Basta finanziare il terrorismo nazi maomettano palestinese

Basta finanziare il terrorismo nazi maomettano palestinese

Messaggioda Berto » dom feb 23, 2020 4:38 am

I palestinesi: storia di un popolo completamente inventato
L'Informale
Niram Ferretti
31 Dicembre 2015

http://www.linformale.eu/i-palestinesi- ... RklKgZRdMk

Come Atena nacque dalla testa di Zeus, la fantastoria nacque dall’ideologia. Il nome “Palestina” deriva dai filistei, una popolazione originaria del Mediterraneo Orientale (forse dalla Grecia o da Creta) la quale invase la regione nell’undicesimo e dodicesimo secolo A.C. Parlavano una lingua simile al greco miceno. La zona nella quale si insediarono prese il nome di “Philistia”. Mille anni dopo, i Romani chiamarono la zona “Palestina”. Seicento anni dopo gli Arabi la ribattezzarono “Falastin”.

Per tutta la storia successiva non ci fu mai una nazione chiamata “Palestina” né ci fu mai un popolo chiamato “palestinese”. La regione passò dagli Omayyadi agli Abassidi, dagli Ayyumidi ai Fatimidi, dagli Ottomani agli Inglesi. Durante questo millennio il termine “Falastin” continuò a riferirsi a una regione dai contorni indeterminati e MAI a un popolo originario.

Nel 1695, l’orientalista danese Hadrian Reland scoprì che nessuno degli insediamenti conosciuti aveva un nome arabo. La maggioranza dei nomi degli insediamenti erano infatti ebraici, greci o latini. Il territorio era praticamente disabitato e le poche città, (Gerusalemme, Safad, Jaffa, Tieberiade e Gaza) erano abitate in maggioranza da ebrei e cristiani. Esisteva una minoranza musulmana, prevalentemente di origine beduina, che abitava nell’interno.

Reland pubblicò a Utrecht nel 1714 un libro dal titolo “Palaestina ex monumentis veteribus illustrata”, nel quale non c’è alcuna prova dell’esistenza di un popolo palestinese, né di un’eredità palestinese né di una nazione palestinese. In altre parole, nessuna traccia di una storia palestinese.

Stiamo parlando di un testo uscito nel 1714, non duemila anni fa. Un testo moderno dal quale si evince che all’epoca non esisteva alcun “popolo palestinese”.

Quando nasce dunque questa realtà di cui si parla da decenni?

Dobbiamo avvicinarci ai nostri tempi, più precisamente al periodo in cui gli inglesi crearono, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e dell’impero ottomano (durante il quale nessuno aveva ancora sentito parlare di questa fantomatica entità), la Palestina mandataria.

Gli arabi protestarono in modo acceso nei confronti della nuova realtà chiamata “Palestina”. Infatti, per loro, la Palestina era inestricabilmente collegata alla Siria. Gli arabi chiamavano la regione “Balad esh sham (la provincia di Damasco) o “Surya-al-Janubiya” (Siria del sud). Per i nazionalisti arabi la Palestina non era altro che la Siria del sud. Punto. I siriani, ovviamente, non potevano che annuire.

Il Congresso Generale Siriano del 1919 sottolineò con forza l’identità esclusivamente siriana degli arabi della “Siria del sud”, quella che gli inglesi chiamavano “Palestina”.

Nel suo libro, “Il Risveglio Arabo” del 1938, George Antonious, il padre della storiografia moderna araba, documenta il tumulto sorto tra gli arabi della “Grande Siria” e dell’Iraq quando inondarono le strade delle città siriane, Gerusalemme inclusa, per protestare contro la divisione geografica che gli inglesi, per ragioni geopolitiche, avevano imposto alla Siria. Antonious, come Reland prima di lui, non fa alcuna menzione di un “popolo palestinese”. Motivo? Di nuovo, non esisteva.

Facciamo un passo indietro. Nel 1920, la Francia conquista la Siria. E’ in questo periodo, durante il controllo francese della Siria, che inizia a prendere forma l’idea di una “Palestina” come stato arabo-musulmano indipendente, e fu il famigerato Mufti di Gerusalemme, Amin-al-Husseini, la personalità di maggior spicco tra i leaders arabi dell’epoca, a creare un movimento nazionalista in opposizione all’immigrazione ebraica determinata dal movimento sionista. In altre parole, fu il sionismo a fare da levatrice al palestinismo nazionalista. Anche allora, tuttavia, nessuno parlava di un “popolo palestinese”. Siamo nel 1920.

Ancora nel 1946, Philip Hitti, uno dei più eloquenti portavoce della causa araba dichiarava al Comitato di Inchiesta Anglo-Americano che un’entità nazionale chiamata Palestina…non esisteva.

Nel 1947, quando le Nazioni Unite stavano valutando la spartizione della Palestina mandataria in due stati separati, uno ebraico, l’altro arabo, numerosi politici e intellettuali arabi protestarono in modo acceso poiché sostenevano che la regione in questione fosse parte integrante della Siria del sud. Non c’era una popolazione “palestinese” in senso proprio, ed era dunque un’ingiustizia smembrare la Siria per creare un’altra entità che di fatto le apparteneva di diritto.

Nel 1957, Akhmed Shukairi, l’ambasciatore saudita alle Nazioni Unite dichiarò che, “È conoscenza comune che la Palestina non è altro che la Siria del sud“. Concetto ribadito da Hafez-al-Assad nel 1974, “La Palestina non solo è parte della nostra nazione araba ma è una parte fondamentale del sud della Siria”.

Dal 1948 al 1967, i diciannove anni intercorsi tra la Guerra di Indipendenza e la Guerra dei Sei Giorni, tutto quello che restava del territorio riservato agli arabi della Palestina mandataria britannica, era la West Bank (nome dato dai giordani alla Giudea e alla Samaria), che si trovava in quegli anni sotto il dominio illegale giordano, e Gaza, sotto il dominio illegale egiziano.

Durante questo periodo nessuno dei leader arabi prese neanche lontanamente in esame il diritto all’autodeterminazione degli arabi “palestinesi” che si trovavano sotto il loro dominio. Perché? Ancora, perché un “popolo palestinese” per i giordani e gli egiziani…semplicemente non esisteva.

Persino Yasser Arafat fino al 1967 usò il termine “Palestinesi”, unicamente come riferimento per gli arabi che vivevano sotto la sovranità israeliana o avevano deciso di non essere sottoposti ad essa. Nel 1964, per Arafat la “Palestina”, non comprendeva né la Giudea e la Samaria né Gaza, le quali, infatti, dopo il 1948 appartenevano reciprocamente alla Giordania e all’Egitto.

Lo troviamo scritto nella Carta fondante dell’OLP all’articolo 24, “L’OLP non esercita alcun diritto di sovranità sulla West Bank nel regno hashemita di Giordania, nella Striscia di Gaza e nell’area di Himmah”.

L’articolo 24 venne cambiato nel 1968 dopo la Guerra dei Sei Giorni, dietro ispirazione sovietica. Ora la sovranità “palestinese” si estendeva anche alla West Bank e a Gaza. Libero da possibili attriti con la Giordania e l’Egitto, Arafat, protetto dai russi, poteva allargare il campo della propria azione. La “Palestina”, adesso, inglobava anche Giudea, Samaria e Gaza.

La Guerra dei Sei Giorni è stata lo spartiacque per la creazione del “popolo palestinese”. Dopo la Guerra dei Sei Giorni tutto cambia. Da Davide, Israele diventa Golia e i “palestinesi” entrano ad occupare il proscenio della storia come popolo autoctono espropriato della propria terra dai “sionisti imperialisti”.

Questa è la narrazione ormai consolidata e che, come un parassita, si è incistata nella mente di una moltitudine. Potere della menzogna. Potere della propaganda.

“Nella grande menzogna c’è una certa forza di credibilità poiché le grandi masse di una nazione sono molto più facilimente corruttibili nello stato più profondo della loro materia emozionale di quanto lo siano consciamente o volontariamente, e quindi, nella primitiva semplicità delle loro menti diventeranno più facilmente vittime di una grande menzogna piuttosto che di una piccola, poiché essi stessi spesso dicono piccole bugie per piccole cose, ma si vergognerebbero di utilizzare menzogne su larga scala. Non gli verrebbe mai in mente di fabbricare falistà colossali e non crederebbero che altri avrebbero l’impudenza di distorcere la verità in modo così infame”. (Adolf Hiltler, “Mein Kampf”)

Per creare questa nuova realtà del “popolo palestinese”, priva di qualsiasi aggancio con il passato era necessario che il passato venisse interamente fabbricato, o meglio, come in “Tlon, Uqbar, Orbis Tertius” di Borges, bisognava fare in modo che il reale venisse risucchiato dalla finzione.

Dunque ecco apparire i “palestinesi”, i quali fin da un tempo immemorabile hanno sempre vissuto nella regione e addirittura si possono fare risalire ai gebusei o, a piacimento, ai cananei. Questo popolo mitico sarebbe stato poi cacciato dagli invasori sionisti.

Il 31 marzo del 1977, come fosse un colpo di scena in un romanzo giallo, Zahir Mushe’in, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP dirà, durante un’intervista
“Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo stato di Israele in nome dell’unità araba. In realtà oggi non c’è alcuna differenza tra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni tattiche e politiche parliamo dell’esistenza di un popolo palestinese, poiché gli interessi nazionali arabi richiedono la messa in campo dell’esistenza di un popolo palestinese per opporci al sionismo”.

Il “popolo palestinese” è una pura invenzione, la quale, con grande abilità propagandistica, è stata trasformata in un fatto che ormai appartiene a tutti gli effetti alla realtà.




Per la Corte Penale Internazionale la Palestina non è uno Stato
Sarah G. Frankl
22 Febbraio, 2020

https://www.rightsreporter.org/per-la-c ... F6s0m1Wu7E

Lo scorso 20 dicembre 2019 il Procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI), Fatou Bensouda, annunciava raggiante di avere gli elementi per aprire una indagine contro Israele per presunti crimini di guerra commessi in Giudea e Samaria e nella Striscia di Gaza.

L’indagine era stata sollecitata dalla Autorità Nazionale Palestinese credendo che bastasse l’adesione della Palestina allo Statuto di Roma quando in realtà la prima e inderogabile qualità necessaria per rivolgersi alla Corte Penale Internazionale non è l’adesione allo Statuto di Roma quanto piuttosto l’essere riconosciuto come uno Stato.

Sin da subito sia Israele che gli Stati Uniti avevano sollevato dubbi sulla effettiva possibilità da parte palestinese di avanzare richieste alla Corte Penale Internazionale in quanto non essendo la Palestina uno Stato riconosciuto veniva meno proprio quella qualità necessaria per rivolgersi alla CPI.

Ma il Procuratore Capo dell’Aia non volle sentire ragioni e affermando che «non vi erano ragioni sostanziali per ritenere che un’indagine non servirebbe gli interessi della giustizia» andò avanti con la prassi per dare il via ad una indagine nonostante Israele non abbia mai aderito allo Statuto di Roma e quindi non rientrasse nel raggio d’azione della Corte e, soprattutto, nonostante i palestinesi non avessero gli attributi necessari a chiedere una indagine.

Questa settimana è stata la stessa Corte Penale Internazionale a porre un macigno difficilmente removibile sulla richiesta palestinese.

Procedendo con l’iter avviato dal Procuratore Capo, molti Stati aderenti allo Statuto di Roma, tra i quali anche alcuni che hanno formalmente riconosciuto la Palestina, e moltissimi esperti di Diritto Internazionale hanno espresso parere negativo al proseguimento dell’indagine in quanto non essendo la Palestina uno Stato riconosciuto non può trasferire la giurisdizione criminale riguardante il suo territorio all’Aia.

Tra questi i più incisivi sono stati la Germania, l’Australia, l’Austria, il Brasile, la Repubblica Ceca, l’Ungheria e l’Uganda i quali hanno chiesto il cosiddetto “amicus curiae” ovvero “amico della Corte” che fornisce loro la possibilità di esprimere una opinione sugli atti della Corte.

Questo gruppo di Paesi, sostenuti poi anche da altri, hanno quindi espresso la loro posizione negativa rispetto al fatto che la Palestina potesse rivolgersi alla CPI in quanto non essendo uno Stato riconosciuto e quindi in base a quanto stabilito dallo Statuto di Roma non gli è permesso presentare alcunché alla Corte.

Il fatto curioso e a modo suo eclatante, è che nemmeno quegli Stati che hanno riconosciuto unilateralmente la Palestina hanno fatto opposizione alla giusta indicazione portata all’attenzione della Corte da questi sette Paesi.

Morale della favola, la Palestina non è uno Stato e non basta aderire a trattati internazionali per avere voce in capitolo.

Ora spetta a una cosiddetta camera pre-processuale decidere in merito. I tre giudici di questa camera – l’ungherese Péter Kovács d’Ungheria, il francese Marc Perrin de Brichambaut e Reine Adélaïde Sophie Alapini-Gansou del Benin – hanno invitato «la Palestina, Israele e le presunte vittime nella situazione in Palestina, a presentare osservazioni scritte» sulla questione entro il 16 marzo.

Ma appare evidente che l’Aia non ha giurisdizione sulle questioni riguardanti la cosiddetta “Palestina” e che quindi il tutto si concluderà con un nulla di fatto.

Di «grande vittoria per Israele» parla l’avvocato Daniel Reisner. «È significativo che anche stati come il Brasile e l’Ungheria, che hanno riconosciuto la Palestina nominalmente, sollevino seri dubbi sulla giurisdizione della corte» ha detto Reisner.

Proteste dalla Lega Araba e dalla Organizzazione per la Cooperazione Islamica

Immediate le proteste dalla Lega Araba e dalla Organizzazione per la Cooperazione Islamica che sembrerebbero voler chiedere lo status di “amicus curiae” in modo da contrastare quanto evidenziato questa settimana. Ammesso che lo possano fare, hanno tempo fino a venerdì prossimo per presentare le loro osservazioni.

In ogni caso Israele non presenterà nessun documento alla camera pre-processuale per non legittimare un procedimento chiaramente fuori dal contesto del Diritto Internazionale.


Onu, cosa ha detto un leader della sinistra israeliana a Ramallah
Anniversario delibera spartizione Onu, le parole di un leader della sinistra israeliana a Ramallah
Ugo Volli
4 Dicembre 2019

https://www.progettodreyfus.com/onu-isr ... CskS7rqgOk


Giovedì scorso, nel palazzo della Mukata a Ramallah, si è svolto un evento rievocativo della votazione dell’Assemblea Generale dell’Onu che ne 1947 stabilì la partizione del mandato britannico (già suddiviso nel ‘21 dalla Gran Bretagna la dare agli arabi “il loro stato”).

Come è noto Israele accettò la divisione, anche se era era tracciata in maniera da rendere difficilissima la sopravvivenza della parte ebraica, gli arabi la rifiutarono, il giorno stesso con la complicità britannica iniziarono attacchi terroristici agli insediamenti ebraici e ad aprile del ‘48, quando Israele proclamò finalmente il suo stato alla vigilia della partenza degli inglesi, le armate di tutti gli stati arabi circostanti tentarono di invadere e distruggere il neonato stato di Israele; ma con grandi sacrifici furono sconfitte dall’esercito israeliano nel ‘49 dovettero ritirarsi dietro una linea armistiziale ben più arretrata, la cosiddetta linea verde.

Da questa storia l’evento della Mukata, amministrato dal noto filoterrorista Jibril Rajoub, non ha tratto motivi di riflessione sulla necessità di un accordo, ma al contrario ha voluto rilanciare la narrativa palestinista sull’”occupazione israeliana”. L’aspetto più curioso di questa riunione è la presenza di circa 300 ebrei israeliani. Erano i soliti ultraortodossi antisionisti di Naturei Karta, che hanno usato l’occasione per dichiarare che l’”entità sionista” non rappresenterebbe il popolo ebraico, sarebbe odiata da “Allah” (questo è il nome con cui il loro leader Meir Hirsh ha scelto per l’occasione di chiamare la Divinità) e costituirebbe la violazione di tutte le leggi internazionali: un piccolo gruppo di estremisti che frequenta con piacere tutti gli antisemiti da Corbyn a Achamadinedjad, e la cui presenza non poteva meravigliare.

Dall’altro lato, però, c’era una folte rappresentanza di militanti di sinistra: alcuni cani sciolti, ma soprattutto Mosi Ratz l’ex leader e ancora influente dirigente del partito israeliano di sinistra Meretz, l’unico che abbia ufficialmente abiurato il sionismo, alla guida di una delegazione di alto livello.

Raz ha parlato avendo alle spalle una foto di Yasser Arafat e ha detto: “Siamo venuti qui per esprimere la nostra solidarietà con il popolo palestinese nei territori occupati, in esilio nella speranza che i ministri palestinesi entrino presto nel prossimo governo. Sostengo uno stato palestinese entro i confini del 67 con uno scambio di territori concordato a fianco dello Stato di Israele, la cui capitale dev’essere Gerusalemme est. Questo marzo andremo alle elezioni in cui Netanyahu sarà sconfitto e Gantz sarà eletto.”

È una dichiarazione molto significativa, non solo per il luogo e l’occasione, ma anche per il contenuto. Meretz, pur avendo pochi seggi, è un pezzo centrale della coalizione di Gantz che certamente non può farne a meno. Si è molto parlato del pericolo di un accordo fra il partito bianco-azzurro e gli arabi filoterroristi, ma non abbastanza dell’influenza delle estrema sinistra ebraica.

La dichiarazione di Raz spiega molto sulle ragioni reali del braccio di ferro che è in corso nella politica israeliana da un anno. Non è detto che Ganz sia d’accordo, ma è chiaro che il progetto di alcune forze che lo appoggiano e di cui egli avrà certamente bisogno consiste nel cancellare o minimizzare la natura ebraica dello stato di Israele, rovesciando le scelte di settant’anni fa.



Informazione corretta: Palestina, ecco l'origine del nome di uno Stato arabo che non è mai esistito
Vivi Israele
Fabrizio Tenerelli
21 febbraio 2018

http://viviisraele.it/2018/02/21/inform ... -esistito/


Cari lettori, io cerco di parlare poco della questione arabo-israeliana, perchè la mia mission è soprattutto approfondire i temi legati a Israele e all’ebraismo. Tuttavia, talvolta è doveroso far chiarezza su alcuni aspetti che riguardano la cosiddetta “corretta informazione”. La disinformazione dilagante in materia (il suo esatto opposto), purtroppo contribuisce a dare una cattiva immagine di uno Stato che da vittima, passa come carnefice.

Ciò senza nulla togliere all’aspirazione ultima che è quella della pace in Medio Oriente e della convivenza di due popoli. Utopia? Una pace che, a mio modestissimo avviso, potrà giungere soltanto, quando il mondo arabo riconoscerà il diritto ad Israele di esistere.

Detto ciò, dopo un mio primo approfondimento in tema di informazione corretta (LEGGI QUI) vi propongo questa sorta di “upgrade”, che riguarda i concetti di “Palestina” e “palestinese”. Molto spesso chi non studia abbastanza, attacca con estrema arroganza il popolo ebraico, sulla base di falsi presupposti e di clamorosi equivoci.

In attesa di preparare un digest, tratto da “Arabi ed Ebrei”, del buon Bernard Lewis, ho pensato di scrivere queste poche righe, invitandovi a divulgarle, condividerle e via dicendo, affinchè si faccia chiarezza su una questione importante.

La prima cosa che va detta è che non c’è mai stata una nazione araba di nome “Palestina”. Questo, in realtà, è il nome che gli antichi romani diedero a Eretz Yisrael, con l’espresso proposito di umiliare gli ebrei, dopo la conquista. Gli inglesi chiamarono così la terra sulla quale avevano avuto il mandato, dopo lo scioglimento dell’Impero Ottomano.

Gli arabi, in disputa con gli ebrei, decisero allora di raccontare che quello era l’antico nome della loro terra, “malgrado non fossero capaci a pronunciarlo in modo corretto, ma trasformandolo in Falastin”, come disse nel 1995, Golda Meir, in una intervista a Sarah Honig del Jerusalem Post. Ma soprattutto va detto che non esiste una lingua palestinese, non una cultura e neppure una terra governata da palestinesi.

Quest’ultimi non sono altro che arabi non distinguibili dai giordani o dai siriani, dai libanesi o dagli iracheni. A ciò aggiungiamo che il mondo arabo controllo il 99,9 per cento del Medio Oriente. Israele, pensate, che rappresenta soltanto un decimo dell’uno per cento del totale. Ma ciò è troppo per gli arabi, che vogliono anche quella minuscola parte. Non importa, dunque, quanti territori un domani potrebbero concedere gli israeliani: in ogni modo non saranno mai abbastanza. Ma allora, da dove deriva questo termine? Palestina ha da sempre designato un’area geografica, che deriva da “Peleshet”, un nome che appare di frequente nella Torah, successivamente chiamata “Philistine”.

Il nome inizia ad essere usato nel tredicesimo secolo a.e.v. da una serie di migranti del mare, provenienti dal mar Egeo e dalle isole greche, i quali si insediarono nella costa sud della terra di Canaan. Laggiù istituirono cinque città-stato indipendenti, inclusa Gaza, in una stretta striscia di terra chiamata “Philistia”, i greci e i romani la chiamarono “Palastina”.

I palestinesi, dunque, non erano arabi e neppure semiti; non avevano alcun legame etnico o linguistico e neppure storico con l’Arabia e il termine Falastin non è altro che la pronuncia araba del termine “Palastina”. Dunque, chi si può considerare palestinese? Durante il mandato britannico era la popolazione ebraica ad essere considerata palestinese, inclusi coloro che hanno servito l’esercito britannico nella Seconda Guerra Mondiale. L’indirizzo britannico fu quello di limitare l’immigrazione di ebrei. Nel 1939, il Churchill White Paper (3 giugno 1922) mette fine all’ammissione di ebrei in Palestina. Uno “stop” che avviene nel periodo in cui c’era più disperatamente bisogno di emigrare in Palestina, quello dopo l’avvento del nazismo in Europa.

Nello stesso tempo in cui sbattevano la porta in faccia agli ebrei, gli inglesi permettevano (o facevano finta di niente) il massiccio ingresso clandestino nella Palestina occidentale di arabi provenienti da Siria, Egitto, Nordafrica e via dicendo. In questo modo, sembra che dal 1900 al 1947, gli arabi sulla sponda ovest del fiume Giordano si siano quasi triplicati. Il legame degli ebrei con la Palestina risale ai tempi biblici. Quello tra gli ebrei ed Hebron, ad esempio, corre indietro ai tempi di Abramo, ma nel 1929, gruppi di arabi in rivolta cacciano la comunità, uccidendo numerosi ebrei.

A supporto della tesi che non esiste uno stato arabo chiamato Palestina, c’è una letteratura fiume. Noi ricordiamo alcune dichiarazioni, tra le più significative, come quella del professore di storia araba, Philip Hitti (uno dei più illustri), secondo cui: “There is no such thing as Palestine in history, absolutely not”, dichiarò al Anglo-American Committee of Inquiry (1946). E poi. “It is common knowledge that Palestine in nothing but southern Syria”, affermò nel 1956: Ahmed Shukairy (United Nations Security Council).




L'inesistente storia della Palestina arabo maomettano palestinese
https://www.facebook.com/HalleluHeb/vid ... 0838079851


La Mappa della Palestina: Un Falso Creato dell'AIC
Victor Scanderbeg RomanoAnalista Storico-Politico
http://www.progettodreyfus.com/la-mappa ... a-un-falso

La Mappa della Palestina è un clamoroso falso creato ad hoc negli anni’60 da un ufficio di propaganda arabo. Spesso definita come “mappa dell’occupazione israeliana in palestina” e in tanti altri modi, questa mappa ha una storia molto lunga e completamente diversa da quella che viene raccontata su molti libri, dossier, siti e social media. Dedicando due minuti alla lettura di questo articolo, avrete a disposizione tutti gli elementi per mettere a tacere il prossimo amico o lontano conoscente che condividerà questo assurdo falso storico.


Palestina: le ragioni di Israele
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2271


Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e occupato alcuna terra altrui e non opprimono nessuno
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2825
Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e non hanno occupato nessuna terra altrui, nessuna terra palestinese poiché tutta Israele è la loro terra da 3mila anni e la Palestina è Israele e i veri palestinesi sono gli ebrei più che quel miscuglio di etnie legate dalla matrice nazi maomettana abusivamente definito "palestinesi" e tenute insieme dall'odio per gli ebrei e dai finanziamenti internazionali antisemiti.


Calunnie e falsità nazi-palestinesi contro Israele e gli ebrei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2824

Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2765

Demografia storica ed etnica in Giudea, Palestina, Israele lungo i millenni
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2774

Democrazia etnica, apartheid e dhimmitudine
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2558
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Basta finansiar el terorixmo ixlamego pałestinexe antiebreo

Messaggioda Berto » mer giu 17, 2020 7:02 am

PAYPAL CHIUDE ACCOUNT AD ORGANIZZAZIONE PROPAL PER SOSTEGNO AL TERRORISMO E AL BDS
16 giugno 2020

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 3023781039

Il gigante americano dei servizi di pagamento on-line PayPal ha chiuso l’account dell’organizzazione francese pro-BDS Collectif Palestine Vaincra a causa dei suoi legami con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), un’organizzazione classificata come terrorista da Usa e Unione Europea.

La notizia è stata riportata mercoledì scorso dal The Jerusalem Post / JPost.com, ricordando che PayPal applica una severa politica di esclusione delle organizzazioni che raccolgono fondi per il terrorismo o per la campagna per boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro lo stato ebraico.

Anche secondo la legge anti-discriminazione francese, la campagna BDS contro Israele e israeliani in quanto tali è una forma di pregiudizio che discrimina in base all’appartenenza nazionale.

Sul suo sito web, Collectif Palestine Vaincra elenca il Fplp come uno dei suoi partner e ha nominato “membro onorario” la terrorista dell’Fplp Leila Khaled. Recentemente il Fplp ha sviluppato una forte alleanza con la Repubblica Islamica d’Iran.

La serie di reportage investigativi del giornale israeliano sulle organizzazioni BDS e i loro flussi di finanziamento ha portato, dal 2016, alla chiusura di oltre 20 conti bancari e di pagamento on-line in paesi come Irlanda, Germania, Austria, Stati Uniti e Francia.
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Messaggioda Berto » mer lug 01, 2020 8:15 pm

Anche questo dobbiamo mettere in conto agli schifosi nazi maomettani.


Ustica, ecco le note Sismi poco prima della strage su ritorsioni contro Dc9 italiano

27/06/2020

https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca ... mP1YK.html

Un cablogramma dopo l’altro inviato da Beirut, poco prima della strage del 27 giugno 1980, per avvertire il governo italiano del “pericolo a breve” che correva il nostro Paese per mano del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. E fra gli obiettivi dell’Fplp, deciso a riprende le azioni terroristiche sul nostro territorio dopo l’arresto del loro referente in Italia, Abu Saleh, e il sequestro dei missili palestinesi a Ortona (in violazione del cosiddetto “Lodo Moro”), non c’era solo l’“occupazione di un’Ambasciata”, ma anche il “dirottamento di un Dc9 Alitalia”. Una soffiata, quella data al capocentro del Sismi in Libano, Stefano Giovannone, che secondo lo stesso 007 poteva “coprire i reali obiettivi e luoghi delle suddette operazioni”. È quanto si legge in un articolo di Francesco Grignetti sulla Stampa contenente, dunque, notizie clamorose sui telegrammi inviati al governo italiano da Giovannone poco prima della strage e anche il giorno stesso, 27 giugno 1980. “Ventisette giugno 1980, 40 anni fa – scrive La Stampa -, la sede centrale del Sismi riceve allarme rosso dal Libano”.

Un allarme rosso che recita: “Habet informazioni tarda sera. L’Fplp avrebbe deciso di riprendere totale libertà di azione senza dare corso ulteriori contatti a seguito mancato accoglimento sollecito”. Si tratta, evidenzia La Stampa, di “un telegramma cifrato che per decenni è stato coperto da segreto di Stato, inaccessibile a chiunque, magistrati compresi, e che solo dal 2014 è stato parzialmente declassificato. Attualmente vi è apposto il timbro di 'segretissimo'. Non è dato sapere se i magistrati di Roma, che tuttora indagano sulla Strage di Ustica, lo abbiano avuto in visione. Di sicuro nel 2016 lo hanno letto i membri della Commissione Moro II, ma senza possibilità di fotocopiarlo, e con divieto assoluto di divulgazione”. Si stratta di un documento “che La Stampa è finalmente in grado di raccontare” e che contiene un allarme, quello del Sismi, scrive il quotidiano, “arrivato a Roma poche ore prima del disastro aereo, è oggettivamente inquietante e rilancerebbe la tesi dell’attentato ad opera di una frangia filolibica del terrorismo palestinese”.
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Messaggioda Berto » mer lug 29, 2020 7:02 am

Quell’Europa che finanzia i terroristi palestinesi
26 luglio 2020

https://www.shalom.it/blog/editoriali-b ... si-b922641

Immaginate che a suo tempo si fosse scoperto che la Germania, magari con la Spagna e l’Irlanda pagavano lo stipendio degli assassini di Aldo Moro, sotto lo schermo di una associazione culturale dedicata alla pace e alla libertà. O immaginate che fosse l’Italia a finanziare i terroristi baschi e nell’albo delle foto pubblicate dal consolato italiano a Bilbao ci fosse una bella posa col console e sorridenti accanto a qualche macellaio dell’ETA, colpevole di efferati delitti. Bene, questo è esattamente quel che è venuto fuori la settimana scorsa.

Il governo olandese ha ammesso ufficialmente in parlamento di aver finanziato un’organizzazione terroristica palestinese e nel sito web del consolato olandese a Ramallah si trova una foto dei funzionari diplomatici tutti contenti accanto a Abdul Razeq Farraj, terrorista riconosciuto colpevole di aver barbaramente ucciso due anni fa Rina Schnerb, una ragazza israeliana di 17 anni e aver ferito gravemente suo fratello Dvir (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/284091). Aveva soprattutto ragione di essere contento lui, perché l’Olanda gli pagava lo stipendio e gli aveva dato anche dei documenti che attestavano il suo stato quasi diplomatico. Naturalmente l’Olanda non pensava o non diceva di pagare l’entità terrorista FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) che ha rivendicato l’assassinio di Rina Schnerb, bensì una organizzazione denominata Union of Agricultural Work Committees (UAWC).

Certo che ci vuole molta dabbenaggine o più probabilmente molta complicità, almeno da parte dei funzionari locali, per credere all’esistenza e al bisogno di finanziamento di un’organizzazione del genere. Ma l’Olanda (che ha appena multato i negozi che vendono vino israeliano prodotto vicino a Hebron https://jewishnews.timesofisrael.com/ho ... s-israeli/), ha almeno ammesso la sua complicità coi terroristi e ha finalmente smesso di pagare gli stipendi ai terroristi. Il fatto è che l’UAWC non è finanziata solo dall’Olanda, ma anche da altri paesi europei, fra cui Spagna e Italia, che non hanno fiatato, come la stampa ha taciuto le notizie. Questa è l’Europa oggi, datrice di lavoro dei terroristi, finanziatrice senza pudore degli assassini, e tutta intenta a dare lezioni di morale a Israele sull’”occupazione”. Si può essere sorpresi che agli israeliani (e anche a molti europei), quest’Europa non piaccia affatto?



L’Unione Europea finanzia la requisizione di fatto di terre in Area C da parte palestinese
Un rapporto del Ministero dell'Intelligence israeliano denuncia la sistematica violazione degli Accordi di pace
23 gennaio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8174765883
https://www.israele.net/lunione-europea ... alestinese

(Da: Jerusalem Post, israele.net, 18.1.22)

Negli ultimi sette anni l’Unione Europea ha speso mezzo miliardo di dollari a sostegno di un piano dell’Autorità Palestinese volto a prendere il controllo sull’Area C della Cisgiordania in violazione degli Accordi di pace firmati dalle parti e garantiti dalla stessa Unione Europea. E’ quanto emerge da un rapporto redatto a giugno dal Ministero dell’Intelligence israeliano e pubblicato martedì col titolo “L’assistenza straniera come significativo acceleratore nei processi di acquisizione”, in occasione del dibattito sull’argomento presso la Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset.

“La stima approssimativa è che nel periodo 2014-2021 almeno mezzo miliardo di dollari sia stato trasferito ai palestinesi attraverso vari canali, ma è possibile che la somma sia stata maggiore”, afferma il rapporto. Inoltre ogni anno, secondo il rapporto, una somma di circa 20 milioni di euro viene stanziata per sostenere le battaglie legali palestinesi contro la presenza di ebrei israeliani in Area C e contro la barriera di sicurezza anti-terrorismo. Non basta. Negli ultimi dieci anni, l’Unione Europea ha speso circa 170 milioni di euro per piani regolatori generali dello sviluppo palestinese in Area C, con il sostegno in particolare di Gran Bretagna, Francia e Belgio. Il rapporto sottolinea che il 99% di tali piani regolatori palestinesi è stato finanziato dall’Unione Europea.

I dati del rapporto sembrano avvalorare l’accusa da tempo avanzata secondo cui l’Autorità Palestinese continua a rafforzare la sua presa sull’Area C che, in base agli Accordi di pace del 1993-95, è sotto controllo militare e civile israeliano fino al raggiungimento di un accordo negoziale sullo status definitivo. L’analisi condotta dal Ministero dell’Intelligence su questa campagna per il controllo dell’Area C si focalizza sul sostegno dell’Unione Europea alle attività palestinesi condotte in Area C in violazione di quegli Accordi: edilizia illegale, creazione di piani regolatori generali per attività di costruzione, piani per un registro catastale palestinese.

Il rapporto esprime la specifica preoccupazione che il piano per la registrazione catastale dei terreni possa essere utilizzato per promuovere cause legali in Area C. Da quando nel 1967 la Cisgiordania, precedentemente occupata dalla Giordania, è passata sotto il controllo di Israele, le autorità israeliane hanno censito le terre in Area C per determinare se fossero di proprietà pubblica o di proprietà privata, ma non hanno intrapreso alcun programma su larga scala per la registrazione catastale dei terreni. Gli Accordi di Oslo, firmati tra il 1993 e il 1995, conferiscono alle autorità israeliane il pieno controllo della registrazione dei terreni in Area C, mentre all’Autorità Palestinese spetta la registrazione delle proprietà sotto la sua giurisdizione nelle Aree A e B. Ma l’attuale piano catastale palestinese, finanziato dall’Unione Europea, interessa terreni in tutta la Cisgiordania, compresa l’Area C in violazione di quanto previsto dagli Accordi di Oslo. La registrazione dei terreni da parte dell’Autorità Palestinese, avverte il rapporto del Ministero dell’Intelligence, è “un’arma importante” nella campagna legale contro Israele: “In assenza di un processo di registrazione alternativo – dice il rapporto – c’è la ragionevole probabilità che prima o poi i tribunali in Israele e/o altrove adottino la registrazione palestinese”, che consiste in un progetto “Geographic Information System” basato sulla legge giordana a cui lavorano circa 600 dipendenti in 100 filiali, e che potrebbe essere completato entro il 2022.

Secondo l’opinione espressa in Commissione esteri e difesa da alcuni rappresentanti del Ministero della Giustizia e dell’Amministrazione israeliana nei Territori, la registrazione dei terreni da parte dell’Autorità Palestinese in Area C non ha alcuno status legale e non rappresenta una minaccia. Di diversa opinione alcuni parlamentari dell’opposizione di destra che hanno chiesto una discussione di gabinetto sul rapporto e una formale dichiarazione che il catasto dell’Autorità Palestinese non è valido per l’Area C. La Commissione esteri e difesa, presieduta dal parlamentare Ram Ben Barak (di Yesh Atid), ha affermato che al dibattito pubblico di martedì farà seguito nel prossimo futuro una sessione a porte chiuse.
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Re: Basta finanziare il terrorismo nazi maomettano palestine

Messaggioda Berto » dom gen 23, 2022 6:52 pm

I palestinesi arabo maomettani sono un popolo inventato mai esistito, caso mai i veri palestinesi storici sarebbero gli ebrei
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