Ixlam scita, Iran e ebrei

Re: Ixlam scita, Iran e ebrei

Messaggioda Berto » sab lug 06, 2019 8:31 pm

L'Iran chiude al dialogo con Trump: «Ritardato mentale». Ira della Casa Bianca
25 giugno 2019

https://www.ilmessaggero.it/mondo/iran_ ... 79931.html


È sempre più duro lo scontro verbale tra Iran e Stati Uniti. All'indomani delle nuove sanzioni americane che hanno preso di mira anche la Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, arriva la secca replica di Teheran, che dopo queste misure «oltraggiose e stupide» dichiara «chiusa in modo permanente la via della diplomazia con l'amministrazione Trump». Alla Casa Bianca, ha detto il presidente Hassan Rohani in diretta tv, sono «affetti da ritardo mentale», usando un'espressione già rivolta in passato contro Trump proprio da Khamenei. «Ogni attacco dall' Iran all'America provocherà il suo annientamento», ha risposto durissimo via Twitter il presidente americano, definendo «ignoranti e offensive» le dichiarazioni di Rohani.

Parole «immature e infantili» anche per il segretario di Stato Mike Pompeo, che ribadisce al contempo la «fermezza» di Washington. Ai faccia a faccia al G20 di Osaka sulla crisi nel Golfo, tra cui quello probabile di Trump con Vladimir Putin, si arriva quindi con la tensione alle stelle. Un monito agli Usa è arrivato proprio da Mosca, che ha definito le nuove sanzioni «sconsiderate» e «destabilizzanti». E anche la Cina sollecita «calma e moderazione», avvisando Washington che «applicare ciecamente la massima pressione non aiuterà a risolvere il problema». La replica iraniana alle nuove sanzioni rivela la crescente diffidenza verso i continui cambi di tono della Casa Bianca. «Non sanno cosa devono fare», è l'accusa di Rohani. «Mentre fate appelli ai negoziati, cercate di sanzionare il ministro degli Esteri? È evidente che state mentendo», ha detto ai vertici americani riguardo alle sanzioni annunciate contro il capo della diplomazia Mohammad Javad Zarif, architetto dell'intesa sul nucleare. Ma i dirigenti iraniani, ha aggiunto, «non sono come quelli degli altri Paesi che hanno miliardi sui conti all'estero» da poter «sanzionare, sequestrare o bloccare».

Sanzioni di Trump all'Iran, Teheran: «Chiusa definitivamente la via diplomatica»

E a Teheran si ironizza in queste ore anche su una gaffe di Trump, che annunciando le sanzioni ha confuso gli ayatollah, attribuendole verbalmente al fondatore della Repubblica islamica Ruhollah Khomeini, morto trent'anni fa, anziché al suo successore Khamenei. Non sembra dunque esserci spazio per il dialogo, nonostante il falco John Bolton, consigliere per la Sicurezza Nazionale, abbia giurato da Gerusalemme che gli Usa restano disponibili ai negoziati e Teheran deve solo «varcare quella porta aperta». Ma subito dopo ha avvisato che «tutte le opzioni restano sul tavolo» se riprenderà ad arricchire l'uranio, come ha minacciato di fare dopo il 7 luglio se i suoi partner europei non agiranno contro «il terrorismo economico degli Usa».

Petrolio in calo dopo annuncio Trump nuove sanzioni a Iran

D'altronde Trump ha ammonito di non avere bisogno del via libera del Congresso per un attacco, via libera che invece è necessario secondo la speaker della Camera Nancy Pelosi. Bolton ha partecipato a un trilaterale con gli omologhi di Israele e Russia. Le loro posizioni sulla condotta della Repubblica islamica rimangono opposte. Mosca continua anzi a sostenere l'alleato di ferro in Siria e lo difende anche sul drone americano abbattuto, sostenendo che in base alle sue indagini aveva violato il suo spazio aereo. Con il passare dei giorni, sale anche la pressione sull'Europa per salvare l'accordo sul nucleare. Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha chiesto all' Iran di non abbandonarlo perché sarebbe «un grave errore», «la risposta sbagliata». Resta in ballo l'ipotesi di una missione di altro livello a Teheran di Francia, Germania e Gran Bretagna, artefici del sistema finanziario Instex per proseguire gli scambi nonostante le sanzioni. Un meccanismo annunciato quasi cinque mesi fa ma che non è mai entrato in funzione



Pino Arlacchi - Trump e l'Iran le prossime mosse
L'antidiplomatico
di Pino Arlacchi (l'antiamericano)
25/06/2019

https://www.lantidiplomatico.it/dettnew ... e/82_29134

Senza saperlo (dati i noti limiti della parte più alta del suo corpo), nei confronti dell’ Iran Trump si muove in perfetta sintonia con la logica dell’ estorsione mafiosa che ha mosso il potere americano negli ultimi decenni: creare un pericolo e poi offrire protezione contro di esso.

In uno dei suoi tweet, Trump ha scritto: «La richiesta degli USA all’ Iran è molto semplice: niente armi nucleari e niente ulteriore sostegno al terrorismo».

E questo dopo essere stato lui a 1) spingere l’ Iran verso il programma atomico stracciando l’ accordo concluso da Obama nel 2015 che toglieva di mezzo il pericolo e reintegrava l’ Iran nell’ economia mondiale; 2) infliggere sanzioni volte non a far cambiare rotta al governo ma a distruggere l’ economia di un altro paese; 3) inviare portaerei e bombardieri B-52 nel Golfo Persico; 4) dichiarare il Corpo delle guardie rivoluzionarie, cioè il cuore della forza armata iraniana, una organizzazione terroristica; 5) minacciare un giorno sì e l’ altro pure di radere al suolo il paese.

Nel momento in cui l’ Iran abbatte un drone spia USA che aveva molto probabilmente violato il suo spazio aereo, allora, si grida al pericolo e si minaccia la guerra. Senza rendersi conto di essersi cacciati in un vicolo cieco, perché questa volta nessuno, neppure gli alleati europei ed asiatici più stretti, dichiara di aver bisogno della protezione da un pericolo chiaramente prodotto dallo stesso protettore.

Il resto del mondo sta a guardare incredulo quanto accade in una Casa Bianca dove un Presidente semi-psicopatico, dopo essersi circondato di collaboratori interamente psicopatici, li smentisce all’ ultimo minuto perché in un lampo di lucidità si accorge che un raid militare che sta per partire potrebbe rovinare la sua presidenza e costargli la rielezione.

Visto che solo il 5% degli americani vuole una guerra contro l’ Iran, il Congresso è contrario, e perfino il Pentagono si è pronunciato negativamente.

Con il suo ordine di fermare l’ attacco missilistico all’ Iran, Trump ha segnalato che vuole una pausa nel confronto con quel paese. Ma questo confronto è ormai una guerra ibrida, arrivata al punto che una delle parti deve fare un credibile passo indietro se non si vuole arrivare alla guerra convenzionale.

Ma lo vedete voi l’ Iran di Khamenei, dei Pasdaran e degli Ayatollah, tornati in grande spolvero grazie a Bolton e Pompeo, compiere una retromarcia effettiva?

Per loro, il fatto di avere detto che non vogliono alcuna guerra, di non avere minacciato di rompere ciò che resta del patto atomico, e il fatto di essersi astenuti dall’ abbattere un altro aereo spia americano con 35 persone a bordo, significa aver raggiunto il massimo limite.

La palla, perciò, è nel campo di Trump. C’è chi gli suggerisce di fare qualche vero gesto di pace, come esentare Cina, India, Turchia e ogni altro acquirente dalle sanzioni contro i compratori del petrolio iraniano, ed invitare i leader iraniani ad incontrarsi in un luogo neutrale. Oltre che licenziare Bolton e Pompeo.

Dopotutto Trump ha già chiesto più volte, anche se con toni e termini poco accettabili, di discutere faccia a faccia con gli iraniani del suo accordo nucleare, ovviamente più vincolante di quello di Obama, da presentare all’ elettorato come il maggiore risultato della sua presidenza.

Si tratta di un’eventualità che è possibile, certo. Ma non so dire quanto sia probabile.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ixlam scita, Iran e ebrei

Messaggioda Berto » sab lug 06, 2019 8:31 pm

Blitz da film dei Marines inglesi a Gibilterra. Sequestrata la super petroliera iraniana
Chiara Clausi - Sab, 06/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... z2TxQsn_xc

La reazione di Teheran: «Atto di pirateria». I britannici: «Parole assurde»

Beirut È stata un'operazione fulmina e senza sbavature. L'assalto dei Royal Marines britannici era pianificato con cura.

Nel cuore della notte il commando si è calato da un elicottero, altri militari sono arrivati in motovedette. Un'azione degna di James Bond. Così giovedì i militari britannici hanno sequestrato la super-petroliera iraniana con bandiera panamense, Grace 1. Una possibile risposta ai sabotaggi delle navi nel golfo dell'Oman, giustificata con il fatto che si sospettava che trasportasse petrolio dall'Iran alla Siria, in violazione delle sanzioni Ue.

Teheran è furiosa. Ha subito convocato l'ambasciatore britannico. Ha definito il blitz un «atto di pirateria». Il Foreign Office del Regno Unito ha respinto le affermazioni come «assurdità». Ma l'Iran ha rincarato la dose, ha detto che avrebbe risposto ai bulli «senza esitazione», come ha dichiarato invece Mohsen Rezaei, consigliere della guida suprema Ali Khamenei. «Se la Gran Bretagna non rilascia la petroliera iraniana, - ha puntualizzato Rezaei - è dovere delle autorità sequestrarne una britannica».

Le autorità di Gibilterra hanno ritenuto che la nave trasportasse greggio iraniano alla raffineria di Baniyas, nella città siriana di Tartus. La struttura è colpita dalle sanzioni dell'Ue dal 2014 perché fornisce sostegno finanziario al governo siriano, soggetto a sanzioni a causa della repressione contro la popolazione dall'inizio della rivolta contro il presidente Bashar al-Assad nel 2011.

Anche il ministro degli esteri iraniano Javad Zarif ha condannato i sequestro come «illegale» e ha accusato la Gran Bretagna di aver agito su ordine degli Stati Uniti. Non è tardato ad arrivare il commento della Casa Bianca. John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale, ha definito il raid «una notizia eccellente». E ha promesso che gli Stati Uniti e i suoi alleati continueranno ad impedire a Teheran e Damasco di zapprofittare di questo commercio illecito».

Il nuovo colpo di scena arriva in un momento particolare. Le tensioni tra Teheran e Washington sono alle stelle. L'amministrazione Trump si è ritirata dall'accordo del nucleare del 2015 lo scorso anno. Il 13 giugno due petroliere nel Golfo sono state danneggiate dagli iraniani e i Pasdaran hanno abbattuto un drone americano, che volava forse nel loro spazio aereo. L'Europa cerca di mediare. Vuole convincere Teheran a non riprendere l'arricchimento dell'uranio al di là della soglia massima del 3,67% prevista dall'accordo. E promette di impegnarsi per attenuare la crisi economica.

C'è il rischio di avvitamento verso la guerra. Il presidente Hassan Rohani, lo scorso 8 maggio, ha dato ai firmatari europei dell'accordo 60 giorni per attuare misure concrete per aggirare le sanzioni americane, soprattutto per poter continuare a vendere petrolio. In caso contrario, Teheran arricchirà l'uranio a «qualsiasi livello necessario», in teoria anche per uso militare, ben oltre i limiti stabiliti nell'accordo del 2015. L'ultimatum scade domani.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ixlam scita, Iran e ebrei

Messaggioda Berto » dom lug 07, 2019 10:12 pm

“Un attacco al reattore di Dimona e sotterriamo Israele duecento volte”
7 luglio 2019
L’ayatollah Mohammad Ali Movahedi Kermani
di Francesco Semprini

http://www.italiaisraeletoday.it/un-att ... H2R1rb4OMg

Un attacco missilistico al sito nucleare israeliano del Negev. Lo suggerisce l’ayatollah Mohammad Ali Movahedi Kermani nel corso del sermone del venerdì, durante il quale ha lanciato un monito a Stati Uniti e Stato ebraico. «Sarebbe sufficiente un attacco missilistico sul reattore di Dimona», tuona l’imam da Teheran. Movahedi, a lungo il rappresentante diretto dell’Ayatollah Rouhollah Khomeini in seno al Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, avverte che un attacco di quel tipo condotto con la potenza balistica di cui l’Iran è in possesso basterebbe a «sotterrare Israele 200 volte».

Dimona è una città israeliana nella regione del Negev, a Sud di Beersheba e ad Ovest del Mar Morto. Il centro di ricerca nucleare del Negev intitolato a Shimon Peres, premio Nobel per la pace e presidente israeliano dal 2007 al 2014, si trova a circa 13 chilometri a Sud-est della città. L’arricchimento dell’uranio Movahedi avverte Washington in merito ai suoi piani bellici contro l’Iran: «Pensate ad un attacco solo se volete cambiare il colore delle acque del Golfo Persico dall’azzurro al rosso sangue».

Due giorni fa il presidente Donald Trump aveva ribadito che «Teheran deve stare molto, molto attenta». L’Iran ha confermato che entro oggi aumenterà l’arricchimento di uranio intorno al 5%, oltre il limite permesso del 3, 67%: si tratterebbe di una violazione di uno dei punti centrali dell’accordo nucleare internazionale sottoscritto nel 2015.

Un atto dovuto per Ali Akbar Velayati, consigliere della Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei, secondo cui sia gli Usa sia l’Ue a loro volta violano indirettamente l’accordo nucleare.

L’Iran aveva dato al riguardo un ultimatum di 60 giorni a Bruxelles, con scadenza, appunto, il 7 luglio. «È davvero una triste ironia che lo stesso regime che ha materialmente violato l’accordo sul nucleare ritirandosi illegalmente e unilateralmente e ha spinto altri a seguirne l’esempio esprima preoccupazione per l’attuazione dello stesso accordo», chiosa la missione permanente dell’Iran a Vienna, in merito alla richiesta statunitense di una riunione urgente all’Aiea per discutere del nucleare iraniano.

Teheran intanto prosegue la battaglia sul fronte britannico dopo il sequestro della sua petroliera a Gibilterra. Mohsen Rezai, generale dei Pasdaran, avverte Londra che se non rilascerà l’imbarcazione della Repubblica islamica sarà dovere delle autorità iraniane impossessarsi di una petroliera di Sua Maestà.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ixlam scita, Iran e ebrei

Messaggioda Berto » mar lug 09, 2019 8:13 pm

L'Iran spinge ancora sull'uranio. Adesso l'Europa chiede lo stop
Luigi Guelpa - Mar, 09/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... eP45KVS20c


Teheran supera anche la soglia di arricchimento del 4,5% Londra, Berlino e Parigi: «Si fermi immediatamente»

È una guerra di nervi e di muscoli quella che si sta consumando tra l'Iran, gli Stati Uniti e l'Ue.

La notizia dell'arricchimento dell'uranio da parte della repubblica islamica ha innescato un fuoco incrociato di dichiarazioni, rendendo il clima sempre più rovente nell'area mediorientale. L'annuncio choc è arrivato domenica per voce del viceministro degli Esteri Sayed Abbas Araqchi che ha rivelato lo sforamento della soglia del 3,67% di arricchimento dell'uranio (fonti ufficiali lasciano trapelare il 4,5%) imposto al Paese in base all'accordo raggiunto nel 2015 con il gruppo Cinque più Uno (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania). Non solo, il prossimo passo dell'Iran potrebbe essere un incremento al 20%, se i partner europei non agiranno per contrastare le sanzioni Usa entro la scadenza del nuovo ultimatum di 60 giorni. A tredici mesi dal ritiro unilaterale da parte degli Usa, l'accordo nucleare con l'Iran si è sgretolato definitivamente sull'onda della mossa di Teheran pensata per costringere l'Europa a smarcarsi da Washington e dalle sue sanzioni. «L'Iran deve stare attento. L'uranio si arricchisce per una ragione. Non vi dirò quale, ma non va bene», ha risposto piccato Trump.

La decisione di arricchimento sopra i livelli consentiti dall'accordo internazionale sul nucleare iraniano è motivata dalle «nostre esigenze di sviluppo economico e gli scopi sono assolutamente pacifici», ha scritto ieri pomeriggio su Twitter il portavoce del governo di Teheran, Ali Rabiei. Nel tweet c'è un riferimento alle indicazioni della Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, al quale spetta l'ultima parola nelle scelte strategiche. «La fatwa della Guida Suprema contro ogni forma di arma di distruzione di massa è il nostro credo per evitare la fabbricazione di armi nucleari nel mondo e nella regione», ha aggiunto Rabiei. Parole che però non confortano l'occidente e le reazioni europee non si sono fatte attendere. A Londra il ministro degli esteri Jeremy Hunt ha intimato all'Iran di «fermarsi immediatamente e invertire tutte le attività che esulando dai propri obblighi. Diversamente ci saranno serie conseguenze». Dalla Francia, il presidente Macron, che domenica aveva avuto una lunga telefonata col collega iraniano Rouhani, ha condannato la violazione dell'accordo, mentre la Germania, attraverso il portavoce del dicastero degli Esteri, si è detta «tremendamente preoccupata» e ha esortato l'Iran a «bloccare e invertire tutte le attività non in linea con i suoi impegni». Anche l'Ue ha manifestato una certa inquietudine dopo l'annuncio di Araqchi, lanciando un appello a Teheran a «fare marcia indietro su tutte le attività che non sono in linea con gli impegni dell'accordo sul nucleare». L'ha detto Maja Kocijancic, la portavoce del Servizio europeo di azione esterna diretto da Federica Mogherini. Israele da parte sua chiede ai Paesi dell'Ue di ripristinare le sanzioni. Il «tocca a voi» twittato dal ministro degli Esteri Zarif è eloquente.

Anche gli alleati di Teheran, come la Cina, si stanno smarcando dalla mossa iraniana. Pechino chiede a tutte le parti coinvolte di «esercitare moderazione», ma al medesimo tempo denuncia gli Stati Uniti di «bullismo», ritenendo l'inquilino della Casa Bianca causa dell'attuale crisi con l'Iran. Mosca invoca «equilibrio» e chiede a Rouhani di «non essere impulsivo» e di «rispettare» l'accordo sottoscritto con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica. L'Aiea tra l'altro ha ricevuto da Teheran campioni dell'uranio arricchito e domani si riunirà in sessione straordinaria.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ixlam scita, Iran e ebrei

Messaggioda Berto » mer lug 24, 2019 6:19 am

Iran, la strategia del terrore Pronti ad insanguinare l’Europa
13 luglio 2019
Andrea Morigi

http://www.italiaisraeletoday.it/iran-l ... ctc6YxTUvk

Mentre arricchiscono l’uranio per costruirsi la bomba atomica e ne rendono edotto tutto il mondo, senza proclami e nessuna propaganda, gli iraniani stanno costruendo una rete che agisce nell’ombra in Europa, America del Nord e America Latina e perfino in Africa, dove 300 guerriglieri reclutati in Siria e in Iraq hanno messo nel mirino gli interessi economici occidentali. Del network fanno parte gli Hezbollah libanesi e quelli iracheni, gli Houthi dello Yemen e le Forze Quds, che si appoggiano sulle strutture diplomatiche di Teheran all’estero. Raccolgono informazioni sui nemici, ma intanto si addestrano a colpire.

Sono sorvegliati da un apparato altrettanto efficace, ma dall’esperienza maggiore, il Mossad, che tenta di prevenirne gli attacchi in tutto il mondo e informa i servizi segreti stranieri. Non sempre l’attività di contrasto funziona: nel 2012 un’ondata di attentati contro obiettivi israeliani si è scatenata in Bulgaria, a Cipro, in India e in Kenya. Il direttore dell’intelligence dello Stato ebraico, Yossi Cohen, intervenuto alla conferenza sulla sicurezza di Herzliya, ha svelato i piani e la strategia del nemico lanciando un allarme.

Qualche minaccia viene sventata, altrettanto in silenzio, come in occasione dello smantellamento di un laboratorio di esplosivi a Londra, di cui riferiva il Sunday Telegraph il 9 giugno scorso, ma avvenuta ai tempi del governo di David Cameron nel Regno Unito. Chi tenta di muoversi in anticipo sono i tedeschi.

Un rapporto degli 007 del Land della Bassa Sassonia, citato dal Jerusalem Post, afferma che il numero di membri e sostenitori di Hezbollah in Germania è salito da 950 nel 2017 a 1.050 nel 2018.

Prospereranno, cresceranno e si moltiplicheranno ancora, finché l’Unione europea e la Germania, a differenza di Usa, Canada, Paesi Bassi e Lega Araba continueranno a consentire al braccio politico degli sciiti libanesi di raccogliere fondi e organizzarsi, indicando come entità terroristica soltanto le loro formazioni armate. I loro agenti non indossano divise e segni di riconoscimento militari, ovviamente, e sono liberi, una volta entrati nel territorio del Patto di Schengen, di spostarsi dove vogliono. Tanto più se sono protetti da ambasciate e consolati di Teheran.

In Francia, l’anno scorso avevano a disposizione mezza tonnellata di esplosivo, trasportato in valigie diplomatiche a bordo di aerei privati da Teheran a Ginevra o giunto in Austria su un Airbus A320 di linea con 240 passeggeri. Era sufficiente a far saltare in aria l’aereo o la sala dove era stato organizzato un raduno di oppositori del regime degli ayatollah, al quale era stato invitato anche Rudolph Giuliani. ex sindaco di New York e attualmente consigliere giuridico del presidente Usa Donald Trump. Sarebbe stato un botto devastante, anche per le conseguenze politiche. Ma era stata bloccata in tempo, a Bruxelles, una coppia di belgi di origini iraniane che stavano trasportando la bomba a Parigi.

I killer riescono meglio negli omicidi a freddo, come nel 2015, quando uccisero Mohammad Reza Kolahi Samad, cittadino iraniano di nazionalità olandese ad Almere, e nel 2017 il connazionale Ahmad Molla Nissi in una stradina della capitale L’Aja. Lo stesso anno, avevano assassinato a Istanbul Saeed Karimian. Nel 2018, invece, in Danimarca, era fallito un attentato contro un separatista arabo.

Nel quadro internazionale, ora che la tensione, scatenata dal sequestro di una petroliera iraniana a Gibilterra e dal tentativo dei Pasdaran di bloccare una petroliera del Regno Unito, sembra essersi spostata sui britannici, Londra ha deciso di aumentare la propria presenza militare nel Golfo Persico anticipando il dispiegamento di una seconda nave da guerra, il cacciatorpediniere HMS Duncan, mentre la fregata HMS Montrose è già sul posto. I fronti da controllare si fanno più numerosi e richiedono mezzi di contrasto più efficaci perché l’avversario non scherza.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ixlam scita, Iran e ebrei

Messaggioda Berto » mer lug 24, 2019 6:20 am

Una flotta europea anti Iran: ecco il piano di Londra (e di Trump)
Lorenzo Vita
23 luglio 2019

https://it.insideover.com/politica/il-p ... ThsL2BjQ7o

Il Regno Unito è attualmente l’unica potenza coinvolta direttamente nella crisi delle petroliere, dal Golfo Persico a Gibilterra. Una nave britannica è sotto sequestro da parte dei Pasdaran iraniani, ferma nel porto di Bandar Abbas. E al largo della rocca di Gibilterra, poche settimane prima, i Royal Marines erano entrati in azione per fermare una petroliera che faceva rotta verso la Siria. La sfida non è solo Londra-Teheran: ma a questo punto è chiaro che la Gran Bretagna sia pienamente operativa e voglia risolvere il prima possibile l’escalation del Golfo Persico.

In queste ore, le mosse britanniche sono a tutto campo. Da un lato continuano incessanti i lavori della diplomazia per riuscire a far terminare il prima possibile il sequestro della Stena Impero. Uno smacco per una potenza come il Regno Unito, che da sempre fa della sua vocazione marittima il cardine della propria strategia. E avere una sua nave sequestrata dai Guardiani della Rivoluzione è un qualcosa che per molti inglesi appare intollerabile. Quello che fu l’impero britannico vede una sua nave catturata da un Paese in cui non è neanche in guerra: e questo è un fatto intollerabile specialmente dopo l’intervento delle forze di Londra sulla petroliera Grace 1 a Gibilterra. La risposta dei Pasdaran è stata molto più incisiva di quanto ci si potesse attendere dal quartier generale londinese. E adesso, per il governo britannico già impantanato nella Brexit e nel passaggio di consegne tra Theresa May e Boris Johnson, c’è una nuova grave crisi da risolvere.

Ieri il Regno Unito ha provato a smuovere definitivamente le acque. Dopo la riunione del Cobra, il comitato d’emergenza, il ministro degli Esteri Jeremy Hunt ha annunciato che il piano britannico prevede il lancio di una “missione internazionale a guida europea” per monitorare le acque del Golfo Persico, in particolare il controllo dello Stretto di Hormuz. “Cercheremo ora di mettere insieme una missione di protezione marittima a guida europea per sostenere il passaggio sicuro di equipaggio e carico in questa regione vitale”, ha detto Hunt in Parlamento, aggiungendo che “secondo la legge internazionale, l’Iran non aveva il diritto di ostacolare il passaggio della nave, figuriamoci sequestrarla”. E adesso bisognerà capire come possa formarsi questa coalizione, specialmente a seguito dell’annuncio di un altro progetto di missione internazionale, quello americano, formalizzato nella cosiddetta Operazione Sentinella.

La missione proposta da Londra è ancora in embrione e per adesso sono poche le certezze così come le adesioni anche solo verbali. Da Bruxelles non sono arrivate comunicazioni a riguardo e pare che solo la Francia sia disposta, per adesso, a sostenere la formazione di una coalizione navale per controllare le acque del Golfo. Florence Parly, il ministro della Difesa francese, ha avuto un colloquio telefonico con la sua omologa britannica Penny Mordaunt ricordando che “la libertà di navigazione nel Golfo è un grave problema di sicurezza per gli europei” confermando di voler “lavorare insieme per garantirla”. Mentre la stampa olandese ha confermato che il governo dell’Aia è stato contattato da quello britannico e dovrebbe riunirsi a metà agosto per decidere l’invio di una fregata nelle acque di Hormuz.

L’idea britannica potrebbe piacere agli Stati Uniti, che da tempo stanno vagliando l’ipotesi di una coalizione aeronavale per il Golfo Persico.Il Regno Unito è da sempre stato restio a un confronti diretto con l’Iran: prova ne è la volontà dei diversi primi ministri britannici di mantenere in vita l’accordo sul programma nucleare del 2015. E in queste settimane, come riportato anche dal Guardian, sono state molte le pressioni di Washington su Londra affinché si unisse alla task force progettata da Centcom per controllore le rotte petrolifere mediorientali. Le pressioni su Hunt sono state molte, Ma adesso, con l’elezioni di Boris Johnson a leader conservatore e futuro premier, potrebbe arrivare una svolta inaspettata in senso positivo. Il nuovo leader britannico è un acceso alleato amministrazione Trump. E la stessa idea del governo uscente di promuovere una missione a guida europea potrebbe essere un’immagine perfetta di una rinnovata alleanza fra le due sponde dell’Atlantico. Con il Regno a fare da cavallo di Troia della strategia americana in Europa.

Gli Usa vogliono il Regno Unito nella task force anti Iran, ma vorrebbero un coinvolgimento di tutti i partner europei (o anche mediorientali) dell’Alleanza atlantica. La mossa di Londra di promuovere una coalizione a guida europea potrebbe essere il frutto di un compromesso che di fatto conferma la linea dell’amministrazione repubblicana: controllare Hormuz e le rotte del petrolio ma senza un esclusivo coinvolgimento diretto. E in una fase di accelerazione della Brexit, l’asse fra Regno Unito e Stati Uniti potrebbe essere confermata anche e soprattutto nel Golfo Persico. Il tweet di Trump dopo l’elezione del nuovo leader del Regno è stato chiarissimo: “Sarà grande!”. E chissà che questo asse non si saldi proprio nelle bollenti acque che bagnano l’Iran. Lì dove i Pasdaran hanno messo sotto scacco quello che fu l’impero dei mari.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ixlam scita, Iran e ebrei

Messaggioda Berto » lun ago 12, 2019 8:39 pm

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/08/2019, a pag.25, con il titolo " La rivolta di Lolita" l'intervista di Gianni Vernetti a Azar Nafisi, fuggita negli Usa accusando il regime di impedirle la libertà di insegnare. E' l'autrice di "Leggere Lolita a Teheran".
Azar Nafisi e Gianni Vernetti
Informazione Corretta

http://www.informazionecorretta.com/mai ... b2uzsYfXa4

Consigliamo ai nostri lettori, dopo aver letto questa importante intervista di Gianni Vernetti a Azir Nafisi, di scrivere al direttore del Sole24Ore, il quotidiano italiano più apertamente schierato in favore della dittatura degli ayatollah, chiedendogli se ritiene decente per un quotidiano pubblicato in paese democratico, comportarsi in questa maniera così servile.

Azar Nafisi è una scrittrice, docente, giornalista e attivista per i diritti umani. Il suo lavoro rappresenta una testimonianza importante sulle condizioni di vita delle donne e sulle sistematiche violazioni dei diritti umani nella Repubblica Islamica. Il suo libro più letto in Italia, Leggere Lolita a Teheran, racconta la storia dei dialoghi fra lei e sette sue studentesse su temi letterari e della difficoltà di essere donna nelle Repubblica Islamica dell’Iran.

Com’è oggi la vita delle donne in Iran?
«Se si vuol sapere dove stia andando oggi l’Iran, bisogna guardare alle donne iraniane. Per quarant’anni sono state un target primario del regime che ha imposto loro ogni tipo di divieto e di costrizione. Ma oggi più che mai sta crescendo la disobbedienza civile fra le donne del mio paese:migliaia di ragazze ogni giorno si levano il velo in pubblico e rifiutando di obbedire alle prescrizioni della “polizia morale”. Molte di loro vengono aggredite e messe in carcere, ma questo fenomeno è inarrestabile: le donne in Iran chiedono libertàdi espressionee libertà di scelta e svelano i limiti dell’islamizzazione forzata della società».
La reazione del regime sembra essere molto dura contro ogni forma di richiesta di rispetto dei diritti umani…
«Sì, basti pensare alla condanna arbitraria che è stata inflitta recentemente a NasrinSotoudeh,donnaeavvocato impegnata nella difesa dei diritti umani: 33 anni di prigione e 148 frustrate. Ma nonostanteciòcrescel’insofferenza nei confronti del regime e sta aumentando l’opposizione ad un regime teocratico fondato su una interpretazione ideologica dell’islampiùradicale».
Lo scorso anno esplose in Iran la cosiddetta “rivolta del pane” che vide migliaia di lavoratori e esponenti delle classi più deboli ribellarsi al regime. Qual è la sua valutazione?
«È stato un fatto inaspettato e molto importante. Storicamente in Iran l’opposizione è sempre stata guidata dalle élite: soprattutto studenti e intellettuali. Oggi invece famiglie, lavoratori e donne non protestano solo contro le pessime condizioni economiche, ma contro un regime soffocante. Manca ancora una leadership di questo movimento, ma non tarderà ad arrivare. L’altro elemento cruciale sono i giovani, che hanno pagato un prezzo altissimo in questi lunghi anni di regime totalitario. Ogni forma di ribellione è stata repressa , con torture e carcere. Nessun’altra generazione ha sopportato tanto. Giovani e donne sono la chiave del cambiamento in Iran».
Qual è la situazione del rispetto dei diritti umani nel paese?
«È terribile e purtroppo se ne sa ancora poco in Europa, America e in occidente.Abuso della pena di morte con impiccagioni eseguite nelle piazze; attacchi alle minoranze etniche (curdi, beluchi, ecc..); arresti delle donne che si levano il velo; uccisioni extragiudiziarie; forme di tortura “stalinista” con accusati portati in tv e costretti ad ammettere crimini mai commessi. La situazione è orribile e non vedo segni di cambiamento nelle norme e nel diritto, come ricorda spesso il Premio Nobel Shirin Ebadi. In più, il regime si sta progressivamente militarizzando, grazie al crescente potere dei Pasdaran,i Guardiani della Rivoluzione.La loro presenza è pervasiva e si è estesa a molti ambiti: economia, giustizia e naturalmente esercito. Ciò mispaventa molto».
La proiezione internazionale del regime è cresciuta in questi anni: Libano, Siria, Yemen e adesso le minacce sulla circolazione nello stretto di Hormuz. Qual è la sua opinione?
«Si tratta innanzitutto di un uso sconsiderato di risorse dello stato per avventure belliche.L’Iran è potenzialmente un paese molto ricco ma le condizioni economiche e di welfare sono disastrose. Poi c’è il bisogno di distrarre l’opinione pubblica dai problemi interni esibendo un nemico esterno.È già successo durante la Guerra con l’Iraq, quando Khomeini la definì un “dono” per l’Iran: grazie a quel conflitto fu silenziata per anni ogni forma di opposizione interna.La nuova aggressività dell’Iran sulla scena internazionale dimostra quanto sia disperato il regime, ma anche molto pericoloso».
L’Iran è un paese con una ricca tradizione storica e culturale. Cos’è rimasto dopo 30 anni di regime teocratico?
«Da un lato c’è stata una perditadi“senso etico”, ma contemporaneamente sta crescendo un interesse per la nostra storia, che è molto più ricca e articolata di come vorrebbe far credere l’Islam radicale che ci governa. Pensi solo al capodanno iraniano (il Nowruz, il nuovo giorno ndr.), celebrato secondo il calendario zoroastriano il 21 di Marzo: gli ayatollah hanno tentato in ogni modo di cancellare questa tradizione,senza successo».
Un cambio di regime è possibile in Iran?
«La disillusione dopo il fallimento della Primavera Araba è forte. In alcuni paesi il cambiamenoi c’è stato,persino in peggio. Ho molte speranze soprattutto nella società civile iraniana. L’Iran, a partire dall’inizio del secolo scorso, ha conosciuto una fortissima vivacità intellettuale e culturale che ha prodotto una società civile colta e sofisticata. Non tutto è stato cancellato dal regime e bisogna ripartire da qui».
La comunità internazionale dovrebbe fare di più?
«Sì. A cominciare dai Diritti Umani, con politiche simili a quelle messe in atto prima della caduta del Muro nell’Europa Orientale. Pensi all’accordo sul Nucleare. Il vero grande assente in quell’accordo era proprio la mancanza di condizioni da porre al regime sul rispetto dei diritti umani in Iran.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ixlam scita, Iran e ebrei

Messaggioda Berto » ven nov 29, 2019 4:58 am

Grazie a Trump, i mullah si avviano al fallimento
Majid Rafizadeh
29 novembre 2019

https://it.gatestoneinstitute.org/15224 ... fallimento

Il 12 novembre, il presidente iraniano Hassan Rohani ha riconosciuto per la prima volta che "l'Iran sta vivendo uno degli anni più difficili dalla rivoluzione islamica del 1979" e che "la situazione del Paese non è normale". (Fonte dell'immagine: Tasnim News/CC by 4.0)

I critici della politica di Trump nei confronti dell'Iran sono stati smentiti: le sanzioni americane stanno imponendo un notevole carico di pressioni sui mullah iraniani e sulla capacità di finanziare i loro gruppi terroristici.

Prima che il Dipartimento del Tesoro statunitense livellasse le sanzioni secondarie nel settore del petrolio e del gas naturale, Teheran esportava oltre due milioni di barili di greggio al giorno. attualmente, l'esportazione di petrolio iraniano è scesa a meno di 200 mila barili al giorno, il che rappresenta un calo di quasi il 90 per cento delle esportazioni.

L'Iran detiene le seconde riserve mondiali di gas naturale e le quarte di petrolio, e la vendita di tali risorse rappresenta più dell'80 per cento dei proventi delle sue esportazioni. Pertanto, storicamente, la Repubblica islamica dipende fortemente dalle entrate petrolifere per finanziare il suo avventurismo militare nella regione e sponsorizzare le milizie e i gruppi terroristici. Il bilancio presentato nel 2019 è stato di circa 41 miliardi di dollari, mentre il regime si aspettava di realizzare 21 miliardi di dollari dalle rendite petrolifere. Ciò significa che circa la metà delle entrate pubbliche dell'Iran proviene dall'esportazione di oro nero verso altre nazioni.

Anche se la Guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, si vanta dell'economia autosufficiente del Paese, molti leader iraniani di recente hanno ammesso la terribile situazione economica che il governo si trova a dover affrontare. Parlando nella città di Kerman, il 12 novembre scorso, il presidente iraniano Hassan Rohani ha riconosciuto per la prima volta che "l'Iran sta vivendo uno degli anni più difficili dalla rivoluzione islamica del 1979" e che "la situazione del Paese non è normale".

Rohani ha inoltre recriminato:

"Anche se abbiamo altri redditi, le uniche entrate che possono fare andare avanti il Paese sono i soldi del petrolio. Non abbiamo mai avuto così tanti problemi nel vendere petrolio e nel consentire la navigazione alla nostra flotta di petroliere. (...) Come possiamo gestire gli affari del Paese, quando abbiamo problemi nel vendere il nostro greggio?"

Grazie alla politica statunitense di "massima pressione", anche l'economia complessiva della Repubblica islamica ha subìto un duro colpo. Recentemente, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha di nuovo modificato le sue previsioni per l'economia iraniana, rilevando che quest'ultima dovrebbe contrarsi del 9,5 per cento, anziché del 6 per cento, entro la fine del 2019.

Uno dei motivi alla base del quadro a tinte fosche dell'economia iraniana delineato dal Fondo Monetario Internazionale è collegato alla decisione dell'amministrazione Trump di non rinnovare le esenzioni concesse agli otto maggiori acquirenti del greggio iraniano: Cina, India, Grecia, Italia, Taiwan, Giappone, Turchia e Corea del Sud. Invece di mostrare una crescita nel 2019, l'economia iraniana entro la fine di quest'anno sarebbe del 90 per cento inferiore come volume complessivo rispetto al dato dei due anni precedenti, come si legge in un recente rapporto della Banca mondiale.

Anche la valuta nazionale dell'Iran, il rial, continua a perdere valore: è scesa ai minimi storici. Un dollaro statunitense, che nel novembre 2017 equivaleva a circa 35 mila rial, ora è quotato a circa 110 mila rial.

Inoltre, la Repubblica islamica sembra cercare di compensare la perdita di entrate. Alcuni giorni fa, ad esempio, i leader iraniani hanno triplicato il prezzo del carburante. Sembra essere un segno di disperazione finalizzato a generare introiti per finanziare il suo avventurismo militare nella regione e sostenere i loro emissari e i gruppi terroristici.

Questo aumento ha indotto immediatamente la gente a ribellarsi al governo. Negli ultimi giorni, diverse città iraniane sono diventate teatro di proteste e manifestazioni. Le proteste sono inizialmente scoppiate ad Ahvaz per poi diffondersi in molte altre città della provincia del Khuzestan, nella capitale Teheran, a Kermanshah, Isfahan, Tabriz, Karadj, Shiraz, Yazd, Boushehr, Sari, Khorramshahr, Andimeshk, Dezful, Behbahan e a Mahshahr.

La diminuzione delle risorse di Teheran ha inoltre indotto i leader iraniani a tagliare i fondi al gruppo terroristico palestinese Hamas e al gruppo militante libanese Hezbollah. Hamas è stato costretto a introdurre dei "piani di austerità", mentre Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, emissario di Teheran, ha inoltre invitato l'ala del suo gruppo che si occupa della raccolta fondi a "offrire l'opportunità di jihad con il denaro e a contribuire a questa battaglia in corso".

Con probabile sgomento dei critici di Washington, la politica del presidente Trump nei confronti dell'Iran si sta muovendo nella direzione giusta. Aumentando le sanzioni economiche, i mullah al potere e i loro emissari si avviano al fallimento. Altri Paesi ora devono unirsi agli Stati Uniti perseguendo altresì una politica di "massima pressione" – anche se preferirebbero continuare a fare affari con l'Iran e minare l'amministrazione del presidente Trump – "due piccioni con una fava", per loro. Se l'Iran riuscisse a sviluppare la capacità di produrre armi nucleari, questa finirà per essere utilizzata proprio per ricattarli e intimidirli.

Majid Rafizadeh, accademico di Harvard, politologo e uomo d'affari, è anche membro del consiglio consultivo della Harvard International Review, una pubblicazione ufficiale della Harvard University, e presidente del Consiglio internazionale americano sul Medio Oriente. È autore di molti libri sull'Islam e sulla politica estera statunitense.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Precedente

Torna a Islam

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron