Fratellanza mussulmana

Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » dom mar 24, 2019 6:31 am

La rabbia dei tunisini contro i Fratelli Musulmani
Souad Sbai
2019/03/22

http://www.opinione.it/esteri/2019/03/2 ... testazione

“Vai via terrorista!”, “Vai via, assassino”! Non deve essere stato lusinghiero il bilancio di questi anni di governo da parte dei Fratelli Musulmani in Tunisia, se questa è l’accoglienza riservata al loro leader, Rashid Ghannouchi, nel tour elettorale che sta svolgendo nel sud del Paese. Da Ben Kardan è stato persino costretto a fuggire a causa della rabbia della popolazione nei suoi confronti, senza poter tenere il comizio previsto nello stadio della città. Il tour doveva servire a rilanciare l’immagine del partito Ennhada, ormai definitivamente compromessa dalla scoperta del suo apparato segreto, accusato dell’omicidio di due oppositori nel 2013 (Chokri Belaid e Mohammed Brahimi), di perseguitare gli avversari politici e di aver infiltrato le istituzioni dello stato.

Alle municipali dello scorso anno, Ennhada aveva registrato il pieno di consensi proprio a sud, dove Ghannouchi contava di ricevere lo slancio necessario per proseguire nella campagna elettorale fino a ottobre e novembre, quando avranno luogo le prossime elezioni legislative e presidenziali. Il montare dello scandalo sull’apparato segreto spiega in buona parte un simile voltafaccia nel giro di pochi mesi, ma bisogna anche considerare la persistente crisi economica e la corruzione dilagante: due fattori riguardo ai quali Ennhada si è mostrato tutt’altro che esente da responsabilità. La falsa partenza non depone dunque in senso favorevole per l’esito delle urne, sebbene i Fratelli Musulmani per restare rilevanti politicamente contino sulla scissione venutasi a verificare all’interno del partito di maggioranza Nida Tounes.

Moderato e secolare, Nida Tounes è stato fondato nel 2012 da quello che sarebbe poi diventato il Presidente della Tunisia, Beji Caid Essebsi, con l’obiettivo di contrastare i Fratelli Musulmani. Obiettivo finora raggiunto, perché la coabitazione forzata al governo tra Nida Tounes ed Ennhada ha fatto da muro all’ascesa di quest’ultimo, consentendo ad Essebsi di preparare il terreno all’avvio di un processo di riforme che dovrebbe auspicabilmente spiccare il volo in caso di vittoria alle prossime elezioni. A questo è servito il rapporto di una commissione speciale formata da Essebsi, che nel giugno 2018 ha chiesto al Parlamento d’introdurre misure che conformino la legislazione vigente ai principi cardine della costituzione tunisina in materia di diritti civili e soprattutto di diritti delle donne.

Il rapporto ha fatto storcere il naso alle forze ultraconservatrici e messo i Fratelli Musulmani di fronte alle loro stesse contraddizioni: rimanere ancorati alla propria ideologia, fondata sulla sottomissione della donna e le discriminazioni che ne conseguono in tutti gli ambiti, oppure abbracciare il cambiamento mostrando un’immagine diversa rispetto alla propria identità, per non perdere la possibilità di allearsi tatticamente con forze laiche e riformiste se richiesto dal gioco politico.

La recente fuoriuscita da Nida Tounes del Primo Ministro, Youssef Chahed, candidato alle presidenziali con il suo nuovo partito Tahya Tounes, alimenta le speranze di Ghannouchi di restare al governo. Essebsi è infatti convinto che il leader dei Fratelli Musulmani supporterà Chahed nella sua corsa alla presidenza. “Non è un segreto per nessuno in Tunisia”, ha dichiarato.

Essebsi cercherà la riconferma malgrado i suoi 92 anni. Oggi, è lui il presidente più anziano del mondo e l’età avanzata gli è costata più di qualche critica e presa in giro. Tuttavia, il suo caso è ben diverso da quello di Abdelaziz Bouteflika in Algeria, poiché non ha certo vestito i panni del presidente-dittatore per oltre vent’anni. L’obiettivo di Essebsi è instradare la Tunisia del dopo-Ben Ali verso prospettive di sviluppo, modernità, diritti umani, sicurezza, e a tal fine la sua figura resta indispensabile. Essebsi deve ancora portare a termine la sua opera: escludere i Fratelli Musulmani dal potere e dal futuro della Tunisia.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » mer mag 01, 2019 7:28 pm

La scure di Trump sui Fratelli musulmani: pronto a considerarli terroristi
Mauro Indelicato
30 aprile 2019

http://www.occhidellaguerra.it/trump-fr ... roristiche

Anche se il provvedimento riguarderebbe per intero il movimento, la possibile mossa di Donald Trump di inserire i Fratelli Musulmani nella lista delle organizzazioni terroristiche è inquadrabile come un nuovo intervento diretto dell’attuale amministrazione Usa nel quadro libico. La notizia della possibile scelta di campo netta da parte del presidente americano contro la fratellanza, arriva direttamente dalla Casa Bianca: ad annunciare come “imminente” la mossa di Trump è la portavoce Sarah Sanders.

“A breve il provvedimento a firma di Trump”

Anche se manca l’ufficialità e la stessa Sanders parla anche di “valutazione in corso”, a Washington si è sempre più convinti che oramai l’inserimento all’interno della lista di organizzazioni terroriste dei Fratelli Musulmani da parte di Trump è cosa fatta. La prima conseguenza pratica che andrebbe a colpire il movimento nato in Egitto nel 1928, riguarderebbe l’arrivo di gravi sanzioni economiche: chiunque intrattiene rapporti di tipo economico o politico con movimenti o società ricollegabili ai Fratelli Musulmani, verrebbe sanzionato. Questo di fatto isolerebbe maggiormente la fratellanza, la quale tra partiti politici ed istituti culturali è ben presente in tutto il medio oriente ed anche in Europa.

Trump si sarebbe convinto di attuare questa strategia, dicono da Washington, dopo la visita nella capitale Usa da parte del presidente egiziano Adel Fatah Al Sisi. Cioè di colui che appare come primo oppositore della fratellanza, dichiarata illegale nel suo paese dopo il suo arrivo al potere. Il movimento nasce in Egitto, si inserisce all’interno del contesto del cosiddetto “Islam politico”, in cui viene perseguito un ideale di società fedele ai dettami musulmani senza però ricorrere alla lotta armata. Soppiantato durante gli anni dei governi panarabi, la fratellanza ritorna in auge con le primavere arabe del 2011. Arriva al potere proprio in Egitto con Mohammed Morsi, il quale però nel 2013 viene cacciato dalla protesta di migliaia di manifestanti che invocano l’intervento dell’esercito.

Secondo quanto annunciato dalla portavoce Sanders, Trump starebbe pensando al provvedimento dopo “essersi consultato con il suo team del Consiglio di sicurezza nazionale e con i leader della regione per condividere le preoccupazioni sul movimento”.


Le conseguenze sullo scenario libico

Il fatto che il presidente Usa voglia inserire nella lista dei movimenti terroristici i Fratelli Musulmani in questo momento, non appare affatto casuale. La mossa potrebbe arrivare a pochi giorni dalla chiamata dello stesso Trump al generale Haftar, in cui il presidente Usa rivolge all’uomo forte della Cirenaica il riconoscimento per il proprio ruolo nella lotta al terrorismo. Khalifa Haftar è acerrimo nemico dei Fratelli Musulmani, in Libia li considera già alla stregua dei jihadisti e con il suo esercito nelle regioni orientali li combatte al pari di come combatte contro gruppi estremisti. In poche parole, con l’inserimento della fratellanza tra le organizzazioni terroristiche, verrebbe meno la differenza tra islam politico e islam radicale. Una posizione che Haftar assume già da tempo e che verrebbe appoggiata dal presidente Usa.

Tutto ciò si traduce in un ulteriore intervento americano in Libia. Anche perché il governo di Al Sarraj, che ufficialmente continua ad essere riconosciuto dagli Usa, ha al suo interno diversi membri della Fratellanza Musulmana. Il sempre più probabile intervento di Trump, dimostra ancora di più che in Libia è in corso una guerra per procura con Haftar appoggiato dall’Egitto ma soprattutto da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Gli Usa, dichiarando la fratellanza alla stregua dei gruppi jihadisti, farebbero un grande favore agli alleati sauditi in funzione anti Qatar: l’emirato infatti, assieme alla Turchia di Recep Tayyip Erdogan, è principale finanziatore del movimento.

Anche se il ruolo dei Fratelli Musulmani appare discutibile, nel medio oriente come in Libia, sia per le posizioni ideologiche espresse che per il posizionamento geopolitico, dichiararlo organizzazione terroristica potrebbe apparire rischioso per diversi motivi. In primis perché la mossa si manifesterebbe come una decisa presa di campo in Libia da parte Usa con il rischio, nel contesto attuale, di generare ulteriori tensioni specie a Tripoli. In secondo luogo perché, proprio nell’ottica della lotta al terrorismo, mettere sullo stesso piano jihadismo ed Islam politico potrebbe generare, a lungo termine, maggiore confusione ed inedite pericolose alleanze interne all’islamismo.


Libia e l'IS, il colonialismo, Gheddafi e i clandestini
viewtopic.php?f=188&t=2250
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun giu 17, 2019 8:17 pm

Egitto, l'ex presidente Mohamed Morsi è morto dopo un'udienza in tribunale
Esponente dei Fratelli musulmani, eletto nel 2012 nelle prime elezioni del dopo Mubarak, era stato deposto con un colpo di Stato nel 2013. Era stato processato con diverse accuse, l'ultima di spionaggio
17 giugno 2019

https://www.repubblica.it/esteri/2019/0 ... uB_slFlAck

L'ex presidente egiziano Mohamed Morsi, 67 anni, deposto nel 2013 con un colpo di Stato da parte del generale al Sisi, suo ministro della Difesa, è morto lunedì in tribunale durante un'udienza del processo in cui era imputato per spionaggio. Morsi aveva chiesto e ottenuto di poter intervenire, al termine dell'udienza si è accasciato colpito da un infarto.

Ingegnere chimico, con un master all'Università della California, Morsi faceva parte dei Fratelli musulmani, un movimento politico islamista molto influente nel mondo arabo, e stava scontando una condanna a sette anni per aver falsificato la sua candidatura nella corsa alle presidenziali del 2012.

Nel giugno di quell'anno, dopo le proteste di piazza Tahrir che avevano portato alla deposizione dell'ex presidente Hosni Mubarak, Morsi vinse le prime elezioni libere con il 51% dei voti contro il 48% di Ahmed Shafiq, ex primo ministro di Mubarak. La sua destituzione dal potere manu militari fu approvata da molti esponenti noti della società civile egiziana, dall'allora leader dell'opposizione laica Mohamed El Baradei e anche dall'imam dell'università al Azhar del Cairo, la più importante autorità del mondo islamico, Ahmad Muhammad al-Tayyeb.

La sua presidenza era stata molto contestata e controversa, nonostante fosse il frutto delle prime elezioni libere dell'Egitto, per il piglio autoritario con cui Morsi aveva iniziato il suo governo e la visione islamista delle questioni costituzionali e sociali. Da poco al potere, si attibuì poteri molto ampi in materia giudiziaria e avviò l'iter per l'approvazione della nuova Costituzione che avrebbe dovuto assumere la sharia, la legge islamica, come "principale fonte della legislazione egiziana".

A questa svolta si opposero le minoranze religiose, come quella dei copti, e anche molti cittadini, non solo laici, ma le proteste di piazza furono ignorate dal nuovo presidente.

Deposto con un colpo di Stato nel 2013, Morsi fu imprigionato e processato con diverse accuse per le quali negli anni è stato condannato. Nel maggio 2015 arrivò la sentenza più pesante, la pena di morte, per aver fatto evadere dal carcere i vertici dei Fratelli musulmani nel 2011, ma in seguito il tribunale penale del Cairo la annullò e decise che il processo era da rifare.

Nel marzo del 2018, un gruppo di politici e avvocati britannici guidati dal deputato conservatore Crispin Blunt, come ricorda il giornale Middle East Eye, lanciò un allarme sulle condizioni di detenzione di Morsi, definendole inadeguate al suo stato di salute.

"Che Dio conceda al nostro martire, il nostro fratello Morsi, la sua misericordia", ha dichiarato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, rendendo omaggio all'ex presidente egiziano.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » gio mag 28, 2020 9:30 pm

Fratelli musulmani, Tunisia: un islamista a capo del governo
lunedì, 21, ottobre, 2019

http://www.imolaoggi.it/2019/10/21/frat ... oUn3NWrWY4

Nella Tunisia dei gelsomini, un Paese tradizionalmente laico, si affacciano nubi minacciose. Il presidente del Consiglio della Shura del partito islamista Ennahda, Abdelkarim Harouni, ha comunicato formalmente la decisione di candidare il leader del movimento, una diretta emanazione della Fratellanza musulmana, Rashed el Ghannouchi, alla presidenza del consiglio del Paese nordafricano. Lo riporta ofcs.report/internazionale

L’iniziativa non desta particolare stupore se si considera il successo elettorale, inferiore comunque alle aspettative, della formazione Ennahda alle scorse consultazioni elettorali. Il responso delle urne ha premiato il movimento islamista con 52 seggi sui 217 disponibili al Parlamento di Tunisi, incoronandolo come primo partito ora alla ricerca di una maggioranza ben definita che ridisegni il governo del Paese.

Ennahda pare godere dell’appoggio incondizionato anche del neo presidente, Kaïs Saïed che, in segno di continuità con le linee dettate dai Paesi arabi a maggioranza islamista, ha sottolineato il carattere anti-sionista del suo mandato e dei dettami guida del partito islamista di El Ghannouchi.

El Ghannouchi, il leader multiforme – – Dopo un ventennio trascorso in esilio nel Regno Unito, Rashed el Ghannouchi rientrò in Tunisia il 30 gennaio 2011, all’indomani della “rivoluzione dei gelsomini, in un Paese fortemente destabilizzato dalle proteste cui fece seguito l’immancabile crisi economica. Al suo arrivo all’aeroporto di Tunisi, Ghannouchi venne accolto trionfalmente da migliaia di sostenitori deliranti. Questa popolarità provocò un’ondata di panico negli ambienti politici fortemente legati al sentimento di laicità dello Stato indotto dal “Padre della Patria”, il defunto e storico presidente Habib Bourghiba, assolutamente contrari ad ogni svolta teologica.

Il 78enne Ghannouchi, sostenitore di una re-islamizzazione in senso radicale della Ummah, la comunità islamica mondiale, è da sempre considerato una longa manus in nord Africa dei Fratelli Musulmani egiziani, formazione fondamentalista con emanazioni radicali e jihadiste. Dopo un percorso di studi teologici seguiti in Egitto, Francia e Siria, el Ghannouchi rientrò in Tunisia dove, alla fine degli anni ’70, fondò il partito del Movimento della Tendenza islamica. Sotto la presidenza di Bourghiba venne arrestato e condannato a morte con l’accusa di aver sostenuto una rivoluzione islamista nel Paese.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » gio mag 28, 2020 9:31 pm

La Germania rompe con i Fratelli Mussulmani
Rete Voltaire
21 maggio 2020

https://www.voltairenet.org/article209952.html

L’Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione (Bundesamt für Verfassungsschutz, BfV), agenzia che in Germania si occupa della lotta ai gruppi estremisti, conduce da anni una campagna di sensibilizzazione dei parlamentari tedeschi sui pericoli rappresentati dalla Confraternita dei Fratelli Mussulmani.

In un rapporto del 2 febbraio 2019, il BfV afferma che la Confraternita, nonostante una parvenza di conformità alla Costituzione, persegue obiettivi segreti che contrastano con la democrazia e lo Stato di diritto. Asserisce altresì che a lungo termine la Confraternita rappresenterà per la Germania un pericolo maggiore di Al Qaeda e Daesh.

Al termine di un’opera di sensibilizzazione durata un anno, il BvV constata che la Confraternita non è più in condizione d’influenzare i mussulmani di Germania.

Il BfV dipende dal ministero dell’Interno. La sua campagna collideva con le attività del ministero degli Esteri, che trattava con la Confraternita sin dall’inizio delle primavere arabe e aveva istituito un apposito Ufficio.

La Confraternita è stata patrocinata dal 1945 dall’MI6, nonché, dal 1953, dalla CIA. Durante la guerra fredda gli anglosassoni sollecitarono gli alleati francesi e tedeschi ad accogliere i dirigenti della Confraternita, utilizzati dalla NATO contro l’Unione Sovietica. In questo contesto si colloca la creazione del Centro Islamico di Monaco da parte dell’egiziano Saïd Ramadan, che tenne anche una trasmissione su Radio Liberty/Radio Free Europe, finanziata dal Congresso USA, destinata all’URSS [1]. Negli anni Ottanta la Germania, dopo il fallito tentativo di rovesciamento della Repubblica Araba Siriana, concesse asilo politico ai dirigenti del ramo siriano della Confraternita. Nel 2011, mentre gli anglosassoni tentavano d’imporre al potere, in tutto il Medio Oriente, la Confraternita, la Germania fece ricorso ai Fratelli Mussulmani cui dava asilo. Il direttore del think tank tedesco per la politica estera (SWP), Volker Perthes, fu autorizzato a preparare, per conto del numero due dell’ONU, l’ambasciatore USA Jeffrey Feltman, un piano di capitolazione totale e incondizionata della Siria [2]. Ma nel 2017 il presidente Donald Trump vietò all’amministrazione USA di continuare a sostenere Daesh, mentre a fine 2018 il nuovo ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, decise di cambiare politica. Da questo capovolgimento ha avuto origine il rapporto del BfV.

Diversamente da quanto suggerisce la denominazione, la Confraternita dei Fratelli Mussulmani non è un’organizzazione religiosa, ma una struttura politica segreta. È organizzata sul modello della massoneria inglese e si prodiga con grande impegno per negare l’appartenenza dei propri membri all’organizzazione. Quasi tutti i capi jihadisti, da Osama bin Laden al califfo Abu Bakr al-Baghdadi, provengono dai suoi ranghi.



La morte di bin Laden rompe l’equilibrio tra le due anime del Califfato: Wahhabismo e i Fratelli Musulmani

https://www.difesaesicurezza.com/difesa ... musulmani/

La morte di Osama bin Laden ha spento l’artefice della jihad globale che teneva insieme le due anime del Califfato, il Wahhabismo e i Fratelli Musulmani, i quali se ne contendono la paternità. Da qui, le due facce di una stessa medaglia – Al Qaeda e ISIS – sponsorizzati inizialmente da entrambi i movimenti islamisti, successivamente diventati “competitor”. La convivenza ideologico-strategica fra Wahhabismo e Fratellanza resiste fino al 2006, quando muore al-Zarqawi, padre naturale dello Stato Islamico e si frammenta definitivamente nel 2011 con la morte di bin Laden. Ayman Al Zawahiri, nuovo leader di Al Qaeda, cerca di imporre ad al Baghdadi di operare con la sua organizzazione solo in Iraq e di lasciar sviluppare al Fronte al-Nusra (filiazione di Al Qaeda nella Siria rivoltosa costituita nel gennaio 2012) l’attività jihadista in Siria. Al Baghdadi tentò di inglobare il Fronte nella sua organizzazione, ma questo resistette e continuò a battersi contro le truppe siriane sostenuto dal Qatar.


Come si è arrivati allo scontro tra Wahhabismo e Fratellanza Musulmana

La sincronizzazione degli eventi pone in evidenza le varie fasi attraverso le quali si è giunti allo scontro fra Fratellanza Musulmana e Wahhabismo: il 23 settembre 2014 gli USA formarono una coalizione di 11 Paesi occidentali e arabi per combattere l’ISIS nei quali figurava – pro forma l’Arabia Saudita ma non il Pakistan. Fu il primo campanello di allarme per le regie occulte dell’ISIS che nel gennaio 2015 – in previsione dell’abbandono dei suoi danarosi sponsor – annunciò la costituzione della wilayat KHORASAN. La nuova articolazione accolse nei propri ranghi ex membri e comandanti dei talebani pakistani e afghani – nessuno arabo – provenienti dai gruppi di: Teherik e taleban-e Pakistan (TTP), Islamic Movement of Uzbekistan (MIU) e Rete Haqqani, longa manus del Servizio Intelligence pakistano (ISI), impiegata laddove è necessario pescare nel torbido. La wilayat, paragonabile ad una provincia pakistana tant’è che è denominata “Khorasan Province”, venne costituita, ad arte, in un’area tri-confinaria fra Iran, Turkmenistan e Afghanistan, di specifico interesse strategico pakistano. Inoltre, all’interno di tale area si sviluppa il traffico dell’oppio, inclusa la produzione ed il commercio dell’eroina (circa 1 miliardo di dollari/anno), in particolare verso Russia, Tagikistan e Uzbekistan, utile per rimpinguare i finanziamenti provenienti dall’area del Golfo Persico in via di esaurimento.


Hizb-ut-Tahrir (HuT) è l’organizzazione internazionale pan islamica più usata dai Fratelli Musulmani per diffondere il loro credo politico

Parallelamente, questa recluta alti ufficiali e giovani istruiti allo scopo di assumere le redini del futuro Califfato. Ha anche un’ala militare Hizb-ut-Tahrir (HuT) opera nel sociale in maniera lenta e costante, evitando abilmente qualsiasi contatto con gruppi jihadisti mentre diffonde la sua ideologia. Il suo pubblico di riferimento è costituito da alti ufficiali, burocrati e professionisti, inclusi medici, ingegneri, contabili, manager in multinazionali e altre categorie di giovani altamente istruiti. HuT, fin dall’inizio, ha posto la sua attenzione nel reclutare alti ufficiali e giovani molto istruiti allo scopo di assumere le redini del futuro Califfato ed avrebbe costituito, a tal fine, un’ala armata con cui addestrare i suoi quadri per operazioni belliche. Il suo credo ideologico è incentrato su:

ricostituire l’Islam Khilafah, ovvero il Califfato come “Stato Islamico”;
reclutare alti ufficiali e dirigenti civili; indottrinare e reclutare i giovani delle università;
ricostituire il Califfato e diffonderlo mediante la jihad, offensiva e aggressiva, per recuperare le terre perdute – dalla Spagna, alla Russia, alla Cina – nonché invadere e conquistare le “terre degli infedeli”.

L’organizzazione dedica particolare attenzione al Pakistan, che considera un Paese adatto per la sede di un futuro Califfato (o Khilafat) sia per la posizione geo-strategica sia per le ricche risorse naturali ed umane. A tal fine prevede la costituzione di un forte “esercito islamico” in grado di estendere i confini del Califfato dal Pakistan all’India e all’Asia centrale. Il Pakistan avrebbe messo al bando HuT nel 2003, dopo aver scoperto suoi collegamenti con diversi complotti terroristici.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » dom giu 14, 2020 3:42 am

La Grande Moschea di Roma all'Ucoii: "Siete Fratelli Musulmani"
Giovanni Giacalone - Ven, 12/06/2020

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 69880.html

Il Segretario Generale della Grande Moschea di Roma, Abdellah Redouane, interviene duramente contro l'Ucoii accusandola di "diffondere menzogne" e ne indica il presidente emerito Nour Dachan come "fondatore dei Fratelli Musulmani in Italia"

La Grande Moschea di Roma, sede di quell'Islam istituzionale inaugurato il 21 giugno 1995, insorge contro l'Ucoii (Unione delle Comunità Islamiche Italiane) e l'accusa di diffondere menzogne con l'obiettivo di spacciarsi come la più grande organizzazione islamica italiana.

Non solo, perché il Segretario Generale della Moschea di Roma-Centro Culturale Islamico d'Italia, il Dr. Abdellah Redouane, va oltre e indica l'Ucoii come espressione dei Fratelli Musulmani in Italia, definendo il medico siriano e presidente emerito, Mohammed Nour Dachan come "fondatore dei Fratelli Musulmani in Italia", un'etichetta che l'Ucoii aveva sempre respinto.

Il lungo comunicato, intitolato "Manifesto della Verità a confutare le calunnie in circolazione e sconfiggere la falsità con la verità", è stato pubblicato venerdì 12 giugno sulla pagina Facebook della Grande Moschea e firmato dal Dottor Redouane che stavolta non usa mezze misure e va dritto al sodo: "Questa volta ho deciso di mettere a tacere la lingua del diplomatico e di evitare la magnanimità del credente tollerante e ho deciso di parlarvi senza remore, senza giri di parole, senza cerimonie e senza addobbi dopo aver ascoltato più di una registrazione audio del fratello presidente onorario della vostra Unione il quale, nel mentre che invita all'unità, nello stesso tempo va aggredendo le altre componenti islamiche, che non hanno altra colpa se non quella di voler uscire dallo stare sotto il dominio dei Fratelli Musulmani”.

Diversi i punti indicati dal Dott. Redouane, in primis mette in evidenza come l'Ucoii non sia un'organizzazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato, puntualizzando che l'unica organizzazione istituzionalizzata è la Grande Moschea di Roma, "in virtù del Decreto del Presidente della Repubblica nr. 712/1974" (anno in cui la donazione del terreno per la Moschea fu deliberata dal consiglio comunale di Roma).

Redouane riprende poi il Presidente dell'Ucoii, Yassine Lafram che aveva pubblicizzato una foto del suo incontro con il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e con il Ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, commentandola con il racconto della ratifica di un protocollo con lo Stato Italiano per regolare le procedure che si devono seguire alla riapertura delle moschee in fase post-emergenza da Covid-19. Redouane puntualizza che è stato egli stesso il primo dei firmatari del sunnominato protocollo e in relazione ai due punti espressi chiede all'Ucoii di fornire prove, sia sul riconoscimento istituzionale che sulla ratifica del protocollo.

Il Segretario Generale della Grande Moschea di Roma puntualizza poi come la reale rappresentanza Ucoii all'interno della vasta e variegata comunità islamica in Italia oscilli tra il 5% e il 10%, affermando anche come l'Ucoii abbia indicato al Ministero degli Interni 160 "comunità" sotto il proprio ombrello; considerato che in Italia ci sono più di mille centri islamici, i numeri parlano da sè.

Il Dr. Redouane ha poi messo in evidenza come la Grande Moschea di Roma abbia sepolto 52 defunti musulmani durante la fase da Covid-19 e sia attiva da vent'anni nelle carceri, tutte attività portate avanti in silenzio, accusando l'Ucoii di aver invece fatto solo tanto rumore mediatico: "Si è cavalcata la pandemia da Coronavirus per fare marketing con continui post e annunci, giorno e notte, a proposito del fatto che è l'UCOII a essere intervenuta per risolvere il problema della sepoltura dei defunti musulmani, laddove sono stati i responsabili musulmani a livello locare a farsene carico e prendersene cura". Anche sulla questione carceri Redouane ha poi chiesto all'Ucoii di fornire prove sull'esclusività dichiarata.

In conclusione, Redouane sottolinea la complessità del mondo musulmano italiano, evidenziando come l'Ucoii non sia stato in grado di rappresentarlo nemmeno quando era all'apice della sua forza e si appella al "fondatore dei Fratelli Musulmani in Italia", il Dott. Mohammed Nour Dachan, suggerendo di "gettare l'ancora" e sottolineando come la Grande Moschea di Roma sia sempre riuscita a contrastare il piano egemonico targato Fratelli Musulmani/salafiti e come continuerà a fare da "diga" per vanificare tentativi di infiltrazione e proselitismo da parte di quella branca.

Il Segretario Generale mette tra l'altro in evidenza un aspetto di non poco conto e cioè che il tentativo di egemonizzare l'Islam italiano, non reca alcun beneficio ai musulmani.

L'Islam non è e non è del resto storicamente mai stato un blocco monolitico, nemmeno nel vasto mondo islamico che va dall'Estremo Oriente all'Africa Occidentale; difficile pensare che possa esserlo a livello nazionale e in più in Paese di diaspora.

Risulta poi di estremo interesse l'aver indicato Ucoii e Nour Dachan come legati ai Fratelli Musulmani, visto che stavolta tale accusa arriva dall'interno del mondo musulmano e in particolar modo da quell'Islam istituzionalmente riconosciuto. Un aspetto di non poco conto considerato che la Fratellanza è stata messa al bando in Egitto, Siria, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrein, Russia ed è anche finita sotto inchiesta in Gran Bretagna nel 2014.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » mer lug 22, 2020 8:43 pm

I Fratelli musulmani ora rischiano grosso
Autore Giovanni Giacalone
22 luglio2020

https://it.insideover.com/terrorismo/i- ... rosso.html

I legislatori francesi, durante una seduta sul contrasto all’islamismo e alla radicalizzazione, hanno proposto la scorsa settimana di mettere al bando Yusuf Qaradawi e tutti gli imam legati ai Fratelli Musulmani. La senatrice Nathalie Goulet dell'”Unione Democratici e Indipendenti” è stata chiarissima su Arab News: “La lotta all’islamizzazione e contro i nemici della Repubblica non può ammettere alcun tipo di tolleranza e in particolare nei confronti dei Fratelli Musulmani”.

Lo scorso febbraio il presidente Macron aveva già puntato il dito contro l’Islam politico, utilizzando il termine “separatismo islamista” per riferirsi ad alcune zone della Francia dove gli islamici punterebbero all’autonomia, mettendo di fatto in discussione leggi e regole della “laïcité“. Macron aveva poi aggiunto che in base ai nuovi piani anti-radicalizzazione, gli imam sarebbero stati formati dallo Stato in modo conforme alle leggi della Repubblica.


Guai in vista su più fronti

Una tale prospettiva non può non far rabbrividire i Fratelli Musulmani in quanto mette a repentaglio i loro progetti egemonici all’interno delle comunità islamiche europee. Eppure l’offensiva francese è soltanto uno dei problemi che l’organizzazione islamista radicale si trova a dover fronteggiare. Nel 2019 infatti la “Euro-fatwa” app, lanciata dalla European Council for Fatwa and Research, fondazione con sede a Dublino e fondata dal leader spirituale dei Fratelli Musulmani, Yusuf Qaradawi (già noto per i suoi sermoni su al-Jazeera e per i suoi proclami al jihad), veniva presa di mira da una campagna contro l’estremismo lanciata da politici francesi e britannici, al punto che Google procedeva con la sua rimozione dal proprio online store in seguito a numerose segnalazioni.

Lo scorso giovedì invece in Giordania la Corte di Cassazione ha ordinato lo scioglimento della Fratellanza per non aver preso atto di una legge del 2014 che proibisce l’attività politica alle organizzazioni religiose e ne ha decretato la confisca di tutti i suoi beni.

Intanto arrivano rogne anche dall’Arabia Saudita, con il governo di Riyadh che chiede al Canada l’estradizione dell’ex capo dell’intelligence, Saad al-Jabri, accusato di aver operato a favore dei Fratelli Musulmani durante il suo mandato. L’organizzazione islamista è infatti al bando nel Regno, ma anche negli Emirati Arabi, in Bahrein, Egitto, Siria e Russia. Al-Jabri era fuggito in Canada nel 2017 e fin’ora il governo Trudeau ha sempre aggirato le richieste di estradizione dei sauditi e ciò nonostante il “red notice” effettuato da Riyadh tramite Interpol.

Come se non bastasse, sarebbe emersa anche la registrazione di una conversazione tra l’ex Primo Ministro del Qatar, Sheikh Hamad bin Jassim e l’ex Emiro Sheikh Hamad bin Khalifa al-Thani, dove si afferma che l’emittente televisiva qatariota al-Jazeera è controllata dai Fratelli Musulmani, come riportato su Twitter da Noor Dahri, direttore del thinktank britannico Islamic Theology of Counterterrorism. La registrazione sarebbe stata effettuata dai “Mukhabarat” dell’ex rais libico, Muhammar Gheddafi e pubblicata sul web da un attivista d’opposizione del Qatar.


La situazione italiana

In Italia invece, lo scorso 12 giugno, il Segretario Generale della Grande Moschea di Roma/Centro Culturale Islamico d’Italia, il Dr. Abdellah Redouane, aveva pubblicato sulla pagina Facebook dell’organizzazione un lungo comunicato col quale, senza giri di parole, prendeva di petto l’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia) criticandone i progetti egemonici (come in Francia) e accusandola di disseminare menzogne e di essere legata ai Fratelli Musulmani. Il titolo è del resto più che eloquente: Manifesto della Verità a confutare le calunnie in circolazione e sconfiggere la falsità con la verità.

Redouane indica il fondatore dell’Ucoii (e presidente onorario), il medico siriano Mohammed Nour Dachan, come “fondatore dei Fratelli Musulmani in Italia” e accusa l’Ucoii di “aggredire le altre componenti islamiche, che non hanno altra colpa se non quella di voler uscire dallo stare sotto il dominio dei Fratelli Musulmani”.

I precedenti governi e gli apparati statali si sono però sempre dimostrati piuttosto teneri con l’organizzazione islamista e non a caso nell’agosto del 2018 un ex ministro del governo islamista di Mohamed Morsy, Mohamed Mahsoob, veniva brevemente trattenuto dalle autorità italiane a Catania, su ordine di cattura internazionale emanato dal Cairo con l’accusa di “incitamento alla violenza”, per poi venire subito rilasciato, scatenando così le proteste delle autorità egiziane.

Del resto i numerosi accordi stretti con il Qatar, l’appoggio in Libia all’esecutivo islamista del Gna, oramai un regime-fantoccio di Ankara e la collaborazione militare con i turchi non possono non esprimere una panoramica più che evidente sulle pericolose alleanze di Roma.


I Fratelli Musulmani in caduta libera

Allo stato attuale gli unici due Paesi sponsor dei Fratelli Musulmani sono la Turchia di Erdogan e il Qatar e con una situazione internazionale dell’organizzazione in costante peggioramento e dalle prospettive ben più serie di quel che può sembrare.

Pur differenziandosi da gruppi come al-Qaeda e Isis per strategia e modus operandi, i Fratelli Musulmani ne condividono un’ideologia islamista radicale che trova le proprie basi in Hassan al-Banna e Sayyid Qutb. La loro strategia è ben più insidiosa di quella jihadista in quanto punta ad adattarsi al modello statuale di riferimento, a utilizzarne i meccanismi e la legislazione per infiltrarsi nel sistema e promuovere politiche filo-islamiste e di censura nei confronti di chi osa criticare l’Islam, accusandolo di “islamofobia”.

Del resto i Fratelli Musulmani hanno mostrato la propria vera faccia durante l’anno di governo Morsy in Egitto, con una serie di violenze e attacchi giudiziari nei confronti degli oppositori che farebbero impallidire persino Nasser, Sadat e Mubarak. Per quanto riguarda la Turchia di Erdogan, sono i fatti a parlare, dai rifornimenti ai jihadisti in Siria al loro trasbordo in Libia in supporto del Gna, fino alla repressione degli oppositori e dei media che osano criticare il presidente turco.

Di fatto i Fratelli Musulmani non sono altro che la scomoda eredità del periodo della Guerra Fredda, quando alcuni Paesi li consideravano utili per contrastare il socialismo pan-arabista filo-sovietico e fino alla seconda decade del 2000 come grande illusione di “forza democraticamente eletta” (che di democratico ha poi dimostrato ben poco) da utilizzare in Medio Oriente per sostituire regimi forse obsoleti con altri governi “amici”. Progetto fallimentare portato avanti durante le cosiddette “Primavere Arabe” da Usa e Gran Bretagna in Libia, Tunisia, Egitto e Siria, con i risultati che sono oggi sotto gli occhi di tutti.

I Fratelli Musulmani sono oggi diventati un po’ uno stigma, passando da essenziale referente politico dell’Occidente che pensava ingenuamente di poterli utilizzare come “modello democraticamente importato” a un attore che perde pezzi, si intrappola nei suoi stessi meccanismi e che non porta più alcun vantaggio strategico o di intelligence, ma soltanto problemi. Purtroppo non tutti i governi europei sembrano però recepirlo.



Alberto Pento
Questa esperienza, fatta dai paesi europei alleatisi con questa organizazzione nazi maomettana, come tutte le altre fatte nel passato, dimostra ancora una volta che non è possibile alcuna alleanza con qualsivoglia organizzazione islamica.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » ven ago 28, 2020 9:02 pm

Anche se vale pure per i Fratelli Musulmani il detto che, morto un papa, se ne fa un altro, questa è una buona notizia: Mahmoud Ezzat, leader dei FM, è stato catturato al Cairo (certo che di protezioni ne doveva vantare se osava nascondersi proprio lì). Non credo che, con Al-Sisi al potere, uscirà vivo dalle prigioni, ma credo anche che gli interrogatori ai quali verrà sottoposto saranno poco consoni al nostro diritto. Ma così vanno le cose nel M.O. Ovunque tranne nell’unico stato democratico, il più vituperato dal mondo intero.
Emanuel Segre Amar
28 agosto 2020

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 5725105183


Egitto: arrestata la Guida suprema dei Fratelli musulmani
Mahmoud Ezzat, qui a destra in una foto d'archivio del 2010, è stato arrestato KEYSTONE/EPA/MOHAMED OMAR sda-ats
28 agosto 2020

https://www.swissinfo.ch/ita/tutte-le-n ... i/45998904

La Guida suprema pro-tempore della Fratellanza musulmana egiziana, Mahmoud Ezzat, è stato arrestato al Cairo ponendo fine a una latitanza durata sette anni. Lo annuncia un comunicato del ministero dell'Interno egiziano.

Ezzat, 76 anni, viene definito dal ministero come "il principale responsabile della creazione dell'ala armata dell'organizzazione terrorista dei Fratelli musulmani e il supervisore" degli attentati attribuiti al movimento "dopo la rivoluzione del 30 giugno 2013 fino al suo arresto".

Il riferimento è alla deposizione del governo dei Fratelli musulmani imposta dall'esercito sull'onda di oceaniche proteste di piazza dopo un anno di controversa gestione del Paese da parte della presidenza di Mohamed Morsi.

Il dirigente era nascosto in un appartamento del Quinto insediamento, un quartiere orientale del Cairo. Fra gli attentati, la cui supervisione viene ascritta dal ministero a Ezzat, divenuto Guida suprema dopo l'arresto dell'ormai pluri-ergastolano Mohamed Badie nell'agosto di sette anni fa, c'è l'ordigno che uccise al Cairo il procuratore generale Hisham Barakat nel 2015. Altro attentato al suo attivo sarebbe l'autobomba che nell'agosto dell'anno scorso esplose davanti all'ospedale oncologico nazionale, sempre nella capitale egiziana, uccidendo 20 persone e ferendone altre 47.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » lun ott 19, 2020 1:10 am

I demenziali democratici che se la facevano con nazi maomettani della Fratellanza Mussulmana, credendo stupidamente, ignorantemente, demenzialmente che fossero migliori (civili e meno violenti) dei vari dittatori come Gheddafi, Saddam, Assad, Mubarak, e altri.


Quelle mail della Clinton che svelano i rapporti coi Fratelli Musulmani
Giovanni Giacalone

https://it.insideover.com/politica/le-m ... lmani.html

Una serie di email riguardanti Hillary Clinton nel suo periodo come Segretario di Stato della prima amministrazione Obama (2009-2013) e recentemente rese pubbliche dalla presidenza Trump gettano nuove ombre sui rapporti tra i “Democrats” e l’organizzazione islamista radicale dei Fratelli Musulmani, in particolare dal periodo precedente allo scoppio delle cosiddette “Primavere Arabe” fino alla caduta in Egitto dell’esecutivo islamista di Mohamed Morsy nell’estate del 2013.

I documenti rilasciati hanno inoltre evidenziato stretti rapporti tra l’amministrazione Obama e l’emittente televisiva qatariota Al Jazeera, notoriamente vicina alle posizioni dei Fratelli Musulmani; non è del resto un caso che il Qatar resta il principale sponsor mediorientale dell’organizzazione islamista radicale, assieme alla Turchia.

Il quadro che emerge dalle email e che conferma una chiara simpatia dell’amministrazione Obama per i Fratelli Musulmani, visti all’epoca come nuova alternativa democratica ai regimi come quelli di Gheddafi, Mubarak, Ben Ali e Bashar al-Assad non è certo una sorpresa, visto che tali posizioni erano già note da anni. Una politica estera poi rivelatasi fallimentare su tutta la linea e fortemente sostenuta da alcuni consiglieri per la sicurezza nazionale già coinvolti in prima linea nelle politiche di apertura di Washington nei confronti del regime iraniano e di Cuba.


Un’inversione di marcia sulla politica estera mediorientale

Per decenni gli Stati Uniti avevano politicamente, economicamente e militarmente sostenuto il regime di Hosni Mubarak in Egitto e quello di Ben Ali in Tunisia con il chiaro obiettivo di garantire la stabilità in un’area caratterizzata da costanti tensioni. I due Paesi non avevano soltanto svolto un ruolo fondamentale nell’arginare derive filo-sovietiche durante la Guerra Fredda, ma erano anche alleati fondamentali nella cosiddetta “war on terror”, come dimostra ad esempio il caso di Abu Omar, il predicatore islamista radicale egiziano fatto sparire nel 2003 a Milano, nei pressi della moschea di viale Jenner, da una cellula della Cia e ricomparso il giorno dopo in un carcere dei Mukhabarat egiziani.

Il progressivo peggioramento delle condizioni socio-economiche e il malcontento popolare in questi Paesi hanno però portato l’amministrazione Obama a credere che fosse addirittura necessario un “regime-change“, ovviamente in nome della democrazia e ciò nonostante il precedente fallimento iracheno. E’ chiaro che senza un’alternativa politica forte ed affidabile non ha alcun senso lanciarsi in iniziative del genere; a Washington però c’era chi sosteneva con grande convinzione che l’unica strada percorribile fosse quella del sostegno ai Fratelli Musulmani, indicati come forza politica conservatrice e certamente religiosa ma “lontana da quell’estremismo che ne aveva caratterizzato una sua prima fase”. Una delle giustificazioni spesso puerilmente fornita da certi analisti per garantirne l’affidabilità era il fatto che il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, avesse lasciato la Fratellanza per fondare la Egyptian Islamic Jihad e poi co-fondare al-Qaeda. Ciò che gli analisti del Dipartimento di Stato non avevano però realizzato è che al-Zawahiri non aveva lasciato i Fratelli Musulmani perché non ne condivideva i principi ideologici, ma prettamente per motivi legati al modus-operandi. L’obiettivo dell’attuale leader di al-Qaeda era sempre e comunque quello di divulgare le idee di Sayyid Qutb (pilastro portante dei Fratelli Musulmani assieme al fondatore Hassan al Banna) ma prettamente attraverso il jihad, la lotta armata. Esiste infatti un comun denominatore chiamato “Sharia” che allinea l’ideologia di Fratelli Musulmani, al-Qaeda, Isis, Hamas, così come quella di gruppi non più attivi come Gia, Gamaa al-Islamiyya ed Imrat Kavkaz. Ciò che cambia è il modus operandi per raggiungere il potere e i Fratelli Musulmani avevano da tempo capito che la conquista graduale del tessuto sociale, economico e politico poteva richiedere più tempo ma era anche plausibilmente più sicura e proficua nel medio-lungo termine.

I contatti tra Washington ed esponenti dei Fratelli Musulmani si sono così intensificati negli anni precedenti allo scoppio delle Primavere Arabe, con questi ultimi che improvvisamente si presentavano come “sostenitori della democrazia in Medio Oriente” ed unica alternativa alla tirannia dei regimi al potere. Gli islamisti devono essere stati talmente convincenti che a Washington hanno addirittura pensato di sdoganarli anche in Paesi dove gli Usa non avevano alcun controllo e cioè in Libia e Siria, con l’obiettivo di rovesciare Gheddafi e Bashar al-Assad. Non è certo un caso che proprio in questi due Paesi il piano dell’amministrazione Obama non ha funzionato e le drammatiche conseguenze sono ancora visibili oggi.

In Egitto le cose non sono andate molto meglio, con l’esecutivo dei Fratelli Musulmani, guidato da Mohamed Morsy, che ha battuto il record per quanto riguarda i provvedimenti legali nei confronti di giornalisti e personaggi legati ai media, come denunciato dalla Arabic Network for Human Rights Information. Secondo tale rapporto il numero di denunce sarebbe di quattro volte maggiore rispetto all’era Mubarak e ventiquattro volte più grande rispetto a quella di Sadat. Considerando che Mubarak è rimasto al potere per trent’anni, Sadat per undici anni e Morsy soltanto per un anno, i numeri parlano chiaro. Durante l’anno di governo Morsy si è inoltre verificato il primo pogrom della storia d’Egitto nei confronti degli sciiti e una serie di attacchi contro i cristiani copti che hanno trascinato la popolazione nel terrore.

E’ plausibile che a Washington non fossero al corrente della reale identità del loro nuovo interlocutore politico? Difficile crederlo, così come risulta difficile che a Londra non sapessero di cosa realmente si occupasse l’organizzazione dei Fratelli Musulmani, come affermato nel 2014 dall’allora Primo Ministro, David Cameron, che ordinò anche un’indagine per capire se la Fratellanza fosse veramente estremista. L’anno prima, precisamente il 17 maggio (2013), Cameron aveva ricevuto a Londra il portavoce dei Fratelli Musulmani egiziani, Gehad el-Hadad, rinnovando il sostegno a quel governo Morsy che verrà poi rovesciato due mesi dopo da una rivolta popolare sostenuta dall’esercito. Londra era del resto nota all’epoca come la capitale europea della Fratellanza.


Quei nomi che spuntano nella mail della Clinton

Nelle mail dello staff della Clinton presso il Dipartimento di Stato emergono una serie di nomi sui quali è bene soffermarsi, a partire da quelli inseriti in una corrispondenza che fa riferimento a un viaggio in Qatar dell’ex Segretario di Stato per incontrare i vertici di al-Jaazera e l’ex Primo Ministro qatariota Hamad bin Jassim Al Thani. Con la Clinton viaggiavano infatti Kitty Di Martino (Chief of Staff for Public Diplomacy and Public Affairs), Mark Davidson (diplomatico con 28 anni di esperienza presso il Dipartimento di Stato ed ora in Giappone dove lavora nel settore privato), Eric Schoennauer (all’epoca senior communications advisor presso il Dipartimento di Stato) e Joe Mellot (Foreign Service Officer).

Andando più a fondo, sono emersi dettagli interessanti sugli ultimi due nominativi: Eric Schoennauer, all’epoca responsabile per la pianificazione e lo sviluppo della strategia comunicativa e per la collaborazione col Dipartimento della Difesa, laureatosi a West Point, prima di accedere al Dipartimento di Stato ha servito nel 3rd US Infantry Regiment e dal febbraio del 1998 al giugno 2003 (con incarico in Iraq nel settore informativo militare) presso lo US Army Special Operation Command dove ha operato nel 3rd Special Forces Group e nel 6th Psychological Operations Battalion, quello che si occupa delle operazioni psicologiche, con tanto di servizio nei Balcani e in America Centrale. L’anno successivo al viaggio della Clinton a Doha, Schoennauer ricomparirà a Bagram, Afghanistan, come Information Coordinations Operator. Joe Mellott verrà invece in seguito assegnato all’ambasciata statunitense in Libia in qualità di Public Affairs Officer e alla Nato come Executive Officer per l’ambasciatore Usa.

Un altro nominativo che compare nel programma del viaggio della Clinton a Doha nel 2010 è quello di Dana Shell Smith, all’epoca in servizio presso il Media Regional Hub di Dubai. Nel luglio del 2014 la Smith veniva nominata ambasciatrice Usa in Qatar e nell’aprile del 2015 scriveva un articolo per il “Council of American Ambassadors” dove elogiava gli sforzi di Doha nel contrastare Gheddafi e Bashar al-Assad, nel lavorare con “l’opposizione siriana” e a favore della “transizione democratica in Egitto”. Come se non bastasse, la Smith lodava il sostegno a ciò che lei definisce “opposizione islamica moderata…in Egitto, Tunisia, Libia e territori palestinesi”. Quanto l’Fjp di Morsy in Egitto sia risultato “moderato” lo si è visto, tant’è che il governo islamista “democraticamente eletto” si è trasformato in un regime ed è crollato dopo appena un anno. In Libia la “moderazione” dei gruppi islamisti è ancora oggi sotto gli occhi di tutti, mentre nei territori palestinesi la cosiddetta “opposizione islamica” ha un solo nome, Hamas, gruppo nella lista nera delle organizzazioni terroristiche di Ue, Usa e Israele. Possibile che la Smith non si fosse resa conto dei danni fatti dalla cosiddetta “opposizione moderata islamica” in Egitto, Siria, territori palestinesi e Libia?

Durante il viaggio a Doha, la Clinton e il suo staff si incontrarono con i vertici di al-Jazeera, tra cui il direttore Wadah Khanfar; l’emittente televisiva qatariota è ben nota per aver propagandisticamente sostenuto i gruppi islamisti attivi in Siria ed Egitto. E’ bene ricordare che il leader spirituale dei Fratelli Musulmani, Yusuf Qaradawi, aveva invocato il jihad in Siria e contro l’esecutivo al-Sisi in Egitto proprio da Doha, dove faceva base.

Altri due nominativi che spuntano poi in relazione alla Smith sono quelli di Ben Rhodes e Jake Sullivan, sempre in relazione ai rapporti tra Usa, Qatar e Fratelli Musulmani, come già illustrato dal Jerusalem Post. Il primo ha operato per l’amministrazione Obama come National Security Advisor for Strategic Communicatuions ed ha svolto un ruolo di primo piano nei negoziati segreti per la normalizzazione dei rapporti con Cuba, interfacciandosi direttamente col figlio di Raul Castro, Alejandro. Un piano non molto gradito all’opposizione cubana della Florida.

Diverse fonti indicano inoltre a Rhodes come autore del discorso tenuto da Obama il 4 giugno 2009 al Cairo e denominato “Un nuovo inizio”, col quale Washington ha di fatto aperto le porte ai Fratelli Musulmani in Egitto e persino come colui che avrebbe consigliato a Obama di ritirare il sostegno a Mubarak. Il nome di Jake Sullivan compare invece in relazione ai negoziati segreti tenuti dall’Amministrazione Obama con il regime iraniano (almeno cinque gli incontri ai quali veniva segnalata la sua presenza) in relazione al programma nucleare ed ha anche svolto un ruolo di primo piano nella campagna di Hillary Clinton alle elezioni presidenziali del 2016, poi vinte da Donald Trump.

Cosa potrebbe succedere alla politica estera statunitense e in particolare a quella diretta in Medio Oriente in caso di vittoria di Biden? Il candidato Dem ha recentemente affermato che in caso di vittoria toglierà il sostegno ad al-Sisi, definito “il dittatore preferito da Trump” e con tanto di tweet. Una mossa che aprirebbe nuovamente le porte agli islamisti radicali. E’ plausibile un cambio di linea del genere? Certamente, come evidenziato da Nahal Toosi, in quanto nonostante l’elevato numero di consiglieri per la politica estera e la sicurezza, Biden punta a fare affidamento esclusivamente su una ventina di esperti con lungo curriculum e parecchi dei quali già operativi durante gli otto anni di amministrazione Obama. In poche parole, una vittoria di Biden potrebbe risultare disastrosa per la stabilità del Medio Oriente, come già successo con quelle cosiddette “Primavere Arabe” che di primaverile hanno mostrato poco o nulla.



Pubblicate le email della Clinton: fomentò gli islamisti
Souad Sbai
18 ottobre 2020

https://lanuovabq.it/it/pubblicate-le-e ... -islamisti

È di questi giorni la pubblicazione di oltre 35mila email di Hillary Clinton quando era segretario di Stato: emerge la sua mano dietro la "Primavera Araba", la sua corrispondenza con i Fratelli Musulmani, la sua partnership con il Qatar e il ruolo di Al Jazeera, insieme a intermediari e faccendieri, incaricati di operazioni finanziarie e di tenere i contatti con gruppi armati in Siria e Libia.

Hillary Clinton torna a far parlare (male) di sé. È di questi giorni infatti la pubblicazione di oltre 35 mila messaggi classificati che l’ex first lady ha inviato e ricevuto impropriamente attraverso il proprio indirizzo di posta elettronica privato quando ricopriva l’incarico di segretario di stato. Per portare avanti i suoi giochi pericolosi in Medio Oriente e Nord Africa, non si fidava della sicurezza del server del dipartimento che lei stessa dirigeva durante l’amministrazione Obama. Eccola dunque preferire l’email personale, da cui muovere i fili degli sconvolgimenti che hanno attraversato la regione a partire dal 2011.

“Primavera Araba” l‘hanno chiamata. Le rivolte in Egitto, Libia e Siria avevano dato a molti la speranza, rivelatasi poi un’illusione, di un futuro migliore, più libero, prospero e all’insegna dei diritti umani. I tanti manifestanti erano però ignari delle trame sottostanti e che queste fossero riconducibili alla “tastiera” di Hillary Clinton, decisa come solo lei poteva essere a auto-incoronarsi “regina” di un mondo arabo appaltato al fondamentalismo dei Fratelli Musulmani, con il sostegno del Qatar (la Turchia di Erdogan manteneva un profilo più basso in quel momento, per scelta tattica).

Nulla di nuovo sotto il cielo grigio di questi giorni. Già sapevamo degli intrighi di Hillary a favore dell’islam politico, una predilezione che il PD americano condivide con il suo omologo italiano. Nel 2016, ai tempi della campagna elettorale per la Casa Bianca contro Donald Trump, l’FBI si era rifiutato di aprire un’inchiesta, ma la storia ha già emesso la sua sentenza di condanna.

La pubblicazione dei 35 mila messaggi è avvenuta dopo 4 anni di attesa e altre migliaia saranno presto divulgati. Si tratta di materiale di assoluto valore storiografico, fondamentale per una ricostruzione fattuale degli eventi. Indiscrezioni e “leaks” avevano fornito interessanti anticipazioni, da cui sono emerse chiaramente le responsabilità di Hillary e dello stesso Obama nella tragica uccisione dell’ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens. Sapevamo già inoltre delle relazioni di collaborazione dell’allora segretario di stato con militanti islamisti, dal recente passato nei ranghi di Al Qaeda (si veda, sempre per quanto concerne la Libia, il caso di Abdul Hakman Bel-Haj, oggi “ospite” in Turchia).

L’enorme massa di email pubblicata, ironicamente proprio sul sito del dipartimento di Stato, consente di esaminare nel dettaglio l’intero orizzonte all’interno del quale Hillary operava, occupandosi dei vari dossier. Così, ad emergere con dovizia di particolari è la sua corrispondenza con i leader dei Fratelli Musulmani egiziani, che l’aggiornavano sugli sviluppi della situazione interna dopo la caduta di Hosni Mubarak, lamentandosi delle tendenze accentratrici di Mohamed Morsi. Viene poi gettata luce sulla stretta partnership con il Qatar, nella quale un ruolo di primo piano veniva immancabilmente svolto da Al Jazeera, insieme a numerosi intermediari e faccendieri, incaricati di operazioni finanziarie dalle grandi proporzioni, come di tenere i contatti con gruppi armati (e terroristici?) in Siria e Libia.

Che dire? Il reprobo per i benpensanti di sinistra resta sempre e solo Donald Trump, contro il quale tutto è lecito, anche la costruzione di dossier falsi con le relative guerre mediatico-giudiziarie su di essi basate. La realtà “nera” del PD americano scompare e anzi il dito viene puntato sull’attuale segretario di stato, Michael Pompeo, accusato di aver fatto in modo che i messaggi venissero divulgati nel momento clou della campagna elettorale per danneggiare Joe Biden, il rivale di Trump nella corsa alla rielezione.

Del calcolo politico è certamente presente in questa “mossa” dell’amministrazione Trump, ma non è onesto intellettualmente gridare allo scandalo visti i precedenti imputabili ai democratici. Si tratta inoltre di “fatti” e non d’illazioni, ed è forse proprio questo a scatenare ancor di più la rabbia della sinistra americana, coadiuvata dai media islamisti dei Fratelli Musulmani, sponsorizzati da Qatar e Turchia.

Non sappiamo con certezza che orientamento di politica estera Biden assumerebbe una volta alla Casa Bianca. Secondo alcuni, si intenderebbe discostarsi dall’orientamento filo-islamista di Obama e Clinton (si veda anche il caso dell’Iran khomeinista), ma potrebbe trattarsi di una rassicurazione estemporanea e ingannevole. Perché il mondo del PD americano, compresi i suoi potenti media e i suoi numerosi “esperti” di affari mediorientali, è pressoché completamente permeato da sostenitori e simpatizzanti dei Fratelli Musulmani.
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Re: Fradełansa muxlim - Fratellanza mussulmana

Messaggioda Berto » mer gen 20, 2021 9:07 pm

PRIMAVERE ARABE UN INGANNO TRASFORMATOSI IN TRAGEDIA
Gian Micalessin
15 dicembre 2020

https://www.occhisulmondo.info/2020/12/ ... -tragedia/


Non erano rivolte figlie della voglia di libertà e democrazia dei giovani arabi e musulmani, ma insurrezioni islamiste pagate dal Qatar e garantite dal beneplacito di un’amministrazione Obama pronta a puntare sulla Fratellanza Musulmana per tornare a contare in Medio Oriente.

Dieci anni dopo l’unica vera eredita sono il caos di intere nazioni e le centinaia di migliaia di morti. Mentre l’Europa continua a fare i conti con la minaccia del terrorismo e la pressione dei migranti.

Le hanno chiamate “primavere arabe”, ma sono state uno dei più grandi inganni della storia. Cominciarono con un morto e una fiaba. Dieci anni dopo la fiaba si è dissolta. Al suo posto rimangono la tragedia del terrorismo e di centinaia di migliaia di vite sprecate, il dramma di milioni di profughi dimenticati e di intere nazioni precipitate nel caos.

Inizia tutto nella cittadina di Sidi Bouzid, 270 chilometri a sud di Tunisi. Lì, la mattina del 17 dicembre, si consuma la vita del 26enne Mohammed Bouazizi. Dietro quella morte non c’è nulla di politico, nulla di religioso. Solo la banalità di una multa inflitta per l’ennesima volta ad un disperato venditore ambulante privo di licenza. Ma quella multa in breve accende un rogo. Mohammed Bouazizi disperato per l’accanimento delle guardie comunali si cosparge di benzina, si da fuoco davanti al municipio. Non muore subito. Da lì al 4 gennaio la sua agonia accompagnata da manifestazione e proteste raggiunge Tunisi.

Ad documentarla passo dopo passo, ci pensano le telecamere di Al Jazeera, la tv dell’emiro del Qatar. Ma del ruolo giocato dai notiziari di un’emittente presente, sin dalla fine degli anni 90, in ogni casa del mondo arabo e musulmano nessuno parla. Molto meglio la sdolcinata fiaba di una gioventù araba e musulmana affamata di democrazia e prontissima a cercarla su Facebook e Twitter. Ma dimenticare Al Jazeera serve soprattutto a celare il ruolo di una Fratellanza Musulmana e sponsorizzata dal Qatar impegnata, in quei giorni, a spostare dimostrazioni e proteste dalla periferica Sidi Bouzid alla capitale Tunisi. I suoi leader come l’egiziano Yusuf Al Qaradawi famoso per auspicare la conquista musulmana di Roma, vivono e predicano dall’esilio di Doha. Da lì incoraggiano i militanti tunisini ad agitare le piazze a trasformare Tunisi in un’immensa platea di rabbia. Fino a quando al dittatore Ben Ali, al potere da 34 anni non resta altro che la fuga.

Ma i soldi del Qatar, la forza comunicativa di Al Jazeera e l’organizzazione della Fratellanza poco potrebbero senza l’appoggio dell’amministrazione Obama. Washington, dopo aver assistito senza muovere un dito alla caduta di due alleati come Ben Ali e Hosni Mubarak, interverrà direttamente per favorire la caduta di Muhammar Gheddafi e tentare la cacciata Bashar Assad. Anche qui i soldi del Qatar giocano un ruolo fondamentale. Come si scoprirà nel 2014 quando verranno alla luce i finanziamenti garantiti da Doha la Brooking Institution, uno dei più influenti think tank democratici lavora con l’emirato sin dall’indomani dell’11 settembre e affida le principali analisi sul medioriente alla sua sede di Doha.

Quelle analisi suggeriscono di puntare sulla Fratellanza Musulmana per garantire agli Stati Uniti il consenso e la fiducia perse dopo l’invasione dell’Iraq. Ma il suggerimento sorvola sull’incompatibilità tra democrazia e legge del Corano. Un incompatibilità stridente visto che la “sharia” è per la Fratellanza l’unica legge in grado di regolare società e Stato. Un dettaglio ignorato non solo da Washington, ma anche dalla maggior parte dei giornalisti che documentano sorpresi e ammirati le rivolte capaci di far cadere Ben Alì e di contagiare, subito dopo, Egitto, Libia e Siria. In tutte quelle sollevazioni il principale ostacolo al presunto cammino verso democrazia e libertà auspicato da Washington è proprio la presenza dei militanti fondamentalisti pronti, da Tunisi a Tripoli, dal Cairo a Damasco a riempire le piazze al grido di Allah Akbar “Allah è grande”.
Un grido che solo pochi mesi dopo accompagnerà migliaia di sgozzamenti e decapitazioni rituali e seminerà il terrore dalla Siria al Sinai.

Oggi a dieci anni di distanza la Tunisia è l’unica protagonista delle primavere arabe risparmiata dal caos e dall’abisso fondamentalista. Ma ben 4mila dei giovani tunisini dipinti dalle cronache dell’epoca come assetati di libertà e democrazia hanno scelto poi di combattere e morire nel nome del Califfato. E ancora oggi le cellule di matrice tunisina sono una delle componenti nazionali più numerose all’interno dello Stato Islamico e rappresentano una minaccia costante per il paese. Un paese minato anche dallo scontro tra Ennahda, il partito della Fratellanza Musulmana, guidato dal presidente del Parlamento Rached Ghannouchi e le altre forze istituzionali furiose per l’influenza che Qatar, e oggi anche la Turchia, continuano ad esercitare attraverso la formazione fondamentalista.

Comunque meglio la Tunisia che altri paesi dove le illusioni di democrazia e libertà accese dalle “primavere arabe” si sono trasformate in tragedie. L’Egitto dove il ricercatore italiano Giulio Regeni è morto seviziato da un gruppo di agenti sei servizi segreti è, in fondo, figlio di quelle illusioni e dello scontro tra islamisti e militari generato dall’ascesa al potere dei Fratelli Musulmani. Per non parlare del caos in cui è precipitata la Libia dopo la caduta e l’uccisione di Gheddafi ottenute grazie all’intervento militare della Nato. O degli orrori disseminati da uno Stato Islamico cresciuto grazie anche agli appoggi garantiti dall’amministrazione Obama e da paesi come Francia e Gran Bretagna all’insurrezione islamista in Siria. Illusioni ed errori terribili di cui, a dieci anni di distanza, non siamo ancora in grado di quantificare il costo in termini di distruzione e di vite umane. Errori che ci costringono a fare i conti sul versante turco con le ondate di profughi generate dal confine siriano e sul versante libico con quelli provenienti da continente africano. Il tutto mentre il terrorismo islamista continua, nonostante la sconfitta dell’Isis, a tenere sotto scacco l’Europa.

E così l’unica vera eredità delle primavere arabe resta quella promessaci da Muhammar Gheddafi pochi mesi prima di venir deposto e ucciso. “Ora ascoltate popoli della Nato – scrisse il Colonnello in una lettera pubblicata l’11 maggio dal quotidiano russo Zavtra – state bombardando il muro che fermava i migranti africani e i terroristi di Al Qaida. Quel muro si chiama Libia e voi lo state distruggendo. Siete degli idioti e brucerete all’inferno”. Dieci anni dopo quella di Gheddafi resta l’unica amara verità sopravvissuta al miraggio delle primavere arabe.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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