Maometto (santo o criminale terrorista ?)

Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » dom dic 13, 2015 7:48 pm

El nome de Maometo


???
http://mondoislam.altervista.org/il-ter ... o%E2%80%9D

Perchè il Profeta dell’Islam viene chiamato da secoli in Occidente “Maometto” e mai con il suo vero nome che è Muhammad? Tutto è iniziato nel Medioevo quando il Profeta Muhammad era considerato un eretico e malfattore, quindi da “Mal commetto” è nato “Maometto”, una storpiatura del vero nome che significa in realtà “il Lodevole”, molto più bello del termine italiano nato per disprezzo verso un Profeta e Messaggero di Dio, considerato dai musulmani come “Il Sigillo dei Profeti” e “L’ultimo Profeta”, come dice appunto il Corano.

Molti musulmani in Italia commettono l’errore involontario ed in buona fede, nel ripetere la così detta traduzione in italiano del nome quando vogliono parlare del Profeta Muhammad (saw), ignorando il vero significato. Forse spinti dal fatto che molti italiani sanno di chi stai parlando solo se pronunci il nome “Maometto”, tra l’altro, in un noto dizionario sotto la parola “maomettano” sono riportate le definizioni “lussurioso”, “persona lussuriosa”, anche se è specificato che è desueta.

I “maomettani” erano i “musulmani” chiamati così fino a pochi decenni fa con disprezzo, un po’ come si usa adesso il termine “islamici”.
In francese si usava –forse ancora oggi- il termine “Mahomet” e in Italia prima di “Maometto” si chiamava il Profeta dell’Islam nel 1141 “Machumet”, poi “Macometto” ed infine “Maometto”.


http://mondoislam.altervista.org/il-ter ... o%E2%80%9D

Non sono musulmano, ma mi interessa conoscere l’Islam.


Avevo sentito questa teoria sull’origine del nome italiano del profeta Muhammad (molti musulmani lo chiamano però Mohamed), e mi è sembrata davvero starvagante. Ho fatto una piccola ricerca, ed ho trovato facilmente che Maometto deriva da un mero tentativo traslitterazione dall’arabo, già presente in testi greci e latini, e dunque senza legame col significato italiano “mal commetto”.

Per chi volesse approfondire, lascio di seguito link e brano tratto da wikipedia, che illustra le diverse teorie, compresa quella del “mal commetto”:

http://it.wikipedia.org/wiki/Maometto

Origine del nome

“Maometto” è la volgarizzazione italiana fatta in età medievale del nome “Muḥammad”, utile semplificazione della pronuncia. La parola araba “muḥammad”, che significa “grandemente lodato”, è infatti un participio passivo di II forma (intensiva) della radice [h-m-d] (lodare).

La dimostrazione più lampante di ciò sta nell’opera, successiva al 726, di Giovanni Damasceno, il De haeresibus (Περὶ αἱρέσεων, “Perì hairéseōn”), dove il suo nome in greco è “Mάμεδ” (Mámed)[31] o Mαμὲδ” (Mamèd)[32] o il più significativo “Μωάμεθ”,[33] che suona “Mōámeth”, con ogni evidenza assai simile al posteriore “Maometto”.

Secondo lo studioso francese Michel Masson[34], invece, nelle lingue romanze, e tra queste l’italiano, si osserva una storpiatura del nome del profeta in senso spregiativo (e da ciò deriverebbero, a suo dire, il francese Mahomet e l’italiano Macometto).
Allo stesso modo si esprimono alcuni scrittori italiani[35] che ritengono che il nome “Maometto” non sarebbe di diretta origine araba, ma “un’italianizzazione” adottata all’epoca per costituire una sintesi dell’espressione spregiativa di “Mal Commetto”[36], volta a conferire una connotazione negativa al Profeta dell’Islam.

Ben diversamente, sulla derivazione di tali varianti dal nome arabo, si esprime Georges S. Colin,[37] che osservava come questo tipo di adattamento fonetico trovasse una spiegazione in un passaggio della sintesi fornita da Ibn ʿArḍūn del suo trattato sul matrimonio, intitolato Muqniʿ al-Muḥtāj fī adāb al-zawāj, in cui avvertiva dell’uso che, nel dare al neonato il nome venerato di Muhammad, lo si «sfigurasse con una vocalizzazione della prima consonante mīm in a e della consonante ḥā in u» tanto che – notava Colin – nel XIV secolo i Berberi Ghumāra avevano l’abitudine d’impiegare la forma *Maḥummad e *Maḥommad (facilmente trasformabili in Mahoma nell’ambiente nordafricano, che aveva stretti e secolari vincoli con il bilād al-Andalus).
Così facendo, sosteneva Colin, si evitava il rischio che il bambino che portava lo stesso nome del Profeta, mostrasse sciaguratamente nel crescere scarse qualità o addirittura veri e propri difetti caratteriali, tali da invalidare la baraka (benedizione) che s’accompagnava al nome “Muḥammad”. Colin commentava come anche i Cinesi seguissero la stessa logica, impiegando «rovesciati (renversés) alcuni caratteri dichiarati tabù».

Come risulta da una lettera inviata nel 1141 dall’abate Pietro di Cluny, detto il Venerabile, a Bernardo di Chiaravalle, in occasione della traduzione di un “breve scritto apologetico arabo-cristiano, la Summula brevis contra haereses et sectam Saracenorum, sive Ismaelitarum, il nome “Muhammad” è reso fin da allora come “Machumet”.[38]

« Mitto vobis, clarissime, novam translationem nostram, contra pessimam nequam Machumet haeresim disputantem… »
Del pari Ermanno di Carinzia (o Dalmata), in una sua traduzione, scriveva (su incarico di Pietro di Cluny, per una sua antologia sull’Islam, il De generatione Mahumet et nutritura ejus, che era la traduzione del Kitāb al-anwār (Libro delle luci) di Abū l-Ḥasan al-Bakrī, dimostrando come, a metà del XII secolo, il nome Maometto non traesse origine da alcuna espressione insultante o irridente proveniente da idiomi romanzi.

La cosa è confermata da Trude Ehlert,[39] che ricorda come una delle prime attestazioni nella più diffusa letteratura romanza del nome del profeta dell’Islam (basata su fonti arabe e sostanzialmente esente da valutazioni cristiane), figuri nell’opera L’eschiele Mahomet, una versione tradotta in antica lingua d’oil del Libro della Scala: genere letterario-religioso basato sulla storia dell’asserita ascesi di Maometto attraverso i sette cieli,[40] composta poco dopo il 1264. Varrà la pena ricordare come il Libro della Scala, elaborato prima del 1264, sia una traduzione (perduta) della Escala de Mahoma, redatto in antico volgare castigliano tra il 1260 e il 1264.
In nessuno di questi casi Mahomet o Mahoma appaiono ricollegabili a espressioni ingiuriose, come invece suggerirebbe il nome Malcometto usato da Rustichello nella sua trascrizione del resoconto di viaggio di Marco Polo alla fine del XIII secolo (1298, comunque in un anno successivo al 1295): oltre mezzo secolo quindi dopo le prime attestazioni in volgare castigliano e francese.[41]
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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » gio feb 04, 2016 11:20 am

Forte critica all'islam (ex musulmana)
https://www.youtube.com/watch?v=7a6lDbwWj8Y
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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » lun feb 22, 2016 1:34 pm

Maometto e la nascita dell'Islam
Antonio Albino

http://www.dimensionecultura.it/articol ... islam.html

Il viaggio estatico in Cielo ed il Libro Sacro

Si chiedeva a Maometto di dimostrare l'autenticità della sua vocazione profetica ascendendo in Cielo e recando poi agli uomini un Libro Sacro: in altri termini, Maometto doveva conformarsi al modello incarnato da Mosè, Daniele, Enoch, Mani e altri Messaggeri i quali, salendo al Cielo, avevano incontrato Dio e avevano ricevuto dalle sue stesse mani il Libro contenente la Rivelazione divina.

Questo scenario era familiare tanto al giudaismo normativo e all'apocalittica ebraica che ai Samaritani, agli gnostici e ai Mandei. La sua origine risale al mitico re mesopotamico Emmenduraki ed è solidale con l'ideologia della regalità.

Le autodifese e le giustificazioni del Profeta si sviluppano e si moltiplicano man mano che si precisano le accuse degli increduli.

Come tanti altri profeti e apostoli prima di lui e come alcuni dei suoi rivali, Maometto si proclama e si considera l'Apostolo ( il Messaggero) di Dio ( rasul Allah ), in quanto egli recherebbe ai suoi conterranei una rivelazione divina. Il Corano è - la Rivelazione in lingua araba classica -, e pertanto è perfettamente comprensibile agli abitanti della Mecca: se essi persistono nella loro incredulità è a causa della loro cecità dinanzi ai segni divini, a causa del loro orgoglio e della loro noncuranza. D'altronde, Maometto sa benissimo che prove analoghe sono state subite dai profeti inviati da Dio prima di lui: Abramo, Mosè, Noè, David, Giovanni Battista, Gesù.

L'ascensione al cielo ( mi'raj) è un'ulteriore risposta agli increduli: - Gloria a Colui che ha fatto viaggiare di notte il suo servo, dalla Moschea Santa alla Moschea più remota, di cui noi abbiamo benedetto la cinta, e questo al fine di mostrargli alcuni dei nostri Segni -. La tradizione situa il viaggio notturno verso l'anno 617 o 619: salito sulla giumenta alata al-Boraq, Maometto visita la Gerusalemme terrena e arriva sino in Cielo. Il racconto di questo viaggio estatico è ampiamente documentato nelle fonti successive, ma lo scenario non è sempre lo stesso: secondo taluni il Profeta sul suo cavallo alato, contempla gli Inferi e il Paradiso e si avvicina al trono di Allah . Il viaggio non sarebbe durato che un istante: la giara che Maometto aveva rovesciato partendo non aveva lasciato espandersi tutto il suo contenuto allorché egli era già di ritorno. Un'altra tradizione ricorda invece la scala su cui Maometto, trascinato dall'angelo Gabriele, sarebbe salito sino alle porte del Cielo: egli arriva al cospetto di Allah e apprende dalla sua stessa bocca di essere stato posto al disopra di tutti gli altri profeti e di essere proprio lui, Maometto, 'l'amico' di Allah. Dio gli affida il Corano e talune conoscenze esoteriche, che Maometto non deve comunicare ai fedeli.

Questo viaggio estatico avrà un'importanza fondamentale nella mistica e nella teologia musulmana successive, in quanto evidenzia un tratto specifico del genio di Maometto e dell'Islam che occorre sottolineare sin d'ora e cioè la volontà di assimilare e integrare in una nuova sintesi religiosa, pratiche, idee e scenari mitico-rituali tradizionali. Abbiamo visto che la tradizione islamica ha rivalutato il tema arcaico del – Libro sacro -, ricevuto da un Apostolo in occasione del suo viaggio celeste. Vedremo in seguito i risultati del confronto dell'Islam con l'Ebraismo, con altre tradizioni religiose e persino con una tradizione 'pagana' e immemoriale come quella della Ka'ba (NdR-Edificio sacro a forma di cubo che si trova all'esterno della Grande Moschea ubicata a La Mecca).


L'emigrazione ( egira ) a Medina

La posizione di Maometto e dei suoi fedeli si andava aggravando sempre più, finchè i dignitari della Mecca decisero di escluderli dai diritti propri delle rispettive tribù – e si sa che l'unica protezione di cui un Arabo potesse godere era l'appartenenza ad una tribù. Nonostante ciò Maometto venne difeso da suo zio Abu Talib – che pure non aderì mai all'Islam- , ma dopo la morte di questo suo fratello, Abu Lahad, riuscì a privare il Profeta dei suoi diritti. Il problema posto da questa opposizione sempre più violenta da parte dei Coreisciti venne risolto con un'audace mossa teologica: era Allah stesso a volere questa 'persecuzione'. L'attacccamento cieco al politeismo era stato deciso da Allah sin dall'eternità , ed era perciò inevitabile la brusca separazione dagli increduli: - Io non adoro quel che adorate voi; voi non adorate quel che adoro io!

Verso il 615, per proteggerli dalle persecuzioni ma anche per il timore di qualche scisma, Maometto decise quindi di ritirarsi in esilio in questa città, dove la religione tradizionale non era umiliata da interessi economici e politici, e dove risiedevano molti Ebrei, naturalmente monoteisti. Inoltre, quella città-oasi s'era dissanguata in una lunga guerra intestina, e alcune tribù ritenevano che un Profeta – la cui autorità non era fondata sul sangue ma sulla religione – potesse prescindere dalle relazioni tribali e rivestire la funzione di paciere. Una delle due principali tribù, del resto aveva già abbracciato per larga parte l'Islam, convinta che Dio avesse affidato a Maometto un messaggio rivolto a tutti gli Arabi.

Nel 622, in occasione del pellegrinaggio alla Mecca, una delegazione di settantacinque uomini e due donne di Yathrib incontra segretamente il Profeta e s'impegna, con giuramento solenne, a combattere per lui; i fedeli cominciano allora a lasciare La Mecca in piccoli gruppi, alla volta di Yathrib. La traversata del deserto ( più di 300 km ) dura nove giorni, e Maometto è uno degli ultimi a partire, accompagnato dal patrigno Abu Bekr. Il 24 settembre arrivano a Qoba, un villaggetto nei pressi di Medina.- L'emigrazione, l'Egira ( al Hijra , in arabo) si concludeva così con successo. Poco tempo dopo, il Profeta fece il suo ingresso a Medina e lasciò alla sua cammella la scelta del sito in cui avrebbe abitato. La casa, che serviva anche da luogo di raccolta dei fedeli per le preghiere in comune, fu pronta solo un anno dopo, poiché fu necessario costruire gli appartamenti delle spose del Profeta.

L'attività politica e religiosa di Maometto a Medina si distingue nettamente da quella del periodo a La Mecca, e questo è assai evidente nelle sure (NdR-Il Corano è costituito da 114 capitoli detti sure ) dettate dopo l'Egira, che si riferiscono soprattutto all'organizzazione della comunità dei fedeli ( umma ) e alle sue istituzioni socio-religiose: La struttura teologica dell'Islam era ormai stabilita nella sua forma definitiva al momento in cui il Profeta lasciava La Mecca, ma soltanto a Medina egli precisò le regole del culto ( le preghiere, i digiuni, le offerte, i pellegrinaggi). Sin dall'inizio Maometto rivelò un'intelligenza politica eccezionale. In primo luogo, attuò la fusione dei musulmani venuti da La Mecca ( gli – emigrati -) e dei convertiti di Medina (gli- ausiliari -), proclamandosi il loro unico capo: in questo modo venivano abolite le varie ‘fedeltà' tribali e, da quel momento, sarebbe esistita soltanto una comunità unica di tutti i musulmani, organizzata come società teocratica. Nella Costituzione, stabilita probabilmente nel 623, Maometto decretò che gli ‘emigrati' e gli ‘ausiliari' (cioè la ummah) costituissero un solo popolo, distinto da tutti gli altri, e precisò inoltre i diritti e i doveri degli altri clan - comprese le tribù ebraiche. Indubbiamente, non tutti gli abitanti di Medina erano soddisfatti delle sue iniziative, ma il suo prestigio politico aumentava col crescere dei suoi successi militari. Erano però soprattutto le nuove rivelazioni trasmesse dall'angelo ad assicurare la riuscita delle sue decisioni. La delusione maggiore provata da Maometto a Medina fu quella di fronte alle reazione delle tre tribù ebraiche: prima di emigrare, il Profeta aveva scelto Gerusalemme quale punto di riferimento e – direzione - ( quiblah) delle preghiere secondo la pratica ebraica e, dopo essersi insediato a Medina, accolse anche altri rituali ebraici. Le sure dettate nei primi anni dell'Egira testimoniano degli sforzi da lui compiuti per convertire gli Ebrei: - O popolo del Libro! Il nostro Profeta è giunto a voi per istruirvi dopo un'interruzione della profezia, affinché voi non diciate: 'Nessun Messaggero della buona novella, nessun ammonitore è venuto a noi'. Maometto avrebbe permesso agli ebrei di conservare le loro tradizioni rituali se lo 'avessero riconosciuto come profeta' ma ecco che gli ebrei si mostrano sempre più ostili, rilevando gli errori nel Corano e provando che Maometto non conosce l'Antico Testamento.

La rottura si verificò l'11 febbraio dell'anno 624, allorquando il Profeta ricevette una nuova rivelazione che ingiungeva ai musulmani di rivolgersi, per le loro preghiere, non più in direzione di Gerusalemme, bensì verso la Mecca. Con intuizione geniale, Maometto proclamò che la Ka'ba era stata costruita da Abramo e da suo figlio Ismaele e che soltanto a causa dei peccati, commessi dagli avi il santuario si trovava sotto il controllo degli idolatri. D'ora in poi – il mondo arabo ha il suo tempio, e quest'ultimo è più antico di Gerusalemme. Questo mondo ha il suo monoteismo, l' Hanifismo (…). Per queste vie traverse l'Islam, sviato un istante dalle proprie origini, vi ritorna per sempre. Le conseguenze politiche e religiose di questa decisione sono importanti: da un lato, ecco assicurato l'avvenire dell'unità araba; dall'altro, le riflessioni successive sulla Ka'ba sfoceranno in una teologia del Tempio sotto il segno dei monoteisti più antichi, e quindi dei 'veri' monoteisti. Per il momento Maometto si distacca sia dall'ebraismo, che dal cristianesimo, le due –religioni del Libro- che, secondo lui, non avrebbero potuto conservare la purezza originaria: era stato questo il motivo per cui Dio aveva inviato il suo ultimo messaggero e che l'Islam era destinato a succedere al cristianesimo allo stesso modo in cui quest'ultimo era succeduto all'ebraismo.

Brani tratti dal testo di Mircea ELIADE: Storia delle credenze e delle idee religiose.

Mircea Eliade (1907-1986) nacque a Bucarest, dove conseguì la laurea in Filosofia. Dal 1929 al 1931 soggiornò a Calcutta dove si dedicò allo studio del sanscrito e della filosofia indiana. Fu qui che preparò la sua tesi di dottorato, che sarà pubblicata con il titolo: Lo yoga, immortalità e libertà . La sua attività si svolse a Parigi, dove tenne corsi di Storia delle Religioni alla Sorbona ed a Chicago dove occupò la cattedra di Storia delle Religioni.È autore di opere fondamentali sul culto e sul mito, elencate nella sezione Bibliografia.



El mito de Dante Alighieri e del volgar talian
viewtopic.php?f=176&t=213
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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » gio mar 10, 2016 9:00 pm

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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » lun mag 02, 2016 9:31 pm

“Maometto era un ladro e uno stupratore”, bufera su un sacerdote
lunedì, 2 maggio 2016

http://www.direttanews.it/2016/05/02/ma ... -sacerdote

Un prete fiammingo di Kortemark, nelle Fiandre Occidentali, il 77enne padre Germain Dochy, da giorni è al centro delle polemiche per quanto affermato davanti a dei bambini. Mercoledì scorso, nel corso di una solenne preparazione alla comunione, ha fatto infatti delle affermazioni, che sono state bollate come “islamofobiche” da parte dei genitori di alcuni dei bambini: “Maometto era un ladro, un assassino e uno stupratore. Aveva 45 donne, la più giovane aveva 9 anni. E in realtà, l’Islam non è una religione”, sarebbero state le parole del sacerdote.

Padre Germain Dochy, intervistato dai media fiamminghi, di fatto non ha smentito quelle parole: “Ho detto ai bambini che Maometto non era un profeta. Per l’Islam, forse, ma non per noi. Dopo tutto, egli è stato un uomo che ha condotto una vita molto dissoluta e ha causato molte guerre”. La polemica in Belgio imperversa e la diocesi di Bruges è intervenuta, chiedendo al prete di scusarsi, mentre non sono escluse delle sanzioni nei suoi confronti.

Qualche anno fa, era stata l’onorevole Daniela Santanché, durante una trasmissione televisiva, ad affermare: “Maometto era poligamo! E l’ultima delle sue mogli aveva solo nove anni!”. La parlamentare si era scontrata con un imam, che l’aveva tacciata di “dire schifezze”, ma lei aveva proseguito: “In Arabia Saudita danno le bambine agli sceicchi… Chi sposa una bambina di 9 anni nella mia cultura è un pedofilo e Maometto è un pe-do-fi-lo!”.

GM
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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » sab mag 07, 2016 6:40 pm

Vargognate Françesco a dir ła buxia granda kel Coran lè on livro de paxe, vargognate Françesco, vargognate!

http://video.repubblica.it/dossier/il-n ... 105/183968
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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » gio lug 14, 2016 10:58 am

IL CORANO VIETA GLI ALCOLICI (MA NON LE DROGHE), E I RAPPORTI GAY (CHE NELLA PRATICA SONO TOLLERATI)
L'omosessualità femminile è permessa dall'islam e, per la maggior parte dei sunniti, anche quella maschile (del resto anche Maometto ebbe un rapporto omosessuale)
di Vittorio Messori
n.462 del 13 luglio 2016

http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4292

Come tutti sanno il Corano vieta rigorosamente il consumo di vino e, in genere, di ogni alcolico. Un divieto che per Maometto non fu difficile stabilire, visto che nella desertica e arroventata penisola arabica (la sola che gli importasse, pare che non pensasse a una espansione, dopo la morte, della sua dottrina oltre quei deserti), nella penisola arabica, dunque, la coltivazione della vite era pressoché impossibile. Il poco vino che si consumava era portato dalle carovane provenienti soprattutto dal Libano ed era dunque scarso e caro. In ogni caso, tra i tropici e l'equatore gli effetti anche negativi degli alcolici sono moltiplicati dal clima. Meglio, dunque vietare.

IN VINO... IPOCRITAS
Questo divieto è tra le poche cose del Corano che piacciono in Occidente: piacciono, infatti, ai "proibizionisti", membri soprattutto di sette protestanti, quelle che riuscirono a convincere il governo americano a imporre in tutti gli Stati Uniti - dal 1919 al 1934 - lo stop totale alla produzione, vendita, importazione delle bevande alcoliche. Come sempre, tra l'altro, si ebbe il solito effetto opposto alle attese: invece di moralizzare la società si moltiplicò la criminalità, con il contrabbando e le distillerie clandestine, favorendo lo sviluppo del fenomeno mafioso. C'era, qui - e c'è - comunque, una insanabile contraddizione: proprio dei protestanti che dicono di obbedire fedelmente solo alla Scrittura, contrastavano (e tuttora contrastano, anche in comunità numericamente importanti, come gli Avventisti) una realtà scritturale innegabile. Sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento è deplorato, com'è ovvio, l'abuso di vino, ma questo non è certo proibito, anzi è spesso lodato come uno dei doni che Dio ha fatto all'uomo. Gesù stesso beveva, come ogni ebreo e, anzi il suo primo miracolo fu quello di Cana, quando provvide a rifornire di altra bevanda i convitati a un banchetto nuziale già un po' brilli, visto che il loro consumo era andato al di là delle previsioni del padrone di casa. San Paolo, pur ripetendo nelle sue lettere l'invito scontato alla moderazione, arriva ad esortare l'amico Timoteo a "bere un po' di vino" per contrastare dolori di stomaco. Con buona pace di quei protestanti - che vorrebbero astemi non solo i loro seguaci, ma anche tutti i cristiani - nell'intera storia della Chiesa solo gruppi di fanatici settari hanno rifiutato gli alcolici. San Benedetto stesso, nella sua Regola, respinge il rigorismo di un ascetismo che non è cristiano, e fissa per i suoi monaci una quantità giornaliera del prezioso liquido. Le abbazie, tra l'altro, divennero spesso famose per la produzione, oltre che di vini pregiati, di birre e di digestivi anche con alta gradazione.
In ogni caso, non tocca a noi, cristiani, lanciare la pietra contro chi va contro le norme della sua religione. Proprio noi, cittadini di un mondo che ormai in gran parte non ignora solo i precetti del Vangelo: ignora la sua esistenza stessa. Quanto abbiamo detto sopra è per accennare a un aspetto del mondo islamico di cui ben poco si parla e che è stato di recente esplorato da Franz Rosenthal, arabista prestigioso, ben noto agli storici e con cattedra all'università di Yale. Lo studioso ha pubblicato un libro dal titolo significativo: The Herb. Hashish versus Muslin Society. L'Erba, con la maiuscola, l'Erba per l'antonomasia è la cannabis dai cui fiori, come è noto, si estraggono varie droghe di cui l'hashish è la più ricercata. Lo storico, dopo una lunga ricerca negli archivi (ma frequentando non solo il passato bensì anche il presente del mondo musulmano, constatando la presenza se non la crescita del problema) lo storico, dunque, mostra come l'astensione dagli alcolici sia stata sostituita dal consumo di massa di hashish, fumato miscelato con tabacco o reso liquido e bevuto. Secondo il professor Rosenthal, questo uso ed abuso di droghe è tra le ragioni principali del declino della società islamica che, a partire dal XIII secolo, diventa sempre meno creativa e finirà poi tutta sotto il dominio coloniale degli europei. Pochi sanno che nel 1789, appena sbarcato in Egitto, Napoleone scoprì la diffusione di massa della canapa indiana e ne constatò gli effetti disastrosi della popolazione. Dunque, emanò un decreto che vietava rigorosamente ai soldati francesi ogni consumo di hashish, liquido o solido. È in assoluto il primo atto - constata lo studioso di Yale - di un'autorità europea contro gli stupefacenti. Comunque, il dilagare dell'Erba in tutto il mondo musulmano è continuata a tal punto che, nel 1922, sempre i francesi - stavolta quelli che occupavano Tunisia, Algeria, Marocco - cercarono di limitare l'uso della droga vietandone la vendita libera e istituendo un monopolio di Stato. Il prezzo fu elevato di molto, per scoraggiar i clienti, e la quantità per ogni persona fu ridotta al minimo. Nel dopoguerra, all'Incontro mondiale sugli stupefacenti, a Ginevra, i delegati musulmani chiesero che la cannabis (cui molti guardavano con indulgenza) fosse inserita nell'elenco delle sostanze da proibire e da combattere. Il delegato egiziano fece un intervento drammatico: "L'hashish è la causa principale di alienazione mentale del nostro Paese, essendo responsabile del 40 per cento dei ricoveri urgenti in ospedale e fiaccando le energie dei lavoratori, sia giovani che adulti". Ogni repressione legale e poliziesca, tuttavia, non ha risolto e neppure attenuato il problema che, anzi, oggi si aggrava. Questo diciamo non certo per moralistica condanna, bensì a beneficio degli ingenui che, a fronte di un Occidente postcristiano dove la droga ha la presenza che sappiamo, favoleggiano di un mondo musulmano compatto in virtù ammirevoli: niente alcol, niente stupefacenti. E, già che ci siamo, niente omosessualità. Beh, qui sotto, parleremo pure di questo.

L'ADOLESCENTE SODOMIZZATO DA MAOMETTO
Si sa che il Corano condanna severamente i rapporti sessuali tra uomini (l'omosessualità femminile, pur molto praticata negli harem e nelle saune per sole donne, è ignorata) e sancisce, addirittura la pena di morte. Il maggior numero dei moltissimi giustiziati in quella teocrazia sciita che è l'Iran è costituita da sodomiti, spesso giovanissimi. L'applicazione della pena coranica è assai meno frequente tra i sunniti: in effetti, il Nord Africa è sin dall'Ottocento un eden per gli omosessuali europei. Tanto per citare un esempio tra mille, André Gide, il premio Nobel, ha dedicato un intero libro alle sue avventure pederastiche in Marocco e in Algeria. Anch'egli testimonia della grande tolleranza islamica, che dura tuttora, alimentando un frequentato turismo sessuale gay.
Ma c'è un motivo ignorato dai più, anche da molti musulmani, nella comprensione dei sunniti. Questi, accanto al Corano, seguono una Tradizione (la Sunna, appunto), costituita da migliaia di frammenti, detti hadith. Questi riportano, tramandati per secoli oralmente, una parola, un detto, un atto, un silenzio del Profeta. Non soltanto il suo insegnamento ma anche la sua vita, pur nella quotidianità più banale, costituisce una base per la fede. Ebbene, c'è un hadith (il 12669, detto Musnah Amad) del quale non parlano in pubblico i dotti ma che, segretamente, ha contribuito a creare un clima di tolleranza verso l'omosessualità. Maometto, dopo i suoi successi religiosi e militari, era circondato da una corte (tutta maschile) composta anche da giovani e giovanissimi. Uno di questi, a nome Zahid, si distingueva tra la sua bellezza e la sua grazia. Avvenne così, narra il frammento entrato a far parte della Tradizione sunnita, che un giorno il Profeta prese per le spalle il discepolo, gli sollevò la tunica che portava come solo indumento e, di sorpresa, lo sodomizzò. Zahid non gradì quella che avvertì, non a torto, come una violenza e osò protestare con Maometto: non era proprio egli stesso che rivelava ai credenti al condanna di Allah per il sesso tra i maschi? Ma il Profeta gli replicò che avrebbe dovuto, semmai, ringraziarlo: essere non solo toccato ma addirittura posseduto dall'inviato divino era un grande e santificante privilegio. Gli esperti della Legge coranica ancora discutono: l'atto era una concessione particolare del Cielo per Maometto o costituiva un esempio che anche gli altri credenti potevano imitare? Guardando alla prassi seguita nei secoli dall'Islam sunnita, sembra che abbia finito per prevalere l'ipotesi dell'esempio che era lecito seguire. Una conferma autorevole è data dalla poesia araba, dove molto spesso è cantata la bellezza degli adolescenti e la dolcezza degli amori con loro. Si disilludano, dunque, coloro che pensano di trovare tra i musulmani un fronte compatto contro la diffusione dell'omosessualità. Scopriranno, sì, l'orrore per quelle "mostruosità" che, per tutto l'islam, sono le unioni o addirittura i matrimoni di uomini con uomini e di donne con donne. Ma scopriranno come, da sempre, molti dei Credenti in Allah non disdegnino il "passatempo" con gli efebi. Del resto, gli hammam, i bagni turchi di Istanbul, sono celebri da sempre anche per le pratiche omosessuali che vi si tengono. Non è stato lo stesso Profeta a cedere alla tentazione?

Titolo originale: Un po' di Islam
Fonte: Il Timone, maggio 2016 (n.153)
Pubblicato su BastaBugie n. 462
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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » ven set 16, 2016 11:06 am

Uccidere in nome di Dio è opera di Satana sentenzia Bergoglio
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 9482304612
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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » mer set 21, 2016 3:39 pm

Ci hanno dichiarato guerra, Magdi Cristiano Allam parla di Islam Parte seconda
https://www.youtube.com/watch?v=TXFiDsc ... ture=share
Allah era uno dei 360 dei pagani della Mecca preislamica, ... e Maometto un criminale.
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Re: Maometo (on santo o n criminal terorista ?)

Messaggioda Berto » sab feb 11, 2017 9:11 pm

Il profeta pericoloso.
novembre 15, 2015
Traduzione dell’articolo di Hamed Abdel-Samad pubblicato qui. Abdel-Samad è uno scrittore di origine egiziana naturalizzato tedesco. Figlio di un imam sunnita e un tempo membro dei Fratelli Musulmani, ora è dichiaratamente ateo.

https://wrongdoers.wordpress.com/2015/1 ... pericoloso

Molti mussulmani sono tuttoggi prigionieri della figura misteriosa di Muhammad, il quale visse nel VII secolo. Ma anche il Muhammad storico è un prigioniero: dell’eccesso di venerazione da parte dei mussulmani e della loro pretesa che sia un personaggio intoccabile. L’onnipresenza del profeta nell’istruzione e nella politica e l’esagerata enfasi che si dà alla componente religiosa in molte società islamiche impediscono di poter ricorrere ad altri esempi in base ai quali formare la propria identità. Ogni cosa risale a lui, la sua presenza aleggia dappertutto e determina la quotidianità dei cittadini, politici e teologi mussulmani. Al contempo, il legame emotivo dei mussulmani con Muhammad e la sconsiderata sovrastima del profeta impediscono un confronto storico-critico col fondatore dell’islam.

Quand’ero ancora un fervente mussulmano, pensavo di conoscere tutto su Muhammad, solo perché avevo letto la sua biografia, il Corano e i suoi numerosi hadith (i suoi detti extra-coranici). Tuttavia, come studioso, era necessario che stabilissi una certa distanza critica. Quanto piú mi occupavo di Muhammad, tanto piú mi sembrava di avere in mano un mazzo di tarocchi. Alcune di queste carte davano fiducia e speranza, mentre altre erano terrificanti. Qui appariva come il predicatore meccano dedito all’argomentazione etica, altrove come l’intollerante signore della guerra medinese. Qui come l’essere umano che raccomandava la compassione ed il perdono, altrove come il criminale genocida ed il tiranno psicolabile.

Per tale ragione, non avevo intenzione di scrivere una nuova biografia di Muhammad, quanto, invece, di adottare un approccio del tutto personale alla sua vita, per arrivare ad una specie di resa dei conti. A tale scopo, non mi baso solo su canoni di valutazione odierni, ma anche su criteri morali e sociali di quel tempo, dacché, anche dal punto di vista dei suoi contemporanei, Muhammad ha compiuto molte azioni deprecabili. Inoltre, mi sforzo di capire le ragioni politiche e psicologiche delle sue azioni.

La bramosia di potere e di riconoscimento.

Muhammad era un orfano che non crebbe con la propria famiglia, ma fu nvece allevato da beduini estranei. Tornato alla Mecca, pascolava come schiavo le capre della propria tribú, dalla quale, evidentemente, non veniva preso molto in considerazione. Gli mancarono non solo l’amore e la cura dei genitori, ma anche figure di riferimento. Al ruolo di guerriero solitario era predestinato dalla nascita. Piú avanti, sposò una ricca vedova e nell’impresa di lei divenne un carovaniere di successo. Era benestante e fortunato. Eppure, all’età di 40 anni precipitò improvvisamente in una crisi esistenziale. Vagava da solo per il deserto, meditava in una caverna, aveva visioni e sosteneva che le pietre gli avrebbero parlato. Soffriva di crisi d’ansia e contemplava il suicidio. E credeva che una rivelazione gli sarebbe stata inviata dal Cielo.

Una seconda svolta nella vita di Muhammad fu segnata dalla sua emigrazione a Medina. Lí non solo venne fondato il primo stato islamico, ma si manifestò altresí il profeta violento che per i propri scopi passava anche sul cadavere del prossimo. La differenza fra il Muhammad della Mecca e il Muhammad di Medina è la stessa che passa fra il giovane Lenin teorico marxista e il Lenin capo di stato sovietico. Dopo la conquista del potere, i principi un tempo tenuti in alta considerazione finirono sempre piú sullo sfondo: la logica del potere e la paura del tradimento determinarono quasi tutto. Alle guerre dovettero seguire altre guerre e Muhammad iniziò un’ondata di conquiste ineguagliate che segnano il mondo ancor oggi.

La sua personalità ambivalente si vede anche dalle relazioni con le donne. Non si comportava come un tiranno, bensí piuttosto come un bambino che soffriva di paura della perdita, cosa che influisce tuttoggi sulla condizione delle donne mussulmane. L’imposizione del velo, la poligamia e l’oppressione sono da imputare alle paure di Muhammad. Tuttavia, parlò anche molto positivamente delle donne, al punto che alcuni mussulmani pensano che lui, le donne, le abbia liberate.

Muhammad bramava potere e riconoscimento e li cercò sia presso le donne che in guerra. Soltanto negli ultimi otto anni della sua vita combatté piú di 80 guerre. Ma fu solo all’ombra delle spade che ottenne il riconoscimento cui aveva sempre ambito. Però piú diventava potente, piú era dominato dal suo stesso potere. Piú nemici eliminava, piú cresceva la sua paranoia. A Medina controllava i propri seguaci ad ogni passo. Tentava di regolare e di tenere tutto sotto controllo, persino il loro ciclo del sonno. Li radunava cinque volte al giorno per pregare e, in tal modo, assicurarsi della loro fedeltà. Li metteva in guardia dai tormenti dell’inferno. I peccatori venivano fustigati. I bestemmiatori e gli apostati uccisi. Ciò che era peccato, lo decretava lui.

Un emarginato pieno di risentimento come signore della guerra.

Le ultime sure del Corano, con l’esaltazione della guerra e la condanna dei miscredenti, piantarono il seme dell’intolleranza. Siccome il Corano è ritenuto l’eterna parola di dio che ha valore in tutti i tempi, gli islamisti odierni interpretano i passi relativi alla guerra come legittimazione del proprio jihad globale. Muhammad promise ai propri guerrieri non soltanto il paradiso eterno, ma anche ricche ricompense e belle donne da tenere come schiave già in questo mondo. Quello fu il giorno in cui nacque l’economia islamica. Dopo la morte di Muhammad, le spoglie di guerra, la tratta degli schiavi e l’introduzione del testatico (ovvero jizya, NdT) sugli infedeli rimasero ancora per secoli le fonti principali di entrate dei regnanti mussulmani. Umayyadi, Abbasidi, Fatimidi, Mammelucchi ed Ottomani si rifacevano a Muhammad in questo senso. Al giorno d’oggi il gruppo terroristico dell’ISIS giustifica le proprie azioni di guerra in base alla carriera del profeta, il quale decapitava i prigionieri di guerra ed espelleva gli infedeli dalle proprie dimore.

Eppure, anche nei panni di signore della guerra, Muhammad rimase in un certo senso un bambino. Era un emarginato risentito ed emotivo, un uomo perennemente deluso dal mondo. Sia da pastore che da commerciante, sia da predicatore che da generale, Muhammad era alla continua ricerca di un rifugio. Questo rifugio poteva essere rappresentato da Khadija (la sua prima moglie) o dalle lettere del Corano, oppure dagli uomini credenti o, ancora, dalle sue mogli affettuose. Alla fine, il campo di battaglia divenne la sua ultima casa.

Muhammad morí 1400 anni fa, ma non è mai stato definitivamente sepolto. Ha lasciato in eredità un sistema di regole che determina ancora oggi ogni faccenda nella vita quotidiana dei mussulmani. I suoi approcci sociali del periodo meccano offrono conforto e sono benefici. Le sue guerre del periodo medinese giustificano la violenza. Ha trasmesso ai mussulmani tratti della propria personalità che si potrebbero definire patologici: delirio di onnipotenza e megalomania, paranoia e manie di persecuzione, incapacità di gestire la critica e disturbi ossessivi-compulsivi. La migliore valutazione che Muhammad potrebbe ricevere oggi sarebbe quella di essere visto per l’essere umano che era e di superare la fede nella sua onnipotenza. In altre parole, andrebbe sotterrato un idolo pericoloso.

Che cosa fa un bambino che riceve poca considerazione? Che cosa fa un uomo che non viene riconosciuto dalla propria comunità? Cerca di integrarsi in una comunità piú significativa di quella cui apparteneva originariamente. Oggi, il figlio di immigrati che vive a Dinslaken e che ha a malapena qualche connessione tanto con le proprie radici turche quanto con l’ambiente tedesco circostante e che si sente costantemente escluso, probabilmente va alla ricerca di una comunità immaginaria chiamata umma, ovvero la comunità di tutti i credenti mussulmani. Il giovane trova certi gruppi radicali, che rappresentano solo una frazione della grande identità islamica, in internet e ai margini delle comunità islamiche. Si identifica con le sofferenze e l’oppressione dei mussulmani in luoghi sconosciuti del mondo. Abbandona il vecchio mondo che l’ha ferito e parte per la Siria per divenire parte dell’utopica umma. Taglia la gola agli infedeli e sogna di conquistare un giorno la Germania per vendicarsi.

Metodi mafiosi.

Una vicenda sviluppatasi in tale modo potrebbe essersi verificata anche 1400 anni fa: Muhammad era uno straniero in patria. Il suo clan l’aveva misconosciuto e ferito. Si diede ad una fuga metafisica, alla ricerca di un’identità piú grande. La reazione alla figura di Abramo fu l’inizio. Muhammad non vedeva Abramo solo in qualità di modello, in relazione al monoteismo, bensí anche come progenitore carnale. Nel Corano chiama Abramo umma (16:120, NdT), cioè nazione. Ad Abramo Muhammad giunge attraverso Ismaele, il figlio di Abramo, il quale è stato quasi ignorato nella Bibbia. Muhammad vedeva se stesso come un eletto ed Ismaele come anticipatore di tale elezione. Muhammad diventava furioso se qualcuno contestava la sua affinità con Ismaele, dato che la cosa avrebbe potuto spezzare il suo legame con Abramo e, quindi, distruggere il mito fondante dell’islam.

Gli odierni riformisti dell’islam sostengono che l’islam sarebbe nato come rivoluzione morale e sociale contro l’ingiustizia che regnava in Arabia e che si sarebbe trasformato in una religione guerresca durante il periodo umayyade. I simpatizzanti della mafia argomentano in modo simile, asserendo che la mafia si sarebbe originata come movimento di resistenza al dominio straniero francese. Secondo loro, la parola mafia sarebbe un acronimo di Morte Alla Francia Italia Anela. Tuttavia, la mafia non è mai stata un’organizzazione fondata sull’onestà. Anche l’islam è nato come confraternita giurata unita da una profonda diffidenza per quanti non appartenevano alla famiglia o al clan. L’islam descrive la prima comunità di mussulmani in questo modo: Muhammad è l’inviato di dio e coloro che sono con lui sono spietati con gli infedeli, ma misericordiosi gli uni con gli altri (48:29, NdT). Si è gentili gli uni con gli altri, ma con i nemici si è senza pietà. Un soldato di Muhammad poteva piangere per timore reverenziale durante la preghiera e pochi minuti piú tardi decapitare un infedele. Similmente, in chiesa un mafioso può ascoltare devotamente una predica sull’amore per il prossimo e poco dopo sparare ad un uomo in mezzo alla strada.

Ancora un parallelo: il capo dei capi non può essere né contraddetto né criticato. Un bacio sulla mano simboleggia la fedeltà dei membri e la loro cieca dedizione a costui. Muhammad non accettava scuse dai propri seguaci quando si trattava di partecipare alla preghiera o ad una delle sue guerre. Disse: nessuno sarà mai un vero credente se non ama me piú dei propri genitori, dei propri figli e di chiunque altro (In Bukhari, qui; in Sunan ibn Majah, qui, NdT).

L’islam: una confraternita giurata legata da una profonda diffidenza per chi non vi appartiene.

Certamente, anche i despoti sono semplici uomini. Spesso la loro vita privata non si accorda alla loro immagine di monarchi assoluti. Una persona che decida costantemente chi deve vivere o morire potrà essere talvolta debole. Anche il profeta Muhammad era sopraffatto dal proprio potere. Piú diventava potente, piú diventava solo. Piú invecchiava, piú il suo comportamento nei confronti delle donne si dimostrava immaturo: a volte era amorevole, altre volte era duro, spesso insicuro e geloso. Impose loro il velo integrale, limitò la loro libertà di movimento e permise loro di parlare con gli uomini solo se separate da una parete che li dividesse.

Il problema di Muhammad con le donne.

Verso la fine della propria vita, Muhammad trattava le donne come oggetti da collezionare a piacere. Alla prima moglie Khadija ne seguirono altre undici, nove delle quali vissero con lui contemporaneamente nella stessa casa. Oltre a quelle, ci furono altre 14 donne con le quali sottoscrisse un contratto di matrimonio, ma senza consumare fisicamente l’unione. In piú ci furono due dozzine di donne con le quali fu fidanzato. Senza dimenticare le sue schiave, parte del bottino di guerra o ricevute in dono. Muhammad fu possessivo persino dopo la propria morte e proibí alle proprie mogli di contrarre matrimonio con altri uomini dopo la sua scomparsa. Dev’essere stato particolarmente difficile da sopportare per la giovane moglie ‘A’isha, dato che, secondo le fonti islamiche, divenne vedova all’età di 18 anni.

Quando Muhammad sposò ‘A’isha, lei aveva appena sei anni. Per secoli il matrimonio di ragazze minorenni è stato legittimato grazie al matrimonio di Muhammad con ‘A’isha. Oggigiorno è piuttosto imbarazzate per molti mussulmani moderati riconoscere che il loro profeta ha sposato una bambina di sei anni e perciò cercano disperatamente di cambiare argomento. Molti ricordano che lui la sposò solo formalmente, quando lei aveva sei anni, ma che consumò il rapporto sessuale tre anni piú tardi. Secondo gli apologeti ciò significa che a quel tempo alcune bambine di nove anni sarebbero state precocemente mature. La cosa si può contestare: innanzitutto, è ‘A’isha stessa ad affermare che gli approcci di Muhammad furono di tipo sessuale sin da principio e che lui fece praticamente di tutto con lei, eccetto che penetrarla. In secondo luogo, una ragazzina di nove anni è solamente una ragazzina di nove anni ed ora come allora solamente una bambina. Ai tempi di Muhammad non era per nulla normale che un uomo sposasse una bambina.

Nonostante il grande affetto per ‘A’isha, Muhammad sposò in media una nuova donna quasi ogni sei mesi. Piú in là, l’infedeltà divenne per lui un grosso problema. Di conseguenza, non solo venne imposta la norma del velo integrale, ma vennero introdotte anche nuove leggi per contrastare l’adulterio: chi praticava la fornicazione veniva punito con cento nerbate. Chi commetteva adulterio veniva lapidato a morte. Ancora oggi le donne in Iraq, Siria e Nigeria vengono trattate come bottino di guerra e subiscono violenza fisica quasi dappertutto nel mondo islamico. Nelle società islamiche gli attacchi con l’acido contro le donne che non portano il velo, le mutilazioni genitali, le lapidazioni ed i delitti d’onore rappresentano le forme piú brutali di misoginia. Non si può ritenere che Muhammad ed il Corano siano gli unici responsabili di tutto ciò, ma a tutto questa situazione hanno dato un grosso contributo.

Stando al Corano, la donna ha innanzitutto una funzione da compiere nella comunità islamica: quella di procurare sollievo all’uomo. Prima che i guerriglieri dell’ISIS riuscissero a catturare le donne yezidi e cristiane per usarle come schiave sessuali, i giovani in Siria venivano reclutati con l’assicurazione che lí il jihad del sesso era permesso. Di converso, mussulmane da ogni angolo del mondo, soprattutto dal Nord Africa, si offrono ai jihadisti. I dotti sunniti che sostengono il jihad del sesso, si richiamano al profeta, il quale permise ai propri soldati di contrarre matrimoni di piacere durante le lunghe guerre. In questo caso, la questione non c’entra con l’etica, in quanto si ha a che fare con un principio piú elevato: il jihad.

E, allora, a che cosa somiglia il paradiso? Il paradiso islamico non è altro che un bordello celeste nel quale ad ogni martire spettano 72 vergini e, oltre a queste, 70 servitrici ciascuno. Il teologo medievale al-Suyuti scrisse: dopo che abbiamo dormito con una houri, lei si trasforma nuovamente in una vergine. Il pene di un mussulmano non si affloscia mai. L’erezione dura in eterno ed il piacere dell’unione è infinitamente dolce e non è di questo mondo. Ogni eletto avrà 70 houri, oltre alle mogli che aveva in terra. Tutte loro avranno una vagina deliziosa.

Perché nel XXI secolo Muhammad deve ancora decidere chi può amare o sposare chi e che cosa deve fare, mangire o indossare?

Pochissime parole in arabo hanno piú sinonimi di quella che significa rapporto sessuale. E la maggior parte di queste parole non descrivono un atto d’amore, ma una forma di violenza. Nel primo dizionario della storia araba, il Lisan al-arab dell’anno 1290, alla voce nikah si trovano i seguenti significati: montare, dibattersi, assalire, colpire, violare, esaurire, scoccare, stare insieme, picchiare, calcare, cadere, crollare, penetrare, aggredire, infilare, ululare.

Muhammad stesso non era particolarmente misogino per i suoi tempi. Si espresse piú volte positivamente a proposito delle donne ed esortò i suoi seguaci a trattare amorevolmente le proprie mogli. Inoltre, non ci sono notizie del fatto che lui stesso abbia mai picchiato le mogli. Ciononostante nel Corano ha reso eterno il diritto di un uomo di picchiare la moglie quando lei sia ostinata. Purtroppo, oggi risulta difficile persino ad alcuni mussulmani moderati dire: picchiare le donne è sbagliato senza se e senza ma, indipendentemente da quanto scritto nel Corano. Invece, si cita il profeta lí dove prescriveva che i colpi non dovevano lasciare segni e che il volto della donna doveva essere risparmiato dalle percosse.

Paranoia e mania del controllo.

Il profeta godeva di potere ed influenza nel mondo dal quale era nato. Però perché deve mantenere lo stesso potere e la stessa influenza in un mondo che lui non ha mai conosciuto? Perché nel XXI secolo Muhammad deve ancora decidere chi può amare o sposare chi e che cosa si deve fare, mangiare o indossare? Perché i mussulmani si infilano in questa trappola della storia?

Si può accusare Muhammad di molte cose, ma non del fatto che fosse un bugiardo: il suo fervore, la sua capacità di provare sofferenza e la sua perseveranza dimostrano che era convinto di aver ricevuto messaggi di origine divina. Desiderava che un potere piú alto lo assistesse. All’iinizio cercava la liberazione, ma alla fine divenne egli stesso un prigioniero. Un maniaco del controllo. Non solo l’idea che aveva di dio riflette questo fatto: molti rituali islamici sono caratterizzati da ripetizioni senza senso, ad esempio le prostrazioni della preghiera o le abluzioni rituali. In pratica, anche nelle regioni piú aride, ogni mussulmano doveva lavarsi cinque volte al giorno per la preghiera, bagnandosi ogni parte del corpo per tre volte. Se non ci fosse stata acqua a disposizione, ci si doveva pulire simbolicamente con la sabbia. Muhammad informò i propri seguaci che dio avrebbe bruciato i luoghi del corpo non detersi dall’acqua o dalla sabbia nel giorno del giudizio (in Bukhari, qui, NdT).

Probabilmente era ossessionato dalla pulizia, un disturbo causato sia dal senso di colpa che dalla mania di controllo. Ancora al giorno d’oggi un mussulmano deve lavarsi per la preghiera se prima ha dato la mano ad una donna. In una moschea si deve entrare col piede destro, mentre nella toilette si deve entrare col piede sinistro. Il mussulmano deve recitare una preghiera prima di andare al bagno per proteggersi dai demoni malvagi che sono in agguato in gabinetto. All’uscita è d’uopo recitare un’altra preghiera e si deve ringraziare Allah per essere scampati agli spiriti malvagi. La lista dei precetti che intralciano il mussulmano nell’organizzazione autonoma della propria giornata si potrebbe riempire di innumerevoli esempi.

Per essere un buon mussulmano, il credente deve imitare il profeta in tutto e per tutto. L’autonomia decisoria, la flessibilità e la creatività non sono previste. Agli odierni chierici islamici conservatori si presenta la possibilità di esercitare il proprio potere sui mussulmani. Interi programmi televisivi hanno come scopo di rispondere alle domande dei credenti per agire secondo l’esempio del profeta. Il problema qui non sta tanto nello sforzo di comportarsi in modo ritualmente corretto, quanto nel fatto che è sotteso che tutti coloro che non si attengono ai precetti illustrati sono peccatori impuri. Al giorno d’oggi i sensi di colpa ed il desiderio di espiazione sono i principali motori della radicalizzazione. Gli islamisti si considerano gli autentici eredi del profeta.

Amare la morte piú della vita.

Chi si sopravvaluta, spesso sopravvaluta anche l’ostilità di quanti lo circondano. La tradizione islamica antica conta ben 15 complotti per assassinare il profeta ai quali egli sarebbe sopravvissuto: tre orditi da arabi pagani e dodici da ebrei. Sebbene nel Corano sia scritto che dio ha suddiviso l’umanità in popoli affinché si conoscano l’un l’altro (49:13, NdT), Muhammad profetizzò: i popoli un giorno vi attaccheranno perché diventerete deboli nei vostri cuori. I vostri cuori diverranno deboli, perché amerete la vita e odierete la morte (Sunan Abi Dawud, qui, NdT). Perciò gli islamisti rivendicano il fatto di amare la morte piú della vita. Non per nulla un tipico grido di guerra dei terroristi è: voi amate la vita e noi amiamo la morte.

Il Consiglio Centrale dei Mussulmani in Germania sancisce che Muhammad non poteva sapere che cosa fosse il calcio.

Non c’è un passo del Corano che preveda esplicitamente la pena di morte per chi vilipende il profeta, ma nella biografia di Muhammad vi sono numerosi aneddoti a proposito di persone che furono giustiziate su suo ordine per aver bestemmiato il suo nome. La tradizione menziona piú di 40 vittime, fra cui alcuni poeti e cantastorie, che avevano osato ridicolizzarlo. Nella collezione di hadith di Abu Dawud si legge: il profeta trovò il cadavere di una donna uccisa davanti alla sua moschea. Domandò agli oranti chi l’avesse uccisa. Un cieco si alzò e disse: sono stato io. È la mia schiava e da lei ho avuto due figli belli come perle. Ma ieri lei ti ha offeso, profeta di dio. Le ho intimato di non insultarti piú, ma lei ha ripetuto quello che aveva detto. Non ho potuto tollerarlo e l’ho ammazzata. Al che Muhammad rispose: il sangue di questa donna è stato versato secondo giustizia. (Sunan Abi Dawud, qui, NdT).

L’importanza assoluta data all’islam produce il fondamentalismo.

Ciò che è spaventoso a proposito di questa storia non è soltanto il fatto che un uomo ammazzi la madre dei propri figli (in uno degli hadith il sangue della donna bagna uno dei figli che le si aggrappa alle gambe, NdT), quanto il trasferimento in ambito privato della facoltà di ricorrere alla violenza. L’esecuzione di una sentenza di morte non è privilegio del sovrano o di uno dei poteri dello Stato: ciascun mussulmano ha tale potere. Quando ho tenuto un discorso al Cairo nel giugno del 2014 in cui affermavo che il fascismo islamico è cominciato con Muhammad, un professore dell’università di al-Azhar ha invocato la mia uccisione ed ha citato la storia della schiava del cieco come prova della legittimità della sua sentenza.

All’inizio del 2015 della teppaglia ha lapidato a morte una giovane donna afgana per aver bruciato un Corano. Un’insegnante britannica è finita in carcere per aver chiamato Muhammad un orsacchiotto. La società calcistica Schalke 04 ha sollevato delle critiche, perché il suo inno dice: Mohamed war ein Prophet, der vom Fußball nichts versteht (Muhammad era un profeta che non capiva niente di calcio). In ogni caso, il Consiglio Centrale dei Mussulmani in Germania ha sancito che Muhammad non poteva avere idea di che cosa fosse il calcio.

Le sofferenze del mondo islamico possono venire guarite solamente se i mussulmani si liberano delle molteplici manie e malattie del profeta: delirio di onnipotenza, paranoia, intolleranza alla critica e suscettibilità. Anche l’immagine distorta della divinità, che è diventata l’archetipo del despota, deve essere messa in discussione.

Il fondamentalismo non è una coseguenza dell’errata interpretazione dell’islam, bensí la conseguenza dell’eccesso di importanza che all’islam viene data. La riforma dell’islam comincerà quando i mussulmani troveranno il coraggio di liberare Muhammad dalla sua condizione di intoccabilità. Solo allora potranno essi stessi evadere dalla prigione della fede ed essere parte del presente che non viene determinato da dio, bensí dagli esseri umani.
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