Basta finanziare il terrorismo nazi maomettano palestinese

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Messaggioda Berto » lun lug 31, 2017 10:15 pm

Così si fa, bravissima l'Austria


Oggi in Austria un palestinese di 27 anni, sospettato di appartenere ai terroristi di Hamas, è stato condannato all’ergastolo perché stava pianificando un attentato in Israele, a Gerusalemme. Arrestato nel luglio dello scorso anno in un centro di accoglienza nella città austriaca di Gmund, nel suo telefonino sono stati ritrovati messaggi scambiati con due palestinesi che vivono nei territori palestinesi ai quali aveva ordinato di compiere l’attentato. I due sono stati prima arrestati dalle autorità israeliane a giugno mentre la mente dell’attentato il mese successivo in territorio austriaco. In precedenza l’uomo che secondo un testimone si dichiarava fiero di appartenere ad Hamas, era già stato condannato dagli israeliani a sette anni di carcere per altri crimini.

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 8821318475
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Messaggioda Berto » ven ago 04, 2017 2:28 pm

SENATO USA APPROVA LEGGE CHE TAGLIA AIUTI AI PALESTINESI
Adrian Niscemi
04/08/2017
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 6313373427

Il Senato americano ha approvato una legge che taglia gli aiuti ai palestinesi, la cosiddetta “Taylor Force Act”, una legge che per la prima volta affronta il problema del pagamento da parte della Autorità Palestinese di stipendi ai terroristi che si sono macchiati di gravissimi crimini contro cittadini israeliani.

Il Comitato per le relazioni estere del Senato americano ha approvato una legge che sospende gli aiuti ai palestinesi da parte del Governo americano fino a quando l’Autorità Palestinese non sospenderà ogni tipo di sostegno alle famiglie dei terroristi e fino a quando non cesserà l’incitamento alla violenza.

La legge denominata “Taylor Force Act” sponsorizzata dal senatore repubblicano del Sud Carolina, Lindsey Graham, e dal presidente della commissione, il senatore repubblicano del Tennessee, Bob Corker, è stata approvata con 17 voti a favore e 4 contrari. Proprio il senatore Corker, interrogato sulle finalità della legge, ha affermato che «l’Autorità Palestinese ha creato un sistema che incentiva gli atti di terrorismo attraverso il pagamento di uno stipendio mensile ai terroristi e alle loro famiglie, stipendi che arrivano anche a 3.500 dollari mensili e che rendono il lavoro del terrorista il più retribuito in Palestina. Gli Stati Uniti non possono rendersi complici di questo sistema malato».

Il rappresentante palestinese negli Stati Uniti, Husam Zomlot, ha definito questa legge «disinformata e controproducente» e ha accusato Israele (naturalmente) di aver usato la “potente lobby ebraica” per far pressione sui legislatori americani. «Il programma di sostegno alle famiglie dei martiri è essenzialmente un programma sociale che non ha niente a che vedere con il sostegno al terrorismo ma che tende a garantire un futuro migliore ai bambini e li tiene lontani dal radicalismo» ha detto Zomlot in una rara esibizione di comicità che farebbe impallidire qualsiasi grande comico e creatore di battute.

Il disegno di legge è dedicato a Taylor Force, uno studente americano che mentre era in visita in Israele nel marzo del 2016 venne pugnalato a morte da un terrorista palestinese la cui famiglia percepisce per questo un cospicuo stipendio mensile. Subito dopo l’accoltellamento l’Autorità Palestinese definì l’assassino di Taylor Force un “martire eroico” e decretò un pagamento mensile per la sua famiglia.

La legge appena approvata dovrebbe tagliare anche i circa 260 milioni di dollari destinati agli aiuti ai palestinesi che ufficialmente dovrebbero essere usati per i pagamenti delle forze di sicurezza in Giudea e Samaria.

https://en.wikipedia.org/wiki/Taylor_Force_Act


Il coscaro di Ramallah, alias Abu Mazen parla di "estorsione" da parte americana relativamente al Taylor Force Act, la proposta di legge ora in arrivo alla Camera Alta del Senato degli Stati Uniti, dopo essere passata al Comitato per le Relazioni Estere.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 4575318063

L'estorsione di cui parla l'anziano padrino arabo, meglio noto come Mr. 20% a causa della percentuale che si fa pagare su ogni iniziativa commerciale che uomini d'affari stranieri vogliano intrattenere con l'Autorità Palestinese, è relativa al dispositivo della proposta di legge americana che prende il nome del ex ufficiale americano accoltellato a morte da un terrorista palestinese mentre passeggiva sul lungo mare di Tel Aviv nel 2016.

La proposta di legge prevede infatti che l'aiuto americano all'Autorità Palestinese, attualmente stimato in 500 milioni di dollari annui, cessei se quest'ultima continuerà a usare il denaro elargito per remunerare i terroristi incarcercati e le loro famiglie. Resteranno intatti i 60 milioni di dollari che finalizzati agli aiuti umanitari.

E' comprensibile la preoccupazione di Don Mazen e della sua cricca, non potere più usare i soldi dei contribuenti americani per pagare gli assassini e le loro famiglie e quindi incentivare la violenza futura.

Quindi:

“Il Comitato Esecutivo dell'OLP disapprova i legislatori del Congresso Americano e la loro posizione nei confronti del popolo palestinese...e ritiene l'approvazione da parte del Comitato del Senato Americano relativo alle Relazioni Estere di terminare l'aiuto alle famiglie dei martiri e dei prigionieri come un atto inaccettabile che impattera negativamente su tutto quello che è connesso ai diritti dei palestinesi".

Diritti che, naturalmente, comprendono l'omicidio di civili e soldati. Diritto inalienabile per l'OLP e l'Autorità Palestinese.

E' da auspicarsi che il Taylor Force Act, passi in Senato con il massimo dei voti e ponga fine all'obbrobrio del finanziamento indiretto americano al terrorismo islamico in Israele.
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Messaggioda Berto » mer ago 30, 2017 6:34 am

I profughi palestinesi costano quattro volte di più di qualsiasi altro rifugiato
Written by Sarah G. Frankl
Ago 28, 2017

http://www.rightsreporter.org/profughi- ... -rifugiato

L’Onu spende per i finti profughi palestinesi quattro volte di più di quello che spende per qualsiasi altro rifugiato al mondo. E’ quanto emerge da una ricerca condotta dal Abba Eban Institute of International Diplomacy at the Interdisciplinary Center (IDC) di Herzliya.

La ricerca della IDC si basa sui bilanci ufficiali delle due agenzie ONU deputate all’assistenza dei rifugiati, la UNHRW nata esclusivamente per i palestinesi e la UNHCR che si occupa di tutti gli altri rifugiati del mondo. Ebbene, da quei bilanci si evince con chiarezza che mentre la UNRWA spende 246 dollari per ognuno dei 5,3 milioni di finti profughi palestinesi che ha in carico, la UNHCR può spendere appena 58 dollari per ognuno degli oltre 68 milioni di persone che ha in carico. E’ la conferma di quanto andiamo dicendo da tempo, e cioè che l’Onu spende molto di più (e… aggiungiamo, inutilmente) per un finto profugo palestinese che per i veri profughi, oltretutto in un momento in cui la massa di veri profughi e quindi di coloro che hanno realmente bisogno di sostegno si allarga a dismisura.

L’ex ambasciatore israeliano all’Onu, Ron Prosor, che dirige l’Abba Eban Institute a seguito di questa ricerca ha chiesto la fusione tra la UNRWA e la UNHCR in modo da consolidare i bilanci e gestire meglio le risorse. In realtà, come noi chiediamo da tempo, la UNRWA andrebbe proprio chiusa in quanto per il Diritto Internazionale gli oltre 5,3 milioni di finti profughi palestinesi che ha in carico non sono profughi in quanto lo status di rifugiato non può essere trasmesso di padre in figlio come invece fa la UNRWA violando il Diritto Internazionale e creando così una sorta di “casta di rifugiati privilegiati”.

E poi c’è la netta sproporzione tra i fondi destinati dall’Onu a ogni singolo profugo del mondo “normale” rispetto a quelli destinati al “fantasioso mondo palestinese”, una denuncia che noi abbiamo fatto più e più volte e che purtroppo finisce per essere sempre inascoltata. Fondi che oltretutto spariscono sistematicamente nel nulla, anche se in questo caso si parla di “aiuti complessivi” e non solo di quelli destinati ai finti profughi palestinesi.

Non solo, c’è da considerare che la UNRWA lavora sistematicamente per impedire la pace tra israeliani e palestinesi, alimenta l’odio anti-ebraico incitando alla violenza anche i bambini, i suoi insegnati sono stati più volte sorpresi a glorificare Hitler e il nazismo, e non manca nemmeno la sistematica istigazione a compiere attentati contro gli israeliani.

Ce ne sarebbe abbastanza non solo per chiudere la UNRWA ma addirittura per portare molti dei suoi membri davanti a un tribunale internazionale.
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Messaggioda Berto » mar ott 24, 2017 8:32 pm

Australia: esercitazione antiterrorismo fa infuriare i palestinesi
Ott 24, 2017

http://www.rightsreporter.org/australia ... alestinesi

Australia (Rights Reporter) – Una esercitazione antiterrorismo svoltasi nel nuovo Galles del sud, in Australia, ha fatto letteralmente infuriare la delegazione palestinese in Australia.

In un video diffuso dalle autorità per mostrare l’esercitazione antiterrorismo si vedono alcuni uomini che rappresenterebbero i terroristi indossare una kefiah che, secondo il rappresentante palestinese in Australia, Izzat Abdulhadi, è un segno distintivo palestinese e quindi la polizia australiana avrebbe equiparato i palestinesi ai terroristi.

«La kefiah è un simbolo della cultura e della eredità palestinese» ha detto Izzat Abdulhadi alla stampa australiana ripresa da SBS Arabic24, «con questa esercitazione di offende il popolo palestinese in quanto lo si vuole accostare al terrorismo».

A stretto giro di posta arrivano le scuse della polizia del Nuovo Galles del sud che attraverso l’ufficiale di collegamento con il mondo arabo, Tarek Al-Issawi, ha fatto sapere che «non c’era nessuna intenzione di offendere i palestinesi e la loro comunità».

Ma le scuse della polizia australiana non sono bastate alla comunità palestinese in Australia (ebbene si, esiste una comunità palestinese anche in Australia) che ieri sera ha sfogato nuovamente la sua frustrazione su diversi media arabi. «Il video ci ha sconvolti» ha detto un importante rappresentante della comunità islamica in Australia «perché tocca i nostri sentimenti, i nostri valori e le nostre emozioni, equipara la kefiah al terrorismo e offende la cultura palestinese (cultura palestinese???) accostando la lotta per la libertà della Palestina al terrorismo».

La cosa strana è che la kefiah viene accostata proprio dai palestinesi e dai loro sostenitori al terrorismo islamico essendo ampiamente raffigurata in ogni vignetta nella quale si incita all’odio verso gli ebrei e a compiere attentati terroristici. Portavano la kefiah i terroristi palestinesi che hanno colpito in tutto il mondo in questi ultimi 70 anni nei quali è stata inventata la cosiddetta “causa palestinese”. Non si capisce quindi cosa abbiano da recriminare i palestinesi australiani se sono stati raffigurati esattamente per quello che sono, terroristi.
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Messaggioda Berto » lun ott 30, 2017 10:29 pm

Gaza: trovato tunnel sotto scuola Unrwa
2017/10/29
Portavoce agenzia Onu, 'queste attività devono cessare'

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... f3fea.html

L'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, ha denunciato come "inaccettabile" la scoperta di un tunnel sotterraneo in una delle sue scuole a Gaza. Lo ha detto il portavoce Christopher Gunness secondo cui l'organizzazione "è intervenuta in modo deciso con le parti pertinenti per protestare contro la violazione del luogo e la mancanza di rispetto per la neutralità delle proprietà dell'Onu", aggiungendo che "queste attività devono cessare". La presenza di un tunnel sotto una scuola dell'Unrwa, che gode della inviolabilità in base alla legge internazionale, è - ha aggiunto Gunness - inaccettabile e mette gli alunni e lo staff dell'Agenzia a rischio".
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Messaggioda Berto » sab nov 18, 2017 10:54 pm

Gli Stati Uniti chiudono l’ufficio della OLP a Washington
Staff Rights Reporter
18/11/2017

http://www.rightsreporter.org/gli-stati ... washington

Il Segretario di Stato americano, Rex Tillerson, non ha rinnovato la certificazione all’ufficio della OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) a Washington. Secondo Tillerson i palestinesi non stanno rispettando quanto previsto da una legge emanata nel 2015 dal Congresso la quale prevede che l’Autorità Palestinese non possa rivolgersi alla Corte Penale Internazionale con l’intenzione di perseguire Israele o cittadini israeliani.

Nello specifico, la penalità prevista nel caso di violazione di detta legge prevede che la sede della OLP a Washington venga chiusa.

«Non siamo stati in grado di rilasciare la certificazione» ha detto un funzionario del Dipartimento di Stato «quindi di conseguenza abbiamo avvisato la OLP». Nel mirino di Tillerson ci sono diverse dichiarazione della Autorità Palestinese in merito alla volontà di perseguire Israele e ufficiali israeliani alla Corte Penale Internazionale, in particolare quella fatta dal presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, durante l’ultima sessione dell’Assemblea Generale dell’Onu nella quale il Presidente della AP dichiarò la sua intenzione di chiedere alla Corte Penale Internazionale di perseguire i funzionari israeliani a causa del loro coinvolgimento nella “occupazione”. «Invito la Corte Penale Internazionale ad aprire un’indagine e perseguire i funzionari israeliani per il loro coinvolgimento nelle attività di insediamento e nelle aggressioni contro il nostro popolo» aveva detto Mahmoud Abbas.

Non è chiaro al momento quali implicazioni potrebbe avere la chiusura della sede della OLP a Washington, di certo è un segnale molto forte quello inviato dalla Amministrazione americana ai palestinesi. Il Presidente Donald Trump punta a rinnovare quanto prima i colloqui di pace tra israeliani e palestinesi e ritiene che questo tipo di azioni da parte palestinese possano ostacolare la ripresa delle trattative.




LA PALESTINA MINACCIA TRUMP - ARROGANZA E PREPOTENZA PALESTINESE
Sarah G. Frankl

La Palestina ha minacciato di interrompere “tutte le comunicazioni” con gli Stati Uniti a causa del rifiuto della Amministrazione Trump di certificare l’ufficio della OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) di Washington.

In un video diffuso ieri Saeb Erekat, segretario generale dell’OLP, ha dichiarato che «l’amministrazione palestinese interromperà qualsiasi comunicazione con gli Stati Uniti nel caso in cui l’OLP si veda rifiutare il rinnovo della licenza dell’ufficio di Washington».

«Abbiamo ricevuto il messaggio dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti il quale ci avvisava che il processo di approvazione della licenza dell’ufficio dell’OLP [a Washington] non sarà esteso in quanto la Palestina ha presentato appello alla Corte penale internazionale (ICC) per indagare sulle violazioni israeliane contro la Palestina» ha aggiunto Erekat.

Ora, se non fosse una cosa così seria si potrebbe pensare che il fatto che la Palestina minacci Trump e la sua Amministrazione di tagliare i ponti sia in effetti una cosa comica, in realtà è l’ennesima dimostrazione della prepotenza e dell’arroganza arabo-palestinese, una arroganza troppo spesso alimentata da comportamenti occidentali del tutto inappropriati e accondiscendenti anche quando l’Amministrazione Palestinese fomenta il terrorismo o ricompensa con generosi vitalizi le famiglie dei terroristi usando per di più denaro occidentale destinato a ben altro.

Nel caso specifico i palestinesi si sono fatti gioco delle leggi americane che prevedono sanzioni nel caso in cui la Palestina si rivolga a qualsiasi organismo internazionale per denunciare Israele o cittadini israeliani. Credendo che a loro tutto sia permesso (ci credono perché fino ad oggi è stato così, persino cambiare la storia), gli arabo-palestinesi non hanno semplicemente considerato le leggi dello stato che ospita i loro uffici e adesso non si capacitano del fatto che qualcuno li possa penalizzare.

E ora sarebbe il caso che l’Amministrazione Trump oltre che a chiudere gli uffici di una organizzazione criminale come l’OLP cominci anche a tagliare veramente gli aiuti finanziari alla Amministrazione Palestinese, almeno fino a quando non interrompono il sostegno alle famiglie dei terroristi e a fomentare odio.
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Messaggioda Berto » dom nov 19, 2017 8:58 pm

I minorenni palestinesi commettono attentati per migliorare il loro status agli occhi della loro società
17/11/2017

http://www.israele.net/i-minorenni-pale ... ro-societa

Lo ammettono gli stessi propagandisti anti-israeliani senza chiedersi se tale comportamento abbia a che fare con la glorificazione del terrorismo e l’indottrinamento all’odio

Da quasi dieci anni la ong palestinese Defense for Children International-Palestine (DCI-P) continua ad accusare ingiustificatamente Israele di violare i diritti dei minorenni palestinesi arrestati perché sospettati d’aver commesso attacchi terroristici. Più recentemente, la ong DCI-P ha lanciato una campagna negli Stati Uniti e in Canada intitolata “Non è così che si tratta un bambino” con l’obiettivo di “porre fine alla prolungata occupazione militare dei palestinesi da parte di Israele”. Tra le varie accuse infondate, la ong DCI-P sostiene che i minorenni palestinesi verrebbero arrestati e condannati senza motivo e senza alcuna garanzia processuale.

Tuttavia, in una recente intervista alla TV ufficiale dell’Autorità Palestinese, proprio un funzionario della ong DCI-P, il direttore del “Programma Accountability” Ayed Abu Qteish, smentisce di fatto le accuse mosse dalla sua stessa organizzazione. Nell’intervista, infatti, Abu Qteish afferma che in effetti i minorenni palestinesi commettono davvero attentati terroristici, e che non lo fanno necessariamente per attaccare gli israeliani quanto per preservare o migliorare il loro status all’interno della società palestinese.

Ecco i passi più significativi dell’intervista.

Ayed Abu Qteish: «Ci sono bambini che, quando erano in prigione, dicevano all’avvocato: “io voglio essere carcerato”. La prima volta che [il minorenne] era stato arrestato, non aveva confessato e lo avevano rilasciato perché non c’erano prove per condannarlo davanti al tribunale militare israeliano. Anche la seconda volta non c’erano prove. La terza volta voleva essere incarcerato affinché la sua immagine non risultasse compromessa agli occhi dei suoi amici, anche se in realtà era innocente … In diversi casi [i minorenni palestinesi] hanno compiuto operazioni di accoltellamento per via del modo in cui li vede la gente. Hanno capito che “il modo migliore per ripulire la mia immagine [dal sospetto di collaborare con Israele] è partecipare a operazioni di resistenza”». (Da: TV ufficiale dell’Autorità Palestinese, 11.10.17)

Questa dichiarazione del funzionario della ong DCI-P è importante per almeno un paio di motivi.

In primo luogo, Abu Qteish attesta che i minorenni palestinesi sospetti vengono regolarmente rilasciati quando l’indagine non è in grado di suffragare l’accusa con prove sufficienti, contrariamente a quanto afferma la sua stessa ong.

In secondo luogo Abu Qteish afferma che, in diversi casi, i minorenni palestinesi compiono effettivamente attentati terroristici e che la motivazione per farlo non ha a che fare con le politiche di Israele o le condizioni della popolazione palestinese, quanto piuttosto con la percezione di come la loro stessa società considera gli attentati e chi li compie.

Purtroppo sia l’intervistato che l’intervistatore non hanno pensato di approfondire questo aspetto cruciale, e domandarsi da dove origini questa percezione così dominante e pervasiva da indurre giovanissimi palestinesi a compiere sanguinosi attentati. Se l’avessero fatto, avrebbero potuto utilmente interrogarsi sulla insistente glorificazione degli attentatori, costantemente celebrati senza alcun distinguo, e sul martellante indottrinamento all’odio e alla violenza promossi da mass-media e scuole dell’Autorità Palestinese.

Defense for Children International-Palestine (DCI-P) è un’organizzazione non governativa palestinese che, secondo “ONG Monitor”, ha stretti legami con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), un gruppo designato come terroristico da Israele, Stati Uniti, Unione Europea e Canada. Ciononostante essa gode di significativi finanziamenti da parte di governi europei. Un’analisi fattuale e giuridica delle affermazioni su cui si basa la campagna di DCI-P è consultabile in questo rapporto (in inglese).

(Da: PMW Bulletin, israele.net, 9.11.17)
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Messaggioda Berto » sab nov 25, 2017 2:18 pm

La passerella della dirottatrice palestinese Leila Khaled a Roma e Napoli
25/11/2017

http://www.linformale.eu/la-passerella- ... a-e-napoli


Ha dirottato due aerei quando era militante del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, un’organizzazione terroristica di sinistra estrema attiva fino agli anni ’80. Oggi, Leila Khaled si prepara ad essere accolta in Italia. Non da terrorista, o almeno ex terrorista, ma da eroina con tutti gli onori.
Leila Khaled, infatti, ha ispirato canzoni e film, diventando un punto di riferimento anche di certi “rivoluzionari” occidentali al pari di Che Guevara, che considerano le sue gesta un atto di “Resistenza” anziché di terrorismo. Fin troppo facile capire come e perché si sia arrivati a questo: Leila Khaled è stata una terrorista palestinese in lotta contro la “potenza occupante” Israele, capace di incarnare quel mito romantico della povera araba oppressa che combatte contro i colonizzatori, gli abusivi, quelli “arrivati dopo”. Gli ebrei a cui “è stata data la Palestina come risarcimento per la Shoah”.
Leila Khaled è forse il più fulgido esempio di quanto la propaganda araba, basata su menzogne, distorsioni e ricostruzioni della storia, abbia funzionato. Con l’aggiunta romantica e suggestiva di essere una donna, quindi “la prima donna della storia” a dirottare un aereo di linea.
Chapeau, verrebbe da dire. Esistono anche donne serial killer, ci mancherebbe che non esistano donne dirottatrici. E così sono stati accontentati pure i tifosi e le tifose dell’emancipazione femminile.
Leila Khaled, dicevamo, accolta anche da quest’aura suggestiva che esalta gli antisionisti d’Italia e d’Europa, si prepara dunque ad essere nuovamente accolta in Italia. Un modo degno per festeggiare i “5o anni di Resistenza”, dove per Resistenza si intende quella palestinese, ma il termine volutamente richiama quella italiana del ’43-’45, giusto per ricordare che in entrambi i casi si tratta di lotta contro un oppressore. Ed è proprio a partire dai feticci linguistici che sopravvive l’equivoco su Leila Khaled, terrorista diventata eroina e resistente.

È il cinquantesimo anniversario della fondazione del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, un’organizzazione terroristica esattamente come Hamas. Ma in Italia è una ricorrenza da festeggiare, con la presenza di Leila Khaled.
Il suo curriculum è impietoso: nel 1969 ha dirottato un Boeing 707 della compagnia statunitense Twa in servizio tra Los Angeles e Tel Aviv, nel 1970 si è ripetuta su un volo della compagnia di bandiera israeliana El Al tra Amsterdam e New York. Nel secondo caso, è intervenuto un agente di sicurezza israeliano che ha ucciso il complice della Khaled, bloccando la terrorista.
Incarcerata in Inghilterra, Leila Khaled è stata rilasciata ben presto. Oggi vive in Giordania e ha abbandonato quei metodi, continuando però ad occuparsi della causa palestinese.

È stata intervistata, anche da giornali italiani, ha ispirato canzoni e film celebrativi, come Leila Khaled, Hijacker (Leila Khaled, dirottatrice), della regista palestinese Lina Makboul.
A dicembre sarà a Roma e Napoli. A Roma, come da manifesto, all’hotel Porta Maggiore, sabato 2 dicembre. A Napoli all’Asilo Filangieri, edificio di proprietà del Comune gestito da anni da un collettivo di estrema sinistra, lunedì 4 dicembre.
Per la tappa napoletana si è pensato addirittura ad una sala del Maschio Angioino, ma alla fine è venuta a mancare la disponibilità. Non è detto, però, che non ci sia il sindaco Luigi De Magistris a presenziare all’incontro con Leila Khaled, invitato dal Comitato per la Palestina che ha organizzato l’evento.
De Magistris potrebbe pure accettare: c’è il precedente della cittadinanza onoraria concessa dal sindaco di Napoli a Bilal Kayed, un militante del Fronte Popolare che è stato in carcere per ben 15 anni. Il sindaco di Napoli è quindi assai sensibile alla “causa palestinese”.
Leila Khaled, dal canto suo, un paio di mesi fa è stata ospite del parlamento europeo. Le simpatie nei suoi confronti non sono evidentemente circoscritte ai soli centri sociali, ma si espandono in ambito istituzionale.
Siamo pur sempre l’Europa che ha ceduto al ricatto petrolifero dopo la guerra dello Yom Kippur…


Ieri sera l'ex terrorista Leila Khaled è stata bloccata all'aeroporto di Fiumicino e imbarcata su un volo per Amman.
https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 1089073615

A dare l’annuncio è la associazione Udap ( (Unione Democratica Araba-Palestinese), che in un comunicato ha dichiarato :“Oggi, martedì 28 novembre 2017, Leila Khaled è stata fermata all’aeroporto Leonardo da Vinci – Roma Fiumicino. Alla leader palestinese è stato negato l’ingresso in Italia ed è stata costretta a partire imbarcandosi sul primo volo per Amman".Leila doveva partecipare ad un ciclo di conferenze ,a Roma e Napoli,organizzate dall'UDAP,per celebrare i “50 anni di Resistenza palestinese”, ovvero la fondazione dell’organizzazione terroristica Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. La Khaled e' la ex terrorista che negli anni '70 ha dirottato due aerei di linea in Europa e lo scorso settembre e' stata ospite al Parlamento Europeo.

Bye bye.
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Messaggioda Berto » sab dic 02, 2017 8:44 am

Palestinesi: Se non ci darete tutto, non potremo fidarci di voi
Bassam Tawil1 dicembre 2017

https://it.gatestoneinstitute.org/11469 ... pace-trump

I palestinesi sono ancora una volta arrabbiati – questa volta perché l'amministrazione Trump non sembra condividere la loro posizione riguardo al conflitto israelo-palestinese. I palestinesi sono anche arrabbiati perché credono che l'amministrazione Trump non voglia costringere Israele a soddisfare tutte le loro richieste.

I palestinesi la vedono in questo modo: se non sei con noi, allora sei contro di noi. Se non accetti tutte le nostre richieste, allora sei nostro nemico e non possiamo fidarci di te nel ruolo di mediatore "onesto" nel conflitto con Israele.

La settimana scorsa, fonti non confermate hanno ancora una volta riportato che l'amministrazione Trump ha lavorato a un piano di pace globale in Medio Oriente. I dettagli completi del piano rimangono ancora sconosciuti.

Ma ciò che è certo – secondo le fonti – è che il piano non soddisfa tutte le richieste dei palestinesi. In realtà, nessun piano di pace – da parte degli americani o di qualsiasi altra parte – sarebbe in grado di offrire ai palestinesi tutto ciò che loro chiedono.

Le condizioni dei palestinesi sono irrealistiche come sempre. I palestinesi chiedono ad esempio che a milioni di "profughi" palestinesi sia riconosciuto il diritto al ritorno in Israele. Inoltre, i palestinesi vogliono che Israele si ritiri entro i confini indifendibili, il che favorirebbe un avvicinamento di Hamas e di altri gruppi a Tel Aviv.

L'Autorità palestinese (Ap) e il suo leader, l'82enne Mahmoud Abbas, ora nel dodicesimo anno del suo mandato quadriennale, continuano a insistere sul fatto che non accetteranno altro che uno Stato palestinese indipendente e sovrano, con Gerusalemme Est come capitale, nei territori conquistati da Israele nel corso della guerra dei Sei giorni del 1967.

La cosa più pericolosa è che anche nell'improbabile eventualità che Abbas firmi un accordo, potrebbe in seguito arrivare un altro leader che affermi a giusto titolo che Abbas non aveva alcuna autorità per firmare nulla poiché il suo mandato era scaduto da tempo.

Hamas, il gruppo terroristico islamista palestinese che controlla la Striscia di Gaza, sostiene che non accetterà mai la presenza di Israele su territori di "proprietà musulmana". Hamas vuole tutte le terre che Israele avrebbe presumibilmente "portato via" nel 1948. In parole povere, Hamas vuole la distruzione di Israele per instaurare un califfato islamico in cui ai non musulmani verrebbe riconosciuto lo status di dhimmi ("persone protette").

A differenza dell'Autorità palestinese, Hamas ha il merito di essere chiaro e coerente riguardo al suo vero obiettivo. Dalla sua fondazione avvenuta decenni fa – e nonostante le recenti speranze illusorie espresse dagli esperti occidentali – Hamas ha rifiutato di cambiare la sua ideologia o di ammorbidire la sua politica. È fermamente ancorato alla sua posizione secondo la quale nessun musulmano ha il diritto di cedere nessuna parte delle terre di proprietà musulmana ai non musulmani (in questo caso, gli ebrei. Lo stesso dicasi per la "pulizia" della Turchia, volta a eliminare gli armeni e i greci non musulmani).

D'altra parte, l'Autorità palestinese – Giano bifronte – continua a parlare a più voci, inviando messaggi contrastanti tanto alla propria popolazione quanto alla comunità internazionale. Nessuno sa davvero se l'Ap abbia una strategia chiara e coerente nei suoi rapporti con Israele.

Mahmoud Abbas sa come sembrare estremamente gentile, e spesso lo fa quando incontra i leader israeliani e occidentali. Ma quando parla in arabo alla sua gente, talvolta è difficile distinguere Abbas dal leader di Hamas Ismail Haniyeh.

Il presidente americano Donald Trump parla con il presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas, il 23 maggio, a Betlemme. (Foto di PPO via Getty Images)

Alcuni dei più alti funzionari di Abbas sembrano essere ancora più estremisti di Hamas. Tranne, ovviamente, quando questi ufficiali palestinesi affabili e con tanto di istruzione occidentale vengono mandati a parlare agli occidentali. E allora, tutto a un tratto, i loro toni diventano mielosi.

Poiché i leader dell'Autorità palestinese e i loro sostituti sono dissonanti, inviano messaggi contrastanti al mondo sulle loro reali intenzioni e spesso riescono a ingannare tutti. Troppo spesso il mondo crede ai messaggi che vuole sentire anziché a quelli meno comodi e reali.

I messaggi contraddittori dell'Ap hanno dato l'impressione che essa sia tanto un partner di pace quanto un nemico, a seconda di chi li ascolta e quando.

Una cosa è chiara: i palestinesi ritengono che non corra buon sangue tra loro e gli Stati Uniti. A loro avviso – e lo reputano instancabilmente da lungo tempo – gli Stati Uniti non sono in grado di svolgere un ruolo imparziale da mediatore nel conflitto con Israele. Ciò che preoccupa i palestinesi è l'alleanza forte e strategica tra gli Stati Uniti e Israele.

I palestinesi hanno accusato ogni amministrazione statunitense degli ultimi quattro o cinque decenni di essere "di parte", a favore di Israele.

L'amministrazione Trump sta per ricevere una lezione sulla politica palestinese. Se e quando Washington renderà pubblico il suo piano di pace, i palestinesi saranno i primi a rigettarlo, semplicemente perché non soddisfa tutte le loro richieste.

Mahmoud Abbas sa che non può ritornare dai suoi cittadini con qualcosa che non sia ciò che ha promesso al suo popolo: il cento per cento.

Nelle settimane scorse abbiamo già avuto un assaggio della risposta palestinese. Ecco, ad esempio, quello che il portavoce di Abbas, Nabil Abu Rudaineh, ha affermato quando gli è stato chiesto di commentare le notizie relative al piano di pace e alla minaccia americana di chiudere la missione diplomatica dell'Olp a Washington: "L'amministrazione americana ha perso la capacità di agire da mediatrice nella regione. Gli Stati Uniti non possono più essere visti come i promotori del processo di pace".

Le parole di Abu Rudaineh sono state molto più sobrie e misurate dei commenti sull'amministrazione Trump espressi da altri ufficiali e fazioni palestinesi.

Il capo negoziatore dell'Olp, Saeb Erekat, è arrivato addirittura a minacciare che i palestinesi sospenderanno tutte le comunicazioni con gli Stati Uniti se la missione diplomatica dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina venisse chiusa.

Ovviamente, nessuno sembra prendere sul serio la minaccia di Erekat. Interrompere le relazioni con gli Stati Uniti equivarrebbe a un suicidio per i palestinesi. Senza il sostegno finanziario e politico americano, l'Autorità palestinese ed Erekat sparirebbero in pochi giorni. A questo punto non è chiaro se quanto affermato da Erekat in merito all'interruzione delle relazioni con gli americani includa anche il rifiuto di accettare gli aiuti finanziari statunitensi.

Tuttavia, le minacce di Erekat vanno viste nel contesto della crescente rabbia palestinese e dell'ostilità nei confronti dell'amministrazione Trump. Questa rabbia si traduce ora in un attacco retorico a Trump e alla sua amministrazione. I palestinesi accusano l'attuale amministrazione di lavorare e complottare al fine di "liquidare" la causa palestinese, e questo con l'aiuto di alcuni paesi arabi, tra cui l'Arabia Saudita e l'Egitto.

I palestinesi si sono fatti un'idea: Il piano di pace di Trump è negativo per noi e non lo accetteremo. Il piano è pessimo perché non costringe Israele a dare tutto ai palestinesi. Per i palestinesi, il piano è negativo perché viene visto come parte di una cospirazione ordita da Jared Kushner e dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. I palestinesi sono convinti che Trump voglia "liquidare" la loro causa e non risolverla.

Trump sta per affrontare lo stesso iter di cui fu testimone il presidente Bill Clinton a Camp David, diciassette anni fa. A quel tempo, con grande stupore di Clinton, Yasser Arafat respinse un'offerta incredibilmente generosa da parte dell'allora premier israeliano Ehud Barak. Trump presto si renderà conto che per Mahmoud Abbas e per i palestinesi il 99 per cento non è abbastanza.

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Basta finansiar el terorixmo ixlamego pałestinexe antiebreo

Messaggioda Berto » dom dic 24, 2017 3:57 pm

La Danimarca taglia gli aiuti alle ONG palestinesi colluse con il Movimento BDS
Sarah G. Frankl
24/12/2017

http://www.rightsreporter.org/la-danima ... imento-bds

Coraggiosa decisione della Danimarca che decide di tagliare i finanziamenti a quelle ONG palestinesi colluse con il Movimento BDS e con le organizzazioni terroristiche

Con una decisione veramente coraggiosa, visto i tempi che corrono, la Danimarca ha deciso di tagliare gli aiuti a 14 ONG palestinesi dopo che una indagine interna condotta dal Ministero degli Esteri danese aveva scoperto che queste ONG palestinesi usavano il denaro per finanziare operazioni di terrorismo o di boicottaggio contro Israele invece di usarli per progetti di sviluppo e assistenza.

Lo ha comunicato ieri sera lo stesso Ministero degli Esteri danese che oltre a questo ha fatto sapere di aver introdotto misure molto più restrittive per l’accesso ai fondi della cooperazione danese tra le quali il divieto tassativo di avere qualsiasi forma di legame con il Movimento BDS.

Il Ministro degli Esteri danese, Anders Samuelsen, ha detto che a partire dal 2018 la Danimarca finanzierà solo 10 ONG palestinesi invece che le 24 attuali. «La Danimarca continuerà a sostenere la società civile palestinese» ha detto Samuelsen «tuttavia saremo focalizzati sulla situazione dei Diritti Umani e sullo sviluppo della Palestina che rimane la nostra priorità» ha poi aggiunto.

L’indagine del Ministero degli Esteri danese è partita dopo che il Palestinian Women’s Affairs Technical Committee (WATC), il quale usufruiva indirettamente del sostegno finanziario della Danimarca, aveva aperto un centro per le donne dedicato alla terrorista palestinese Dalal Mughrabi, colpevole di aver ucciso dozzine di civili israeliani in quello che è passato alla storia come il «Massacro della Strada Costiera». Per il suo vile progetto il WATC aveva ricevuto mezzo milione di dollari dal Human Rights and International Humanitarian Law Secretariat il quale a sua volta era finanziato dalla Danimarca, dai Paesi Bassi, dalla Svezia e dalla Svizzera. Secondo il Ministero degli affari strategici di Israele, il Segretariato finanzia molte organizzazioni palestinesi che promuovono la delegittimazione e il boicottaggio di Israele. Alcune di queste ONG, come Al-Haq e Addameer, hanno anche legami con l’organizzazione terrorista Fronte popolare per la liberazione della Palestina (PFLP).

Un forte plauso alla decisione danese arriva da Israele. In particolare il ministro della Pubblica sicurezza, Gilad Erdan, nel congratularsi con la Danimarca per la coraggiosa decisione ha detto che ora anche atri Stati europei dovrebbero seguire l’esempio danese. «Non è più possibile che gli Stati europei finanzino organizzazioni palestinesi che promuovono il boicottaggio di Israele e che cercano di presentare una immagine distorta dello Stato Ebraico o che, ancora più grave, abbiano legami con organizzazioni terroristiche» ha detto Gilad. «Invito gli altri Paesi europei a seguire l’esempio della Danimarca e a interrompere ogni legame con quelle ONG palestinesi che sostengono il terrorismo e che lavorano contro la pace e la normalizzazione» ha concluso Gilad Erdan.
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