Fratellanza mussulmana

Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 6:28 pm

Fratellanza mussulmana
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2027




https://it.wikipedia.org/wiki/Fratelli_Musulmani
I Fratelli Musulmani (in in arabo: جماعة الإخوان المسلمين‎, Jamaʿat al-Iḫwān al-muslimīn, letteralmente Associazione dei Fratelli Musulmani; spesso solo الإخوان المسلمون, al-Iḫwān al-Muslimūn, Fratelli musulmani, o semplicemente الإخوان al-Iḫwān, i Fratelli) costituiscono una delle più importanti organizzazioni islamiste internazionali con un approccio di tipo politico all'Islam. Furono fondati nel 1928 da al-Ḥasan al-Bannāʾ a Isma'iliyya (Egitto), poco più d'un decennio dopo il collasso dell'Impero Ottomano.
Sono diffusi soprattutto in Egitto (Partito Libertà e Giustizia) e in Palestina (Hamas).
Sono stati dichiarati fuorilegge, in quanto considerati un'organizzazione terroristica, da parte dei governi dei seguenti paesi: Bahrain, Egitto, Russia, Siria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Tagikistan e Uzbekistan. Godono invece di cospicui finanziamenti e protezione più o meno esplicita da parte del governo del Qatar.
Indice

Il motto dell'organizzazione è:

"Dio o Allah è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. Il jihad è la nostra via. Morire nella via di Dio o Allah è la nostra suprema speranza"


https://it.wikipedia.org/wiki/Terrorismo_islamista
Il terrorismo islamista o, meno correttamente, islamico è una forma di terrorismo religioso praticato da ristretti gruppi di fondamentalisti musulmani per raggiungere vari obiettivi politici in nome della loro religione.
Eccezione fatta per alcune sporadiche manifestazioni di antica militanza oltranzista religiosa condotta con metodi sanguinari dalla setta degli assassini (specialmente in Persia e negli ex-dominî fatimidi quali Egitto e Siria), il fenomeno ha assunto dimensione globalmente rilevante solo nel secondo dopoguerra, in particolare a seguito dell'irrisolta questione palestinese, varie organizzazioni della cui resistenza hanno fatto ricorso a strumenti quali attentati dinamitardi, rapimenti, dirottamenti aerei, omicidi e attentati suicidi.
...

Non manca, peraltro, chi considera le organizzazioni terroristiche di matrice islamica l'ala estrema di una «religione politica», adottando una terminologia analoga a quella utilizzata per definire il nazismo.
Vi furono in passato gruppi, configurati come sette religiose, che contestarono alla maggioranza dei credenti musulmani o agli ulema, il cosiddetto clero islamico, l'allontanamento dal retto insegnamento di Maometto, che essi cercarono di contrastare con un loro distacco fisico o simbolico dalla società, come fece la setta dei kharigiti (arabo kharaǧa, «coloro che vanno fuori») ove non fosse possibile il ricorso a una «doverosa» violenza, come fu il caso della setta degli Assassini.


Il primo movimento che teorizzò l'uso della lotta per ripristinare lo stile di vita ortodosso dei primi credenti (salaf al-ṣaliḥīn, «i pii antenati», da cui il termine salafita), fu quello dei Fratelli Musulmani.

Il movimento, fondato in Egitto nel 1928 a opera di Hasan al-Banna, si diffuse rapidamente in Siria, Giordania e Sudan, e, alla fine degli anni quaranta, esso contava circa 500 000 adepti, con la volontà di affrancare il mondo islamico dalla sua sudditanza, psicologica e politica, nei confronti dell'Occidente non-musulmano, anche se ancora il salafismo non aveva l'accezione attualmente in uso e collegata al rigido fondamentalismo.
Le metodologie di organizzazione del movimento ricalcarono quelle di ideologia marxista che si andavano affermando dopo la fine della seconda guerra mondiale nei Paesi arabi, in corso di affrancamento dai regimi coloniali, con un emiro al posto della segreteria generale e la shura al posto del «comitato centrale» dei gruppi marxisti, e nelle università spesso i gruppi studenteschi islamisti contendevano il predominio intellettuale a quelli marxisti, più allineati ai governi esistenti. I Fratelli Musulmani, organizzati secondo una rigida struttura gerarchica, divennero così il primo vero movimento di massa neo-islamico e, all'inizio degli anni cinquanta, sull'onda della guerra in Palestina, esso arrivò a raccogliere circa due milioni di aderenti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 6:32 pm

L’islam degli incoronati
Chi sono gli sceicchi, gli emiri e i sultani che tengono per la gola l’economia dell’occidente. Tra le corazzate finanziarie del Golfo la più aggressiva e sospetta è quella del Qatar
di Stefano Cingolani | 30 Novembre 2015 ore 10:55

http://www.ilfoglio.it/gli-inserti-del- ... e_c105.htm



Hamad bin Khalifa al Thani ha regnato per quasi un ventennio sul Qatar, fino al 2013, quando ha lasciato il trono al figlio Tamin, uno dei 24 discendenti.
Dominick Rivetti non si dà per vinto: “Qui la legge è uguale per tutti a prescindere da chi sei, chi conosci e da dove vieni”. Rivetti è il capo della polizia di Beverly Hills, un vero americano. E si morde le mani. Un video postato su internet il 20 settembre scorso mostrava una Ferrari gialla sfrecciare per il quartiere più glamour di Los Angeles terrorizzando pedoni, passanti, automobilisti. Ma Rivetti, nonostante la sua fede nella legge, nell’ordine e nella costituzione di Filadelfia, sa che non prenderà mai quel pirata della strada. Chi era? Gli agenti non hanno impiegato molto a fare due più due: quell’auto è ben nota e appartiene a un famoso quanto singolare pilota da corsa, uno sceicco. Si chiama Khalid bin Hamad al Thani, figlio di Hamad bin Khalifa al Thani che ha regnato sul Qatar dal 1995 al 2013 prima di lasciare il trono a Tamin, uno dei 24 discendenti (11 maschi e 13 femmine) avuti dalle sue tre mogli. Lo sceicco Khalid è conosciuto in tutto il mondo come grande sponsor delle gare automobilistiche alle quali spesso partecipa egli stesso. Del resto, condivide l’amore per le auto di lusso con tutta la sua casata. L’attuale emiro, tra Ferrari, Lamborghini, Pagani-Zonda possiede un’intera autorimessa. Perché stupirsi, non sono fatti così i signori del Golfo Persico, fedeli ai loro stereotipi, dalla kefiah alle babbucce?

Re ed emiri, principi e sceriffi, non si limitano a scorrazzare lungo i viali del tramonto occidentale. Forse una volta facevano così e basta, quando ormeggiavano lo yacht a Montecarlo o regalavano un diamante grande come un uovo a Lory Del Santo, insomma ai tempi del ratto dal serraglio. Adesso le cose sono cambiate, eccome. Da quando hanno cominciato a usare il petrolio come arma, si sono comprati un pezzo d’occidente. L’evento chiave è la guerra del Kippur dell’ottobre 1973, chiamata nel mondo islamico guerra del Ramadan, quando Egitto e Siria attaccarono insieme Israele. Dopo la caduta del comunismo, sceicchi e affini hanno osato sempre più finché l’11 settembre 2001 ha segnato il punto di svolta. Altro che grande coalizione contro il terrorismo, con l’occidente è cominciata una sfida di lunga durata. Le monarchie del Golfo Persico sono le corazzate del mondo sunnita; a quello sciita pensa l’Iran.

Ma torniamo in quella piccola e inquieta penisola abbarbicata all’Arabia Saudita come un pesce pilota alla balena, nel Qatar dominato per almeno due millenni dai persiani, poi dal Bahrein, dagli ottomani e dai britannici. Nel 1971 diventa indipendente e rifiuta di entrare a far parte sia dell’Arabia sia dei sette Emirati arabi uniti, scelta alla quale non è estranea la volontà di riappropriarsi pienamente della principale risorsa, il petrolio, estratto e commercializzato dalle compagnie occidentali fino al 1974, l’anno della nazionalizzazione. A guidare la nuova vita dell’emirato è la tribù al Thani, prima sotto l’egida del leone britannico, poi sempre più padrona di se stessa con Khalifa, emiro dal 1972. Nel 1995, mentre si trovava a Ginevra, viene detronizzato dal figlio Hamad il quale nel 2013 lascia il trono all’erede Tamin di appena 33 anni, concepito dalla seconda moglie, Mozah, l’unica attivamente coinvolta nella politica del proprio paese.

Tamin bin Hamad bin Khalifa è una personalità forte che si è fatta largo nella selva di principi e pretendenti. Ha studiato in Inghilterra, anche lui, e ha frequentato la Royal Military Academy Sandhurst, la più prestigiosa del Regno Unito, dove entrano i rampolli della nobiltà, i signori della guerra o gli sceicchi.
Musulmano wahabita, ha sposato tre donne e ha già otto figli.
Finanziatore e sostenitore politico dei Fratelli musulmani, li ha aiutati durante le cosiddette primavere arabe, usando non solo i petrodollari, ma anche la propaganda attraverso la catena televisiva al Jazeera fondata da suo padre.
Dietro l’effetto domino che dalla Tunisia ha fatto cadere le principali pedine del nord Africa e del medio oriente c’è questo filo che parte dal Golfo Persico. In Libia, in modo particolare, la Qatari connection ha giocato un ruolo fondamentale nel crollo di Gheddafi. Certo, Nicolas Sarkozy e David Cameron ci hanno messo il carico da undici, ma sono intervenuti quando i piedi d’argilla del tiranno si erano già sfarinati. E non si parla con sempre maggiore insistenza del Qatar tra i sostenitori del Califfo che sta scassando la Siria dopo essersi impadronito di un pezzo dell’Iraq?

L’obiettivo primo di Tamin è promuovere il suo emirato e ha cominciato con lo sport. Si è comprato il Paris Saint-Germain, Zlatan Ibrahimovic compreso. Ed è riuscito a ottenere i Mondiali nel 2022 dopo aver mancato le Olimpiadi del 2020. Fin qui siamo allo show, ma il vero business è ben altro e a questo pensa il Qia, Qatar Investment Authority, il fondo sovrano che dispone di almeno 250 miliardi di dollari americani.
L’amministratore delegato è uno di famiglia, naturalmente: Abdullah bin Mohammed bin Saud al Thani. In questi anni ha comprato un po’ di tutto in tutto il mondo. La maggiore quota di investimenti è a Londra e a Parigi, ma come si sa si è gettato anche su Milano. L’elenco delle partecipazioni è più lungo del catalogo di don Giovanni, tuttavia qualche nome serve a capire dove va a parare.
Nella capitale britannica possiede il grattacielo più alto d’Europa, lo Shard progettato da Renzo Piano, e i magazzini Harrods, una quota significativa della banca Barclays e il pacchetto principale del London Stock Exchange che controlla anche la Borsa di Milano.
Sta dentro l’aeroporto di Heathrow, nella Royal Dutch Shell, nei supermercati Sainsbury’s e in una panoplia di proprietà immobiliari. Nel portafoglio parigino troviamo Lagardère, Vinci, Veolia, Vivendi, Lvmh, gli Hotel Carlton, Peninsula, Raffles, e 35 mila metri quadrati sugli Champs Elysées.
Un colpo strategico lo ha messo a segno anche in Germania acquistando il 17 per cento della Volkswagen e il 10 per cento della Porsche, diventando così il terzo azionista dopo la famiglia Piëch-Porsche e il Land della Bassa Sassonia. L’Italia, affamata di capitali, gli ha aperto le braccia. Si è comprato il complesso immobiliare di Porta Nuova a Milano, il Grand Hotel St. Regis a Roma, il Four Seasons a Firenze, la Costa Smeralda, e poi Valentino, Pal Zileri, e non ha intenzione di fermarsi.

Il Qatar non è il solo, naturalmente. In Italia i capitali sono arrivati dal Kuwait (che ha preso anche una piccola quota di Poste italiane), dal meno ricco Oman e soprattutto da Abu Dhabi. Il principe ereditario, Mohammed bin Zayed al Nahyan, è di casa anche a Palazzo Chigi. Lo ha portato Enrico Letta, ma Matteo Renzi ha stretto con lui una relazione intensa anche perché lo considera un interlocutore prezioso, soprattutto nel tentativo di dipanare la matassa libica. L’emiro ha ripescato l’Alitalia con Etihad ed è diventato con il fondo Aabar il principale azionista di Unicredit, la più grande banca italiana, l’unica ammessa a far parte del club degli istituti di credito sistemici. Vuol dire che se crolla lei l’onda d’urto si ripercuote sull’intera economia mondiale. Per Unicredit come per Alitalia, l’emiro ha scelto Luca Montezemolo.

La famiglia al Nahyan ha la sua base in Abu Dhabi, mentre Dubai è guidata dagli al Maktoum. Entrambe derivano dal clan al Falasi sezione di Bani Yas, la federazione tribale che ha dominato gli emirati. Le due famiglie si dividono il potere: la presidenza allo sceicco Khalifa bin Zayed bin Sultan al Nahyan (fratello maggiore di Mohammed), mentre il primo ministro è Maktoum bin Rashid al Maktoum. Il braccio finanziario, l’Abu Dhabi Investment Authority che gestisce 600 miliardi di dollari, fa capo a Khalifa, uomo appartato e distante, con una passione per le Seychelles, ma non così distratto da non essere intervenuto anche lui in Libia. A differenza dai qatarini, gli emiratini preferiscono fare da sponda ai sauditi, dunque restano più filo occidentali almeno finché lo sarà anche la monarchia di Riad.

L’Arabia del resto è stata la prima a lanciarsi in questa strategia di penetrazione finanziaria in Europa e in America. Negli anni Settanta è diventata azionista di colossi tedeschi come Daimler e Hoechst. Il principe al Walid bin Talal, membro della famiglia reale saudita, è arrivato a possedere il 17 per cento di Citigroup (senza dimenticare il suo intervento in Mediaset, in Eurodisney e tante altre multinazionali, oltre ai maggiori hotel del mondo). Insomma, cosa c’è di nuovo e soprattutto cosa c’è di strano? Da quando il denaro puzza (o potremmo dire odora di cammello)? Tutti comprano tutto, basta avere i soldi. Lo fanno i cinesi, lo fanno persino i norvegesi, tanto per parlare di organismi finanziari posseduti da stati sovrani. I grandi fondi americani sono un’altra cosa, fanno capo non a sacri lombi, ma a gente comune, magari straricca come Warren Buffett, oppure in pensione come i dipendenti pubblici della California o le mitiche Vedove scozzesi (nome di un famoso fondo britannico). Esiste un retropensiero egemonico anche nel potere accumulato dai vari BlackRock o Carlyle, e in filigrana ci si può leggere un disegno politico, militare persino (la polemica è scoppiata ai tempi della invasione dell’Iraq). Però debbono rispondere agli azionisti. Il Qatar ha perso 12 miliardi in un giorno per il crollo del titolo Volkswagen, ma lo sceicco non ha fatto una piega, perché il Qia non mollerà certo l’alfa e l’omega del Modell Deutschland.

Allora è vero, si sente l’odore dei soldi. I liberisti sono in disaccordo. I capitali si muovono senza limiti e sempre più rapidamente. Se vengono in Italia bisogna forse respingerli? Del resto, per lo più hanno pacchetti di minoranza. Eppure oggi i fondi sovrani mettono becco, eccome, nella gestione delle società. Lo si vede alla Volkswagen. Ma più vicino a noi è il caso Unicredit, con il confronto al vertice, diventato aspro dopo le accuse (poi cadute) al vicepresidente Fabrizio Palenzona. A nome degli sceicchi, Montezemolo si trova a fare da ago della bilancia tra le fondazioni malmostose (come quella di Verona) e il management. Mentre la banca avvia una pesante ristrutturazione tagliando 18 mila posti di lavoro per evitare un aumento di capitale. Se non bastasse, da dove verrebbero i quattrini? Ancora dagli emiri?

E qui arriviamo alla qualità e alla quantità dei capitali. Ma per farlo occorre un passo indietro, fino alla crisi degli anni Settanta, ai petrodollari, al loro riciclaggio nelle banche occidentali sul quale si erano cimentati Guido Carli e lo sceicco saudita Ahmed Zaki Yamani, vero signore dell’oro nero. C’era la Guerra fredda, l’Arabia e gli Emirati stavano con gli Stati Uniti. Siria, Iraq, Egitto erano alleati dell’Unione sovietica. L’Iran faceva da snodo con Reza Pahlavi filo americano, finché non è arrivata la rivoluzione egemonizzata dagli ayatollah e dal loro capo supremo Ruhollah Khomeini esiliato a Parigi. E’ il 1979 e l’equilibrio nel Golfo Persico si rompe.

Investire nelle economie avanzate l’improvvisa ricchezza ricavata dall’impennata dei prezzi del greggio era un modo per saldare gli arabi all’occidente e viceversa, sotto la minaccia dell’Urss e del nuovo potere degli sciiti iraniani. La politica, in particolare la politica internazionale, ha sempre giocato un ruolo importante sulle grandi scelte di investimento finanziario e industriale. Dopo che i libici fecero esplodere un aereo sui cieli di Lockerbie in Scozia nel 1988, gli Stati Uniti spinsero gli Agnelli a liberarsi dell’azionista Gheddafi. L’embargo verso l’Iran ha condizionato le rotte del petrolio e la strategia delle compagnie straniere, a cominciare dall’Eni. La stretta contro Saddam Hussein ha messo in crisi la Banca nazionale del lavoro che aveva finanziato (e forse indirettamente armato) il regime iracheno.

Con il crollo dell’Urss e la fine della Guerra fredda, le paratie stagne sono cadute.
Poi tutto si è capovolto l’11 settembre.
L’attacco agli Stati Uniti non è partito dall’Iran, ma da due grandi filiere che portano dentro al Qaeda e di lì si diramano fino al Califfato: la prima parte dalla Fratellanza musulmana in Egitto e di lì arriva al dottor Ayman al Zawahiri, nato da una ricca e famosa famiglia egiziana che vanta magistrati, letterati e medici, ideologo e oggi numero uno dell’organizzazione; la seconda trae origine dalla componente wahabita, radicale e ortodossa, della dinastia saudita che aveva il suo campione in Osama bin Laden, figlio del costruttore edile che ha rifatto Medina e La Mecca. A questo punto, anche i pesci pilota cominciano ad agitarsi. Il Qatar si avvicina sempre più agli wahabiti, gli Emirati restano filo americani. Il Bahrein oscilla.

La guerra in Iraq e soprattutto il confuso e instabile dopoguerra accelerano il riposizionamento, finché la crisi del 2008 mette in ginocchio l’intero occidente. Così, mentre le banche occidentali traballano e si sbranano per sopravvivere, arrivano i capitali dall’islam. Il Corano proibisce l’usura, alla quale viene associato l’interesse che per gli occidentali è il prezzo della merce moneta. Non è proibito invece il profitto. In ogni caso, quando la finanza islamica penetra in Europa o in America, entra nel campo degli infedeli come Saladino in quello di Riccardo Cuor di Leone.

Che fare? Bloccare i capitali del mondo musulmano? Introdurre un protezionismo ideologico o magari religioso? Al contrario: la libertà degli scambi (di denaro e di merci) è sempre l’anticamera della libertà tout court, ma essa presuppone regole uguali per tutti e che tutti rispettano. La prima è la trasparenza, ed essa manca nei fondi che rispondono non al pubblico, ma a sovrani assoluti. Ciò è ancor più vero nel caso delle autocrazie musulmane. Persino i vertici del Partito comunista cinese devono rendere conto a un’ampia platea di soggetti i quali a vario titolo entrano nell’arena politica, sia pur con norme certo non liberali né democratiche. Gli sceicchi al massimo rispondono alle loro famiglie. Certo, tra mogli e figli sono numerose, ma non riempiono nemmeno la piazza del mercato.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 6:33 pm

Egitto, Magdi Allam: «Non è un golpe, i Fratelli Musulmani hanno fallito, l'Occidente smetta di sostenerli»
04 luglio 2013 ore 13:54, Francesca Siciliano
http://www.intelligonews.it/articoli/4- ... erli%C2%BB

«Ora toccherà anche a Tunisia, Marocco, Algeria e Libia». «Non possiamo definire un golpe quello che sta accadendo in queste ore in Egitto, perché la popolazione festeggia la liberazione dal regime dei Fratelli Musulmani». Magdi Cristiano Allam, intervistato da IntelligoNews, né è sicuro: «Se proprio vogliamo parlare di golpe, definiamolo golpe popolare, introducendolo come nuova categoria». Perché non possiamo parlare di colpo di stato in Egitto? «Così com'è stato un errore madornale parlare di primavera araba - l'ho definita la più grande menzogna mediatica del terzo millennio –, è altrettanto sbagliato parlare ora di golpe militare quello che sta avvenendo in Egitto». Perché? «Quattordici milioni di egiziani sono scesi in piazza e hanno raccolto 22 milioni di firme (tutte certificate tra l'altro) per chiedere le dimissioni del presidente egiziano Mohamed Morsi. Se proprio volessimo parlare di golpe (come ha fatto questa mattina il Corriere della Sera), dovremmo parlare di “golpe popolare”, introducendolo come nuova categoria. Di solito i colpi di Stato si accompagnano ad immagini tristi di militari che irrompono sulla scena con la gente chiusa in casa succube di un'ingiustizia. Le è sembrato di vedere queste scene?». Non proprio. «Ecco: ieri in Egitto la gente era gioiosa, festeggiava. Nelle piazze c'erano fuochi d'artificio, gli elicotteri che sorvolavano la città esponevano la bandiera nazionale...». Quindi? «Quindi possiamo definire quello di ieri un intervento dell'esercito attuato nel momento in cui la popolazione, in maggioranza, si è riversata nelle piazze per chiedere le dimissioni del regime dei Fratelli Musulmani». Dove hanno fallito Morsi e il suo governo? «Si sono rivelat inadeguati a gestire uno Stato moderno e a rispondere alla necessità primaria di dare pane e lavoro agli egiziani, ai giovani soprattutto. Pensi che su 83milioni di egiziani, oltre il 40% vive al di sotto della soglia di povertà». Possiamo dire che è tramontata la via islamica? «In Egitto abbiamo assistito al fallimento dei Fratelli Musulmani nella loro stessa patria (nacquero nel 1928 proprio in Egitto). Il mio auspicio, ora, è che il loro fallimento in Egitto possa, per effetto domino, avvenire anche in Marocco, in Tunisia, in Algeria, in Libia. E spero che l'Occidente impari la lezione e la smetta di sostenere, soprattutto in Siria, i terroristi islamici di Al Queda. Deve rendersi conto che tra un regime militare laico, non democratico così per come noi concepiamo la democrazia, e una burocrazia islamica di per sé dittatoriale, è preferibile un regime militare». Anche se, come ha appena detto lei, non è democratico? «Bisogna porgli dei paletti, esigendo il rispetto dei diritti fondamentali della persona ed esigendo una dialettica interna che non necessariamente deve tradursi nello scimmiottamento di quello che è la democrazia nel mondo. Proprio perché le situazioni cambiano». Quella egiziana è cambiata? «L'Egitto da settemila anni ha sempre avuto dei regimi centralistici, sostanzialmente autocratici». Ma queste primavere arabe sono servite oppure no? Stiamo assistendo a un ritorno al passato? «No, perché è sbagliato parlare di primavera araba immaginando che siano state delle rivolte popolari atte a stabilire la democrazia». Cosa hanno rappresentato, dunque? «Rivolte per il lavoro e per l'occupazione abilmente sfruttate dai Fratelli Musulmani per cogliere l'opportunità di strumentalizzare le elezioni ed accedere al potere. E questo l'hanno potuto fare con la connivenza con l'Occidente, che vi ha stretto un patto fin dal 2005, dando a loro l'opportunità di essere legittimati in cambio della collaborazione nell'uccidere Bin Laden». Ci sono riusciti? «Solo inizialmente. Perché i Fratelli Musulmani, oggi, sono al potere in diversi Stati del Medio Oriente mentre Al Queda è più forte di quanto non lo fosse l'11 settembre del 2001».
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 6:56 pm

Lo sgombero della moschea di Al Fatah
Il 17 agosto 2013, al mattino, c'è stata una trattativa tra militari e Fratelli musulmani per far uscire pacificamente la gran parte di chi si era chiuso nella moschea. Dopo qualche ora, circa 1000 irriducibili sono stati fatti sgomberare e catturati dalla polizia.
La procura del Cairo ha accusato 250 membri della Fratellanza Musulmana di omicidio e di terrorismo.
Il premier Hazem al-Beblawi ha proposto al governo lo scioglimento del gruppo, proposta a cui segue l'annuncio dell'arresto del leader dell'organizzazione Muḥammad Badīʿ. Lo scioglimento viene ufficializzato nel dicembre 2013.

La repressione di al-Sisi
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Massacro di piazza Rabi'a al-'Adawiyya.

ʿAbd al-Fattāḥ al-Sīsī, Presidente (raʾīs) egiziano nonché autore del colpo di Stato anti-Morsi, ha lanciato a partire dal 2013 una spietata campagna repressiva contro l'organizzazione, tramite arresti arbitrari, torture ed esecuzioni di massa (si stima che il regime di al-Sīsī abbia ucciso oltre 2.500 manifestanti appartenenti ai Fratelli Musulmani e ne abbia imprigionato più di 20mila), al fine di stroncarne ogni residua forma di dissenso. Nei primi mesi del 2014 circa 1200 sostenitori e dirigenti del movimento, fra cui lo stesso Muḥammad Badīʿ, sono stati condannati a morte.



Egitto, quella guerra di al Sisi contro l'Islam per salvare i musulmani

Al Sisi ha incominciato una lunga battaglia perché l'Università Islamica del Cairo modifichi il suo insegnamento ai predicatori. E non solo
Luca Fortis - Mer, 13/05/2015
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/egi ... 28072.html

I muri color sabbia del deserto, con le loro merlature che s'innalzano verso il cielo creando giochi ipnotici, nascondono uno dei più bei capolavori del Cairo. La moschea di Ibn Tulum, costruita nel IX secolo, con il suo minareto che ricorda il faro di Alessandria è una delle più belle del paese.
Le sue sale di preghiera posizionate sotto gli archi aperti attorno a un vasto cortile, come si usava nelle prime moschee, raccontano molto dall'Egitto appena islamizzato. Il paese fu conquistato nel 640 dopo che un distaccamento di soldati arabi aveva messo sotto assedio la città di Babilonia, l'attuale Cairo e fondato nei suoi pressi la città di Al Fustat. Alessandria fu invece conquistata in modo pacifico a seguito di un accordo tra gli arabi e il patriarca cristiano melkita Ciro.
Intesa che consentì senza spargimento di sangue alle comunità cristiane ed ebraiche di praticare la propria fede religiosa e conservare i titoli di proprietà dei propri beni in cambio del pagamento dell'imposta "di protezione” detta “jizya” (un pizzo alla mafia mussulmana).
L'Egitto della prima islamizzazione alternava la guerra per la conquista del potere politico, alla tolleranza religiosa nei confronti di chi riconosceva la sovranità dei musulmani arabi. Un'idea molto diversa dall'Islam fondamentalista di oggi che non tollera né le minoranze né che vi sia ancora la libertà di interpretazione del Corano. Tradizionalmente, sia nella religione sunnita che sciita, non vi era un papa o una chiesa con una gerarchia piramidale. L'interpretazione del Corano era lasciata ai singoli o alle differenti scuole giuridiche. Con il risultato che nel mondo esistono tante varianti dell'Islam quante sono le gradazioni di pigmento della pelle degli esseri umani. I capi della comunità musulmana fino all'arrivo del colonialismo erano i sultani, che non erano esponenti del clero, ma politici. Tendenzialmente il sultano non si occupava di questioni dottrinarie, ma al massimo sceglieva se lo stato fosse sunnita, o come nel caso persiano sciita, lasciando però un'ampia libertà di religione interna. Questo spiega perché l'India, una volta governata dai Mogul, ha una popolazione ancora a maggioranza induista o perché la Grecia ex ottomana è ancora abitata da cristiani ortodossi. Con l'arrivo del colonialismo i vari paesi islamici si trovarono di colpo con regnanti cristiani o laici e cominciarono a cercare una nuova identità adottando dall'Europa l'idea di nazionalismo o cercando in una riforma dell'Islam una nuova identità.

È in questi anni che si affaccia il primo Islam fondamentalista che comincia a teorizzare l'abolizione della libertà di interpretazione del Corano auto conferendosi il compito di scegliere cosa sia corretto o no da un punto di vista religioso. Sempre in quest'epoca nasce l'idea, anche per volontà europea, di creare nazioni separate in territori che dal tempo dei romani avevano quasi sempre vissuto in stati multiculturali. Entrambe queste visioni hanno portato alla ricerca dell'omogeneità religiosa o culturale attraverso scambi di popolazioni, come quelli tra Grecia e Turchia (1923) o quello tra India e Pakistan (1947) o guerre civili sanguinarie, come quelle in Bosnia, Libano e Siria. L'Egitto in tutto questo, grazie alla sua storia millenaria, ha avuto più facilità a costruirsi una nuova identità nazionale. Benché, anch'esso, sia stato scosso da movimenti islamici internazionalistici come i Fratelli Musulmani, che nacquero proprio sotto le piramidi nel 1928. Il mondo Islamico odierno sembra ormai immerso nella sua prima “guerra mondiale”, con alcuni attori che oggi fanno scoppiare conflitti dall'Africa fino all'Asia a seconda delle opportunità che si aprono. Oltre le scintille tra sciiti e sunniti, con l'Arabia Saudita che si scontra con l'Iran in Yemen, Iraq, Siria, Libano, vi è poi un conflitto tra i fondamentalisti islamici e gli islamici che credono ancora nella tradizionale libertà di interpretazione o contro i laici.
Questo scontro tra due diverse visioni religiose ha partorito attacchi terroristici dalla Nigeria fino alla Cina o nuove entità statuali come lo Stato Islamico tra Iraq e Siria. Inoltre, vi è una guerra per procura tra le tre potenze sunnite, Arabia Saudita, Qatar e Turchia, che pur essendo tutte alleate degli Stati Uniti si combattono in Siria, Libia, e in modo più sporadico in Egitto e Palestina per la supremazia nel mondo sunnita. In tutto questo il governo egiziano del feldmaresciallo Al Sisi, pur con le sue ombre sui diritti umani, sta tentando di fare un lavoro molto interessante di riposizionamento della società civile islamica. Il presidente egiziano, che ha deposto i Fratelli Musulmani nell'ultima sanguinosa onda della rivoluzione egiziana nel luglio del 2013, ha più volte dichiarato che non sta affatto portando avanti una guerra contro l'Islam, ma una guerra per salvare l'Islam da false interpretazioni che offendono la religione. Al Sisi oltre ad aver proibito i partiti islamici, pur mantenendo una certa tolleranza nei confronti dei salafiti, ha incominciato una lunga battaglia perché Al Azhar, l'Università Islamica del Cairo, controllata dallo stato, modifichi il suo insegnamento ai predicatori. Il nuovo governo ha anche affiancato al consueto concorso sulla conoscenza del Corano, uno sull'interpretazione del vero spirito della religione islamica. L'Egitto ha inoltre iniziato un lungo percorso per modificare i libri di scuola, con lo scopo di formare milioni di poveri con idee meno bigotte. Anche se alcuni zelanti esecutori delle decisioni governative hanno pensato bene di bruciare i vecchi libri di scuola dando una pessima immagine del nuovo ordine del paese.
Questo cambiamento nelle tradizionali politiche egiziane sta avvenendo grazie ai finanziamenti dei sauditi, il che potrebbe apparire contraddittorio, visto che i wahabiti hanno negli ultimi decenni finanziato i salafiti più conservatori in mezzo mondo. Rimane però il fatto che in mezzo a questo esplodere di radicalismo islamico nel mondo, uno dei paesi arabi più importanti sta finalmente tentando di far comprendere alla propria gente che il fondamentalismo islamico è una finta ideologia che allontana dalla vera religione. Le vecchie chiese e una bella sinagoga appaiono qua e là tra i vicoli della Cairo copto. L'atmosfera ha un che di antico, i gatti passeggiano assonati e le buganvillee trionfano nei loro mille colori diversi. I cristiani copti in Egitto sono ancora dieci milioni su una popolazione di novanta e dopo anni di turbolenze politiche hanno incominciato un percorso di riavvicinamento con i musulmani grazie alle politiche del nuovo governo egiziano. Il presidente al Sisi è andato a parlare in una chiesa per il natale ortodosso e da tempo spiega che i cristiani sono fratelli dei musulmani. Il percorso sarà ancora lungo e irto di ostacoli. Incominciando dalla tentazione egiziana di combattere l'islamismo fondamentalista dei Fratelli Musulmani con pene draconiane, facendo vittime anche tra i ragazzi laici che protestano contro la legge che mette paletti stringenti sulle manifestazioni.
Ma sui diritti umani l'opinione politica europea più che sbattere in faccia la porta all'Egitto, dovrebbe avviare un dialogo franco, capendo che la politica di Al Sisi di trasformare l'Egitto in un grande paese musulmano moderato, possa aprire molte opportunità e chiedendo allo stesso tempo al nuovo presidente di moderare certe sentenze della magistratura con decisioni politiche. In fondo basta leggere la trilogia del Cairo del premio nobel Naguib Mahfuz per rendersi conto che l'Egitto, fino cinquant'anni fa, non era solamente il paese in cui molte donne erano ancora segregate nelle case, ma era anche un luogo, dove con il calar della notte, si consumavano i vini zibibbi, dove le ballerine imprenditrici di se stesse diventavano le amiche e amanti dei nobili o degli esponenti della borghesia commerciale, dove fiorivano passioni omosessuali, in cui regnavano intrighi umani e psicologici di ogni genere. Il tutto senza che nessuno ne mettesse in dubbio “l'islamicità”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 6:56 pm

Mettiamo fuorilegge in Italia i Fratelli musulmani
Hanno vinto le elezioni? Anche Hitler. E anche loro sono violenti e totalitari
Magdi Cristiano Allam - Lun, 19/08/2013 - 07:28


http://www.ilgiornale.it/news/esteri/ha ... 43971.html

Chiedo che in Italia, in Europa e nel mondo libero vengano dichiarati fuorilegge i Fratelli Musulmani. Chiedo che si blocchi ovunque la costruzione di nuove moschee e si accerti che le esistenti non siano di fatto covi di sovversione e terrorismo. Chiedo che si condanni universalmente la sharia, la legge coranica, come crimine contro l'umanità.
Lo chiedo sulla base di ciò che sta accadendo in Egitto, ma anche in Siria, in Libano, in Iraq, in Libia e in Tunisia. Che dimostra senza ombra di dubbio che i Fratelli Musulmani non sono un partito democratico bensì un movimento totalitario, paragonabile al nazismo e al comunismo, che all'occorrenza pratica il terrorismo attraverso il suo braccio armato alla stregua di Al Qaeda e dei jihadisti. Che evidenzia senza ombra di dubbio che le moschee sono state trasformate in roccaforti e arsenali, il fronte di prima linea da cui scatenare la guerra santa, in cui trincerarsi e resistere fino al martirio, le stanze segrete dove torturare, mutilare e giustiziare i nemici dell'islam, l'ospedale da campo dove soccorrere i propri miliziani, il laboratorio dove praticare impunemente il lavaggio di cervello per sradicare il sano amor proprio e ridurre le persone in servi sottomessi a un Allah violento, la sede dove barattare l'adesione incondizionata all'emiro in cambio di aiuti materiali e sostegno sociale. Che conferma senza ombra di dubbio che la sharia, perseguita nell'anno di potere di Morsi, è non solo totalmente contraria alla democrazia ma è fisiologicamente incompatibile con i diritti inalienabili alla vita, alla dignità e alla libertà di tutti noi.

E se non vi fidate di me perché taluni mi considerano un fanatico che vorrebbe scatenare la guerra di religione, un invasato che prima ha rinnegato l'islam e ora osa criticare il Papa, vi invito a vedere un video postato il 17 agosto su Youtube da Abdo Hassan (http://www.youtube.com/watch?v=ZgEP1NB3 ... e=youtu.be) dove si tocca con mano la realtà terroristica dei Fratelli Musulmani ed eversiva delle moschee e distruttiva della sharia.

E se anche le immagini obbiettive lasciassero in voi delle perplessità, ascoltate le parole del portavoce della Chiesa cattolica in Egitto, padre Rafic Greiche, intervistato oggi dal Giornale: «I Fratelli Musulmani sono terroristi, legati come sono a gruppi di Al Qaeda e Salafiti. La storia dei Fratelli Musulmani, fin dalla fondazione, è fatta di 85 anni di sangue». In 3 giorni sono state assaltate e bruciate 49 chiese e decine di ospedali, scuole, negozi e case di cristiani (http://www.asianews.it/notizie-it/La-li ... 28764.html).
Eppure anche ieri all'Angelus il Papa non solo non ha condannato il rogo delle chiese e le atrocità che i cristiani stanno subendo per mano dei Fratelli Musulmani, ma ha esortato i cristiani a non ricorrere alla violenza rinnovando la preghiera per la pace, il dialogo e la riconciliazione. L'Occidente prenda atto che ha commesso un errore storico stipulando un accordo nel 2005 con i Fratelli Musulmani, chiedendo la collaborazione nella lotta contro Al Qaeda in cambio della legittimazione. Prendiamo tutti atto che la cosiddetta Primavera araba è la più colossale menzogna mediatica del Terzo millenio, frutto di una scellerata strategia che facendo leva sulla rivolta di popolazioni che patiscono la povertà, ha consentito ai Fratelli Musulmani di strumentalizzare le elezioni.
Temo purtroppo che ancor più dei terroristi islamici il nostro peggior nemico siamo noi stessi. Come interpretare il silenzio assordante del Papa? Come non prendere atto della presa di posizione degli Stati Uniti e dell'Unione Europea che solo ora criticano l'Esercito mentre approvarono nel 2011 il suo intervento per scalzare dal potere Mubarak? Come non rabbrividire in mezzo al coro mediatico che in Occidente è schierato dalla parte dei Fratelli Musulmani identificandoli con la democrazia e dimenticando che anche Hitler, Mussolini e Khomeini arrivarono al potere tramite libere elezioni? Non sono io che voglio la guerra di religione, la guerra per l'avvento del nuovo Califfato islamico è già stata scatenata dai terroristi islamici contro i cristiani e i musulmani che non si sottomettono al totalitarismo dei Fratelli Musulmani, allo strapotere delle moschee e alla violenza della sharia.

"E' una guerra contro il terrorismo dei Fratelli Musulmani" (Magdi C. Allam TvQui 17/8/2013)‏
https://www.youtube.com/watch?v=bBEJ6elhGRQ

Tunisia fratelli musulmani islamici genocidio
http://www.dailymotion.com/video/x33glqu
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 6:59 pm

Egitto. Cristiani e musulmani uniti contro gli islamisti. «Ricostruiremo il paese»
agosto 22, 2013 Benedetta Frigerio

http://www.tempi.it/egitto-cristiani-e- ... lfqBeLdXug

Sono ormai quasi 80 le chiese bruciate in Egitto insieme a 85 negozi e 58 case. Per questo la chiesa copta ortodossa ha appoggiato l’esercito contro i Fratelli Musulmani. I cattolici hanno ringraziato la polizia e tutti i musulmani che li hanno difesi. C’è chi dice che l’esercito sta cavalcando l’onda, ma intanto sta proteggendo la popolazione: «Siamo sotto attacco, ogni ora riceviamo notizie di un convento, di una chiesa o di una casa appartenente a un cristiano dati alle fiamme», ha dichiarato un sacerdote copto, Bola Morkos, a Repubblica. Il prete ha spiegato ieri che durante la presidenza Morsi «i Fratelli avevano persino cercato di impedirci di celebrare il Natale e la Pasqua».
IN MARCIA INSIEME. Il vescovo copto cattolico Youhannes Zakaria, costretto in casa perché assediato dai fondamentalisti, ha detto che i «manifestanti pro Morsi sono arrivati sotto il vescovato gridando: “Morte ai cristiani”. Siamo stati salvati dalla polizia e ora l’esercito presidia l’edificio». Il vescovo ha poi puntato sull’unità sentita con la maggioranza dei cittadini musulmani, che in questi giorni si sono trovati spesso a difendere i cristiani dai fondamentalisti.
Lo ha confermato anche Yohanna Golta, vescovo di Andropoli e ausiliare della diocesi di Alessandria per la Chiesa copta cattolica: «I musulmani stanno difendendo i copti, organizzando cordoni di sicurezza intorno alle chiese, alle case, ai negozi. Chi desidera lo scontro è solo una piccola minoranza, che non rappresenta l’Egitto. Stati Uniti e Unione Europea non vogliono vedere la realtà, ma solo ciò che a loro interessa, dicendo falsità e calpestando i desideri della popolazione egiziana», ha dichiarato ad Asianews. Sottolineando che tutta la popolazione, soprattutto giovane, ha «marciato insieme senza scontri. Io ero fra i manifestanti e ho sperimento questo clima di amicizia e unità». Per questo, monsignor Zakaria, attraverso l’Agenzia Fides, ha chiesto di continuare in questo senso e di pregare Dio affinché i membri delle diverse religioni si uniscano per riportare l’ordine in Egitto.
«I NOSTRI AMICI CRISTIANI». A confermare la tesi sono anche i musulmani come il professore dell’Università del Cairo Wael Farouq, che ha dichiarato all’Ansa: «Ora noi vediamo i musulmani che si riuniscono attorno alle chiese per proteggerle dalla vendetta dei Fratelli Musulmani. Sono stato accusato di schierarmi con i cristiani, ma io difendo i miei amici, uccisi e perseguitati per la loro fede. Difendo la loro libertà religiosa come mi comanda il Corano: “Non uccidete”».
Lo stesso ha detto sempre ad Asianews Mohamed Elhariry, giovane manager musulmano residente al Cairo, secondo cui «il rapporto di unità fra musulmani e cristiani è basato non tanto sulla lotta all’islamismo, ma più sulla ricostruzione del Paese dove etnie e religioni diverse convivono insieme da 1400 anni». Anche per lui «quanto è sacro per un mio vicino in patria lo è anche per me. Ho rispetto per lui e la sua libera volontà». A parlare anche il disegno (vedi foto a lato) girato in rete di una bambina musulmana che ha dipinto una moschea che accarezza una chiesa.
«RICOSTRUIREMO INSIEME LE CHIESE». Elhariry ha poi sottolineato che «noi musulmani siamo rimasti colpiti dall’atteggiamento di cattolici, copti-ortodossi e protestanti vittime della violenza dei Fratelli Musulmani. I cristiani non hanno chiesto aiuto ad altri Paesi della stessa religione, ma hanno preferito credere in loro stessi e nel popolo egiziano», mentre «i Fratelli Musulmani hanno fatto il giro dei vari Dipartimenti di Stato per fare pressione sul governo ad interim scelto dalle varie componenti della società egiziana».
Il giovane ha raccontato che quando «noi musulmani ci siamo offerti di proteggere chiese ed edifici religiosi, ma i nostri fratelli cristiani hanno detto: “Non sprecate le vostre anime così preziose per noi. Per ora abbiamo chiuso questi edifici. Ricostruiremo insieme le nostre chiese dopo la scomparsa del terrorismo”». Da qui bisogna partire, dialogando con chi «accetta queste condizioni: l’interesse per il bene del Paese è più importante di qualsiasi altro tema; deve esserci volontà di accettare l’altro senza ingaggiare una lotta per imporre la propria visione».


http://www.huffingtonpost.it/news/fratelli-musulmani
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 6:59 pm

I "fratelli" islamici di Papa Francesco uccidono i cristiani
L'islam pretende di "superare" il cristianesimo e continua a massacrare gli "infedeli". Dimenticarlo è una manifestazione di relativismo religioso
Magdi Cristiano Allam - Lun, 12/08/2013 - 07:43

http://www.ilgiornale.it/news/interni/i ... 42857.html

Dopo Giovanni Paolo II che abbatté il muro di un millenario pregiudizio definendo gli ebrei «nostri fratelli maggiori» nel corso della sua storica visita alla Sinagoga di Roma il 13 aprile 1986, ieri Papa Francesco ha definito i musulmani «nostri fratelli» nell'Angelus a Piazza San Pietro rivolgendo loro un messaggio in occasione della festa della fine del Ramadan, il mese del digiuno islamico.

Ebbene, se è indubbio il legame teologico tra ebraismo e cristianesimo dato che Gesù era ebreo e il cristianesimo fa proprio l'Antico Testamento, all'opposto l'islam - affermatosi 7 secoli dopo - si fonda sulla negazione della verità divina dell'ebraismo e del cristianesimo concependosi come la religione che rettificherebbe le loro devianze, completando la rivelazione e suggellando la profezia.

Se «nostri fratelli» fosse usato in senso lato riferito alla nostra comune umanità le parole del Papa sarebbero ineccepibili. Ma se «nostri fratelli» è calato in un contesto teologico allora si scade nel relativismo religioso che annacqua l'assolutezza della verità cristiana mettendola sullo stesso piano dell'ideologia islamica che è fisiologicamente violenta al punto da non concepire Allah come «padre» e i fedeli come «figli», bensì come un'entità talmente trascendente da non poter neppure essere rappresentata e nei cui confronti dobbiamo esclusivamente totale sottomissione. Solo nell'ebraismo e soprattutto nel cristianesimo, la religione del Dio che si è fatto uomo e dell'uomo concepito a immagine e somiglianza di Dio, Dio è padre, noi tutti siamo suoi figli e tra noi siamo fratelli.

Papa Francesco all'Angelus dopo aver sostenuto che il cristiano «è uno che porta dentro di sé un desiderio grande, profondo: quello di incontrarsi con il suo Signore insieme ai fratelli, ai compagni di strada», ha rivolto «un saluto ai musulmani del mondo intero, nostri fratelli, che da poco hanno celebrato la conclusione del mese di Ramadan, dedicato in modo particolare al digiuno, alla preghiera e all'elemosina». Se i musulmani sono «nostri fratelli» e se la missione del cristiano è «incontrarsi con il suo Signore insieme ai fratelli», ci troviamo di fronte a un quadro teologico che mette sullo stesso piano cristianesimo e islam, considerandoli come due percorsi diversi ma che conducono entrambi allo stesso Dio.
Nel suo messaggio ai «musulmani del mondo intero» del 10 luglio, il Papa ha scritto: «Venendo ora al mutuo rispetto nei rapporti interreligiosi, specialmente tra cristiani e musulmani, siamo chiamati a rispettare la religione dell'altro, i suoi insegnamenti, simboli e valori», specificando «senza fare riferimento al contenuto delle loro convinzioni religiose». Francesco aggiunge: «Uno speciale rispetto è dovuto ai capi religiosi e ai luoghi di culto. Quanto dolore arrecano gli attacchi all'uno o all'altro di questi!». Ebbene se si mette sullo stesso piano cristianesimo e islam concependole come religioni di pari valenza e dignità senza però entrare nel merito dei loro contenuti, così come se si denuncia la violenza che si abbatte contro i capi religiosi e i luoghi di culto senza specificare che si tratta della violenza islamica ai danni dei cristiani, il risultato è che il Papa da un lato legittima l'islam che si concepisce come l'unica vera religione e, dall'altro, mostra arrendevolezza nei confronti del terrorismo e dell'invasione islamica che dopo aver sottomesso all'islam le sponde meridionale e orientale del Mediterraneo stanno ora aggredendo la nostra sponda settentrionale.
Il relativismo religioso è evidente anche nel messaggio rivolto dal cardinale Angelo Scola ai musulmani lo scorso 8 agosto in cui si legge: «La fedeltà ai precetti delle nostre rispettive tradizioni religiose, quali la preghiera e specialmente il digiuno da voi osservato nel mese di Ramadan, ci infonda fiducia e coraggio nel promuovere il dialogo e la collaborazione intesi come frutto necessario dell'amore di Dio e del prossimo, i due pilastri biblici e coranici di ogni autentica spiritualità». Concepire una continuità e un raccordo teologico tra ebraismo, cristianesimo e islam fondato sull'amore di Dio e del prossimo, è solo un auspicio contraddetto giorno dopo giorno dai fatti.
Il caso di padre Paolo Dall'Oglio, gesuita come il Papa, acceso relativista che ha a tal punto sostenuto la causa dell'islamizzazione della Siria da essere stato cacciato dal governo di Assad ma che ciononostante è stato sequestrato dai terroristi islamici siriani, ci conferma che gli islamici non rinunceranno mai a sottomettere i cristiani, gli ebrei, gli infedeli all'islam così come impongono loro Allah nel Corano e Maometto. Proprio ieri, mentre il Papa a Roma definiva i musulmani «nostri fratelli», i musulmani in Egitto hanno bruciato una chiesa e 17 case di cristiani. Mentre la fine del Ramadan in Irak è stata festeggiata dai terroristi islamici sunniti con 10 autobombe causando la morte di 70 persone.
Certamente il cristianesimo e la nostra comune umanità ci portano ad amare il prossimo a prescindere dalla sua fede, ideologia, cultura o etnia, ma l'adozione del relativismo religioso si traduce nel suicidio del cristianesimo e della nostra civiltà che ha generato i diritti fondamentali della persona e la democrazia.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 7:09 pm

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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 7:09 pm

Musulmani fanatici e moderati: il fine e’ lo stesso, l’islamizzazione del mondo

http://italians.corriere.it/2015/11/29/ ... del-mondo/

Caro Severgnini, mi permetta di dissentire dalle riflessioni contenute nel suo “La tentazione di una guerra sbagliata” ( http://bit.ly/1R7X0wy ). L’America di Bush (destra) reagi’ ad un attacco terroristico esterno che fece 3mila morti; la Francia di Hollande (sinistra) sta reagendo in modo identico ad un attacco interno che ha fatto 130 morti e ha rivelato lo spaventoso livello organizzativo dei fanatici assassini di casa nostra, l’Europa. Bush fece l’errore di non pensare al “dopo Saddam Hussein”, un dittatore “gassatore” ben piu’ crudele di Assad. Europa ed America insieme, ispirati dall’ingenuo pacifismo di Obama, hanno fatto l’errore di applaudire alle Primavere Arabe contro dittatori laici per aprire la strada a nuovi dittatori ispirati dal Corano. Hanno fatto l’errore (Francia per prima) di assassinare Gheddafi senza pensare al “dopo Gheddafi”. Insieme stanno facendo l’errore di imbarcare la nuova Turchia musulmana di Erdogan (piu’ pericoloso di Assad) nella guerra contro l’Isis… Per farla breve abbiamo e stiamo sbagliando tutto. Viene allora da chiedersi se l’Islam, quello terroristico e quello “moderato”, possa essere affrontato in modo intelligente e razionale. Io credo di no, e mi allineo sulle posizioni di chi sostiene (come il “Corriere”, però a giorni alterni) che Oriana Fallaci aveva perfettamente ragione. Lei dice che, “esasperata”, Oriana commise l’errore di non dividere gli islamisti assassini dai musulmani pacifici. Nient’affatto: conosceva benissimo l’Islam, e aveva capito che assassini e pacifici avrebbero trovato un punto di contatto e di intesa indipendentemente dagli errori dell’Occidente commessi nell’affrontare i problemi dell’Islam, inclusa la guerra tra Sciiti e Sunniti con milioni di morti. Lei e altri pensate che dobbiamo evitare una saldatura tra assassini e moderati. Ma non volete vedere che la saldatura gia’ esiste. Da sempre. Ed è scritta nel Corano. Qualunque sia il modo di interpretarlo. Perche’ il fine e’ lo stesso: l’islamizzazione pacifica o violenta del mondo.
Giuseppe Maselli
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » mar dic 08, 2015 6:31 pm

Buongiorno amici. Ora più che mai dobbiamo leggere e conoscere il Corano per capire perché l'islam militante dei terroristi islamici e dei Fratelli Musulmani non si fermerà e mira a sottomettere l'Europa.

Vi propongo il mio editoriale pubblicato oggi su Il Giornale.

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 4487924808

Quanto mi fanno ribollire il sangue i buonisti, relativisti e islamofili nostrani che di fronte alle atrocità perpetrate dai terroristi islamici che sgozzano, decapitano, ardono vivi, massacrano i “nemici dell’islam”, puntualmente si affrettano a scagionare l’islam, Allah, il Corano e Maometto e contemporaneamente ci auto-colpevolizzano sostenendo che i cristiani sarebbero responsabili di crimini non meno efferati compiuti a partire dalle Crociate, così come gli ebrei (anche se non sono israeliani) avrebbero già quasi del tutto completato il genocidio dei palestinesi.
Questo vero e proprio odio nei nostri stessi confronti si sta rivelando il colpo di grazia del tracollo della civiltà profondamente in crisi di quest’Europa sempre più scristianizzata e materialistica, con la prospettiva concreta della sua sottomissione alla dittatura islamica, in un contesto dove sussistono condizioni similari a quelle che portarono all’islamizzazione delle popolazioni delle sponde meridionali ed orientali del Mediterraneo dopo essere state al 99% cristiane per sette secoli.

Dopo la morte di Maometto nel 632, gli eserciti islamici sbaragliarono rapidamente prima l’impero persiano nel 637, poi logorano l’impero bizantino con la conquista di Siria e Palestina (633-640), Egitto (639-646), Gerusalemme (638). La conquista dell'Africa del Nord avvenne dal 647 al 763. Nel 711 iniziò l’occupazione della Spagna protrattasi per ben otto secoli fino al 1492. Nel 718 gli islamici si spinsero in Francia occupando Narbona, Tolosa (721), Nimes e Carcassone (725), prima di essere fermati a Poitiers (732).
In Italia i primi attacchi islamici alla Sicilia iniziarono nel 652 e il controllo stabile sulla Sicilia è durato fino al 1061, mentre solo nel 1190 finisce la presenza islamica nell’isola. Le incursioni islamiche raggiunsero la Sardegna, Amalfi, Gaeta, Napoli e Salerno, il Monferrato, la Riviera Ligure. Nell’813 gli islamici distrussero l’odierna Civitavecchia, avanzarono verso Roma e saccheggiarono la Basilica di San Pietro e la Basilica di San Paolo per due volte (la seconda nell’864). A Bari fondarono un Emirato islamico durato 25 anni a partire dall’847.
La Storia ci dice che dalla morte di Maometto nel 632 fino a quando i cristiani cominciarono a reagire organizzando le Crociate a partire dal 1.096, ovvero 464 anni, gli islamici avevano già occupato con le guerre e una lunga scia di sangue le sponde orientale e meridionale del Mediterraneo, la Spagna, la Sicilia e avevano per due volte saccheggiato la Basilica di San Pietro a Roma.


Ebbene oggi stiamo assistendo all’espansionismo del terrorismo islamico che occupa militarmente dei territori in Siria, Iraq, Libia, Nigeria, Mali, Somalia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Indonesia e Filippine; alla crescente islamizzazione delle istituzioni civili in Turchia, Tunisia, Algeria e Marocco; alla presenza di terroristi islamici europei che sferrano attentati all’interno dell’Europa; alla diffusione di una rete sempre più capillare di moschee, scuole coraniche, tribunali sharaitici, enti assistenziali islamici, siti di propaganda jihadisti, centri studi e di formazione che condizionano le leggi secolari e ci impongono di non criticare l’islam, banche islamiche che supportano questa islamizzazione della nostra società.

Eppure quest’Europa è sempre più tentennante su come reagire. Se dovessimo attendere non 464 anni ma anche soltanto 40 anni per deciderci ad intervenire per salvare quel che resterà di cristianità sulle altre sponde del Mediterraneo ma soprattutto per salvarci dal terrorismo e dell’invasione islamica all’interno stesso dell’Europa, sarà decisamente troppo tardi. Non esisteremo più né come società europea né come civiltà laica e liberale dalle radici cristiane.

La nostra debolezza l’ha descritta in modo impeccabile monsignor Giuseppe Bernardini, vescovo di Smirne, quando il 13 ottobre 1999, ha raccontato che “durante un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano, un autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse a un certo punto con calma e sicurezza: «Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo». C’è da crederci, perché il «dominio» è già cominciato con i petrodollari, usati non per creare lavoro nei paesi poveri del Nord Africa e del Medio Oriente, ma per costruire moschee e centri culturali nei paesi dell’immigrazione islamica, compresa Roma, centro della cristianità. Come non vedere in tutto questo un chiaro programma di espansione e di riconquista? È un fatto che termini come «dialogo», «giustizia», «reciprocità», o concetti come «diritti dell’uomo», «democrazia», hanno per i musulmani un significato completamente diverso dal nostro. Sappiamo tutti che bisogna distinguere la minoranza fanatica e violenta dalla maggioranza tranquilla e onesta, ma questa, a un ordine dato in nome di Allah o del Corano, marcerà sempre compatta e senza esitazioni”.

Ecco perché oggi più che mai è necessario conoscere il Corano.

“O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, essi sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti”. (5, 51)
“Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Allah. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate”. (4, 89)


Sono decenni che la Chiesa promuove, legittima e difende il dialogo con i musulmani. Il risultato concreto è che i cristiani che rappresentavano il 30% della popolazione del Medio Oriente fino al 1945, oggi si sono assottigliati al 3% e continuano a subire un vero e proprio genocidio.

Dico che è arrivato il momento di svegliarci dal sonno della ragione con cui ci siamo imposti di non conoscere la verità presente nel Corano, che per i musulmani è Allah stesso. Solo riscattando il nostro dovere di conoscere la verità del Corano potremo salvaguardare la nostra civiltà.
Magdi Cristiano Allam
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