Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

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Messaggioda Berto » gio giu 08, 2017 6:17 am

Islam, Maometto, Allah, Corano e Sharia sono orrore e terrore
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » gio giu 08, 2017 6:18 am

Islam è religione di guerra e violenza non di pace
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La guerra di religione di Maometto e del suo Corano
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0147022373

Maometto il "profeta" fondatore dell'Islam, è stato il primo terrorista islamico (guardare i detti e i fatti della Sunna e la biografia di Maometto la Sira): 100 guerre di razzia contro gli altro credenti che lui chiamava corrotti, idolatri, miscredenti, infedeli, di cui 27 partecipate di persona e 73 da lui ordinate ed eseguite dai suoi seguaci. Se mi sbaglio sul numero, ditemelo che correggo, grazie.


Maometto (santo o criminale terrorista ?) - Maometo (on santo o n criminal terorista ?)
viewtopic.php?f=188&t=2030

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... etto_1.jpg



L'Islam è terrore e non esiste un Islam buono e uno cattivo; l'Islam è da sempre, da Maometto in poi, orrore e terrore, sia esso arabo e sunnita sia esso iraniano e sciita, non cambia nulla: Maometto, Allah e il Corano restano gli stessi.
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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » gio giu 08, 2017 6:24 am

Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
viewtopic.php?f=188&t=2526

Islam persecuzione e sterminio dei cristiani
viewtopic.php?f=181&t=1356

Crimini contro l’umanità e il Corano
viewtopic.php?f=24&t=1326

Nella storia dove è arrivato l'Islam è poi sempre avvenuta la guerra civile e religiosa e lo sterminio di tutti i diversamente religiosi e pensanti
viewtopic.php?f=188&t=1895

L'Islam è il nazismo maomettano? Sì!
viewtopic.php?f=188&t=2274

Islamofascismo, nazislam e razismo islamico
viewtopic.php?f=188&t=1875

Antislamismo (le sue buone ragioni)
viewtopic.php?f=188&t=2053

Orrore, terrore, avversione e odio per il nazismo maomettano o sana e naturale islamofobia
viewtopic.php?f=188&t=2523
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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » gio giu 08, 2017 6:25 am

Magdi Cristiano Allam
07/06/2017

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 87794362:0

Cari amici, questa mattina a Teheran i terroristi islamici sunniti dell'Isis si sono fatti esplodere e hanno sparato sia all'interno del Parlamento sia al Mausoleo dell'imam Khomeini, il fondatore della Repubblica Islamica dell'Iran. Al momento si contano almeno 12 morti e 42 feriti.

Ebbene due giorni fa scrissi un commento su "Il Giornale" alla decisione di Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrain, Yemen e Maldive di rompere i rapporti diplomatici con il Qatar, concludendo che "tutto lascia presagire che siamo solo alle prime battute di altri colpi di scena in un Medio Oriente pronto ad esplodere".

(Il Giornale, 6 giugno 2017) - Erano in realtà tesi da decenni i rapporti tra l'Egitto, l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, il Bahrain che ieri, insieme a Yemen e le Maldive, hanno annunciato la rottura dei rapporti diplomatici con il Qatar, perché «sostiene e protegge numerosi gruppi terroristici che mirano a destabilizzare la regione, come i Fratelli Musulmani, l'Isis e al Qaeda.»

Facendo leva sul comune orientamento wahhabita, una visione radicale dell'islam, l'Arabia Saudita avrebbe voluto annettersi il Qatar, prima della sua indipendenza il 3 settembre 1971, una protuberanza del suo territorio con soli 2 milioni di abitanti di cui gli autoctoni sono appena 300 mila, con i più ricchi giacimenti di gas al mondo.

Ciò che ha fatto esplodere il conflitto con l'Egitto è stata la scelta del Qatar di diventare il principale finanziatore dei Fratelli Musulmani, il movimento estremista islamico nato in Egitto nel 1928.
Nel 1996 il Qatar diede vita alla prima televisione satellitare panaraba, Al Jazeera, trasformandola nel megafono dei Fratelli Musulmani e di Al Qaeda. Fu per contrastare Al Jazeera che nel 2003 gli Emirati Arabi e l'Arabia Saudita lanciarono la televisione satellitare Al Arabiya, affidando la sua direzione al giornalista saudita laico Abdel Rahman al-Rashed, di cui Oriana Fallaci si invaghì per aver scritto che «non tutti i musulmani sono terroristi, ma gran parte dei terroristi sono musulmani.»

Il colpo grosso il Qatar, insieme alla Turchia di Erdogan che è il principale sostenitore politico dei Fratelli Musulmani, lo mise a segno quando in Egitto, tra il 30 giugno 2012 e il 3 luglio 2013, divenne Capo dello Stato Mohammad Morsi, uno dei leader dei Fratelli Musulmani. Dopo la sua deposizione da parte dell'Esercito, assecondando la protesta di 25 milioni di egiziani, il nuovo uomo forte Abd al-Fattah al-Sisi ha messo fuorilegge i Fratelli Musulmani. Da allora l'Egitto è sconvolto dal terrorismo scatenato sia dai Fratelli Musulmani sia dall'Isis nel Sinai.

Per contenere le mire annessioniste dell'Arabia Saudita, il Qatar ha sia stretto rapporti militari rilevanti con gli Stati Uniti, ospitando la più grande base aerea americana in Medio Oriente e la sede della Quinta Flotta, sia soprattutto mantenuto aperto delle relazioni significative con l'Iran, nemico giurato dell'Arabia Saudita, che condanna gli sciiti come eretici, ma anche degli Emirati Arabi che denunciano l'occupazione militare iraniana di tre sue isole, Abu Musa, Grande e Piccola Tunb.

Quindi è una storia di “fratelli-coltelli” quella culminata con il boicottaggio del Qatar, mentre in realtà è del tutto trascurabile la sua appartenenza al “Consiglio di Cooperazione del Golfo”, ribattezzato enfaticamente la “Nato araba”, perché si tratta di un'alleanza del tutto formale ma senza alcuna concretezza tra sei Paesi arabi del Golfo.

È possibile che l'Arabia Saudita voglia ottimizzare il tornaconto dei 110 miliardi di armi dati a Trump, obbligando gli Stati Uniti a trasferire il loro quartier generale dal Qatar, e a isolare il più possibile l'Iran. Di certo s'imporrà una drastica revisione della strategia sia della guerra scatenata contro il regime siriano di Assad, sia della guerra al terrorismo islamico. Soprattutto perché l'aver colpito così duramente il Qatar è un messaggio, neppure così velato, alla Turchia di Erdogan, l'altro grande sostenitore palese dei Fratelli Musulmani e, di fatto, l'artefice del mostro dell'Isis anche se poi gli si è ritorto contro.

Insomma tutto lascia presagire che siamo solo alle prime battute di altri colpi di scena in un Medio Oriente pronto ad esplodere, con le inevitabili ripercussioni in Italia e in Europa.



Esecuzioni di massa in Arabia Saudita: riesplode la guerra millenaria tra sunniti e sciiti
di Magdi Cristiano Allam 03/01/2016

http://www.magdicristianoallam.it/edito ... ciiti.html

La più sacra delle terre dell'islam ha confermato di essere l'epicentro della guerra intestina millenaria tra i fedeli di Allah. Ieri l'Arabia Saudita ha annunciato di aver eseguito una pena capitale di massa, mettendo sullo stesso piano 43 “terroristi” sunniti di Al Qaeda, compreso il loro capo in territorio saudita, Fares al Shuwail, e 4 oppositori “sovversivi” sciiti, tra cui spicca l'imam Nimr al-Nimr, che aveva capeggiato la protesta della minoranza islamica, pari al 5% della popolazione, tra il 2011 e il 2014.
Durissima la reazione dell'Iran, il Paese dove gli sciiti rappresentano il 90% della popolazione. A Teheran il ministero degli Esteri ha promesso che l’Arabia Saudita pagherà «a caro prezzo» l’esecuzione di al-Nimr. L’ayatollah Ahmad Khatami, membro dell’influente “Assemblea di esperti”, ha definito «criminale» la famiglia reale saudita, sostenendo: «Non ho dubbi che questo sangue puro macchierà la casa dei Saud e li spazzerà via dalle pagine della Storia». Pesanti reazioni anche negli altri tre paesi dell'area dove gli sciiti costituiscono la maggioranza. L’imam Moqtada al-Sadr, massima autorità sciita dell’Iraq, ha lanciato un appello: «Chiedo agli sciiti dell’Arabia Saudita di mostrare coraggio nella risposta, anche con manifestazioni pacifiche, e lo stesso per gli sciiti nel Golfo, come deterrente per l’ingiustizia e il terrorismo di governo in futuro». In Libano, Hezbollah ha condannato “l'omicidio” dell'imam al-Nimr. In Bahrain la polizia è intervenuta con i gas lacrimogeni per disperdere la folla di manifestanti.
Dall'analisi del comunicato emesso dal ministero dell'Interno saudita, emerge innanzitutto che l'insieme delle condanne a morte sono state inflitte sulla base della legge islamica del “qisas”, della vendetta, del contrappasso o del taglione. Che viene legittimata dal versetto 33 della Sura 5 del Corano: “La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso”. Ebbene lo stesso versetto del Corano era stato menzionato nel video con cui il 3 febbraio 2015 i terroristi dello “Stato islamico” dell’Isis hanno legittimato l'atroce uccisione del pilota giordano musulmano Muaz Kassasbe, arso vivo in una gabbia, sempre nel nome della legge islamica della vendetta.
Di fatto abbiamo la conferma che sia uno Stato islamico che il mondo considera “moderato”, sia i terroristi islamici che il mondo denuncia come “estremisti”, attingono dalla stessa fonte del Corano. Nel comunicato ufficiale saudita, si evidenzia che queste condanne a morte si basano sull'adesione del Regno “al Libro di Allah e alla Sunna (la raccolta dei detti e dei fatti) del suo Messaggero, che sin dalla sua nascita sono stati assunti come propria Costituzione e Ordinamento”.
Per un altro verso il comunicato elenca una lunga serie di attentati compiuti tra il 2003 e il 2006 che danno il quadro di un Paese sconvolto da una guerra interna scatenata dal terrorismo islamico. Si denunciano attentati realizzati contro palazzine in centri residenziali, le sedi del ministero dell'Interno, delle Unità di pronto intervento e della Motorizzazione, il Consolato degli Stati Uniti a Gedda, la raffineria di Beqiq, le sedi di due società petrolifere, l'assalto a banche e centri commerciali che hanno fruttato un ingente quantitativo di denaro che è stato riciclato per finanziare il terrorismo. Così come si denuncia il progetto di avvelenare gli acquedotti e di far esplodere le infrastrutture petrolifere che sono presenti nella regione nord-orientale popolata dagli sciiti.
Sempre ieri l'Arabia Saudita ha annunciato la fine del cessate il fuoco in vigore dal 15 dicembre in Yemen con i ribelli sciiti Houthi, altro fronte di una guerra indiretta con l'Iran. Ma è soprattutto in Siria e in Iraq che si deciderà la sorte di questo conflitto tra sunniti e sciiti iniziato alla morte di Maometto nel 632, con ben 3 dei primi quattro successori, i “Califfi ben guidati”, assassinati da altri musulmani.
È singolare che il terrorismo islamico sunnita che l'Arabia Saudita combatte dentro casa propria, è lo stesso terrorismo islamico sunnita che sostiene alle porte di casa sua. La lezione da trarre è che chi di terrorismo islamico ferisce, di terrorismo islamico perisce.


???

Alle radici del conflitto tra Arabia Saudita e Iran. Intervista a Marina Calculli
Lo scenario mediorientale si fa sempre più caldo. Il conflitto tra Arabia Saudita e Iran, dopo che il regime di Riad ha giustiziato il leader sciita Nimr al-Nimr, getta quell’area del mondo ancor più nel caos. Quali sono le cause di questo conflitto? Quali saranno le conseguenze per l’intero M.O. e per il mondo occidentale? Ne parliamo con la studiosa Marina Calculli, Ricercatrice Fulbright presso l’Institute for Middle Eastern Studies della George Washington University a Washington DC (Usa).
di Pierluigi Mele
06 gennaio 2016


http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 3a3e8.html

Il conflitto, secolare, all’interno dell’Islam tra Sciiti e Sunniti conosce un nuovo e drammatico episodio con l’esecuzione, da parte saudita, dello Sheik Nimr al-Nimr (Sciita). Perché il regime di Riad temeva il religioso sciita? Quello che appare è che al-Nimr non fosse uno sciita settario, anzi aveva condannato il regime di Assad (sciita), quali sono allora le ragioni profonde di questa esecuzione?

È vero che c’è stata una dinamica settaria, ma quella che è in atto in questi giorni non è l’ultima puntata di un conflitto secolare. Sarebbe errato vederci odi ancestrali in questa faccenda. Si tratta piuttosto della politica di potenza delle due potenze regionali che si contendono l’egemonia sul Levante arabo e trovano utile mobilitare le piazze politicamente, socialmente e militarmente cavalcando queste divisioni settarie. C’è una duplice motivazione alla condanna a morte di Nimr al-Nimr. La prima è domestica: la casa regnante percepisce i fervori di un malcontento popolare soggiacente, anche dovuto al fatto che con il prezzo del petrolio così basso, cresce l’incertezza assieme alla disparità socio-economica. Inoltre, l'Arabia Saudita non ha solo un problema storico con la regione as-sharkiyya, ovvero orientale, dove vive la minoranza sciita da sempre marginalizzata. C’è anche il problema dei simpatizzanti dell’ISIS. Infine, c’è il problema dei numerosi attivisti per i diritti umani nel paese.

Dunque il regime ha voluto dare un messaggio per dissuadere qualsiasi forma di dissidenza e critica interna e poi l’ha buttata sul problema degli sciiti che, nella versione del potere, sarebbero tutti finanziati dall’Iran, così da creare paura del nemico estero in casa presso i sunniti e divaricare lo scontro sociale in un’ottica di divide et impera. C’e’ poi anche una motivazione internazionale: l’Arabia Saudita vede un Iran non più marginalizzato come prima dalla comunità internazionale e questo cambia gli equilibri anche regionali. Tra pochi giorni saranno levate le prime sanzioni contro Teheran che aprono uno scenario nuovo per l’Iran. L’Arabia Saudita cerca ancora di far saltare l’accordo e ripristinare lo status quo precedente.

Riad accusava al-Nimr di essere un "agente iraniano". Quale era il suo rapporto con il regime degli ayatollah iraniani?

Nimr era ovviamente uno cheikh sciita e in quanto tale aveva studiato in Iran e si era formato lì. Ma aveva più volte ribadito in sermoni peraltro disponibili online che il legame degli sciiti sauditi con l’Iran era un’invenzione dell’Arabia Saudita per non affrontare i veri problemi, ovvero le rivendicazioni sociali, politiche ed economiche della popolazione di As-sharkiyya. In uno dei suoi discorsi, peraltro, Nimr disse che il potere saudita parlava di un “paese straniero”, senza neppure avere il coraggio di chiamare l’Iran con il suo nome. E sarcasticamente diceva al potere: “Perché allora non andate a far guerra a questo paese straniero invece di arrestarci, torturarci, ammazzarci qui, se il problema è questo paese?”. Si tratta di un escamotage sarcastico per esporre il pretesto politico, la narrazione settaria, le bugie che hanno forgiato il potere in Arabia Saudita.

Questa esecuzione porterà ad ulteriori tensioni nello scenario, già complicato, del Medio Oriente. Pensa che tra Iran e Arabia Saudita si arriverà alla guerra , se non apertamente, ovvero ad una guerra per procura, dove i contendenti potranno mettere a segno colpi, attraverso alleati, per mettere in grave difficoltà il nemico? Insomma l'instabilità della zona aumenterà sempre di più?

Ci sono già diverse guerre per procura, fronti caldissimi, in Medio Oriente. La Siria e lo Yemen sono casi eccellenti in cui si vede come l’ostinazione per il potere - tanto da parte saudita quanto iraniana - non solo crea tragedie di proporzioni inaudite, ma rischia di ritorcersi contro i poteri stessi. Da queste guerre e’ nato l’ISIS, in Yemen sta proliferando al-Qaeda: quanto il potere saudita potrà giocare con questi gruppi senza essere travolta essa stessa dalla sula forza dirompente? Lo stesso in parte vale per l’Iran, che sta dal suo canto esacerbando la crisi, sostenendo a tutti i costi Bashar al-Assad in Siria, una mossa che procrastina la fine delle ostilità in quanto la maggior parte degli attori, anche quelli disposti a trattare con Damasco, non potranno mai accettare di sedersi al tavolo con un leader responsabile - proprio in quanto leader - della morte di 250.000 persone. CI sono altri poteri emersi dal conflitto che guardano al loro sostegno popolare, costituitosi durante la guerra e largamente anti-Assad. L’ossessione iraniana suAssad ha di fatto cristallizzato lo stallo e le tensioni di questi giorni certamente allontanano ancora di più la pace.


Il regime di Riad ha fatto del settarismo religioso un uso politico per riaffermare il suo potere sul mondo sunnita. Giustificando così la repressione al suo interno, e la guerra nello Yemen. Si pone così per il mondo occidentale la questione dell'alleanza con l'Arabia saudita. Fino ad ora l'occidente ha continuato a fare affari con la monarchia saudita, pensa si arriverà ad un chiarimento con il regime dei Saud?

È l’alleanza più ipocrita dell’Occidente. Ma questo non deve stupire: le alleanze si fanno per interesse politico, economico e strategico sempre. Quello che sta crollando in questo periodo è semmai la narrazione di copertura di questa alleanza, ovvero il tentativo di dipingere l’Arabia Saudita come un paese moderato.
È importante semmai capire anche come tutti gli attori del sistema internazionale strumentalizzano narrazioni “emozionali”, “Identitarie” o a marca “religiosa”. Quella degli sciiti contro i sunniti e’ una guerra che in realtà si gioca tra potenze e su un piano strategico.
Quella tra Oriente e Occidente, o Cristianità e Islam, ha motivazioni analoghe.
Bisognerebbe guardare alle alleanze o alle rivalità strategiche non come a opposizioni o comunioni identitarie, ma come un complesso di interessi in cui l’identità raramente gioca un ruolo fondamentale, se non nella sua strumentalizzazione. Credo che l’alleanza tra USA e Arabia Saudita ne sia la prova più esemplare.


Il prezzo del petrolio, sempre più basso, ha prodotto conseguenze economiche e sociali nei paesi produttori di greggio. Quale regime è più vulnerabile tra Teheran e Riad?

Certamente l’Arabia Saudita la cui economia dipende quasi totalmente dalle esportazioni di greggio. Teheran ha invece una economia storicamente assai più diversificata, ha un apparato industriale nazionale molto sviluppato. E’ quello che ha salvato l’Iran dal collasso nel periodo delle sanzioni. Inoltre l’Iran ha una popolazione colta e specializzata, mentre l’Arabia Saudita dipende in larga parte dalla manodopera specializzata straniera.


Quali conseguenze avrà, questo conflitto tra Iran e Arabia Saudita, nella guerra all' Isis?

L’ISIS approfitta dello sfaldamento degli stati. E’ lì che emerge l’ISIS. Dove non c’e’ più governance, emerge l’ISIS in altri termini. Dunque il procrastinare di questo stallo ovviamente e’ una buona notizia per l’ISIS. Mentre una transizione in Siria, per esempio, creerebbe comunque un’alternativa per buona parte di quella popolazione che non può prestare più lealtà a Bashar al-Assad e si trova schiacciata da ISIS.


Ultima domanda: Quale partita può giocare, in positivo, l'Europa in questo conflitto?

Non credo che l’Europa sia in grado di giocare una grande partita in un momento storico in cui persino gli Stati Uniti hanno poche carte in mano. Ci sono troppi interessi contrastanti tra alleati e potenziali alleati. L’Iran si prospetta come un nuovo paradiso di investimenti e business e i governi europei vogliono che l’accordo ingrani. Dall’’altro lato non si può far saltare l’alleanza con le monarchie del Golfo, inclusa l’Arabia Saudita, perché c’e’ una struttura di interdipendenza finanziaria e commerciale da mantenere.



Crisi in Qatar e assalto dell'ISIS a Teheran: l’Iran è nel mirino
(di Giampiero Venturi)
08/06/2017

http://www.difesaonline.it/geopolitica/ ... nel-mirino


A Teheran, le teste di cuoio sono entrate in azione ma già si contano i morti negli attacchi terroristici al Parlamento e al mausoleo di Khomeini. Lo Stato Islamico rivendica gli attentati anche se le sigle dei gruppi terroristici coinvolti sembrano diverse. Dettagli a parte, scollegare il fatto da quanto sta accadendo nel Golfo Persico è impossibile.

Vediamo con ordine.

L’Arabia Saudita suona l’adunata contro il Qatar. Il Paese, accusato di finanziare l’estremismo islamico, viene messo alle corde e ben sette paesi “fratelli” rompono le relazioni diplomatiche con Doha, spinti dall’endorsement di Washington.

Cosa è successo?

L’Arabia Saudita punta il dito contro il Qatar riguardo il sostegno al terrorismo islamista. Praticamente il bue che dà del cornuto all’asino.

Tanto per ripassare, l’Arabia Saudita fu la culla finanziaria di Al Qaeda, quando nel 1989, l’allora marmocchio islamista muoveva i primi passi in Afghanistan.

Per rimanere in zona, nel 1997 Riad fu la prima a riconoscere insieme al Pakistan e agli Emirati Arabi il regime fondamentalista dei Talebani a Kabul. Cresciuti con le carezze dell’ISI (i servizi pakistani), gli studenti coranici non furono percepiti come un pericolo dall’Occidente fino alle Torri Gemelle nel 2001. Furono anzi tollerati al punto da essere considerati un momento di coesione per l’Afghanistan, non più orbita della disciolta Unione Sovietica.

Che la dottrina in vigore a Kabul fosse vicina al waahbismo saudita, non importava a nessuno. Tanto meno che la Ri'asat Al-Istikhbarat Al-'Amah (i servizi segreti sauditi) già menzionavano la sharia nel proprio statuto…

La passione di Riad per il fondamentalismo sunnita torna in tempi recenti. I finanziamenti ai ribelli islamisti siriani sono cosa risaputa: Jaysh al Islam, Al Nusra l’ex Al Qaeda siriana poi divenuta Hayat Tahrir al-Sham, lo stesso Stato Islamico sono solo alcune delle sigle che hanno beneficiato dell’appoggio economico, militare e politico dell’Arabia Saudita, spesso a braccetto proprio col Qatar in questo genere di prodezze.

Cosa c’è allora dietro la crisi nel Golfo?

Innanzitutto serve chiarezza, cercando di capire chi ha rotto col Qatar e di precisare alcune notizie rimbalzate non sempre con adeguata precisione.

Gli Stati che hanno congelato le relazioni diplomatiche col Qatar sono sette: Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrein, Egitto, Maldive, Mauritania e Yemen. Tranne le Maldive (Paese a rischio islamista e sotto schiaffo finanziario di Riad), sono tutti Paesi arabi.

In particolare i primi tre fanno parte del Consiglio di Cooperazione del Golfo insieme a Kuwait, Oman e proprio Qatar. Il Consiglio altro non è che una lega dominata dai sauditi (la sede è a Riad) coesa da due elementi: il petrolio e la paura.

Se il fattore petrolio è scontato, della paura araba si parla meno.

I Paesi del Golfo messi insieme contano poco più della metà della popolazione dell’Iran, incubo costante delle monarchie sunnite. La scarsa coesione antropologica e sociale delle petromanarchie e la loro debolezza militare hanno imposto negli anni un’alleanza progressiva con l’Occidente (Stati Uniti e sotto traccia Israele), unico baluardo contro l’ombra sciita che si agita sull’altra sponda del Golfo.

La paranoia scattò nel 1990 quando Saddam Hussein dichiarò il Kuwait diciannovesima provincia irachena e decise di invaderlo.

Saddam, finanziato dai sauditi negli otto anni di guerra contro l’Iran, improvvisamente ruppe il fronte sunnita gettando nel panico gli Stati del Golfo. A Teheran, nemmeno a dirlo, saltarono di gioia.

La Prima guerra del Golfo servì a riportare alla ragione Saddam, ma soprattutto a portare gli americani in pianta stabile nella regione. Oltre alle basi in Arabia ricordiamo che la Quinta Flotta è ormeggiata nel Bahrein dal 1995…

L’Occidente difende dunque i sunniti dall’onda sciita iraniana?

Il sì è scontato. Chi ci segue su questa rubrica, sa che ne parliamo costantemente da anni.

Cosa si rimprovera allora al Qatar? Non è forse parte del fronte anti sciita?

Al Jazeera (tv di Doha) e l’agenzia qatarina QNA avrebbero rilasciato dichiarazioni inclini al dialogo con l’Iran e di apertura alla Fratellanza Musulmana lasciando sospettare a Riad e Abu Dhabi un complotto con l’odiato nemico persiano. Ricordiamo che il Qatar appoggia i Fratelli Musulmani in Libia, dove sono il principale sponsor del filo-occidentale Al Serraj…

Non solo. In base a rivelazioni del Financial Times il Qatar è accusato dai sauditi di aver ceduto ai ricatti delle milizie sciite irachene che in cambio di centinaia di milioni d dollari avrebbero rilasciato membri della casa reale di Doha rapiti precedentemente.

Sembra una puntata di Dallas, ma riesce ad essere anche peggio.

Bloccata l’emittente del Qatar negli Emirati e in Arabia, è iniziata l’escalation.

L’emiro Al Thani, noto per le sue prese di posizioni indipendenti dai sauditi, si è difeso parlando di hackeraggio e strumentalizzazioni. Intanto però l’attacco concentrico col blocco politico e commerciale continua.

La domanda sorge spontanea. L’isolamento del Qatar è realtà o una mossa strategica?

L’alzata di scudi dell’Arabia Saudita contro la Fratellanza Musulmana ad esempio è controversa. I Fratelli Musulmani sono l’alter ego di Hamas e tra i principali nemici politici di Israele, alleato in sordina dei sauditi. Se ufficialmente Riad rifiuta ogni compromesso col movimento (considerato terrorista dal 2013), è anche vero che miliziani legati alla Fratellanza appoggiano Riad nella guerra nello Yemen.

Evidentemente a qualcuno serve un capro espiatorio e i rapporti non sempre idilliaci fra Doha e Riad hanno trovato uno sbocco, utile ai sauditi e facile da dare in pasto all’opinione pubblica internazionale.

Dopo la visita di Trump in Arabia Saudita, la necessità di sganciare Riad dalle pesanti accuse di assistenza all’estremismo islamico è con ogni evidenza divenuta una priorità. La guerra in Siria si è messa male per Riad da almeno un anno; quella nello Yemen si è trasformata in un disastro. Con l’aiuto di Washington, trovare qualcuno che si assuma le colpe degli altri (oltre alle sue…), è una variante importante da inserire in un contesto strategico più ampio: isolare l’Iran.

Quanto accennato ci offre lo spunto per mettere a nudo i rapporti difficili che spesso intercorrono fra le monarchie del Golfo, come detto sopra, unite da interessi petro-economici e dalla paura, ma spesso rivali.

Proprio fra i Paesi che hanno seguito l’Arabia Saudita nella cordata anti-Qatar ci sono gli Emirati Arabi. Riad e Abu Dhabi sono arrivate ai ferri corti nello Yemen (leggi articolo) proprio nelle ultime settimane. Pur militarmente alleati nella lotta contro i miliziani houthi filo-iraniani, i due Paesi si contendono l’influenza nell’area: l’Arabia Saudita appoggia il presidente sunnita Hadi; gli Emirati appoggiano i miliziani separatisti che spingono per il ritorno ad uno Yemen del Sud protetto proprio da Abu Dhabi.

In tutto questo, un discorso a parte merita l’Egitto, ex alleato di ferro dell’Arabia Saudita. Dopo il riavvicinamento all’Iran, il Cairo ha freddato i rapporti con Riad (leggi articolo) ma tra i due Paesi rimane un interesse comune in Libia: arginare il governo di Tripoli sostenuto dai Fratelli Musulmani e dal Qatar. L’Egitto aderisce all’isolamento del Qatar non in funzione anti iraniana quindi, ma per portare acqua ai suoi progetti africani.

L’ultima chicca di un caos geopolitico partito come una lite di condominio e diventato un’occasione per attaccare politicamente l’Iran, è la storia dell’hackeraggio in Qatar, a cui si accennava sopra.

Nemmeno a dirlo, gli hacker considerati responsabili di mettere zizzania tra arabi al fine di dividere il fronte anti Iran, sono russi…

Mentre aspettiamo che qualcuno trovi una connessione tra i servizi di Mosca e la sconfitta della Juventus col Real, aspettiamo le evoluzioni dal Golfo Persico o come qualcuno preferisce, Golfo Arabico. Nella partita secolare fra Arabia Saudita e Iran, tutto è possibile, tranne lo scontro diretto.

(foto: KSA e Doha news)
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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » gio giu 08, 2017 6:31 am

Trump Donald
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Il discorso di Trump ai Paesi arabi: “Insieme siamo imbattibili, spazzeremo il terrorismo”
francesco olivo
2017/05/21

http://www.lastampa.it/2017/05/21/ester ... agina.html

Nella cornice imponente del King Abdulaziz Center a Riad il presidente Donald Trump ha tracciato la strada della sua politica in Medio Oriente davanti a 55 leader di Paesi islamici. «Alleanza con le nazioni arabe musulmane che vogliono collaborare nella lotta contro estremismo e terrorismo, convivenza fra le diverse fedi, ebraica, cristiana, musulmana, come è stato per secoli in Medio Oriente, pace fra palestinesi e Israele».

Ma Trump ha anche sferrato un nuovo duro attacco all’Iran, accusato di aver alimentato «il fuoco dei conflitti settari» negli ultimi quattro decenni e di aver causato la tragedia «inimagginabile» della Siria, con la complicità del regime siriano. Trump ha anche attaccato due volte Hezbollah ed elogiato i Paesi del Golfo per aver messo il movimento libanese nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Isolare il regime iraniano

Il regime iraniano, ha insistito, deve essere isolato, e non deve più poter finanziare il terrorismo. Solo elogi per l`Arabia Saudita, indicata come esempio di tolleranza, convivenza e dove anche la condizione della donna sta migliorando.



Trump in Arabia Saudita: "Musulmani siano leader nella lotta alla radicalizzazione"
21 maggio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... ue/3601100

Un discorso istituzionale come si capiva dalle anticipazioni diffuse dalla Casa Bianca quello di Donald Trump a Riad. “Vi ringrazio per questa ospitalità fantastica. Il mio è un messaggio di amore per aprire una nuova era nei nostri rapporti” dice il presidente Usa nel suo discorso davanti ai leader del mondo arabo-islamico in Arabia Saudita. Parole che, almeno nell’incipit, ricordano quelle di Barack Obama del 2009 a Il Cairo. L’allora numero uno della Casa Bianca parlò di “un nuovo inizio con l’Islam”. Oggi Trump sembra seguire le tracce del suo predecessore quando dice: “Il nostro obiettivo comune deve essere quello di creare una grande coalizione per distruggere il terrorismo. La maggioranza musulmana deve prendere la leadership nella lotta alla radicalizzazione” che non assomiglia invece all’appello di Obama che invece auspicava “un partenariato” tra America e comunità musulmane.

“Non sono qui per dare lezioni a nessuno o dirvi cosa dovete fare e come – prosegue Trump – Spero che la giornata di oggi possa essere ricordata come l’inizio della pace in Medio Oriente e in tutto il mondo. Non ci può essere tolleranza verso il terrorismo. Possiamo vincere solo se le forze del bene saranno unite e se tutti in questa stanza daranno il loro contributo. L’America è pronta a stare al vostro fianco ma non possiamo annientare il nemico al posto vostro: cacciate i terroristi dai vostri luoghi di culto e dalla vostra terra. Il terrorismo è un insulto ad ogni persona di fede – ha aggiunto Trump – e i Paesi musulmani devono assumersi le loro responsabilità, negando un porto sicuro alle forze del male. I terroristi non devono trovare santuari in questo territorio. E dobbiamo tagliare ogni forma di finanziamento formando un accordo”. I terroristi non venerano dio, ma la morte”. Quella contro il terrorismo “non è una battaglia tra fedi, religioni o ideologie, ma tra criminali barbari e brave persone che vogliono proteggere la vita. È una battaglia tra il bene e il male: possiamo superare questo male solo se le forze del bene saranno unite e forti”. Trump ha quindi annunciato un accordo volto a bloccare e tagliare i finanziamenti ai gruppi terroristici: “Un altro passo storico. Dopo Riad sarò in Israele e in Vaticano. Se le tre fedi si uniscono, la pace è possibile in tutto il mondo, anche tra Israele e palestinesi”. Poco prima il re saudita Salman nel suo discorso introduttivo aveva annunciato l’impegno del suo paese: “L’Arabia Saudita sarà ferma nel perseguire chi finanzia o appoggia il terrorismo e conferma la sua determinazione per debellare l’Isis e altri gruppi terroristici, indipendentemente dalle sette religiose o dalle ideologie”.

Dopo Riad Trump raggiungerà Tel Aviv per chiedere chiedere al premier israeliano Netanyahu e Abu Mazen (Mahmoud Abbas) “di intraprendere passi decisivi verso la pace”. Secondo i media, che citano fonti Usa, tali passi riguardano per Israele “il freno degli insediamenti e il miglioramento dell’economia palestinese“, mentre per questi “la fine dell’istigazione e della violenza verso lo stato ebraico”. Per le stesse fonti “si è ancora ai primi passi nel riavvio dei negoziati”. Secondo Haaretz tra le proposte per alleviare l’economia palestinese – e su cui oggi dovrebbe discutere il gabinetto di sicurezza israeliano – ci sono l’apertura continua del valico di Allenby tra Cisgiordania e Giordania in modo da consentire un più facile transito, il miglioramento dei passaggi della Cisgiordania al fine di facilitare i lavoratori palestinesi e lo sviluppo delle aree industriali a Tarkumia nei pressi di Hebron e Jalma vicino Jenin. Inoltre, azioni per aumentare le condizioni dei commercianti di Gaza. “Trump – ha detto la fonte della Casa Bianca citata da Haaretz – è stato franco con il presidente Abu Mazen riguardo l’istigazione e i salari alle famiglie dei terroristi. E sarà chiaro su questo anche nel corso della visita”.

Un ministro vicino al premier Netanyahu – Yuval Steinitz del Likud – ha espresso oggi la preoccupazione di Israele per gli accordi militari conclusi fra Usa ed Arabia Saudita per 110 miliardi. In una intervista radio Steinitz ha precisato che Israele “desidera ricevere spiegazioni del presidente. Per il suo Paese, ha aggiunto, è di importanza vitale mantenere un margine di superiorità militare rispetto ai Paesi vicini, Arabia Saudita inclusa la quale – ha rilevato – non mantiene relazioni con Israele e di cui “nessuno conosce il futuro”. Da parte sua il ministro per l’intelligence Israel Katz (Likud) ha osservato che “la visita di Trump rafforza il campo anti-iraniano e rappresenta una opportunità per far avanzare la sicurezza regionale e la cooperazione economica, come base per la pace nella Regione”. Anche Katz ha detto di annettere importanza alla difesa della superiorità militare israeliana, ma ha peraltro osservato che “occorre dar vita ad una coalizione regionale guidata dagli Usa”, in funzione anti-Iran.


Magdi Cristiano Allam - Trump si è rimangiato la promessa di fare "scomparire dalla faccia della terra" il terrorismo islamico

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 3962174188

Il Giornale, 28 maggio 2017

A dispetto di ciò che si vorrebbe far sembrare, il Vertice dei 7 Grandi della Terra a Taormina è stato un fallimento anche nella lotta concreta al terrorismo islamico, non solo sugli altri tre temi: migranti, clima e commercio.
L'enfasi posta sulla centralità della Rete nella strategia di contrasto al terrorismo islamico, al punto che il Primo ministro britannico Theresa May ha detto che «è urgente passare dai campi di battaglia al web», è un grave errore di chi confonde la realtà con la modalità con cui si manifesta, dove la realtà è l'islam mentre la Rete è solo un mezzo, così come lo è in primo luogo la moschea. Ciò accade perché l'Occidente è sottomesso all'islamicamente corretto, che ci impone di legittimare l'islam a prescindere dai suoi contenuti violenti e vieta persino di rappresentare correttamente la realtà indicandola come «terrorismo islamico».

Il vertice di Taormina era destinato all'insuccesso innanzitutto perché mancava la Russia di Putin, l'unica potenza mondiale che combatte seriamente il terrorismo islamico in Siria sostenendo il regime laico di Assad, senza distinguere tra terroristi “radicali” e terroristi “moderati”.

Ma soprattutto perché Donald Trump ha già rinnegato la promessa fatta nel discorso del suo insediamento lo scorso 20 gennaio: «Rafforzeremo vecchie alleanze e ne formeremo di nuove e uniremo il mondo civilizzato contro il terrorismo del radicalismo islamico, che faremo scomparire dalla faccia della terra.» Impegno solenne che sottintendeva l'alleanza con Putin.
Ebbene in meno di 4 mesi il Russiagate, con la minaccia della messa in stato d'accusa e la fine precoce della sua amministrazione, in aggiunta a 110 miliardi di dollari dall'Arabia Saudita per l'acquisto di armi, con l'impegno a portarli a 350 miliardi entro 10 anni, hanno "normalizzato" Trump. La scelta di Trump ha preso in considerazione anche l'interesse personale, essendo proprietario di 30 compagnie operanti in Medio Oriente, specificatamente in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar. A Riad, di fronte a una cinquantina di capi di stato e di governo a maggioranza islamica, Trump ha innanzitutto assolto l'islam e escluso qualsiasi collusione tra islam e terrorismo: «Non è una battaglia tra fedi, religioni o ideologie, ma tra criminali barbari e brave persone che vogliono proteggere la vita.» Poi ha sposato il relativismo religioso che mette sullo stesso piano ebraismo, cristianesimo e islam: «Se le tre fedi si uniscono, la pace è possibile in tutto il mondo». Quindi ha affidato agli stessi paesi musulmani il compito di debellare il terrorismo.

Ora Trump si è allineato sulle medesime posizioni di Obama, dell'Unione Europea, della Turchia, dell'Arabia Saudita e di Israele. Ha aderito alla strategia che di fatto promuove lo scontro tra sunniti e sciiti in Siria e Iraq, immaginando che lasciandoli scannare tra loro il più a lungo possibile si indebolirà anche l'Iran e si potrà successivamente spartirsi il territorio e le risorse dell'intera area. Si tratta di una follia imposta dai poteri forti che aspirano a un Nuovo Ordine Mondiale. Perché contemporaneamente il terrorismo islamico globalizzato miete vittime ogni giorno ovunque nel mondo.

Da questa guerra nessuno si salverà fintantoché non si combatterà uniti per sconfiggere la radice del male: l'islam che plagia le menti dei burattini e consente ai burattinai di scatenare le loro "guerre sante".



Dopo la visita di Trump

Crisi nel Golfo: Arabia Saudita, Egitto, Emirati e Bahrein rompono le relazioni diplomatiche con il Qatar
Milano, 5 giugno 2017 - 05:22
Azione senza precedenti dei vicini contro l’Emirato, accusato di sostenere «i terroristi»
Via i diplomatici e interrotti i trasporti, scacco per il Paese organizzatore dei mondiali 22

http://www.corriere.it/esteri/17_giugno ... 067c.shtml

Crisi nel Golfo, senza molti precedenti: Bahrain, Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi hanno interrotto le relazioni diplomatiche con il vicino Qatar. Le accuse sono quelle di sostenere organizzazioni terroristiche e di interferenze negli affari interni del confinante Bahrein. Una mossa molto forte che prevede l’interruzione immediata degli spostamenti via terra e via aerea (Etihad, la linea di Abu Dhabi, ha già annunciato che sospenderà i voli, mentre Qatar Airways è una delle compagnie più potenti del mondo) e il ritiro degli ambasciatori oltreché l’abbandono delle forze qatariote in Yemen, dove fanno parte della coalizione che combatte gli estremisti locali. Una mossa che probabilmente nasce dalle contestazioni rivolte ad Al Jazeera, l’emittente del Qatar, accusata «di incitare i terroristi e i destabilizzatori». Una mossa che potrebbe mettere parecchio in difficoltà l’emirato in una fase delicata della sua storia visto che dovrà organizzare i Mondiali di calcio del 2022.



Arabia Saudita, Emirati ed Egitto contro lo sceicco Al Thani
di VINCENZO NIGRO
25 maggio 2017

http://www.repubblica.it/esteri/2017/05 ... -166368213

È riesplosa la battaglia politica e mediatica fra il Qatar e i suoi "fratelli" arabi della regione del Golfo. Da qualche giorno l'emiro Al Thani, il "ruler" di Doha, è finito sotto attacco dell'Arabia Saudita e degli Emirati per una sua dichiarazione che è stata postata sul sito dell'agenzia di notizie del Qatar, ma che la stessa agenzia ha classificato come un "fake", un falso piazzato da qualcuno che ha voluto mettere in difficoltà il paese.

Nel testo, comparso pochi giorni dopo il vertice in Arabia Saudita fra Trump e i leader arabi, lo sceicco definiva l'Iran "una potenza islamica" e confermava che le relazioni fra il Qatar e Israele sono "buone". Ancora: lo sceicco, nel fake pubblicato dall'agenzia ufficiale qatarina, definiva Hamas "il legittimo rappresentante del popolo palestinese", descriveva le buone relazioni che il Qatar ha sia con gli Usa che con l'Iran.

Gli hackers hanno poi bloccato anche l'account Twitter dell'agenzia, dopo aver inviato messaggi in cui il ministro degli Esteri del paese denunciava i "complotti" delle altre nazioni arabe contro il Qatar. In un tweet addirittura veniva scritto che "il Qatar ha ordinato il richiamo degli ambasciatori da Bahrain, Egitto, Kuwait, Arabia Saudita e Emirati Arabi dopo la scoperta del "complotto"".

Il governo qatarino è poi riuscito a cancellare i tweet falsi, e il direttore dell'ufficio comunicazione del governo ha spiegato che "il governo ha aperto un'inchiesta sulle falsità diffuse". Ma le informazioni false sono state rilanciate per ore dalle tv satellitari del Golfo, innanzitutto da quelle degli Emirati

Gli altri paesi arabi accusano da sempre il Qatar di essere vicino ai movimenti più estremisti, a patire dai Fratelli Musulmani. Arabia Saudita ed Emirati hanno bloccato Al Jazeera, la tv satellitare qatarina, e oggi sono stati seguiti da Egitto e Bahrain.

La disputa politica e "televisiva" con il Qatar è il primo frutto evidente della svolta che si è avuta sabato scorso a Riad dove Trump ha incontrato i leader dei paesi islamici sunniti guidati dall'Arabia Saudita. Di fatto il presidente americano ha rinsaldato un'alleanza con i paesi sunniti in nome dell'ostilità all'Iran che proprio in quelle ore conteggiava i voti delle elezioni che hanno confermato Hassan Rouhani alla presidenza della Repubblica. Il primo effetto del rilancio della nuova alleanza anti-iraniana è stato quindi quello di limitare la possibilità di dissenso all'interno della coalizione die paesi arabi guidati dall'Arabia Saudita.


Lo Stato del Qàtar (Arabo قطر, Qaṭar) è un emirato del Vicino Oriente. Situato in una piccola penisola della ben più grande penisola Arabica, confina a sud con l'Arabia Saudita ed è per il resto circondato dal golfo Persico.

https://it.wikipedia.org/wiki/Qatar
Il Qàtar è uno dei vari emirati sorti nel XX secolo nella penisola arabica. Dopo essere stato dominato per migliaia di anni dai persiani e, più recentemente, dal Bahrein, dagli Ottomani e dai britannici, diventò indipendente il 3 settembre 1971. Diversamente dalla maggior parte dei vicini emirati, il Qatar ha rifiutato di diventare parte dell'Arabia Saudita - malgrado il comune orientamento wahhabita della loro fede islamica - o degli Emirati Arabi Uniti.

Superfice 11.437 km² (162º) - Popolazione 2.350.000

PIL (nominale) 192 402 milioni di $ (2012) (53º)
PIL pro capite (nominale) 104 756 $ (2012) (2º)

La principale risorsa economica è rappresentata dal petrolio su cui si basa la ricchezza del paese. I primi giacimenti furono scoperti negli anni quaranta e la commercializzazione del greggio ebbe inizio dieci anni dopo. Nel 1974 il governo fondò la Qatar General Petroleum Corporation, ente deputato al controllo delle risorse petrolifere, precedentemente gestite da compagnie occidentali. Il Qàtar è membro dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC).

Un'ulteriore risorsa è costituita inoltre dai giacimenti di gas naturale; infatti, a North West Dome si trovano i più grandi depositi del mondo di gas naturale non associato al petrolio. Nel 2012 il prodotto interno lordo nominale del paese è stato di 192.402 milioni di dollari USA, corrispondente a un PIL di 104.756 dollari USA pro capite, secondo al mondo dopo il Lussemburgo. A parità di potere d'acquisto il prodotto interno lordo è stato di 185.300 milioni di dollari USA, con un PIL procapite di 100.889 dollari che colloca i suoi abitanti al primo posto tra i più ricchi del mondo.

Il settore agricolo ha rilevanza solo a livello locale e impiega circa il 3% della forza lavoro. Sono allo studio progetti volti a migliorare i sistemi di irrigazione e ad aumentare la produzione agricola per garantire l'autosufficienza alimentare, raggiunta alla fine degli anni novanta solo per frutta e ortaggi. Il settore più importante resta comunque quello della pastorizia (si allevano perlopiù capre, pecore, dromedari e bovini). Di rilievo è inoltre la pesca che riesce a soddisfare completamente il fabbisogno interno, garantendo anche eccedenze per l'esportazione. Il governo utilizza le entrate valutarie ottenute dalle concessioni petrolifere per finanziare lo sviluppo industriale del paese. Oltre a effettuare la raffinazione del petrolio, le industrie manifatturiere più importanti producono cemento, fertilizzanti e acciaio.



I Fratelli Musulmani (in arabo: جماعة الإخوان المسلمين‎, Jamaʿat al-Iḫwān al-muslimīn, letteralmente Associazione dei Fratelli Musulmani; spesso solo الإخوان المسلمون, al-Iḫwān al-Muslimūn, Fratelli musulmani, o semplicemente الإخوان al-Iḫwān, i Fratelli) costituiscono una delle più importanti organizzazioni islamiste internazionali con un approccio di tipo politico all'Islam. Furono fondati nel 1928 da al-Ḥasan al-Bannāʾ a Isma'iliyya (Egitto), poco più d'un decennio dopo il collasso dell'Impero Ottomano.
https://it.wikipedia.org/wiki/Fratelli_Musulmani
Sono diffusi soprattutto in Egitto (Partito Libertà e Giustizia) e a Gaza (Hamas).
Sono stati dichiarati fuorilegge, in quanto considerati un'organizzazione terroristica, da parte dei governi dei seguenti paesi: Bahrain, Egitto, Russia, Siria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Tagikistan e Uzbekistan. Godono invece di cospicui finanziamenti e protezione più o meno esplicita da parte dei governi di Turchia e Qatar.


Il movimento dei Fratelli musulmani apre la strada al Qatar
Silvia Cattori Egalité et Reconciliation 30 aprile 2013
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

https://qatarbook.wordpress.com/2013/05 ... a-al-qatar

Sulla scia delle rivolte arabe, il Qatar utilizza la sua grande ricchezza e il suo impero mediatico per diventare una superpotenza regionale. Quali sono i suoi legami storici con i Fratelli musulmani che determineranno il successo o il fallimento della strategia di Doha.

Siamo abituati a un Paese come l’Arabia Saudita, che cercava di svolgere un ruolo di primo piano nella vita politica della regione, ma nel caso di un Paese piccolo come il Qatar, con una popolazione nativa di appena 200.000 persone, ciò è notevole. Soprattutto grazie alla sua ricchezza petrolifera e gasifera, la piccola penisola nel Golfo è in grado di competere con le maggiori potenze della regione. Il Qatar è riuscito a sfruttare le sue fortune economiche, e costruito intorno ad al-Jazeera un impero mediatico, rafforzando la propria reputazione da superpotenza regionale. Negli anni che hanno preceduto la rivolta araba, il Qatar ha seguito una diplomazia pragmatica, costruendo forti relazioni con nemici giurati come Stati Uniti e Iran o Hamas e Israele. In un certo senso, Doha ha preceduto la Turchia nell’attuare con successo una politica estera di “zero problemi”. Oggi, però, il Qatar ha più coraggio, prende posizione negli sconvolgimenti che hanno scosso il mondo arabo e rilascia le redini di al-Jazeera quando attacca i suoi nemici. Il Qatar infatti si é messo nell’occhio del ciclone.
Dopo il suo supporto supporto ai rivoluzionari, Doha si sente a suo agio con i nuovi leader islamisti in Egitto e Tunisia. In Libia, il Qatar era in prima linea nel sostegno militare e finanziario alle forze ribelli sostenute dalla NATO fino alla caduta di Muammar Gheddafi. In Siria, l’emiro è disposto a rischiare tutto per abbattere il regime di Bashar al-Assad. Al centro della strategia del Qatar vi sono i suoi legami storici con i Fratelli musulmani, che sono diventati i principali beneficiari delle rivolte arabe. Scommettere sulla Fratellanza, tuttavia, è rischioso, in particolare nei confronti degli altri Stati del Golfo che considerano i Fratelli musulmani una minaccia più grande dell’Iran.

La Fratellanza nel Qatar
La presenza in Qatar dei Fratelli musulmani di un certo numero di Paesi arabi, risale al 1950, quando alcuni membri del movimento furono costretti all’esilio, in particolare dell’Egitto di Jamal Abdel Nasser. Nel 1999, il ramo del Qatar dei Fratelli Musulmani fu dissolto e il suo leader Sultan Jassim ha detto nel 2003 che il governo del Qatar stava adempiendo ai suoi obblighi religiosi correttamente. Analoghi tentativi di riconciliare la Confraternita con la famiglia regnante negli Emirati Arabi Uniti non hanno avuto successo. La filiale della Fratellanza negli Emirati Arabi Uniti, chiamata al-Islah, è stato autorizzata ad agire come ente di beneficenza, ma ha dovuto interrompere la sua attività politica.
Nel tempo, il rapporto tra il Qatar e gli esponenti della Fratellanza si è rafforzato, in particolare con lo sceicco Yusuf al-Qaradawi e una lunga lista di attivisti islamici e giornalisti che hanno invaso al-Jazeera, tra cui l’ex direttore generale Wadah Khanfar (dei Fratelli musulmani giordani) e l’attuale ministro degli Esteri tunisino Rafiq Abdul-Salam, che ha guidato il centro di ricerca della rete. Il Qatar non ha perso tempo nel sostenere i nuovi regimi dei Fratelli musulmani riempiendone le casse. A differenza degli altri Paesi del Golfo, che hanno ridotto i loro investimenti in Egitto dopo la caduta di Mubaraq, Doha si è impegna ad aumentare la sua quota fino a 18 miliardi di dollari, per i prossimi anni. Le sontuose spese del Qatar per gli islamisti sono anche riuscite ad attirare Hamas palestinese allontanandola da Iran e Siria. In un recente viaggio a Gaza, l’emiro del Qatar sheikh Hamad bin Khalifa al-Thani ha annunciato investimenti e progetti per un quarto di miliardo di dollari.

Il malcontento del Golfo
La storia d’amore tra i Fratelli musulmani e il Qatar è una fonte di malcontento tra i vicini del Golfo, in particolare in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Non è la prima volta che Doha irrita gli altri regimi della regione, come una volta succedeva, soprattutto per motivi economici, con l’Iran. Ma le altre monarchie del Golfo sono sempre più caute verso l’ascesa al potere dei Fratelli nella regione. Alcuni vedono la Fratellanza come una minaccia più grande dell’Iran. Il recente arresto di decine di membri di al-Islah con l’accusa di aver complottato per rovesciare il regime degli Emirati Arabi Uniti, ne è un esempio. I media sauditi sono più aperti nelle loro critiche alla relazione speciale con i Fratelli del Qatar e gli Emirati Arabi Uniti lanciano una stazione televisiva contro di loro. Da parte sua, il Kuwait non ha che inviato una cifra simbolica di aiuti per l’economia in difficoltà dell’Egitto.
Questo ha reso il Qatar attento a non disturbare i suoi vicini del Golfo, evitando di accendere incendi che possano estendersi. Quando lo sceicco Yusuf al-Qaradawi, per esempio, ha pubblicamente criticato l’EAU per aver espulso dei siriani in Egitto, nel maggio 2012, al-Thani stesso si recò ad Abu Dhabi, il giorno successivo, per limitare i danni. La politica del Qatar nel Golfo sembra essere un prolungamento del suo precedente approccio pragmatico, consistente in alleanze con nemici acerrimi, volendo bilanciare le sue relazioni con i suoi partner nel Golfo con il suo mecenatismo verso i Fratelli musulmani. Tuttavia, in altre parti del mondo arabo e in Siria, il Qatar conduce un nuovo e potenzialmente pericoloso gioco, mettendo tutto il suo peso da una sola parte.


Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana
viewtopic.php?f=188&t=2027



Il mondo arabo rompe con il Qatar: "Finanzia il terrorismo"
Terremoto in Medio Oriente. Arabia Saudita, Bahrein, Emirati ed Egitto chiudono le frontiere. Stop ai voli verso il Qatar
Sergio Rame - Lun, 05/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/mon ... 05419.html

Un terremoto diplomatico si abbatte sul Medio Oriente. Arabia Saudita, Egitto, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Yemen hanno tagliato i rapporti diplomatici con il Qatar.
Gli Usa: "Medieremo tra Qatar e sauditi"

L'accusa che muovono al piccolo ma ricchissimo emirato è di destabilizzare la regione sostenendo economicamente "gruppi terroristici" come al Qaeda, lo Stato islamico e i Fratelli Musulmani.

La rottura dei rapporti diplomatici segue di appena due settimane la visita a Riad del presidente americano, Donald Trump, che ha chiesto ai Paesi musulmani di agire in maniera decisiva contro l'estremismo religioso. E il dito dei principali Paesi del mondo arabo hanno puntato il dito contro il Qatar che sta provando a ritagliarsi un ruolo regionale e che organizzerà i Mondiali di Calcio del 2022. Doha è stata anche esclusa dalla coalizione militare araba che combatte i ribelli filo-iraniani in Yemen. Da Sydney, però, il capo della diplomazia americana, Rex Tillerson, ha chiesto ai Paesi del Golfo di restare uniti.

La rottura diplomatica con il Qatar è sicuramente la crisi più grave dalla nascita nel 1981 del Consiglio di cooperazione del Golfo. L'agenzia di stampa saudita Spa ha detto che Riad ha chiuso i collegamenti terrestri, aerei e marittimi con l'emirato e, citando fonti locali, ha spiegato che la mossa serve a "proteggere la sua sicurezza nazionale dai pericoli del terrorismo e dell'estremismo". "L'Arabia saudita - hanno spiegato - ha preso questa misura decisiva in ragione di una serie di abusi delle autorità di Doha nel corso di tutti questi ultimi anni per incitare alla disobbedienza e mettere a rischio la sua sovranita". Anche l'Egitto ha chiuso lo spazio aereo a tutti i mezzi aerei del Qatar. Gli Emirati Arabi Uniti hanno dato 48 ore di tempo ai diplomatici qatarini per lasciare il Paese. Abu Dhabi accusa Doha di "sostenere e finanziare" il "terrorismo, l'estremismo e le organizzazioni settarie". L'agenzia di Stato del Bahrein ha detto che il Paese taglia i rapporti con il Qatar dal momento che Doha "mette a rischio la stabilità del Bahrein e si intromette nei suoi affari" interni.

Le tensioni sono state scatenate nelle ultime due settimane da alcuni articoli attribuiti all'emiro del Qatar, Tamin bin Hamad al Thani, che aveva criticato la retorica anti-iraniana dei vicini del Golfo e contro Trump. Articoli che sono stati accolti con grandissimo clamore in Arabia Saudita. Il Qatar ha smentito quelle dichiarazioni, liquidandole come fake news, ma gli Emirati avevano avvertito che "una grave crisi" stava per scatenarsi all'interno del Consiglio di cooperazione del Golfo.


Banche, compagnie aeree e hotel Ecco l’Italia in mano al Qatar
Corinna De Cesare
Milano, 5 giugno 2017

http://www.corriere.it/economia/17_giug ... 067c.shtml

Milano, Olbia, Firenze, Porto Cervo, gli investimenti del Qatar in Italia spaziano dall’immobiliare alle banche fino ad arrivare alla moda in una ragnatela di intrecci
che porta sempre allo stesso cognome: Al Thani, la famiglia reale di Doha

«Il mondo si divide tra quelli che sono italiani e quelli che vorrebbero essere italiani». Lo sceicco Suhami Al-Thani, 31 anni, membro della famiglia reale del Qatar e secondo cugino dell’attuale emiro, ha in passato parlato così dell’Italia, a proposito dell’investimento della Qatar Holding che nel 2013 aveva acquisito una partecipazione del 40% di Porta Nuova. Un investimento che è salito ormai al 100% e che ha consegnato agli emiri l’intero quartiere di Milano, noto, a livello internazionale per il grande progetto di riqualificazione e per il Bosco Verticale di Boeri, giudicato l’edificio alto più bello del mondo. Milano, Olbia, Firenze, Porto Cervo, gli investimenti del Qatar in Italia spaziano dall’immobiliare alle banche fino ad arrivare alla moda in una ragnatela di intrecci che porta sempre allo stesso cognome: Al Thani, la famiglia reale di Doha che governa il Qatar dal 1850 circa (ma fino al 1971 l’emirato stato per 55 anni un protettorato britannico). Nel 2013 l’ascesa al trono dell’attuale emiro, il 36enne Tamim Ben Hamad Al-Thani (educazione britannica, quattro mogli e otto figli) che più volte ha visitato l’Italia per affari.

Se negli gli Usa gli investimenti del Qatar sono sparsi fra proprietà e media e in Asia prevalgono energia e grattacieli, l’Europa è un nodo strategico: specie dopo la crisi finanziaria, che ha visto il fondo Qia (Qatar Investment Authority ) accorrere alla richiesta d’aiuto di numerose banche: da Barclays (la quota è ora al 6,3%) a Credit Suisse, fino in tempi recenti a Deutsche Bank, dove Doha punta a superare il 10%. Ma è l’Italia che piace moltissimo alla monarchia degli Al Thani. I rapporti commerciali tra il Qatar e l’Italia hanno un valore di circa 1,7 miliardi di euro, secondo i dati del ministero dello Sviluppo Economico aggiornati a settembre del 2015. E, cosa più interessante, l’aumento rispetto al 2014 è stato del 10%. Ma al Qatar, che con i suoi undici mila chilometri quadrati di superficie è poco più grande della Basilicata, piace più che altro lo «shopping» italiano. Uno degli ultimi colpi è stato in Sardegna dove la Qatar Airways si è presa il 49% di Meridiana. Nel 2011 gli Al Thani hanno acquisito l’Hotel Gallia a Milano, nel 2012 il fondo sovrano ha praticamente rilevato la Costa Smeralda. Nello stesso anno, attraverso la «Mayhoola for investment», i reali del Qatar hanno comprato la maison Valentino per 700 milioni di euro. E più di recente la stessa QIA, che ha comprato Porta Nuova, è entrata con un investimento di 165 milioni nel capitale di Inalca, la società del gruppo Cremonini, insieme al Fondo Strategico italiano.

Del resto i soldi non mancano alla minuscola monarchia del Golfo, ricchissima di gas naturale, accusata già in passato, prima della rottura delle relazioni diplomatiche con i sei Paesi del Golfo, di supportare i gruppi islamici nei Paesi arabi. Doha ha sempre negato e continua a «spendersi» molto, val la pena di dire, negli investimenti. Il Paese prediletto è forse la Gran Bretagna dove il Qatar ha investito quasi 40 miliardi di sterline negli ultimi anni, puntando molto sull’immobiliare. Tanto che - si è scritto - a Londra gli Al Thani possiedano un patrimonio immobiliare superiore a quello della famiglia reale britannica. In Italia hanno comprato i più prestigiosi alberghi di Firenze: acquisiti il Four Season, all’interno del Palazzo della Gherardesca e lo storico Grand Hotel Baglioni. A Milano, il Qatar Investment Authority si è concentrato sulle sedi delle banche come il palazzo di via Santa Margherita che ospita gli uffici di Credit Suisse. Oltre ad aver partecipato a un fondo costruito ad hoc per valorizzare un portafoglio di filiali di Deutsche Bank. Durante l’esecutivo Renzi emerse anche l’idea di un salvataggio del Montepaschi per opera del Qatar, idea poi tramontata. Proprio in Italia, del resto, la famiglia Al Thani si è vista spesso: Sheikha Mozah, madre dell’attuale emiro Tamim al-Thani è stata più volte avvistata alla prima della Scala ed è stata grande ispiratrice dei più recenti cambiamenti in Qatar. Suo figlio Sheikh Tamin Bin Hamad Al Thani, appena un anno fa, è stato in visita ufficiale a Roma e ha incontrato il premier Matteo Renzi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.



In progetto a Lecce la prima università islamica d’Italia: il no della popolazione
15 aprile 2015

https://www.riscossacristiana.it/proget ... opolazione

Non più soltanto centri culturali e luoghi di culto. Mentre nei Paesi islamici si distruggono chiese e si massacrano i cristiani, nella cattolicissima Italia si sta pensando di inaugurare al più presto la prima università musulmana (nella foto, il progetto). Se dal Ministero per l’Università fosse concesso il via libera – ed in tal senso pare vi siano i presupposti -, nell’ottobre del 2017 potrebbe aprire i battenti con sede a Lecce. Al centro prevede una moschea, poi campus, mensa, residenze ed impianti sportivi. Il tutto per almeno 5 mila studenti iscritti. Lo sponsor accademico dovrebbe essere l’Università al-Azhar del Cairo. A formare il Comitato Scientifico dovrebbero essere invece chiamati 6 docenti italiani non musulmani, 4 convertiti all’islam, 5 provenienti da atenei musulmani esteri e 3 esperti del mondo imprenditoriale ed ambientalista. Vi si insegnerebbe di tutto, dalla Teologia alla Filosofia, dalle Lettere alle Scienze agrarie ed ambientali, dalle Scienze umanistiche al diritto italiano, sia pure con taglio ed ispirazione rigorosamente islamici. E, nell’autunno del 2018, dovrebbe partire anche la facoltà di Medicina.

A volerla con tutte le proprie forze, è il Presidente della Fondazione dell’Università islamica, Giampiero Khaled Paladini: 56 anni, ha abiurato ed è diventato islamico tre anni fa. Uomo d’affari salentino, è a capo di Confime, il Consorzio Imprese del Mediterraneo, specializzato nei rapporti commerciali tra Italia e Medio Oriente. Lui ha fretta, sostiene di essere già in ritardo: per questo le classi di teologia conta di farle partire già ad ottobre nella stessa sede della Fondazione, mentre a gennaio dovrebbero essere attivati due master – Diritto di Economia e finanza islamica, in concorso con centri bancari del Barhain, e Scienze delle costruzioni, con l’appoggio delle grandi compagnie finanziarie arabe -.

Paladini riteneva di aver trovato un sito potenziale per l’ateneo presso un’ex-fabbrica di tabacco, abbandonata dal 1980: ma l’accordo con la proprietà dell’immobile, una società milanese, è sfumato poco prima della firma. Ora pare si possa puntare o sull’area della superstrada Lecce-Brindisi, che tuttavia richiederebbe varianti urbanistiche, oppure su un terreno in Comune di Monteroni, dove il cantiere potrebbe partire già nel giro di un anno. Nel caso tutte queste ipotesi dovessero tramontare, l’iniziativa potrebbe traslocare in Sicilia, dove si dice possa avere maggiori chance.

E’ zelante, Paladini: piano di fattibilità e business plan sono già stati messi a punto, l’atto notarile è già stato firmato. Mancano ancora le autorizzazioni, ma dovrà convincere anche la popolazione, assolutamente contraria al suo progetto, in considerazione anche delle radici e delle tradizioni profondamente cattoliche della zona. «Il Sindaco Paolo Perrone non ha voluto incontrarmi neppure », ha dichiarato a Il Fatto Quotidiano. Mentre sul Corriere della Sera è stato categorico l’assessore municipale per la Pianificazione Urbana, Severo Martini: «La proposta non ci interessa. In questo momento avviare un progetto di questo genere è quanto meno inopportuno». A preoccuparlo è anche la provenienza dei fondi per finanziare la costosa iniziativa: pare giungano dai Paesi del Golfo, dal Kuwait e dal Qatar in particolare, dall’Opec e dall’Aaoifi, ovvero dall’associazione internazionale, che riunisce società private, istituzioni e banche centrali arabe. L’investimento di base dovrebbe essere di 45 milioni di euro, più altri 35 per i costi di gestione annui.

Scettico è anche Luigi Mazzei, consigliere comunale di Forza Italia: a suo dire, con «un campus esclusivamente per musulmani» non si otterrebbe «vera integrazione». Attendista il Pd, benché non pregiudizialmente contrario. Un “no” forte e chiaro è invece già giunto dal leader della Lega, Matteo Salvini…


Così il Qatar finanzia in Italia moschee e scuole coraniche
Nell'ultimo anno la Qatar Charity ha stanziato 25 milioni per costruire 43 moschee in Italia. Ma dietro la fondazione ci sono sospetti di legami con al Qaeda
Sergio Rame - Lun, 05/06/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 05722.html

Con i suoi 2milioni e 700mila abitanti, il "piccolo" Qatar è un attore importante nel mercato internazionale, con le sue grandi aziende come la compagnia aerea nazionale Qatar Airways e la rete televisiva internazionale Al Jazeera, ma anche con i forti investimenti del Paese nel mondo sportivo: già principale sponsor del Barcellona, il Qatar ospiterà i campionati mondiali di calcio nel 2022.

Ma non è solo ricchezze petrolio. Il Qatar è anche proselitismo. O meglio lo è la "Qatar Charity Foundation", la più importante istituzione di assistenza islamica dell'Emirato che ha tra i tanti obiettivi la costruzione di moschee in tutto il mondo. In Italia ha mosso i primi passo nel 2013 quando ha messo a disposizione 2,5 milioni di euro per la costruzione di quattro moschee in Sicilia.

In Italia la maggior parte dei finanziamenti alle comunità islamiche sono finanziate dalle ong del Qatar, lo Stato con cui da oggi Arabia Saudita, Egitto, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Yemen hanno chiuso i rapporti diplomatici. L'accusa mossa a Doha è di finanziare il terrorismo islamico facendo arrivare soldi a organizzazioni vicine ad al Qaeda, Stato islamico e Fratelli Musulmani. "Se Dio vuole conquisteremo Roma. Non con la spada, ma con la Dawa (il proselitismo, ndr)", recita un hadith del profeta Yusuf al-Qaradawi, il leader spirituale della Fratellanza Musulmana che predica dal Qatar e dagli schermi di Al Jazeera, l'emittente satellitare dell'emirato wahabita. Negli ultimi anni le associazioni islamiche hanno costruito decine di moschee e scuole coraniche con i finanziamenti del Qatar. Stando alle parole del presidente Ucoii (Unione delle Comunità islamiche d'Italia), l'imam fiorentino Izzedin Elzir, solo i 25 milioni provenienti dalla ong Qatar Charity sono serviti nell’ultimo anno "per costruire 43 moschee".

Nel gennaio del 2016 Ibrahim Mohamed, tesoriere dell'Ucoii, aveva annunciato l'arrivo di 5 milioni per la costruzione della moschea di Bergamo, la cui costruzione è stata bloccata da un'indagine della procura. Una somma che rappresenta appena "un quinto dei 25 milioni di euro trasferiti in Italia per realizzare 33 nuovi centri islamici". Con i soldi della Qatar Charity, in Lombardia, sono già stati realizzati i centri islamici di Saronno e Brescia, oltre ad altri centri minori, specie nel Bresciano. Non solo. Oltre alla moschea di Bergamo, la Qatar Charity sarebbe già pronta a sovvenzionare anche un maxi centro a Sesto San Giovanni. "Lo Stato italiano resta indifferente di fronte alla denuncia dell’Arabia contro il Qatar? - chiede il deputato leghista Paolo Grimoldi - l'Italia continua ad autorizzare la costruzione di moschee finanziate dal Qatar o quelle in costruzione verranno bloccate?". Anche perché, come ricordava Gian Miaclessin sul Giornale, sulle attività della Qatar Charity Foundation pesano però molti sospetti. Sospetti che legano l'ex presidente Abdullah Mohammed Yusef ad al Qaeda. "I soldi destinati dalla Qatar Charity alle operazioni di Al Qaida - si legge in un rapporto del ministero della Giustizia statunitense - vengono elencati nei registri dell'organizzazione come spese per la costruzione di moschee e scuole oltre che al sostegno di poveri e bisognosi".



Milano, Qatar. Colonizzazione in corso
2015/03/02

http://www.ilfoglio.it/articoli/2015/03 ... orso-81421

"Il mondo si divide tra quelli che sono italiani e quelli che vorrebbero essere italiani". Lo sceicco Suhami al Thani, 29 anni, membro della famiglia reale del Qatar e secondo cugino dell’attuale emiro, ha in passato parlato così dell’Italia, a proposito dell’investimento della Qatar Holding che nel 2013 aveva acquisito una partecipazione del 40% di Porta Nuova. Un investimento che ora è salito al 100% e che consegna agli emiri l’intero quartiere di Milano [1].

"Là dove c’era l’erba, ora c’è una città. E dove comandavano Salvatore Ligresti e Bruno De Mico, ora comanda il Qatar. È il quartiere più innovativo di Milano, Porta Nuova. C’è il grattacielo più alto d’Italia (per ora), quello dell’Unicredit, con il pennacchione disegnato da Cesar Pelli e la piazza Gae Aulenti diventata un nuovo punto d’incontro dei milanesi, tra il modaiolo corso Como e l’ex popolare quartiere Isola. C’è il Bosco verticale progettato da Stefano Boeri. C’è il Diamante di Lee Polisano, con la punta che di notte cambia colore. In tutto, 25 edifici, di cui 8 grattacieli" (Gianni Barbacetto) [2].

Annunciata venerdì, l’operazione è stata chiusa dopo sei mesi di trattative. Il fondo sovrano Qia (Qatar investment authority), che controlla Qatar Holding, ha rilevato di fatto le quote degli altri soci fra cui Unipol, Hines, il fondo pensioni Tiaa Cref, Coima (famiglia Catella) assistita da Shearman&Sterling, dallo studio Tremonti e dall’advisor Citi [3].

La parte residenziale comprende complessivamente 380 unità abitative, aree pedonali, piste ciclabili e un parco di 90mila metri quadrati. L’area in questione vale sul mercato circa due miliardi di euro, a fronte di un investimento iniziale dei primi soci intorno ai 300 milioni di euro. Secondo indiscrezioni il Qatar, che ha comprato quasi certamente a sconto, avrebbe speso per l’acquisizione una cifra compresa tra i 500 e i 700 milioni di euro di equity, il resto è debito [3].

Sandra Riccio: "Il business dei nuovi grattacieli di Milano, delle residenze di superlusso e degli architetti di grido, ha fatto parecchie macerie. La colpa, certo, è della crisi, del crollo dei prezzi, della difficoltà a rifinanziare i debiti ma in mezzo a queste vicende ci sono anche bancarotte, sequestri e guai col Fisco. Il risultato è che un’intera schiera di palazzinari è stata spazzata via in meno di dieci anni: sulla scena milanese non ci sono più nomi storici come Ligresti, Lodigiani, Beltrami Gadola, Zunino e Coppola. Hanno superato la crisi, e si preparano a incassare, soltanto i “costruttori” con le spalle larghe, quelli che hanno avuto la possibilità di aspettare che il mercato cambiasse: banche, assicurazioni e grandi fondi immobiliari senza bisogno di finanziamenti" [4].

"Questa è anche la storia ingloriosa del declino degli immobiliaristi milanesi. I lavori di Porta Nuova furono avviati dalla famiglia Ligresti, cui era associato lo stesso Manfredi Catella che ieri ha realizzato il colpaccio della vendita agli arabi. Catella (e non solo lui) ne esce con una ricca plusvalenza. Si dice che parte di questa liquidità sia destinata a un nuovo investimento nel Lido di Venezia. Siamo sicuri che ne beneficerà il sistema economico italiano?" (Gad Lerner) [5].

In Italia il Qatar, in diverse declinazioni tra fondo sovrano e Katara hospitality e in misura minore attraverso società che fanno capo all’emiro e ad altri membri del Governo degli Emirati, detiene un portafoglio che potrebbe valere secondo le ultime valutazioni ben oltre tre miliardi di euro [3].

Il Qatar, che con i suoi undicimila chilometri quadrati di superficie è poco più grande della Basilicata, si è dedicata negli ultimi anni a uno shopping compulsivo in Italia. Nel 2011 gli al Thani hanno acquistato l’hotel Gallia a Milano, nel 2012 il fondo sovrano ha praticamente rilevato la Costa Smeralda. Nello stesso anno, attraverso la Mayhoola for investment, i reali hanno comprato la maison Valentino per 700 milioni di euro. E più di recente la stessa Qia è entrata con un investimento di 165 milioni nel capitale di Inalca, la società del gruppo Cremonini [1].

Il fondo sovrano del Qatar è stato creato nel 2005 per gestire le immense rendite petrolifere dell’emirato. A oggi il suo patrimonio supera i 60 miliardi di dollari ed è composto soprattutto da asset immobiliari [6].

Ora l’Italia è il secondo Paese al mondo per presenza del fondo qatariano, dopo il Regno Unito. A Londra la famiglia al Thani ha appena comprato il Canary Wharf tra il Tamigi e la City, un gruppo di grattacieli sede di banche e istituzioni finanziarie. Nella capitale britannica il Qatar possiede poi diversi immobili nel ricco quartiere di Mayfair, i grandi magazzini Harrods e la torre più alta d’Europa, lo Shard disegnato da Renzo Piano [7].

Stefano Montefiori: "A Parigi il protagonismo degli emiri del Qatar è cominciato con la presidenza Sarkozy ed è proseguito sotto Hollande. Gli al Thani controllano la squadra di calcio del Psg e hanno comprato Ibrahimovic, la loro mossa più appariscente in termine di immagine, ma si sono dedicati soprattutto al mattone: sugli Champs Elysées sono proprietari dello showroom Citroën e del palazzo dell’ex Virgin Megastore. E poi gli alberghi Royal Monceau e Lambert a Parigi e il Carlton a Cannes, e partecipazioni in aziende strategiche per la Francia: Total (3%), Veolia (5%), Lagardère (12%), Vivendi (5%), Vinci (7%), Lvmh (1%)" [8].

Nel portafoglio del fondo qatariano figurano tra l’altro il 17 per cento di Volkswagen di cui il Qatar è il secondo azionista, assieme a quote rilevanti in Barclays e nel Crédit Suisse e così via, da quote in General Motors al Banco Santander ed al London Stock Exchange [9].

"Nulla, però, esprime la forza e le ambizioni del Paese, proprietario di al Jazeera, la rete più diffusa del mondo arabo, quanto la conquista dei Mondiali di calcio del 2022, che si terranno a Natale per volere dei petrodollari" (Ugo Bertone) [9].

Si dice preoccupato Stefano Boeri, l’architetto che ha disegnato il Bosco verticale di Porta Nuova: "Si tratta di un investimento di un governo straniero, questo implica riflessioni geopolitiche importanti. È un peccato che oggi in Europa non ci sia questa riflessione su investimenti certamente necessari, ma che avrebbero bisogno di clausole di trasparenza. E poi vedo un grande paradosso, che è anche un segnale di schizofrenia di questa città. Vendiamo a uno stato islamico un pezzo del nuovo centro, ma non sappiamo dare un luogo di culto ai cittadini milanesi di fede islamica" [10].

Bertone: "Non mancano infatti le ombre sull’emirato, a partire dal sostegno ai Fratelli Musulmani in Egitto, ai gruppi jihadisti in Mali e al fronte anti-Assad in Siria, comprese le frange più estreme. Dopo l’attentato a Charlie Hebdo sono cresciute, specie in Francia, le richieste di prender le distanze dal regime di Doha, vicino ai wahabiti" [9].

[**Video_box_2**]"Ci toccherà un futuro da colonizzati? Il Qatar è anche un emirato in cui vige un’interpretazione oscurantista della Sharia, la legge islamica, prodigo di finanziamenti ai Fratelli Musulmani, fin troppo attivo nella destabilizzazione del Medio Oriente e del Nordafrica che sta insanguinando l’intero bacino del Mediterraneo" (Lerner) [5].

Ancora più netto il giudizio di Gian Micalessin, secondo cui il Qatar "è l’ispiratore del fanatismo religioso perpetrato dallo Stato Islamico. E il mandante ideologico del rogo medievale con cui il Califfato ha punito il pilota giordano Muath al Kaseasbeh. Dopo quella spietata esecuzione qualcuno ricordò che il Corano e la legge islamica vietano di uccidere con il fuoco. Ma esistono le eccezioni. E una di queste s’appoggia su un parere consultivo (fatwa) preparato dagli esperti coranici dell’Emirato e pubblicato nel giugno 2009 sul Centro per la Fatwa, il sito internet di quell’Autorità per la Guidanza Religiosa e la Dawa che fa capo al Ministero degli Affari Islamici del Qatar" [11].

"A sollevare dubbi, fino a ieri, ci si beccava l’accusa di provincialismo: ma come, disprezzi la ritrovata capacità italiana di attrarre investimenti? Non ti fa piacere che succeda a Milano quel che fino a ieri succedeva solo a Londra e a Parigi? Solo che oggi il fenomeno ineluttabile della globalizzazione si intreccia con equilibri geopolitici resi fragili dalla guerra. Nel dramma provocato dall’espansione del sedicente Califfato le petromonarchie del Golfo sono divenute al tempo stesso nostri infidi alleati, restando apprendisti stregoni. La politica estera del governo italiano, di fronte a operazioni sul nostro patrimonio di tale entità, non può limitarsi a un semplice “benvenuti”. Quando vendi un pezzo di territorio, in gioco non è solo un’operazione finanziaria" (Lerner) [5].

Note (tutte dai giornali del 28/2): [1] Corinna De Cesare, Corriere della Sera; [2] Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano; [3] Paola Dezza, Il Sole 24 Ore; [4] Sandra Riccio, La Stampa; [5] Gad Lerner, la Repubblica; [6] Francesco Colamartino, MilanoFinanza; [7] Giuliana De Vivo, il Giornale; [8] Stefano Montefiori, Corriere della Sera; [9] Ugo Bertone, Libero; [10] Oriana Liso, la Repubblica; [11] Gian Micalessin, il Giornale.

Apertura a cura di Luca D'Ammando



Crisi con il Qatar: ma davvero qualcuno crede alla favoletta della lotta al terrorismo?
06/06/2017

http://www.rightsreporter.org/crisi-qat ... terrorismo

Non nascondiamoci dietro a un dito, la crisi con il Qatar aperta dai Paesi del Golfo ha poco a che vedere con la guerra al terrorismo e molto a che vedere con gli equilibri regionali. Appare infatti quasi comico che gli wahabiti della famiglia Saud accusino gli emiri del Qatar di finanziare il terrorismo islamico quando loro stessi sono tra i maggiori finanziatori e sostenitori dell’islam integralista e violento.

L’obiettivo non è quindi quello di tagliare i finanziamenti all’islam integralista rappresentato, secondo i sauditi, solo da ISIS e dalla Fratellanza Musulmana, altrimenti si farebbe il possibile per tagliare le fonti di finanziamento anche ai salafiti legati al wahabismo che di certo non sono meno estremisti o meno pericolosi dei terroristi dello Stato Islamico, come non sono meno “infiltrati” dei Fratelli Musulmani.

No, credo che il punto sia diverso e che il vero obiettivo finale sia quello di isolare completamente l’Iran mettendo alle strette l’unico “amico” che ha nel mondo sunnita. E’ vero, il Qatar è senza dubbio uno dei maggiori finanziatori del terrorismo di matrice islamica che fa capo allo Stato Islamico ed è senza dubbio uno dei pochi amici rimasti (insieme alla Turchia) alla Fratellanza Musulmana, ma non dobbiamo dimentica che l’Arabia Saudita spende ogni anno miliardi di dollari per diffondere in tutto il mondo il wahabismo, per finanziare i centri islamici che diffondo il credo dei Saud e per alimentare i salafiti, non certo meno pericolosi dei terroristi del ISIS. Quindi scusate se non credo alla favoletta del mondo arabo unito contro il terrorismo islamico.

Intendiamoci, l’apertura della crisi con il Qatar potrebbe portare con se indubbi benefici per quanto riguarda la lotta a determinati gruppi terroristici come Hamas o come Hezbollah (più contro Hamas che contro Hezbollah). Il Qatar è infatti rimasto uno dei pochi, sempre insieme alla Turchia, ad appoggiare Hamas anche se è proprio di eri la notizia che Doha ha ordinato ai capi di Hamas di lasciare il paese, una decisione che probabilmente doveva servire a far scemare la tensione con l’Arabia Saudita ma che è arrivata fuori tempo massimo e che ora potrebbe essere rivista. Porta sicuramente a una escalation contro l’Iran, ma non vedo tutti questi benefici contro l’integralismo islamico e contro ISIS. Al limite è una lotta tra bande, non tra musulmani buoni e musulmani cattivi.

Ieri leggevo commenti entusiasti in merito a questa decisione senza precedenti presa dai Paesi del Golfo, attribuzioni di merito a Trump e alla sua nuova politica in Medio Oriente. Per carità, nel breve periodo sembra tutto molto accattivante tanto che persino Lieberman si è lasciato rapire da questo cambio di equilibri, ma non credo che nel lungo periodo possa davvero cambiare qualcosa o incidere sul terrorismo islamico. Al contrario, l’Arabia Saudita è il Paese musulmano più integralista e repressivo, quello che più di tutti ha spinto la visione del mondo conquistato dall’islam, del grande califfato globale. Credere che i sauditi possano essere diventati improvvisamente i musulmani buoni solo perché, per i loro interessi, si sono schierati contro ISIS, Iran, Fratellanza Musulmana ecc. ecc. è quanto di più stupido si possa fare.

Detto questo, è indubbio che l’improvvisa e repentina crisi con il Qatar porta alcuni benefici anche a Israele. Prima di tutto il mirino arabo non punta più sullo Stato Ebraico ma punta su Teheran, e non è poco. I terroristi palestinesi di Hamas che si trovano già isolati e in gravi difficoltà, senza l’aiuto del Qatar potrebbero avere un tracollo e anche questo è un vantaggio per Israele. Ma attenzione, se vuoi mettere nel mirino l’Iran devi mettere in conto un conflitto di vastissime proporzioni contro un esercito ben addestrato con mezzi offensivi davvero temibili, alleato regionale della Russia, con a sua disposizione quello che è senza dubbio il più pericoloso gruppo terrorista del mondo, Hezbollah. Credete davvero che l’Arabia Saudita, che non riesce a sconfiggere nemmeno i ribelli Houthi in Yemen, possa affrontare militarmente l’Iran senza chiedere l’aiuto di Israele? E se, come credo, siamo di fronte a una esclation che punta a Teheran l’unica fine possibile è proprio un conflitto armato. Non vorrei che Israele diventasse il braccio armato dei Saud. Sarebbe un errore madornale.

Stemperate quindi gli entusiasmi. L’Arabia Saudita che combatte l’estremismo islamico è un ossimoro gigantesco, un miraggio collettivo. Credo invece che l’apertura delle crisi con il Qatar abbia pochi collegamenti alla lotta all’estremismo islamico e che non sia foriera di buone nuove. È una accelerazione verso un conflitto a viso aperto con l’Iran che potrebbe coinvolgere Israele e lasciatemi dire che la cosa non mi piace affatto, non fosse altro che per il fatto che i sauditi non sono affatto migliori degli iraniani e di certo non sono diventati improvvisamente i musulmani buoni.
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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » gio giu 08, 2017 7:32 am

Religione e religiosità come ossessione, come grave malattia, grave disturbo della mente e dell'anima o psico-emotivo
viewtopic.php?f=141&t=2527


Cosa ci sarà mai di spirituale in questa gente, in questo culto politico-religioso dell'orrore e del terrore, nel loro pregare idolatra e ossessivo?

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lamica.jpg



Ma quali sono i valori spirituali e umani dell'Islam?
viewtopic.php?f=188&t=2580

Mussulmani dementi che uccidano gridando Allah è il più grande
viewtopic.php?f=188&t=2043

Dementi idolatri islamici della jihad nazista mussulmana
viewtopic.php?f=188&t=2537

La Sharia non è la legge di D-o ma soltanto quella dell'idolo Allah
viewtopic.php?f=188&t=2470
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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » ven giu 09, 2017 7:14 pm

Accettare il terrorismo islamico come la nuova normalità?
Nonie Darwish
09/06/2017

https://it.gatestoneinstitute.org/10505 ... -normalita

Dopo gli attentati terroristici, spesso ci sentiamo dire dai media e dai politici occidentali che dobbiamo accettare gli attacchi terroristici come la "nuova normalità".

Per i cittadini occidentali, questa espressione è pericolosa.

La dottrina islamica del jihad, della conquista e della dawah (la propaganda islamica, il proselitismo) dipende fortemente dal terrore e dalla seduzione. Targhib wal tarhib è una dottrina islamica che significa "sedurre (adescare) e terrorizzare", come strumento della dawah per conquistare le nazioni e costringere le loro popolazioni a sottomettersi alla legge islamica della sharia. Il suo obiettivo è quello di manipolare le parti istintive del cervello esercitando pressioni contrarie che alternano piacere e dolore – ricompensa e poi punizione – al fine di indottrinare la gente al rispetto dell'Islam.

I musulmani normali in genere non sono a conoscenza di questa dottrina, ma sono stati scritti dei libri islamici su questo argomento. Predicatori di spicco come Salman Al Awda ne hanno discusso su Al Jazeera. In un programma dal titolo "La sharia e la vita", Al Awda ha raccomandato di ricorrere a misure estreme "per ingigantire (...) la ricompensa e la punizione, moralmente e materialmente (...) in entrambe le direzioni". "Secondo questa dottrina," egli ha detto, "l'uso del terrore è un obbligo disciplinato dalla sharia".

Gli occidentali credono che i jihadisti islamici perpetrino la violenza terroristica sui non musulmani e in genere è così. Ma il terrore è anche il mezzo per garantirne il rispetto in seno all'Islam. Secondo la legge islamica, i jihadisti che si sottraggono al jihad devono essere uccisi. Il terrore è pertanto la minaccia che induce i jihadisti a compiere le missioni e che costringe gli altri musulmani a rispettare la sharia.

Un corso online per reclutare jihadisti contiene questa descrizione:

"La Dawa individuale presuppone che si suscitino reazioni emotive nelle reclute (e che si costruisca un rapporto personale). L'approccio di Abu 'Amr illustra un concetto di reclutamento chiamato al-targhib wa'l-tarhib, che è la tecnica della carota e del bastone che esalta i meriti dell'azione, spiegando al contempo le terribili conseguenze della mancanza di azione. Il concetto è stato introdotto nel Corano ed è stato oggetto di discussioni da parte di numerosi pensatori islamici per stabilire quale fosse il modo migliore per far sì che la gente si avvicini all'Islam (molti studiosi hanno scritto libri dal titolo al-targhib wa'l-tarhib). Secondo Abu 'Amr, i reclutatori dovrebbero applicare il concetto durante il processo di reclutamento, sottolineando i benefici dell'azione nella fase iniziale del processo e le conseguenze della mancanza di azione nella fase successiva".

In altre parole, i reclutatori di jihadisti devono iniziare con l'evidenziare dapprima "le cose buone", "l'esca" – la gloria futura, la supremazia e l'appagamento di desideri lascivi, come le vergini in paradiso. Successivamente, essi devono minacciare le reclute, azionando le leve del "terrore" e della vergogna, come conseguenze della mancata partecipazione al jihad.

Il tarhib o le azioni volte a "terrorizzare" auspica punizioni esemplari contro coloro che non adempiono ai dettami dell'Islam. Ecco perché paesi musulmani come l'Arabia Saudita e l'Iran, ed entità come l'Isis, eseguono volutamente decapitazioni, flagellazioni e amputazioni in piazza come fossero cerimonie. Paesi come l'Egitto, la Giordania e la Turchia sono più discreti, ma tollerano e avallano i delitti d'onore; l'uccisione degli apostati, le violenze alle donne e ai bambini, le torture e gli omicidi nelle loro prigioni. La dottrina del targhib e tarhib è viva e vegeta, non solo nelle teocrazie islamiche, ma anche nei cosiddetti paesi musulmani "moderati".

L'Islam fin dagli albori ha utilizzato queste tecniche di lavaggio del cervello che alternano "piacere e dolore" e le punizioni pubbliche crudeli e spettacolari. Se la Bibbia – la tradizione giudaico-cristiana occidentale – è in armonia con la natura umana e nutre buoni sentimenti, l'Islam fa il contrario: utilizza gli istinti umani di autoconservazione e sopravvivenza per piegare la volontà della gente e indottrinarla all'obbedienza servile.

Quando vivevo in Egitto, non ero a conoscenza – come la maggioranza dei musulmani – di questa dottrina islamica. Ma ho avvertito l'impatto di questa dottrina nella mia vita, perché permea ogni aspetto della cultura islamica: la predicazione, le relazioni familiari, il funzionamento dei governi e il modo in cui le autorità trattano le loro popolazioni.

La dottrina islamica basata sulla "seduzione e il terrore" ha generato una cultura degli estremi tossici: la diffidenza e la paura, l'orgoglio e la vergogna, l'autorizzazione a mentire ("taqiyya") e il rifiuto di assumersi la responsabilità delle proprie azioni.

Avendo vissuto gran parte della mia vita sotto un regime islamico, mi duole dire che coloro che l'Occidente chiama "musulmani moderati" sono spesso dei cittadini che hanno imparato a convivere con il terrorismo e ad accettarlo come normale. Per secoli, molti hanno giustificato il terrorismo, condannato le vittime del terrore, sono rimasti in silenzio o hanno mantenuto una posizione ambigua, e si sono perfino compromessi con i terroristi per sopravvivere. La cultura e la società islamica in cui ho vissuto facevano finta di non vedere quando le donne erano picchiate. Se le donne venivano assassinate in nome dell'onore, la domanda era "che cosa ha fatto?" e non "come è potuto accadere?" Quando i cristiani venivano uccisi e perseguitati dai musulmani, erano numerosi quelli che addossavano ai cristiani la colpa delle loro stesse persecuzioni ad opera dei musulmani. La normale risposta islamica al terrore è diventata: "Non sono fatti miei".

E adesso la dottrina islamica del Targhib wal Tarhib si è spostata in Occidente e mira a cambiare la cultura umanistica occidentale. Il rispetto dei diritti umani, la solidarietà verso gli altri, i valori della libertà e della pace devono essere rimpiazzati da altri valori come la schiavitù. il terrore, la tirannia e la paura.

Nei territori conquistati, il jihad islamico conta sul fatto che le popolazioni finiscono per arrendersi, rassegnarsi e accettare il terrorismo come parte della vita, come se fosse una catastrofe naturale simile a un terremoto o a un'alluvione.

La dottrina islamica del Targhib wal Tarhib non ci ha messo molto ad agire sulla psiche dei leader e dei media occidentali, che ora ci dicono di convivere con il terrorismo e accettarlo come un fatto di "nuova normalità". L'Islam conta di trasformare tutti in musulmani "moderati" che finiranno per fare finta di niente quando il terrorismo colpirà le persone che hanno accanto.

La nuova normalità? La polizia aiuta i sopravvissuti dell'attacco terroristico a London Bridge del 3 giugno 2017 (Foto di Carl Court/Getty Images)
Nonie Darwish, nata e cresciuta in Egitto, è l'autrice di "Wholly Different: Why I Chose Biblical Values over Islamic Values."
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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » ven giu 09, 2017 7:45 pm

???

Il rapporto tra il Corano e il terrorismo
giugno 9, 2017
Francesca Parodi

http://www.tempi.it/europa-che-tollera- ... TrVFcb-ujJ

La distinzione tra islamisti cosiddetti moderati, come la Fratellanza Musulmana, e islamisti estremisti è illusoria.

Intervista al professore Wael Farouq

Dopo le ultime stragi terroristiche, la condanna della violenza islamica e della debolezza mostrata dall’Occidente risulta ancora più potente se a pronunciarla è un esponente intellettuale del mondo musulmano. Wael Farouq è docente di lingua araba all’Università Cattolica di Milano e all’Università Americana del Cairo, originario dell’Egitto e profondo conoscitore della realtà araba. Parlando con tempi.it, Farouq parte da una delle domande radicali che più assillano il dibattito pubblico europeo di questi anni: è corretto sostenere che l’islam è una dottrina che ammette o addirittura ordina l’uccisione degli infedeli? O è solo una questione di interpretazione del Corano? «È una discussione che va avanti da centinaia di anni, nonostante più del 90 per cento dei dotti musulmani concordi che l’islam non ordini per nulla, né ammetta, l’uccisione degli infedeli. Immaginate questa scena: un malvagio assassino, noto a tutti, afferra la testa della vittima prescelta, estrae il coltello e gliela taglia sotto lo sguardo generale. Scoppia la rivolta. Uno grida: “Coltello infame!”. Un altro dice: “Coltello senza cuore!”. Un terzo dice: “Non c’è da stupirsi, è la sua natura di coltello! Guardate la sua lama affilata! Guardate la sua estremità appuntita!”. Un quarto ribatte: “Sì, ma ci sono anche coltelli senza lama”. E un altro: “E coltelli che non tagliano più”. Allo stesso modo, dopo ogni attacco terroristico, i codardi e gli ipocriti si mettono a criticare il Corano, invece di additare i veri responsabili».

È necessario quindi fare un distinguo, sostiene Farouq, tra musulmani e islamisti: «I primi sono le persone di fede islamica, i secondi quelli che trasformano la religione in ideologia e sono pronti a morire e uccidere per renderla dominante. Una persona che prega, digiuna e rispetta la propria tradizione religiosa è un musulmano, ma una persona che considera la propria tradizione religiosa come un progetto politico per purificare le altre tradizioni (che ritiene corrotte) è un islamista. L’islam politico, in sostanza, non è una scelta che si fa per se stessi, ma una scelta che si cerca in tutti i modi di imporre agli altri».

La distinzione tra islamisti cosiddetti moderati, come la Fratellanza Musulmana, e islamisti estremisti, invece, è illusoria, spiega Farouq, perché i due gruppi si spartiscono semplicemente i ruoli. Ricordando l’assassinio dello scrittore giordano Nahed Hattar, Farouq descrive «la loro danza» come «caratterizzata da diverse fasi che sempre si ripetono:
1 – La vittima, di solito, è un artista, uno scrittore o un professore universitario, perché questi sono i nemici naturali dell’ideologia religiosa e dei “commercianti di religione”.
2 – La vittima di solito – guarda caso – è attiva e influente nel criticare l’islam politico. La sua critica, inoltre, gode di credibilità presso un vasto settore di pubblico, per la sua integrità e il suo comportamento non ipocrita nei confronti del potere, coerentemente con i suoi principi.
3 – Gli islamisti moderati pescano una frase o una vignetta della vittima, la estrapolano dal contesto e accusano l’autore di miscredenza.
4 – Gli islamisti moderati avviano la propaganda contro la vittima e istigano l’opinione pubblica contro di lei. E poiché sono moderati, non chiedono che la vittima sia assassinata, ma che sia processata.
5 – Il governo laico cede alla pressione e processa la vittima con leggi del Medio Evo.
6 – Infine, arriva il turno dell’islamista estremista che spara alla vittima per ucciderla fisicamente, dopo che gli islamisti moderati l’hanno uccisa moralmente.
7 – A questo punto, gli islamisti moderati condannano l’assassinio della vittima, dicendo che sono contrari alla sua uccisione, anche se è un miscredente.
8 – Poi, gli islamisti moderati propagandano l’idea che sia la persecuzione dell’islamismo moderato a condurre alla violenza dell’islamismo estremista.
9 – Per finire, un gruppo di sciocchi con titoli accademici abbracciano la stessa idea e, se si dice loro che gli islamisti moderati sostengono che la punizione per la blasfemia e l’apostasia sia la pena di morte, ti dicono: ma questa è la sharia, non si può cambiare. E se dici loro che anche la vittima era musulmana, ma non credeva che la sharia fosse questa, l’accademico occidentale progressista ti risponde: sì, ma la vittima era un miscredente!»

La contestualizzazione delle diverse interpretazioni si basa su una premessa fondamentale: non è possibile parlare di islam in generale. «L’islam è qualcosa di troppo vasto che ha numerose interpretazioni persino nel Corano. Il multiculturalismo dell’islam è un aspetto bellissimo e la possibilità di averne infinite interpretazioni non è un fatto negativo. I problemi nascono quando specifici poteri, in specifici momenti storici, approfittano di questa sua caratteristica positiva per abusare del testo sacro e fare del male». Farouq prende quindi ad esempio il recente isolamento del Qatar da parte dell’Arabia Saudita e di alcuni suoi alleati: «Tutti discutono se sia peggio il Qatar o l’Arabia Saudita, per quanto riguarda il loro sostegno al terrorismo, ma nessuno affronta la vera questione. Tutti sanno, infatti, che il wahhabismo, in tutte le sue versioni, saudita, qatariota e anche turca, nonché la storica versione rappresentata dalla Fratellanza Musulmana, è il principale responsabile di questa interpretazione violenta dell’islam. Allora, invece di dibattere se sia meglio il Qatar o l’Arabia Saudita, il mondo intero dovrebbe boicottare entrambi, finché non cessino di sostenere e finanziare la dottrina wahhabita. Questo non è un invito alla violenza, è una presa di posizione morale, simile a quella che il mondo prese con il Sud Africa dell’apartheid».

Il legame tra l’Islam e il potere politico ed economico spiega perché sia solo il Corano ad essere abusato in questo modo. «Sfortunatamente la gente che crede nel Corano vive nelle regioni in cui si trovano le risorse che fanno girare il mondo». Per questo spiega Farouq, quando si parla di terrorismo, bisogna sempre considerare il mercato di armi, cibo ed energia. Farouq cita un altro esempio: «Abbiamo visto tutti, sui muri di Bengasi, il murale dei Manchester fighters, giovani britannici di origine libica spediti in Libia a combattere contro Muammar Gheddafi. Ebbene, chi è il responsabile dell’attacco terroristico di Manchester? Il versetto coranico che il giovane terrorista, responsabile dell’attacco, forse non ha nemmeno letto? Oppure la politica del suo governo che gli ha permesso di arruolarsi e andare a combattere in Libia, a fianco delle truppe alleate?». Anche l’Occidente è chiamato ad assumersi la sua parte di responsabilità: «L’Europa che tollera il wahhabismo e gruppi politici come la Fratellanza Musulmana non è l’Europa liberale, ma quella colonialista che sfrutta tutte queste persone per mettere al sicuro i propri interessi».

Il problema, conclude Farouq, va oltre l’interpretazione del Corano e riguarda la distanza che si è creata fra gli interessi e i valori dell’Europa. «Io credo nel buono dell’islam e nel buono dell’Europa, ma la civiltà superiore dei nostri tempi sembra essersi ridotta a un ristretto margine di scelta fra il male minore e il male peggiore, fra Obama e Trump, fra il fascismo religioso e la dittatura laica. È questo estremismo che mi spaventa».


Alberto Pento
Che orrore questo bugiardo di Wael Farouq!
E Maometto cosa ha fatto e detto? E nel Corano cosa c'è scritto?
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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » dom giu 11, 2017 9:39 am

2.51 L’Islam è compatibile con la democrazia?

2083 Una dichiarazione di indipendenza europea – Libro 2.51 –
L’Islam è compatibile con la democrazia? – Emigrante e Bestemmiante

http://emigrantebestemmiante.com/porcod ... democrazia

E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: “Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi! – Corano, 8.12[1]

L’Apostolo di Allah disse: “Sono stato reso vincitore dal terrore inflitto al cuore del nemico” – Hadith Bukhari[2], Volume 4, Libro 52, Numero 220

“Colui che semina il terrore negli altri vive egli stesso continuamente nella paura.” – Claudiano, poeta latino

A volte sono infastidito dal dovere passare un sacco di tempo a confutare l’Islam, un’ideologia malata fino al midollo che dovrebbe essere irrilevante nel ventunesimo secolo. Però c’è un lato positivo: il confronto con l’Islam ci costringe ad affrontare i difetti della nostra stessa società. Ad esempio, ci ha fatto notare come il nostro sistema educativo e i nostri media siano pieni di odio anti occidentale e di idiozie ideologiche, lasciti della rivoluzione culturale degli anni ’60 e ’70[3], che ci hanno reso incapaci di percepire l’Islam come la minaccia che è. Quindi, prima di chiederci se l’Islam sia compatibile con la democrazia, dobbiamo chiederci quali siano le condizioni per fare funzionare un sistema democratico.

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Re: Islam,Maometto,Corano,Sharia sono orrore e terrore

Messaggioda Berto » lun giu 12, 2017 6:19 pm

La Nudità dell’Islam
6 giugno 2017
Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/la-nudita-dellislam

Continuare a ripetere le stesse cose serve a poco se esse rimbalzano come palle contro i muri di gomma costruiti intorno alla realtà. L’ultimo attentato nel Regno Unito, il terzo nell’arco di tre mesi, ha portato il primo ministro in carica, Theresa May a dichiarare che chi ha investito con un van i passanti sul Ponte di Londra e poi, munito di coltelli da cucina, ha infierito su chi si trovava a Borough Market, rappresenta una ideologia che perverte l’Islam. Questo è l’abituale mantra che si sente tutte le volte che terroristi musulmani uccidono in nome di Allah. Essi non sarebbero rappresentativi della loro religione, che insegna solo concordia e fratellanza. Niente di più falso.

Se è vero che tutto l’Islam non si sente rappresentato da chi compie atti terroristici uccidendo spietatamente persone la cui unica colpa è quella di vivere in occidente, nel Dār al-ḥarb, (la Casa della Guerra, il territorio esterno a quello musulmano), è altresì vero che chi lo fa non appartiene a una “ideologia perversa”, a meno che di non considerare appunto l’Islam stesso, una ideologia perversa. Di fatto, le gesta sanguinarie dei terroristi rispecchiano fedelmente modalità intrinseche all’Islam praticate fin dal suo sorgere nel VII secolo e continuate per secoli, fondandosi come sono sulla lettera stessa del Corano.

Come evidenzia Bruce Thornton in un recente articolo apparso su Frontpage Magazine,

“Il Jihad non è ‘estremismo islamico’ ma è stato un principio fondazionale dell’Islam sin dal settimo secolo. Il Corano prescrive ai musulmani ‘uccidi gli idolatri ovunque essi si trovino’, ‘Combatti coloro i quali non credono in Allah’, ‘combatti i miscredenti che si trovano a te vicini e fai in modo che trovino in te fermezza’, ‘uccidili ovunque li troverai, e espellili da dove ti hanno espulso’, ‘Io, [Allah] susciterò il terrore nei loro cuori e in quelli di chi non crede…dunque spiccate loro la testa’. Questi sono solo alcuni degli esempi della giustificazione divina per ‘l’odio, la divisione e il settarismo’ che si trovano nel libro più sacro dell’Islam”.

Dunque il problema non è il pervertimento di una religione, ma è la sua interpretazione massimalista e letteralista. Tutto ciò è di una evidenza solare, come la nudità dell’imperatore davanti alla folla nella celebre favola di Hans Christian Andersen, e che tutti fingono di non vedere ad eccezione del bambino il quale grida, “Il re è nudo!”.

Come l’imperatore della favola anche l’Islam è nudo per chiunque abbia occhi per vedere, solo che si cerca in tutti i modi di nasconderlo con ogni sorta di vestiti che lo coprano alla vista. Continuare a tentare di occultare le prove della colpevolezza del colpevole non porterà da nessuna parte, se non ad accumulare sempre più la sporcizia sotto il tappeto.

La prima pulizia da fare dovrebbe farla il mondo musulmano stesso, riconoscendo apertamente l’esistenza del problema, come ha fatto due anni fa ʿAbd al-Fattāḥ al-Sīsī all’università di Al Azhar al Cairo, e ammettendo che sì, i musulmani che uccidono in nome di Allah facendosi esplodere, decapitando, accoltellando, investendo la gente per le strade, lo fanno perché applicano il Corano alla lettera basandosi sui suoi insegnamenti più violenti provenienti da Maometto stesso, come ben vedeva uno dei più grandi islamologi di sempre, Ignaz Goldziher, grande estimatore dell’Islam, ma ciò nonostante perfettamente capace di riconoscere che Maometto fosse, “il profeta della lotta e della guerra” (non a caso, un altro orientalista di chiara fama, Maxime Rodinson lo avrebbe definito in seguito, nella biografia a lui dedicata, “Il profeta armato”).

La coltre protettiva e di omertà che il mondo musulmano e quello occidentale pongono intorno alla questione, non solo non aiuterà ma non potrà che peggiorare la situazione, esasperando gli animi e rischiando di produrre una islamofobia reale (etichetta oggi usata come una clava per zittire chiunque osi criticare l’Islam). Il medico pietoso, e in questo caso, intenzionalmente negligente, rende solo la piaga purulenta. E la piaga lo è già da molto tempo.
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