I popoli d'Europa si rivoltano contro la violenza islamica

I popoli d'Europa si rivoltano contro la violenza islamica

Messaggioda Berto » sab mar 16, 2019 8:31 pm

Ecco un articolo confusionario e ingannevole che non aiuta di certo a fare chiarezza e a comprendere le cose, dove il terrorismo viene trattato come un fenomeno individualista o di qualche gruppuscolo ideologizzato estremista pscicopatico, come se i sistemi ideologici, utopici, fideistici e le loro organizazzioni politico religiose non c'entrassero nulla, quando in realtà il vero terrorismo è quello che delle organizazzioni politiche statali con la loro ideologia e i loro dogmatismi utopistici e/o religiosi: per esempio il terrorismo maomettano, comunista, fascista e nazista, tribale, questi sono i veri terrorismi che hanno fatto milioni di vittime e di morti, non quelli anarchici o di qualche suprematista bianco.

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L'ideologia è un pretesto, i terroristi vogliono solo morte
Franco Iacch - Sab, 16/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lid ... 63633.html

La strage di Christchurch non è diversa dagli attentati rivendicati delle sigle jihadiste. A pagare sarà sempre la gente inerme ed innocente: i terroristi vogliono solo morte

Il commando che ha tolto la vita a 49 persone raccolte in preghiera nelle moschee di Al Noor a Christchurch e Masjid nel sobborgo di Linwood, in Nuova Zelanda, era composto soltanto da gente malvagia. Non mostri ultraterreni, ma terroristi che hanno compiuto azioni sostanzialmente irrazionali, ma proceduralmente razionali. Un terrorismo stocastico, per episodi di violenza casuale perpetrati da attori solitari.

Nuova Zelanda: diversa ideologia, medesima visione di morte

La strage di Christchurch non è molto diversa dagli attentati poi rivendicati dalle organizzazioni terroristiche di matrice islamica. I terroristi di tutte le ideologie cercano attenzioni e tendono a vedere se stessi ed i loro gruppi di appartenenza o riferimento come perseguitati e bisognosi di protezione. Uno dei tratti comuni delle organizzazioni terroristiche è il teatro della violenza.

Per intenderci, quello che i terroristi anarchici del diciannovesimo secolo consideravano propaganda per atto. Durante la guerra fredda, i terroristi tendevano ad attaccare le strutture simbolo o governative piuttosto che le persone. La propaganda per atto (rivolta per lo più contro le strutture), si è poi evoluta in propaganda per morte. Jihadisti e suprematisti bianchi cercano di veicolare un messaggio tramite il maggior numero di morti. Bin Laden uccise tremila persone nelle Torri gemelle nel tentativo di trascinare gli Stati Uniti in una guerra globale di logoramento. I suprematisti bianchi motivano le stragi a difesa della purezza della razza contro l’invasione degli immigrati.

Definizione di successo

Il successo non si misura con la forza delle armi o dal numero di soldati schierati, ma si ottiene con la molteplice coesistenza di un certo numero di fattori. I due principali fattori sono la posizione ed il tempo. La determinazione è un segno distintivo dell'esecutore solitario. Parliamo quindi di bidimensionalità dell’operazione solitaria nella sua doppia valenza politica e militare. Vi sono numerose variabili infine, da considerare come la logistica, le opportunità percepite e l'accesso agli obiettivi desiderabili. Il contesto plasma le tattiche, le procedure e le tecniche assimilate negli anni. L’equazione di un attentato è sempre dinamica. E' impossibile proteggere ogni cosa, ma è necessario dare la priorità ai luoghi affollati.


La razionalità del terrorismo nella scelta dei bersagli

Il terrorismo è una forma di strategia basata sulla violenza per infondere paura per scopi politici, che provoca un giudizio morale sui metodi e obiettivi dell'attore. L’indottrinamento con il ricorso alla narrativa apocalittica crea generalmente una maggiore predisposizione nei terroristi nell’attaccare i bersagli con un'elevata concentrazione di civili.

Con l’espressione soft target non si indica una morbidezza strutturale, ma si riferisce ad un’area facilmente accessibile. I terroristi non sarebbero nulla se non fossero adattabili. Gli attacchi contro obiettivi morbidi sono attraenti per le organizzazioni terroristiche perché presentano caratteristiche operative che li rendono vulnerabili e facili da sfruttare, garantendo così un maggiore successo. Per realizzare questo obiettivo, il layout di questi luoghi deve soddisfare determinati criteri tra cui un'atmosfera invitante per i visitatori che è solitamente aperta e spaziosa.

Tra i bersagli morbidi i centri commerciali, le scuole, i cinema, gli ospedali, i luoghi di culto, i parchi, gli stadi, gli alberghi, le palestre, le stazioni ferroviarie, gli aeroporti. Questi ultimi, ad esempio, garantiscono diverse entrate ed uscite e consentono l'accesso diretto anche da strade o stazioni della metropolitana. Offrono, infine, anche la possibilità di far scendere i passeggeri e scaricare i bagagli vicino al perimetro del sito.

I soft target ideali, come le stazioni ferroviarie, gli aeroporti, i luoghi di culto, parchi, centri commerciali e gli stadi, presentano anche parcheggi situati nelle immediate vicinanze dei siti per ospitare famiglie e disabili. Tali aree raramente dispongono di sistema di difesa passivi e protocolli di sicurezza attivi per discriminare o rispondere ad una possibile minaccia con guardie di sicurezza (quando presenti), spesso disarmate e mancanti della formazione e delle attrezzature necessaria per fronteggiare un attacco terroristico. Inoltre, la mancanza di un adeguato screening su persone e mezzi, consente agli attori di trasportare armi ed esplosivi a bordo dei veicoli parcheggiati in prossimità dei siti da colpire. Appare evidente, quindi, che la selezione degli obiettivi morbidi è guidata da fini strategici.


L'attentato rappresenta lo stadio finale di un lucido processo razionale

L’attentato terroristico in se non è da considerare come un episodio opportunista, ma rappresenta lo stadio finale di un lucido processo razionale che inizia proprio con la selezione del target. La selezione dei bersagli, guidata da obiettivi strategici e ideologici, è sempre plasmata in risposta alle misure di sicurezza esistenti nell’ambiente operativo che si intende colpire. L’attore razionale effettua un calcolo dei costi e dei benefici quando seleziona un bersaglio.

A differenza di quanto veniva teorizzato alcuni anni fa, quando al Qaeda suggeriva di colpire le figure di alto profilo come i capi di stato, la selezione dei bersagli avviene oggi in modo realistico. Poiché una figura di alto profilo come un obiettivo simbolico sono solitamente protetti per un indurimento complessivo dell’area operativa, la scelta di un bersaglio morbido garantisce un livello di successo superiore.

I bersagli morbidi sono facili da attaccare e non richiedono un lungo ciclo di pianificazione. Le elevate perdite tra i civili, generano un'attenzione globale dei media a vantaggio della causa dei gruppi terroristici. Secondo le equazioni alla base del tempo di esposizione di un attacco x in un sito y, la cassa di risonanza aumenta proporzionalmente al dramma in corso. La diretta tv o social è sempre stata un’ossessione per i terroristi: in quest’ottica si colloca la scelta dei bersagli che presentano proprio tali peculiarità come un evento sportivo. La variabile degli ostaggi, quindi, è concepita proprio in tale senso.

L’obiettivo morbido è motivato dalla distorta ideologia e visione del mondo. La fase di sorveglianza è eseguita per ottenere un profilo aggiornato dell'obiettivo, determinare l'approccio più adatto ed il momento migliore per l’attacco. I terroristi visitano diverse volte il loro obiettivo previsto utilizzando una varietà di sistemi legittimi come telecamere, binocoli, sistemi globali di posizionamento ed internet.


Nuova Zelanda: perchè la diretta social?

Gli smartphone sono il principale strumento di raccolta e diffusione di immagini, video, opinioni e contenuti personali sui social media. Durante le fasi iniziali, lo Stato islamico invitava gli utenti a seguire in diretta sui social i progressi sul campo di battaglia. Come sappiamo la strage di Christchurch è stata trasmessa in diretta sui social. Quel video di 17 minuti è stato inizialmente diffuso sui media senza alcuna censura.

Nonostante la rimozione (avvenuta dopo ore), il video integrale continua ad essere pubblicato e condiviso su diverse piattaforme. Nuove versioni del video, editate e ritenute politicamente corrette, continuano ad essere pubblicate in quei paesi dove non esistono efficaci protocolli di esposizione. Quei trailer di morte, ritenuti "non lesivi", saranno certamente utilizzati dalla propaganda jihadista. L’utilizzo dei social da parte è concepito per l’immediatezza e per aggirare il filtro dei media. Fino a pochi anni fa, infatti, l’unica cassa di risonanza per i terroristi era determinata dallo spazio dato all’interno delle testate giornalistiche. I social hanno aggirato tale blocco dando immediata connessione tra la figura di riferimento ed i suoi follower e garantendo quella visibilità che non avrebbero ricevuto sulle testate giornalistiche.

Nuova Zelanda: studiare il manifesto

"Gli invasori devono essere rimossi dal suolo europeo"

The Great Replacement, il manifesto di 74 pagine pubblicato poche ore prima dal killer della Nuova Zelanda, rappresenta una presunta e disturbata dichiarazione politica. Ovviamente non manca quel senso di minaccia al gruppo che l'uomo rivendica, tipico anche delle organizzazioni jihadiste. Ad esempio nella propaganda di al Qaeda o in quella dello Stato islamico, l'Occidente (regno crociato) starebbe conducendo una deliberata campagna per sterminare i musulmani. E' un passaggio ricorrente prelevato dal terrorista Abdullah Azzam. Per i suprematisti bianchi, da Christchurch a Charleston e Pittsburgh, abbiamo una esatta immagine speculare: il genocidio bianco condotto dal mondo musulmano attraverso l'immigrazione.

Non andartene docile in quella buona notte

The Great Replacement si apre con la famosa poesia di Dylan Thomas, nota per la sua prima battuta "Non andartene docile in quella buona notte". Il poeta gallese non incita al combattimento. Do not Go Gentle in That Good Night, scritta nel 1947, è dedicata al padre morente, malato di cancro. La poesia è la supplica di un figlio che piange per l'imminente perdita del padre a cui implora di aggrapparsi alla vita


La narrativa apocalittica

"La vulnerabilità all'invasione straniera avverrà molto probabilmente dall'est, in particolare dalla Cina, dalla Turchia, dall'India o da una combinazione dei tre paesi"

L’indottrinamento con il ricorso alla narrativa apocalittica, crea generalmente una maggiore predisposizione nell’attaccare i bersagli con un'elevata concentrazione di civili. Per molto tempo ritenuti insulsi dall’Occidente, i sermoni dei teorici dello Stato islamico e di al Qaeda hanno avuto l’obiettivo di creare attori con obiettivi assolutisti o non negoziabili, per quella profonda dicotomia tra bene e male.

Il codice morale nei terroristi è assente, i nemici de-umanizzati: in questo modo si elimina ogni ostacolo verso l'assassinio di massa di civili, tra cui donne e bambini. Il terrorismo, violando le norme internazionali in materia di targeting dei civili, si propone deliberatamente di apparire al di là della razionalizzazione per amplificare l'effetto psicologico di un attacco. La logica che cerca di massimizzare l'effetto psicologico del terrorismo è strutturata per compensare le capacità materiali asimmetriche.

Come attore non statale che cerca di costringere un avversario di Stato molto più forte, il terrorismo rappresenta un tentativo razionale di massimizzare le risorse limitate. Tuttavia, la strumentalità dell'uso della forza è organizzata principalmente verso ulteriori obiettivi politici. L’attacco terroristico, sebbene furioso nella fase di esecuzione, è quindi frutto di meticolosa pianificazione. La valutazione dei costi-benefici effettuati dalle organizzazioni terroristiche rivela che la decisione di effettuare un attentato, pur in genere sostanzialmente irrazionale, è proceduralmente razionale. La logica della teoria strategica dietro il processo di deliberazione così come la scelta dei tempi, degli obiettivi e degli effetti per massimizzare l'utilità degli attacchi sia a livello tattico che strategico, suggerisce che il terrorismo è prodotto da un processo di pensiero. Si definisce quindi il terrorismo come una procedurale razionale, anche se non necessariamente sostanziale.

La logica strumentale alla base dei piani di azione

Errata percezione. Definire il terrorista come un pazzo o un fanatico religioso che commette atti di violenza indiscriminati, contribuisce alla comune percezione che il terrorismo esista oltre i regni dell'attività razionale. Il terrorismo è invece un fenomeno lucidamente razionale, all'interno di una più ampia strategia di comunicazione politica coercitiva, dove la violenza viene usata nella deliberata creazione di un senso di paura per influenzare un comportamento e un determinato gruppo di destinatari.

La razionalità procedurale dell'uso del terrorismo, basato sull'osservazione e sull'esperienza, è ulteriormente rafforzata dall'utilità che massimizza la natura del targeting. La natura di queste considerazioni è chiaramente basata su un calcolo razionale di costo-beneficio. Il terrorismo impiegato in modo intermittente in risposta ai cambiamenti degli ambienti strategici è parte di un modello chiaro e ricorrente, osservabile in Medio Oriente e già attuato nell'Irlanda del Nord. Gli obiettivi civili sono scelti proprio perché l'aspetto della casualità è essenziale per massimizzare la paura tra la popolazione target. L'illusione di una tattica indiscriminata è essenziale per colpire psicologicamente coloro che sono sfuggite alle conseguenze fisiche di un attacco terroristico.

Queste risposte comportamentali per massimizzare l'utilità negli ambienti strategici dinamici, sono riconducibili ad una logica strumentale alla base dei piani di azione. La razionalità procedurale spiega come il terrorismo è il prodotto di un'analisi logica del costo-beneficio, dell'utilità prevista e delle strategie coercitive all'interno di una serie limitata di opzioni disponibili per i gruppi politici non statali. Pianificazione, scelta dei target, immediatezza nell’esecuzione, sopravvivenza: sono tattiche che derivano chiaramente dalla guerriglia insurrezionale, orchestrate per disperdere le forze di reazione e sfruttare lo shock iniziale. Quelli ritenuti atti casuali di terrorismo potrebbero essere indicatori di un'insurrezione, naturale evoluzione di anni di reclutamento tra i musulmani britannici da parte delle organizzazioni terroristiche. Possiamo quindi affermare che l’attentato terroristico in se è un’azione razionale sorprendente che bilancia immediatamente le forze con il nemico (lo Stato) in un arco temporale strettamente limitato.



Aumentare la coesione organizzativa

Caratterizzare i membri del terrorismo come vittime di una società ingiusta ne aumenta la coesione organizzativa, mentre nuove regole di condotta morale si applicano alle iterazione con gli avversari che non si percepiscono come umani. L'identità del gruppo è fondamentale per la formazione, l'assunzione e il funzionamento delle organizzazioni terroristiche. Le narrazioni strategiche impiegate dalle organizzazioni terroristiche seguono una precisa struttura progettata per mostrarsi idealizzata e non contraddittoria. Obiettivo della propaganda è il rafforzamento dell'identificazione negativa di coloro che non sono conformi agli ideali del gruppo. In sintesi, le comunicazioni terroristiche celebrano e definiscono l'identità dei militanti, definendo quali azioni devono essere adottate o evitate per preservare l'integrità dell'appartenenza al gruppo. Uno spiccato senso di vittimismo si traduce in un potente motivatore per giustificare la violenza e l'ideologia estremista. L’obiettivo è quello di scatenare una dissonanza cognitiva per azioni religiosamente, politicamente ed eticamente non giuste, ma idealmente necessarie per raggiungere gli obiettivi del gruppo. Tale giustificazione è essenziale per razionalizzare il coinvolgimento contro i gruppi percepiti come negativi. Le narrazioni strategiche sono strutturate per giustificare nel terrorista un’azione che si discosta dalla propria identità religiosa, culturale e politica. Le costanti informazioni stereotipate contribuiscono ad una distorta attribuzione dell’errore ed alla de-umanizzazione dell’avversario, inglobato in un’unica categoria.


De-umanizzare il nemico

Riscrivendo la percezione di un nemico lo si colloca al di fuori di un gruppo. Non riconoscendo nell’avversario alcun tipo di diritto, si elimina qualsiasi tipo di preoccupazione e rimorso nel compiere azioni efferate contro soggetti che non dispongono di caratteristiche umane. La retorica delle organizzazioni terroristiche impiega spesso linguaggi e immagini per ritrarre i nemici con spiccate caratteristiche negative a svariati livelli (affettivi, culturali, intellettivi). Enfatizzando la percezione di un nemico non umano infine, si annulla qualsiasi tipo di negoziazione pacifica. Il terrorismo è un fenomeno lucidamente razionale, all'interno di una più ampia strategia di comunicazione politica coercitiva, dove la violenza viene usata nella deliberata creazione di un senso di paura per influenzare un comportamento e un determinato gruppo di destinatari. L'illusione di una tattica indiscriminata è essenziale per colpire psicologicamente coloro che sono sfuggite alle conseguenze fisiche di un attacco terroristico. Queste risposte comportamentali per massimizzare l'utilità negli ambienti strategici dinamici, sono riconducibili ad una logica strumentale alla base dei piani di azione.
Suprematisti bianchi e jihadisti: nessun territorio da attaccare, la guerra è ovunque

I suprematisti bianchi non mirano alla difesa di un territorio o alla conquista di una nazione, ma alla protezione della purezza della specie. Una guerra ideologica (ritornano le somiglianze con al Qaeda e lo Stato islamico), basata sulla protezione dei valori cardini e principi che sentono minacciati.

Il terrorismo di destra

Il terrorismo di destra si riferisce all'utilizzo della violenza da parte di entità subnazionali o non statali, con obiettivi che possono includere la supremazia razziale, etnica o religiosa. È diverso dal terrorismo religioso, dall'etno-nazionalista (motivazioni etniche o nazionaliste) e da quello di sinistra (in cui gli individui sono spinti dall'odio per il capitalismo con convinzioni pro-comuniste, filo-socialiste o fautori di un sistema sociopolitico decentralizzato come l'anarchismo).


Il Manifesto di Christchurch è una trappola

La quasi totalità delle persone non lo leggerà mai, ma quello pubblicato dal 28enne neozelandese accusato di omicidio per la strage della moschea di Al Noor, a Christchurch, è una trappola. Un subdolo, becero e presunto documento ideologico che cerca di giustificare la strage. Ma se qualcuno lo leggesse, avrebbe contezza della mole di spazzatura contenuta al suo interno. Gli indizi sulla radicalizzazione dell'uomo, sono sepolti sotto una montagna di enormi quantità di contenuti, in gran parte ironici e di bassa qualità per suscitare una specifica reazione emotiva in un pubblico inesperto. In gergo si chiama Shitposting. Un esempio? L'uomo scrive nel suo manifesto politico che "Spyro the Dragon 3 gli ha insegnato l'etno-nazionalismo". Per chi non lo sapesse si tratta di un videogioco. Il giocatore guida Spyro, un giovane drago viola, nel tentativo di liberare gli ottanta draghi imprigionati dal cattivo di turno.

Non mancano le esche nel manifesto di Christchurch, come i riferimenti all'attivista conservatrice Candace Owens o la speranza che il massacro scatenerà dibattiti sul controllo delle armi. Sono esche concepite per scatenare nel lettore specifiche reazioni. Contenuti per attirare l'attenzione, con innumerevoli riferimenti a meme e battute. L'autore crede in Oswald Mosley, fondatore della British Union of Fascists ed in David Lane, membro di un gruppo terroristico neonazista di nome The Order. Simpatia ideologica, infine, per Dylann Roof ed al manifesto di Anders Breivik, suprematista bianco norvegese che nel 2011 ha ucciso 77 persone in Norvegia.
Tali manifesti, come altre "opere", rappresentano un indicatore di dove possono condurre le ideologie. Così come il Mein Kampf di Hitler, il manifesto di Christchurch mescola mezze verità con menzogne, propaganda e razzismo partendo da falsi proclami. Nel manifesto di Christchurch, l'autore non rivendica l'appartenenza ad alcun gruppo specifico di estrema destra, e nega anche di essere un neonazista.

I numeri 14 e 88 sulle armi

Oltre ai nomi degli autori di altri stragi (gli idoli del 28 enne) e di alcune battaglie in cui molti musulmani furono uccisi, il killer ha dipinto sulle sue armi numerosi riferimenti neo-nazisti come i numeri 14 e 88. "We must secure the existence of our people and a future for White children" e "Because the beauty of the White Aryan woman must not perish from the earth" sono due slogan di quattordici parole coniate da David Lane ed utilizzati dall'estrema destra, che provengono dal Mein Kampf di Adolf Hitler. Per indicare i due slogan si utilizza la frase 14 Words. Il numero 88 si riferisce agli 88 precetti, 88 Precepts, formulati da David Lane. 88 o doppia H, ottava lettera dell'alfabeto, è l'acronimo di Heil Hitler.

Gli altri simboli sulle armi del killer

Il simbolo della Schwarze Sonne era utilizzato nell'apparato del Misticismo nazista. Acre 1189. Riferimento alla Battaglia di San Giovanni d'Acri. Vienna 1683. La battaglia di Vienna ebbe luogo l'11 e il 12 settembre 1683 e pose fine a due mesi di assedio posto dall'esercito turco alla città di Vienna. Turcofagos. Soprannome utilizzato dalla milizia greca che combattè contro le truppe turco-ottomane. Tours 732. La Battaglia di Tours, avvenuta nel 732 d.C., pose fine all'ultima invasione araba della Francia. Battle of Kagul 1770. La più grande battaglia terrestre della guerra russo-turca. Here's your migration compact!. Riferimento al Global Compact for Migration firmato dal Regno Unito lo scorso dicembre. Lepanto 1571. La battaglia di Lepanto fu la prima grande vittoria di un'armata o flotta cristiana occidentale contro l'Impero ottomano.

Armare i killer

A differenza del Regno Unito e dell'Australia, la Nuova Zelanda non vieta l'acquisto e la proprietà delle armi d'assalto semi-automatiche ed in stile militare. La maggior parte delle armi può essere venduta legalmente su Internet o tramite annunci sui giornali. A partire da sedici anni, chiunque in Nuova Zelanda con una licenza d'arma da fuoco entry-level, può acquistare e possedere un numero indefinitio di fucili senza doverli registrare. Anche le pistole ed i fucili semiautomatici che abbiamo visto nei filmati del killer, possono essere acquistati con una licenza di base in Nuova Zelanda. Tuttavia la procedura per ottenere un sistema d'arma d'assalto come l'AR-15, nel video accoppiato con caricatori ad alta capacità, dovrebbe essere più accurata. Il possesso dei fucili MSSA, military-style semi-automatic, dovrebbe essere soggetto ad un più alto livello di controllo da parte della polizia.

L'ideologia è un pretesto, i terroristi vogliono solo morte

Un tratto comune tra suprematisti bianchi e jihadisti è quello delle vite che distruggono. E' sempre il popolo, di qualsiasi credo, a pagare per la follia altrui. A pagare sarà sempre la gente inerme ed innocente.


Alberto Pento
Ecco, quello appena letto è un articolo confusionario e ingannevole che non aiuta di certo a fare chiarezza e a comprendere le cose, dove il terrorismo viene trattato come un fenomeno individualista o di qualche gruppuscolo ideologizzato estremista pscicopatico, come se i sistemi ideologici, utopici, fideistici e le loro organizazzioni politico religiose non c'entrassero nulla, quando in realtà il vero terrorismo è quello che delle organizazzioni politiche statali con la loro ideologia e i loro dogmatismi utopistici e/o religiosi: per esempio il terrorismo maomettano, comunista, fascista e nazista, tribale, questi sono i veri terrorismi che hanno fatto milioni di vittime e di morti, non quelli anarchici o di qualche suprematista bianco.


Libertà delle "religioni" e libertà dalle "religioni", da tutte le idolatrie religiose, specialmente da quelle totalitarie, disumane, terroristiche e violente come quella nazi maomettana.
viewtopic.php?f=201&t=2827


Criticare l'Islam è una necessità vitale primaria, un dovere civile universale prima ancora che un diritto umano;
poiché l'Islam è il nazismo maomettano.

Non va solo criticato ma denunciato, contrastato, perseguito e bandito.
viewtopic.php?f=188&t=2811


Bandire e combattere l'Islam come nazismo maomettano, prima che distrugga l'Europa e il Mondo
viewtopic.php?f=188&t=2374

Bandire l'Islam prima che distrugga l'Europa - L'Islam è il culto idolatra, politico religioso, dell'orrore e del terrore, il culto di morte dell'idolo Allah e del suo profeta e primo terrorista assassino islamico, modello per tutti i mussulmani, da sempre, per sempre e ovunque.
Chiediamo al Papa cattolico romano, quanti cristiani, europei, occidentali ed altri innocenti del mondo, dovranno ancora morire prima che il suo "D-o o idolo cristiano del perdono, della fraternità e dell'amore universale" sia sazio, del sangue delle vittime, del martirio dei cristiani, degli innocenti di tutto il mondo, di ogni colore e di ogni credo religioso, e si scagli contro questo credo idolatra di morte che è l'Islam.

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8073159753
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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I popoli d'Europa si rivoltano contro la violenza islamica

Messaggioda Berto » sab mar 16, 2019 10:16 pm

Per la sinistra è sempre colpa di Salvini
Alessandro Gnocchi
16 marzo 2019

https://www.nicolaporro.it/per-la-sinis ... di-salvini

Sono passate poche ore dal massacro in Nuova Zelanda, dove un suprematista bianco è entrato in due moschee e ha provocato 49 morti e decine di feriti in un atto veramente spregevole e disumano, che i commentatori italiani hanno già trovato colpevoli e mandanti morali. Chi sarebbero? Naturalmente Salvini, i sovranisti e i movimenti identitari chi vogliono controllare i flussi migratori e che ritengono l’immigrazione islamica difficile da integrare.

Sono gli stessi commentatori che a parti invertite, quando a sparare sono gli islamici, ci vengono a raccontare che si trattava di pazzi isolati, lupi solitari e che l’islam non c’entra niente. Noi qui, non facciamo sconti e vorremmo che questi estremisti di destra fossero puniti con la massima durezza che vorremmo vedere applicata nei confronti dei fondamentalisti islamici. Al tempo stesso, questo osceno massacro perpetrato da uno stronzo maledetto non deve farci ricredere sulla necessità di controllare i flussi migratori.

Detto questo, la violenza è sempre disgustosa: preghiamo per chi ha perso la vita.



Strage in Nuova Zelanda, Salvini: "Un piano per evitare emulazione"
Agostino Corneli - Sab, 16/03/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... Wf8Vd9rFAg

Questa mattina c'è stata una riunione straordinaria del Comitato di analisi strategica antiterrorismo sul rischio emulazione dopo la strage di Christchurch

Il ministro dell'Interno Matteo Salvini predispone un piano anti terrorismo dopo la tragedia di Christchurch.

Ed è soprattutto sul "rischio emulazione" che si concentra l'attenzione del Viminale, considerato anche il rischio che le immagini propagate su internet e attraverso le televisioni facciano breccia nella mente di alcuni soggetti a rischio.

Proprio per questo motivo, il dicastero guidato da Salvini ha posto ancora maggiore attenzione su questa minaccia terroristica. E nella mattinata di oggi, lo stesso ministro dell'Interno ha partecipato alla riunione del Comitato di analisi strategica antiterrorismo.

Come spiega Repubblica, secondo fonti del Viminale si è discussa la possibilità di una "rinnovata attività di monitoraggio" per evitare il rischio di emulazione da parte di potenziali killer legati a movimenti suprematisti o razzisti, ma anche sulla minaccia rappresentata da ritorsioni ad opera di ambienti radicali islamici. In particolare come vendetta trasversale per quanto avvenuto in Nuova Zelanda.

Come riporta Adnkronos, il ministro Salvini, al termine della riunione, ha dichiarato: "Questa mattina si è riunito in via straordinaria il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, dopo l'attacco in due moschee in Nuova Zelanda. Non sono emersi legami tra l'attentatore e l'Italia, ma i nostri apparati di sicurezza restano vigili per monitorare la situazione".

Il collegamento fra Brenton Tarrant e l'Italia è stato analizzato soprattutto dopo che il governo croato ha confermato che il terrorista era stato in Croazia tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017. Ieri il procuratore generale bulgaro Sotir Tsatsarev ha ricordato la permanenza in Europa sud-orientale di Tarrant nel dicembre 2016. Inoltre, i richiami a Luca Traini, oltre che a personaggi storici italiani, hanno fatto aumentare il monitoraggio.
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Messaggioda Berto » sab mar 16, 2019 11:14 pm

Questo è il vero terrorismo


Nigeria. Oltre 600 cristiani massacrati in soli otto mesi nello Stato di Plateau
LeoneGrotti

https://www.tempi.it/nigeria-oltre-600- ... di-plateau

Da marzo a ottobre sono state distrutte 30 chiese, rase al suolo 4.436 case, mentre 38 mila cristiani vivono in 10 campi per sfollati. Vescovo anglicano di Jos: «Viviamo nel terrore. I musulmani ci uccidono»

Almeno 646 cristiani sono stati massacrati solo tra marzo e ottobre nel 2018, e solo nello Stato di Plateau, in Nigeria. È il dato più eclatante del rapporto che il reverendo Dacholom Datri, presidente della Chiesa di Cristo in Nigeria (Cocin), ha consegnato al presidente del paese Muhammadu Buhari, durante un incontro avvenuto il 6 novembre nella capitale Abuja.

«La narrativa che va per la maggiore è quella di uno scontro tra agricoltori e allevatori», ha spiegato Datri parlando delle cause dell’alto numero di vittime, come riportato da Morning Star News. «Ma questa è solo una scusa inventata per nascondere la verità e continuare a perpetrare il male». La verità, continua il pastore, è che i musulmani Fulani che stanno massacrando i cristiani non sono «assalitori sconosciuti» o semplici allevatori ma membri di milizie armati di tutto punto: fucili sofisticati, kalashnikov, lanciarazzi, che usano per «attaccare e uccidere i cristiani».

«Solo dopo gli attacchi», si legge nel rapporto, «gli allevatori Fulani fanno pascolare il loro bestiame sui campi. La modalità degli attacchi non lascia dubbi, come testimoniato dalle vittime: l’esercito è complice e molti soldati vengono assoldati come mercenari dalle milizie Fulani. Il governo deve intervenire in questo ambito e proteggere le vite e le proprietà dei nigeriani».


30 CHIESE DISTRUTTE

Il 65 per cento della popolazione dello Stato di Plateau appartiene alla Cocin. Oltre ai 646 cristiani uccisi in otto mesi, nelle aree di Barkin Ladi, Riyom, Bassa e Bokkos sono state distrutte 30 chiese, rase al suolo 4.436 case, mentre 38 mila cristiani sono stati costretti ad andare a vivere in 10 campi per sfollati. Per tutti questi crimini, neanche una persona è stata denunciata o processata.

Il presidente Buhari, che è un musulmano Fulani, ha insistito che è necessario puntare sull’educazione per convincere «le nuove generazioni a convivere». Mentre leader cristiani e musulmani devono «lavorare duramente insieme per portare la pace. Non tutti i musulmani sono contro i cristiani e viceversa. Anche la polizia deve fare il suo dovere».

Nei fatti, le forze di sicurezza nigeriane non difendono la popolazione. L’attacco più sanguinoso risale a giugno quando «più di 300 persone sono state massacrate a sangue freddo per tre giorni in Barkin Ladi e Riyom. Da allora, abbiamo avuto attacchi e vittime quasi ogni giorno», si legge ancora nel rapporto.


«VIVIAMO NEL TERRORE»

Secondo il National Christian Elders Forum, «il cristianesimo in Nigeria è vicino all’estinzione. Realisticamente parlando, possiamo dire che i cristiani rischiano di sparire nei prossimi 25 anni, da qui al 2048. Potremmo essere noi l’ultima generazione di cristiani del paese se non cambieranno le cose. Centinaia di persone vengono uccise ogni giorno, mentre la sharia cresce sempre di più». Molti vescovi cattolici hanno parlato negli ultimi mesi di un tentativo di «islamizzare la Middle Belt nigeriana».

A ottobre 17 cristiani sono stati uccisi da musulmani Fulani a Jos. Dopo aver sparato sulla casa con i kalashnikov, hanno trascinato fuori donne e bambini, assassinandoli. «Viviamo nel terrore», testimonia ad Aed monsignor Ben Kwashi, arcivescovo anglicano di Jos. «Non è giusto parlare di conflitto tra cristiani e musulmani. Sono loro che ci attaccano e ci uccidono».


Egitto, nuovo attacco contro i cristiani: uccisi sette copti
Renato Zuccheri - Ven, 02/11/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/egi ... 96202.html

In Egitto continua a scorrere il sangue dei cristiani. Dopo un anno dai sanguinosi attentati sul Delta del Nilo e a Minya, un nuovo attacco contro un pullman di pellegrini diretti al monastero di San Samuele

Un nuovo attentato terroristico insanguina l'Egitto. E ancora una volta, sono i cristiani copti a essere presi di mira.

Il bilancio provvisorio è di sette morti e 14 feriti. I terroristi hanno colpito un pullman che trasportavo dei fedeli copti diretti al monastero di San Samuele il Confessore, nel governatorato di Minya, 250 chilometri a sud del Cairo.

Un funzionario della sicurezza egiziana ha confermato ai media locali che l'assalto ha causato "morti e feriti". Ed è arrivata la prima rinvedicazione da parte dello Stato islamico .

Quello che è certo, è che l'Egitto viene di nuovo bagnato dal sangue dei copti. Un anno fa, a maggio, furono uccise più di 30 persone in un assalto simile, sempre contro un autobus di fedeli in pellegrinaggio. IAnche in quell'occasione, l'attentato fu rivendicato dal sedicente Stato islamico. L'area è stata colpita più volte dai terroristi islamici perché una delle zone dell'Egitto più densamente popolata da cristiani, tanto che nell'area di Minya circa il 50 per cento della popolazione è di fede cristiana e copta. Lungo il corso del Nilo, nell'Egitto centrale, ci sono inoltre diversi monasteri millenari proprio a ricordare le antiche vestigia del cristianesimo copto in terra egiziana.

Come ricorda La Stampa, sempre nel 2017, ma ad aprile, "gli islamisti hanno fatto strage di fedeli durante la Domenica delle palme in una chiesa di Tanta, nel Delta del Nilo, un’altra regione con una forte componente cristiana". In quell'occasione, il presidente Abdel Fatah al-Sisi assicurò di mettere in campo tutte le forze necessarie per sradicare il terrorismo e difendere i copti. Il presidente egiziano ha scritto sul suo account Twitter: "Auguro pronta guarigione ai feriti e confermo la nostra determinazione a proseguire i nostri sforzi per combattere il terrorismo. Questo incidente - aggiunge - non intaccherà la volontà del nostro Paese nel proseguire la battaglia per la sopravvivenza e la costruzione".

Ma il sangue continua a scorrere e non sembra destinato a interrompersi nel breve termine. E l'Egitto, un tempo terra di incontro fra islam e cristianesimo, si ritrova colpito dal terrorismo di matrice islamica.


Kenya, strage al campus: uccisi 142 studenti cristiani. Già diffuse nuove minacce
Roberto Bongiorni
2015-04-03

https://www.ilsole24ore.com/art/comment ... d=ABgiswJD

«Quando gli assalitori sono arrivati nel dormitorio hanno iniziato a chiedere se eravamo cristiani o musulmani. Ai primi sparavano sul posto», ha spiegato, ancora visibilmente scosso, Collins Wetangula, membro di un’associazione studentesca. «Mentre scappavamo abbiamo visto alcuni corpi decapitati. È stato orribile. Hanno ucciso molte persone», ha poi precisato la studentessa Winnie Njeri.

Il racconto dei giovani kenyoti scampati al massacro nel campus universitario di Garissa, località del Kenya orientale, a 150 chilometri dalla frontiera somala, restituisce solo in parte la carneficina portata a termine da un commando di Shabaab, gli estremisti somali affiliati ad al-Qaeda capaci di competere, quanto a efferatezza dei loro crimini , ai jihadisti dell’Isis.

Shabaab che minacciano nuovo attacchi:«Non ci sarà alcun luogo sicuro per voi, finché il Kenya manterrà le truppe in Somalia», ha detto un portavoce dei jihadisti, Sheikh Ali Mohamud Rage a radio Andalus, legata al gruppo.

Fino a ieri sera, quando il blitz delle forze speciali era ancora in corso, non era chiara la dinamica dei fatti. Restava solo una certezza: il bilancio del gravissimo attentato era ancora provvisorio. Anche perché, fino a tarda sera, mancavano all’appello quasi 300 studenti degli 880 che si trovavano nel campus. Le vittime accertate venerdì dal ministero degli Interni sono 148, di cui 142 studenti cristiani, tre poliziotti e tre militari. Ma altre fonti, come i missionari salesiani in Kenya, hanno stimato un bilancio più grave di quello ufficiale: «Si parla di circa 200 morti, oltre che di una settantina di feriti e di 300 allievi di cui non si hanno più notizie», hanno dichiarato i religiosi, dicendosi «sotto shock».

Sembra che all’alba alcuni miliziani armati siano penetrati nel campus da una vicina moschea. Prima hanno ucciso due guardie. Una volta entrati negli alloggi degli studenti, dopo una frettolosa selezione tra musulmani e cristiani, avrebbero liberato i primi sparando invece a raffica contro i secondi e cercando di stanare, anche con granate, chi si era nascosto. Secondo le autorità, quattro terroristi sono stati uccisi.

Il Kenya precipita così ancora nell’incubo dell’estremismo islamico. Quello degli Shabaab, una sigla che genera terrore tra la popolazione e che ha messo in ginocchio uno dei settori più importanti dell’economia kenyota: il turismo. Non sono certo noti come l’Isis, al -Qaeda o Boko Haram. Eppure, con i loro attentati, così frequenti e brutali, gli Shabaab hanno sempre occupato una posizione di primo piano all’interno del network jihadista mondiale. Probabilmente oscurata negli ultimi tempi dall’offensiva dell’Isis in Sira e Libia, dalle carneficine compiute dagli estremisti di Boko Haram nel Nord Est della Nigeria, o dalle guerre in Corso in Yemen, Iraq, Siria e Libia.

La loro creazione risale ormai a dieci anni fa. Era il gennaio del 2005, quando gli Shabaab (in arabo significa la “gioventù”) devastarono il cimitero italiano di Mogadiscio, simbolo cristiano, costruendovi sopra una rudimentale moschea in lamiera. Da quel momento cominciò a circolare il loro nome. E quando, nel 2007, l’Etiopia ritirò il suo esercito dalla Somalia, inviato nel 2006 per sconfiggere il regime delle ben più moderate Corti islamiche, gli estremisti somali sferrarono un’offensiva inarrestabile contro il Governo di transizione somalo, riconosciuto dalla Comunità internazionale e difeso solo dall’Amisom (il vulnerabile contingente dell’Unione africana).

In due anni arrivarono a controllare la Somalia centro meridionale, compresi quasi tutti i quartieri di Mogadiscio, un territorio esteso più dell’Italia in cui potevano disporre di aeroporti e porti. Nel loro regno del terrore cominciarono a instaurare una visione rigidissima della Sharia, anomala per un Paese come la Somalia, musulmano ma storicamente estraneo all’estremismo. Lapidazioni contro le adultere, amputazioni per i ladri, separazione dei sessi. E per i giovani niente tv, musica, sport.

Da allora, i dissidi tra le diverse anime del movimento, e soprattutto l’efficace offensiva del Kenya nel sud del Paese, nel 2012, hanno ridimensionato un’organizzazione che comunque ha sempre fatto degli jihadisti stranieri la spina dorsale della sua leadership.

In verità la loro rete organizzativa non è stata né smantellata del tutto, né ridotta a piccole cellule sparse di miliziani, come avevano ingenuamente annunciato alcuni nuovi politici al potere a Mogadiscio, euforici dopo che il leader degli al-Shabaab, Moktar Ali Zubeyr, noto come Ahmed Godane, venne ucciso lo scorso settembre in un raid americano. Oggi lo scenario è cambiato. A favore degli Shabaab. Il vicino Yemen, dilaniato da una guerra civile e sprofondato nel caos, ha agevolato la controffensiva degli estremisti somali.

Che non sono più un’organizzazione nazionalistica. Piuttosto un gruppo jihadista internazionale che preferisce - per ora - concentrare la sua azione sul Corno d’Africa e colpire chi minaccia direttamente i suoi interessi territoriali: vale a dire il Governo di Mogadiscio, l’Etiopia,il Kenya e l’Uganda. In un conflitto asimmetrico contro eserciti regolari, più potenti e addestrati, gli estremisti somali da tempo hanno cambiato stretegia, puntando sulla guerriglia. La lista dei loro attentati è così lunga che si possono riportare solo alcuni dei più recenti. In Kenya tutti ricordano quel tragico pomeriggio di sabato, 21 settembre 2013, quando un commando di Shabaab irruppe nel centro commerciale n Westgate di Nairobi, uccidendo 67 persone, tra cui 13 stranieri.

I somali ricordano altrettanto bene - anche perché risale a meno di due mesi fa - l’attacco contro il Central Hotel di Mogadiscio, l’albergo che ospita molti rappresentanti del governo e del parlamento somalo, dove un commando aveva ucciso oltre 20 persone tra cui alcuni deputati. In Kenya sono stati presi di mira soprattutto i cristiani. Come nella strage compiuta lo scorso novembre, quando i miliziani somali fermarono vicino al confine con la Somalia un autobus diretto a Nairobi che trasportava 60 persone, dando poi il via alla loro spietata e ormai collaudata selezione: le persone che ritenevano musulmane venivano risparmiate. I non musulmani falciati con raffiche sul posto.

Circa sei mesi prima, il 16 giugno 2014, il Kenya era stato scosso da un altro brutale attentato. In quell’occasione, i miliziani somali avevano aperto il fuoco contro la gente accorsa in massa per vedere una partita dei mondiali di calcio in due alberghi della città costiera di Mpekotoni. Quasi 50 persone, quasi tutti civili inermi, persero la vita.

Ridimensionare la minaccia degli Shabaab somali al solo Corno d’Africa,o poco più a sud, potrebbe essere,nel medio termine, un calcolo miope. Anche per l’Europa.



Natale insanguinato per i cristiani in Pakistan
Cristina Uguccioni
2017/12/18

https://www.lastampa.it/2017/12/18/vati ... agina.html

La festa della nascita di Gesù è segnata dal dolore. Il Natale per i cristiani in Pakistan ha il sapore della Croce. E solo uno sguardo di fede evita la disperazione e aiuta a riconoscere la mano della Provvidenza divina sulla propria storia. Un attacco kamikaze, rivendicato dallo Stato Islamico, ha colpito la chiesa cristiana metodista Bethel Memorial a Quetta, nella provincia del Beluchistan, causando 13 morti e 56 feriti. Quattro attentatori hanno fatto irruzione in chiesa, gremita di oltre 400 fedeli riuniti per la liturgia domenicale, muniti di giubbotti esplosivi ed armati fino ai denti. Uno si è fatto esplodere, un altro è stato colpito e ucciso dagli agenti di sicurezza, altri due sono riusciti a fuggire.

L'arcivescovo Joseph Arshad, appena nominato alla guida della comunità di Islamabad nota che «tali stragi sono in aumento in Pakistan. Preghiamo il nostro Signore Gesù Cristo perchè possa donarci forza, saggezza, tolleranza e pace. Possa Dio dare forza alle famiglie delle vittime la forza per sopportare la perdita dei loro cari». L'attacco arriva mentre i cattolici vivono l'Anno dell'Eucarestia che, dice Arshad, «aiuta ogni battezzato ad affrontare difficili sfide e a vivere la fede con spirito eucaristico, cioè del dono incondizionato di sè, fino al sacrificio della vita».

«È un attacco che colpisce al cuore la comunità cristiana che si appresta a celebrare il Natale. È un attacco che vuole distruggere la convivenza e il lavoro di tanti che, a tutti i livelli si impegnano ogni giorno a costruire una nazione migliore. La condanna è ferma e unanime, da pare di tutti coloro che, in ogni comunità religiosa, promuovono la pace, l'armonia sociale e la pacifica convivenza. Il terrorismo continua a colpire ma confidiamo nelle forze sane del paese: le istituzioni governative, la società civile, i leader religiosi di buona volontà», dice a Vatican Insider il domenicano James Channan, direttore del “Dominican Peace Center” a Lahore, impegnato a promuovere il dialogo interreligioso. «Ricorderemo le vittime nel nostro incontro interreligioso prenatalizio, il 21 dicembre al nostro Peace Center. Anche il governo usualmente organizza incontri per celebrare il Natale e porgere gli auguri ai leader cristiani. Quest’anno tutte le celebrazioni saranno macchiate da questa violenza gratuita e distruttiva: è urgente proteggere le minoranze per tutelare il pluralismo nel Paese », rileva Channan.

E pensare che solo pochi giorni fa il ministro cattolico per i Diritti umani e le minoranze, il Punjab, Khalil Tahir Sandhu, aveva sollecitato le istituzioni di polizia, in tutto il Paese, a «garantire la protezione di tutte le chiese durante la messa di Natale e di fine anno», per «tutelare i fedeli in modo che la comunità cristiana possa festeggiare felicemente questo evento centrale per la fede». Il ministro lo aveva fatto, perché restano tuttora scolpiti nella memoria dei fedeli pakistani (circa 4 milioni in una popolazione di quasi 200 milioni) i precedenti più dolorosi: l'attacco compiuto da due kamikaze in una chiesa anglicana di Peshawar a settembre nel 2013 (oltre cento i morti); e l'attentato suicida contestuale a due chiese di Lahore, una cattolica e una anglicana, a marzo del 2015. Senza dimenticare la “strage di Pasqua”, quando nel 2016 una bomba esplose in un parco frequentato dai cristiani che festeggiavano pacificamente la risurrezione di Cristo, dopo la messa domenicale.

«Il terrorismo si accanisce durante le festività religiose con l'idea di fare strage di innocenti. È terribile e disumano», nota a Vatican Insider Shafaat Rasol, noto predicatore musulmano sufi, animatore e guida del comprensorio islamico del Markiz Bilal, a Lahore, che include una moschea, una madrasa, un centro culturale. «È un atto esecrabile – rimarca – che viola la vita umana e profana il nome di Dio. Siamo profondamente vicini ai nostri fratelli cristiani oggi, in questo momento di dolore. Ci uniremo nella solidarietà e nella preghiera. Questi avvenimenti ci danno ancora più forza e volontà di lavorare per il dialogo interreligioso, per costruire nella società una mentalità e una cultura di pace, a partire dai giovani. Ci sentiamo tanto più chiamati a promuovere valori di profondo rispetto della fede altrui, della dignità di ogni uomo, dell’accoglienza dell'altro. Il cammino della pace e della convivenza è irto di ostacoli e ci sono forze che lo avversano; ma proprio per questo dobbiamo restare e resistere uniti, musulmani e cristiani, accanto a tutti gli uomini di buona volontà».

Il Natale è una festa molto sentita dai cristiani pakistani. In tutte le grandi città e laddove sono presenti insediamenti a maggioranza cristiana (le cosiddette “colonie”), le comunità dei fedeli decorano e illuminano le chiese, le case e le strade. Nelle chiese cristiane - cinque le confessioni principali presenti in Pakistan - si organizzano novene di preghiera, rappresentazioni della Natività, concerti dei tradizionali carols natalizi, incontri interconfessionali. Senza dimenticare i gesti caritativi che i cristiani promuovono in modo speciale, come l'assistenza a orfani e vedove di ogni religione.

Tra l'altro, per una curiosa coincidenza, in Pakistan il 25 dicembre è un giorno festivo: non tanto per la festività cristiana (quelle cristiane non sono feste civili) ma perchè è il giorno di nascita di Muhammed Ali Jinnah, il fondatore del Pakistan.

In queste occasioni però, si rafforzano anche i servizi di vigilanza, proprio per timore di attacchi terroristici. A partire dal 2001, il governo ha imposto alle chiese in Pakistan di munirsi, a proprie spese, di cinte murarie, telecamere di sorveglianza, ingressi controllati da posti di blocco, servizio di vigilanza e sicurezza interni. Nelle festività speciali, come Natale e Pasqua, la polizia dispone anche propri agenti per rafforzare la sicurezza. E le recenti notizie di una campagna di propaganda e reclutamento lanciata dallo Stato Islamico a Lahore, con volantini per le strade, non fanno che confermare l'allarme in special modo tra le minoranze religiose



Indonesia, bombe in tre chiese cristiane. Il Papa: basta odio e violenza
Cristina Uguccioni
2018/05/13

https://www.lastampa.it/2018/05/13/vati ... agina.html

I fedeli stavano entrando lentamente e prendendo posto per la messa della domenica quando, intorno alle 7.30 di questa mattina (1.30 ora italiana), nella chiesa di St. Mary Immaculate a Surabaya, la seconda città più grande dell’Indonesia, è esplosa una bomba. Tre i morti, tra cui un poliziotto. Neanche dieci minuti dopo ed un boato si è sentito a pochi chilometri nell’edificio della Chiesa cristiana d'Indonesia (Gki) di Diponegoro. Due le vittime. In una manciata di secondi un altro ordigno è scoppiato nella chiesa pentecostale di Jalan Arjuna. Un morto.

Tre attentati in tre chiese diverse, quasi in contemporanea. Una decina le vittime, tra quelli che sono deceduti sul colpo e i morti in ospedale. Oltre 40 i feriti. L’Indonesia si sveglia così nel terrore in questa domenica mattina bagnata di sangue che registra forse uno dei più gravi attacchi mai avvenuti in questo paese del Sud-est asiatico abitato da 255 milioni di persone, la maggior parte dei quali musulmani.

Al cordoglio generale si è aggiunto quello di Papa Francesco che, al termine del Regina Coeli di oggi in piazza San Pietro, si è detto «particolarmente vicino al caro popolo dell’Indonesia, in modo speciale alle comunità cristiane della città di Surabaya duramente colpite dal grave attacco contro luoghi di culto. Elevo la mia preghiera per le vittime e i loro congiunti». «Insieme invochiamo il Dio della pace affinché faccia cessare queste violente azioni, e nel cuore di tutti trovino spazio non sentimenti di odio e violenza, ma di riconciliazione e di fraternità», ha concluso Bergoglio chiedendo ai fedeli presenti di restare per qualche minuto in silenzio.

I media locali parlano in tutti e tre i casi di attentati kamikaze; gli autori sono una famiglia di sei persone appartenente ad una cellula terroristica islamica: madre e padre, due bambine di 9 e 12 anni e due ragazzini di 16 e 18 anni, come ha riferito il capo della polizia nazionale, Tito Karnavian. La donna e le due figlie indossavano il niqab e avevano cinture esplosive legate in vita quando sono entrate nella chiesa Diponegoro per farsi esplodere. Il padre era alla guida di un’auto imbottita di esplosivo, con cui è entrato nella chiesa pentecostale centrale di Suranaya; mentre i figli erano a bordo di due moto, portando con sé esplosivi che hanno fatto detonare nella chiesa di santa Maria. «Tutti sono stati attentati suicidi, ma le bombe che hanno fatto scoppiare erano diverse», ha dichiarato Karnavian.

«Dieci persone sono morte e 40 sono in ospedale. È in corso l’identificazione delle vittime», ha detto invece il portavoce della polizia di East Java, Frans Barung Mangera, ai giornalisti, aggiungendo che due poliziotti sono stati feriti. Dai tre morti annunciati inizialmente il bilancio delle vittime ufficiali ha continuato a salire nelle ore successive e potrebbe crescere ancora considerando tutti quelli i feriti in modo grave in queste ore ricoverati in ospedale.

La popolazione, sia l’esigua porzione cristiana (il 10% della popolazione) che la maggioranza islamica che si prepara a vivere da domani il Ramadan, è sconvolta. Le immagini circolate nelle tv e sul web sono terrificanti: gente a terra, chiazze di sangue, veicoli inghiottiti dalle fiamme. Il presidente indonesiano, Joko Widodo, ha condannato senza mezzi termini la strage affermando: «Dobbiamo unirci contro il terrorismo. Lo Stato non tollererà questi atti di codardia».

Lo stato di allerta, intanto, è ai massimi livelli. La paura è che altre chiese possano essere attaccate oggi o nei prossimi giorni. Già il maxi attentato di oggi comprendeva un quarto obiettivo: la cattedrale del Sacro Cuore di Gesù; sembra che la polizia abbia arrestato uno degli attentatori prima che compiesse la strage, come riferito dal vicesindaco di Surabaya, Wisnu Sakti Buana.

Per le forze dell’ordine tutti gli attacchi erano coordinati e sono da collegare alla recente rivolta - soffocata nel sangue - avvenuta tra il 9 e il 10 maggio in un carcere di massima sicurezza vicino la capitale Jakarta: i detenuti avevano organizzato una sommossa durata 36 ore in cui alcuni prigionieri legati all’islamismo radicale hanno ucciso cinque agenti di un corpo antiterroristico e anche un detenuto. L’Isis ha rivendicato la rivolta in quell’occasione tramite il sito Amaq News.

Nessuno invece ha rivendicato i tre attacchi di questa mattina. È facile tuttavia immaginare che si tratti dei gruppi terroristi islamisti che negli ultimi mesi hanno aumentato la frequenza delle violenze contro le minoranze. Quelle cattoliche (7 milioni, il 3% degli indonesiani), come pure quelle protestanti (17 milioni), buddiste, indù. In particolare i servizi segreti indonesiani inseguono la pista del Jamaah Ansharut Daulah (JAD), gruppo terroristico indonesiano che si ispira allo Stato Islamico e che riunisce una dozzina di sottogruppi di militanti estremisti.

Un simile terrore in Indonesia si era vissuto alla vigilia di Natale del 2000, quando attacchi dinamitardi contro undici chiese sparse per il paese avevano ucciso 13 persone e ferite altre 100. Anche il 22 luglio 2001, nella parrocchia di St. Anna a Duren Sawit (East Jakarta) una bomba aveva causato cinque morti e una decina di feriti.

Dalla Indonesian Communion of Churches (PGI), organismo che riunisce i leader cristiani del paese, giunge intanto un messaggio a firma del segretario generale, Gomar Gultom: «Non dobbiamo avere paura quando affrontiamo minacce terroristiche. Dobbiamo lasciare che sia il governo a gestirle totalmente», si legge. Gultom invita inoltre a fare attenzione all’emergere di sostenitori del terrorismo che riscuotono consensi come predicatori: «Il programma di deradicalizzazione avviato dall’Agenzia nazionale contro il terrorismo sarà invano - ha avvertito - se la comunità darà invece il palcoscenico ai leader religiosi che diffondono il radicalismo e la violenza attraverso i loro sermoni».

Anche la più numerosa organizzazione musulmana, il Nahdlatul Ulama (NU), ha stigmatizzato gli attacchi, chiedendo al governo «un’azione decisa» per garantire la sicurezza della popolazione: «Ogni ostilità che manipola la religione non è sostenuta dall’islam».


Quei 16 mila cristiani uccisi di cui l'occidente non vuole sentir parlare
di Giulio Meotti
2018/03/21

https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/03/ ... isi-185269

Roma. 3.850 cristiani della Nigeria sono stati assassinati dai jihadisti di Boko Haram e dai pastori islamici Fulani negli ultimi tre anni. Solo nei mesi di dicembre 2017 e gennaio 2018 sono stati registrati oltre 350 cristiani uccisi nel paese più ricco di petrolio di tutta l’Africa. In due giorni, cinquanta cristiani sono stati uccisi dalle orde islamiste negli stati di Kogi e Plateau. Due giorni prima c’era stato un funerale di massa per i cristiani assassinati in una sola giornata di attacchi. Il vescovo Joseph Bagobiri, della diocesi di Kafanchan, morto poche settimane fa, aveva fornito la contabilità degli attacchi islamici solo nella sua area: “53 villaggi bruciati, 808 persone uccise, 1.422 case e 16 chiese distrutte”. Si chiama pulizia etnica. A fine febbraio, almeno dodici cristiani erano stati uccisi nel nord della Nigeria come rappresaglia per i tentativi dei fedeli di salvare alcune ragazze dalle conversioni islamiche forzate.

Diviso fra un nord musulmano e un sud cristiano che controlla la maggior parte delle risorse petrolifere, il gigante africano deve affrontare da dieci anni attentati e rapimenti drammatici perpetrati dal movimento islamico Boko Haram. Su un conflitto che ha origini economiche e tribali si è innestato il tumore del fondamentalismo islamico di cui fanno le spese i cristiani. Lo scrittore algerino Boualem Sansal nel suo recente libro “In nome di Allah” (Neri Pozza) parla di una “ guerra totale” che “abbiamo visto all’opera in Somalia, in Afghanistan, in Algeria, nel Mali settentrionale e nelle province musulmane della Nigeria dominate dal gruppo jihadista Boko Haram”. E lo scrittore nigeriano premio Nobel per la Letteratura, Wole Soyinka, paragona la situazione del suo paese a quella “degli algerini che combatterono con i fondamentalisti assassini per dieci anni”. Impiegano armi da fuoco, bombe a mano, kamikaze, machete, gridando “Allah Akbar” (Dio è grande) quando attaccano di sorpresa un gruppo di contadini e fedeli cristiani.

L’opinione pubblica occidentale, sempre poco recettiva sulla persecuzione dei cristiani, di questi nigeriani non vuole sentir parlare. Ma come ha detto il vescovo cattolico di Nomadi, Hyacinth Egbebo, “se la Nigeria cade in mani islamiste, tutta l’Africa sarà a rischio”. E poi toccherà all’Europa. Secondo Philip Jenkins, uno dei massimi esperti di cristianesimo, è in Nigeria che verrà deciso l’equilibrio tra l’islam e il cristianesimo in Africa. Il “destino religioso della Nigeria potrebbe essere un fattore politico di immensa importanza nel nuovo secolo”, ha scritto Jenkins.

Questo è il motivo per cui gli islamisti massacrano i cristiani. Si vuole spostare la linea di faglia religiosa e demografica. Lo scorso febbraio, mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump era a colloquio con il suo omologo nigeriano, Muhammadu Buhari, emergeva un rapporto che parla di 16 mila cristiani assassinati in Nigeria dal giugno 2015.

Un rapporto della Società internazionale per le libertà civili e lo stato di diritto ha rivelato: “Si stima che 16 mila morti siano specificamente composti da 2.050 vittime di violenza diretta da parte dello stato, 7.950 vittime della custodia della polizia o uccisioni di prigionia, 2.050 vittime dell’insurrezione di Boko Haram e 3.750 vittime delle uccisioni di mandriani Fulani”.

I musulmani estremisti non solo macellano i cristiani; distruggono anche i loro luoghi di culto. Cinquecento chiese sono state rase al suolo nello stato nigeriano di Benue, uno dei più martoriati nella guerra fratricida lanciata dai fondamentalisti islamici. E almeno duemila chiese cristiane sono state rase al suolo da Boko Haram nella sua campagna per cacciare tutti i cristiani dalla Nigeria settentrionale.



Strage del Bataclan a Parigi
https://it.wikipedia.org/wiki/Attentati ... embre_2015

Gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 sono stati una serie di attacchi terroristici di matrice islamica sferrati da un commando armato collegato all'autoproclamato Stato Islamico, comunemente noto come ISIS, che li ha successivamente rivendicati; gli attacchi armati si sono concentrati nel I, X e XI arrondissement di Parigi e allo Stade de France, a Saint-Denis, nella regione dell'Île-de-France.
Gli attentati sono stati compiuti da almeno dieci persone fra uomini e donne, responsabili di tre esplosioni nei pressi dello stadio e di sei sparatorie in diversi luoghi pubblici della capitale francese, tra cui la più sanguinosa è avvenuta presso il teatro Bataclan, dove sono rimaste uccise 90 persone. Si è trattato della più cruenta aggressione in territorio francese dalla seconda guerra mondiale e del secondo più grave atto terroristico nei confini dell'Unione europea dopo gli attentati dell'11 marzo 2004 a Madrid.
Mentre gli attacchi erano ancora in corso, in un discorso televisivo il presidente francese François Hollande ha dichiarato lo stato di emergenza in tutta la Francia e annunciato la chiusura temporanea delle frontiere.[4


E centinaia di altre stragi


FATTI
Niram Ferretti
15 marzo 2019
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

"L'unico estremismo che merita attenzione in Italia è quello islamico. Le frange di estrema destra ed estrema sinistra sono fatte di fanatici e li condanniamo moralmente. Ma se c'è un estremismo per cui firmo la metà degli atti come ministro dell'Interno è quello di matrice islamica".
Così ha detto Matteo Salvini intervenendo alla prefettura di Napoli. E diciamo che difficilmente gli si può dare torto. Le maggiori stragi e i maggiori massacri perpetrati in Occidente negli ultimi decenni sono tutti di matrice islamica, per non parlare di quelli che avvengono in Medioriente.
Madrid, Barcellona, Londra, Bruxelles, Parigi, Berlino, Nizza, Manchester, e ovviamente New York l'11 settembre del 2001, San Bernardino e Orlando, Florida dove il 12 giugno del 2016 Omar Mateen uccise 49 persone nel più grande massacro compiuto da un solo uomo nella storia degli Stati Uniti.
La strage avvenuta in Nuova Zelanda che segue quella compiuta da Alexandre Bissonette a Quebec City il 29 gennaio del 2017 è la seconda nella storia occidentale che ha come obbiettivo esclusivo cittadini di fede islamica.
Va tenuto presente in modo estremamente chiaro per non confondere le acque e tenere ben presente i fatti.
Condanna senza appello nei confronti di chi ha commesso i massacri di Quebec City e di Christchurch, ma se dobbiamo fare i confronti, e vanno fatti, tra gli estremismi, non è nemmeno una partita.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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I popoli d'Europa si rivoltano contro la violenza islamica

Messaggioda Berto » dom mar 17, 2019 7:08 am

L’attacco terrorista di Christchurch (NZ): origini, dinamiche e implicazioni. Come il folle obiettivo di sopprimere ogni dibattito sull’Islam vada a favorire la violenza a 360 gradi con un meccanismo di reazione a catena. [Kafir Soul]
https://www.facebook.com/watch/?v=385011068996713

Ieri un terrorista che si descrive come razzista nazionalista eco fascista, di semi-destra, semi-sisnistra, semi-socialista ha aperto il fuoco in due moschee in Nuova Zelanda ...
la necessità della discussione e del confronto critico onde evitare lo scontro violento e la degenerazione terrorista.
Esaminato il caso emblematico di Anders Breivik nella 1500 pagine da lui scritte per spiegarsi:
sperimentata già nel 2000 la violenza dei mussulmani, l'impossibilità di critica costruttiva all'islam con demonizazzione della critica come razzismo, l'inutilità di partecipazione politica resa tale dalla persecuzione politica e sociale, dalla ridicolizzazione e dalla stigmatizzazione con tutti i media schierati contro ... a questo punto ricorri alla violenza.
Confronto con il caso di Brenton Tarrant della Nuova Zelanda attraverso pagine da lui scritte per spiegarsi.


Arab Festival 2010: David Wood's Arrest in Dearborn
https://www.youtube.com/watch?v=ID1_Sc7lZ2w

John Loftus vs David Wood - Does God Exist - 2010
https://www.youtube.com/watch?v=9oCXSzIjquY

David Sharpe Wood (born April 7, 1976)
https://en.wikipedia.org/wiki/David_Woo ... _apologist)
is an American evangelical missionary known for making controversial criticisms of Islam. He is head of the Acts 17 Apologetics Ministry.[6] He is a member of the Society of Christian Philosophers and the Evangelical Philosophical Society.
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I popoli d'Europa si rivoltano contro la violenza islamica

Messaggioda Berto » dom mar 17, 2019 7:41 pm

???

Musulmani sotto attacco in tutta Europa. E 2 italiani su 3 non li accetterebbero in famiglia
Dario Prestigiacomo 15 marzo 2019

http://europa.today.it/attualita/islam- ... lenze.html

La tragedia che ha colpito due moschee in Nuova Zelanda ha riacceso i riflettori sull’odio che circonda le comunità dei migranti di religione musulmana. Un odio che in Europa è esploso soprattutto con la crisi migratoria e gli attacchi terroristici. E che purtroppo continua a crescere. Secondo i dati più recenti raccolti dall’Osce, in tutta l’Ue si sono registrati oltre 30mila attacchi contro musulmani, sia sotto forma di insulti e molestie psicologiche, sia sotto forma di violenze fisiche.

I Paesi più colpiti, almeno per ampiezza del fenomeno, sono la Germania e il Regno Unito. Nel primo, la polizia ha denunciato 71 attacchi contro moschee e ben 908 atti criminali contro musulmani. Nel Regno Unito, le autorità hanno registrato nel 2017 poco più di 1.200 “incidenti”, con un aumento del 26% rispetto all’anno precedente. In Italia, i dati ufficiali parlano in generale di reati d’odio: 1048 in tutto il 2017, quelli comunicati dalle forze dell’ordine e riportati dall’Ocse. Il network Islamophobia Europe, ha raccolto 17 episodi specifici contro musulmani, come il pestaggio di due uomini da parte di giovani estremisti di destra a Roma.

Ma questi dati, dicono sempre dal network Islamophobia Europe, rischiano di rilevare solo la punta dell’iceberg. Il fenomeno, secondo quanto emerge dal loro ultimo report, è ben più vasto. Secondo un’indagine dell’Unione europea (EU-Midis), ben il 39% dei musulmani intervistati ha dichiarato di aver subito discriminazioni, mentre il 27% dichiara di aver subito molestie o violenze. Pochissimi di loro, pero’, lo hanno denunciato. E questo anche perché, in non pochi casi, le aggressioni sono avvenute proprio per mano di chi dovrebbe difenderli, ossia la polizia.

Tra le indagini che sottolineano il clima che si respira in Europa intorno alle comunità musulmane, c’è anche quella del Pew Research Center, che ha chiesto a 56mila europei se accetterebbero o meno un musulmano come membro della propria famiglia. In Italia, hanno risposto positivamente solo il 43% degli intervistati, contro il 55% dei tedeschi, il 66% dei francesi e addirittura il 74% degli spagnoli.
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Re: I popoli d'Europa si rivoltano contro la violenza islami

Messaggioda Berto » gio ago 01, 2019 9:53 pm

L'India vuole togliere la cittadinanza a 4 milioni di musulmani
Jacopo Bongini - Lun, 30/07/2018

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lin ... 60047.html

Il governo nazionalista di Nuova Delhi ha approvato una controversa legge che mira a togliere la cittadinanza indiana ad oltre quattro milioni di residenti musulmani, classificandoli come immigrati irregolari

Continuano in India le discriminazioni, da parte della maggioranza induista, ai danni delle numerose minoranze religiose presenti nel paese, in particolar modo nei confronti di cristiani ed islamici.

Questa volta il governo di Nuova Delhi, guidato dal nazionalista di destra Narendra Modi, ha deciso di approvare una discussa legge che mira a privare della cittadinanza oltre 4 milioni di persone residenti nello stato federale dell'Assam, zona dell'India nordorientale posta al confine con il Bangladesh e caratterizzata dalla presenza di una folta comunità musulmana. Stando alla versione ufficiale dell'esecutivo, che quest'oggi ha pubblicato una lista provvisoria degli individui esclusi dal Registro Nazionale dei Cittadini, la misura è stata emanata allo scopo di individuare più facilmente gli immigrati irregolari. Alle persone inserite nella lista stilata dal governo è stato infatti chiesto di fornire una serie di documenti che accertassero la loro presenza sul territorio indiano precedentemente al 24 marzo 1971, vale a dire due giorni prima dello scoppio della guerra di liberazione bengalese e del conseguente esodo di milioni di rifugiati, che dal Bangladesh trovarono riparo in India.

Tuttavia, secondo le associazioni per i diritti umani, la mossa del governo rischia di rivelarsi solamente un pretesto per una futura espulsione di massa dei musulmani dall'Assam, dove costituiscono il 34 per cento della popolazione dello stato, oltre che un modo per fortificare l'unità nazionale induista in vista delle imminenti elezioni parlamentari che si terranno nel 2019. Commentando la notizia, il program manager di Amnesty International India Arijit Sen ha dichiarato: "Siamo preoccupati dal fatto che il processo di applicazione della nuova legge nello stato dell'Assam possa rendere apolidi un significativo numero di individui, privando arbitrariamente della loro nazionalità persone che hanno vissuto in India per decenni. Esortiamo il governo ad estendere il periodo di tempo per i ricorsi e a garantire che questi ultimi siano trattati in maniera trasparente e non discriminatoria. Bisogna prestare attenzione, garantendo che le famiglie non vengano distrutte e che sia fornito un aiuto legale adeguato a coloro che rischiano di perdere la loro cittadinanza". Per coloro che ritengono di essere stati esclusi ingiustamente dal Registro Nazionale dei Cittadini, è stata concessa la possibilità di poter fare ricorso dal 30 agosto fino al 28 settembre, in modo da permettere alle autorità indiane di redigere la lista definitiva degli esclusi, che verrà pubblicata entro dicembre di quest'anno.

Critiche al provvedimento arrivano però anche dagli stessi alleati di governo del Primo Ministro Modi. L'esponente del Trinamool Congress Sukhendu Sekhar Roy ha infatti dichiarato: "Il governo centrale sta intenzionalmente eliminando dal Registro Nazionale dei Cittadini quattro milioni di persone che fanno parte di minoranze linguistiche e religiose, i quali se dovessero emigrare potrebbero determinare gravi conseguenze demografiche per gli stati federali confinanti. Il Primo Ministro dovrebbe chiarire la questione davanti al parlamento". Secondo quanto riportato dal Times of India, lo stato dell'Assam è inoltre l'unico del paese in cui è presente un registro della popolazione a cui i cittadini devono obbligatoriamente iscriversi, questo proprio a causa dell'intensa immigrazione proveniente dal vicino Bangladesh. Secondo i sostenitori del registro infatti, la comunità musulmana starebbe cercando di sovvertire la demografia della regione a scapito degli induisti, ad esempio partecipando in maniera illegale alle elezioni.

Come sottolineano poi alcuni commentatori, le nuove direttive emanate dall'esecutivo fanno tornare in mente le tristemente famose persecuzioni che il Myanmar sta conducendo dal 1982 contro la minoranza islamica dei Rohingya, costretta da allora a rifugiarsi in quello stesso Bangladesh da cui provengono i musulmani indiani. Bangladesh che però questa volta ha deciso di non accettare alcun nuovo profugo proveniente dall'India, aumentando così le probabilità che un enorme numero di persone si ritrovi presto senza un posto dove vivere. Una drammatica situazione che può essere riassunta con le poco rassicuranti parole del coordinatore del Registro Nazionale dei Cittadini: "Nessun cittadino che sia indiano puro dovrebbe avere alcuna paura".


L'orrore e il terrore maomettano dei Rohingya, persecutori e non perseguitati.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2452
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Re: I popoli d'Europa si rivoltano contro la violenza islami

Messaggioda Berto » dom set 01, 2019 8:59 pm

La pulizia religiosa dell’India nell’Assam. Due milioni di musulmani verso l’espulsione
Chi non potrà dimostrare di essere residente da prima del 1971 sarà respinto in Bangladesh. Allestite decine di campi di detenzione

https://www.lastampa.it/topnews/primo-p ... 4i2SYxFJIw

CHENNAI (INDIA). «Quel che è successo ai Rohingya cacciati da Myanmar potrebbe succedere adesso anche a noi, qui nell’Assam. E abbiamo tanta paura», il militante per i diritti umani Nazruli Ali Ahmed è davvero preoccupato dalla notizia di giornata: il governo indiano ha pubblicato una lista di quasi 2 milioni di persone che risiedono in India da tutta la vita, ma cui è stata subito tolta la cittadinanza poiché sospetti di essere immigranti clandestini del Bangladesh. Di punto in bianco.
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