Islam come mafia politico religiosa e jihad

Ixlam come mafia rełijoxa e jihad

Messaggioda Berto » gio feb 25, 2016 9:14 pm

L'IRAN PAGHERA' LE FAMIGLIE DEI TERRORISTI CHE UCCIDONO ISRAELIANI

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 3616722368

L’ambasciatore iraniano in Libano ha detto ieri che l'Iran elargirà 7.000 dollari alle famiglie dei “martiri” (attentatori) palestinesi e 30.000 dollari a ogni famiglia la cui casa venisse demolita da Israele (la demolizione delle case viene considerata una delle poche misure in grado di esercitare un effetto deterrente su terroristi votati al suicidio). Fathali ha esortato la “nazione arabo-musulmana” a unirsi attorno alla questione palestinese dicendo che “il sangue dei martiri libererà l’intera Palestina, dal fiume [Giordano] al mare [Mediterraneo]”. Il capo delle relazioni esterne di Hamas, Osama Hamdan ha espresso apprezzamento e gratitudine per l’iniziativa iraniana.
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » ven feb 26, 2016 12:18 pm

'Il convertito all’Islam è pericoloso': non può uscire la sera - il Resto del Carlino

Reggio Emilia, 25 febbraio 2016
di BENEDETTA SALSI

http://www.ilrestodelcarlino.it/reggio- ... -1.1917524


NON potrà uscire la sera, intrattenersi in bar o luoghi affollati, espatriare, né uscire dal Comune di Reggio. Dovrà anzi presentarsi due volte a settimana per firmare in questura. Infine, non potrà avere il porto d’armi.

È questa la misura di prevenzione personale decisa dal tribunale collegiale di Reggio, su richiesta del sostituto procuratore Maria Rita Pantani, nei confronti di Luca Aleotti, il reggiano 31enne, «convertito all’Islam da oltre dieci anni» – come spiegava lui stesso in un video di autopresentazione sul web – tenuto sotto controllo dalla Digos reggiana e indagato dalla sezione speciale ‘terrorismo’ della magistratura di Bologna per alcune sue pesanti affermazioni su facebook.

Secondo il pm Aleotti è un «soggetto pericoloso», sulla base di indizi derivanti anche da sue esternazioni sui social network e dagli sviluppi investigativi.

Il suo avvocato, Nicola Gualdi, ha già annunciato che impugnerà la misura, precisando però «che non è stata disposta per terrorismo; la pericolosità è stata desunta dai suoi precedenti penali».

NELL’OCCHIO del ciclone Aleotti era però finito a causa di suoi ripetuti post sul social network, che scriveva con nome Saif-Allah (spada di Dio, letteralmente). «Non esiste nessun islam laico o moderato esiste solo la sottomissione ad Allah», postava nelle ore successive alle stragi di Parigi. «Il peggio sono i musulmani che pregano per i morti in Francia e non dedicano nemmeno un secondo di riflessione alle centinaia di migliaia di martiri nel Levante. #hypocrisy». Oppure, il 16 novembre 2015: «Ricordatevi fratelli ciò che il nostro rasulullah ci ha insegnato. La Francia ci ha dichiarato guerra rispettate dunque questi comandi quando affronteremo i Kuffar». I kuffar, spesso citati nei suoi post che riportano traduzioni integraliste dal Corano, sarebbero i miscredenti, gli infedeli o tutti coloro che offendono Allah. L’uomo nei suoi commenti inneggiava anche alla Shariah, la legge islamica, criticando invece quella italiana.

A metà del 2015 Aleotti aveva subito una perquisizione da parte della polizia, nella sua abitazione in città. E continua tutt’ora ad essere attenzionato dagli investigatori. Scriveva il 13 novembre, rispondendo a un commento: «Non vedo il motivo per il quale la polizia dovrebbe venirmi a prendere. Tuttavia (...) sono già venuti e già hanno potuto constatare che non sono né un pericolo per gli ignoranti come te ne per la tua tanto ambita società libertina. Quindi stai sereno». In altri post, esprime meglio il suo pensiero: «Il problema è che molti fratelli pensano o credono che si può vivere l’islam con la democrazia ed il laicismo ma non è così che si vive da musulmani. Questo i veri muslims lo sanno».

Assieme ad Aleotti, la Digos reggiana starebbe tenendo sotto controllo altri soggetti nella nostra città, ritenuti vicini all’estremismo islamico. Stando a quanto trapela, però, fino ad ora soltanto la posizione di ‘Saif-Allah’ sarebbe risultata positiva.

Ma nonostante la perquisizione (sapeva quindi di essere indagato) Aleotti non aveva cessato di scrivere su Facebook i suoi post a dir poco radicali. L’uomo dopo i polveroni sollevati dai suoi post aveva commentato: «Non ho alcun legame né con l’Isis né con Al Qaeda. Sono contro ogni forma di terrorismo, mi dissocio completamente da chi uccide innocenti. Sono state strumentalizzate parole che ho detto su facebook per creare un’immagine falsa di me. Si stanno confondendo bandiere nere postate dal sottoscritto con quelle adottate da vari gruppi terroristici».
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » ven feb 26, 2016 1:35 pm

Ouropa e mafia criminal terorestega rełijoxa xlamega
viewtopic.php?f=188&t=2018


Ouropa e Ixlàm (Europa e Islàm)
viewtopic.php?f=188&t=2121
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » lun feb 29, 2016 8:25 am

Ensegnamento de ła viołensa ai putini
https://www.facebook.com/16259346010103 ... 7354884092
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » mar mar 01, 2016 9:43 pm

Marwa Ahmed, 26 anni, moglie di un coetaneo cristiano e madre di due bambini. Convertitasi alla fede del marito al momento del matrimonio, Marwa è stata sgozzata a Tamiyyah, sua cittadina d’origine, dove si trovava in vacanza (viveva ad Alessandria d’Egitto). Uno zio ha voluto lavare così la vergogna di una nipote apostata.

Egitto, cristiani meno sicuri sotto al-Sisi
Federica Zoja
27 febbraio 2016

http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/ ... Sisi-.aspx

L’Occidente, forse più per necessità di arginare il fondamentalismo che per convinzione, ha chiuso entrambi gli occhi sull’arrivo al potere del generale Abd Fattah al-Sisi in Egitto, nel 2013, con l’arresto del presidente eletto Morsi. Il nuovo uomo forte garantisce infatti la stabilità nel Paese nordafricano, in un contesto regionale burrascoso in cui l’islamismo armato ha buone chances di riuscita; in quel contesto si riteneva che, come accadeva con Mubarak, la minoranza cristiana copta fosse maggiormente protetta dalle discriminazioni. Sul primo punto, dopo la brutale uccisione del ricercatore italiano Giulio Regeni, finalmente la stampa internazionale può scavare, facendosi portavoce di una domanda che esige una risposta: qual è il prezzo che una società può tollerare in nome della solidità dello Stato? Poi c’è il secondo punto, quello su cui per ora tutti nicchiano, anche i cristiani espatriati in Europa, convinti che al-Sisi sia ancora la soluzione migliore. Ma nell’Egitto di oggi i cristiani stanno meglio di prima oppure si tratta di un trompe-l’oeil governativo? È sufficiente incrociare numeri, rapporti e dati di varia provenienza per avere un quadro diverso rispetto a quello fornito dal Cairo e veicolato dai mezzi di comunicazione più o meno ufficiali.

Domenica 15 febbraio, nella città egiziana di Minya 150 cittadini copti si sono riuniti per ricordare i 21 confratelli decapitati un anno fa dai jihadisti dello Stato islamico su una spiaggia libica. Gli stessi hanno contestualmente protestato per i continui rapimenti di concittadini copti, un fenomeno che interessa tutto l’Egitto. Ciò si verifica sotto la presidenza del generale al-Sisi, non del fratello musulmano Mohammed Morsi. Di fronte al palazzo dell’amministrazione provinciale di Minya, i manifestanti hanno chiesto notizie della scomparsa di una 18 enne copta, l’ennesima 'desaparecida' di un sistema in cui violenza e sopruso spesso hanno il sopravvento sulla legge. La ragazza veniva da Samalot. La notizia è stata segnalata dall’Independent omenica 15 febbraio, nella città egiziana di Minya 150 cittadini copti si sono riuniti per ricordare i 21 confratelli decapitati un anno fa dai jihadisti dello Stato islamico su una spiaggia libica. Gli stessi hanno contestualmente protestato per i continui rapimenti di concittadini copti, un fenomeno che interessa tutto l’Egitto. Ciò si verifica sotto la presidenza del generale al-Sisi, non del fratello musulmano Mohammed Morsi. Di fronte al palazzo dell’amministrazione provinciale di Minya, i manifestanti hanno chiesto notizie della scomparsa di una 18 enne copta, l’ennesima 'desaparecida' di un sistema in cui violenza e sopruso spesso hanno il sopravvento sulla legge. La ragazza veniva da Samalot. La notizia è stata segnalata dall’Independent catholic news, organo di informazione della comunità copta egiziana negli Stati Uniti. In patria, infatti, la censura sui mezzi di comunicazione è sempre più stringente: secondo Amnesty International e Human Rights Watch, nel mirino del governo c’è innanzitutto ciò che riguarda tensioni interconfessionali e libertà religiosa. Seguono libertà politica, sessuale, ruolo dell’Esercito nell’economia del Paese, condizioni dei detenuti, tortura e repressione nei confronti della Fratellanza musulmana. E ovviamente la guerra nel Sinai settentrionale, contro i jihadisti del Daesh.

Spiega il quotidiano online Christian Post: «In Egitto, i cristiani copti sono spesso rapiti e trattenuti in ostaggio finché non viene pagato per il loro rilascio un riscatto, quantificato sulle effettive possibilità della famiglia». Altre volte, invece, gli ostaggi sono uccisi. Capita anche che i cristiani siano costretti a difendere le proprietà di famiglia, ambite da un vicino, di fronte a un giudice musulmano. In novembre, disperando nella giustizia, un sacerdote copto si è rivolto direttamente al presidente affinché non fosse demolita la 'sua' chiesa. L’agenzia internazionale Associated Press segnala un aumento consistente degli episodi anti-cristiani. In particolare, si stanno moltiplicando le denunce per blasfemia. È di giovedì la condanna a cinque anni di carcere per quattro studenti cristiani (uno minorenne) accusati, abbastanza incredibilmente, di essersi presi gioco dell’islam; a un loro insegnante, già riconosciuto colpevole, sono stati inflitti tre anni di prigione, e ora il docente è libero su cauzione in attesa dell’appello. Il caso appare grottesco: un anno fa, durante una gita scolastica, i quattro con il telefonino girarono un video facevano la parodia dei jihadisti dello Stato islamico e, in particolare, il rituale delle decapitazioni di infedeli. Blasfemi, insomma. Alla vigilia, il loro legale si era detto «non molto fiducioso» (Open Doors, piattaforma informativa sulle discriminazioni di cui sono vittime i cristiani nel mondo). La sentenza ha confermato il pregiudizio verso i cristiani.

Dopo il colpo di Stato militare contro la dirigenza islamista di Morsi, avvenuto il 3 luglio 2013, per alcuni mesi i cristiani sono stati vittime della vendetta dei sostenitori della Fratellanza, perché considerati complici del rovesciamento politico. L’aperta presa di posizione del patriarcato copto ortodosso accanto ad al-Sisi – un comportamento inedito nella storia recente della minoranza in Egitto – ha esposto i cristiani a rappresaglie furibonde. Ma quasi tre anni dopo il golpe, con l’intera dirigenza islamista in carcere e la confraternita ridotta all’ombra di se stessa, è difficile credere che le violazioni dei diritti degli egiziani di fede cristiana, il 10% della popolazione, non possano essere punite, ridotte, prevenute. Il copione riferito dai testimoni è lo stesso dei tempi di Hosni Mubarak: la polizia, anche quando presente, non interviene a favore dei cristiani.

Nel frattempo, si moltiplicano le segnalazioni di cittadini convertiti 'giustiziati' dai familiari musulmani. È di poche settimane fa la notizia dell’omicidio di Marwa Ahmed, 26 anni, moglie di un coetaneo cristiano e madre di due bambini. Convertitasi alla fede del marito al momento del matrimonio, Marwa è stata sgozzata a Tamiyyah, sua cittadina d’origine, dove si trovava in vacanza (viveva ad Alessandria d’Egitto). Uno zio ha voluto lavare così la vergogna di una nipote apostata. L’intero nucleo familiare di Marwa è stato poi obbligato dalla polizia di Tamiyyah ad abbandonare la città: secondo la testata MidEast Christian News, al padre della vittima è stato imposto di svendere le sue proprietà nell’arco di 10 giorni, pena il sequestro. Illuminante, per mettere insieme i pezzi di un puzzle mascherato dalla politica, il contributo del sito Internet Ish-had, dedicato agli «attacchi settari in Egitto», 355 dall’agosto del 2013. La tipologia dei soprusi è completa: attentati con ordigni esplosivi, roghi, percosse e violenze sessuali, rapimenti, decapitazioni, arresto e detenzione ingiustificata, procedimento giudiziario senza tutela legale, demolizione degli immobili di proprietà, conversione forzata, trasferimento forzato, mobbing. Stanno peggio i cristiani di Assiut, Minya, Sohag. Male anche quelli di Fayyum. Delle medesime aggressioni sono vittime anche i baha’i, gli ebrei, i musulmani sciiti, gli atei.

Ecco un altro caso recente, quello di Medhat Ishak, 35 anni, copto della provincia di Minya, fermato la scorsa estate per aver mostrato una Bibbia a un concittadino musulmano, in coda come lui in un centro commerciale. Da allora un giudice continua a rinnovargli la detenzione preventiva. L’accusa, intanto, si è trasformata: da proselitismo ad evangelizzazione fino a blasfemia e, infine, insulto all’islam. Lo stesso è successo ad alcuni adolescenti, i cui zaini, perquisiti, sono risultati contenere pubblicazioni cristiane «nel mese di Ramadan» ( Morning Daily News). «La Chiesa rispetta l’indipendenza del sistema giudiziario, ma crede che la vita sia un diritto inviolabile e si oppone alla pena di morte», ha ribadito di recente Anba Kyrillios William, vescovo della comunità copta cattolica di Assiut, di fronte al dilagare delle sentenze di morte per i dissidenti politici, in gran parte islamisti, ma non solo. Una presa di posizione che evidenzia qualche incrinatura nella luna di miele con le autorità. D’altronde, il sillogismo è lapallissiano: gli egiziani non stanno meglio di 5 anni fa. E i cristiani copti sono egiziani.
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » mar mar 01, 2016 10:08 pm

«Ci spiace per i disagi, causati da incivili»
Via Cenisio, il centro culturale islamico:
Giovedì 25 febbraio 2016

http://www.ecodibergamo.it/stories/berg ... 1168784_11

«Con questo comunicato il direttivo del Centro islamico culturale di Bergamo Onlus con sede a Bergamo in via Cenisio 3 intende chiarire definitivamente le motivazioni che ci hanno spinto a chiudere temporaneamente il centro e secondariamente, ma non per questo meno importante, dare il proprio sostegno ai nostri vicini che per cause da noi indipendenti, sono costretti a sopportare disagi causati da persone che non sanno cosa voglia dire convivenza civile e rispetto del prossimo».

«Fino al 22 dicembre 2015 i frequentatori del nostro centro ci andavano per pregare, incontrarsi e stare insieme. Dopo il sequestro giudiziario dei conti correnti dell’associazione “Comunità Islamica di Bergamo” di El Joulani, avvenuto appunto in quella data a seguito della denuncia per appropriazione indebita presentata dalla nostra associazione contro di lui, all’interno del centro si sono verificati fatti sgradevoli ed un crescendo di tensione con intimidazioni e aggressioni anche fisiche, che ci ha costretti ad affrettare la chiusura, motivata comunque già dalla necessità di eseguire opere di manutenzione ordinaria, al fine di evitare fatti ancora più gravi».

«Tutto questo grazie a persone che con la nostra associazione non hanno nulla a che spartire, persone che come prima richiesta chiedono di ritirare la denuncia contro El Joulani, persone che dopo la chiusura del centro sono riuscite nella loro assoluta mancanza di rispetto per il prossimo a peggiorare ulteriormente le cose, bivaccando fuori dal centro a tutte le ore e, nonostante la possibilità di pregare in un posto comodo e coperto offerto dall’amministrazione comunale, hanno occupato abusivamente il suolo pubblico arrecando difficoltà di circolazione nel quartiere e non pochi problemi ai suoi residenti».

«Teniamo a precisare che tutto questo avviene su suolo pubblico, all’esterno di un luogo privato su cui queste persone non possono avanzare nessuna pretesa perché legalmente in comodato d’uso solo ed esclusivamente alla nostra associazione. Inoltre tra le persone che in questi giorni occupano la via per qualsiasi motivo non ci sono i nostri associati che a seguito della chiusura pregano in altri luoghi».

«Riguardo alla chiusura del centro di via Cenisio, purtroppo siamo stati costretti a questa azione che seppur forte e di impatto sulla comunità è stata votata democraticamente dai membri dell’associazione che legittimamente ne ha l’amministrazione e la responsabilità per la sicurezza di chi lo frequenta, dando comunicazione scritta ai mezzi d’informazione, alle forze dell’ordine ed attraverso comunicati stampa al resto della comunità».

«C’è chi ha fatto di questa nostra scelta di denunciare El Joulani per appropriazione indebita una bandiera per cercare di screditarci verso la comunità intera, nonostante che quei soldi non li vogliamo per noi, ma per restituirli al donatore».

«Siamo sinceramente dispiaciuti che dopo anni di quieto vivere e di rispetto reciproco, ci si ritrovi in questa situazione. Da parte nostra faremo tutto quanto possibile affinché tutto questo finisca quanto prima, confidando anche nell’intervento di chi si deve fare carico della legalità, della sicurezza e del bene comune e garantiamo il nostro incondizionato sostegno a qualsiasi iniziativa vorrete prendere al fine di far cessare questa incresciosa situazione in cui noi siamo vittime quanto voi».

Il direttivo - Centro islamico di Bergamo
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » ven mar 04, 2016 12:44 pm

PROCURATORE ANTIMAFIA
Roberti: Stato islamico come la mafia, lotta ai boss è priorità
di Sandra Figliuolo— 03 Marzo 2016
http://gds.it/2016/03/03/roberti-stato- ... ita_482233

ROMA. «Le formazioni terroristiche si autofinanziano con contrabbandi e traffici di armi, attività mafiose, insomma. Lo stato islamico è uno Stato mafia, si muove come un’associazione mafiosa transnazionale». L’analisi è del procuratore nazionale antimafia, che da quest’anno coordina anche le indagini contro il terrorismo, Franco Roberti, che ieri ha presentato la relazione annuale della Dna. Non solo: il rapporto tra mafie tradizionali e terrorismo internazionale «più che un intreccio» sarebbe quello di «una totale compenetrazione».

Per questo Roberti ha ribadito, riferendosi al terrorismo, che «il pericolo in Italia è elevato» e che «il problema libico e siriano, che riguarda anche il traffico di migranti, va affrontato dalla politica internazionale». Così come «la lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo devono rappresentare la priorità dell’azione di ogni governo. E solo se c’è priorità non ci sono limiti di spesa», ha detto Roberti.

La compenetrazione tra Stato islamico e mafie
«L’evoluzione del terrorismo internazionale e le indagini svolte sulle attività delittuose dello Stato islamico e dei suoi affiliati (o aspiranti martiri) – si legge nella relazione della Direzione nazionale antimafia – confermano l’intreccio tra criminalità organizzata di tipo mafioso e terrorismo internazionale. Più che un intreccio, una totale compenetrazione. A differenza delle altre formazioni terroristiche internazionali, l’Is è un’associazione criminale che si è fatta Stato, con un territorio controllato, una popolazione, un ordinamento giuridico e una organizzazione amministrativa. Ma è uno Stato-mafia, perché, col radicalismo ideologico e la violenza terroristica, esprime anche imprenditorialità criminale e dominio territoriale con proiezioni transnazionali: i connotati tipici delle associazioni di tipo mafioso». Secondo stime recenti, come si legge ancora nella relazione, l’Is accumula circa 3 miliardi di dollari l’anno con attività criminali di vastissima portata: traffici di stupefacenti, contrabbando di petroli, di opere d’arte, di armi, di tabacchi, traffico di migranti, estorsioni e sequestri di persona, corruzione e riciclaggio. «Attività criminali che necessitano di una vasta rete di complicità e che per generare profitti, tendono a interagire anche con l’economia legale». Per questo, secondo la Dna, bisognerebbe valutare anche un «adeguamento normativo» di alcune disposizioni del Codice antimafia da applicare al terrorismo.

Le mafie al Nord e la violenza della Camorra
«Non ci sono grandi novità – ha detto Roberti – sulle mafie tradizionali, se non per il loro insediamento al Nord: in Lombardia, in Piemonte e in Emilia Romagna. La Camorra ancora presenta profili omicidiari preoccupantissimi: mentre altrove la statistica degli omicidi è precipitata. L’aver assicurato alla giustizia i grandi capi ha creato vuoti di potere che ora giovanissimi senza alcun freno cercano di occupare».

La crisi e le resistenze di Cosa nostra
«Le indagini su Cosa nostra dimostrano il continuo e costante tentativo di ristrutturare e fare risorgere le strutture centrali di governo dell’organizzazione, in particolare la commissione provinciale di Palermo», si legge nella relazione. «Palermo è e rimane il luogo in cui l’organizzazione esprime al massimo la propria vitalità» e a tenere in vita Cosa nostra è soprattutto il «rispetto delle regole» sia sotto il profilo delle nuove affiliazioni che della gestione dei territori. Si conferma «una costante fibrillazione dell’organizzazione che versa in una situazione di crisi». Ma allo stato si registra «una cooperazione orizzontale tra i clan di Palermo per garantire la continuità dell’organizzazione e i suoi affari, con un rinnovato interesse per il traffico di droga e la gestione dei giochi, sia leciti che illeciti». Si legge ancora che «Cosa nostra è forte e non si arrende, ha superato un momento storico difficile legato alla forte azione dello Stato, ma anche grazie al ritorno al potere degli scarcerati che vanno a sostituire i boss di grosso calibro» e la Dna propone di rivedere alcune norme proprio per sanzionare ancora più pesantemente le recidive da parte dei mafiosi.

Obiettivo: catturare Messina Denaro
«Matteo Messina Denaro, storico latitante, capo indiscusso dei clan del Trapanese, estende la propria influenza ben al di là di questi territori: il suo arresto non può che costituire una priorità assoluta» sostiene la Dna. Anche perché «nella situazione di difficoltà di Cosa Nostra, il venir meno anche di questo punto di riferimento potrebbe costituire, anche in termini simbolici, un danno enorme per l’organizzazione».

Rivedere le regole sui beni confiscati
«Urge la riforma del Codice antimafia che rivede la materia del sequestro e della confisca dei beni. L’Agenzia per i beni confiscati è debole, la struttura è esile» nonostante l’encomiabile lavoro del prefetto Umberto Postiglione che la presiede, ha detto Roberti. «Bisogna anche consentire di verificare che fine fanno i beni mafiosi una volta che sono stati loro strappati per evitare che ricadano nelle mani della criminalità».
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » sab mar 05, 2016 9:58 pm

Quei gruppi social che incitano al jihad
Francesco Curridori - Sab, 27/02/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cos-web-i ... 29952.html

“Siamo un gruppo di amici che segnaliamo, con esiti ancora scarsi, i siti e le pagine social che inneggiano alla jihad islamica e all’Isis, perché stanchi di essere vessati da gente che vuole essere padrona nel nostro Paese.

Siamo persone con gli stessi ideali e gli stessi principi morali e vogliamo contrastare chi ci opprime in casa nostra”. Si presentano così algiornale.it, i fondatori di un gruppo segreto di Facebook nato tre anni fa ma attivo soprattutto da un anno e mezzo con lo scopo di scovare i fondamentalisti che sul web propagandano il fanatismo.

Il primo sito che ci segnalano è l’ormai noto “Musulmani d’Italia” che solo 24 ore fa ha pubblicato un post con il logo de Il Giornale con la scritta bianca “SPAZZATURA” a coprire la nostra “G” e accompagnato da un solo commento: “Solo una parola per quest’altro giornale…immondizia”. I membri del gruppo segreto che dà la caccia ai fondamentalisti islamici hanno chiesto di restare anonimi perché hanno già subito delle ripercussioni e minacce di morte. “A volte capita di litigare con la persona sbagliata e ti chiudono il profilo, ci bannano dai profili dei politici che contestiamo o ci inviano un virus per cui si subisce un danno economico”, spiegano i circa 70 membri del gruppo che si riconoscono tutti nei valori della destra italiana.

E, a ben guardare la pagina dei “Musulmani d’Italia” i loro timori sono abbastanza fondati visto che il post precedente a quello in cui si attaccava Il Giornale era dedicato a ringraziare i sostenitori di “Islam Italia” (in tutto oltre 4mila likes). In quest’altra pagina, infatti, vi era la condivisione di un articolo del Resto del Carlino che parlava della cronista Benedetta Salsi di 31 anni che giorni fa è stata minacciata proprio dai membri di “Musulmani d’Italia”. “Onore ai nostri fratelli di Islam Italia!!! Che ci sostengono contro queste testate giornalistiche diffamatorie , dispensatrici di falsità e menzogne farneticanti e soprattutto ISLAMOFOBE! !!“, si legge nel post che si conclude con le parole “Jazakum Allahu Khayran”, (che Dio vi ricompensi nda). Nella pagina dei “Musulmani d’Italia”, poi, sempre ieri si è preso di mira anche Il Foglio per un articolo sul il proselitismo wahabita in Italia dal titolo “Sulle strade del jihad italiano”.

Il gruppo segreto di Facebook che ci ha contattati ci ha segnalato anche la pagina Cronache Islamiche, che conta oltre 3600 sostenitori e che risulta essere piena di messaggi fondamentalisti e inneggianti alla legge islamica. “Quanto è ridicolo l'Occidente! Quanto sono ridicoli i Tawaghit! Credono di poter contrastare la Sharia di Allah con carri armati e bombe! Sono come Faraone che, pieno di arroganza e di superbia, va incontro all'annegamento”, si legge in un post del 25 febbraio. Sempre in quella data compare un altro messaggio sconvolgente per un qualsiasi italiano, soprattutto perché scritto nella nostra lingua da persone che potrebbero essere nostri vicini di casa: “Non si deve separare la politica dalla Religione. E non si deve nemmeno unire la Religione con la politica. Piuttosto bisogna eliminare la politica e sostituirla con la Religione. Il Tawhid (Monoteismo) è anche questo”. A gestire tale pagine, con ogni probabilità, è un certo Ibrahim al-Gharib dato che tra le informazioni della pagina c’è il link del blog cronacheislamiche.blogspot.it.
Il fatto inquietante è che questo Ibrahim al-Gharib si mostra nei social solo con il volto di Sayyid Qutb, uno degli ideologi della Fratelli Musulmani, condannato a morte nel 1966 per aver tentato un colpo di Stato. E su Twitter tale Ibrahim al-Gharib si descrive come: “Attivista islamico. Per un mondo senza idolatrie. Contro l'empietà della modernità e del capitalismo. Apparteniamo tutti ad Allah e a Lui ritorneremo”. Anche questo è il bello del web, si fa per dire...


Dalla rete arriva un nuovo attacco al Giornale ad opera dei fondamentalisti islamici
Dalla pagina Facebook 'Cronache Islamiche' arrivano attacchi al Giornale per un articolo in cui denunciavamo la loro pericolosità
Franco Grande - Sab, 05/03/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... ok+Interna

Gli islamofobi del 'Giornale' attaccano cronache islamiche”.

Inizia così il post della pagina Facebook di cui ci siamo occupati non molto tempo fa perché tra quelle che incitano alla jihad e che ora ci definisce “agenti della disinformazione islamofoba dei media sionisti”.

Ci accusano di averli presi di mira perché da un lato sono “una delle pochissime pagine che invitano al Tawhid e che denunciano le sofferenze dei Musulmani di tutto il mondo ad opera degli oppressori”, ma “dall'altro non riusciamo a comprendere l'isterica ingenuità dei galoppini dell'autorevolissimo quotidiano berlusconiano”. Gli amministratori della pagina Cronache islamiche spiegano che il titolo del nostro articolo è sbagliato perché “non sono le nostre pagine a incitare al Jihad, ma è il Corano stesso. Se vogliono criminalizzare il Jihad, per onestà e coerenza dovrebbero vietare il Corano”.

Si chiarisce, poi, dell'egiziano Sayyd Qutb è un martire e un intellettuale scomodo per il regime di Nasser. Il post si conclude con una raccomandazione per "Il Giornale" e per le altre testate islamofobe:“Prima di accusare gli altri di terrorismo pensino a loro stessi, dal momento che questi stessi giornali nei loro articoli approvano ed elogiano il terrorismo di Putin e di Assad contro il Popolo Siriano, che ha causato migliaia di vittime civili (anche più delle vittime dell'ISIS); il terrorismo americano contro il Popolo Iracheno e Afghano; il terrorismo filo-iraniano di Hezbollah e il terrorismo sionista contro il Popolo Palestinese”.




Un appello contro "il Giornale" Parte la ghigliottina islamica
Giuseppe De Lorenzo - Gio, 10/12/2015

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 02900.html

I musulmani italiani vogliono portare il Giornale in tribunale. E i responsabili invitano i fedeli a farlo perché «è importante denunciare chi diffama l'Islam».

L'accusa è apparsa nel sito internet «civiltaislamica.it», un contenitore web che rivendica di rappresentare «il punto di vista del vero islam» sunnita e moderato. A far scattare la ghigliottina sono stati gli articoli sugli attentati di Parigi. Ai responsabili del sito è andato di traverso il titolo «Islam assassino. Non ci arrendiamo» comparso in prima pagina dopo la strage del Bataclan. Ad essere presi di mira sono il direttore Sallusti, Magdi Cristiano Allam e Paolo Granzotto, colpevoli di vilipendio di religione, diffusione di notizie false, diffamazione e incitazione all'odio religioso. O forse, semplicemente colpevoli di aver espresso un'opinione.Non è la prima volta, e non sarà l'ultima, che il Giornale finisce nel mirino degli islamici. È successo nei giorni scorsi al giornalista Fausto Biloslavo, citato da alcune pagine Facebook (Islam Italia e Cronache Islamiche) per i suoi articoli sul «fratello Luca Aleotti (soprannominatosi «spada di Allah» e indagato a Bologna per terrorismo internazionale). Questa volta, però, non si sono fermati alle parole ed hanno diffuso online il facsimile dell'esposto che tutti possono sottoscrivere per mettere a tacere il Giornale dei «vili parassiti che si fanno chiamare giornalisti». Ma chi c'è dietro «civiltàislamica.it»? Il responsabile unico del sito è Massimo Abdul Haqq Zucchi, un italiano di 56 anni convertitosi all'islam nel '90: ad indirizzarlo ad Allah è stata la militanza «nella cosiddetta sinistra extraparlamentare». Uno scherzo del destino. Lo sostiene nello sforzo editoriale Sheikh Abdurrahman Rosario Pasquini, che peraltro è il vicepresidente della «Moschea della Misericordia» di Segrate, gestita dal Centro islamico Milano e Lombardia, «a cui questo sito fa riferimento dal punto di vista dottrinale». Spulciando tra i contenuti online, si leggono concetti aberranti. Si afferma, per esempio, che «la tolleranza non è concetto che abbia, né abbia mai avuto a che fare, con i cattolici»; si dimostra «la terribile violenza e intolleranza storica del cristianesimo» e il «carattere assassino» della credenza nel crocifisso. E ancora: si chiede la rimozione della croce di una Chiesa di Como perché «schiaccia» i non credenti. Infine, gli autori ritengono che «la schiavizzazione delle donne tramite il lavoro» sia lesiva della civiltà islamica. Ovvero, che le donne non dovrebbero lavorare ma rimanere a casa, coperte magari dal burqa. Se sono queste le indicazioni dottrinali della Moschea di Segrate, scritte dal pugno del suo vicepresidente, c'è da preoccuparsi. Soprattutto se poi sono gli stessi che si presentano come interlocutori islamici moderati. Non può infatti non stupire di trovare online il facsimile per la richiesta di esenzione degli studenti musulmani dalle lezioni di musica, in quanto «strumento di Satana». Le scuole italiane dovrebbero quindi adattarsi al Corano, evitando agli islamici di imparare canzonette con il flauto o altri strumenti musicali. Così come si rimane stupefatti nel leggere le minacce ai miscredenti: «Che Iddio maledica i nemici dell'Islàm e dei musulmani», è scritto nel sito. E non siamo a Raqqa, ma a Milano. Dove l'integralismo sembra essere di casa. Dove i veri credenti islamici «sono quelli che si attengono strettamente alla dottrina fissata nel Sublime Corano». E che denunciano il Giornale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » lun mar 21, 2016 12:14 am

Intervista a Robert Spencer: “Ci hanno convinto che criticare il terrorismo jihadista sia sbagliato”
Niram Ferretti
20 marzo 2016

http://www.linformale.eu/intervista-a-r ... -sbagliato


Robert Spencer il combattivo direttore-fondatore del sito Jihad Watch, (L’osservatorio sul Jihad) e co-fondatore con Pamela Geller della SIOA (Stop Islamization of America), è un personaggio scomodo. Fa parte di quel gruppo di autori e studiosi occidentali i quali rifiutano la vulgata corrente dell’Islam come religione della pace e ne mostrano un volto assai meno confortante.

Autore di numerosi libri sull’argomento-in italiano è stato tradotto, “Guida politicamente scorretta all’Islam e alle Crociate”,-pochi sanno padroneggiare con altrettanta micidiale competenza (la sua conoscenza della letteratura religiosa islamica e della storia dell’Islam è formidabile) un dibattito sull’argomento. Ne sanno qualcosa i musulmani ortodossi che si sono confrontati con lui.

Naturalmente, Robert Spencer è considerato “islamofobo” come tutti coloro i quali, andando contro corrente, criticano l’Islam. Non a caso, insieme a David Horowitz ha scritto un opuscolo dal titolo emblematico: “Islamofobia, il reato totalitario del nuovo millennio”.

Mr. Spencer, oggi intorno all’Islam è stato creato un cordone sanitario. È l’unica religione mondiale che non si può criticare se no si viene immediatamente accusati di “islamofobia”. Come mai, secondo lei, si è creata questa situazione?
Gruppi filo-islamici di solito legati a Hamas e ai Fratelli Musulmani, insieme ai loro alleati di sinistra si sono uniti in uno sforzo comune per stigmatizzare qualsiasi critica nei confronti dell’Islam e la possibilità di discutere sulle radici del jihadismo nei testi e negli insegnamenti islamici. Di fatto sono riusciti a convincere la gente che sia in qualche modo moralmente sbagliato criticare il terrorismo jihadista e l’oppressione che consegue dalla sharia.

Non si può certo affermare che tutti i musulmani siano a favore del jihad. Eppure è anche l’unica religione che fa una grande fatica ad elaborare un discorso critico e di condanna esplicita della violenza che nasce al proprio interno. Perché?
La critica dell’Islam è proibita dalla legge islamica. Siccome i jihadisti usano i testi e gli insegnamenti dell’Islam per giustificare la violenza e l’oppressione e per reclutare musulmani pacifici, molti musulmani ritengono che persino criticare la violenza del jihad significhi criticare l’Islam medesimo e dunque si sottomettono all’interdizione nei confronti di questo tipo di critica.

In uno dei suoi libri, il grande islamologo tedesco del secolo scorso, Goldziher, ha scritto, “Maometto è il profeta della lotta e della guerra…Ciò che egli fece inizialmente nell’ambito arabo vale come testamento per i suoi seguaci: lotta contro gli infedeli, estensione non tanto della propria fede quanto della propria sfera di potere, che è la sfera di potere di Allah. I combattenti dell’Islam devono innanzitutto sottomettere più che convertire gli infedeli”. Quanto è vero oggi?
Lo è al 100%. L’esempio di Maometto resta quello principale per i musulmani in quanto nel Corano (33:21) il Profeta è ritenuto il modello supremo da emulare. Come ha scritto Goldziher il Corano ingiunge la sottomissione degli infedeli e l’estensione su di loro della sfera di potere dell’Islam, non la loro conversione.

Da diversi decenni assistiamo a un fenomeno singolare, l’adesione di molti intellettuali, prevalentemente di sinistra, sia in Europa che negli Stati Uniti a una ben precisa narrazione secondo la quale il terrorismo islamico non è veramente islamico ma è un prodotto di cause esterne e fondamentalmente dell’Occidente. Quali sono secondo lei i motivi di questo atteggiamento?
Questi intellettuali seguono le orme degli antenati che respingono e aborrono. Hanno adottato inconsciamente un paternalismo da “fardello dell’uomo bianco” nel ritenere che i musulmani non possano agire spontaneamente e in virtù delle loro credenze ma solo reagire alle depredazioni dell’Occidente. Secondo la loro supposizione inconscia solo gli occidentali non musulmani sono in grado di agire responsabilmente e razionalmente.

Recentemente Ayan Hirsi Alì ha proposto la seguente distinzione in ambito musulmano, tra i musulmani di Medina e quelli della Mecca. I primi, circa 48 milioni, sarebbero coloro i quali sono a favore dell’imposizione con la forza della sharia e a favore di un Islam immutato rispetto al VII secolo, i secondi, quelli che vivono in una tensione con la modernità e in uno stato di ‘dissonanza cognitiva”. È d’accordo?
No. Penso che ci siano molto più di 48 milioni di musulmani i quali sono a favore dell’imposizione della sharia e di una versione dell’Islam immutata dal VII secolo. Questo non significa, tuttavia, che siano disponibili o in grado di agire in base a queste convinzioni.

In un discorso che ha fatto scalpore all’università del Cairo di Al Azhar, il presidente egiziano Al Sisi davanti a una platea piena di autorità religiose ha affermato che la violenza islamica è legata alla religione. Come vede Al Sisi e ritiene che ciò che ha detto abbia importanza?
Le sue parole sono vere e necessarie. Ciò che colpisce, tuttavia è che nessuna autorità religiosa musulmana in Egitto o altrove abbia accolto la sua richiesta per una riforma e si sia messa a lavorare per raggiungere questo obbiettivo.

Nel suo libro “Jihad and Jew hatred”, Matthias Kuntzel ha scritto, “La divisione del mondo in una sfera islamica e una non-islamica spiega in parte l’odio che il musulmano ortodosso prova per Israele…Molti musulmani vedono la situazione in Palestina come una versione moderna dell’originario antagonismo tra Maometto e gli ebrei, con il risultato che considerano l’espulsione e l’uccisione degli ebrei del settimo secolo il modello per la politica corrente nei confronti di Israele”. Ritiene che abbia ragione?
Sì, del tutto. L’antagonismo di Maometto nei confronti degli ebrei per i musulmani è storia sacra e un paradigma per la loro interazione con loro e Israele.

Solo interpretando il Corano letteralmente è possibile giungere alla sua verità. Così affermano i rigoristi, i “puri” salafiti e wahabiti. Così afferma e mette in pratica l’ISIS. Il problema dell’Islam è fondamentalmente un problema di adesione alla lettera?
Sì. Qualsiasi riforma dell’Islam verso il pluralismo e una coesistenza pacifica ed egualitaria con gli infedeli dovrebbe incardinarsi su un esplicito rifiuto del letteralismo coranico.

Come ultima domanda veniamo agli Stati Uniti, il suo paese. Abbiamo visto come l’Amministrazione Obama abbia costantemente mitigato fino di evitare accuratamente di nominarlo ogni riferimento tra il terrorismo di matrice islamica e la sua origine religiosa. Sappiamo che gli Stati Uniti hanno un legame economico importante con l’Arabia Saudita, un regime si stretta osservanza wahabita. Cosa deve cambiare secondo lei nel rapporto tra Stati Uniti e mondo arabo-musulmano?
Le alleanze che promuovono le ideologie che danno vita al terrorismo jihadista vanno spezzate (come, ma non solo, quella con l’Arabia Saudita) e vanno formate nuove alleanze con quei paesi i quali, come gli Stati Uniti, si confrontano con la minaccia rappresentata dal jihad.
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Re: Ixlam come mafia rełijoxa

Messaggioda Berto » lun mar 21, 2016 7:37 am

Ai mussulmani, in Europa e in tutto l'occidente, andrebbe riservato lo stesso trattamento che l'Islam, Maometto e gli stati a prevalenza islamica riservano ai non islamici, agli ebrei, ai cristiani, agli yazidi. Questa è giustizia fare a loro quello che loro fanno agli altri. Niente chiese e sinagoghe alla Mecca bene allora niente moschee a Roma e in tutta Europa. Cosi imparerebbero a loro spese e sulla propria pelle cosa vuol dire non rispettare gli altri. I mussulmani andrebbero trattati tutti da dhimmi. Si riconosca ai mussulmani soltanto i diritti che nei paesi islamici vengono riconosciuti agli ebrei, ai cristiani e a tutti i diversamente religiosi. Nell'occidente laico si applichi ai mussulmani quello che Allah per bocca di Maometto ha ordinato di applicare agli ebrei, ai cristiani, ai politeisti e agli zorooastriani.
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