Basta finanziare il terrorismo nazi maomettano palestinese

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Messaggioda Berto » dom dic 31, 2017 9:56 pm

Il capondrangheta di Ramallah e il Vangelo
Ariella Lea Heemanti
28 dicembre 2017

http://www.linformale.eu/capondrangheta ... ah-vangelo


Mahmud Abbas, il capondrangheta di Ramallah, sosia e omologo del defunto capobastone della ‘ndrangheta Giuseppe Piromalli, ha nuovamente espresso le sue tesi, questa volta all’Onu, in quello che la scrittrice americana Chynthia Ozick ha giustamente definito “il più vergognoso covo di antisemiti al mondo”.

Le agenzie di stampa ci informano che il signor trenta per cento, come viene chiamato Abu Mazen nel suo stesso mandamento, per via della mazzetta che egli chiede a chiunque voglia anche solo pensare di disegnare una finestra nel feudo dell’Autorità nazionale palestinese, ha dichiarato con tono mesto, addolorato e cupo che “Riconoscendo Gerusalemme come capitale d’Israele, gli Stati Uniti hanno insultato milioni di persone e anche la città di Betlemme”. אוי ואבוי. Oi va voi! Il duraturo capocosca ha quindi manifestato l’orgoglio suo e della sua comunità per il fatto di vivere in una terra, palestinese, s’intende, che ha dato i natali a così tanti uomini santi, a profeti, e ovviamente a Gesù, noto arabo palestinese in keffiah, si capisce! L’auspicio del cittadino onorario di Napoli e Pompei è quindi che il mondo voglia fermare questa dissacrazione del Natale, quest’oltraggio dei sionisti, ovvero degli ebrei, alla tradizione islamico-cristiana supportata dalla storia e persino dalle pietre.
Come assicurò infatti qualche decennio fa un gran muftì della zona, “non una sola pietra testimonia della presenza degli ebrei in questa terra”. אױ װײ. Oy vey! Non a caso ce lo ricordiamo, “il più grande delinquente del ventesimo secolo”, Yasser Arafat, appena stanato da Tunisi e riapprodato in Medioriente a riorganizzare in loco la strategia del terrore, assistere bavoso e sorridente alla messa di Natale a Betlemme, a fianco della moglie Suha, figlia della banchiera cristiano-araba Raimonda Hawa Tawil, che teneva in braccio e cullava raggiante la loro piccola unigenita, nata davvero per miracolo, dal momento che il raìs, travestito sempre da combattente senza mai aver partecipato a una battaglia, aveva ogni volta tenuto a precisare, persino in punto di nozze, che lui era sposato con la Palestina, anche se di tanto in tanto non disdegnava di minacciare con la pistola alla tempia qualche bel giovane poliziotto del suo staff che si fosse permesso di sottrarsi alle sue voglie estemporanee.
Per non parlare dei ragazzini rumeni estratti a forza dalle fogne di Bucarest e usati dai Servizi segreti di Ceausescu come esca di ricatto sessuale verso un pericoloso concorrente sulla ribalta della solidarietà rivoluzionaria. Uno che “il genio dei Carpazi”, “Il Danubio del pensiero”, non sopportava per rivalità, per invidia e chissà, forse anche per intolleranza epidermica a quel continuo sputacchiare, toccare, abbracciare, ringhiare, promettere in questo modo di liberare la Palestina dal Fiume al Mare.

Quella volta fu l’allora patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Michel Sabbah, a salutare la presenza di Arafat come una radiosa stella cometa apparsa nel cielo della Basilica della natività, destinata a rifulgere sull’islamizzazione di Betlemme, con quei quattro coloni giudei sempre là a piangere, a insidiare le pietre cristiano-islamiche, se non fosse per l’Unesco. Era il 1995, e si sa che poi vennero invece anni bui, con Arafat bloccato alla Muqata, nel bunker hitleriano, dove, al lume di candela a causa del taglio della luce da parte dei sionisti, riceveva file di visitatori provenienti da ogni dove, straziati e partecipi del suo ingiusto stato di detenzione; che insomma, se uno ulula, a ogni attentato, a ogni strage, che “milioni di piccoli shaid sono pronti a marciare su Gerusalemme”, e questo mentre sua figlia fa shopping milionario a Parigi, insieme alla flavescente Suha che anche lei esprime tutta la sua ammirazione per i martiri minorenni della Palestina, basta che la propria creatura non venga convocata, non è mica colpa sua. Questi israeliani da sempre adusi “all’uso sproporzionato della forza”, cui Massimo degli Ulema spiegò con maligna consapevolezza che “quando hai trecento milioni di persone, tutt’intorno, che ti odiano, inutile sperare nell’esercito più forte del mondo”, questi ebrei che mica si ricordano di quando non erano che scarafaggi del ghetto, non permisero allora di partecipare alla messa di Natale a Betlemme al nipote del gran muftì Hamin Al Husseini, quello là con gli occhi azzurri, graditi a Hitler, che si era fatto promettere dal Führer di essere scelto come consigliere per l’attuazione anche in Palestina della Endlösung der Judenfrage, della Soluzione Finale della questione ebraica.

Ma sì, liberiamo la dialettica antisemita, liberiamola, finalmente, con ‘sto Auschwitz che “un se ne pole più”, come si dice a Livorno. E se una leggeva che anche il deputato Claudio Fava e il giudice Peppino Di Lello si erano messi in fila alla Muqata, per visitare il raìs, diceva con le mani fra i capelli – Non è possibile. Vada per un giornalista orfano di Giuseppe Fava, di un uomo che pagò con la vita la sua battaglia contro i violenti, i corrotti, i complici e i protettori dei mafiosi, vada per l’ideologia traballante di un cronista allettato dalla politica, ma un giudice! Un magistrato del maxiprocesso a Cosa Nostra, a una cricca smisurata di assassini, che si recava ora alla Muqata, dal capo delinquenziale di quello che lo stesso amico e portavoce di Rabin, Eitan Haber, definì “un regno virtuale della menzogna dove ogni funzionario, da Arafat ad Abbas in giù, passa le giornate a mentire ai giornalisti occidentali”.

Com’è possibile che un giudice vada là, alle porte di quel regno della menzogna e del delitto, e si metta in fila per visitare il capo dei capi con keffiah e lupara. Forse che Salvatore Riina in persona non si era definito un “perseguitato in fuga come un ebreo, così come ora la cosa più in malafede del mondo era paragonare i palestinesi agli ebrei e gli ebrei ai nazisti? Com’era possibile che un giudice, un mensch, un essere umano completo volesse autoingannarsi e ignorare le parole di Giancarlo Pajetta, secondo cui “proprio per la loro storia i comunisti europei avrebbero dovuto capire” quale razza di enorme inganno si erga dietro la lotta degli arabi contro gli ebrei? Com’era possibile! E sembra che la cronista, tra un bambino divenuto grande e l’altro, sia ancora là a farsi quella domanda con uno sgomento nel cuore più fitto delle tenebre della Muqata, più grande di quell’oscurità delle coscienze che persino il giudice Peppino Di Lello si illudeva di illuminare reggendo insieme ad altri il moccolo della candela del falso guerrigliero Yasser Arafat.

E poi ancora venne l’asserragliamento dei miliziani palestinesi dentro la Basilica della Natività. I frati francescani che insomma, aiutati dai vignettisti, non potevano certo assistere imparziali alla scena del nuovo bambinello Gesù palestinese assediato da un esercito di giudei di duemila anni dopo, e lo davano a intendere. Il Vaticano, mai rassegnato a mettere veramente da parte la inimica teologia del verus Israel, emetteva comunicati stampa in cui condannava l’orrore e la barbarie di questi israeliani diretti discendenti di quelli che non vollero riconoscere il messia, con il più sconvolto di tutti, Joaquin Navarro Vals, che però manteneva l’aplomb inflessibile e gelido con cui suggerire agli israeliani, agli ebrei, di togliere l’assedio alla mangiatoia e di lasciare che, duemila anni dopo, si realizzasse la pace. Era compito di Bashar Al Assad, il leone alawita che aveva ereditato dal padre carceri, torture e pena di morte per gli oppositori, dire fuori dai denti al pontefice Karol Wojtyla che “gli israeliani stanno facendo ai palestinesi quello che fecero a Gesù duemila anni fa”. Con il pontefice curvo, silente, un silenzio pari a un macigno, a una di quelle pietre del Muro del Pianto dove poco prima era andato a infilare bigliettini sotto il battito di ali delle colombe bianche.

Anche in quel caso alla cronista toccava arrivare di primo mattino in una redazione dove c’era gente intelligente e chiedere, “Ma vi rendete conto?”. Le toccava rievocare il bombardamento dell’Abbazia di Montecassino da parte degli Alleati in cerca, durante la seconda guerra mondiale, delle pattuglie tedesche e, semmai, fare l’unico paragone possibile fra i civili sorpresi dalle bombe nell’abbazia e quel ragazzino palestinese che era corso fuori a più non posso dalla basilica a Betlemme e si era consegnato ai soldati israeliani per non restare in mezzo a quella pletora di vigliacchi e ai loro ostaggi in tonaca compiacenti. “Vi rendete conto?” chiedeva la cronista a colleghi e colleghe intelligenti, vedendoli sospirare, sorridere dolcemente, con amarezza, poiché essi sì, si rendevano conto.

Si sa che il delinquente internazionale Yasser Arafat morì a Parigi, non di Aids, come conferma a ogni occasione il suo medico, ma avvelenato dai sionisti con il polonio, come insistono la vedova di stanza a Malta e lo stesso Abu Mazen, che invece non si muove da Ramallah da allora, da quando, mentre il raìs era già con un piede nella tomba, egli si contendeva con la bionda figlia della banchiera Raimonda il bottino di milioni di dollari non ancora dirottato nelle casse personali del padre della Palestina libera. Cosa fino ad allora puntualmente avvenuta con gli aiuti destinati a un popolo che quel padre imbroglione e ladro lo amava, lo piangeva, se ne lasciava spogliare e tenere nel fango.

Per giorni Mahmud Abbas e Suha Tawil minacciarono di rifiutarsi di staccare la spina del respiratore artificiale cui era attaccato Arafat, senza prima aver raggiunto un accordo sui miliardi. Il polonio, anche il fantomatico polonio degli israeliani era là, a prestarsi alla contesa della moglie e del successore del terrorista che amava farsi ritrarre con l’effigie dell’aquila imperiale alle spalle.

Quel successore, tesoriere del massacro degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972, si era laureato all’università di Lumumba a Mosca con una tesi sul numero assai ridotto degli ebrei sterminati nella Shoà, numero senz’altro ingigantito dai perfidi e furbi giudei per giustificare l’aberrante colonizzazione sionista dopo una semplice disgrazia peraltro voluta dagli stessi ebrei, che si erano messi d’accordo con Hitler e avevano organizzato il loro olocausto, di certo più esiguo, per il numero di vittime, di quello che andavano sostenendo, e comunque da loro stessi ideato e perseguito con un Führer soggiogato dai loro piani diabolici.

A quel tempo le tesi di Abu Mazen erano queste. Poi, tra una strage e l’altra a opera dei liberatori della Palestina in Israele e in giro per il mondo, vennero le scuole, le piazze e le targhe per gli eroi della morte comminata agli ebrei. Di tanto in tanto una piccola sortita dell’universo personale, come quando il cittadino onorario di Napoli e Pompei, nato a Safad, in Galilea, denunciò all’opinione pubblica internazionale l’orrendo misfatto di una banda di rabbini che avevano fatto cordone all’ingresso della sacra città cabalista per impedirgli di tornare a casa, di visitare anche solo una volta la città da cui egli era dovuto fuggire.

La cronista all’epoca abitava a Safad, in via Shimon Bar Yochai, in una piccola casa che dava sulle montagne di Meron abbagliate dai colori rossi dei tramonti. Una mattina lei uscì fuori e percorse tutta Rechov Yerushalaym, sino a giù, sino in fondo, sino alla stazione degli autobus. Tornò indietro, fece la strada del gesher, del ponte, chiese alle amiche se per caso loro avessero visto, in quei giorni, una banda di rabbini che faceva cordone per impedire a Mahmud Abbas di tornare anche solo una volta, una volta soltanto, a Safed. Niente. Di rabbini che si tenevano per mano a guisa di cordone, per impedire al successore di Arafat alla guida del mandamento mafioso di Ramallah di accedere alla città della luce e della visione cabalista, neanche l’ombra. O forse sì. L’ombra dell’immaginazione antigiudaica, di quello zolfo di code e di corna che si autoproduce in una mente refrattaria alla cognizione e disposta invece a rimanere aggiogata ai miti della propria condizione non libera per scelta.

Di recente Mahmud Abbas, sempre impegnato nell’esortare i giovani del suo feudo e anche quelli di altri mandamenti islamici a correre a liberare con il coltello il sacro suolo di Al Aqsa infestato dai giudei, che lo “insozzano coi loro luridi piedi”, è stato applaudito da un Parlamento europeo in estasi e in piedi, mentre egli riferiva di come un’altra banda di rabbini, o forse quella stessa, avesse dato ordine agli ebrei di avvelenare le falde acquifere e i pozzi dei palestinesi.

Oggi le agenzie di stampa ci informano delle sue dichiarazioni all’Onu sull’insulto che questi impenitenti giudei rivolgono, tramite gli Stati Uniti, alla città di Betlemme e a milioni di persone, comprese quelle migliaia di arabi cristiani costretti ad andarsene dall’Autorità Nazionale Palestinese, da quel regno virtuale della menzogna e dell’inganno, o da Gaza, perché perseguitati e dominati a causa della loro fede, una fede, senza dubbio, arabo-palestinese. E il mondo sta lì. Il mondo tace, come ci ha raccontato Elie Wiesel. O meglio, si alza in piedi e applaude alla menzogna, all’inganno. Senza memoria, senza amore, con perdizione e ignavia.

Il capobastone di Ramallah attinge al Vangelo. E non più a quello stalinista di José Saramago, che da Ramallah, in fila anch’egli alla Muqata, scriveva che là c’era Auschwitz, non c’erano camere a gas ma c’era Auschwitz. La liberazione della dialettica antisemita dopo Auschwitz individuata dalla prima presidente del Parlamento europeo, Simone Veil, per la cui scomparsa, nel giugno scorso, Abu Mazen fece le condoglianze alla Francia da cui gli ebrei partono perché ogni giorno inseguiti dal grido propalestinese ” La Mort aux le Juifs”, senza sapere neanche chi lei fosse stata, in realtà, e che era stata lei, sopravvissuta alla Shoà, allo sterminio negato nella tesi di laurea dell’uomo di panza di Ramallah, a vedere nella lotta palestinese e filopalestinese la disinibizione, ancora una volta nella storia, dell’animo, del sentire e della cultura antisemiti.

Abu Mazen oramai attinge all’evangelo cristiano, ai pastori, alle capanne, al presepe universale modello Betlemme, messo in pericolo dalle trame degli ebrei spalleggiati dagli Stati Uniti che insultano i fedeli della religione islamico-cristiana. Persino San Gennaro e la Madonna di Pompei sono in ansia dopo le parole accorate e responsabili del loro concittadino onorario, quell’angelo della pace del Natale dei poveri, dotato di villa residenziale a Ramallah con più cemento armato delle fortezze dei Piromalli nella Piana di Gioia Tauro.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer gen 03, 2018 8:47 pm

Trump basta finanziamenti ai palestinesi

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 7386588256

I palestinesi con Saeb Erekat hanno appena detto che la minaccia di Trump di tagliare i fondi all'agenzia Onu che li mantiene dal 1948 (decisione sacrosanta) equivale ad "affamare a morte" i bambini palestinesi. Sarà bene allora mostrare alcuni dei palazzi che i capi della corrotta Autorità Palestinese hanno costruito ovunque nei loro territori con i soldi della comunità internazionale. Fra questi c'è anche la "dépendance presidenziale" di Abu Mazen. È costata appena 13 milioni di dollari. Una "occupazione" di lusso. Israele è il paese col maggior numero di giornalisti per metro quadrato al mondo. Ma preferiscono far vedere sempre il solito pezzo di muro in cemento. Non la sopportano la vista di tanto sfarzo. Non potrebbero più credere alle proprie menzogne


Gino Quarelo
Che vadano a lavorare come fanno gli ebrei, basta finanziare questi parassiti assassini. Che si guadagnino il pane con il sudore della fronte invece di uccidere ebrei e di vivere alle spalle del mondo. Per me possono anche digiunare all'infinito e scomparire. Non sta a noi mantenerli, che si arrangino e se non ce la fanno, amen, non ne sentiremo di sicuro la mancanza.




Aiuti ai palestinesi: Trump mette mano al più grande sperpero di denaro della storia
Gabor H. Friedman
03/01/2017

http://www.rightsreporter.org/aiuti-ai- ... lla-storia

Gli aiuti ai palestinesi sono il più grande sperpero di denaro pubblico della storia moderna, lo abbiamo dimostrato decine di volte. Eppure nessuno osa parlare di tagliarli. Fino ad ora
aiuti ai palestinesi

Finalmente si parla di taglio degli aiuti ai palestinesi, cioè del più grande sperpero di denaro pubblico della storia moderna. Ne parliamo (inascoltati) da anni, da anni denunciamo la scomparsa di miliardi di dollari che sarebbero dovuti essere destinati allo sviluppo del cosiddetto popolo palestinese e invece finiscono nei conti svizzeri o nell’appoggio al terrorismo islamico.

Negli anni scorsi abbia scartabellato gli aiuti ai palestinesi forniti dall’Unione Europea scoprendo di fatto un business enorme piuttosto che una operazione umanitaria. Per questo abbiamo chiesto ufficialmente lumi alla Commissione Europea la quale ci ha risposto senza però convincere sull’uso che ne fanno i palestinesi dei soldi pubblici. Abbiamo denunciato il fatto che per i cosiddetti “profughi Palestinesi” (finti profughi) il mondo spende più che per qualsiasi altro profugo. Abbiamo denunciato il fatto che il 30% degli aiuti europei ai palestinesi finisce per finanziare il terrorismo, ma nessuno ci ha risposto, come se gli aiuti ai palestinesi fossero una cosa intoccabile e non criticabile. Insomma, quello degli aiuti ai palestinesi è da decenni lo scandalo più grande del mondo nonostante la storia abbia dimostrato che sono serviti principalmente a due cose: arricchire i boss palestinesi e finanziare il terrorismo.

In diverse occasioni si è parlato di tagliere gli aiuti ai palestinesi e ne abbiamo gioito salvo poi accorgerci che quei tagli promessi o minacciati non venivano affatto effettuati.

Ieri il Presidente Trump ha Twittato che non intende pagare più i palestinesi e ha fatto intendere che non erogherà i soliti 300 milioni annui di aiuti destinati alla cosiddetta Palestina, che non intende finanziare chi non vuole parlare di pace.. Se almeno lui manterrà la promessa sarà un fatto storico, qualcosa che toccherà la cosa più preziosa per i boss palestinesi: il denaro.

Ci aspettiamo seriamente che il Presidente Trump mantenga la promessa fatta, non tanto per la cifra (che comunque non è poco) ma piuttosto perché potrebbe spingere altri a farsi le stesse domande che si è posto il Presidente americano e magari a deviare quel denaro verso chi veramente ne ha bisogno come molti paesi africani o paesi colpiti da calamità.

Le parole di ieri del Presidente Trump ci hanno ricordato una magnifica lettera aperta destinata ai palestinesi scritta nel 2014 da Ruth Nibal Raimondi nella quale chiedeva: volete la pace? Dimostratelo. Ecco, ora quella domanda noi la vorremmo girare al mondo intero. Volete la pace in medio Oriente? Dimostratelo tagliando i fondi a chi li usa per fare la guerra o per arricchirsi e non per costruire la pace.
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Messaggioda Berto » gio gen 04, 2018 7:18 am

Corrente elettrica in mano ai mafiosi palestinesi

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 7350675954

Poche ore fa il primo ministro palestinese ha dichiarato alla stampa che l’Autorità Palestinese ha ripristinato la fornitura israeliana di elettricità destinata alla Striscia di Gaza che da sei mesi era rimasta al buio perché Hamas era ai ferri corti con i palestinesi di Ramallah che volevano prendere il controllo della Striscia. Messa sottopressione da paesi come l’Egitto, da quest’autunno Hamas starebbe cedendo il controllo dell’enclave palestinese al presidente palestinese il cui primo ministro con la sua dichiarazione ha voluto dare un segno di distensione tra le due fazioni con una provvedimento che porterà un sicuro beneficio ai palestinesi di Gaza. Va però sottolineato che la fornitura non sarà continua ma di sole sette-otto ore al giorno.
La dichiarazione del primo ministro palestinese conferma quanto più volte era stato detto contro gli antisionisti e anti israeliani. Non erano gli israeliani a tenere al buio e al freddo i gazawi ma il capo di Ramallah che a tutti i costi voleva prendere il controllo di Gaza.
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Messaggioda Berto » mer gen 10, 2018 8:59 pm

La UNRWA e i rifugiati palestinesi: qualcosa non torna
Silvia Bublil Dadusc
10 gennaio 2018

http://www.progettodreyfus.com/unrwa-ri ... alestinesi

Ron Prosor, ex ambasciatore d’Israele all’ONU, intende citare a giudizio internazionale l’agenzia UNRWA per frode. Prosor, è oggi a capo del Dipartimento di Scienze Politiche e Rapporti Internazionali “Aba Eban” al Interdiciplinary Center di Hertzelya, un nuovo ruolo che gli consente di fare ricerche approfondite anche in ambito diplomatico, ha scoperto che l’Istituto Centrale di Statistica del Libano ha pubblicato dei dati decisamente interessanti che riguardano la UNRWA (Agenzia per i rifugiati palestinesi) e i numeri riguardanti i propri assistiti che vengono forniti (ricordiamo che nel 1950 si contavano 750,000 rifugiati palestinesi, che oggi sarebbero diventati 5,200,000!!!).

Solo nel Libano, la UNRWA dichiara la presenza di 465,000 rifugiati, ma l’istituto centrale di statistica del paese dei cedri dopo aver effettuato un appforondito censimento, ne ha contati 175,000 presenti in Libano. Oltre 280,000 si sono volatilizzati. Eppure, i sussidi per loro, continuano ad entrare nelle tasche dell’organizzazione. Stessi numeri gonfiati anche in Giordania, nella cosiddetta Cisgiordania e negli altri paesi arabi con presenza di “profughi” palestinesi.

La UNRWA, praticamente rende eterno lo status di rifugiato. Così, ai 750,000 iniziali, si sono aggiunti i figli, i nipoti, i bisnipoti e così via fino ad arrivare al numero improbabile di oltre 5 milioni. Cosa si cela dietro questa assurdità? La politica dei soldi. La UNRWA assume 30,000 persone a suo servizio, mentre l’Alto Commissariato ONU, l’UNHCR che si occupa di circa 68 milioni di rifugiati di tutto il mondo, ha come dipendenti solamente 10,000 persone.

Inoltre, la UNRWA riceve 246$ per ogni profugo, a differenza del UNHRC che ne riceve solo 58$.

In sostanza, l’organizzazione per i rifugiati palestinesi, ha tutto l’interesse non solo a falsare i numeri, ma anche a far vivere i propri “assistiti” in condizioni precarie nei campi profughi. Quindi, oltre a speculare sui numeri, l’agenzia non adempie al suo compito di aiutarli a lasciare i campi e rifarsi una vita da cittadini autonomi con un lavoro e una casa.

L’ex rappresentante israeliano in sede ONU ha poi rivelato di aver intenzione di coinvolgere anche l’attuale ambasciatrice USA presso l’ONU Nikky Haley nel suo progetto di citare a giudizio la UNRWA, e di chiedere di unire i rifugiati palestinesi a quelli di tutto il mondo, sotto la tutela di in unica agenzia, la UNHCR.
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Messaggioda Berto » gio mar 22, 2018 6:59 pm

Ancora pioggia di soldi sui palestinesi. Il desalinatore di Gaza finanziato per la quarta volta
22/03/2018

http://www.rightsreporter.org/ancora-pi ... arta-volta

Ancora una pioggia di soldi europei sui palestinesi. Per la quarta volta si decide di finanziare un desalinatore nella Striscia di Gaza che però, secondo quanto ci rispondeva la Commissione Europea nel 2014 dando seguito a una nostra richiesta di chiarimenti, sarebbe in costruzione dal 2011 e sarebbe già stato finanziato con 10 milioni di euro.

Nei giorni scorsi la Commissione Europea insieme ad altri donatori (tra i quali la Turchia) ha stanziato la bellezza di 456 milioni di euro (559 milioni di dollari) dei quali buona parte destinati alla costruzione di un desalinatore che dovrebbe fornire alla popolazione di Gaza 55 milioni di metri cubi di acqua desalinizzata.

Dal 2011 è la quarta volta che un gran numero di fondi viene destinato alla costruzione di questo fantomatico desalinatore tanto che pure la Corte dei Conti Europea si è chiesta che fine abbiano fatto i soldi sin qui stanziati per quel progetto.


Il trucco per nascondere le donazioni europee

Dei 456 milioni di euro stanziati, ci spiegano alla UE, solo 77,1 milioni di Euro provengono però dall’Unione Europea mentre il resto proverrebbe da organizzazioni internazionali le quali tuttavia prendono soldi sempre dalla UE. Quindi, direttamente o indirettamente, sono sempre i contribuenti europei a pagare l’ennesima pioggia di denaro sui palestinesi, denaro che come sempre sparirà nel nulla senza che i progetti per cui quel denaro è stato stanziato vedano la luce.

Non è corretto ingannare i contribuenti europei con questi trucchetti contabili, considerando che anche i soldi stanziati dalla Turchia vengono dal fondo di tre miliardi stanziato dalla UE per i profughi siriani.

Crisi di Gaza reale, ma non si possono regalare soldi ai terroristi

Intendiamoci, la crisi umanitaria che sta vivendo Gaza è reale, ne abbiamo parlato diverse volte. E’ vero che ci sarebbe bisogno di un grande desalinatore e soprattutto di una gigantesca bonifica delle acque reflue (costo totale del progetto 562,3 milioni di Euro) ma lasciare come sempre la gestione dei fondi ai palestinesi (che sia l’Autorità Palestinese, Hamas o la UNRWA poco cambia) vuol dire continuare a finanziare il terrorismo palestinese senza per questo risolvere la crisi di Gaza. Lo sanno benissimo a Bruxelles, hanno i conti dei soldi spariti nero su bianco, eppure continuano con la pratica di elargire fondi a pioggia senza controllarne l’effettiva destinazione. Per di più c’è un progetto proposto dagli USA, da Israele e da diversi Paesi arabi volto a risolvere la crisi di Gaza ma senza dare il controllo del denaro ai palestinesi. Non è un caso che proprio i palestinesi hanno boicottato la conferenza su Gaza svoltasi a Washington. Evidentemente per la UE non è sufficiente o quantomeno agli europei non va giù che a gestire il denaro non siano i palestinesi.
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Messaggioda Berto » mar mar 27, 2018 10:32 am

APPROVATA LA LEGGE TAYLOR FORCE

Il Taylor Force Act, che prende il nome dall’ex soldato americano assassinato da un terrorista palestinese a Jaffa nel 2016 e che è stato controfirmato venerdì scorso dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, afferma un principio semplice: i soldi faticosamente guadagnati dai contribuenti americani non devono essere utilizzati per fomentare il terrorismo, tanto meno il terrorismo diretto contro cittadini americani.


Taylor Force Act alla Knesset
7 marzo 2018

http://www.italiaisraeletoday.it/taylor ... la-knesset


Nel 2018 l’Autorità Palestinese ha aumentato di quasi 56 milioni di dollari i pagamenti a terroristi e loro famiglie. Lo ha detto lunedì il presidente della commissione esteri e difesa della Knesset, Avi Dichter, in occasione dell’approvazione in prima lettura di un disegno di legge volto a ostacolare tale pratica.

Dichter ha sottolineato che il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha autorizzato domenica il bilancio 2018 dell’Autorità Palestinese e ha ricordato che vige una legge che obbliga l’Autorità Palestinese a destinare il 7% del budget a vitalizi per terroristi incarcerati e per le famiglie di quelli morti compiendo attentati.
Nel 2017 l’Autorità Palestinese ha destinato a questo scopo oltre 347 milioni di dollari. I “salari” ai terroristi sono tanto più consistenti quanto più gravi gli attentati commessi. Se approvato in via definitiva, il disegno di legge richiederebbe al governo israeliano di detrarre dalle tasse e tariffe che Israele riscuote per conto dell’Autorità Palestinese un importo pari a quello versato dall’Autorità Palestinese ai terroristi.

La proposta è ispirata al Taylor Force Act, un disegno di legge Usa (che prende il nome da una vittima americana del terrorismo palestinese) che taglierebbe gli aiuti degli Stati Uniti all’Autorità Palestinese fino a quando non cesseranno i pagamenti ai terroristi.

“Il nostro disegno di legge – ha spiegato il parlamentare di Yesh Atid Elazar Stern, uno dei firmatari – non intende solo promuovere la sicurezza dei cittadini dello stato di Israele, ma anche promuovere la pace” osteggiando quello che attualmente funziona come un forte incentivo al terrorismo. Secondo Stern, infatti, in molti casi i terroristi interrogati hanno detto d’aver compiuto attentati per il denaro destinato a loro e alle loro famiglie.


Senato USA approva legge che taglia aiuti ai palestinesi
Adrian Niscemi
4 agosto 2017

http://www.rightsreporter.org/senato-us ... alestinesi

Il Senato americano ha approvato una legge che taglia gli aiuti ai palestinesi, la cosiddetta “Taylor Force Act”, una legge che per la prima volta affronta il problema del pagamento da parte della Autorità Palestinese di stipendi ai terroristi che si sono macchiati di gravissimi crimini contro cittadini israeliani.

Il Comitato per le relazioni estere del Senato americano ha approvato una legge che sospende gli aiuti ai palestinesi da parte del Governo americano fino a quando l’Autorità Palestinese non sospenderà ogni tipo di sostegno alle famiglie dei terroristi e fino a quando non cesserà l’incitamento alla violenza.

La legge denominata “Taylor Force Act” sponsorizzata dal senatore repubblicano del Sud Carolina, Lindsey Graham, e dal presidente della commissione, il senatore repubblicano del Tennessee, Bob Corker, è stata approvata con 17 voti a favore e 4 contrari. Proprio il senatore Corker, interrogato sulle finalità della legge, ha affermato che «l’Autorità Palestinese ha creato un sistema che incentiva gli atti di terrorismo attraverso il pagamento di uno stipendio mensile ai terroristi e alle loro famiglie, stipendi che arrivano anche a 3.500 dollari mensili e che rendono il lavoro del terrorista il più retribuito in Palestina. Gli Stati Uniti non possono rendersi complici di questo sistema malato».

Il rappresentante palestinese negli Stati Uniti, Husam Zomlot, ha definito questa legge «disinformata e controproducente» e ha accusato Israele (naturalmente) di aver usato la “potente lobby ebraica” per far pressione sui legislatori americani. «Il programma di sostegno alle famiglie dei martiri è essenzialmente un programma sociale che non ha niente a che vedere con il sostegno al terrorismo ma che tende a garantire un futuro migliore ai bambini e li tiene lontani dal radicalismo» ha detto Zomlot in una rara esibizione di comicità che farebbe impallidire qualsiasi grande comico e creatore di battute.

Il disegno di legge è dedicato a Taylor Force, uno studente americano che mentre era in visita in Israele nel marzo del 2016 venne pugnalato a morte da un terrorista palestinese la cui famiglia percepisce per questo un cospicuo stipendio mensile. Subito dopo l’accoltellamento l’Autorità Palestinese definì l’assassino di Taylor Force un “martire eroico” e decretò un pagamento mensile per la sua famiglia.

La legge appena approvata dovrebbe tagliare anche i circa 260 milioni di dollari destinati agli aiuti ai palestinesi che ufficialmente dovrebbero essere usati per i pagamenti delle forze di sicurezza in Giudea e Samaria.




Una legge che taglia i fondi al terrorismo palestinese
Niram Ferretti
25 marzo 2018

http://www.progettodreyfus.com/taylor-f ... alestinese

Taylor Force Act: una legge da troppo tempo attesa. Il nuovo spartito dell’Amministrazione Trump ha note assai diverse rispetto a quelle dello spartito precedente ad uso di Barack Obama. Questo in generale, nella fattispecie, relativamente al rapporto tra la Casa Bianca e l’Autorità Palestinese, la musica che da Washington giunge a Ramallah non può essere più dissonante. Lo si è visto ultimamente dalle reazioni furenti e isteriche di Abu Mazen, messo con le spalle al muro dalla risolutezza con cui Donald Trump ha deciso di giocare la partita.

Dopo avere tagliato i fondi all’UNRWA, il carrozzone ONU che perpetua di generazione in generazione lo status di rifugiati per i discendenti dei 700,00 arabi-palestinesi che a causa della guerra del 1948 abbandonarono la Palestina, ora sta per passare al Congresso, con voto bipartisan, il Taylor Force Act, la legge che prende il nome di Taylor Force, l’ex cadetto di Westpoint assassinato l’8 marzo del 2016 al porto di Giaffa mentre si trovava in vacanza in Israele.

Taylor-Force-act-terrorismo-palestinese-progetto-dreyfus

Il Taylor Force Act di fatto taglierà all’Autorità Palestinese i fondi con i quali essa remunera i terroristi per i loro atti di violenza. Che i soldi dei contribuenti americani servano per pagare il salario ad assassini che hanno ucciso cittadini israeliani è un abominio che doveva terminare già da molti anni. E’ un dato di fatto che solo l’Amministrazione Trump sta agendo in questo senso con una determinazione sconosciuta alle amministrazioni precedenti, democratiche e repubblicane, che si sono succedute alla Casa Bianca.

Ad oggi gli appannaggi dell’Autorità Palestinese per i terroristi sono i seguenti: Coloro i quali sono incarcerati per meno di tre anni ricevono un mensile di 368 dollari, quelli che si trovano in carcere per un periodo che va dai tre ai cinque anni ricevono 570 dollari al mese, mentre chi si trova in carcere per un periodo trentennale riceve 3400 dollari al mese. In altre parole, più è sanguinoso il crimine, e dunque maggiore è la detenzione applicata, più si viene pagati. Con soldi americani. Tutto ciò in una società dove il livello di disoccupazione è del 20% e il salario medio mensile per un lavoratore ammonta a 300 dollari.

Il budget del 2017 dell’Autorità Palestinese finalizzato a premiare i terroristi è stato di 350 milioni di dollari, di cui 160 milioni indirizzati ai terroristi rilasciati, più 190 milioni per i loro cari.

Il Taylor Force Act metterà finalmente la parola fine a tutto ciò.
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Messaggioda Berto » sab apr 07, 2018 7:32 pm

Ancora pioggia di soldi sui palestinesi. Il desalinatore di Gaza finanziato per la quarta volta
Written by Antonio M. Suarez o
22 marzo 2018

http://www.rightsreporter.org/ancora-pi ... arta-volta

Ancora una pioggia di soldi europei sui palestinesi. Per la quarta volta si decide di finanziare un desalinatore nella Striscia di Gaza che però, secondo quanto ci rispondeva la Commissione Europea nel 2014 dando seguito a una nostra richiesta di chiarimenti, sarebbe in costruzione dal 2011 e sarebbe già stato finanziato con 10 milioni di euro.

Nei giorni scorsi la Commissione Europea insieme ad altri donatori (tra i quali la Turchia) ha stanziato la bellezza di 456 milioni di euro (559 milioni di dollari) dei quali buona parte destinati alla costruzione di un desalinatore che dovrebbe fornire alla popolazione di Gaza 55 milioni di metri cubi di acqua desalinizzata.

Dal 2011 è la quarta volta che un gran numero di fondi viene destinato alla costruzione di questo fantomatico desalinatore tanto che pure la Corte dei Conti Europea si è chiesta che fine abbiano fatto i soldi sin qui stanziati per quel progetto.


Il trucco per nascondere le donazioni europee

Dei 456 milioni di euro stanziati, ci spiegano alla UE, solo 77,1 milioni di Euro provengono però dall’Unione Europea mentre il resto proverrebbe da organizzazioni internazionali le quali tuttavia prendono soldi sempre dalla UE. Quindi, direttamente o indirettamente, sono sempre i contribuenti europei a pagare l’ennesima pioggia di denaro sui palestinesi, denaro che come sempre sparirà nel nulla senza che i progetti per cui quel denaro è stato stanziato vedano la luce.

Non è corretto ingannare i contribuenti europei con questi trucchetti contabili, considerando che anche i soldi stanziati dalla Turchia vengono dal fondo di tre miliardi stanziato dalla UE per i profughi siriani.


Crisi di Gaza reale, ma non si possono regalare soldi ai terroristi

Intendiamoci, la crisi umanitaria che sta vivendo Gaza è reale, ne abbiamo parlato diverse volte. E’ vero che ci sarebbe bisogno di un grande desalinatore e soprattutto di una gigantesca bonifica delle acque reflue (costo totale del progetto 562,3 milioni di Euro) ma lasciare come sempre la gestione dei fondi ai palestinesi (che sia l’Autorità Palestinese, Hamas o la UNRWA poco cambia) vuol dire continuare a finanziare il terrorismo palestinese senza per questo risolvere la crisi di Gaza. Lo sanno benissimo a Bruxelles, hanno i conti dei soldi spariti nero su bianco, eppure continuano con la pratica di elargire fondi a pioggia senza controllarne l’effettiva destinazione. Per di più c’è un progetto proposto dagli USA, da Israele e da diversi Paesi arabi volto a risolvere la crisi di Gaza ma senza dare il controllo del denaro ai palestinesi. Non è un caso che proprio i palestinesi hanno boicottato la conferenza su Gaza svoltasi a Washington. Evidentemente per la UE non è sufficiente o quantomeno agli europei non va giù che a gestire il denaro non siano i palestinesi.
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Messaggioda Berto » lun lug 02, 2018 5:59 pm

Medio Oriente: Australia non darà più soldi ai palestinesi per pagare i terroristi
2 luglio 2018

https://breaking.rightsreporter.org/med ... terroristi

Gerusalemme, Israele (Rights Reporter) – L’Australia non darà più alcun finanziamento diretto alla Autorità Nazionale Palestinese (ANP). A comunicarlo è il Ministro degli Esteri australiano, Julie Bishop, in visita oggi in Israele.

«Sono fiduciosa e spero che i precedenti finanziamenti australiani all’Autorità palestinese attraverso la Banca mondiale siano stati utilizzati come previsto, ma temo che non sia così» ha detto la Bishop.

Il Ministro degli Esteri australiano teme, a ragione, che quel denaro donato dall’Australia sia finito alla OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) e da questi al pagamento dei vitalizi per i terroristi, «una cosa che l’Australia non potrebbe accettare» ha detto la Bishop.

La donazione da parte dell’Australia di 10 milioni di dollari australiani (7,4 milioni di dollari) al fondo fiduciario palestinese verrà quindi devoluta al Fondo umanitario delle Nazioni Unite per i territori palestinesi che fornisce ai palestinesi vulnerabili assistenza sanitaria, cibo, acqua, servizi igienici e alloggi migliori.

I 43 milioni di dollari australiani stanziati dall’Australia per l’anno fiscale corrente e destinati all’assistenza umanitaria nella regione non verranno amministrati da nessun ente palestinese.

Molto soddisfatto il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che nel ringraziare il Ministro degli Esteri australiano ha detto che «Israele è felice della decisione annunciata dal Ministro Bishop volta a non permettere più alla Autorità Palestinese di usare trucchi sul suo bilancio per alimentare il terrorismo e l’odio anti-israeliano»
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Messaggioda Berto » gio ago 02, 2018 6:54 am

Gaza, dipendenti Unwra assediano uffici
2018/07/31

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... c1f65.html

(ANSAmed) - GAZA, 31 LUG - Migliaia di dipendenti dell'Unrwa - l'agenzia dell'Onu per i profughi palestinesi - hanno stretto d'assedio oggi gli uffici dell' organizzazione a Gaza e hanno dato alle fiamme poster che raffiguravano i loro dirigenti.
Le proteste, in corso da giorni, scaturiscono da severi tagli al bilancio dell'Unrwa dovuti alla sospensione di finanziamenti Usa per 300 milioni di dollari.
La polizia di Hamas ha seguito a distanza le manifestazioni limitandosi a garantire che i dimostranti non forzassero gli ingressi degli uffici.



Magari fosse vero!

USA: Trump vuole togliere lo status di rifugiati a milioni di palestinesi
6 agosto 2018 alle 6:05 in Palestina USA e Canada

http://sicurezzainternazionale.luiss.it ... 4199218750


Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e la sua amministrazione hanno deciso di privare milioni di palestinesi del loro status di rifugiati, secondo un resoconto pubblicato venerdì 3 agosto dalla Foreign Policy, una rivista statunitense.

Come parte di tale iniziativa, il leader della Casa Bianca e il suo consigliere senior e genero, Jared Kushner, stanno cercando di interrompere le attività dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA). Tale organizzazione garantisce lo status di rifugiati a tutti i discendenti dei palestinesi che hanno lasciato o sono fuggiti da Israele quando fu stabilito lo Stato, nel 1948.

Alcuni ufficiali palestinesi hanno dichiarato alla rivista Foreign Policy che Kushner, che aveva il compito di rinnovare il processo di pace tra israeliani e palestinesi, ormai in stallo, avrebbe richiesto alla Giordania di privare più di 2 milioni di palestinesi del loro status di rifugiati, così che l’UNRWA non avrebbe più avuto motivo di operare nella zona, lasciandone i compiti ai Paesi ospitanti. La Casa Bianca non ha commentato la storia del Foreign Policy.

L’articolo ha parlato altresì di 2 proposte di legge del Congresso che avevano cercato di ridurre i fondi destinati all’organizzazione delle Nazioni Unite, diminuendo in modo significativo il numero di rfugiati palestinesi aventi i requisiti per richiedere gli aiuti statunitensi. Al Jazeera in lingua inglese ha riportato che tutte queste attività fanno parte del “patto del secolo” di Kushner per risolvere il conflitto israelo-palestinese.

L’UNRWA ha dichiarato di non poter rilasciare alcun commento sull’accordo del genero di Trump, poiché non è noto nessun dettaglio a riguardo. “L’Assemblea Generale dell’ONU ci ha ordinato di continuare a fornire servizi fino a quando non verrà trovato una soluzione giusta e duratura al conflitto, e siamo determinati ad agire in questo senso, al meglio delle nostre possibilità” ha aggiunto l’organizzazione. A gennaio 2018, il governo statunitense aveva annunciato che avrebbe trattenuto 65 milioni di dollari da un fondo di 125 milioni destinato all’Agenzia, dopo che Trump aveva accusato i palestinesi di non essere riconoscenti per i milioni di dollari devoluti in aiuti. “Quest’organizzazione è corrotta, inefficiente e non contribuisce alla pace” aveva scritto Kushner in una email datata 11 gennaio e inviata a numerosi funzionari senior statunitensi.

A giugno, le Nazioni Unite avevano dovuto richiedere agli Stati membri di supplire alla mancanza di fondi causata dai tagli statunitensi. Secondo i funzionari dell’ONU, prima di gennaio 2018, Washington era il principale donatore dell’UNRWA, con 364 milioni di dollari forniti nel 2017. Il commissario generale dell’UNRWA, Pierre Krahenbuhl, ha dichiarato che i tagli a opera dell’amministrazione Trump hanno messo a repentaglio alcuni servizi base, come ad esempio l’assistenza alimentare nella Striscia di Gaza, così come le cliniche mediche e i servizi relativi all’istruzione per circa mezzo milione di bambini. Nabil Sha’ath, il consigliere senior del presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha dichiarato che, attualmente, si sta cercando un modo alternativo di finanziare l’organizzazione.

Il ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi, sabato 4 agosto ha dichiarato che mantenere i servizi dell’UNRWA è un dovere legale e morale verso i rifugiati e che tutta la comunità internazionale deve adempiervi. Lo status di queste persone deve essere risolto sulla base delle Risoluzioni delle Nazioni Unite e dell’Iniziativa di Pace Araba, rispettando il diritto di ritorno e compensazione.
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Messaggioda Berto » lun ago 27, 2018 6:41 am

Trump cancella 200 milioni di aiuti ai palestinesi: "Servono per altri progetti ad alta priorità"
Aurora Vigne - Ven, 24/08/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tru ... 67879.html

L'amministrazione del presidente Donald Trump ha annunciato di aver cancellato più di 200 milioni in aiuti destinati ai palestinesi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania

Prima lo stop ai fondi per la Siria, e ora lo stop a quelli destinati alla Striscia di Gaza.

Il presidente americano, Donald Trump, dopo aver siglato il disimpegno sul fronte siriano annuncia ora di aver cancellato più di 200 milioni di dollari in aiuti inizialmente destinati ai palestinesi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, destinandoli "altrove" ad altri "progetti ad alta priorità".

La mossa, come rivela un alto funzionario del Dipartimento di Stato americano, è arrivata dopo una revisione dei programmi di aiuto nei territori palestinesi e "tiene conto delle sfide che la comunità internazionale deve affrontare per fornire assistenza a Gaza, dove Hamas mette in pericolo la vita dei cittadini e degteriora una situazione umanitaria ed economica già disastrosa".

Ad aprile Trump aveva annunciato l'intenzione di congelare l'invio di fondi per la stabilizzazione della Siria. Intenzione poi concretizzata qualche giorno fa. Anche in questo caso, comunque, si è deciso di destinarli ad altre priorità non meglio definite. "Gli Stati Uniti hanno messo fine al ridicolo pagamento annuale di 230 milioni di dollari per la Siria. L'Arabia Saudita e altri ricchi Paesi del Medio Oriente cominceranno a pagare invece degli Usa. Io voglio sviluppare gli Stati Uniti, le nostre forze armate e i Paesi che ci aiutano!", aveva twittato il presidente.
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