza in mano ai tre leader: Merkel, Seehofer e Schulz) - che chiama direttamente in causa l’Italia e la Grecia: con i 220 mila ingressi l’anno, inclusivi di ricongiungimenti e ricollocamenti nell’Ue, decadrà l’accordo tedesco per accogliere fino a 1000 richiedenti asilo al mese dai Paesi d’approdo.

Il nuovo e strano governo tedesco promette da una parte politiche economiche più espansive, di imprimatur della Spd, dall’altra più chiusure sui migranti: alla fine dell'ultima legislatura Merkel aveva inasprito la legge sull’asilo e dichiarato in modo controverso l’Afghanistan «Paese sicuro», procedendo a migliaia di rimpatri. Con la nuova si va verso una stretta sui ricongiungimenti familiari e, attraverso l’alt alle quote dei ricollocamenti da Italia e Grecia, anche a una chiusura obliqua del Brennero: Seehofer non otterrà i “controlli alle frontiere” interne richiesti, ma il flusso dal Sud si contrarrà come vuole anche Vienna.

MERKEL AMBIGUA
Merkel è solita muoversi nelle retrovie, è la sua tattica di sopravvivenza. Nessuno sa quanto personalmente avalli i suoi ministri di punta falchi: valeva per il falco alle Finanze Wolfgang Schäuble, varrà per Seehofer. Fino a che punto la cancelliera farà passare la linea dura dipenderà anche dalla convergenza con il presidente francese Emmanuel Macron, il cui piano per gestire i migranti («fascista» per la sinistra) espellendoli non è, nella sostanza, diverso da quello di Austria e Ungheria. Nell’incontro appena concluso con Merkel, l'inquilino dell’Eliseo ha commentato il risultato choc delle elezioni in Italia, «conseguenza della duratura crisi economica e delle sfide migratorie».




Alberto Pento
Non è antimigranti, è anti clandestini, anti migrazioni indiscriminate e sopratutto antimaomettano.
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Messaggioda Berto » lun apr 09, 2018 7:38 am

Ungheria, Orbán vince le elezioni con quasi il 50 per cento dei voti
Orbán, al potere dalla vittoria elettorale dell'aprile 2010, si afferma alle legislative, conquistando il terzo mandato consecutivo. "Ora difenderemo la madrepatria", dice subito dopo il risultato
di ANDREA TARQUINI
08 aprile 2018

http://www.repubblica.it/esteri/2018/04 ... -193304539

BUDAPEST - Alla fine Viktor Orbán ce l'ha fatta. Il popolare, carismatico premier nazionalconservatore e sovranista ungherese, secondo i dati provvisori delle elezioni legislative svoltesi questa domenica nel paese magiaro, conquista il 49,5 per cento dei voti. Tradotto in seggi, è maggioranza assoluta ma forse non la maggioranza di due terzi necessaria per continuare a sviluppare il suo progetto di "democrazia illiberale" che si ispira apertamente ai presidenti russo e turco, Putin ed Erdogan. "Questa è una vittoria decisiva, in futuro saremo in grado di difendere la nostra madrepatria", ha commentato subito dopo il risultato.

Guadagnano molti consensi salendo al 20 per cento i suoi rivali di Jobbik, partito trasformatosi da ultradestra xenofoba e antisemita in centrodestra presentabile. I socialisti (ex comunisti) sono all'11,85 per cento che arriva al 12 per cento sommando i piccoli alleati verdi. Secondo gli osservatori difficilmente i voti dall'estero (gli expats ungheresi a Berlino Londra Parigi eccetera, e i membri delle minoranze ungheresi in Slovacchia Romania Serbia Ucraina) potranno cambiare in modo essenziale questi risultati provvisori.

Orbán dunque ce l'ha fatta ancora una volta. Ha conquistato un terzo mandato (è al potere dalla vittoria elettorale dell'aprile 20110 e riconfermato nell'aprile 2014) e potrà continuare nella sua dura politica di no all'immigrazione e ai presunti diktat dell'Unione europea da cui pure Budapest riceve ingenti aiuti coi fondi di coesione. Il successo del leader magiaro è importante per i sovranisti in tutta la Ue.

Gli avversari lo avevano accusato di casi di corruzione, di controllo di istituzioni e media, di malversazione del 30 per cento degli aiuti europei, di amicizia con Putin incompatibile con le strategie di Ue e Nato, di connivenza con gli oligarchi. Ma la sua campagna concentrata sul no ai migranti e sull'accusa (nome per nome) a tutti gli oppositori di essere agenti stranieri al servizio della presunta congiura del tycoon americano di origini ebree ungheresi Soros, per islamizzare l'Europa favorendo le ondate migratorie, sembra aver convinto.

Sotto Orbán l'Ungheria ha vissuto e vive una delle crescite economiche più robuste della Ue, ampi investimenti industriali di alta tecnologia, bassa disoccupazione e conti sovrani sotto controllo.




Elezioni in Ungheria, Orban vince ancora
2018/04/08

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... ca078.html

Il premier ungherese Viktor Orban ha vinto in maniera schiacciante le elezioni, conquistando il suo terzo mandato consecutivo dal 2010 in un voto che ha visto nel Paese un'affluenza record. Il partito di governo Fidesz, secondo i risultati diffusi quando lo spoglio era ormai oltre l'80%, conserva la maggioranza assoluta nel parlamento con il 49% dei consensi. Secondo è il partito Jobbik con il 20%, terza l'alleanza socialisti-verdi con 12%. Per tutto il giorno si sono registrate lunghe code davanti ai seggi elettorali, un'affluenza mai vista nel Paese. Una grande partecipazione che aveva fatto ipotizzare agli analisti la possibilità di una buona affermazione delle opposizioni che avrebbero potuto far perdere la maggioranza assoluta a Fidesz. Cosa che non è avvenuta.

Fino alla chiusura dei seggi, alle 19, circa 5,5 milioni di elettori sono andati alle urne, il 70%, contro un affluenza del 61,73% nel 2014. Circa 1547 i candidati in lizza per i 199 seggi del parlamento. Fidesz e il suo alleato il partito cristiano democratico avrebbero ne avrebbero conquistati 133. Il secondo posto alle elezioni è andato a Jobbik di Gabor Vona, partito conservatore nazionalista, ma non più euroscettico, che aveva promesso una lotta contro la corruzione generalizzata attribuita a Orban. A seguire l'alleanza socialista-verde (Mszp-P) e le altre formazioni politiche.

La vittoria - sono state le prime parole di Orban che ha festeggiato il risultato con i suoi sostenitori - è un'opportunità "per difendere l'Ungheria".
A premiarlo, secondo gli osservatori, è stato soprattutto il martellamento andato avanti per mesi, anche attraverso i media pubblici da lui controllati, circa il "pericolo mortale" che starebbe minacciando gli ungheresi: l'arrivo di migliaia di migranti musulmani, con il ricollocamento obbligatorio voluto dall'Ue. "Dobbiamo decidere bene, perché sbagliando non ci sarà più modo di riparare, rischiamo di perdere il nostro Paese, che diventerà un Paese di immigrati", aveva detto ancora il giorno delle elezioni. Un messaggio che ha evidentemente raccolto il favore dell'elettorato.




Ungheria: non xenofobia, ma sovranità
RodolfoCasadei
aprile 11, 2018
Come si spiega la grande vittoria dell'”impresentabile” Orban? Bisogna sapere un po’ di storia e comprendere i sentimenti di un popolo

https://www.tempi.it/la-parola-chiave-p ... s-XvJe-mjJ

Le elezioni politiche ungheresi del 2018 si sarebbero potute decidere sugli ottimi risultati economici conseguiti dal governo della coalizione Fidesz-Kdnp negli ultimi otto anni e sui vantaggi che alle classi popolari sono venuti dalle politiche governative. Negli ultimi tre anni il Pil è cresciuto sopra il 4 per cento e la disoccupazione è scesa al 3,8 per cento grazie agli investimenti esteri e all’osmosi con l’economia tedesca, che subappalta all’Ungheria molte fasi delle sue produzioni industriali. Ciò ha permesso di aumentare gli importi delle pensioni, ridurre quelli delle bollette di gas ed elettricità, istituire sussidi per le famiglie numerose, “salvare” le famiglie che avevano sottoscritto mutui per la casa in franchi svizzeri, ecc. Argomenti validissimi per la propaganda del governo uscente.

Oppure le elezioni si sarebbero potute decidere sui sempre più numerosi scandali che hanno visto al loro centro ministri dell’esecutivo Orban, imprenditori amici del partito Fidesz, personalità nominate a posti di responsabilità pubblica dal governo, e sulle difficoltà a perseguire in giustizia i casi che li riguardano a causa della crescente subalternità del sistema giudiziario al potere politico. L’insofferenza crescente per il sistema di potere che si è consolidato negli ultimi otto anni, con la sua casta di privilegiati, avrebbe potuto aiutare l’opposizione a risalire la china e, se non proprio a detronizzare Orban, almeno a impedire che l’amministrazione uscente riconquistasse quella maggioranza parlamentare dei due terzi che le permette di fare tutto ciò che vuole.

Invece le elezioni si sono decise su temi apparentemente lunari come la minaccia islamica, l’ondata di migranti illegali (in un paese dove le domande d’asilo l’anno scorso sono state appena 3.397), la prospettiva che la barriera sul confine meridionale costruita nel 2015 al culmine della crisi migratoria venisse smantellata (in realtà nessun partito aveva questo punto nel suo programma), i tentativi di distruggere l’identità dell’Ungheria da parte del finanziere George Soros. Questi sono stati i temi ricorrenti e dominanti dei comizi di Viktor Orban e degli altri esponenti di Fidesz, insieme alla assicurazione che la conferma del governo uscente avrebbe salvato l’Ungheria da queste catastrofi. Fra le misure che Orban ha promesso in caso di vittoria alle elezioni spiccava quella di introdurre una legge che tasserebbe pesantemente le donazioni estere alle Ong ungheresi che si occupano di migranti secondo le prospettive e i valori di George Soros anziché quelli del governo ungherese. Gli elettori hanno ascoltato, si sono recati alle urne con una tasso di partecipazione del 68 per cento (quasi 7 punti in più della precedente tornata del 2014) e hanno premiato la coalizione guidata da Orban col 48,9 per cento dei voti.

Perché nell’Ungheria del 2018 la questione delle frontiere e dei migranti è più decisiva per l’esito delle elezioni degli argomenti che riguardano l’operato in bene e in male del governo? Perché la vertenza che si trascina con l’Unione Europa dal 2015, cioè il rifiuto da parte di Budapest di ricollocare 1.294 richiedenti asilo provenienti da Italia e Grecia, è così importante per governanti ed elettori ungheresi? I media e l’establishment dell’Europa Occidentale e Bruxelles agitano gli spauracchi della xenofobia, dell’antisemitismo, delle risorgenze fasciste o della penetrazione strisciante della Russia di Putin. Un misto di arroganza e ignoranza: Viktor Orban è stato dissidente antisovietico, si è laureato con una tesi su Solidarnosc, ha studiato a Oxford grazie a una borsa di studio della fondazione di George Soros (proprio lui!), la sua formazione politica è da sempre affiliata al Partito Popolare Europeo. Non più tardi del 2006 il partito socialista (Mszp) raccoglieva i voti del 43 per cento degli ungheresi: domenica scorso si è fermato a 12,3. Al secondo posto è finito Jobbik, fino a pochi mesi fa impresentabile partito antisemita e criptonazista, ma riabilitato agli occhi delle cancellerie europee da quando ha seppellito l’ascia di guerra contro Bruxelles e si è dato disponibile per una grande alleanza di tutti i partiti ungheresi contro Orban. Jobbik ha ricevuto il 19,3 per cento dei voti. Questo significa che quasi il 70 per cento dei votanti di domenica scorsa sceglie partiti nazionalisti contrari all’immigrazione di massa in Ungheria. Lo si poteva già intuire dal risultato del referendum contro le quote europee di migranti che il governo Orban promosse nel 2016: 3 milioni e 316 mila elettori – cioè 1 milione in più di quelli che avevano votato Fidesz alle elezioni di due anni prima – votarono contro la decisione europea di redistribuire obbligatoriamente anche in Ungheria una parte dei migranti arrivati in Italia e Grecia.

La parola chiave per capire quello che a livello politico succede in Ungheria e in altri paesi dell’Est che hanno aderito alla Ue (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) non è xenofobia, ma sovranità. L’Ungheria, come gli altri paesi dell’Europa orientale i cui elettorati hanno votato in massa forze nazional-conservatrici o populiste euroscettiche, è una nazione che ha trascorso metà della sua storia sotto il tallone di potenti vicini: nel suo caso ottomani, austriaci, sovietici. Ha perduto popolazione e territorio in conseguenza delle due guerre mondiali. Non ha partecipato a imprese coloniali, non ha praticato l’imperialismo nei confronti dei continenti extraeuropei nel XIX o nel XX secolo, dunque non nutre complessi di colpa verso africani e mediorientali. Ha aderito all’Unione Europea per godere della prosperità e dell’indipendenza che fino ad allora gli erano state per lungo tempo negate. Ora queste nazioni scoprono che il prezzo della prosperità che l’adesione alla Ue ha certamente favorito è la progressiva rinuncia alla propria indipendenza a vantaggio di una integrazione dove tutte le culture e le storie sono tenute a sciogliersi in un’indistinta unità fondata sulla libertà di mercato e sui diritti individualistici.

Liberatisi della dottrina brezneviana della “sovranità limitata”, in base alla quale nessun paese socialista poteva sperare di riavvicinarsi al capitalismo senza che gli altri paesi socialisti, a cominciare dall’Unione Sovietica, intervenissero con le buone o con le cattive per riportarlo all’ovile, oggi i paesi dell’Est si trovano di fronte a una nuova versione di quella dottrina, concepita stavolta a Bruxelles: nessun paese della Ue può opporsi al progetto di sempre maggiore integrazione fra i paesi aderenti, compresa la delicata materia delle politiche dell’immigrazione, senza rischiare di perdere i diritti di voto e i finanziamenti dei Fondi di coesione. Ma questa linea dura contro Budapest e Varsavia che trova ogni giorno nuovi sostenitori in Europa occidentale e a Bruxelles rischia di aggravare la crisi di coesione dell’Unione anziché risolverla. Occorrerebbe invece contemperare i processi di integrazione con la salvaguardia delle identità nazionali. Come scrive il filosofo Mathieu Bock-Côté: «Il diritto alla continuità storica è vitale per un popolo».



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Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 7:57 pm

Sondaggio francese: 88% degli intervistati chiede a Macron di vietare l’Islam salafita
Ilaria Myr
di Paolo Castellano
10 aprile 2018

http://www.mosaico-cem.it/attualita-e-n ... m-salafita

Molti francesi vogliono che i musulmani sospettati o convinti sostenitori dell’estremismo religioso vengano incarcerati, soprattutto se i loro nomi compaiono nelle liste d’osservazione delle agenzie di intelligence. Vorrebbero persino un divieto per l’ultra-conservatorismo dell’Islam salafita. A dirlo è un sondaggio francese che è stato realizzato dopo i recenti attacchi sanguinosi avvenuti in Francia.

Zero tolleranza verso imam e moschee che predicano odio
Gli oppositori di estrema destra di Emmanuel Macron hanno chiesto al presidente di affrontare con serietà i problemi sulla sicurezza e hanno suggerito che ci sarebbe un ampio consenso popolare se il governo agisse contro gli stranieri, le moschee e gli imam predicanti odio.
Un sondaggio di Odoxa pubblicato il 6 aprile ha mostrato che l’87% degli intervistati vorrebbe che gli individui sospettati di radicalizzazione religiosa venissero incarcerati, e l’88% è invece favorevole al divieto dell’Islam salafita, riporta Algemeiner.
Un altro sondaggio, realizzato però da Elabe, ha inoltre riscontrato che gli stranieri radicalizzati dovrebbero essere espulsi, mentre più della metà degli intervistati ha detto che Macron non sta facendo abbastanza per contrastare il terrorismo.
Il presidente vuole ridisegnare i rapporti tra i musulmani di Francia e lo stato secolare francese.


Il fallimento francese per un Islam legato alla laicità
Sin dalla fine degli anni ‘80, i successivi governi di Parigi hanno tentato, ma fallendo, di generare un liberale “Islam francese” che avrebbe aiutato a integrare la fede nella società laica.
Il problema è tornato a galla dopo che un marocchino con nazionalità francese, Mohammed Merah, ha ucciso 4 persone nel Sudovest della Francia il 23 marzo, proclamandosi seguace del sedicente Stato Islamico. In Francia, dall’inizio del 2015, sono state uccise circa 240 persone per mano di terroristi ispirati da una dottrina religiosa estremamente radicale, promossa dall’Isis.
L’Islam salafita è l’interpretazione letterale della scrittura coranica che è alla base della violenta ideologia dello Stato Islamico. Questa scuola di pensiero afferma che i musulmani devono ritornare alle pratiche dell’antico Islam del VII secolo e rifiutare molti aspetti della vita moderna.
La Francia, tradizionalmente una nazione cattolica, ha diviso chiesa e stato un secolo fa, garantendo ai suoi cittadini un solido laicismo. Il paese ha poi le più grandi comunità di ebrei e musulmani d’Europa. Quest’ultima, secondo le stime, sarebbe composta da circa 5 milioni di persone.


Gino Quarelo
Solo l'Islam salafità? Idiozia pura, tutto l'Islam è nazismo maomettano e ha come modello Maometto che è stato il primo criminale fondamentalòista islamico, altro che i salatiti! Nel Corano è prescritto proprio quello che fanno i salafiti e che ha fatto Maometto.
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Messaggioda Berto » gio apr 26, 2018 6:11 am

La Baviera ha deciso: una croce in ogni edificio statale
24.04.2018

https://www.tio.ch/estero/attualita/125 ... io-statale

Ad annunciarlo è stato il primo ministro del Land tedesco: «È un riconoscimento dell’identità»
MONACO DI BAVIERA - Delle tre misure annunciate martedì dal neo primo ministro della Baviera è stata quella più simbolica a catturare l’attenzione della stampa: da giugno si dovrà appendere una croce nell’atrio di ogni edificio statale del Land tedesco.
Markus Söder (Csu) ha tenuto a sottolineare che la suddetta croce «non rappresenta il simbolo di una religione» né lede il principio di laicità, ma, al contrario, vuole essere «un riconoscimento dell’identità» e della «impronta culturale cristiano-occidentale» della sua Baviera.
Come fa notare la Süddeutsche Zeitung, però, la croce che egli stesso ha voluto simbolicamente appendere nell’ingresso della cancelleria del Land, di religioso, ha molto. Era infatti stata donata al governo bavarese dal cardinale di Monaco Friedrich Wetter e, secondo quanto sottolineato da Söder, benedetta dal porporato stesso. Dal 2008 faceva bella mostra di sé nella sala dell’esecutivo.
La nuova regola varrà per tutti gli edifici statali del Land, non per quelli dei comuni o gli edifici del governo federale.
Fra le altre misure annunciate da Söder ci sono la creazione di una polizia di frontiera della Baviera che contrasti la criminalità e l’immigrazione irregolare e la limitazione dei mandati consecutivi del premier a 10 anni.
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Messaggioda Berto » ven apr 27, 2018 8:10 pm

Algerina rifiuta di stringere la mano agli uomini, la Francia le nega la cittadinanza
Ivan Francese - Gio, 26/04/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/alg ... 19652.html

La decisione del Consiglio di Stato dopo il rifiuto di una donna algerina di stringere la mano ai funzionari maschi che le stavano concedendo la cittadinanza

Niente stretta di mano, niente cittadinanza. Il diktat, severissimo, arriva dalla Francia, emesso dall'amministrazione statale e confermato dalla magistratura transalpina.

Come riporta The New York Times, lo scorso 11 aprile il Consiglio di Stato di Parigi ha emesso una sentenza destinata a fare scuola: una donna algerina che al momento della cerimonia di naturalizzazione si era rifiutata di stringere la mano ai funzionari d'Oltralpe ha perso il proprio diritto ad ottenere la cittadinanza francese. Una decisione - quella dei magistrati parigini - che conferma quanto statuito nel 2016 a Grenoble, quando la concessione della cittadinanza venne immediatamente sospesa e cancellata su due piedi.

All'epoca la donna si era rifiutata di dare la mano al funzionario locale del governo e al rappresentante delle istituzioni locali, entrambi maschi, adducendo presunte motivazioni religiose (anche se la sua affiliazione religiosa non è ancora ufficialmente nota). Fermissima e subitanea la reazione delle autorità francesi, confermata quasi due anni dopo dalla suprema magistratura amministrativa transalpina: il rifiuto di stringere la mano, sostengono i giudici del Consiglio di Stato nella loro sentenza, tradisce una mancanza di integrazione, per di più in un luogo e in un momento altamente simbolici.
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