Trump Donaldviewtopic.php?f=141&t=2262Il discorso di Trump ai Paesi arabi: “Insieme siamo imbattibili, spazzeremo il terrorismo”francesco olivo
2017/05/21
http://www.lastampa.it/2017/05/21/ester ... agina.html Nella cornice imponente del King Abdulaziz Center a Riad il presidente Donald Trump ha tracciato la strada della sua politica in Medio Oriente davanti a 55 leader di Paesi islamici. «Alleanza con le nazioni arabe musulmane che vogliono collaborare nella lotta contro estremismo e terrorismo, convivenza fra le diverse fedi, ebraica, cristiana, musulmana, come è stato per secoli in Medio Oriente, pace fra palestinesi e Israele».
Ma Trump ha anche sferrato un nuovo duro attacco all’Iran, accusato di aver alimentato «il fuoco dei conflitti settari» negli ultimi quattro decenni e di aver causato la tragedia «inimagginabile» della Siria, con la complicità del regime siriano. Trump ha anche attaccato due volte Hezbollah ed elogiato i Paesi del Golfo per aver messo il movimento libanese nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Isolare il regime iraniano
Il regime iraniano, ha insistito, deve essere isolato, e non deve più poter finanziare il terrorismo. Solo elogi per l`Arabia Saudita, indicata come esempio di tolleranza, convivenza e dove anche la condizione della donna sta migliorando.
Trump in Arabia Saudita: "Musulmani siano leader nella lotta alla radicalizzazione"21 maggio 2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... ue/3601100 Un discorso istituzionale come si capiva dalle anticipazioni diffuse dalla Casa Bianca quello di Donald Trump a Riad. “Vi ringrazio per questa ospitalità fantastica. Il mio è un messaggio di amore per aprire una nuova era nei nostri rapporti” dice il presidente Usa nel suo discorso davanti ai leader del mondo arabo-islamico in Arabia Saudita. Parole che, almeno nell’incipit, ricordano quelle di Barack Obama del 2009 a Il Cairo. L’allora numero uno della Casa Bianca parlò di “un nuovo inizio con l’Islam”. Oggi Trump sembra seguire le tracce del suo predecessore quando dice: “Il nostro obiettivo comune deve essere quello di creare una grande coalizione per distruggere il terrorismo. La maggioranza musulmana deve prendere la leadership nella lotta alla radicalizzazione” che non assomiglia invece all’appello di Obama che invece auspicava “un partenariato” tra America e comunità musulmane.
“Non sono qui per dare lezioni a nessuno o dirvi cosa dovete fare e come – prosegue Trump – Spero che la giornata di oggi possa essere ricordata come l’inizio della pace in Medio Oriente e in tutto il mondo. Non ci può essere tolleranza verso il terrorismo. Possiamo vincere solo se le forze del bene saranno unite e se tutti in questa stanza daranno il loro contributo. L’America è pronta a stare al vostro fianco ma non possiamo annientare il nemico al posto vostro: cacciate i terroristi dai vostri luoghi di culto e dalla vostra terra. Il terrorismo è un insulto ad ogni persona di fede – ha aggiunto Trump – e i Paesi musulmani devono assumersi le loro responsabilità, negando un porto sicuro alle forze del male. I terroristi non devono trovare santuari in questo territorio. E dobbiamo tagliare ogni forma di finanziamento formando un accordo”. I terroristi non venerano dio, ma la morte”. Quella contro il terrorismo “non è una battaglia tra fedi, religioni o ideologie, ma tra criminali barbari e brave persone che vogliono proteggere la vita. È una battaglia tra il bene e il male: possiamo superare questo male solo se le forze del bene saranno unite e forti”. Trump ha quindi annunciato un accordo volto a bloccare e tagliare i finanziamenti ai gruppi terroristici: “Un altro passo storico. Dopo Riad sarò in Israele e in Vaticano. Se le tre fedi si uniscono, la pace è possibile in tutto il mondo, anche tra Israele e palestinesi”. Poco prima il re saudita Salman nel suo discorso introduttivo aveva annunciato l’impegno del suo paese: “L’Arabia Saudita sarà ferma nel perseguire chi finanzia o appoggia il terrorismo e conferma la sua determinazione per debellare l’Isis e altri gruppi terroristici, indipendentemente dalle sette religiose o dalle ideologie”.
Dopo Riad Trump raggiungerà Tel Aviv per chiedere chiedere al premier israeliano Netanyahu e Abu Mazen (Mahmoud Abbas) “di intraprendere passi decisivi verso la pace”. Secondo i media, che citano fonti Usa, tali passi riguardano per Israele “il freno degli insediamenti e il miglioramento dell’economia palestinese“, mentre per questi “la fine dell’istigazione e della violenza verso lo stato ebraico”. Per le stesse fonti “si è ancora ai primi passi nel riavvio dei negoziati”. Secondo Haaretz tra le proposte per alleviare l’economia palestinese – e su cui oggi dovrebbe discutere il gabinetto di sicurezza israeliano – ci sono l’apertura continua del valico di Allenby tra Cisgiordania e Giordania in modo da consentire un più facile transito, il miglioramento dei passaggi della Cisgiordania al fine di facilitare i lavoratori palestinesi e lo sviluppo delle aree industriali a Tarkumia nei pressi di Hebron e Jalma vicino Jenin. Inoltre, azioni per aumentare le condizioni dei commercianti di Gaza. “Trump – ha detto la fonte della Casa Bianca citata da Haaretz – è stato franco con il presidente Abu Mazen riguardo l’istigazione e i salari alle famiglie dei terroristi. E sarà chiaro su questo anche nel corso della visita”.
Un ministro vicino al premier Netanyahu – Yuval Steinitz del Likud – ha espresso oggi la preoccupazione di Israele per gli accordi militari conclusi fra Usa ed Arabia Saudita per 110 miliardi. In una intervista radio Steinitz ha precisato che Israele “desidera ricevere spiegazioni del presidente. Per il suo Paese, ha aggiunto, è di importanza vitale mantenere un margine di superiorità militare rispetto ai Paesi vicini, Arabia Saudita inclusa la quale – ha rilevato – non mantiene relazioni con Israele e di cui “nessuno conosce il futuro”. Da parte sua il ministro per l’intelligence Israel Katz (Likud) ha osservato che “la visita di Trump rafforza il campo anti-iraniano e rappresenta una opportunità per far avanzare la sicurezza regionale e la cooperazione economica, come base per la pace nella Regione”. Anche Katz ha detto di annettere importanza alla difesa della superiorità militare israeliana, ma ha peraltro osservato che “occorre dar vita ad una coalizione regionale guidata dagli Usa”, in funzione anti-Iran.
Magdi Cristiano Allam - Trump si è rimangiato la promessa di fare "scomparire dalla faccia della terra" il terrorismo islamicohttps://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 3962174188Il Giornale, 28 maggio 2017
A dispetto di ciò che si vorrebbe far sembrare, il Vertice dei 7 Grandi della Terra a Taormina è stato un fallimento anche nella lotta concreta al terrorismo islamico, non solo sugli altri tre temi: migranti, clima e commercio.
L'enfasi posta sulla centralità della Rete nella strategia di contrasto al terrorismo islamico, al punto che il Primo ministro britannico Theresa May ha detto che «è urgente passare dai campi di battaglia al web», è un grave errore di chi confonde la realtà con la modalità con cui si manifesta, dove la realtà è l'islam mentre la Rete è solo un mezzo, così come lo è in primo luogo la moschea. Ciò accade perché l'Occidente è sottomesso all'islamicamente corretto, che ci impone di legittimare l'islam a prescindere dai suoi contenuti violenti e vieta persino di rappresentare correttamente la realtà indicandola come «terrorismo islamico».
Il vertice di Taormina era destinato all'insuccesso innanzitutto perché mancava la Russia di Putin, l'unica potenza mondiale che combatte seriamente il terrorismo islamico in Siria sostenendo il regime laico di Assad, senza distinguere tra terroristi “radicali” e terroristi “moderati”.
Ma soprattutto perché Donald Trump ha già rinnegato la promessa fatta nel discorso del suo insediamento lo scorso 20 gennaio: «Rafforzeremo vecchie alleanze e ne formeremo di nuove e uniremo il mondo civilizzato contro il terrorismo del radicalismo islamico, che faremo scomparire dalla faccia della terra.» Impegno solenne che sottintendeva l'alleanza con Putin.
Ebbene in meno di 4 mesi il Russiagate, con la minaccia della messa in stato d'accusa e la fine precoce della sua amministrazione, in aggiunta a 110 miliardi di dollari dall'Arabia Saudita per l'acquisto di armi, con l'impegno a portarli a 350 miliardi entro 10 anni, hanno "normalizzato" Trump. La scelta di Trump ha preso in considerazione anche l'interesse personale, essendo proprietario di 30 compagnie operanti in Medio Oriente, specificatamente in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar. A Riad, di fronte a una cinquantina di capi di stato e di governo a maggioranza islamica, Trump ha innanzitutto assolto l'islam e escluso qualsiasi collusione tra islam e terrorismo: «Non è una battaglia tra fedi, religioni o ideologie, ma tra criminali barbari e brave persone che vogliono proteggere la vita.» Poi ha sposato il relativismo religioso che mette sullo stesso piano ebraismo, cristianesimo e islam: «Se le tre fedi si uniscono, la pace è possibile in tutto il mondo». Quindi ha affidato agli stessi paesi musulmani il compito di debellare il terrorismo.
Ora Trump si è allineato sulle medesime posizioni di Obama, dell'Unione Europea, della Turchia, dell'Arabia Saudita e di Israele. Ha aderito alla strategia che di fatto promuove lo scontro tra sunniti e sciiti in Siria e Iraq, immaginando che lasciandoli scannare tra loro il più a lungo possibile si indebolirà anche l'Iran e si potrà successivamente spartirsi il territorio e le risorse dell'intera area. Si tratta di una follia imposta dai poteri forti che aspirano a un Nuovo Ordine Mondiale. Perché contemporaneamente il terrorismo islamico globalizzato miete vittime ogni giorno ovunque nel mondo.
Da questa guerra nessuno si salverà fintantoché non si combatterà uniti per sconfiggere la radice del male: l'islam che plagia le menti dei burattini e consente ai burattinai di scatenare le loro "guerre sante".
Dopo la visita di TrumpCrisi nel Golfo: Arabia Saudita, Egitto, Emirati e Bahrein rompono le relazioni diplomatiche con il QatarMilano, 5 giugno 2017 - 05:22
Azione senza precedenti dei vicini contro l’Emirato, accusato di sostenere «i terroristi»
Via i diplomatici e interrotti i trasporti, scacco per il Paese organizzatore dei mondiali 22
http://www.corriere.it/esteri/17_giugno ... 067c.shtmlCrisi nel Golfo, senza molti precedenti: Bahrain, Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi hanno interrotto le relazioni diplomatiche con il vicino Qatar. Le accuse sono quelle di sostenere organizzazioni terroristiche e di interferenze negli affari interni del confinante Bahrein. Una mossa molto forte che prevede l’interruzione immediata degli spostamenti via terra e via aerea (Etihad, la linea di Abu Dhabi, ha già annunciato che sospenderà i voli, mentre Qatar Airways è una delle compagnie più potenti del mondo) e il ritiro degli ambasciatori oltreché l’abbandono delle forze qatariote in Yemen, dove fanno parte della coalizione che combatte gli estremisti locali. Una mossa che probabilmente nasce dalle contestazioni rivolte ad Al Jazeera, l’emittente del Qatar, accusata «di incitare i terroristi e i destabilizzatori». Una mossa che potrebbe mettere parecchio in difficoltà l’emirato in una fase delicata della sua storia visto che dovrà organizzare i Mondiali di calcio del 2022.
Arabia Saudita, Emirati ed Egitto contro lo sceicco Al Thanidi VINCENZO NIGRO
25 maggio 2017
http://www.repubblica.it/esteri/2017/05 ... -166368213È riesplosa la battaglia politica e mediatica fra il Qatar e i suoi "fratelli" arabi della regione del Golfo. Da qualche giorno l'emiro Al Thani, il "ruler" di Doha, è finito sotto attacco dell'Arabia Saudita e degli Emirati per una sua dichiarazione che è stata postata sul sito dell'agenzia di notizie del Qatar, ma che la stessa agenzia ha classificato come un "fake", un falso piazzato da qualcuno che ha voluto mettere in difficoltà il paese.
Nel testo, comparso pochi giorni dopo il vertice in Arabia Saudita fra Trump e i leader arabi, lo sceicco definiva l'Iran "una potenza islamica" e confermava che le relazioni fra il Qatar e Israele sono "buone". Ancora: lo sceicco, nel fake pubblicato dall'agenzia ufficiale qatarina, definiva Hamas "il legittimo rappresentante del popolo palestinese", descriveva le buone relazioni che il Qatar ha sia con gli Usa che con l'Iran.
Gli hackers hanno poi bloccato anche l'account Twitter dell'agenzia, dopo aver inviato messaggi in cui il ministro degli Esteri del paese denunciava i "complotti" delle altre nazioni arabe contro il Qatar. In un tweet addirittura veniva scritto che "il Qatar ha ordinato il richiamo degli ambasciatori da Bahrain, Egitto, Kuwait, Arabia Saudita e Emirati Arabi dopo la scoperta del "complotto"".
Il governo qatarino è poi riuscito a cancellare i tweet falsi, e il direttore dell'ufficio comunicazione del governo ha spiegato che "il governo ha aperto un'inchiesta sulle falsità diffuse". Ma le informazioni false sono state rilanciate per ore dalle tv satellitari del Golfo, innanzitutto da quelle degli Emirati
Gli altri paesi arabi accusano da sempre il Qatar di essere vicino ai movimenti più estremisti, a patire dai Fratelli Musulmani. Arabia Saudita ed Emirati hanno bloccato Al Jazeera, la tv satellitare qatarina, e oggi sono stati seguiti da Egitto e Bahrain.
La disputa politica e "televisiva" con il Qatar è il primo frutto evidente della svolta che si è avuta sabato scorso a Riad dove Trump ha incontrato i leader dei paesi islamici sunniti guidati dall'Arabia Saudita. Di fatto il presidente americano ha rinsaldato un'alleanza con i paesi sunniti in nome dell'ostilità all'Iran che proprio in quelle ore conteggiava i voti delle elezioni che hanno confermato Hassan Rouhani alla presidenza della Repubblica. Il primo effetto del rilancio della nuova alleanza anti-iraniana è stato quindi quello di limitare la possibilità di dissenso all'interno della coalizione die paesi arabi guidati dall'Arabia Saudita.
Lo Stato del Qàtar (Arabo قطر, Qaṭar) è un emirato del Vicino Oriente. Situato in una piccola penisola della ben più grande penisola Arabica, confina a sud con l'Arabia Saudita ed è per il resto circondato dal golfo Persico.https://it.wikipedia.org/wiki/Qatar Il Qàtar è uno dei vari emirati sorti nel XX secolo nella penisola arabica. Dopo essere stato dominato per migliaia di anni dai persiani e, più recentemente, dal Bahrein, dagli Ottomani e dai britannici, diventò indipendente il 3 settembre 1971. Diversamente dalla maggior parte dei vicini emirati, il Qatar ha rifiutato di diventare parte dell'Arabia Saudita - malgrado il comune orientamento wahhabita della loro fede islamica - o degli Emirati Arabi Uniti.
Superfice 11.437 km² (162º) - Popolazione 2.350.000
PIL (nominale) 192 402 milioni di $ (2012) (53º)
PIL pro capite (nominale) 104 756 $ (2012) (2º)
La principale risorsa economica è rappresentata dal petrolio su cui si basa la ricchezza del paese. I primi giacimenti furono scoperti negli anni quaranta e la commercializzazione del greggio ebbe inizio dieci anni dopo. Nel 1974 il governo fondò la Qatar General Petroleum Corporation, ente deputato al controllo delle risorse petrolifere, precedentemente gestite da compagnie occidentali. Il Qàtar è membro dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC).
Un'ulteriore risorsa è costituita inoltre dai giacimenti di gas naturale; infatti, a North West Dome si trovano i più grandi depositi del mondo di gas naturale non associato al petrolio. Nel 2012 il prodotto interno lordo nominale del paese è stato di 192.402 milioni di dollari USA, corrispondente a un PIL di 104.756 dollari USA pro capite, secondo al mondo dopo il Lussemburgo. A parità di potere d'acquisto il prodotto interno lordo è stato di 185.300 milioni di dollari USA, con un PIL procapite di 100.889 dollari che colloca i suoi abitanti al primo posto tra i più ricchi del mondo.
Il settore agricolo ha rilevanza solo a livello locale e impiega circa il 3% della forza lavoro. Sono allo studio progetti volti a migliorare i sistemi di irrigazione e ad aumentare la produzione agricola per garantire l'autosufficienza alimentare, raggiunta alla fine degli anni novanta solo per frutta e ortaggi. Il settore più importante resta comunque quello della pastorizia (si allevano perlopiù capre, pecore, dromedari e bovini). Di rilievo è inoltre la pesca che riesce a soddisfare completamente il fabbisogno interno, garantendo anche eccedenze per l'esportazione. Il governo utilizza le entrate valutarie ottenute dalle concessioni petrolifere per finanziare lo sviluppo industriale del paese. Oltre a effettuare la raffinazione del petrolio, le industrie manifatturiere più importanti producono cemento, fertilizzanti e acciaio.
I Fratelli Musulmani (in arabo: جماعة الإخوان المسلمين, Jamaʿat al-Iḫwān al-muslimīn, letteralmente Associazione dei Fratelli Musulmani; spesso solo الإخوان المسلمون, al-Iḫwān al-Muslimūn, Fratelli musulmani, o semplicemente الإخوان al-Iḫwān, i Fratelli) costituiscono una delle più importanti organizzazioni islamiste internazionali con un approccio di tipo politico all'Islam. Furono fondati nel 1928 da al-Ḥasan al-Bannāʾ a Isma'iliyya (Egitto), poco più d'un decennio dopo il collasso dell'Impero Ottomano.
https://it.wikipedia.org/wiki/Fratelli_Musulmani Sono diffusi soprattutto in Egitto (Partito Libertà e Giustizia) e a Gaza (Hamas).
Sono stati dichiarati fuorilegge, in quanto considerati un'organizzazione terroristica, da parte dei governi dei seguenti paesi: Bahrain, Egitto, Russia, Siria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Tagikistan e Uzbekistan. Godono invece di cospicui finanziamenti e protezione più o meno esplicita da parte dei governi di Turchia e Qatar.
Il movimento dei Fratelli musulmani apre la strada al Qatar Silvia Cattori Egalité et Reconciliation 30 aprile 2013
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://qatarbook.wordpress.com/2013/05 ... a-al-qatarSulla scia delle rivolte arabe, il Qatar utilizza la sua grande ricchezza e il suo impero mediatico per diventare una superpotenza regionale. Quali sono i suoi legami storici con i Fratelli musulmani che determineranno il successo o il fallimento della strategia di Doha.
Siamo abituati a un Paese come l’Arabia Saudita, che cercava di svolgere un ruolo di primo piano nella vita politica della regione, ma nel caso di un Paese piccolo come il Qatar, con una popolazione nativa di appena 200.000 persone, ciò è notevole. Soprattutto grazie alla sua ricchezza petrolifera e gasifera, la piccola penisola nel Golfo è in grado di competere con le maggiori potenze della regione. Il Qatar è riuscito a sfruttare le sue fortune economiche, e costruito intorno ad al-Jazeera un impero mediatico, rafforzando la propria reputazione da superpotenza regionale. Negli anni che hanno preceduto la rivolta araba, il Qatar ha seguito una diplomazia pragmatica, costruendo forti relazioni con nemici giurati come Stati Uniti e Iran o Hamas e Israele. In un certo senso, Doha ha preceduto la Turchia nell’attuare con successo una politica estera di “zero problemi”. Oggi, però, il Qatar ha più coraggio, prende posizione negli sconvolgimenti che hanno scosso il mondo arabo e rilascia le redini di al-Jazeera quando attacca i suoi nemici. Il Qatar infatti si é messo nell’occhio del ciclone.
Dopo il suo supporto supporto ai rivoluzionari, Doha si sente a suo agio con i nuovi leader islamisti in Egitto e Tunisia. In Libia, il Qatar era in prima linea nel sostegno militare e finanziario alle forze ribelli sostenute dalla NATO fino alla caduta di Muammar Gheddafi. In Siria, l’emiro è disposto a rischiare tutto per abbattere il regime di Bashar al-Assad. Al centro della strategia del Qatar vi sono i suoi legami storici con i Fratelli musulmani, che sono diventati i principali beneficiari delle rivolte arabe. Scommettere sulla Fratellanza, tuttavia, è rischioso, in particolare nei confronti degli altri Stati del Golfo che considerano i Fratelli musulmani una minaccia più grande dell’Iran.
La Fratellanza nel Qatar
La presenza in Qatar dei Fratelli musulmani di un certo numero di Paesi arabi, risale al 1950, quando alcuni membri del movimento furono costretti all’esilio, in particolare dell’Egitto di Jamal Abdel Nasser. Nel 1999, il ramo del Qatar dei Fratelli Musulmani fu dissolto e il suo leader Sultan Jassim ha detto nel 2003 che il governo del Qatar stava adempiendo ai suoi obblighi religiosi correttamente. Analoghi tentativi di riconciliare la Confraternita con la famiglia regnante negli Emirati Arabi Uniti non hanno avuto successo. La filiale della Fratellanza negli Emirati Arabi Uniti, chiamata al-Islah, è stato autorizzata ad agire come ente di beneficenza, ma ha dovuto interrompere la sua attività politica.
Nel tempo, il rapporto tra il Qatar e gli esponenti della Fratellanza si è rafforzato, in particolare con lo sceicco Yusuf al-Qaradawi e una lunga lista di attivisti islamici e giornalisti che hanno invaso al-Jazeera, tra cui l’ex direttore generale Wadah Khanfar (dei Fratelli musulmani giordani) e l’attuale ministro degli Esteri tunisino Rafiq Abdul-Salam, che ha guidato il centro di ricerca della rete. Il Qatar non ha perso tempo nel sostenere i nuovi regimi dei Fratelli musulmani riempiendone le casse. A differenza degli altri Paesi del Golfo, che hanno ridotto i loro investimenti in Egitto dopo la caduta di Mubaraq, Doha si è impegna ad aumentare la sua quota fino a 18 miliardi di dollari, per i prossimi anni. Le sontuose spese del Qatar per gli islamisti sono anche riuscite ad attirare Hamas palestinese allontanandola da Iran e Siria. In un recente viaggio a Gaza, l’emiro del Qatar sheikh Hamad bin Khalifa al-Thani ha annunciato investimenti e progetti per un quarto di miliardo di dollari.
Il malcontento del Golfo
La storia d’amore tra i Fratelli musulmani e il Qatar è una fonte di malcontento tra i vicini del Golfo, in particolare in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Non è la prima volta che Doha irrita gli altri regimi della regione, come una volta succedeva, soprattutto per motivi economici, con l’Iran. Ma le altre monarchie del Golfo sono sempre più caute verso l’ascesa al potere dei Fratelli nella regione. Alcuni vedono la Fratellanza come una minaccia più grande dell’Iran. Il recente arresto di decine di membri di al-Islah con l’accusa di aver complottato per rovesciare il regime degli Emirati Arabi Uniti, ne è un esempio. I media sauditi sono più aperti nelle loro critiche alla relazione speciale con i Fratelli del Qatar e gli Emirati Arabi Uniti lanciano una stazione televisiva contro di loro. Da parte sua, il Kuwait non ha che inviato una cifra simbolica di aiuti per l’economia in difficoltà dell’Egitto.
Questo ha reso il Qatar attento a non disturbare i suoi vicini del Golfo, evitando di accendere incendi che possano estendersi. Quando lo sceicco Yusuf al-Qaradawi, per esempio, ha pubblicamente criticato l’EAU per aver espulso dei siriani in Egitto, nel maggio 2012, al-Thani stesso si recò ad Abu Dhabi, il giorno successivo, per limitare i danni. La politica del Qatar nel Golfo sembra essere un prolungamento del suo precedente approccio pragmatico, consistente in alleanze con nemici acerrimi, volendo bilanciare le sue relazioni con i suoi partner nel Golfo con il suo mecenatismo verso i Fratelli musulmani. Tuttavia, in altre parti del mondo arabo e in Siria, il Qatar conduce un nuovo e potenzialmente pericoloso gioco, mettendo tutto il suo peso da una sola parte.
Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmanaviewtopic.php?f=188&t=2027Il mondo arabo rompe con il Qatar: "Finanzia il terrorismo"Terremoto in Medio Oriente. Arabia Saudita, Bahrein, Emirati ed Egitto chiudono le frontiere. Stop ai voli verso il Qatar
Sergio Rame - Lun, 05/06/2017
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/mon ... 05419.htmlUn terremoto diplomatico si abbatte sul Medio Oriente. Arabia Saudita, Egitto, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Yemen hanno tagliato i rapporti diplomatici con il Qatar.
Gli Usa: "Medieremo tra Qatar e sauditi"
L'accusa che muovono al piccolo ma ricchissimo emirato è di destabilizzare la regione sostenendo economicamente "gruppi terroristici" come al Qaeda, lo Stato islamico e i Fratelli Musulmani.
La rottura dei rapporti diplomatici segue di appena due settimane la visita a Riad del presidente americano, Donald Trump, che ha chiesto ai Paesi musulmani di agire in maniera decisiva contro l'estremismo religioso. E il dito dei principali Paesi del mondo arabo hanno puntato il dito contro il Qatar che sta provando a ritagliarsi un ruolo regionale e che organizzerà i Mondiali di Calcio del 2022. Doha è stata anche esclusa dalla coalizione militare araba che combatte i ribelli filo-iraniani in Yemen. Da Sydney, però, il capo della diplomazia americana, Rex Tillerson, ha chiesto ai Paesi del Golfo di restare uniti.
La rottura diplomatica con il Qatar è sicuramente la crisi più grave dalla nascita nel 1981 del Consiglio di cooperazione del Golfo. L'agenzia di stampa saudita Spa ha detto che Riad ha chiuso i collegamenti terrestri, aerei e marittimi con l'emirato e, citando fonti locali, ha spiegato che la mossa serve a "proteggere la sua sicurezza nazionale dai pericoli del terrorismo e dell'estremismo". "L'Arabia saudita - hanno spiegato - ha preso questa misura decisiva in ragione di una serie di abusi delle autorità di Doha nel corso di tutti questi ultimi anni per incitare alla disobbedienza e mettere a rischio la sua sovranita". Anche l'Egitto ha chiuso lo spazio aereo a tutti i mezzi aerei del Qatar. Gli Emirati Arabi Uniti hanno dato 48 ore di tempo ai diplomatici qatarini per lasciare il Paese. Abu Dhabi accusa Doha di "sostenere e finanziare" il "terrorismo, l'estremismo e le organizzazioni settarie". L'agenzia di Stato del Bahrein ha detto che il Paese taglia i rapporti con il Qatar dal momento che Doha "mette a rischio la stabilità del Bahrein e si intromette nei suoi affari" interni.
Le tensioni sono state scatenate nelle ultime due settimane da alcuni articoli attribuiti all'emiro del Qatar, Tamin bin Hamad al Thani, che aveva criticato la retorica anti-iraniana dei vicini del Golfo e contro Trump. Articoli che sono stati accolti con grandissimo clamore in Arabia Saudita. Il Qatar ha smentito quelle dichiarazioni, liquidandole come fake news, ma gli Emirati avevano avvertito che "una grave crisi" stava per scatenarsi all'interno del Consiglio di cooperazione del Golfo.
Banche, compagnie aeree e hotel Ecco l’Italia in mano al QatarCorinna De Cesare
Milano, 5 giugno 2017
http://www.corriere.it/economia/17_giug ... 067c.shtmlMilano, Olbia, Firenze, Porto Cervo, gli investimenti del Qatar in Italia spaziano dall’immobiliare alle banche fino ad arrivare alla moda in una ragnatela di intrecci
che porta sempre allo stesso cognome: Al Thani, la famiglia reale di Doha
«Il mondo si divide tra quelli che sono italiani e quelli che vorrebbero essere italiani». Lo sceicco Suhami Al-Thani, 31 anni, membro della famiglia reale del Qatar e secondo cugino dell’attuale emiro, ha in passato parlato così dell’Italia, a proposito dell’investimento della Qatar Holding che nel 2013 aveva acquisito una partecipazione del 40% di Porta Nuova. Un investimento che è salito ormai al 100% e che ha consegnato agli emiri l’intero quartiere di Milano, noto, a livello internazionale per il grande progetto di riqualificazione e per il Bosco Verticale di Boeri, giudicato l’edificio alto più bello del mondo. Milano, Olbia, Firenze, Porto Cervo, gli investimenti del Qatar in Italia spaziano dall’immobiliare alle banche fino ad arrivare alla moda in una ragnatela di intrecci che porta sempre allo stesso cognome: Al Thani, la famiglia reale di Doha che governa il Qatar dal 1850 circa (ma fino al 1971 l’emirato stato per 55 anni un protettorato britannico). Nel 2013 l’ascesa al trono dell’attuale emiro, il 36enne Tamim Ben Hamad Al-Thani (educazione britannica, quattro mogli e otto figli) che più volte ha visitato l’Italia per affari.
Se negli gli Usa gli investimenti del Qatar sono sparsi fra proprietà e media e in Asia prevalgono energia e grattacieli, l’Europa è un nodo strategico: specie dopo la crisi finanziaria, che ha visto il fondo Qia (Qatar Investment Authority ) accorrere alla richiesta d’aiuto di numerose banche: da Barclays (la quota è ora al 6,3%) a Credit Suisse, fino in tempi recenti a Deutsche Bank, dove Doha punta a superare il 10%. Ma è l’Italia che piace moltissimo alla monarchia degli Al Thani. I rapporti commerciali tra il Qatar e l’Italia hanno un valore di circa 1,7 miliardi di euro, secondo i dati del ministero dello Sviluppo Economico aggiornati a settembre del 2015. E, cosa più interessante, l’aumento rispetto al 2014 è stato del 10%. Ma al Qatar, che con i suoi undici mila chilometri quadrati di superficie è poco più grande della Basilicata, piace più che altro lo «shopping» italiano. Uno degli ultimi colpi è stato in Sardegna dove la Qatar Airways si è presa il 49% di Meridiana. Nel 2011 gli Al Thani hanno acquisito l’Hotel Gallia a Milano, nel 2012 il fondo sovrano ha praticamente rilevato la Costa Smeralda. Nello stesso anno, attraverso la «Mayhoola for investment», i reali del Qatar hanno comprato la maison Valentino per 700 milioni di euro. E più di recente la stessa QIA, che ha comprato Porta Nuova, è entrata con un investimento di 165 milioni nel capitale di Inalca, la società del gruppo Cremonini, insieme al Fondo Strategico italiano.
Del resto i soldi non mancano alla minuscola monarchia del Golfo, ricchissima di gas naturale, accusata già in passato, prima della rottura delle relazioni diplomatiche con i sei Paesi del Golfo, di supportare i gruppi islamici nei Paesi arabi. Doha ha sempre negato e continua a «spendersi» molto, val la pena di dire, negli investimenti. Il Paese prediletto è forse la Gran Bretagna dove il Qatar ha investito quasi 40 miliardi di sterline negli ultimi anni, puntando molto sull’immobiliare. Tanto che - si è scritto - a Londra gli Al Thani possiedano un patrimonio immobiliare superiore a quello della famiglia reale britannica. In Italia hanno comprato i più prestigiosi alberghi di Firenze: acquisiti il Four Season, all’interno del Palazzo della Gherardesca e lo storico Grand Hotel Baglioni. A Milano, il Qatar Investment Authority si è concentrato sulle sedi delle banche come il palazzo di via Santa Margherita che ospita gli uffici di Credit Suisse. Oltre ad aver partecipato a un fondo costruito ad hoc per valorizzare un portafoglio di filiali di Deutsche Bank. Durante l’esecutivo Renzi emerse anche l’idea di un salvataggio del Montepaschi per opera del Qatar, idea poi tramontata. Proprio in Italia, del resto, la famiglia Al Thani si è vista spesso: Sheikha Mozah, madre dell’attuale emiro Tamim al-Thani è stata più volte avvistata alla prima della Scala ed è stata grande ispiratrice dei più recenti cambiamenti in Qatar. Suo figlio Sheikh Tamin Bin Hamad Al Thani, appena un anno fa, è stato in visita ufficiale a Roma e ha incontrato il premier Matteo Renzi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
In progetto a Lecce la prima università islamica d’Italia: il no della popolazione15 aprile 2015
https://www.riscossacristiana.it/proget ... opolazioneNon più soltanto centri culturali e luoghi di culto. Mentre nei Paesi islamici si distruggono chiese e si massacrano i cristiani, nella cattolicissima Italia si sta pensando di inaugurare al più presto la prima università musulmana (nella foto, il progetto). Se dal Ministero per l’Università fosse concesso il via libera – ed in tal senso pare vi siano i presupposti -, nell’ottobre del 2017 potrebbe aprire i battenti con sede a Lecce. Al centro prevede una moschea, poi campus, mensa, residenze ed impianti sportivi. Il tutto per almeno 5 mila studenti iscritti. Lo sponsor accademico dovrebbe essere l’Università al-Azhar del Cairo. A formare il Comitato Scientifico dovrebbero essere invece chiamati 6 docenti italiani non musulmani, 4 convertiti all’islam, 5 provenienti da atenei musulmani esteri e 3 esperti del mondo imprenditoriale ed ambientalista. Vi si insegnerebbe di tutto, dalla Teologia alla Filosofia, dalle Lettere alle Scienze agrarie ed ambientali, dalle Scienze umanistiche al diritto italiano, sia pure con taglio ed ispirazione rigorosamente islamici. E, nell’autunno del 2018, dovrebbe partire anche la facoltà di Medicina.
A volerla con tutte le proprie forze, è il Presidente della Fondazione dell’Università islamica, Giampiero Khaled Paladini: 56 anni, ha abiurato ed è diventato islamico tre anni fa. Uomo d’affari salentino, è a capo di Confime, il Consorzio Imprese del Mediterraneo, specializzato nei rapporti commerciali tra Italia e Medio Oriente. Lui ha fretta, sostiene di essere già in ritardo: per questo le classi di teologia conta di farle partire già ad ottobre nella stessa sede della Fondazione, mentre a gennaio dovrebbero essere attivati due master – Diritto di Economia e finanza islamica, in concorso con centri bancari del Barhain, e Scienze delle costruzioni, con l’appoggio delle grandi compagnie finanziarie arabe -.
Paladini riteneva di aver trovato un sito potenziale per l’ateneo presso un’ex-fabbrica di tabacco, abbandonata dal 1980: ma l’accordo con la proprietà dell’immobile, una società milanese, è sfumato poco prima della firma. Ora pare si possa puntare o sull’area della superstrada Lecce-Brindisi, che tuttavia richiederebbe varianti urbanistiche, oppure su un terreno in Comune di Monteroni, dove il cantiere potrebbe partire già nel giro di un anno. Nel caso tutte queste ipotesi dovessero tramontare, l’iniziativa potrebbe traslocare in Sicilia, dove si dice possa avere maggiori chance.
E’ zelante, Paladini: piano di fattibilità e business plan sono già stati messi a punto, l’atto notarile è già stato firmato. Mancano ancora le autorizzazioni, ma dovrà convincere anche la popolazione, assolutamente contraria al suo progetto, in considerazione anche delle radici e delle tradizioni profondamente cattoliche della zona. «Il Sindaco Paolo Perrone non ha voluto incontrarmi neppure », ha dichiarato a Il Fatto Quotidiano. Mentre sul Corriere della Sera è stato categorico l’assessore municipale per la Pianificazione Urbana, Severo Martini: «La proposta non ci interessa. In questo momento avviare un progetto di questo genere è quanto meno inopportuno».
A preoccuparlo è anche la provenienza dei fondi per finanziare la costosa iniziativa: pare giungano dai Paesi del Golfo, dal Kuwait e dal Qatar in particolare, dall’Opec e dall’Aaoifi, ovvero dall’associazione internazionale, che riunisce società private, istituzioni e banche centrali arabe. L’investimento di base dovrebbe essere di 45 milioni di euro, più altri 35 per i costi di gestione annui.
Scettico è anche Luigi Mazzei, consigliere comunale di Forza Italia: a suo dire, con «un campus esclusivamente per musulmani» non si otterrebbe «vera integrazione». Attendista il Pd, benché non pregiudizialmente contrario. Un “no” forte e chiaro è invece già giunto dal leader della Lega, Matteo Salvini…
Così il Qatar finanzia in Italia moschee e scuole coranicheNell'ultimo anno la Qatar Charity ha stanziato 25 milioni per costruire 43 moschee in Italia. Ma dietro la fondazione ci sono sospetti di legami con al Qaeda
Sergio Rame - Lun, 05/06/2017
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 05722.html Con i suoi 2milioni e 700mila abitanti, il "piccolo" Qatar è un attore importante nel mercato internazionale, con le sue grandi aziende come la compagnia aerea nazionale Qatar Airways e la rete televisiva internazionale Al Jazeera, ma anche con i forti investimenti del Paese nel mondo sportivo: già principale sponsor del Barcellona, il Qatar ospiterà i campionati mondiali di calcio nel 2022.
Ma non è solo ricchezze petrolio. Il Qatar è anche proselitismo. O meglio lo è la "Qatar Charity Foundation", la più importante istituzione di assistenza islamica dell'Emirato che ha tra i tanti obiettivi la costruzione di moschee in tutto il mondo. In Italia ha mosso i primi passo nel 2013 quando ha messo a disposizione 2,5 milioni di euro per la costruzione di quattro moschee in Sicilia.
In Italia la maggior parte dei finanziamenti alle comunità islamiche sono finanziate dalle ong del Qatar, lo Stato con cui da oggi Arabia Saudita, Egitto, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Yemen hanno chiuso i rapporti diplomatici. L'accusa mossa a Doha è di finanziare il terrorismo islamico facendo arrivare soldi a organizzazioni vicine ad al Qaeda, Stato islamico e Fratelli Musulmani. "Se Dio vuole conquisteremo Roma. Non con la spada, ma con la Dawa (il proselitismo, ndr)", recita un hadith del profeta Yusuf al-Qaradawi, il leader spirituale della Fratellanza Musulmana che predica dal Qatar e dagli schermi di Al Jazeera, l'emittente satellitare dell'emirato wahabita. Negli ultimi anni le associazioni islamiche hanno costruito decine di moschee e scuole coraniche con i finanziamenti del Qatar. Stando alle parole del presidente Ucoii (Unione delle Comunità islamiche d'Italia), l'imam fiorentino Izzedin Elzir, solo i 25 milioni provenienti dalla ong Qatar Charity sono serviti nell’ultimo anno "per costruire 43 moschee".
Nel gennaio del 2016 Ibrahim Mohamed, tesoriere dell'Ucoii, aveva annunciato l'arrivo di 5 milioni per la costruzione della moschea di Bergamo, la cui costruzione è stata bloccata da un'indagine della procura. Una somma che rappresenta appena "un quinto dei 25 milioni di euro trasferiti in Italia per realizzare 33 nuovi centri islamici". Con i soldi della Qatar Charity, in Lombardia, sono già stati realizzati i centri islamici di Saronno e Brescia, oltre ad altri centri minori, specie nel Bresciano. Non solo. Oltre alla moschea di Bergamo, la Qatar Charity sarebbe già pronta a sovvenzionare anche un maxi centro a Sesto San Giovanni. "Lo Stato italiano resta indifferente di fronte alla denuncia dell’Arabia contro il Qatar? - chiede il deputato leghista Paolo Grimoldi - l'Italia continua ad autorizzare la costruzione di moschee finanziate dal Qatar o quelle in costruzione verranno bloccate?". Anche perché, come ricordava Gian Miaclessin sul Giornale, sulle attività della Qatar Charity Foundation pesano però molti sospetti. Sospetti che legano l'ex presidente Abdullah Mohammed Yusef ad al Qaeda. "I soldi destinati dalla Qatar Charity alle operazioni di Al Qaida - si legge in un rapporto del ministero della Giustizia statunitense - vengono elencati nei registri dell'organizzazione come spese per la costruzione di moschee e scuole oltre che al sostegno di poveri e bisognosi".
Milano, Qatar. Colonizzazione in corso2015/03/02
http://www.ilfoglio.it/articoli/2015/03 ... orso-81421 "Il mondo si divide tra quelli che sono italiani e quelli che vorrebbero essere italiani". Lo sceicco Suhami al Thani, 29 anni, membro della famiglia reale del Qatar e secondo cugino dell’attuale emiro, ha in passato parlato così dell’Italia, a proposito dell’investimento della Qatar Holding che nel 2013 aveva acquisito una partecipazione del 40% di Porta Nuova. Un investimento che ora è salito al 100% e che consegna agli emiri l’intero quartiere di Milano [1].
"Là dove c’era l’erba, ora c’è una città. E dove comandavano Salvatore Ligresti e Bruno De Mico, ora comanda il Qatar. È il quartiere più innovativo di Milano, Porta Nuova. C’è il grattacielo più alto d’Italia (per ora), quello dell’Unicredit, con il pennacchione disegnato da Cesar Pelli e la piazza Gae Aulenti diventata un nuovo punto d’incontro dei milanesi, tra il modaiolo corso Como e l’ex popolare quartiere Isola. C’è il Bosco verticale progettato da Stefano Boeri. C’è il Diamante di Lee Polisano, con la punta che di notte cambia colore. In tutto, 25 edifici, di cui 8 grattacieli" (Gianni Barbacetto) [2].
Annunciata venerdì, l’operazione è stata chiusa dopo sei mesi di trattative. Il fondo sovrano Qia (Qatar investment authority), che controlla Qatar Holding, ha rilevato di fatto le quote degli altri soci fra cui Unipol, Hines, il fondo pensioni Tiaa Cref, Coima (famiglia Catella) assistita da Shearman&Sterling, dallo studio Tremonti e dall’advisor Citi [3].
La parte residenziale comprende complessivamente 380 unità abitative, aree pedonali, piste ciclabili e un parco di 90mila metri quadrati. L’area in questione vale sul mercato circa due miliardi di euro, a fronte di un investimento iniziale dei primi soci intorno ai 300 milioni di euro. Secondo indiscrezioni il Qatar, che ha comprato quasi certamente a sconto, avrebbe speso per l’acquisizione una cifra compresa tra i 500 e i 700 milioni di euro di equity, il resto è debito [3].
Sandra Riccio: "Il business dei nuovi grattacieli di Milano, delle residenze di superlusso e degli architetti di grido, ha fatto parecchie macerie. La colpa, certo, è della crisi, del crollo dei prezzi, della difficoltà a rifinanziare i debiti ma in mezzo a queste vicende ci sono anche bancarotte, sequestri e guai col Fisco. Il risultato è che un’intera schiera di palazzinari è stata spazzata via in meno di dieci anni: sulla scena milanese non ci sono più nomi storici come Ligresti, Lodigiani, Beltrami Gadola, Zunino e Coppola. Hanno superato la crisi, e si preparano a incassare, soltanto i “costruttori” con le spalle larghe, quelli che hanno avuto la possibilità di aspettare che il mercato cambiasse: banche, assicurazioni e grandi fondi immobiliari senza bisogno di finanziamenti" [4].
"Questa è anche la storia ingloriosa del declino degli immobiliaristi milanesi. I lavori di Porta Nuova furono avviati dalla famiglia Ligresti, cui era associato lo stesso Manfredi Catella che ieri ha realizzato il colpaccio della vendita agli arabi. Catella (e non solo lui) ne esce con una ricca plusvalenza. Si dice che parte di questa liquidità sia destinata a un nuovo investimento nel Lido di Venezia. Siamo sicuri che ne beneficerà il sistema economico italiano?" (Gad Lerner) [5].
In Italia il Qatar, in diverse declinazioni tra fondo sovrano e Katara hospitality e in misura minore attraverso società che fanno capo all’emiro e ad altri membri del Governo degli Emirati, detiene un portafoglio che potrebbe valere secondo le ultime valutazioni ben oltre tre miliardi di euro [3].
Il Qatar, che con i suoi undicimila chilometri quadrati di superficie è poco più grande della Basilicata, si è dedicata negli ultimi anni a uno shopping compulsivo in Italia. Nel 2011 gli al Thani hanno acquistato l’hotel Gallia a Milano, nel 2012 il fondo sovrano ha praticamente rilevato la Costa Smeralda. Nello stesso anno, attraverso la Mayhoola for investment, i reali hanno comprato la maison Valentino per 700 milioni di euro. E più di recente la stessa Qia è entrata con un investimento di 165 milioni nel capitale di Inalca, la società del gruppo Cremonini [1].
Il fondo sovrano del Qatar è stato creato nel 2005 per gestire le immense rendite petrolifere dell’emirato. A oggi il suo patrimonio supera i 60 miliardi di dollari ed è composto soprattutto da asset immobiliari [6].
Ora l’Italia è il secondo Paese al mondo per presenza del fondo qatariano, dopo il Regno Unito. A Londra la famiglia al Thani ha appena comprato il Canary Wharf tra il Tamigi e la City, un gruppo di grattacieli sede di banche e istituzioni finanziarie. Nella capitale britannica il Qatar possiede poi diversi immobili nel ricco quartiere di Mayfair, i grandi magazzini Harrods e la torre più alta d’Europa, lo Shard disegnato da Renzo Piano [7].
Stefano Montefiori: "A Parigi il protagonismo degli emiri del Qatar è cominciato con la presidenza Sarkozy ed è proseguito sotto Hollande. Gli al Thani controllano la squadra di calcio del Psg e hanno comprato Ibrahimovic, la loro mossa più appariscente in termine di immagine, ma si sono dedicati soprattutto al mattone: sugli Champs Elysées sono proprietari dello showroom Citroën e del palazzo dell’ex Virgin Megastore. E poi gli alberghi Royal Monceau e Lambert a Parigi e il Carlton a Cannes, e partecipazioni in aziende strategiche per la Francia: Total (3%), Veolia (5%), Lagardère (12%), Vivendi (5%), Vinci (7%), Lvmh (1%)" [8].
Nel portafoglio del fondo qatariano figurano tra l’altro il 17 per cento di Volkswagen di cui il Qatar è il secondo azionista, assieme a quote rilevanti in Barclays e nel Crédit Suisse e così via, da quote in General Motors al Banco Santander ed al London Stock Exchange [9].
"Nulla, però, esprime la forza e le ambizioni del Paese, proprietario di al Jazeera, la rete più diffusa del mondo arabo, quanto la conquista dei Mondiali di calcio del 2022, che si terranno a Natale per volere dei petrodollari" (Ugo Bertone) [9].
Si dice preoccupato Stefano Boeri, l’architetto che ha disegnato il Bosco verticale di Porta Nuova: "Si tratta di un investimento di un governo straniero, questo implica riflessioni geopolitiche importanti. È un peccato che oggi in Europa non ci sia questa riflessione su investimenti certamente necessari, ma che avrebbero bisogno di clausole di trasparenza. E poi vedo un grande paradosso, che è anche un segnale di schizofrenia di questa città. Vendiamo a uno stato islamico un pezzo del nuovo centro, ma non sappiamo dare un luogo di culto ai cittadini milanesi di fede islamica" [10].
Bertone: "Non mancano infatti le ombre sull’emirato, a partire dal sostegno ai Fratelli Musulmani in Egitto, ai gruppi jihadisti in Mali e al fronte anti-Assad in Siria, comprese le frange più estreme. Dopo l’attentato a Charlie Hebdo sono cresciute, specie in Francia, le richieste di prender le distanze dal regime di Doha, vicino ai wahabiti" [9].
[**Video_box_2**]"Ci toccherà un futuro da colonizzati? Il Qatar è anche un emirato in cui vige un’interpretazione oscurantista della Sharia, la legge islamica, prodigo di finanziamenti ai Fratelli Musulmani, fin troppo attivo nella destabilizzazione del Medio Oriente e del Nordafrica che sta insanguinando l’intero bacino del Mediterraneo" (Lerner) [5].
Ancora più netto il giudizio di Gian Micalessin, secondo cui il Qatar "è l’ispiratore del fanatismo religioso perpetrato dallo Stato Islamico. E il mandante ideologico del rogo medievale con cui il Califfato ha punito il pilota giordano Muath al Kaseasbeh. Dopo quella spietata esecuzione qualcuno ricordò che il Corano e la legge islamica vietano di uccidere con il fuoco. Ma esistono le eccezioni. E una di queste s’appoggia su un parere consultivo (fatwa) preparato dagli esperti coranici dell’Emirato e pubblicato nel giugno 2009 sul Centro per la Fatwa, il sito internet di quell’Autorità per la Guidanza Religiosa e la Dawa che fa capo al Ministero degli Affari Islamici del Qatar" [11].
"A sollevare dubbi, fino a ieri, ci si beccava l’accusa di provincialismo: ma come, disprezzi la ritrovata capacità italiana di attrarre investimenti? Non ti fa piacere che succeda a Milano quel che fino a ieri succedeva solo a Londra e a Parigi? Solo che oggi il fenomeno ineluttabile della globalizzazione si intreccia con equilibri geopolitici resi fragili dalla guerra. Nel dramma provocato dall’espansione del sedicente Califfato le petromonarchie del Golfo sono divenute al tempo stesso nostri infidi alleati, restando apprendisti stregoni. La politica estera del governo italiano, di fronte a operazioni sul nostro patrimonio di tale entità, non può limitarsi a un semplice “benvenuti”. Quando vendi un pezzo di territorio, in gioco non è solo un’operazione finanziaria" (Lerner) [5].
Note (tutte dai giornali del 28/2): [1] Corinna De Cesare, Corriere della Sera; [2] Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano; [3] Paola Dezza, Il Sole 24 Ore; [4] Sandra Riccio, La Stampa; [5] Gad Lerner, la Repubblica; [6] Francesco Colamartino, MilanoFinanza; [7] Giuliana De Vivo, il Giornale; [8] Stefano Montefiori, Corriere della Sera; [9] Ugo Bertone, Libero; [10] Oriana Liso, la Repubblica; [11] Gian Micalessin, il Giornale.
Apertura a cura di Luca D'Ammando
Crisi con il Qatar: ma davvero qualcuno crede alla favoletta della lotta al terrorismo?06/06/2017
http://www.rightsreporter.org/crisi-qat ... terrorismoNon nascondiamoci dietro a un dito, la crisi con il Qatar aperta dai Paesi del Golfo ha poco a che vedere con la guerra al terrorismo e molto a che vedere con gli equilibri regionali. Appare infatti quasi comico che gli wahabiti della famiglia Saud accusino gli emiri del Qatar di finanziare il terrorismo islamico quando loro stessi sono tra i maggiori finanziatori e sostenitori dell’islam integralista e violento.
L’obiettivo non è quindi quello di tagliare i finanziamenti all’islam integralista rappresentato, secondo i sauditi, solo da ISIS e dalla Fratellanza Musulmana, altrimenti si farebbe il possibile per tagliare le fonti di finanziamento anche ai salafiti legati al wahabismo che di certo non sono meno estremisti o meno pericolosi dei terroristi dello Stato Islamico, come non sono meno “infiltrati” dei Fratelli Musulmani.
No, credo che il punto sia diverso e che il vero obiettivo finale sia quello di isolare completamente l’Iran mettendo alle strette l’unico “amico” che ha nel mondo sunnita. E’ vero, il Qatar è senza dubbio uno dei maggiori finanziatori del terrorismo di matrice islamica che fa capo allo Stato Islamico ed è senza dubbio uno dei pochi amici rimasti (insieme alla Turchia) alla Fratellanza Musulmana, ma non dobbiamo dimentica che l’Arabia Saudita spende ogni anno miliardi di dollari per diffondere in tutto il mondo il wahabismo, per finanziare i centri islamici che diffondo il credo dei Saud e per alimentare i salafiti, non certo meno pericolosi dei terroristi del ISIS. Quindi scusate se non credo alla favoletta del mondo arabo unito contro il terrorismo islamico.
Intendiamoci, l’apertura della crisi con il Qatar potrebbe portare con se indubbi benefici per quanto riguarda la lotta a determinati gruppi terroristici come Hamas o come Hezbollah (più contro Hamas che contro Hezbollah). Il Qatar è infatti rimasto uno dei pochi, sempre insieme alla Turchia, ad appoggiare Hamas anche se è proprio di eri la notizia che Doha ha ordinato ai capi di Hamas di lasciare il paese, una decisione che probabilmente doveva servire a far scemare la tensione con l’Arabia Saudita ma che è arrivata fuori tempo massimo e che ora potrebbe essere rivista. Porta sicuramente a una escalation contro l’Iran, ma non vedo tutti questi benefici contro l’integralismo islamico e contro ISIS. Al limite è una lotta tra bande, non tra musulmani buoni e musulmani cattivi.
Ieri leggevo commenti entusiasti in merito a questa decisione senza precedenti presa dai Paesi del Golfo, attribuzioni di merito a Trump e alla sua nuova politica in Medio Oriente. Per carità, nel breve periodo sembra tutto molto accattivante tanto che persino Lieberman si è lasciato rapire da questo cambio di equilibri, ma non credo che nel lungo periodo possa davvero cambiare qualcosa o incidere sul terrorismo islamico. Al contrario, l’Arabia Saudita è il Paese musulmano più integralista e repressivo, quello che più di tutti ha spinto la visione del mondo conquistato dall’islam, del grande califfato globale. Credere che i sauditi possano essere diventati improvvisamente i musulmani buoni solo perché, per i loro interessi, si sono schierati contro ISIS, Iran, Fratellanza Musulmana ecc. ecc. è quanto di più stupido si possa fare.
Detto questo, è indubbio che l’improvvisa e repentina crisi con il Qatar porta alcuni benefici anche a Israele. Prima di tutto il mirino arabo non punta più sullo Stato Ebraico ma punta su Teheran, e non è poco. I terroristi palestinesi di Hamas che si trovano già isolati e in gravi difficoltà, senza l’aiuto del Qatar potrebbero avere un tracollo e anche questo è un vantaggio per Israele. Ma attenzione, se vuoi mettere nel mirino l’Iran devi mettere in conto un conflitto di vastissime proporzioni contro un esercito ben addestrato con mezzi offensivi davvero temibili, alleato regionale della Russia, con a sua disposizione quello che è senza dubbio il più pericoloso gruppo terrorista del mondo, Hezbollah. Credete davvero che l’Arabia Saudita, che non riesce a sconfiggere nemmeno i ribelli Houthi in Yemen, possa affrontare militarmente l’Iran senza chiedere l’aiuto di Israele? E se, come credo, siamo di fronte a una esclation che punta a Teheran l’unica fine possibile è proprio un conflitto armato. Non vorrei che Israele diventasse il braccio armato dei Saud. Sarebbe un errore madornale.
Stemperate quindi gli entusiasmi. L’Arabia Saudita che combatte l’estremismo islamico è un ossimoro gigantesco, un miraggio collettivo. Credo invece che l’apertura delle crisi con il Qatar abbia pochi collegamenti alla lotta all’estremismo islamico e che non sia foriera di buone nuove. È una accelerazione verso un conflitto a viso aperto con l’Iran che potrebbe coinvolgere Israele e lasciatemi dire che la cosa non mi piace affatto, non fosse altro che per il fatto che i sauditi non sono affatto migliori degli iraniani e di certo non sono diventati improvvisamente i musulmani buoni.