Il maomettismo e i maomettani son una minaccia per l'umanità

Il maomettismo e i maomettani son una minaccia per l'umanità

Messaggioda Berto » dom gen 21, 2018 2:21 pm

Il peso scomodo della verità

http://www.linformale.eu/intervista-mor ... lla-verita

Mordechai Kedar è oggi in Israele una delle più autorevoli voci immerse nella realtà, e come ogni voce che strappa le maschere ai fatti è nemico giurato dei luoghi comuni e delle narrative consolidate. Studioso e conferenziere noto a livello internazionale, Kedar conosce profondamente la cultura araba e islamica. La conoscenza dell’arabo gli consente di avere un accesso diretto e privilegiato alle fonti e ai documenti che la maggioranza dei suoi colleghi possono leggere solo in traduzione. La lingua come strumento per entrare nella profondità delle cose e sfatare miti e leggende, o come si dice oggi, le “fake news”.

Lo abbiamo incontrato a Ra’anana, dove si è trasferito da anni.

Secondo la studiosa europea Bat Ye’Or, “Il jihad è al centro della storia e della civiltà islamica. Da quando la dottrina venne elaborata per la prima volta nella giurisprudenza del VII e IX secolo non è più stata messa in questione“. Qual è la sua opinione?

Potrei dire con una battuta di spirito se il tema non fosse molto serio che l’Islam senza il jihad è come un gatto senza baffi. Ovviamente ci sono anche altri comandi prescrittivi ma il jihad è il modo in cui si mettono gli altri nelle condizioni di accettare l’Islam. Il jihad può essere pacifico, la parola significa infatti sforzo e lo sforzo può essere di natura pacifica. Si può essere benevoli nei confronti degli altri convincendoli, come nel caso del jihad attraverso la dawa, in altre parole del jihad che chiama i non musulmani all’Islam, attraverso la persuasione, l’indottrinamento, la benevolenza. Quindi si tratta di una pratica intesa a promuovere l’Islam, tuttavia, se si rifiuta o si agisce contro l’Islam allora il jihad può trasformarsi nel “jihad el kitai”, il jihad della guerra, e qui tutto è permesso. Per esempio, le terre degli infedeli possono essere loro sottratte insieme alle loro mogli e così via. Una volta che l’Islam ha messo in atto questo mezzo attraverso cui diffondersi, il jihad è diventato di fatto la modalità con cui l’Islam opera quando si tratta degli altri. Internamente ci sono mezzi diversi al suo operare, come i califfi, i capi, ma quando si tratta degli infedeli, gli ebrei, i cristiani, i buddisti, ecc. allora c’è il jihad. Il Jihad è l’anima dell’Islam fin dalla sua origine, dai tempi di Maometto.

In una intervista che ho avuto l’anno scorso con lo storico Benny Morris, a una mia domanda sul ruolo della religione nel conflitto arabo-israeliano, ha risposto in questo modo, “Esiste un profondo antagonismo religioso da parte dell’Islam nei confronti dell’ebraismo ed è ancorato nel Corano in quanto quando Maometto iniziò la sua predicazione, l’ebraismo era una religione rivale. La religione è la base del persistente antagonismo dei musulmani contro ebrei e cristiani ed è la giustificazione per il jihad”. È d’accordo?

Sì, sono d’accordo, ed è molto più di questo. L’Islam e i musulmani sono ossessionati dall’ebraismo. Maometto venne accusato dai suoi detrattori che tutto il Corano non fosse altro che un copia e incolla da fonti ebraiche. C’è una espressione nel Corano, “asatir al awalin”, significa “le favole degli antichi”, o “le storie dei primi”. “Asatir”, di fatto è il plurale della parola “ushtura”, che significa favola, “ushtura”, “storia” è la stessa parola che fa il suo ingresso dall’arabo nel latino. Questa fu un’accusa che venne rivolta a Maometto dai Meccani i quali lo avevano sentito parlare del mondo creato in sette giorni, di Adamo ed Eva, di Noè e dell’Arca e del diluvio, di Abramo e Giacobbe, di Gesù Cristo e di Giovanni. La gente della Mecca lo accusò di avere composto il Corano attraverso le storie degli antichi. Questa espressione ricorre non meno di undici volte nel Corano. Undici volte il testo fa menzione del fatto che Maometto venne descritto come un plagiario il quale aveva rubato il materiale dagli ebrei e dai cristiani. Già all’epoca, Maometto era ossessionato da questa accusa perché desiderava mostrare ai Meccani che l’Islam fosse una religione originale, indipendente. A questo scopo propagò la nozione che l’Islam è la religione della verità mentre l’ebraismo e il cristianesimo sono religioni false. Questo è l’insegnamento base del Corano contro l’ebraismo e il cristianesimo. Nel Corano gli ebrei sono descritti come i discendenti di scimmie e maiali e come i maggiori odiatori dei musulmani. Gli ebrei sono coloro i quali uccidono i profeti, un’accusa presa dal cristianesimo. Secondo l’esegesi generale del primo capitolo del Corano, gli ebrei sono coloro sopra i quali risiede l’ira di Allah mentre i cristiani sono coloro i quali si sono smarriti. Nel Corano, fin dai giorni di Maometto, l’atteggiamento nei confronti dell’ebraismo è stato chiaramente molto negativo.

Nella sua Carta del 1988 e nella sua versione di quest’anno recente leggermente emendata, Hamas è molto esplicito nello specificare che tutta la Palestina appartiene all’Islam. Se uno legge o ascolta quello che Fatah dice in proposito scopre che in realtà non esiste una grande differenza tra le due fazioni. E’ così?

Indubbiamente. Entrambi odiano gli ebrei, odiano lo stato di Israele, odiano l’esistenza di qualsiasi entità ebraica e si diversificano solo in base a delle sfumature. Affermare che Fatah è un movimento secolare mentre Hamas è religioso è errato. Si tratta di una distinzione occidentale, europea che si cerca di imporre qui. Anche Abu Mazen, così come faceva Arafat, va in moschea ogni venerdì, dunque cosa sono, secolari o religiosi? Nell’Islam non c’è alcuna ideologia secolare, diversamente che nel cristianesimo o nell’ebraismo. Nell’Islam non c’è mai stata alcuna tolleranza nei confronti di coloro i quali mettevano in discussione la religione, non ci sono mai stati abbastanza individui sufficientemente coraggiosi da mettere in discussione la mera esistenza o la validità della loro religione, si è trattato sempre di pochissime persone. Tradizionalmente non c’è alcuna divisione tra secolare e religioso nell’Islam. Possiamo dire che Fatah basa la sua visione più su idee nazionaliste cercando di non usare troppo la base religiosa mentre Hamas si basa molto di più su una piattaforma religiosa anche se fa propria anche una prospettiva nazionalistica.

Non ritiene che una delle ragioni più persistenti del conflitto Arabo-Israeliano risieda nel fatto che per I musulmani è intollerabile che gli ebrei, i quali per secoli furono dhimmi sotto di loro, abbiano un loro stato in quella che è considerata terra islamica per sempre?

Innanzitutto, per l’Islam la terra rappresenta un biglietto di sola andata, è un modo di entrare nell’Islam, non di uscirne. Ogniqualvolta, nel passato, gli zoccoli dei cavalli si sono appoggiati su un terreno, esso è diventato di proprietà islamica. Questa è la ragione, nella visione musulmana, per la quale la Spagna dovrebbe ritornare all’Islam, la Sicilia dovrebbe ritornare all’Islam, larghe aree nei Balcani su fino a Vienna, dove i musulmani vennero sconfitti nel 1683, dovrebbero tornare all’Islam, in quanto una volta erano sotto la sua occupazione. Siccome, nella prospettiva teologica islamica, gli ebrei hanno una religione falsa, la loro punizione è quella di vivere in esilio e di vivere sotto il dominio islamico in quanto dhimmi. Bat Ye’Or, nel suo lavoro, ha descritto molto bene quale fosse la condizione dei dhimmi ebrei e cristiani quando vivevano sotto l’imperio islamico. Lo stato di Israele è, per così dire, costituito da una serie di incidenti di strada. Il primo fu nel 1948 quando gli ebrei crearono uno stato in questo paese e per doverlo fare dovettero uccidere i musulmani, e gli ebrei non hanno alcun diritto di uccidere i musulmani, se lo fanno, per la legge islamica, perdono tutti i loro diritti.
Il secondo fu nel 1967 quando gli ebrei presero, dalla Giordania che occupava il territorio illegalmente, la cosiddetta West Bank e quindi Gerusalemme Est. Ora gli ebrei potrebbero volere tornare al Monte del Tempio per rinnovarvi la vita ebraica nel luogo che fu distrutto dai romani mille anni fa. In questo modo, se ritorneranno al Monte del Tempio, l’ebraismo rifiorirà nello stesso luogo in cui per secoli è stato una religione prospera. Ciò pone un serio problema per l’Islam poiché esso è apparso nel mondo per rimpiazzare sia l’ebraismo che il cristianesimo. Dunque, se l’ebraismo dovesse rifiorire a Gerusalemme e specialmente sul Monte del Tempio, l’intera raison d’être dell’Islam verrebbe messa in questione. Questa è la ragione per la quale i musulmani si oppongono così risolutamente a che gli ebrei possano pregare sul Monte del Tempio. Ciò significherebbe il ritorno alla vita dell’ebraismo come era prima che in questo luogo venisse cancellato dall’Islam. Qui il sentimento religioso pervade tutto. Prima di ogni altra cosa, il conflitto tra Israele e i suoi vicini è un problema religioso, un conflitto religioso. Su questa fondamenta, sono sovrapposte una serie di questioni nazionali, territoriali, legali, politiche, ma la base di tutto è religiosa.

Uno degli aspetti che colpiscono maggiormente della propaganda araba-islamica contro Israele è il fatto che è profondamente radicata nell’antisemitismo coranico classico e al contempo ha ereditato i paradigmi dell’antisemitismo occidentale: Gli ebrei sono i nemici dell’umanità, dispongono di un enorme e nefasto potere, il sionismo è ontologicamente malvagio. Non è del tutto illusorio pensare che qualcosa di così forte e persistente possa cessare?

Ci vogliono intere generazioni per modificare le culture. Non è affatto facile. I tedeschi avevano una cultura molto problematica che abbiamo visto in azione durante la prima e la seconda guerra mondiale, ma il fatto che siano stati pesantemente sconfitti da altre potenze gli ha fatto modificare la loro cultura, e oggi, apparentemente, sono diversi dal passato, quindi, a meno che una nazione non passi attraverso un vero disastro non modificherà la propria mentalità. Per due millenni gli ebrei hanno avuto la mentalità degli esiliati, quella di comunità abituate a vivere sotto gli altri traendo il meglio da questa situazione svantaggiata, ma l’Olocausto convinse la maggioranza degli ebrei che non esistesse nessun altro modo di potere vivere nel mondo se non in un loro stato indipendente. Ovviamente il sionismo cominciò sessanta anni prima dell’Olocausto, ma fu a causa di questo che molti ebrei si convinsero che solo Israele rappresentava per loro un luogo sicuro, mentre altri si trasferirono negli Stati Uniti o altrove. Qui si trasferirono milioni di ebrei dopo l’Olocausto poiché fu questo evento che modificò il loro paradigma culturale di esiliati con quello di un popolo indipendente. La Siria, molto probabilmente, attraverserà un profondo mutamento a causa delle atrocità che sono state commesse nel paese. Non sarà più lo stesso paese che era prima, e questo a causa della guerra. L’assetto mentale del Giappone fu profondamente cambiato durante la Seconda Guerra Mondiale, a causa delle bombe atomiche. Il Giappone postbellico non può essere paragonato culturalmente a quello che era prima della guerra.

Da quello che dice sembra che lei sostenga che affinché i musulmani cambino la loro struttura mentale nei confronti di Israele debbano subire un trauma profondo.

La storia ha dimostrato che le atrocità di massa possono cambiare una cultura in un breve periodo. E’ accaduto in Germania a causa della Seconda Guerra Mondiale, è accaduto in Giappone a causa di due bombe atomiche ed è accaduto in Egitto a causa della diga di Aswan che ha distrutto l’agricoltura tradizionale e ha fatto sì che milioni di egiziani lasciassero in un paio di anni le aree rurali per trasferirsi nelle città. Le culture di questi paesi si sono modificate in un breve periodo unicamente a causa di disastri. Nelle società stabili ci vogliono intere generazioni se non secoli.

Se il conflitto non è solo un conflitto su delle porzioni di terra e sugli scambi annessi ma è profondamente radicato nell’odio religioso, non è del tutto ingenuo pensare che si possa giungere a una risoluzione pacifica?

No, non lo è, ma prima di tutto dobbiamo comprendere la definizione di pace. “Pace”, come è intesa in occidente, o “Shalom” in ebraico non sono i corrispettivi di “salam” in arabo. “Salam” in arabo significa tregua. Negoziata, documentata, ma nulla più che una tregua. Tu ti trovi qui, Io mi trovo là, non ci scambiamo nulla, non ci abbracciamo, non ci sposiamo, io vivo nel mio luogo, tu vivi nel tuo, questo è il confine tra me e te. Tu ti prendi cura di te stesso e io mi prendo cura di me. Questo è il significato del concetto di “salam” in arabo, e questo è ciò che possiamo ottenere nel Medio Oriente perché è l’unica mercanzia disponibile nel mercato mediorientale. Questo è il genere di pace che viene ottenuto quando una delle due parti rinuncia a sradicare l’altra parte essendo questa troppo potente e pericolosa e dunque le viene concessa la pace. Questa pace, questa tregua, continuerà fin tanto che l’altra parte sarà invincibile, una volta che l’altra parte si indebolirà o abbasserà la guardia, i musulmani l’attaccheranno. Tutto ciò si basa di fatto su un precedente inaugurato dal profeta Maometto, la pace sia su di lui, nel 628.
Sei anni prima, nel 622, emigrò dalla Mecca a Medina, il trasferimento noto come l’Egira, e mise in piedi una piccola armata con lo scopo di occupare la Mecca, ma i Meccani, che erano gente sveglia, conoscevano in anticipo i suoi piani e misero in piedi un esercito più grande. Quando Maometto discese da Medina alla Mecca, le due armate si incontrarono vicino a un piccolo villaggio chiamato Hudaybiyyah, e quando Maometto vide l’armata degli avversari capì che non era il caso di affrontarla perché sarebbe stato l’ultimo suo atto sulla terra. Dunque si sedette con i Meccani e venne firmato un trattato per un periodo di nove anni, nove mesi e nove giorni. Dopo due anni in cui Maometto non li aveva attaccati, i Meccani ritennero che egli avesse mantenuto l’impegno e tornarono ai loro affari commerciali consueti, e quando Maometto ne fu al corrente attaccò la Mecca, uccise tutti gli uomini, catturò le donne e diede alle fiamme tutti gli idoli. Questa fu la fine della pace che era stata stipulata per un periodo di quasi nove anni. Avvenne nel 630, solo due anni dopo la firma del trattato. Ora, i musulmani imparano due cose da questo episodio, la prima è che se non puoi sconfiggere gli infedeli concedi loro una pace temporanea, come fece Maometto, che è considerato infallibile. La seconda è che se Allah, attraverso la sua misericordia, ti concede il potere e l’opportunità di sbarazzarti degli infedeli, lo fai, anche durante il periodo di tregua che hai concesso. Quindi, questo precedente di Hudaybiyyah rappresenta di fatto il meccanismo attraverso il quale i musulmani concedono la pace agli altri paesi, alle altre nazioni, alle altre religioni se la controparte è troppo potente e pericolosa da affrontare. Questo è quello che possiamo aspettarci e questo è ciò che otteniamo. Prendiamo la pace siglata tra Israele e l’Egitto nel 1979 dopo un anno e mezzo di negoziati. Un anno prima, nel 1978, Sadat si rivolse ai notabili di Al Azhar, la suprema autorità sunnita, per chiedere loro se poteva fare la pace con Israele. Siccome erano al corrente dell’iniziativa ed erano stipendiati da lui, capirono al volo cosa volesse, quindi gli confezionarono una fatwa di tre pagine nella quale gli permettevano di fare la pace con Israele così come il profeta Maometto aveva fatto la pace con i Meccani a Hudaybiyyah.
La sola menzione di Hudaybiyyah significa che si tratta di una pace temporanea la quale durerà solo fintanto che gli israeliani saranno troppo forti, troppo pericolosi e invincibili. La pace con l’Egitto si basa su questo presupposto. La stessa cosa è accaduta con gli Accordi di Oslo del 1993. Arafat non lo ha mai nascosto, lo dichiarava appena poteva che i trattati di Oslo erano come la pace di Hudaybiyyah, e che quando il tempo fosse arrivato, Israele sarebbe stato attaccato di nuovo. Accadde quando Israele smantello lo stato cuscinetto con il Libano nel maggio del 2000. A settembre, Arafat capi che Israele era debole e vulnerabile e così decise di dare il via alla Seconda Intifada il cui obiettivo era quello di costringere Israele alla resa. Questa è la Hudaybiyyah con i palestinesi, i quali non hanno mai realmente inteso ottenere una pace vera ma solo una pace temporanea, solo perché la Seconda Intifada fallì nel suo intento.

E anche con la Giordania si tratta di una pace di Hudaybiyyah?

Non ho trovato alcuna menzione di Hudaybiyyah con la Giordania, ma non mi sono neanche impegnato a investigare la cosa, quindi forse esiste, forse no, ma certamente così è stato con l’Egitto e nel caso degli Accordi di Oslo i quali vennero firmati con Israele unicamente come un trattato di pace temporanea, che di fatto potrebbe proseguire per sempre, fintanto che Israele sarà in grado di mantenere la propria supremazia militare.

Se il conflitto arabo-israeliano è parte di un quadro molto più ampio, intendo un conflitto globale tra la Weltanschauung religiosa islamica e il resto del mondo, Israele non è anche e per lo più da intendersi come un simbolo dell’odiato Occidente?

Sicuramente, ma non si tratta solo di questo. Secondo loro Israele è stato creato dall’Occidente. L’occupazione britannica dopo la Prima Guerra Mondiale, gli Accordi Sykes-Picot, lo ripartizione del mondo arabo in una settantina di entità, nella loro visuale compone il mosaico di una cospirazione occidentale il cui obbiettivo è quello di impadronirsi del mondo, soprattutto quello islamico. Per la forma mentis musulmana, l’Islam è supremo e non vi è nulla sopra di esso, dunque come può qualcuno imporre all’Islam una cosa come Israele? I musulmani credono che l’Islam sia la religione che corrisponde meglio di ogni altra alla natura umana, per loro l’unico libro reale al mondo è il Corano, quindi qualsiasi cosa venga fatta contro la loro volontà è illegittima e inaccettabile. Non vi è dubbio che vi sia in corso uno scontro di civiltà, o meglio, questo è uno scontro tra la civiltà e la barbarie, perché quando tratti gli altri come individui che non hanno alcun diritto all’esistenza e tagli loro le teste, questa non è civiltà, si tratta di pura barbarie. Non sto affermando che tutti i musulmani sono dei barbari, perché non tutti sottoscrivono queste pratiche, ma non contano, perché i musulmani moderati non possono costringere quelli radicali a rinunciare a ciò in cui credono, dunque sono del tutto irrilevanti nello scontro tra musulmani radicali e il resto del mondo. C’è un’altra cosa che mi preme sottolineare.

Prego

Viene spesso fatta una distinzione tra l’Islam moderato e l’Islam radicale. Non penso che questa distinzione sia legittima. L’Islam è una religione che si basa fondamentalmente su tre fonti testuali, il Corano, gli hadith, che rappresentano la tradizione orale, e la Sira, la biografia del profeta. Esiste solo un Corano, non c’è un Corano moderato e un Corano radicale, c’è solo un corpus di hadith e una sola biografia di Maometto. Nel Corano abbiamo versetti che sono moderati come “Non deve esserci imposizione nella religione” mentre altri fanno riferimento all’imposizione e al jihad. Anche gli hadith sono costituiti da tradizioni che invitano a un approccio moderato nei confronti degli altri e della vita mentre ce ne sono altri che incoraggiano il jihad e lo spargimento di sangue. La stessa cosa avviene con la Sira. Ci sono episodi nella vita di Maometto che mostrano che fosse un uomo moderato e ci sono altri episodi che lo mostrano come un estremista.

Il problema è il modo in cui il Corano e le altri fonti islamiche vengono recepite da diversi tipi di musulmani, ma è incontestabile che entrambi i cosiddetti musulmani moderati e quelli radicali trovano ciò che cercano nelle fonti a cui fanno riferimento. Su ciò influisce anche la cultura in cui si sviluppano.

Sì. Facciamo l’esempio di un musulmano nato in Italia, dove, generalmente parlando, le persone sono moderate, il quale assorba la cultura moderata del paese in cui vive. Sarà più probabile per questo musulmano fare riferimento a quei versetti coranici in linea con questo approccio e lo stesso avverrà con gli hadith e con la Sira di Maometto. Un altro musulmano nato in Libia, dove le persone non hanno fatto altro che uccidersi continuamente, assorbirà la cultura della Libia, e probabilmente citerà quei versetti del Corano che invitano a uccidere gli infedeli. Dagli hadith prenderà quei detti che riflettono la natura violenta di Maometto, mentre dalla Sira prenderà tutti quegli episodi che mostrano quanto fosse crudele. Quindi quello che abbiamo non è l’Islam moderato contro l’Islam radicale, ma musulmani moderati contro musulmani radicali.
Tuttavia la cosa è molto problematica. Le persone cambiano. Per esempio, un musulmano nato in Inghilterra, che ha un approccio moderato, un giorno fa un viaggio in Pakistan o si avventura in rete dove scopre una intera galassia di siti islamici radicali: improvvisamente può essere portato a pensare “Mi sono sbagliato tutta la mia vita, questo è il vero Islam. Questo è il modo corretto di essere un musulmano“ e di conseguenza si radicalizza. Quindi anche un musulmano nato in un paese moderato e che ha interiorizzato l’atmosfera del suo luogo di nascita può cambiare e radicalizzarsi. Questa è la questione problematica, specialmente con gli immigrati e i rifugiati, i quali possono apparire moderati e magari lo sono di fatto, ma un giorno si radicalizzano e cercano di imporre agli altri la loro visione delle cose attraverso la forza e il terrore. Lo abbiamo già visto accadere.

Nel 1937 la Commissione Peel propose di dare agli arabi la maggior parte della terra e una piccola parte agli ebrei. Gli arabi dissero di no e hanno continuato a dire no fino ai nostri giorni a tutte le proposte fatte da Israele. Non pensa che sia arrivato il tempo di dichiarare che non ci sarà mai uno Stato palestinese perché i primi a non volerlo sono sempre stati i palestinesi stessi?

Prima di tutto mi lasci dire che non credo esista un popolo palestinese o una nazione palestinese. Il motivo è che il Medio Oriente moderno non ha creato nazioni, sono tutti arabi. Non c’è, per esempio una nazione siriana, ci sono in Siria tribù arabe e gruppi etnici diversi come i curdi, i turcomanni, gli armeni, gli arabi. Ci sono anche religioni diverse, gli alawiti, i drusi, i cristiani, e ci sono sette musulmane sunnite e sciite. Tutti restano leali alla loro struttura tradizionale, alla loro tribù, al loro gruppo etnico, religioso, settario. Non hanno mai interiorizzato lo stato come la fonte della loro identità, questo è il motivo per il quale il concetto di stato non si è insediato nel cuore della gente. Questa è la Siria, perlomeno la Siria che esisteva sotto Assad fino alla Primavera Araba che è cominciata nel 2011. Non c’è un popolo siriano, un popolo consolidato intorno a un concetto di nazione. La stessa cosa vale per i palestinesi. Lo si può capire da come funzionano i matrimoni. Una ragazza di Hebron non ha alcuna opzione di sposarsi con un ragazzo di Nablus in quanto “loro” non sono come “noi”. Per non parlare di Gaza che, per gli arabi non gazawi, è vista come una realtà completamente diversa dalla propria. Nella West Bank ci sono diversi episodi di discriminazione araba nei confronti dei gazawi. Non esiste alcuna nazione palestinese più che ne esista una siriana, irachena, sudanese.

Ciò detto, quale potrebbe essere secondo lei una possibile soluzione del conflitto mettendo da parte uno Stato palestinese?

Personalmente appoggio la soluzione degli emirati, perché gli emirati sono l’unica forma di stato che funzioni nel Medioriente. Gli stati moderni come quelli europei non funzionano perché non corrispondono alla cultura. Soltanto gli emirati del golfo, come il Qatar, Abu Dabi, il Kuwait, tutti questi emirati sono stati di successo, non a causa del petrolio, il Dubai non ha petrolio, ma a causa della stabilità della sociologia, perché la società si appoggia su una singola tribù. Solo quando una società si appoggia su una singola tribù, l’arena politica funziona. Le società frammentate come quella irachena sono fonte costante di conflitti e questi conflitti si trascinano anche in parlamento, come risultato di ciò le loro economie sono fallimentari. Per i palestinesi dovremmo seguire il modello degli emirati, e creare degli emirati per i palestinesi all’interno delle città. Un emirato esiste già da dieci anni, si tratta di Gaza. Gli abitanti di Gaza sanno molto bene come gestire i loro problemi interni basandosi sul modello tribale. Un altro emirato dovrebbe essere a Hebron, un altro a Gerico, Ramallah, Jenin, Qalqilya, Nablus. Questa è l’unica soluzione fondata sulla sociologia invece che su sogni di nazioni che non esistono.

Una delle principali distinzioni accademiche fatte oggi è quella che diversifica tra Islam e Islamismo. L’Islamismo, in questa visione delle cose sarebbe solo l’Islam che ha smarrito se stesso. Tuttavia, se torniamo al Corano, specialmente alla parte di esso scritta a Medina, possiamo vedere chiaramente che gran parte di quello che viene fatto dai radicali è stato insegnato e fatto da Maometto medesimo nel VII secolo. Non crede che questa distinzione sia assai fragile?

Islam e islamismo sono modelli che i musulmani, nella stragrande maggioranza dei casi, non comprendono. La differenza che conoscono è tra chi mantiene rigorosamente i precetti islamici e chi non lo fa, ma non posseggono questa distinzione occidentale tra Islam e islamismo. Pregare cinque volte al giorno e praticare il jihad per loro sono la stessa cosa, mentre in Occidente si distingue tra i precetti che un individuo applica a se stesso e quelli che egli cerca di imporre agli altri. I musulmani sono teoricamente divisi in due categorie: coloro i quali credono nell’Islam e lo agiscono su se stessi e coloro i quali cercano di farlo agire sugli altri, imponendoglielo. I primi sono compatibili con le nostre società, i secondi non lo sono, ma entrambi, lo ripeto, fanno riferimento a un’unica tradizione testuale, a un unico testo.

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Il maomettismo e i maomettani son una minaccia per l'umanità

Messaggioda Berto » gio gen 25, 2018 5:09 pm

I musulmani a Udine: siamo vostri alleati
di Davide Vicedomini
2018/01/21

http://messaggeroveneto.gelocal.it/udin ... 1.16378703

UDINE. «L’Islam non va considerato come una minaccia: è e sarà un prezioso alleato di tutti i fratelli cristiani e di altre religioni, per realizzare la pace universale».

È il messaggio lanciato ieri pomeriggio in sala Ajace dai musulmani udinesi che, per la prima volta, escono dai loro centri culturali e dalle moschee per organizzare un convegno nel cuore della città e per condividere un momento di riflessione sullo stato attuale del mondo e dire «no a guerre e terrorismo».

Con il patrocinio del Comune di Udine, la comunità islamica ha organizzato una tavola rotonda dal tema «Spritualità & Non Violenza». A promuoverlo l’associazione «Partecipazione e spiritualità musulmana» e il «centro solidarietà e misericordia».

«Possiamo creare un futuro migliore – ha dichiarato Brahim Baya della segreteria del Psm – soltanto se ci sarà un’unità d’intenti. L’Islam è un prezioso alleato contro le guerre. Purtroppo le organizzazioni criminali strumentalizzano e diffamano la nostra religione creando un clima di intolleranza e diffidenza. Usano l’Islam come pretesto per seminare l’odio e la morte infangando i nostri principi, la storia e l’immagine. Noi diciamo no a tutto questo».

Obiettivo è quello di “gettare un ponte e creare un punto d’incontro – sottolinea il portavoce del Centro misericordia e spiritualità, Mohammed Hassani – che possa continuare nel tempo. Ci stiamo impegnando da anni a costituire una realtà musulmana che risponda alla violenza. Vogliamo condividere questo messaggio con la cittadinanza. Ci siamo riuniti per la prima volta in sala Ajace per coinvolgere i residenti, conoscerci, dialogare e divulgare la voce dell’Islam come religione di pace».

Ospiti della tavola rotonda, al quale hanno partecipato quasi duecento persone – molte sono state costrette a restare fuori dalla sala per il raggiunto limite di capienza – sono stati Houssien El Ouariachi, docente dell’Università islamica delle scienze e giornalista e lo scrittore e storico Franco Cardini, già docente dell’istituto italiano di scienze umane di Firenze, autore del libro «L’Islam è una minaccia? Falso».

«Non è vero – ha detto al pubblico Cardini al termine di un lungo intervento – che c’è conflitto tra musulmani e cristiani. Non nella misura tale in cui ci sono numerosi rapporti commerciali e diplomatici tra di loro.

Negli anni ci sono stati più morti e uccisioni tra cattolici e protestanti. Quando si attribuisce all’Islam tutta la violenza nel mondo nascondiamo in verità colpevolmente quelle che sono state le nostre responsabilità nella storia».
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Il maomettismo e i maomettani son una minaccia per l'umanità

Messaggioda Berto » mer gen 31, 2018 8:32 pm

“L’Europa si apre agli islamisti, ma non sa ciò che la aspetta”
Alessandra Bocchi

http://www.occhidellaguerra.it/41801-2

(Da Tunisi) Il paradosso di un’Europa che nega il cristianesimo ma tollera i musulmani più radicali. Questa è l’impressione che si ha quando si parla di immigrazione e islam in Tunisia. E questa impressione, stranamente, è condivisa anche in molti Paesi musulmani dove c’è chi è disposto a parlare francamente di questi temi, anche se coperto da anonimato per motivi di sicurezza.

Come succede in Tunisia, l’unico Paese che è sopravvissuto alla primavera araba di sette anni fa, dove vive una minoranza di persone che ha lasciato l’islam ed è diventata atea o cristiana; e dove ci sono anche musulmani moderati che trattano il tema dell’islamismo in Europa senza peli sulla lingua.

Ahmed era un estremista islamico. Voleva partire dalla Tunisia per combattere con Jabhat al-Nusra, il gruppo estremista che fa parte delle forze ribelli siriane, in Siria. I suoi amici erano morti sul campo di battaglia e lui sentiva il dovere di “rivendicare la causa di Allah”. Poi ha sentito il messaggio del vangelo e, poco dopo, Ahmed ha deciso di convertirsi al cristianesimo. “Mi sono convertito dalla religione della guerra alla religione dell’amore”, ci spiega. “Ero pieno di rabbia e, quando ho trovato il cristianesimo, ho capito che potevo vivere in pace”. Quando Ahmed inizia a parlare di terrorismo islamico in Europa, racconta: “L’islam in Europa è come un virus”. Spiega, senza battere un ciglio, che se fosse europeo voterebbe i “populisti” e, quando viene a sapere che c’è chi accusa questi movimenti di essere razzisti, scoppia a ridere. Ahmed, in passato, credeva in una versione estremista dell’islam: “Credimi, conosco il vero islam: il Corano era il mio credo e conosco tutti i versetti”. Secondo lui il vero islam è quello dei gruppi estremisti, ed i musulmani moderati non sono veri musulmani: “Non esiste l’islam moderato, c’è il vero islam e il finto islam. Quello vero è dei gruppi come Daesh (Isis)”.

In questa comunità di convertiti c’è anche un ragazzo che ha provato ad esprimere il suo bisogno di convertirsi al cristianesimo ad un suo amico musulmano, ricevendo in cambio una minaccia: “Se ti converti avrai una lama alla gola”. La conversione, secondo i testi degli Hadith(le pratiche del Profeta Ndr) , sarebbe proibita nell’islam, anche se ci sono delle comunità di musulmani che la permettono. Un’altra ragazza convertita al cristianesimo dice di non essere riuscita a dirlo ai suoi genitori: “Penserebbero che mi sono convertita per bere alcool o non dovere mettermi il velo, in realtà io mi sono convertita perché credo nell’amore di Gesù Cristo”.

Tra questi cristiani che vivono una vita di reclusione c’è chi è venuto dall’Europa per predicare il messaggio di Cristo nelle poche chiese che, durante la colonizzazione francese, sono state costruite in Tunisia. Uno di loro è venuto dalla Gran Bretagna e lavora nell’unica chiesa anglicana protestante. Quando gli chiediamo perché ha deciso di intraprendere una scelta così radicale, racconta di avere ricevuto un messaggio da Dio e che, come cristiano, non si sentiva nemmeno il benvenuto in Europa. “In Gran Bretagna mi sentivo quasi perseguitato dall’ateismo: è diventata una forza talmente potente che i cristiani praticanti si sentono a disagio a predicare la loro religione”. Chiama l’ateismo in Europa un “ateismo fondamentalista”. E spiega: “Almeno in Tunisia sono circondato da persone che credono in Dio, anche se è un Dio diverso dal mio: comunque ci credono, e su questo abbiamo qualcosa sulla quale possiamo relazionarci”. Paradossalmente dice che – nonostante la mancanza di libertà, il non poter suonare le campane della sua chiesa, il non potere predicare il messaggio di cristo in pubblico, il dovere chiedere allo stato di fornirgli forze armate durante la messa – si trova bene in Tunisia proprio per questo senso di solidarietà nella religione.

Belil invece è un ateo. Dice di avere lasciato la sua religione di nascita (l’islam) dopo avere capito che era “falsa ed oppressiva”. Ama leggere libri europei, conoscere la ragione e la scienza. Ma deve usare un profilo anonimo sui social perché ha paura di essere aggredito per le sue opinioni, nonostante la Tunisia sia uno dei Paesi più laici del mondo arabo. Belil chiede: “Ma perché l’Europa si sta facendo questo? Sono pazzi?”. Si riferisce all’immigrazione islamica, ma non solo. La sua paura riguarda anche come gli europei trattano i temi del fondamentalismo e il terrorismo islamico. Pensa che tutte le religioni siano ugualmente false, ma non tutte ugualmente malevoli. “I cristiani e gli ebrei non cercano di ucciderti per blasfemia”. Cerca di capire perché gli europei sono così ostili al cristianesimo usando il pretesto della laicità. e allo stesso tempo. sono così attenti quando trattano l’islam.

Nadia, invece, è una donna musulmana che lavora in politica. Lei si definisce “moderata”. Non usa il velo e lavora per l’unico partito laico in Tunisia, quello di Nidaa Tounes, che compete con quello islamista dell’Ennahda. Non sopporta che l’occidente abbia supportato movimenti come la primavera araba e le forze islamiste, usando il “falso pretesto della democrazia”: “Non sono democratici, sono islamisti che usano la democrazia per spargere il fondamentalismo”. Sebra è poi convinta che accogliere in Europa i musulmani che si sentivano perseguitati dai regimi laici durante le primavere arabe sia stato un errore: “L’Europa sta aprendo le braccia a questi islamisti, e non ha idea di ciò che l’aspetta”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer feb 07, 2018 7:27 pm

Carceri francesi: Terrorismo e islamismo
Yves Mamou
07/02/2018

https://it.gatestoneinstitute.org/11856/francia-carceri

Gli agenti di polizia penitenziaria francesi sono in sciopero. In meno di dieci giorni, un certo numero di secondini che prestano servizio in varie carceri del paese è stato aggredito e ferito, soprattutto da islamisti reclusi per reati di terrorismo o da piccoli criminali che hanno intrapreso la strada della radicalizzazione. In risposta, gli agenti hanno bloccato l'ordinario funzionamento della maggior parte delle prigioni.

L'ondata di attacchi è iniziata l'11 gennaio 2018. Tre agenti di custodia del carcere di Vendin-le-Vieil, nel nord della Francia, hanno riportato lievi feriti in seguito a un'aggressione all'arma bianca da parte di Christian Ganczarski, un tedesco convertito all'Islam che si è unito ad al-Qaeda e mente organizzatrice dell'attacco a una sinagoga di Djerba, in Tunisia, nel 2002.

Il 15 gennaio 2018, sette agenti penitenziari sono stati aggrediti e feriti da un detenuto "radicalizzato" nella prigione di Mont-de-Marsan, nel sud della Francia.

Il 16 gennaio, un agente di custodia della prigione di Grenoble-Varces ha rischiato di perdere un occhio nel corso di un'aggressione. Prima di entrare in una cella l'uomo ha effettuato un controllo attraverso l'apposito spioncino, ma all'improvviso un detenuto ha cercato di conficcargli una matita nell'occhio. Fortunatamente, il secondino non è rimasto ferito.

Sempre il 16 gennaio, un detenuto di 28 anni rinchiuso nella prigione di Tarascon ha dato un pugno in faccia a un supervisore donna. Arrestato per rapina, l'uomo è sospettato di essere un islamista sottoposto a radicalizzazione.

1l 17 gennaio, un agente in servizio al carcere di Grenoble-Varces è stato aggredito da un detenuto che voleva recarsi in infermeria senza avere un appuntamento con il medico. La stampa non ha specificato se l'uomo sia o meno un islamista.

Il 19 gennaio, due guardie carcerarie sono state aggredite da quattro detenuti islamisti rinchiusi nella prigione di Borgo, in Corsica. Gli agenti sono stati ricoverati in ospedale in gravi condizioni. Secondo il procuratore, "non è possibile affermare che si sia trattato di un attacco terroristico islamista".

Il 21 gennaio, due agenti – un uomo e una donna – in servizio nel penitenziario di Longuenesse, nel nord della Francia, sono stati brutalmente picchiati da un detenuto armato di una sbarra di ferro. I due sono stati ricoverati in ospedale.

Il 21 gennaio, un totale di 123 detenuti del carcere di Fleury-Mérogis, situato in una banlieue parigina, si sono rifiutati di tornare in cella alla fine dell'ora d'aria. Sono dovute intervenire delle squadre d'intervento per evitare una rivolta.

Il 22 gennaio, gli agenti del penitenziario di Craquelin, a Chateauroux (nella Francia centrale), hanno disarmato un detenuto che al grido di "Allahu Akbar" ("Allah è il più grande") minacciava gli altri detenuti con un coltello. Prima di essere immobilizzato, l'uomo era riuscito a tirare una sedia contro gli agenti, ferendone leggermente uno.

Il 22 gennaio, secondo un comunicato del ministero della Giustizia, 27 prigioni sono state totalmente bloccate dagli agenti in sciopero. Secondo i sindacati, 120-130 carceri, su 188, sono state paralizzate o parzialmente paralizzate. Sempre secondo i sindacati, la maggioranza dei 28 mila agenti in sciopero afferma che continuerà a scioperare fino a quando il governo non fornirà sufficienti risorse per garantire la loro sicurezza.

Come la polizia e i vigili del fuoco, gli agenti di custodia francesi vivono in un clima permanente di violenza e paura. E la loro esasperazione cresce. "Bernard", una guardia carceraria che ha chiesto di rimanere anonimo, afferma:

"Prima, ogni mattina avevo paura di trovare qualcuno appeso nella sua cella. Sapete di cosa ho paura oggi? Di essere ammazzato, spogliato, pugnalato alla schiena. In nome dell'Islam e dell'Isis. Tutti giorni, andando al lavoro, questa paura mi fa stare male".

"Ciò che gli agenti stanno esprimendo è la loro sensazione di abbandono", scrive Le Monde.

Pugni in faccia, distorsioni e lussazioni: Anthony, un supervisore del carcere di Les Baumettes, a Marsiglia, afferma di aver subito quattro aggressioni fisiche negli ultimi tre anni. Ogni volta, ha sporto denuncia, ma tali denunce sono state secretate dal procuratore. "Noi chiediamo più agenti, è vero, ma anche che i giudici facciano il loro lavoro perché la violenza fisica è sempre più frequente".

Terrorismo e islamismo hanno cambiato la situazione all'interno delle strutture carcerarie. Secondo Joaquim Pueyo, ex direttore del carcere di Fleury-Mérogis, oggi deputato, la situazione è molto semplice:

"In passato, il comportamento aggressivo era legato alle difficoltà della vita quotidiana. Ora, l'odio e la violenza [da parte degli islamisti] si riversano contro la nostra autorità, la nostra società e i nostri valori. Non sorprende che gli agenti, trovandosi ad affrontare la radicalizzazione dei detenuti, diventino dei bersagli".

Secondo le statistiche ufficiali del ministero della Giustizia, l'1 dicembre 2017, poco meno di 80 mila persone erano recluse nelle carceri francesi. Quanti sono i detenuti musulmani nei penitenziari francesi? È difficile saperlo, perché la legge vieta qualsiasi dato basato su razza, religione o origini. Nel 2015, un rapporto ufficiale sulle carceri del senatore Jean-René Lecerf citava uno studio secondo il quale in quattro dei più grandi penitenziari francesi oltre il 50 per cento dei detenuti è musulmano. Secondo il ministero della Giustizia, 500 musulmani sono detenuti in carcere per reati con finalità di terrorismo e altri 1.200 sono criminali comuni identificati come islamisti radicali.

Lo sciopero degli agenti penitenziari è un sintomatico esempio delle conseguenze di politiche inadeguate che sono state perseguite fino ad oggi in materia penale e carceraria. Gli agenti non sono più disposti a tollerare la violenza e di rischiare la vita per mano degli islamisti e di altri radicali che li minacciano mentre svolgono il loro lavoro in carcere.

Anziché ritenere che l'islamismo abbia cambiato sostanzialmente la questione della politica penale e carceraria, il ministero della Giustizia continua a pensare che i problemi maggiori siano il sovraffollamento nelle carceri e le pessime condizioni carcerarie.

Ovviamente, tali problemi sono importanti, ma l'inerzia amministrativa, unitamente alla negazione politica permanente del fatto che gli islamisti sono in guerra in Francia, impedisce ai politici e ai funzionari pubblici di vedere il carattere distruttivo dell'islamismo nelle prigioni.

Invece di rivedere tutte le politiche carcerarie tenendo conto del rischio islamista – il rischio che gli agenti penitenziari vengano uccisi e che i detenuti musulmani, i quali costituiscono la maggioranza dei 70 mila prigionieri islamici, si trasformino in autentici jihadisti – il governo cerca di compare la pace degli agenti con qualche aumento di stipendio e con degli "esperimenti" volti a "reintegrare" gli islamisti in una "vita normale" nella "società normale".

Invece di capire che i famosi centri di deradicalizzazione – spesso ospitati in castelli medievali convertiti – non si sono rivelati utili perché la deradicalizzazione non ha avuto luogo, i decisori politici francesi continuano a pensare che la soluzione alla guerra islamista sia l'appeasement. I loro nuovi esperimenti vanno tutti nella stessa direzione: perseguire l'illusione che "se siamo gentili con i jihadisti, questi ultimi saranno gentili con noi".

La situazione risulta bloccata a causa del rifiuto di formulare il problema su una base fattuale. Finché i decisori politici non considereranno l'islamismo come il principale problema della politica carceraria, gli agenti penitenziari francesi continueranno a pagare con le loro sofferenze e forse anche con la loro stessa vita.

E dopo, gli agenti di custodia saremo noi. Entro il 2020, il 60 per cento dei jihadisti detenuti nelle carceri uscirà di prigione, ovvero in meno di tre anni.

Yves Mamou, vive in Francia, ha lavorato per vent'anni come giornalista per Le Monde.
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Il maomettismo e i maomettani son una minaccia per l'umanità

Messaggioda Berto » dom giu 10, 2018 5:41 am

Cessione di identità all'islam, avanti tutta
DAVIDE LOVAT
09/02/2018

http://www.lindipendenzanuova.com/cessi ... anti-tutta

Il nuovo millennio ha imposto alla civiltà occidentale il confronto, spesso purtroppo sotto forma di scontro, con l’avanzante civiltà islamica. Era inevitabile che ciò accadesse, dato che la permeabilità della nostra società consente l’immigrazione di persone provenienti da tutto il mondo, con la conseguente necessità di conoscenza reciproca; era inevitabile che proprio con l’Islam, tra tutte le altre civiltà, si verificassero situazioni di conflitto.
Prima di approfondire alcuni temi essenziali, nel mare di conoscenze che sull’Islam bisognerebbe avere e che invece mancano ai più, soprattutto purtroppo alla classe dirigente, devo sottolineare una cosa: l’Occidente è culturalmente impreparato a realizzare quell’idealizzata società multiculturale e multirazziale che negli ultimi decenni ha perseguito. Questo per due ragioni: primo non riesce, o non vuole, o non è più capace di riconoscere le proprie radici culturali, con la gravissima conseguenza di perdere la dimensione della propria identità che gli ha permesso di raggiungere il livello di preminenza che ancora ha nel mondo; secondo gli occidentali continuano a ragionare e ad applicare agli altri il proprio metro di giudizio, usando il metodo analogico dei paragoni, affibbiando etichette che fungono da gabbie razionali per giungere a una comprensione che è per forza di cose distorta, parziale o addirittura completamente errata.

Parlando di Islam voglio fare degli esempi, per dimostrare quanto deleterio sia questo modo di ragionare.
La tendenza dell’occidentale è di credere che Allah sia l’equivalente del Dio cristiano: nulla di più sbagliato. Che il rapporto con la religione si basi sul concetto cristiano della separazione fra Stato e Chiesa (“Il mio Regno non è di questo mondo”): nulla di più sbagliato, per l’Islam non ci può essere separazione fra politica e religione. Che Maometto sia il corrispondente di Gesù: qui rasentiamo la bestemmia, sia per gli islamici che per i cristiani che in Gesù riconoscono Dio stesso fatto carne (Vangelo Giovanni cap. 1). Che la moschea sia la loro chiesa: sbagliatissimo, semmai è l’oratorio se proprio dobbiamo giocare ai paragoni. Che l’imam sia il prete, l’ulema il teologo, il sufi un monaco, e così via: tutto sbagliato. Eppure così pensano i più, a causa della mania di ragionare per analogie.
Nello studio e nella comprensione delle altrui civiltà serve invece la doppia capacità di spogliarsi della propria cultura e mentalità, completamente, per rivestirsi dell’immedesimazione nella cultura altrui: è il passaggio che consente, per esempio, allo studioso di teologia di diventare un potenziale teologo, perché potrà poi confrontare davvero in modo corretto le diverse esperienze religiose, cogliendone le peculiarità e le debolezze.

Parliamo ora di Islam. In queste poche righe affronterò tre soli argomenti, delle migliaia che sarebbero importanti, perché sono urgenti: l’essenza dell’Islam e il suo fine escatologico, la compatibilità tra l’Islam e la struttura sociale democratica, l’esistenza del cosiddetto Islam moderato.
“Non c’è altro Islam che l’Islam. Allah è l’unico Dio e Maometto il suo Inviato”. Questa professione di fede è uno dei cosiddetti cinque pilastri della religione musulmana; in arabo suona in modo un po’ cacofonico, va pronunciata ogni giorno e basta recitarla ad alta voce, in arabo, davanti a testimoni musulmani, per appartenere irreversibilmente all’Islam. Una specie di battesimo, perpetuando lo stupido gioco dell’analogia. In esso è già contenuto in nuce tutto il pensiero islamico e da esso deriva anche lo scopo finale dell’Islam in vista del giudizio universale: quando tutto il mondo sarà sottoposto alla sharìa, la legge coranica, allora Gesù (grande profeta, ma non divino) e il Mahdi (un alter ego di Maometto che ne porterà nome e sembianze) prepareranno la manifestazione di Allah e il suo giudizio. Ciò potrà avvenire solo quando tutto il mondo sarà sottoposto alla sharìa, cioè quando gli infedeli saranno stati eliminati e saranno rimasti solo i membri della Umma (la comunità dei credenti nell’Islam) e i Dhimmi (cristiani ed ebrei, “Gente del Libro”, sottomessi al Corano e tributari dell’obolo obbligatorio alla moschea, ma privatamente liberi di pregare a modo loro). Ogni buon musulmano è chiamato ad impegnarsi per creare queste condizioni e questo “impegno sulla via del Corano” si definisce Jihad, che quindi non significa affatto “guerra santa” come dicono molti islamologi improvvisati, ma ha un valore assai più elevato, giacché lo scopo dell’islamizzazione finale dell’umanità può essere perseguito anche senza combattere cruentemente.
Eccoci perciò al secondo argomento. Al Zawahiri, il barbuto con gli occhiali che stava sempre a fianco di Bin Laden, è il continuatore dell’opera di Qutb, suo amico impiccato in Egitto nel 1966 per il reato di sedizione armata. Egli disse: “Con le vostre leggi vi conquisteremo, con le nostre vi domineremo”. L’Islam è per dogma religioso avverso e incompatibile alla democrazia: il potere è di Allah, non del popolo, e la struttura sociale politica deve riprodurre e perpetuare la forma costituzionale imposta dal Corano, cioè la società formata nel 622 a Medina dal Profeta, circondato dai Salafiti (i primissimi credenti) e dagli Ansar (“associati”, cioè i primi convertiti medinesi all’Islam): un capo (khalifa, in arabo), dei consiglieri (i visir) e l’esercito; poi il popolo, sottomesso ad Allah e adorante. Tuttavia gli islamici sono tenuti a impegnarsi per jihad anche con l’utilizzo dei metodi democratici nei paesi appartenenti al territorio da conquistare, il dar-al-harb, cioè “casa della guerra” che è il nome dei territori non musulmani; quando saranno sottomessi, grazie anche al soprannumero garantito dalla politica di proliferazione permessa dall’istituto matrimoniale poligamico, tali paesi diverranno dar-al-islam, cioè casa dell’Islam, e la democrazia eretica dovrà essere estirpata in favore della tradizionale struttura gerarchica teocratica voluta dal Corano.
Nel frattempo ogni atto, anche cruento, finalizzato a incutere timore e rispetto, a ottenere privilegi e concessioni, va incoraggiato; chi si immola sulla “via del Corano” è uno shadid, una specie di martire che accede direttamente al paradiso islamico, e se nel farlo uccide molti infedeli la sua gloria sarà maggiore.
Non si creda che questo sia pensiero fondamentalista: questo è Islam puro, l’unico vero Islam. Quello per il quale il peccato peggiore è l’offesa al Profeta, da punire con la decapitazione; il secondo è l’apostasia, motivo per il quale da 1.400 anni, cioè da sempre, gli Islamici uccidono e massacrano i loro fratelli che vivono la religione con troppa tiepidezza o concedendo aperture ad altri stili di vita; il terzo è l’infedeltà, motivo per il quale da 1.400 anni, cioè da sempre, essi combattono per espandere il dominio dell’Islam.
Siamo quindi al terzo punto: il fantomatico “Islam moderato”, di cui si riempiono la bocca i nostri politici incompetenti, non esiste. Non è ammesso come concetto. Chi si propone come moderato è solo un combattente che usa lo strumento della politica in luogo di quello della guerra, ma spesso sotto la maschera di sorrisi e di doppie verità è più fanatico degli shadid, impropriamente definiti kamikaze. Questi finti moderati dicono: “il vero Islam vuole la pace per rispettare la parola del Profeta”. Noi, allocchi che ragioniamo da cristiani anche se atei, abbocchiamo e pensiamo: “Visto che ci sono anche gli Islamici moderati?”; ma loro intendevano: “Quando tutti saranno sottomessi all’Islam non ci sarà più guerra, solo la pace preconizzata da Maometto”.
Esistono invece molti, davvero tanti, mediorientali e nordafricani che cercano silenziosamente di sottrarsi al controllo delle moschee, che pregano Allah per abitudine e tradizione, a casa loro, ma sarebbero aperti alla possibile assimilazione nella nostra civiltà, ma con loro non può esserci alcun dialogo istituzionale perché sanno benissimo di non potersi esporre, pena la morte.

Essi non parlano mai di politica, né di religione, hanno paura; sarebbero loro i cosiddetti islamici moderati, io dico secolarizzati o non veramente islamici, simili nel rapporto con la religione a molti cristiani non praticanti: sono persone verso le quali dovremmo impegnarci per inserirli educandoli alla nostra civiltà, una volta individuati, ma non saranno mai un referente politico.

So di lasciare mille interrogativi, mille lacune: solo in un libro completo potrei trattare un argomento vasto come l’universo islamico di cui conosco, e da studioso rispetto, teologia e storia, diritto e sociologia. In un articolo si ha meno spazio, perciò concludo con due cose: una chiave interpretativa di alcuni fatti e un richiamo alle coscienze.
La guerra terroristica ha avuto un inizio simbolico in data 11 settembre 2001; già era in corso, con atroci episodi, ma quel frangente fu eclatante e fu scelto apposta. Fu scelta una data particolare del calendario cristiano (i musulmani ne usano un altro) perché era altamente simbolica: era proprio l’ 11 Settembre 1683 quando san Marco d’Aviano arringò l’esercito europeo asserragliato a Vienna nel momento di maggior pericolo per l’Europa, ancor peggiore che a Lepanto il 7 Ottobre 1571. Il predicatore ammonì i combattenti, rendendoli consapevoli che una sconfitta avrebbe comportato la fine della cristianità e della civiltà europea. L’esito della battaglia, protrattasi fino al giorno successivo, vide la sconfitta definitiva delle truppe musulmane, ricacciate verso la Turchia che era allora il centro politico dell’Islam.

Il significato dell’attacco alle torri gemelle era quello di ricominciare da dove si erano fermati in modo tanto netto, e per l’occasione fu fatto uno strappo alla seguente regola: per gli attacchi in dar-al-harb il Profeta raccomandava il giorno di Giovedì, e infatti tutti gli attacchi successivi a Bali, Madrid, Mosca, Londra 1 e 2, furono di Giovedì. Invece in dar-al-islam è d’obbligo il combattimento perpetuo per cacciare gli infedeli invasori, ed ecco spiegati gli attacchi quotidiani in Iraq, in Palestina o in Siria.
Di fronte a questa situazione siamo tutti chiamati a rispondere: Benedetto XVI aveva ragione quando ci richiamava a vivere nella consapevolezza delle proprie radici cristiane, indipendentemente dal sentimento religioso di ciascuno; aveva ragione quando attaccava il relativismo etico, che è il cancro morale della nostra civiltà poiché impedisce di trovare la concordia sulle regole di convivenza e sull’atteggiamento da opporre agli attacchi esterni.

Il 12 Settembre ricorre l’anniversario dello straordinario “Discorso di Ratisbona”, quello per cui molti si stracciarono le vesti: andate a leggerlo, che è online e si trova facilmente per trarne profondo beneficio intellettuale.
Io aggiungo, umilmente: ricordate san Francesco, che andò dal sultano per parlargli del Vangelo; ricordate l’esortazione di Gesù “quello che avete udito per le strade, gridatelo dai tetti”; ritroviamo tutti il coraggio, chi con l’esempio e chi con la scienza, ciascuno secondo i propri talenti, di riprendere l’opera di evangelizzazione quotidiana che è un dovere per ogni cristiano. Dobbiamo essere coraggiosi, senza paura nel proclamare la parola del Signore; dobbiamo tenere la schiena dritta ed essere fieri dell’amicizia di Cristo. La via per risolvere democraticamente, pacificamente, senza violenza, ma certo con fermezza e decisione, il problema imposto dall’aggressione islamista, c’è. È noto a chi conosce profondamente gli strumenti della democrazia e il diritto costituzionale. Prima però bisogna ridare il senso di unità alla comunità dei cittadini, perché senza il senso di appartenenza unitaria superiore alle divisioni partitiche una democrazia è destinata a perire, senza eccezioni. Ed è alla luce di questa ultima considerazione che laici non credenti devono interpretare l’esortazione di grande lungimiranza politica fatta da papa Benedetto XVI: “Vivete come se Dio ci fosse”. I valori del Vangelo hanno fondato e formato la nostra civiltà, rifiutarli, confutarli o negarli per orgoglio intellettuale corrisponde all’attuazione di un suicidio di massa.
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Messaggioda Berto » dom giu 10, 2018 10:40 am

L'Austria fa la guerra all'islam: moschee chiuse, espulsi imam
Claudio Cartaldo - Ven, 08/06/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lau ... 38075.html

La Turchia protesta contro il Cancelliere d'Austria, Kurz: "Misura razzista". Salvini appoggia Vienna: "Libertà di culto, ma basta estremismo"

Non solo l'idea di aprire un campo profughi fuori dall'Ue per valutare le richieste d'asilo dei migranti.

L'Austria guidata da Sebastian Kurz, uno dei nuovi "alleati" di Matteo Salvini, si dimostra sempre più orientata a destra (in fondo, nella maggioranza c'è pur sempre l'Fpoe di Heinz Christian Strache). E ora ha deciso di dare il via a una vera e propria guerra all'islam politico.

Il giro di vite è stato annunciato dallo stesso Cancelliere austriaco. Vienna ha deciso di espellere "vari" imam e di chiudere ben 7 moschee. I predicatori che lasceranno Vienna sono tutti finanziati a vario titolo dall'estero. La decisione nasce da una inchiesta che riguarda uno scandalo che ha fatto molto discutere dalle parti austriache. In alcune foto, pubblicate dal settimanale di centro-sinistra Falter, mostravano una rievocazione storica della campagna di Gallipoli, scontro armato simbolo della potenza dell'impero Ottomano. Negli scatti si vedevano ragazzini in uniforme militare che marciavano, sventolavano bandiere e si fingevano morti con il drappo turco sui corpi. Quelle immagini erano state riprese dentro una delle più grandi moschee di Vienna, gestita dall'Unione islamico-turca d'Austria, una di quelle che sono legate alla comunità turca del capoluogo austriaco e alla Direzione turca degli Affari religiosi (Diyanet). "Società parallele, l'islam politico e la radicalizzazione non hanno posto nella nostra società", ha detto Kurz senza esitazioni.

La reazione della Turchia

Sulla questione si è subito espressa anche la Turchia. Che ha definito la decisione dell'Austria "il risultato di un'ondata discriminatoria, populista, islamofoba e razzista". Ibrahim Kalin, assistente e portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha detto attaccato Kurz sostenendo che il suo obiettivo è quello di ottenere "un dividendo politico, marginalizzando le comunità musulmane".

Salvini appoggia Kurz

Un messaggio di approvazione all'iniziativa di Vienna è arrivato invece da Matteo Salvini. "Credo nella libertà di culto, non nell'estremismo religioso. Chi usa la propria fede per mettere a rischio la sicurezza di un Paese va allontanato! Spero già la prossima settimana di incontrare collega ministro austriaco per confrontarci su linee d'azione", ha scritto il ministro dell'Interno su Twitter.



Austria espelle Imam. "Le Monde": misure contro Islam politico. "Falter": in moschee 'bimbi-soldato'
08 giugno 2018

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ ... tml#foto-1

La notizia è in risalto su i quotidiani di tutto il mondo. Il giornale austriaco ricorda che le espulsioni arrivano dopo una lunga indagine lanciata dall'Autorità per gli Affari religiosi con le autorità austriache che hanno scoperto delle immagini di bambini vestiti in mimetica in un centro islamico di Vienna sostenuto dalla Turchia

08 giugno 2018"Non c'è spazio per radicalizzazioni". Vienna usa il pugno duro e annuncia la chiusura di 7 moschee (quattro a Vienna, due in Alta Austria e una in Carizia) e l'espulsione di una quarantina di Imam: in totale - calcolando anche i familiari - si parlerebbe di almeno 150 persone che non avranno più il diritto di restare su territorio austriaco. In pratica, perderanno il permesso di soggiorno. La decisione annunciata dal cancelliere Sebastian Kurz, esponente dell’Oevp, e il ministro degli Interni Herbert Kickl, membro del Fpoe, si basa su riscontri e accuse precise: i capi religiosi dell’Unione turco-islamica per la collaborazione culturale e sociale in Austria (Atib) si sarebbero avvalsi di finanziamenti illeciti dall’estero e avrebbero violato la legge nazionale sulla religione islamica.

La notizia sta facendo il giro del mondo e già campeggia sulle pagine dei principali quotidiani internazionale. I media turchi quelli che danno maggior risalto alla vicenda. "Aksam" riporta che Ibrahim Kalin, portavoce di Recep Tayyp Erdogan, ha una posizione particolarmente dura sulla decisione adottata dal governo di Vienna, accusandolo di voler "trarre vantaggi politici colpendo le comunità musulmane". E incalza: "è il frutto dell'ondata anti-islamica, razzista, discriminatoria e populista" nel Paese.

Ovviamente anche i giornali austriaci parlano di quanto annunciato da Kurz e Kickl. "Kronen zeitung", "Die presse", "derStandard.at" riportano che le espuslioni arrivano dopo una lunga indagine lanciata dall'Autorità per gli Affari religiosi con le autorità austriache che hanno scoperto delle immagini di bambini vestiti da soldati in un centro islamico di Vienna sostenuto dalla Turchia.

Le immagini, diffuse dal quotidiano "Falter", mostrano un gruppo di ragazzi mentre mettono in scena la battaglia di Gallipoli: ci riferiamo alla Prima guerra mondiale, con l’Impero britannico e la Francia sconfitti dall’Impero ottomano, sostenuto dalla Germania.

Risalto alla vicenda anche sul quotiano francese "Le Monde", che parla di misure contro "l'Islam politico" e lo spagnolo "El Mundo".



https://www.facebook.com/RobertoMarinoM ... 9633671470

Questo assassino, dittatore, islamico fanatico che detta secondo lui l’agenda agli austriaci fa riflettere. Il fanatismo islamico, grazie ai mollicci governanti UE, è partito di nuovo alla conquista dell Europa, ma, forse, nel Vecchio Continente qualcosa si muove per non farsi islamizzare. Nuove crociate contro la mezzaluna? Se serve per frenare la deriva islamista dell Europa vorrà dire che che ci attrezzeremo, ma, per riuscire di nuovo a ripetere dopo secoli Vienna e frenare i barbari servirà recuperare coscienza di se, principi, valori e senso di appartenenza. Altrimenti, il futuro islamico, come nel resto del bacino sud del Mediterraneo, dove i Cristiani sono ormai estinti e quei pochi rimasti perseguitati quando non uccisi, diverrà presto realtà, con tanto di burqa, culi all aria a pregare e Sharjia!



Erdogan, Austria vuole guerra religione
Mondo
2018/06/10

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... bfb5c.html

(ANSA) - ROMA, 10 GIU - Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha avvertito l'Austria, che ha di recente chiuso alcune moschee ed espulso degli imam, avvertendo che queste azioni portano alla guerra di religione.
"Queste misure prese dal cancelliere austriaco stanno, io temo, portando il mondo verso una guerra fra Crociati e la Mezzaluna", ha detto il leader turco in un discorso tenuto a Istanbul. Erdogan ha dichiarato che il provvedimento del cancelliere Sebastian Kurz ha un carattere "anti-islamico" e ha promesso una risposta. Fra le misure adottate da Vienna, la chiusura di sette moschee in territorio austriaco e l'espulsione di decine di imam "finanziati dalla Turchia". "Loro dicono di voler buttare fuori dall'Austria i nostri religiosi. Credete forse che noi non reagiremo se faranno una cosa del genere?", ha detto nel suo discorso Erdogan, che già ieri aveva criticato il governo di Vienna, giudicando il suo provvedimento il "risultato di un'ondata populista, islamofoba, razzista e discriminatoria".


No alla Turchia nazi maomettana nella UE
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Austria e migranti/rifugianti, clandestini e islamici
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Il maomettismo e i maomettani son una minaccia per l'umanità

Messaggioda Berto » dom mar 10, 2019 11:11 pm

"L'islam ospite a messa offende la Chiesa. I fedeli si ribellino"
Riccardo Cascioli - Dom, 03/02/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 38557.html

"Parlare di abusi sui minori da parte di sacerdoti ignorando che oltre l'80% sono atti omosessuali significa non voler risolvere la questione"

«Parlare di abusi sui minori da parte di sacerdoti ignorando che oltre l'80% sono atti omosessuali significa non voler risolvere la questione», «Il problema più grave della Chiesa oggi è la tendenza al compromesso con il mondo, la rinuncia a proclamare la verità tutta intera».

Parla in modo pacato il cardinale Gerhard Müller, ma i suoi giudizi arrivano chiari e netti. Mi accoglie molto cordialmente nel suo appartamento a due passi dalla Basilica di San Pietro, che ha mantenuto anche dopo aver ricevuto il benservito da papa Francesco, che in un modo un po' brutale nel luglio 2017 non gli ha rinnovato l'incarico di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Cardinal Müller, tra venti giorni ci sarà il vertice in Vaticano sugli abusi sessuali, uno scandalo che sta offuscando l'immagine della Chiesa, ma che anche all'interno provoca molte tensioni
«Per la Chiesa è terribile che siano coinvolti dei sacerdoti, uomini che invece di avere una vita esemplare, abusano della loro missione. Rappresentanti di Gesù Cristo buon pastore che agiscono come lupi: è una perversione della loro missione».
La stragrande maggioranza degli abusi sessuali commessi da chierici sono in realtà atti omosessuali.
«È un fatto che oltre l'80% dei minori vittime di abusi sono maschi, e adolescenti. Dobbiamo prendere atto di questa realtà, sono cifre statistiche che non possiamo negare. Quanti non vogliono vedere questa realtà non vogliono risolvere il problema. Poi accusano coloro che dicono la verità di avercela con gli omosessuali in generale. Ma gli omosessuali in generale non esistono, è un'invenzione, evidentemente parlano per coprire i propri interessi. Nella Creazione non esiste il concetto dell'omosessualità, è un'invenzione che non ha alcun fondamento nella natura umana. Queste tendenze non sono un fatto ontologico, ma psicologico. C'è chi invece vuole fare della omosessualità un dato ontologico».
In vista del vertice di fine febbraio c'è già chi cerca di approfittarne per sostenere che non importa se un prete ha tendenze omosessuali, l'importante è che viva castamente. In Germania ci sono vescovi che si sono già dichiarati in questo senso.
«Sarebbe un crimine contro la Chiesa: strumentalizzare il peccato per istituire o normalizzare un peccato contro il VI comandamento, è un crimine. Non c'è nessuna via che possa portare alla legittimazione di atti omosessuali o anche atti sessuali disordinati. Se crediamo in Dio, crediamo che i 10 comandamenti sono l'espressione diretta della volontà salvifica di Dio verso di noi, sono la sostanza della moralità dell'uomo e della sua felicità, sono l'espressione della vita, della verità di Dio».
Nei giorni scorsi è stato denunciato il caso di una messa ecumenica a Milano, in cui una pastora battista ha proclamato il Vangelo, fatto l'omelia, distribuito l'Eucarestia dopo aver seguito dietro al prete la consacrazione. Il parroco ha detto che la transustanziazione è solo uno dei modi di comprendere l'Eucarestia. E questo tipo di ecumenismo non è un fatto isolato.
«È un atto quasi blasfemo. C'è una crassa ignoranza tra sacerdoti, vescovi e perfino cardinali: sono servitori della Parola di Dio ma non la conoscono, e non conoscono la dottrina. Se parliamo di transustanziazione, il Concilio Laterano IV, il Tridentino e anche il Vaticano II nonché alcune encicliche come la Mysterium Fidei (1965) hanno spiegato che con questa espressione la Chiesa constata la realtà della vera conversione del pane e del vino nella sostanza del corpo e del sangue di Gesù Cristo. In Inghilterra al tempo di Edoardo VI ed Elisabetta I (XVI secolo) c'era la pena di morte per quanti credevano nella transustanziazione. Tanti cattolici sono stati martirizzati e non è che perdessero la vita solo per un modo fra i tanti di intendere l'Eucarestia, ma era per la realtà del sacramento».
Ma cosa può fare un fedele se si trova a una messa del genere?
«Deve protestare pubblicamente. Ha il diritto di andare via o, se è capace, può dire qualcosa: Protesto contro questa desacralizzazione della Santa Messa; Sono venuto qui per celebrare la messa cattolica, non per partecipare a un costrutto di un parroco che non sa nulla della fede cattolica».
Dopo il Giubileo della Riforma luterana, ora arrivano gli 800 anni dell'incontro di san Francesco con il Sultano. E già cominciano i corsi di islam nelle parrocchie e gli imam invitati in chiesa a spiegare chi è Gesù per l'islam
«Per noi è un'offesa dire che Gesù è solo un uomo, che non è il figlio di Dio, come si fa a invitare qualcuno in chiesa per farsi offendere? Ma oggi nel cattolicesimo c'è una cattiva coscienza verso la propria fede e ci si inginocchia sempre davanti agli altri. Prima il giubileo di Lutero, ora questo di san Francesco: si usano per protestantizzare e per islamizzare la Chiesa. Questo non è vero dialogo, alcuni di noi hanno perso la fede e vogliono farsi schiavi degli altri per farsi amare».
Qual è il problema più grave per la Chiesa oggi?
«La relativizzazione della fede. Sembra complicato annunciare la fede cattolica nella sua integrità e con una retta coscienza. Eppure il mondo di oggi merita la verità e la verità è la verità di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. I falsi compromessi non servono all'uomo d'oggi. Invece di proporre la fede ed educare la gente, si tende sempre a relativizzare, si dice sempre un po' di meno, meno, meno, meno C'è una orizzontalizzazione del cristianesimo, lo si riduce in modo da piacere agli uomini d'oggi, invece così si inganna la gente».
Il Papa sta insistendo molto sul concetto di Fraternità universale. Come deve essere intesa per evitare la confusione?
«Non mi sono piaciute tutte quelle grandi lodi dei massoni al Papa. La loro fraternità non è la fraternità dei cristiani in Gesù Cristo, è molto di meno. Sulla base della creazione siamo tutti figli di Dio. Tutti abbiamo un padre nel Cielo, ma questo padre si è rivelato in Israele, a Mosè, ai profeti e alla fine in Gesù Cristo. Sicuramente fratellanza è evitare guerre contro l'uno o contro l'altro, evitare liti tra popoli, ma non possiamo ridurre la fraternità a questo. Una religione universale non esiste, esiste una religiosità universale, una dimensione religiosa che spinge ogni uomo verso il mistero. A volte si sentono idee assurde, che descrivono il Papa come capo di una internazionale di sinistra o capo di una religione universale, ma questo è assolutamente contro l'istituzione del papato di Gesù Cristo. Gesù ha istituito Pietro come primo e principio della sua successione nel papato a causa della sua confessione o professione di fede: Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivo. Questa è la sostanza del papato, è la voce della confessione della fede della Chiesa e non il capo dell'Onu».
(La versione integrale dell'intervista è pubblicata su http://www.lanuovabq.it)
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Messaggioda Berto » dom mar 10, 2019 11:12 pm

Morto il figlio di Shamima Il governo May nella bufera
Andrea Cuomo - Dom, 10/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 59648.html

La «sposa dell'Isis» aveva chiesto di tornare in patria ma il ministro Javid le aveva revocato la cittadinanza
Jarrah aveva pochi giorni ed era un cittadino britannico e secondo tutti non sarebbe dovuto morire.

Ma è morto - e tutti temevano sarebbe accaduto - e ora sul governo conservatore di Theresa May si scatenano polemiche bipartisan. Al punto che il segretario di Stato per gli affari interni, il quarantanovenne ed ex banchiere di origini pakistane Sajid Javid, ora rischia il posto.

Il bimbo aveva poche settimane ed era figlio di Shamima Begun, la giovane britannica che quattro anni fa, all'età di 15 anni, aveva scelto di viaggiare con altre due compagne di scuola verso la Siria per unirsi allo Stato islamico. Si era trasformata in una «sposa dell'Isis», per lei era stato scelto come marito un radicalizzato olandese Yago Riedijk, 27 anni, che gli aveva dato già due figli, entrambi morti di stenti, malnutrizione, malattie. Ora anche il terzo figlio si è unito alla piccola Spoon River di questa assurda famiglia del terrore.

Javid è nella bufera perché qualche tempo fa aveva deciso di revocare la cittadinanza britannica a Shamima malgrado la giovane avesse manifestato l'intenzione di fare ritorno in patria per crescere là il terzo figlio ed evitargli la fine dei primi due. Ma la decisione del ministro dell'Interno - difesa con grande virulenza malgrado le polemiche - ha chiuso la porta in faccia alla «sposa dell'Isis» pentita e ha condannato di fatto il neonato a restare nel campo profughi al Nord della Siria, in condizioni igieniche disperate. Un ufficiale curdo ha raccontato che jarrah nell'ultima settimana era stato portato più volte in ospedale per difficoltà respiratorie. Un altro testimone, un amico di Shamima, ha raccontato di aver visto il bambino di colore bluastro e molto raffreddato. Secondo la Bbc il piccolo sarebbe morto di polmonite. Sarà sepolto nell'affollato cimitero del campo, accanto ai due fratelli ugualmente sfortunati.

Di morte che «macchia la coscienza di questo governo» parla Diane Abbott, ministro ombra laburista dell'Interno. «È contro il diritto internazionale - prosegue Abbott - che qualcuno sia privo di cittadinanza. E lasciare una giovane donna vulnerabile e un bambino innocente in un campo per rifugiati dove sappiamo bene quanto sia alta la mortalità infantile è moralmente deprecabile». La Abbott si era battuta perché Shamima potesse fare ritorno in Gran Bretagna anche a costo di essere incriminata ma secondo lei Javid aveva ceduto alla pressione della stampa oltranzista di destra.

Ma anche i conservatori sono critici con Javid. Il parlamentare Phillip Lee ammette che la scelta di negare la cittadinanza alla Begum fu una scelta populista, anche se precisa: «È evidente che Shamima Begum abbia idee abominevoli e che la sua scelta di unirsi all'Isis vada oltre ogni comprensione, ma lei è pur sempre frutto della nostra società. Penso quindi che abbiamo una responsabilità morale nei confronti suoi e ancor di più del suo bambino. Per questo io fui molto turbato dalla decisione di Javid». Javid che viene invece difeso da Brandon Lewis, presidente dei Conservatori: «La perdita di ogni vita di un bambino è assolutamente tragica ma del resto bisogna ricordare il pericolo di raggiungere quell'area. Penso che il ministro abbia preso una decisione basata su quello che è l'interesse nazionale e la sicurezza dei cittadini qui in Gran Bretagna». Ma il tema è drammatico: ci sono almeno 3mila bambini figli di occidentali a rischio in Siria. E il dilemma se sia giusto o meno consentire ai jihadisti e ai fiancheggiatori dell'isis di rientrare nei Paesi d'origine ed essere processati è ancora drammaticamente aperto.
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Messaggioda Berto » dom mar 10, 2019 11:32 pm

Torino, ipovedente minacciata su bus: “Il tuo cane deve scendere o lo butto giù”
Gabriele Laganà - Dom, 10/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 59972.html

Un uomo avrebbe minacciato una donna ipovedente perché infastidito dalla presenza sul bus di un cane-guida. Nessun passeggero avrebbe difeso la vittima

Pesantemente minacciata su un pullman da un uomo perché accompagnata dal suo cane-guida.

La choccante vicenda, diffusa dai quotidiani locali, è accaduta lo scorso martedì pomeriggio a bordo di un mezzo della linea Giaveno-Torino di Gtt.

È stata la stessa donna ipovedente dalla nascita, la 65enne Loretta Rossi, a raccontare quanto capitatole. Appena salita alla fermata di Bruino, infatti, un passeggero ha cominciato a protestare per la presenza dell’animale.

"Questo cane sul pullman non deve stare, fatelo scendere o lo butto giù. Ora mi sto innervosendo”. L’uomo avrebbe riferito alla donna di stare attenta perché “io ho il sangue rosso arabo”.

Loretta, attivista dell’Associazione pro retinopatici e ipovedenti (Apri), è stata costretta a chiedere all’autista di chiamare i carabinieri perché l’uomo, che aveva anche un forte odore di alcol addosso, continuava a inveire contro di lei come un ossesso.

La situazione a bordo era divenuta tesissima tanto che il mezzo si è dovuto fermare per circa 40 minuti fino all’intervento dei militari e del Mobility manager di Gtt Guido Bordone che hanno riportato la calma a bordo facendo riprendere il servizio.

I carabinieri, però, hanno identificato la donna e l’altro passeggero. La questione, per il momento, si è chiusa senza denunce e ulteriori conseguenze.

Dopo altre due fermate l’uomo che ha scatenato le polemiche è sceso e il viaggio di Quicky e della sua padrona è proseguito senza problemi verso Torino.

“Ho scoperto solamente in seguito a questo episodio che nella cultura araba i cani dal pelo nero, come è Quicky, sono considerati impuri. Magari sarà stato questo a far arrabbiare l’uomo”.

Ma quest’ultimo, ascoltato dai militari intervenuti sul posto, ha smentito la versione della donna affermando che non ci sono motivi religiosi alla base delle sue proteste. Il passeggero si sarebbe arrabbiato perchè l’animale stava leccando il viso di sua figlia che si trovava nel passeggino, per di più sistemato nello spazio riservato ai disabili.

"Io ho un residuo visivo di un centesimo. Vedo giusto un po’ di luci e ombre alla periferia degli occhi, perché sono affetta anche maculopatia. Del passeggino non mi sono accorta subito. A me sembrava vuoto. Dopodiché, se anche ci fosse stato un bambino, l’unico contatto possibile potrebbe essere stato con la coda del mio cane” ha affermato ancora Loretta.

Sotto certi aspetti, però, a ferire maggiormente la sventurata donna è stato il comportamento degli altri viaggiatori che non sono intervenuti in sua difesa. Secondo la 65enne, solo una signora ha lasciato il suo numero di telefono in caso “avessi avuto bisogno di testimoni”.

"E' la prima volta che un fatto simile si verifica in Italia” ha dichiarato il presidente di Apri-onlus Marco Bongi. "Episodi del genere si sono già registrati a Londra ed in altri paesi. Speriamo che il nostro buonismo non ci spinga a sottovalutare situazioni davvero esecrabili".

Sulla vicenda è intervenuto ancora il disability manager di Gtt che ha spiegato che la legge parla chiaro ed i cani guida possono salire a bordo. Lo scorso anno l’azienda ha fatto affiggere in ogni bus urbano un volantino con i consigli per comportarsi bene con un cane-guida. L’iniziativa, decisamente utile anche per evitare casi come questo, sarà ripetuta sui pullman extraurbani.
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Messaggioda Berto » dom nov 24, 2019 8:46 pm

Salman Rushdie: la morte alle calcagna
Salman Rushdie e i Versetti satanici

https://www.arte.tv/it/videos/083938-00 ... Pub3QNR8XQ

Salman Rushdie racconta la sua infanzia, la sua carriera di scrittore ed in particolare quel decennio da clandestino, in cui dovette cambiare domicilio 56 volte e scampò a una ventina di tentati omicidi. Sono passati trent’anni dalla fatwa con cui lo colpì l’ayatollah Khomeyni dopo la pubblicazione di “Versetti Satanici”: non sono bastati per fargli perdere l’ironia, l’amore per i libri e per la vita.

Alberto Pento
Ma non sono come te contro Trump e sto con Trump!
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