Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » gio mar 03, 2016 10:15 am

Carlo Panella: «Islam di pace? Un’illusione»
01 marzo 2016

http://ilpiccolo.gelocal.it/tempo-liber ... 1.13050816

PORDENONE. La ricchezza di un Festival per nulla banale come Dedica, si rivela nella ricchezza degli ospiti chiamati a contribuire al dialogo che esso innesca. L'argomento sul tavolo di discussione è tutt'altro che semplice: mondo islamico versus cultura occidentale; violenza terroristica versus tolleranza e integrazione. Una questione che ci trova tutti indistintamente poco prepararti, ma pressati da un'urgenza di conoscenza e aggiornamento che chiama in causa la nostra stessa vita. Voce autorevole in questo universo è il giornalista de “Il Foglio” Carlo Panella, pubblicato di recente con “Il libro nero del Califfato”, acclamato ieri sera a Pordenone all'incontro “Islam diviso:la guerra di religione tra sciiti e sunniti”.

Reporter dal Medioriente, opinionista e autorevole studioso del mondo musulmano da 30 anni, osservatore fra i più accreditati del fenomeno della diffusione del fondamentalismo islamico e delle sue conseguenze geopolitiche, Panella si sta spendendo per il raggiungimento di un'intesa tra governo e mondo musulmano islamico che lui reputa indispensabile, ravvisando però nel «timore di interconnessione con i processi elettorali, l'ostacolo al momento insuperabile per arrivare a regolamentare le moschee e la formazione degli Imam. La confederazione islamica italiana è pronta ad agire in favore dell'accordo, che però non prende avvio per il timore di interferenza con il consenso elettorale».

Lei ravvede nell'inasprimento della guerra islamica contro l'occidente un'interpretazione strumentale del Corano?

«Tra le principali religioni monoteistiche diffuse, l'Islam è l'unica che non concede interpretazioni. Corano significa “recitare” e riporta la parola di dio quale legge da applicare alla lettera. Dal XII secolo in poi, il pensiero dominante nell'Islam di un'esegesi aristotelica del Corano è stato bandito insieme allo studio delle scienze, decretando l'assoluta onnipotenza di dio e del suo pensiero anche di fronte alle leggi di natura. Questa è stata la vera damnatio del mondo islamico. I musulmani barano quando definiscono la loro una religione “di pace”, poiché quando citano la Sura 5 versetto 32 “Chi uccide una persona è come se avesse ucciso l'intera umanità...” omettono la sua continuazione “La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi”, non a caso recitata prima di ogni esecuzione dei tagliagole dell'Isis».

La guerra al terrorismo islamico si combatte con l'integrazione e col minimizzare gli allarmismi?

«È idiota ignorare il reale pericolo che gli islamici rappresentano, come trovo pericolosamente infantile superarne la paura. È un dato di fatto che ci siano decine di migliaia di jiadisti che ci vogliono ammazzare e che abbiano dichiarato apertamente una guerra di civiltà non passibile di trattativa, a cui dobbiamo rispondere in modo difensivo e violento. Innanzitutto chiariamo che non stiamo parlando di terroristi: è solipsistica l'analisi occidentale secondo la quale essi vogliano diffondere il terrore. La loro è semplice applicazione della sharia, che mirano ad imporre anche in Europa colpendo la blasfemia attraverso quell'ideologia di morte e martirio che Umberto Eco definì “paranazista”. L'Occidente deve difendersi e appoggiare l'Islam religioso riformista e anti jihadista, sul modello marocchino».

Crede nell'idea di un Islam “religione di pace”?

«L'Islam è stato fondato da un profeta guerriero e di certo ha in sé la logica di una guerra di religione. Il problema è che esso non ha ancora attraversato una riforma religiosa e finché non la attraverserà, non potremo sperare in un interlocutore valido. Finché all'interno del nucleo principale della società - che è la famiglia - si sosterrà il ruolo indiscusso dell'uomo violento sulla donna, lo jihadismo non tramonterà mai».

Le ultime battute le riserviamo al caso Giulio Regeni. «È evidente che non si può mandare uno studente universitario a condurre ricerche in un Paese in cui pendono più di 1000 condanne a morte già pronunciate per gli oppositori, in cui agiscono squadre della morte, in cui i desaparecidos denunciati dalle organizzazioni umanitarie sono ben più di 200. Nel panorama di una guerra di religione radicale e complessa come questa, non si può fare ricerca scientifica se non sottoponendosi a pericoli. E la responsabilità morale della morte di Regeni è di quei tutor che, invece di “tutelarlo”, lo hanno sottoposto a pericoli gravissimi e non giustificabili sotto nessun profilo»
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » gio mar 03, 2016 10:16 am

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Non è l'ISLAM il nemico da battere ma l'ingiustizia
FRANCO CARDINI
2 marzo 2016

http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/N ... izia-.aspx

Per non cedere al ricatto della sicurezza
C’è chi pensa che il califfato sia alle porte e su Roma sventolerà la bandiera nera degli integralisti. Da anni la nostra paura e i nostri sensi di colpa trovano nell’islam la loro causa prima. Ma davvero siamo condannati, musulmani e occidentali, tutti e senza distinzioni, a combatterci senza mai comprenderci? L’islam è una minaccia, dicono o pensano oggi in molti. Ma è verosimile che un miliardo e mezzo di persone voglia assoggettare cinque miliardi e mezzo di altri esseri umani? A questa vulgata si oppone il ragionamento dello storico Franco Cardini nel suo nuovo libro, in uscita domani in libreria per Laterza («“L’islam è una minaccia”. Falso!»). Anticipiamo dal volume alcuni stralci della premessa di Cardini, che spiega perché il vero nemico di tutti è la grande ingiustizia che domina il pianeta, denunciata anche da papa Francesco nell’enciclica «Laudatio

Siamo in guerra, si stanno ripetendo in molti: e quindi, à la guerre comme à la guerre . Ma attenti perché, tanto per continuar con le espressioni francesi, quella contro l’islamismo – che non è la fede islamica, bensì la sua tragica caricatura in termini ideologici, un “ismo” (al pari del fascismo o del comunismo) che tratta Dio e la religione come pretesti per una politica di potenza – è sul serio una drôle de guerre , che qui in Europa va combattuta con gli strumenti e le risorse dell’antiterrorismo, l’intelligence anzitutto, mentre nel Vicino Oriente vuol vederci, per forza di cose, sul terreno in quanto là, a differenza di qua, il nemico adesso rappresentato dall’Is (Daesh) vanta una sovranità territoriale de facto che gli va strappata: il califfo al-Baghdadi è un brigante che si comporta come se fosse un capo di Stato e i suoi seguaci gli vanno sottratti uno ad uno o battendoli sul campo o convincendoli ad abbandonare la sua causa e a passare alla nostra. Perché questa è una guerra anche, anzi soprattutto, ideologica, contro mujahiddin (combattenti del jihad , dello “sforzo sulla via gradita a Dio”) e foreign fighters (uomini o magari anche donne, spesso giovani, che all’opulento vuoto di valori offerto loro dall’Occidente, cui hanno voltato le spalle, hanno preferito il fiammeggiante e sanguigno orizzonte del paradiso all’ombra delle spade).

Una guerra dove non basta vincere, bensì occorre anche e soprattutto convincere. Siamo davvero in guerra? Ma allora è indispensabile cominciar col capire bene chi è il nemico e chi sono invece gli alleati; e se tutti gli alleati sono davvero tali, e se tali sono tra loro o fanno in qualche misura il doppio gioco. E allora attenzione. Qui da noi, che cosa vuole il califfo che ci fa colpire dagli attentati terroristici? Egli vuol costringerci ad abbandonare il ritmo della nostra usuale vita civile, a vivere come talpe in un sistema di “sicurezza” cioè di paura continua, a perder la testa per lo sgomento o per la rabbia fino a commettere gesti inconsulti: che magari si traducano in atti di guerra insensati, in una tempesta di fuoco che ci abbatta sull’area conquistata dall’Is (Daesh) e che, più che i suoi guerriglieri, stermini quegli innocenti iracheni e siriani che il califfo-brigante tiene praticamente come ostaggi, che magari non lo amano affatto ma che finiranno con il preferirlo ai “liberatori” occidentali se questi ultimi colpiranno alla cieca ammazzando più loro che non i miliziani, i politischen Soldaten di al-Baghdadi. Il quale di una cosa ha soprattutto bisogno: di shuhadà , di “martiri della fede” che dimostrino a tutto l’islam sunnita in via di proletarizzazione del mondo che lui e solo lui è il rappre sentante supremo della fede.

Per affermare davvero quel che dice di essere, il “comandante dei credenti”, il califfo deve farci paura a casa nostra fino a indurci a perdere la testa e a rinunziare al nostro ordinario way of life e magari agli stessi valori in cui crediamo, cedendo la nostra libertà in cambio di uno straccio d’illusoria sicurezza in più; e a combatterlo sul suo terreno, sull’area che ancora controlla nel Vicino Oriente, ripetendo gli errori che già abbiamo commesso in Afghanistan e in Iraq e alienandoci le popolazioni delle quali ha più o meno il controllo ma sulle quali non esercita affatto un ampio e profondo consenso.

Nella sua trappola è pesantemente caduto dopo la strage parigina di novembre il presidente francese François Hollande, con la sua proclamazione dello “stato d’emergenza” che ha obbedito al diktat terroristico sconvolgendo la vita civile dei francesi e ha adempito ai voti califfali con la tanto poco efficace quanto inconsulta risposta militare dei raids vendicatori su Raqqa, i quali a suo dire non avrebbero fatto vittime civili mentre hanno invece regalato al califfo la simpatia dei familiari di esse ai quali il tiranno islamista avrà finito col sembrare migliore del democratico sterminatore alla cieca.

Va detto, d’altronde, che i raids russi di qualche settimana prima, per quanto indirizzati a un territorio siriano, previo, però, accordo con il legittimo governo della regione, avevano a loro volta fatto centinaia di vittime civili. E stiamo in campana. Lo Stato-fantoccio califfale, questa barbarie senza legge (soprattutto priva di legge divina, anche di quella concepita alla luce del diritto islamico), lo batteremo. Non so quando, non so a quale prezzo: ma lo batteremo, e presto per giunta. Solo che non sarà finita. Non finirà così. Siamo ormai entrati in un tunnel dal quale non emergeremo troppo presto perché il ventre che ha partorito l’orrore del fanatismo terrorista è ancora pregno, erutterà altri mostri e poi altri ancora. La radice dei mali del mondo attuale, di questo lungo e tumultuoso momento di passaggio – a dirla conZygmunt Bauman – dalla “Modernità solida” con le sue granitiche, brutali certezze fondate sulla forza e sul profitto, alla “Modernità liquida” con le sue incertezze e la sua febbrile ricerca di un nuovo equilibrio, è la profonda ingiustizia nella quale l’umanità sta affondando, l’abissale sperequazione che la domina e che ormai l’informazione globalizzata sta rendendo nota a tutti nella sua insensata insostenibilità.

È il mondo delle oscene, insopportabili disuguaglianze lucidamente denunziate nell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, la Mater terribilis, ancora e sempre mostruosamente feconda, dei mostri che stiamo affrontando e che dovremo nell’immediato futuro affrontare. Non è l’islam che ci minaccia, nonostante l’indubbia componente guerriera e perfino violenta della sua cultura che è però, appunto, una componente. E nemmeno il suo perfido e ridicolo succedaneo ch’è l’islamismo. È contro l’ingiusto assetto del mondo, contro l’assurdo squilibrio di un’umanità divisa fra pochissimi troppo ricchi e una sterminata moltitudine di troppo poveri, che è necessario volgerci. Quello è il nemico da battere.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » gio mar 31, 2016 3:26 pm

La mia esperienza nell'Isis spiegata a mio figlio
di Gloria Riva
21 marzo 2016

http://d.repubblica.it/attualita/2016/0 ... /?ref=fbpr


Quando si parla di Europei, soprattutto donne, che si uniscono al Califfato lo stupore, l'incomprensione, regnano sovrani. A questo corto circuito culturale e morale ha provato a rispondere Sophie Kasiki, francese di 34 anni, con il libro “Fuggita dall'Isis”. Non si tratta di un'analisi a tavolino ma di un racconto di vita vissuta perché Sophie, forse troppo ingenuamente com'è capitato a molte ragazze, al Califfato ha dedicato alcuni mesi della sua vita. Sophie ha deciso di unirsi allo Stato Islamico e partire per Raqqa, in Siria, portando con sé il figlio di soli 4 anni: non per "fare la guerra" ma convinta di andare a lavorare nel reparto maternità di un ospedale.
Spaventata dall'orrore che ha toccato con mano, dopo mesi difficili riesce finalmente a scappare e, tornata in Francia, assume una nuova identità (Sophie, non è il suo vero nome) per proteggere lei stessa e la sua famiglia dall'incubo dell'Isis.
La sua storia, raccontata nel libro “Fuggita dall'Isis” edito da Tre60, è diventata un caso internazionale, soprattutto perché non sono molte le donne - sono 220 le francesi che si sono unite al Califfato - che sono riuscite a tornare indietro dall'inferno.
D.it l'ha intervistata per chiederle, prima di tutto, come è riuscita a spiegare a un figlio le ragioni della sua scelta, e soprattutto di alcuni atti di violenza che il bambino si è trovato a vivere in prima persona.

Perché se una volta "il cattivo" era alla peggio un disegno a pastello su un libro illustrato - L'uomo nero, il lupo cattivo, Barbablù - adesso è tutto diverso. La paura dei bambini si concretizza in uomini armati che sparano all'impazzata, squarciando la notte di Parigi (13 novembre 2015), di Ankara, di Istanbul, lasciando a terra ragazzi innocenti. Ne sentono parlare alla tv, li vedono sui social network e su YouTube e capiscono subito che quelli non sono cartoni animati, sono cattivi in carne e ossa. In una famiglia dove circolano giornali, è un attimo che lo sguardo di un bambino cada sulle parole Califfato, Jihad, Terrorismo, Burqa. L'attimo dopo, ecco la spinosa domanda: «Mamma, cos'è la Jihad e perché quei bambini giocano alla guerra dei grandi?».

Il figlio di Sophie, poi, in questa guerra ci si è trovato dentro. Senza saperlo. Sophie, come parla a suo figlio di quel buio periodo, durato da febbraio a novembre 2015? «È una questione molto delicata, evito di introdurre l'argomento, di parlare di quei giorni così orribili se non è lui a chiederlo. Mio figlio, che ha compiuto cinque anni da pochissimo, non ha ancora fatto domande specifiche su quell'esperienza. Forse perché quando eravamo in Siria ho fatto il possibile per proteggerlo e nascondere a lui tutto il male che ho visto laggiù, ma non è stato possibile tenerlo totalmente al riparo da quelle violenze».

Quindi, suo figlio si è reso conto di quanto stava succedendo? «Eccome. A Parigi facevo l'assistente sociale in una banlieue ed ero entrata in contatto via Skype con tre ragazzi che erano partiti per la Siria, dei ventenni che avevano deciso di unirsi all'Isis. Volevo convincerli a tornare, invece sono stati loro a persuadermi ad andare laggiù, con la scusa di lavorare nel reparto maternità di un ospedale. Mio figlio aveva già conosciuto quei ragazzi a Parigi ed erano molto gentili con lui, ci giocava spesso. Quando li ha rincontrati in Siria, inizialmente, mio figlio ha continuato a giocare con loro, ritenendoli amici. Poi, quando ho manifestato apertamente il desiderio di tornare a casa, il loro atteggiamento è diventato aggressivo nei miei confronti, mi hanno portato via il telefonino e isolato. Da lì, mio figlio ha capito che quelle persone erano malvagie e ha smesso di giocare con loro, ha cominciato ad avere paura».

Cos'ha raccontato a suo figlio di quegli uomini? «Nonostante fossimo tornati a Parigi, continuava a essere spaventato da quegli uomini, temeva potessero tornare, e così ho pensato fosse meglio raccontargli che quelle persone non esistono più, scomparse, morte e non sarebbero mai più tornate, non gli avrebbero mai fatto del male».

Gli ha dovuto spiegare altro? «Quando siamo fuggiti dalla prigione in cui ci avevano rinchiuso ha cominciato a essere molto turbato, non capiva cosa stesse succedendo, dove stessimo andando. Gli ho chiesto di essere coraggioso, perché avremmo intrapreso un viaggio per tornare a casa, da papà e dai nonni. E lui ha capito».

Suo figlio le ha mai fatto domande su quello che accadeva laggiù? «Durante tutto il periodo vissuto a Raqqa ho fatto il possibile per creare intorno a lui delle abitudini e una cintura di protezione. Il giro al parco, i giocattoli, il suo tablet per vedere i cartoni animati non sono mai mancati. Era molto piccolo, quasi non parlava e forse è per questo che non mi ha domandato come mai le donne erano bardate dalla testa ai piedi, perché soffrissero così tanto, perché i bambini, poco più grandi di lui, giocassero alla guerra. Ma forse un giorno me lo chiederà».

E a quel punto cosa gli racconterà? «Gli dirò che ci sono delle persone, cattive e pericolose, che non hanno alcun rispetto per la vita degli altri esseri umani e che considerano le donne come degli oggetti e che tutto questo è male. Che ci sono donne costrette a vivere una vita da schiave, per colpa di queste persone malvagie che pretendono di imporre le loro idee agli altri. Gli dirò che queste cattive persone hanno spinto i bambini a fare la guerra, mettendogli fra le braccia un fucile, e che anche questo è sbagliato. Perché quando si è bambini non si può fare la guerra dei grandi. Gli dirò che nella vita la cosa più importante è imparare a rispettare il prossimo».

Qual è la reazione di suo figlio quando oggi incontra una donna velata? «Spesso le vede per le strade di Parigi, ma un velo che copre il capo è ben diverso da un burqa. Non credo che ci trovi alcuna somiglianza».

Qual è la cosa più difficile che dovrà spiegargli? «Il perché l'ho portato in quell'inferno. Prima o poi dovrò raccontargli perché la sua mamma l'ha preso e l'ha portato a Raqqa. Ho deciso di non nascondergli la verità, perché sono convinta che un bambino abbia gli strumenti per capire e il diritto di sapere. Proverò a spiegargli che mi trovavo in un momento difficile, che mi sono fatta ingannare da quei ragazzi che mi hanno convinta a raggiungerli in Siria. Gli dirò cosa mi è passato per la testa in quel momento e spero che lui possa perdonarmi».

Sophie, lei è nata con un'educazione cristiana. Poi si è convertita all'Islam, ma dopo quell'esperienza tremenda ha scelto di non essere più musulmana. E suo figlio? «È stato battezzato quando era un bebè, ma abbiamo deciso che sceglierà da solo, quando sarà grande, se vorrà coltivare una religione. Io non farò nulla per influenzarlo, ma sicuramente gli spiegherò che la religione è una questione personale, che non c'è bisogno di professare a tutti e a tutto il mondo quale sia il proprio credo, perché si tratta di una questione privata, personale. E gli dirò anche che dovrà accettare e rispettare chi avrà una fede diversa dalla sua o non l'avrà affatto».

Se suo figlio dovesse chiederle se i jihadisi possano arrivare fino a Parigi a portare terrore e guerra anche lì, cosa risponderà? «Gli dirò che le persone cattive sono ovunque nel mondo e che dobbiamo lottare contro le loro idee. Che non dobbiamo lasciarci spaventare, perché nel mondo ci sono anche tantissime persone buone e dobbiamo fare fronte comune contro la pericolosità delle persone malvagie».

Ha conosciuto delle donne siriane? Come spiegavano ai loro figli quello che stava accadendo? «Quelle donne erano così impaurite che non avevano neppure la voce per raccontare ai loro figli quello che stava succedendo. Penso che in cuor loro avessero un immenso senso di colpa per averli messi al mondo, in quel mondo così osceno e senza prospettive. Restavano mute di fronte allo straniero che prendeva i loro figli e li portava via per arruolarli, per insegnargli a fare la guerra. E cosa avrebbero mai potuto dire? Spero solo che un giorno le donne siriane possano dire ai loro figli che quegli islamici cattivi, che uccidono, non ci sono più».

Cos'altro spera? «Che i bambini e le bambine di oggi siano più intelligenti dei grandi e che tutto l'orrore toccato a loro non capiti a quelli che un giorno saranno i loro figli e nipoti».
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » sab apr 02, 2016 7:42 pm

L'oppressione islamica delle donne - Wafa Sultan
https://www.youtube.com/watch?v=Oi_kEU488no&sns=fb
Wafa Sultan è una psicologa di origini siriane. Per quanto tentino di nasconderlo, le donne sono INFERIORI nell'islam. Non diverse, inferiori.

LA VERITÀ CHE NON DICONO SULL'ISLAM - Dr. Bill Warner
https://youtu.be/LcUazmYYUcI
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » dom apr 24, 2016 3:23 pm

Due donne kamikaze si fanno esplodere in una tendopoli in Nigeria
Due donne kamikaze legate al gruppo jihadista Boko Haram si sono fatte esplodere in un campo profughi nel nord della Nigeria provocando la morte di 8 persone
Daniele Bellocchio - Sab, 23/04/2016

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/due ... 50320.html

È di nuovo terrore e orrore in Nigeria, dove la guerra condotta da Boko Haram non si ferma.

Anzi prosegue, spietata, così come era stata conosciuta sino adesso. La notizia della nuova strage commessa dai ribelli islamisti africani risale a giovedì e si è svolta in un campo profughi nella città di Banki, nello stato del Borno al confine con il Cameroun.

Due donne sono entrare nella tendopoli e hanno azionato il detonatore provocando la morte di 8 persone. La strage non è ancora stata rivendicata, ma il modus operandi e la scelta dell'obiettivo rimandano in tutto e per tutto alla strategia degli jihadisti di Shekau.

Boko Haram infatti ha come target anche gli stessi profughi che sono scappati dalle località coinvolte dal conflitto e nonostante nelle scorse settimane fossero state diramate notizie su una possibile resa del leader del gruppo jihadista, e la situazione strategica del gruppo sembrasse disperata, invece la setta affiliata all'Isis non cessa di piegare il paese. E ora non lo fa solo commettendo stragi indiscriminate ma anche attraverso il ricatto economico.

Sembra ufficiale infatti la richiesta di 50 milioni di dollari per il rilascio delle ragazze rapite due anni fa nella scuola di Chibok.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » dom mag 08, 2016 4:13 am

Vargognate Françesco a dir ła buxia granda kel Coran lè on livro de paxe, vargognate Françesco, vargognate!
http://video.repubblica.it/dossier/il-n ... 105/183968

L'Islam non è una religione di pace (ITALIANO)
https://www.youtube.com/watch?v=43GApzUQbWQ

Forte critica all'islam (ex musulmana)
https://www.youtube.com/watch?v=7a6lDbwWj8Y

Islam è religione di guerra e violenza non di pace
viewtopic.php?f=188&t=2024

Criminałi e iresponsabiłi defensori de l'Ixlam come fede o dotrina e ideołoja połedego rełijoxa
viewtopic.php?f=188&t=2263

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Arabia.jpg
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » lun lug 04, 2016 9:51 pm

"Jihadisti non seguono l'islam" Islamici d'Italia negano i fatti - L'associazione delle comunità islamiche (Ucoii) dice che "i terroristi non guardano alla fede" delle vittime. Ma a Dacca italiani uccisi perché non sapevano il Corano
Claudio Cartaldo - Lun, 04/07/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 79031.html

Ci sono voluti quasi due giorni all'Ucoii, l'Unione delle Comunità islamiche d'Italia, per scrivere uno scarno post su Facebook di "condanna" agli attentati in Bagladesh.

E quando è arrivato, nasconde l'ennesimo tentativo di sollevare l'islam dalle sue colpe. Parole che lasciano spazio all'interpretazione di chi crede che la condanna sia poco credibile, che siano ormai troppi i silenzi di quell'islam moderato che, se esiste, sta perdendo la sua battaglia.


Il post su Facebook dei musulmani italiani su Dacca

Le vittime italiane a Dacca sono stati trucidate per un motivo, semplice: non conoscevano il Corano. Non sapevano recitare a memoria i versetti del libro sacro islamico. Non sapevano spiegare ai terroristi le leggi coraniche, le credenze musulmane. Insomma: non erano fedeli al volere di Allah e Maometto. Per questo i terroristi li hanno uccisi. Ma per l'Ucoii, invece, i jihadisti "non guardano all'appartenenza religiosa delle loro vittime e non rispettano nessun valore religioso o civile". Come a dire che i 9 italiani non sono morti perché "miscredenti" ma a causa di chissà quale pensiero passava per la testa di chi imbraccava i macete. Forse l'Ucoii lo sa. Perché se dietro tutto questo non c'è "l'appartenenza religiosa", allora viene naturale chiedersi cosa si nasconda dietro l'orrore perpretrato sempre nel nome di Allah. Quei terroristi che, non mancano mai di ricordalo, "continuano a causare un numero maggiore di vittime anche tra i musulmani stessi". Una frase che sembra una critica alla giusta indignazione che l'attentato a Dacca ha scatenato in Italia.


Il cordoglio alle vittime

Il resto del messaggio è un "cordoglio alle famiglie" cui promettono "una preghiera". Infine l'appello per continuare "la nostra lotta insieme a tutti i componenti della società italiana contro l'ideologia del terrore, l'odio e la violenza". Ma il ritardo con cui è arrivata la presa di distanze da parte dell'Ucoii non è sfuggita ai commentatori e alla Rete. Che ha apertamente criticato l'associazione di aver scritto il post solo dopo le polemiche sollevate. E di essere stati "indecorosi" nello slegare l'islam dalla mattanza di Dacca.


UCOII - Unione delle Comunità Islamiche d'Italia
17 ore fa
Con molta tristezza ci ha raggiunto la notizia della morte di 20 vittime innocenti, tra questi, nove nostri connazionali nell'attentato terroristico di Dacca. I terroristi ci hanno colpito tutti quanti con questo ennesimo attentato. Ci uniamo alla grande famiglia italiana in questi momenti di dolore. I terroristi non rispettano nessun valore religioso o civile della salvaguardia della vita e continuano a causare un numero maggiore di vittime anche tra i musulmani stessi. Esprimiamo la nostra vicinanza e il nostro cordoglio alle famiglie e una preghiera per le vittime e continuiamo la nostra lotta insieme a tutti i componenti della società italiana contro l'ideologia del terrore, l'odio e la violenza.



Alberto Pento
Questi sono come i turchi che negano il genocidio razzista degli armeni cristiani.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » mer lug 20, 2016 4:12 am

La fine degli ebrei di Medina
15 luglio 2016
Gabriele Zweilawyer

http://www.progettodreyfus.com/la-fine- ... -di-medina

La tribù dei Banu Qurayza giunge nella parte settentrionale dell’arabia nel corso delle guerre romano-giudaiche del I e II secolo. Formata da ebrei che, in patria, esercitavano diversi mestieri, riesce subito a raggiungere una buona posizione sociale rispetto alle tribù arabe della zona. I Banu Qurayza introducono infatti l’agricoltura nella zona e mettono a frutto anche le loro capacità commerciali. L’oasi di Yathrib, soprattutto grazie a loro, diventa un importante snodo agricolo e commerciale. Tracciare con precisione la loro storia nel corso dei secoli che vanno dal II al V necessiterebbe diversi volumi ma, visto che l’intento di questo breve articolo è mostrare le fasi dell’incontro-scontro con Maometto e i suoi seguaci, qui è sufficiente specificare che avevano sempre commerciato, stretto alleanze e, ovviamente, combattuto con le altre tribù. Sembra però che con l’arrivo di due tribù yemenite, i Banu Aws e i Banu Khazraj, gli ebrei Qurayza perdano la loro posizione di indipendenza e diventino, de facto, una tribù cliente degli Aws. Sostengono infatti questi ultimi nella continua lotta per il primato instaurata con i Khazraj, iniziata probabilmente nell’ultimo quarto del VI secolo e protrattasi nel VII. È proprio questo stato di guerra perenne che porta le due tribù a richiedere l’intervento, in veste di arbitro, di un signore della guerra arabo, ossia Maometto. In cambio, offrono accoglienza nella città a lui e a tutto il suo clan, che a La Mecca inizia ad avere sempre più oppositori.

Maometto lascia La Mecca arriva a Yathrib, la città-oasi più importante in cui si affrontano Aws e Khazraj. Il suo spostamento da La Mecca a Yathrib, che rinominerà Medina, è conosciuto come Hegira. Qui Maometto si mette all’opera per adempiere al compito assegnatogli e stila la Costituzione di Medina. Si tratta del documento con cui Maometto regola i rapporti fra le tribù presenti in città, comprese quelle formate da ebrei (Banu Nadir, Banu Qaynuqa e, per l’appunto, Banu Qurayza), e da cristiani. In realtà, molti storici mettono in dubbio la veridicità della Costituzione di Medina, di cui non è giunto ai giorni nostri nessun originale e che si pensa possa essere un lavoro più tardo, utilizzato ritagliando varie fonti, scritto appositamente per giustificare il comportamento di Maometto.

Ad ogni modo nel 624, mentre Maometto è intento a sconfiggere i Meccani nella battaglia di Badr, le tensioni fra ebrei e musulmani crescono. L’episodio che fa precipitare la situazione, riportato dalle fonti arabe, riguarda una donna musulmana e un orafo dei Qaynuqa. Non si sa per quale motivo, forse per puro caso, l’orafo calpesta il vestito della donna e questa, camminando, rimane nuda. Il marito di lei interviene e taglia la gola all’ebreo. Gli altri Qaynuqa, perlopiù residenti in due cittadelle fortificate nella parte sud-occidentale di Medina, corrono in soccorso del loro correligionario e uccidono il musulmano. Questo viene considerata una rottura della costituzione di Medina e la giustificazione dell’aggressione maomettana alla tribù.

In realtà, pochi storici occidentali reputano plausibile questo episodio e sottolineano le altre motivazioni dell’attacco. In primo luogo pongono l’accento sul fatto che Maometto, sconfitti i Meccani, è in una posizione di forza ottimale per eliminare gli ebrei, che non accettano di sottostare al suo governo. Seguono poi le considerazioni di tipo economico, sostenute in particolare dal Prof. Fred McGraw Donner (Università di Chicago): i mercanti ebrei sono rivali di quelli musulmani ed è immaginabile che questi ultimi chiedano di continuo a Maometto di risolvere il problema in modo definitivo.

Quale che sia la motivazione sottostante, Maometto fa radunare i Qaynuqa nella piazza del mercato:
Ebrei, non fate che Allah porti su di voi la vendetta che ha già portato sui Quraysh. Accettate l’Islam, perché sapete che sono il profeta mandato da Allah. Lo troverete nelle vostre scritture e nel patto che Allah ha fatto con voi.

Muhammad , pensi che siamo uguali alle tue genti? [...] Dio ci è testimone, se ci combatti, vedrai che siamo veri uomini!

Gli Ebrei non hanno alcuna intenzione di convertirsi, quindi Maometto assedia le loro fortezze per 14 giorni, facendoli capitolare e costringendoli all’esilio. Le altre due tribù ebree, Nadir e Qurayza, non intervengono. Maometto però ha in serbo qualcosa anche per loro.

Il capo dei Nadir, il poeta Ka'b ibn al-Ashraf, viene accusato da Maometto in persona di aver composto dei versi di dileggio nei confronti delle donne musulmane. Le fonti storiche islamiche precisano anche che è l’intervento dell’Arcangelo Gabriele, che comunica a Maometto l’esistenza di un complotto contro di lui, a convincere il condottiero arabo ad agire. Al-Bukhari, nell’hadith 4:52:270, riporta le parole di Maometto:

Chi vuole uccidere Ka’b bin Al-Ashraf, che ha danneggiato Allah e il suo Profeta?

Muhammad ibn Maslamah e altri dei primi convertiti all’islam si offrono volontari. Chiedono al capo ebreo di accompagnarli a fare due passi e lo pugnalano. Da quel giorno, si racconta che nessun ebreo si sente più al sicuro a Medina.

Anche qui è importante sottolineare che, nel marzo 625, Maometto è sconfitto dai meccani a Uhud, e ha bisogno di rinsaldare la sua fama di condottiero invincibile al più presto. I Nadir sono un bersaglio eccellente, e Maometto ordina loro di lasciare Medina. I Nadir rifiutano, sperando anche nell’aiuto dei Qurayza che però non si materializza. A quel punto, Maometto assedia anche le cittadelle Nadir, che alla fine sono costretti alla resa. L’unica condizione che riescono a strappare a Maometto prima del loro esilio è quella di poter portare con loro tutti i beni mobili, ad eccezione delle armi. I Nadir caricano tutto su 600 cammelli, che passano attraverso Medina destando grande impressione, diretti all’Oasi di Khaybar. Due anni dopo,i soldati musulmani li raggiungeranno anche lì, massacrando gli uomini e riducendo in schiavitù le donne.

Con la divisione delle terre e degli edifici dei Nadir, Maometto raggiunge la posizione di indipendenza economica a lungo cercata. Dal sud, arrivano altri musulmani per occupare i luoghi strappati agli ebrei.

A Medina, gli unici ebrei rimasti sono i Qurayza. Maometto, chiamato come semplice arbitro di una faida decennale, si è impadronito della città e ha intenzione di eliminare l’ultimo ostacolo alla creazione della vera umma. L’anno è il 627, e le forze Meccane, unite a quelle di alcune tribù Beduine, attaccano Medina. In The Jews in the Arab Lands, Norman Stillman (University of Oklahoma) scrive che i Qurayza contribuiscono alle fortificazioni e forniscono armi ai soldati di Maometto, poi si rinchiudono nelle loro fortezze.

Anche quando un emissario dei Meccani, il capo degli ebrei Nadir in esilio, arriva per chiedere il supporto dei Qurayza, questi rimangono sulla loro posizione di sostanziale neutralità, anche perché non si fidano dei Meccani. Quello che noi conosciamo come “parlè”, ossia l’incontro per discutere tregue, alleanze e condizioni di resa, è già stato utilizzato anche da Maometto quando ha tentato di corrompere i beduini Ghatafan e Fazara per portarli dalla sua parte. Egli però non accetta questo incontro e, dopo aver vinto la famosa Battaglia del Fossato, il primo giorno dopo la partenza dei Meccani attacca i Qurayza. Questi resistono 25 giorni e, quando capitolano, sono convinti di poter ottenere le stesse condizioni dei Nadir. Purtroppo però Maometto vuole fare di loro un esempio. Lo storico islamico dell’VIII secolo Ibn Ishaq racconta che, dopo aver fatto scavare delle fosse nella piazza del mercato, Maometto li fa portare lì a piccoli gruppi. I soldati di Maometto ne decapitano fra 600 e 900, tutti ragazzi e uomini, mentre le donne e i bambini sono ridotti in schiavitù.

Come parte del bottino, Maometto sceglie una ragazza ebrea, Rayhana, il cui marito è stato appena decapitato e gettato in un fosso. Rayhana diventa poi sua moglie, una delle tredici attribuite a Maometto.

Dopo il 627 Medina, resa fertile e ricca dagli ebrei fuggiti nel corso delle guerre giudaico romane, diventa una proprietà privata di Maometto. Tutte e tre le maggiori tribù di Ebrei sono state eliminate, e rimangono solo alcune famiglie che, però, non rappresentano un pericolo per il primo condottiero musulmano.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » mar ago 23, 2016 9:48 pm

FRANCESCO MAGGIO - L'islam ci ha sempre fatto la guerra e continuerà a farla fino a quando non sottometterà l'intera umanità

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 91305968:0

Nel 1995 dichiaravo nel corso di un'intervista che sebbene non lo vogliamo, siamo in stato di guerra con la civilizzazione islamica, la quale è virile e forte abbastanza da sottometterci.
Non presento una quadro molto piacevole, ma è quello che ogni cristiano dovrebbe conoscere. Anche Gesù, quelle volte in cui i suoi discepoli gli chiesero cose riguardandanti il futuro (es. Marco 13) non si tirava indietro dall'annunziare loro minuziosamente quel che sarebbe accaduto. La battaglia delle epoche si sta configurando e noi, come credenti in Gesù, possiamo affrontarla o ignorarla.
La guerra tra due civilizzazioni è iniziata molto tempo fa – tra la civilizzazione basata sulla Bibbia e la civilizzazione basata sul Corano. E questo deve essere chiaro!

Non vi è un islam fondamentale buono ed un islam cattivo. Vi è solo l'islam, punto e basta. La questione è come il Corano viene interpretato, da chi...da quanti..quando viene impugnato e per quanto tempo si sceglie di congelarlo prima di scioglierlo e impugnarlo!
Però, all’improvviso, osserviamo che i più grandi interpreti dell’islam sono diventati i politici del mondo occidentale, ancora meglio degli oratori delle moschee, coloro che professano terribili sermoni contro ogni cosa che sia cristiano e giudeo. Questi politici (meglio sarebbe chiamarli politicanti) affermano che vi sia un "islam buono" e un "islam cattivo". Peccato che nessuno di loro parli una singola parola di arabo, né abbiano mai letto il Corano né abbia mai vissuto come cristiano nel mondo arabo.

Vedete, tutto è stato così da loro ben spiegato con un linguaggio politicamente corretto, che di fatto la verità è andata perduta. Per esempio, quando noi parliamo dell’islam in Occidente, tendiamo a farlo con il nostro linguaggio e la nostra terminologia. Noi parliamo dell’islam in termini di democrazia e di fondamentalismo, e tutto il genere di termini tratti dal nostro vocabolario. Come se qualche straniero preparando degli spaghetti alla carbonara ci mettesse anche del sugo al pomodoro o addirittura del pesce...perché così gli piace! Non possiamo usare per una cultura o una civilizzazione il linguaggio di un’altra cultura! Per l’islam, è doveroso utilizzare il linguaggio dell’islam.

Consentitemi di spiegare i principi che dirigono la religione dell’islam. Islam è un'ideologia ammantata della maschera religiosa, utilizzata e creata per dare un sistema di leggi ad individui, società e nazioni con il quale regolare i comportamenti (anche quelli quotidiani nelle sue più piccole minuzie). Se si è musulmani, ci si deve comportare secondo le regole dell’islam e della Sunna, le quali sono dettate (nel senso di poste in essere) dal Corano, e che sono molto differenti dagli insegnamenti della Bibbia. Islam come un'ideologia; ideologia era quella di Hitler (Mein Kampf), di Mao (Libro Rosso), di Gheddafi (Libro Verde), dell'ideologia mafiosa... ecc.

L’ISLAM: NATO PER GOVERNARE
Ora guardiamo all’essenza dell’islam. L’islam è nato con l’idea che tutte le religioni
siano sottomesse al suo dominio e quindi di dover governare il mondo.
Nel Corano in italiano, “Egli è Colui (Allah) che ha inviato il suo messaggero con la guida e la Religione della verità, onde farla prevalere su ogni altra religione, anche se ciò dispiace agli associatori" (ps: per "associatori" nel Corano si intendono i "trinitari", i cristiani). Sura 9:33

Quindi attraverso la conquista del potere e attraverso ogni mezzo, a cominciare dalla violenta sottomissione.

Il Corano vede il mondo diviso in due - Vi è una divisione del mondo che è molto chiara: Dar-al-Islam e Dar-al-Harb. Ogni singola persona che inizia a studiare il Corano lo sa molto bene. Vi è una parte del mondo che già vive sotto le regole islamiche e una parte che si suppone finirà sotto le regole islamiche nel futuro, anche con le cattive! Il mondo è descritto in termini di Dar-al-islam (la casa del’islam) – il luogo dove l'islam governa – e l’altra parte che è chiamata Dar al-Harb – “la casa della guerra” perché appartenente ai non musulmani. E’ questa “casa della guerra” che nel futuro deve essere conquistata! Il mondo continuerà ad essere nella “casa della guerra” fino a quando non finirà sotto il governo islamico.
Questa è la norma. Perché? Perché così vi si legge nel Corano: "Combatteteli dunque finché non ci sia più politeismo e la religione sia tutta per Allah. Se poi smettono, ebbene Allah ben osserva quello che fanno". (Corano 8:39)

Allah ha mandato il suo messaggero con la vera ed unica religione al fine di dominare su tutte le altre religioni.

L’IDEOLOGIA
Da quando nel 634 A.D. venne fondato l’impero islamico, il suo nucleo era già stato prodotto. Le regole, prese dal Corano e dalla tradizione ascritta a Maometto, furono così tradotte in un sistema di leggi (l’ideologia islamica). I giudei e i cristiani avrebbero potuto vivere sotto l’islam a condizione di pagare tasse di assoggettamento e di accettare la superiorità dell’islam (Costituzione di Medina). Ovviamente, essi avrebbero anche dovuto essere umiliati dai loro concittadini musulmani.

Le leggi sono molto chiare – giudei e cristiani non hanno alcun diritto di nessun genere ad una esistenza indipendente. Essi posso vivere sotto il governo Islamico a condizione che rispettino le leggi che l’islam promulga per loro.

COMBATTERE GIUDEI E CRISTIANI E’ CHIAMATO JIHAD
Jihad= Non si tratta di giochi o di esercizi intorno al significato delle parole. Se il Corano parla di guerra, si tratta della guerra armata e non di sofismi intorno alla differenza fra guerra armata e guerra di parole, né guerreggiare, resistere contro le tentazioni.
Cosa succede se giudei e cristiani non vogliono vivere sotto le leggi dell’islam? In tal caso l’islam deve combatterli (ucciderli) ed un tale conflitto è chiamato Jihad. Jihad significa la guerra contro quei popoli che non vogliono accettare il superiore governo islamico. Questo è il Jihad.
Possono essere giudei, possono essere cristiani o possono essere politeisti o addirittura musulmani nominali (nel Corano, definiti "ipocriti"). Almeno nel Medio Oriente, il Jihad è sempre stato contro giudei e cristiani.

LA LEGGE HANBALI, L’INTERPRETAZIONE PIU' RIGOROSA DELL’ISLAM.
All’interno della visione islamica di questo mondo, vi sono regole che governano la vita dei musulmani stessi, e queste regole sono molto rigorose. Nei musulmani radicalizzati, non vi è alcuna differenza tra le varie scuole di legge. Nel corso dei secoli l’islam ha vissuto differenti prospettive a seconda della interpretazione del Corano che in un dato momento ha prevalso.

La scuola di legge islamica chiamata Hanbali è estremamente rigorosa, ed è quella che sta dietro le potenze terroriste. Anche se ci si riferisce all’esistenza di altre scuole islamiche di legge, quando si parla di combattere contro i giudei o di combattere contro i cristiani, allora è la scuola di legge Hanbali (il fondatore che porta lo stesso nome, è vissuto un secolo dopo Maometto) che viene seguita. Tra i più recenti hanbaliti va infine annoverato Muhammad ibn ʿAbd al-Wahhāb (XVIII secolo), fondatore del wahhabismo, che ispirò il movimento che contribuì molto alla formazione della moderna Arabia Saudita. Questo approccio radicale all'islam ha i suoi principali rappresentanti nei "Fratelli Musulmani”, il wahhabismo ed i salafiti (Isis, Al Qaeda, Boko Haram, Al Shabaab, ecc).

UN TERRITORIO OCCUPATO DALL’ISLAM NON PUO’ MAI PIU’ ESSERE LIBERATO
Questa civilizzazione ha creato una regola fondamentale molto importante circa il territorio. Ogni territorio che finisce sotto il governo islamico non può più essere de-islamizzato. Anche se di tanto in tanto, il nemico (non musulmano) riconquista il territorio che è stato sotto il controllo governativo Islamico esso è considerato perpetuamente islamico. Questo spiega perché ogni qualvolta si parla del conflitto arabo/israeliano, si parla di territorio, territorio e ancora territorio. Vi sono anche altri aspetti nel conflitto, ma il territorio è fra i più importanti.

La civilizzazione cristiana non viene vista solo come un contendente religioso, ma anche come una diga che si oppone all’islam nel raggiungere gli scopi finali per i quali è stato creato. L’islam è stato creato per essere l’esercito armato di Allah. Il Corano vorrebbe che ogni singolo musulmano fosse un soldato di questo esercito armato. Ogni singolo musulmano che quindi muore combattendo per la diffusione dell’islam è un shahid (martire), non importa come muore, perché – e questo è molto importante – questa è una guerra eterna tra due civilizzazioni. Non è una guerra che può arrestarsi. Vi è la guerra perché essa è stata voluta da Allah del Corano. L’islam deve essere il governante. Questa è una guerra che non avrà fine (o meglio avrà una fine, ma alla fine dei giorni.)

La pace può esistere solo all’interno di un mondo islamico; la pace può esserci solo tra musulmano e musulmano della stessa setta. Con il mondo non-musulmano o con i contendenti non-musulmani ci può essere solo una soluzione – un cessate fuoco (o tregua temporanea) affinché il musulmano possa acquistare maggiore potenza. E’ una guerra eterna fino alla fine dei giorni. La pace può verificarsi solo se la parte musulmana vince. E questa idea del cessate il fuoco si basa su un precedente storico importante, al quale, incidentalmente, si è riferito Yasser Arafat allorquando aveva firmato gli accordi di Oslo per una tregua con Israele (nel 1994).

GLI ACCORDI SONO FATTI PER ESSERE STRACCIATI
Alcune settimane dopo gli accordi di Oslo, Arafat andò a Johannesburg, e in una moschea di quella città fece un discorso nel quale si scusava dicendo “Pensate che io abbia firmato con i giudei qualcosa che sia contrario alle regole dell’islam?”, Arafat ha così continuato, “Non è così, io sto facendo esattamente quello che ha fatto il profeta Maometto”.

Arafat si riferiva allo storico "Trattato di Hudayybiyah"
https://youtu.be/37xnaqF-6B4

precisamente quando Maometto faceva credere di rinunciare alla conquista di Mecca (in realtà si trattava di politica e di gestione della crisi).

Qualunque cosa il profeta sia supposto di aver fatto diventa un precedente. Ciò che Arafat stava dicendo era Takiya, cioè dissimulazione. Il profeta aveva fatto un accordo (ricorrendo alla pratica della Takiya: bugia islamica per guadagnare tempo e risorse fino a sferrare l'attacco decisivo contro gli infedeli) ) che strappò poco dopo e conquistò La Mecca, agendo di sorpresa. Ovviamente, trovò un qualche tipo di pretesto. Perciò, nella giurisdizione Islamica, ciò è divenuto un precedente legale con il quale si afferma che è permesso di fare pace per "gestire la crisi politicamente". In secondo luogo alla prima circostanza in cui si è in grado, bisogna rinnovare il Jihad [ ovvero “rompendo” l’accordo] anche colpendo di sorpresa il nemico dell’islam.

Bisogna intenderci: quando si parla di guerra e di pace, non si sta parlando in termini occidentali. Bisogna parlare di guerra e di pace secondo la retorica in termini Islamici.

Che cosa farà accettare all’islam un cessate il fuoco? Solo una cosa – quando il nemico sarà troppo forte!! È una scelta tattica (Takjya). Qualche volta, l’islam deve accettare un cessate il fuoco nelle condizioni più umilianti. E’ concesso perché Maometto accettò un cessate il fuoco in condizioni umilianti. E’ ciò che ha detto Arafat a Johannesburg. Ricordate?
Quando i governanti occidentali sentono queste cose, essi rispondono: “Ma cosa state cianciando? Voi siete rimasti al Medioevo. Voi non capite i meccanismi della politica”. Ma quali meccanismi della politica? Non vi sono meccanismi della politica, dove vi è l'islam. E non abbiamo ancora visto la fine di tutto ciò, perché nel momento in cui una potenza radicale Islamica disponesse di armamenti, atomici, chimici o biologici, li userebbe.

Ora, siccome siamo di fronte ad una guerra, potrebbe accadere anche in Italia quanto è accaduto in quella chiesetta cattolica in Francia a quel povero prete assassinato dai radicali? Nello stesso tempo non si deve gettare discredito su tutti i musulmani nel mondo perché molti di loro, nel loro silenzio, non condividono né approvano il terrorismo di matrice islamica, ben sapendo che anche loro, per questo, potrebbero ricadere nella condanna da parte degli islamici radicalizzati come il resto dei non musulmani.

La Bibbia chiama i cristiani a vegliare e restare sobri (Tessalonicesi 5:1-10)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » mer gen 25, 2017 8:43 pm

La volontà di potenza dell’Islam: Intervista a Raymond Ibrahim
18 ottobre 2016 Niram Ferretti
http://www.linformale.eu/la-volonta-pot ... nd-ibrahim

Di genitori copti egiziani, Raymond Ibrahim, alla pari di Robert Spencer e David Horowitz, non ha timore di dire pane al pane vino al vino, una boccata di aria fresca in questi nostri tempi ammorbati dal politicamente corretto. Non parlerà dell’Islam come della “religione della pace” fingendo che sia qualcosa che non è mai stata. Al contrario, sottolineerà che i jihadisti attuali seguono semplicemente il Corano in modo rigoroso applicando al testo il criterio della sola scriptura similmente ai protestanti.

La principale differenza è che quest’ultimi, in genere, non si fanno saltare per aria, decapitano gli “infedeli” o sono votati a un conflitto permanente con l’Occidente. La ragione è che nel Corano il jihad è prescrittivo e Maometto, l’esempio perfetto per ogni musulmano, era un profeta ma anche un signore della guerra.

Collaboratore abituale al David Horowitz Freedom Center, Ibrahim è stato precedentemente direttore associato del Middle East Forum. È autore di Crucified Again: Exposing Islam’s New War on Christians ed editore del seminale The Al Qaeda Reader: The Essential Texts of Osama Bin Laden’s Terrorist Organization,

Il primo argomento di cui vorrei parlare con lei riguarda l’idea diffusa che l’ISIS sia di fatto un prodotto dell’intervento degli Stati Uniti in Iraq. L’implicazione è molto chiara. Se gli Stati Uniti non avessero invaso l’Iraq non ci sarebbe alcun ISIS nei paraggi. Qual è la sua opinione?

I fatti sono fatti. Prima che gli Stati Unit invadessero l’Iraq Saddam Hussein era noto per sopprimere i movimenti islamisti. Una delle ragioni per la sua reputazione successiva di abusare dei diritti umani era di avere brutalmente schiacciato i jihadisti. Un decennio dopo che Saddam è stato rimosso e gli Stati Uniti hanno proclamato la vittoria per avere portato in Iraq “la libertà e la democrazia” tutto quello che possiamo mostrare è l’emergere dell’ISIS, il quale, quando si tratta di abusi di diritti umani, fa sembrare Saddam come Babbo Natale.

Di solito guardo alla situazione delle minoranze cristiane nei paesi musulmani per capire la natura di chi comanda. Sotto Saddam i cristiani venivano protetti insieme alle loro chiese; l’anno che gli Stati Uniti portarono “la libertà e la democrazia” i cristiani vennero perseguitati selvaggiamente e dozzine delle loro chiese vennero bombardate. Tra l’altro, non è soltanto in Iraq che l’intervento americano ha permesso all’ISIS di sorgere. La Libia e la Siria fanno anch’essi parte del califfato dell’ISIS, ancora grazie agli Stati Uniti che gli hanno spianato la strada estromettendo Gheddafi e cercando poi di estromettere Assad. Non pretendo di conoscere la ragione dietro a questo fenomeno, ma i fatti parlano da soli: quando gli Stati Uniti estromettono i dittatori arabi secolaristi, i cui abusi dei diritti umani avvenivano frequentemente nel contesto di combattere sopraffattori jihadisti ancora peggiori di loro, l’ISIS fa poi la sua comparsa.

L’antiamericanismo è ancora forte tra la sinistra sia in Europa che negli Stati uniti. Personaggi come Noam Chomsky hanno diffuso il concetto che gli USA sono il diavolo incarnato insieme a Israele presentato come il suo delegato in Medio Oriente. Quali sono secondo lei i principali fattori che motivano questo atteggiamento?

Fondamentalmente credo che questi punti di vista siano basati meno su fatti oggettivi e più su distorsioni soggettive della storia. Il punto di vista egemone oggi è che almeno storicamente, i cristiani bianchi siano la fonte di ogni male sulla terra, quindi il minimo che possano fare per risarcire è di essere passivi lasciando i musulmani e altri esponenti del Terzo Mondo come testimoni dei loro spasmi mentre sottopongono i non musulmani, inclusi gli occidentali, alle loro atrocità. Quindi quando gli Stati Uniti o Israele fanno qualcosa nel proprio interesse e per la propria sicurezza, cosa che sarebbe considerata del tutto normale e regolare per altri, specialmente per le nazioni non occidentali, la sinistra urla che è scellerato, razzista, ecc.

Gli apologeti dell’Islam ci dicono che l’Islam è parte integrante dell’Occidente in quanto, quando era ancora un impero ha aiutato a formare la nostra cultura con le sue innovazioni. Qui in Italia un noto storico, Franco Cardini, recentemente ha affermato che “l’Islam è alla base della modernità”. Qual è il suo punto di vista?

Questa visione è solo un altro esempio di come la vera storia dell’Islam e dell’Europa sia stata meticolosamente distorta e deformata in modo da glorificare l’Islam e umiliare quella che è stata l’Europa cristiana.

La realtà e la storia, documentate dai più celebri storici dell’Islam, ci raccontano qualcosa di molto diverso, ben noto ai bambini europei di una volta, ma che adesso è diventato un tabu riconoscere. La guerra o il jihad contro l’Europa è la vera storia dell’Islam e dell’Occidente. Solo un decennio dopo la nascita dell’Islam nel settimo secolo il jihad detonò dall’Arabia. Due terzi di quella che allora era la cristianità venne conquistata permanentemente e molta della sua popolazione passata a fil di spada o costretta a convertirsi, così che oggi quasi nessuno si rende conto che la Siria, l’Egitto e tutto il Nord Africa una volta erano i centri del cristianesimo.

Poi ci fu il turno dell’Europa. Tra le nazioni e i territori che vennero attaccati o finirono sotto il dominio musulmano ci furono il Portogallo, la Spagna, la Francia, l’Italia, la Svizzera, l’Austria, l’Ungheria, la Grecia, la Russia, la Polonia, la Bulgaria, Cipro, la Croazia, la Lituania, la Romania, l’Albania, la Serbia, l’Armenia, ecc. Nel 846 Roma venne saccheggiata e il Vaticano venne dissacrato da razziatori arabi musulmani. Circa seicento anni dopo, nel 1453, l’altra grande basilica della cristianità, Santa Sofia venne conquistata definitivamente dai turchi musulmani.

Le poche regioni europee che fuggirono dall’occupazione musulmana in virtù della loro lontananza a settentrione includono la Gran Bretagna, la Scandinavia e la Germania. Ciò non significa, ovviamente, che non furono attaccate dall’Islam. Infatti, all’estremo nord dell’Europa, in Islanda, i cristiani usavano pregare Dio che li salvasse dal “terrore turco”. Nel 1627 i corsari musulmani razziarono l’isola cristiana catturando quattrocento prigionieri per poi venderli come schiavi nei mercati di Algeri. Nemmeno l’America riuscì a fuggire. Alcuni anni dopo la formazione degli Stati Uniti, nel 1800, le navi mercantili americane nel Mediterraneo vennero saccheggiate e i marinai fatti schiavi dai corsari musulmani. L’ambasciatore di Tripoli spiegò a Thomas Jefferson che per un musulmano era un diritto e un dovere fare la guerra ai non musulmani ovunque si trovassero e di schiavizzarne quanti potevano prenderne prigionieri.

In breve, per circa un millennio, l’Islam ha posto nei confronti dell’Europa cristiana e per estensione alla civiltà occidentale, una minaccia esistenziale quotidiana. In questo contesto quale è l’utilità nel sottolineare le anomalie? Anche quella eccezione periferica che gli accademici occidentali cercano di trasformare nella regola, la Spagna islamizzata, è stata recentemente smascherata da Dario Fernández Morera nel suo “Il Mito del Paradiso Andalusiano”.

L’Islam si presenta come la religione vera e definitiva dell’umanità. L’ebraismo e il cristianesimo secondo il punto di vista islamico sono profondamente manchevoli e imperfetti. Infatti per l’Islam il profeta musulmano Gesù verrà il giorno del Giudizio per distruggere tutte le croci e per rivelare la falsità del cristianesimo stesso. Malgrado questo, il Papa continua a definire l’Islam una religione di pace e lo presenta unicamente in una luce favorevole. Secondo lei si tratta di prudenza politica o qualcos’altro?

Questa papa si autointerpreta più come un diplomatico e un politico che come un leader spirituale e sicuramente non come un difensore dei cristiani. È un vero peccato, perché tra tutti gli europei sono stati proprio i papi cattolici coloro i quali hanno compreso maggiormente i pericoli dell’Islam, fisici e spirituali, specialmente per i cristiani. Malgrado ciò, il papa si rifiuta perseverantemente di associare l’Islam con la violenza. Anche quando un giornalista gli ha chiesto se il prete francese ottantacinquenne sgozzato recentemente fosse stato ucciso in nome dell’Islam, Francesco ha dissentito in modo irremovibile. Ha affermato che in Italia i cristiani commettono tutti i giorni delle violenze. “Se si parla di violenza islamica” ha affermato, “Bisogna parlare anche di violenza cattolica”. Sembra che, per papa Francesco, la violenza perpetrata seguendo i comandi di Allah non sia più preoccupante di quella perpetrata in contraddizione con i comandamenti del Dio ebraico-cristiano.

Pope Francis leaves after laying a wreath at the grave site of the Turkish republic founder, Mustafa Kemal Ataturk, inside the Ataturk Mausoleum in Ankara, Friday, Nov. 28, 2014. Pope Francis arrived in Turkey on Friday at a sensitive moment for the Muslim nation, as it cares for 1.6 million refugees and weighs how to deal with the Islamic State group as its fighters grab chunks of Syria and Iraq across Turkey's southern border. (AP Photo/Markus Schreiber)

Secondo questa logica perversa, se incolpiamo l’Islam allo stesso modo dobbiamo incolpare il cristianesimo, senza tenere in conto che l’Islam giustifica la violenza mentre il cristianesimo la condanna. E quando si è incontrato con i parenti in lutto delle vittime dell’attentato a Nizza, un altro attacco islamico che ha causato la morte di 86 persone ferendone un centinaio, ha detto loro che era necessario cominciare un dialogo fraterno con tutti specialmente con coloro i quali credono in un unico Dio misericordioso. Un chiaro riferimento ai musulmani. Come si possono avere delle relazioni fraterne con gli aderenti a una religione che invita i propri adepti a odiare tutti i non musulmani? Il versetto 6:40 chiede ai musulmani di nutrire un “odio eterno” per chi non abbraccia la fede coranica.

Crede che ci sia qualche possibilità che l’Islam possa adattarsi ai valori occidentali, e se questo è possibile su quali basi?

Per potersi adattare ai valori occidentali l’Islam dovrebbe cessare di essere l’Islam. Ci sono innumerevoli forme di comportamento prescritte dal Corano e indicate negli hadit che contraddicono i valori occidentali: morte agli apostati e ai blasfemi, la soggiogazione delle donne musulmane, la schiavitù sessuale per quelle non musulmane, la poligamia, il matrimonio con bambini, la proibizione e la distruzione dei luoghi di preghiera non islamici e dei loro testi sacri, l’inimicizia per i non musulmani. Tutto ciò non è meno islamico della preghiera e del digiuno.

Anche le atrocità commesse dallo Stato Islamico, come quella di esaltarsi con i corpi mutilati degli “infedeli” postando immagini in cui si brandiscono sorridenti le loro teste decapitate, trovano il loro sostegno nel Corano e nelle storie legate al profeta. Per comprendere quanto l’Islam contraddica i valori occidentali le consiglio un articolo in arabo scritto da Ibrahim Kadir. Elenca un numero di cose che i musulmani tradizionali approvano anche se sono in opposizione con i valori occidentali, come la richiesta di un califfato che governi secondo la sharia e si espanda all’interno del territorio “infedele” in virtù del jihad, la morte per chiunque sia apertamente critico di Maometto o dell’Islam, la persecuzione dei musulmani che desiderano lasciare l’Islam, il rifiuto di riconoscere l’eguaglianza per ebrei e cristiani in uno stato islamico parallelo al rifiuto del principio di eguaglianza tra uomo e donna.

Chiunque sappia cosa enuncia l’Islam sa che l’affermazione che è possibile essere un liberale occidentale e un musulmano di base, come ha recentemente dichiarato il sindaco musulmano di Londra, non è niente altro che un ossimoro grottesco. Equivale ad affermare che è possibile fare entrare un gancio quadrato dentro un buco rotondo. Non si può, a meno che non venga preso a colpi di martello per costringerlo ad entrare rompendo porzioni del gancio, sarebbe a dire il musulmano, o incrinando la superficie del buco, sarebbe a dire la società occidentale.

L’Islam è un sistema teopolitico fin dalla sua origine. Sottoscriverebbe il punto di vista che in realtà si tratta di una ideologia con un rivestimento religioso, o ritiene vi sia in esso qualcosa di autenticamente religioso. Sto pensando ai mistici islamici e ai sufi per esempio?

Alla fine dei conti non ha alcuna importanza. Anche se ha un rivestimento religioso si tratta sicuramente di una ideologia politica, soprattutto relativamente alle sue origini. E’ del tutto chiaro semplicemente dando un’occhiata alla vita del suo fondatore, il profeta Maometto. Quando era soltanto un predicatore senza potere alla Mecca aveva solo un piccolo seguito, poi andò a Medina e diventò un signore della guerra e un brigante da strada, e quando i suoi seguaci iniziarono ad arricchirsi in virtù dei saccheggi perpetrati al suo seguito, le sue schiere si ingrossarono.

Sono molte le ricompense terrene, gli incentivi e i privilegi, per non dire nulla delle ricompense “terrene” nell’aldilà, nel diventare un musulmano se combatti per conferire potere all’Islam contro i non musulmani e menti, inganni, uccidi, rubi, schiavizzi e violenti. Sono innumerevoli i musulmani del passato e del presente che si sono aggregati alla causa islamica precisamente per queste prerogative. Detto questo, credo che ci siano dei musulmani che cercano di trasformare l’Islam in una realtà più spirituale, ma ciò nulla toglie al fatto che gli altri lo usino per il suo scopo originario di conquista e di saccheggio.

Una delle affermazioni più ricorrenti sul terrorismo islamico è che sia la conseguenza di un gruppo di fanatici. La maggioranza dei musulmani sono moderati e non andrebbero mai in giro a decapitare la gente o a farsi esplodere. Tutto ciò è plausibile?

Sì e no. Può essere vero che molti musulmani non vorrebbero decapitare le persone o farsi esplodere, ma questo è dovuto al fatto che il loro coinvolgimento con l’Islam non va al di là delle più semplici ragioni di sopravvivenza. Tuttavia è errato pensare che il terrorismo islamico sia il prodotto di vari gruppi di fanatici. Il terrorismo è di fatto un prodotto del Corano e dell’esempio del profeta, due delle cose che tutti i musulmani sono chiamati a seguire. E fintanto che questi due pilastri dell’Islam permangono avranno proseliti, anche se una maggioranza di musulmani nominali, che non osano fare apostasia sotto minaccia della pena di morte, non seguono le loro orme.

L’Islam è stato profondamente diviso in se stesso dalla morte di Maometto nel 632. Sembra che la guerra e il conflitto siano connaturati al mondo islamico. E’ d’accordo ?

Sì. Forse l’aspetto più specifico dell’Islam è la sua ricerca del potere assoluto, il potere sopra tutti gli altri, siano essi infedeli, donne, tipi diversi di musulmani, ad infinitum. Detto questo e nonostante il fatto che vi siano alcune ingiunzioni contro l’uccisione di musulmani da parte di altri musulmani, essi hanno continuato a massacrarsi tra di loro in nome dell’Islam.

Possiamo affermare che il wahabismo sia al centro del jihadismo islamico contemporaneo?

Possiamo dirlo, ma sarebbe molto più appropriato dire che al centro del jihadismo islamico contemporaneo c’è una lettura letteralista dei testi, Dopotutto cè quello che è il wahabismo nella sua essenza. Tra l’altro nessun wahabita si autodefinisce in questo modo, si tratta di una definizione usata spesso dall’Occidente per distanziare l’Islam dalla violenza e dall’intolleranza. Un wahabita si definisce semplicemente come un musulmano il quale orienta la propria vita sulla base degli insegnamenti di Maometto e del Corano.

Qual’ la sua opinione sulla lunga alleanza tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita che è tra i paesi wahabiti più rigorosi. La realpolitik giustifica tutto?

Penso che si tratti di una alleanza nauseante e scandalosa che trasforma tutto quello che fanno gli Stati Uniti in una barzelletta. La realpolitik non è la sua fonte. Dopotutto gli Stati Uniti e l’intero mondo libero potrebbero mettere facilmente l’Arabia Saudita in ginocchio e obbligarla a riformarsi. Il suo petrolio potrebbe essere requisito e dovrebbe esserlo, visto che con i suoi introiti l’Arabia Saudita spende 100 miliardi di dollari all’anno per radicalizzare i musulmani in giro per il mondo, come fanno con il frutto del loro ingegno, l’Isis. E’ il motivo per il quale l’Arabia Saudita elargisce molti milioni ai politici occidentali e ad altri, i quali, in cambio, si riferiscono all’Arabia Saudita come a un “alleato devoto” il cui aiuto per “combattere il terrorismo è indispensabile”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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