Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Sixara » sab dic 05, 2015 6:33 pm

Submission de Theo van Gogh e Ayaan Hirsi Ali :
https://www.youtube.com/watch?v=pBvM32H3Fx4

Donne e Islam. Quando i velo serve a nascondere le ferite sulla pelle. Di Anna Momigliano :
http://digilander.libero.it/leganordcamponogara/documenti/submission.pdf

Ayaan la parla de l Ixlàm ( e la dixe robe bastan'za n linea col titolo de sto filò cuà):
https://www.youtube.com/watch?v=fe_cuzsmmHU
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » sab dic 05, 2015 10:51 pm

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /Falso.jpg


Questi cartelli con parole estrapolate dal Corano che nel contesto coranico hanno tutt'altro valore che la pace, poiché il divieto coranico di uccidere riguarda soltanto gli ebrei mentre i mussulmani possono e debbono uccidere i miscredenti e gli infedeli tra cui i cristiani e gli ebrei. Vede questi cartelli falsi, portati da circa 1000 mussulmani su quasi 2 milioni di islamici presenti in Italia non sono altro che la conferma indiretta che la gran parte dei mussulmani ha parteggiato per i terroristi islamici. Nel mondo islamico dopo la strage di Parigi hanno fatto festa così pure in tante parti d'Europa e anche in Italia molti islamici hanno inneggiato alle stragi, tra cui gran parte dei detenuti nelle carceri italiane.

Islam è religione di guerra e violenza non di pace, è religione che viola i Diritti Umani Universali
viewtopic.php?f=188&t=2024

Magdi Cristiano Allam l'apostata
viewtopic.php?f=188&t=1854



A Virus su Rai2 smentito l'islamico che dice che l'islam è una religione di pace

http://www.magdicristianoallam.it/buong ... -pace.html

Buongiorno Amici

A Virus su Rai2 smentito l'islamico che dice che l'islam è una religione di pace
Buongiorno amici. Ieri sera alla trasmissione “Virus”, condotta da Nicola Porro su Rai2, Reas Sayed, responsabile legale delle “Comunità islamiche di Milano, Monza e Brianza”, presente in studio e che si è qualificato come “cittadino italiano di fede musulmana”, ha affermato che l'islam sarebbe una religione di pace e di amore perché Allah nel Corano prescrive che “chiunque uccida un uomo, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera”.
Quando ho avuto l'opportunità di replicare, ho chiarito che in realtà la lettura integrale di quel versetto coranico dice esattamente l’opposto:
“Per questo abbiamo prescritto ai Figli di Israele che chiunque uccida un uomo che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l'umanità intera . E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l'umanità. I Nostri messaggeri sono venuti a loro con le prove! Eppure molti di loro commisero eccessi sulla terra.
La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che li toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso” (5, 32-33)

In questi due versetti coranici si specifica che:
1) La prescrizione concernente la sacralità della vita riguarda i “figli di Israele”, gli ebrei, non i musulmani.
2) La condanna dell'uccisione del prossimo non è assoluta. Uccidere il prossimo è legittimato se si uccide o si è “sparso la corruzione sulla terra”.
3) I “figli di Israele”, gli ebrei, sono condannati perché “molti di loro commisero degli eccessi sulla terra”.
4) La condanna per chi non crede e fa la guerra ad Allah e a Maometto, che seminano la corruzione sulla terra, “è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti”.
È evidente che la sacralità della vita non sussiste nell’islam. Allah nel Corano legittima l’uccisione sia dell’omicida sia di chi “abbia sparso la corruzione sulla terra”. Che sono segnatamente gli ebrei ma anche i cristiani, più in generale i nemici dell’islam.
Cari amici, andiamo avanti nella comune missione di verità e libertà. Insieme ce la faremo!
di Magdi Cristiano Allam 16/11/2015 10:48:43

L'Islam non è una religione di pace (ITALIANO)
https://www.youtube.com/watch?v=43GApzUQbWQ

Forte critica all'islam (ex musulmana)
https://www.youtube.com/watch?v=7a6lDbwWj8Y
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » lun dic 07, 2015 9:34 pm

Il parroco anti-islam: "Imam in chiesa? Mai"
Il torinese don Babuin ha detto no al corteo antiterrorismo: "Era ambiguo. Bisogna dirlo, il loro Dio non è come il nostro"
Nadia Muratore - Lun, 07/12/2015

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 02092.html

Torino - «Gli imam in chiesa non li voglio. E poi chi mi garantisce che non siano degli estremisti? Io la mano sul fuoco non ce la metterei per nessuno di loro».
Parole scandite in maniera chiara, quelle pronunciate da don Michele Babuin, il nuovo parroco della chiesa Nostra Signora della Pace di Torino. Parole destinate a suscitare scalpore, pronunciate per spiegare la sua assenza al corteo contro il terrorismo, organizzato alcune sere fa a Barriera di Milano. Nonostante fosse stato invitato, lui dietro lo striscione con la scritta #notinmyname non c'era e non c'erano neppure altri parroci, che si sono però giustificati spiegando che all'ora in cui si svolgeva la manifestazione dovevano dir messa. Don Babuin, fronte spaziosa e capelli brizzolati, è stato invece molto più diretto, dicendo semplicemente quello che pensa: «Ovviamente sono a favore di qualsiasi iniziativa contro la guerra o il terrorismo precisa don Babuin con un accento che tradisce le sue origini venete - ma non ho condiviso il modo in cui il corteo è stato organizzato, così ho preferito non partecipare. Comunque non capisco perché noi cattolici dobbiamo far entrare i musulmani in chiesa, quando loro non fanno lo stesso nelle loro moschee».Il responsabile della più grande parrocchia del quartiere torinese fin da subito aveva mostrato la sua perplessità sulla manifestazione, dichiarando che non avrebbe partecipato. Perché se «tutti noi aderiamo ai messaggi di pace ha precisato deciso - è necessario anche essere chiari: abbiamo un dio diverso». La presa di posizione del sacerdote ha suscitato non poche polemiche, in un quartiere dove la percentuale di stranieri è molto alta ma lui non indietreggia di un millimetro e anzi spiegare meglio la sua posizione: «Non ho mai detto di non accettare il confronto con la comunità musulmana ma non ho bisogno di una bandiera per farlo. Aiutiamo 300 famiglie di origine straniera, quasi tutte di religione islamica, però quella manifestazione era ambigua. Il Corano recita la pace ma è lo stesso testo che leggono i fondamentalisti che perseguitano gli infedeli».Certo, don Babuin è dispiaciuto per l'immagine della parrocchia della Pace. «Qui ribadisce - non abbiamo mai chiuso la porta a nessuno, l'oratorio è aperto a tutti, chiedo solo un po' di rispetto quando diciamo la preghiera. Chi non vuole farla, sta in silenzio. Io sono per la pace e per il dialogo con tutte le fedi ma resto convinto che per organizzare manifestazioni simili ci voglia più prudenza. Ci sono varie correnti nell'Islam, gli imam sono esponenti del mondo della cultura e della politica. Chi ci dice che non siano estremisti?». E a chi lo accusa di esagerare, don Babuin risponde senza esitazione: «Non credo, ma comunque la mano sul fuoco per loro non ce la metto. Un ragazzino musulmano che ha tirato un calcio a una ragazza mi ha detto: tanto è femmina. È un atteggiamento dal quale si possono capire molte cose». Certo non sarà facile far digerire una simile presa di posizione a Papa Francesco, che ha pregato con i rappresentanti delle comunità islamiche. «È vero conclude don Babuin - ma l'ha fatto fuori dalla Chiesa. C'è poco da fare, le due religioni sono diverse, crediamo in dio diversi. Il nostro si è fatto carne e ha accolto i peccatori, il loro no. Il nostro è più samaritano».


Torino, anche i preti litigano: la diocesi si spacca sull’Islam
Il parroco di periferia: “Non capisco perché dobbiamo fare entrare in chiesa i musulmani, abbiamo un altro dio”. Quello del centro: “Dio è uno solo, non si può dividere in suo nome”
Padre Michele Babuin, Obalti di Maria Vergine
07/12/2015

https://www.lastampa.it/2015/12/07/ital ... agina.html

Padre Godfrey Msumange, nato in Tanzania, è l’unico ad essersi presentato e ora dice che «tutte queste polemiche non aiutano». Padre Antonio Menegon non era invitato ma critica chi non c’era: «Non si può in nome di Dio discriminare e dividersi». Padre Michele Babuin, invece, era invitato, ha disertato e non è pentito, anzi. «Mi hanno frainteso, ma non cambio idea: il Corano predica la pace, ma è lo stesso testo citato dai fondamentalisti».

Una frattura da tre giorni scuote la diocesi di Torino, al punto da spingere il vescovo Cesare Nosiglia a intervenire: organizzerà momenti di formazione per i parroci. L’antefatto è questo: un gruppo di associazioni, parrocchie, centri culturali islamici e moschee della periferia Nord, il cuore multietnico della città, organizza una marcia contro il terrorismo. Venerdì, al corteo, si presenta un solo parroco, «Baba» Godfrey Msumange. Gli altri disertano senza dare spiegazioni, tranne uno, padre Michele Babuin: «Non capisco perché dobbiamo far entrare i musulmani in chiesa. Bisogna essere chiari: abbiamo un dio diverso».

A Barriera di Milano vivono 34 mila italiani e 17 mila stranieri. Venerdì circa 200 persone hanno manifestato contro il terrorismo, sfilando davanti alla chiesa di Maria Regina della Pace, la parrocchia più importante del quartiere, ma padre Babuin non ha nemmeno voluto affacciarsi. «È una manifestazione ambigua». Adesso gli danno tutti contro: gli organizzatori, la diocesi (ma senza alzare i toni), certi sacerdoti (alzandoli), non pochi fedeli. «Dio è uno solo, basta e avanza. Non si può discriminare in nome suo». Padre Antonio Menegon, dell’ordine camilliano che gestisce il santuario San Giuseppe, nel centro storico, gli ha dedicato tutta l’omelia della domenica. «A volte crediamo in un dio ideologico, funzionale, che serve per odiarci e insanguinare la terra». E, sostiene sempre padre Menegon, a questo dio pieghiamo per le beghe terrene, vedi la battaglia in difesa del presepe: «La fede non ha nulla a che spartire con chi va a prendere l’acqua sul Monviso con l’ampolla. Vedere certe persone cantare “Tu scendi dalle stelle” fa venire il vomito».

La chiesa di padre Michele è imponente almeno quanto il contesto che la circonda è sobrio. Gente di periferia, una vita a galleggiare a filo povertà. Qui nessuno se la sente di condannare il parroco che pronuncia l’omelia in mezzo ai fedeli anziché dal leggio. «È una persona semplice, uno che fa del bene. Si è espresso male». Anche il suo predecessore, padre Ottavio Pizzamiglio, di cui è stato vice parroco, ogni tanto esagerava: «Con l’islam c’è un divario di cultura incolmabile», disse qualche anno fa. «Le donne si nascondono dietro al velo, i bambini sono maleducati e sporchi». Eppure la chiesa è sempre piena, sembra una comunità frastagliata ma coesa: il vice parroco si chiama Osita Matthew Okeke, c’è il coro dei ragazzi, un maxischermo quasi stile karaoke per chi non sa i canti a memoria, i bambini nelle prime file, tante famiglie di immigrati. Questo è l’interno. L’esterno si comprende meglio ascoltando un signore di mezza età, Fernando Liberatori: «A chi ci dà lezioni di tolleranza consiglio di trascorrere una settimana qui. Scoprirà che la convivenza è difficile. Ha ragione padre Michele: siamo diversi. Negarlo è ipocrita».

A metà della messa entrano due bambine di etnia rom, si dirigono verso le persone in piedi al fondo. «Me la dai una moneta?». Sguardi imbarazzati: non è il luogo, non è il momento. «Ha visto?», s’infuria uscendo una donna di 77 anni, Giuseppina Urro. «Ci spiegano che dobbiamo dialogare, e sarei anche d’accordo, ma a furia di smorzare gli spigoli abbiamo perso la capacità di dare ed esigere rispetto. No, davvero, il don può avere esagerato ma dev’essere esasperato. Come noi».
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » mar dic 08, 2015 3:32 am

L'islamica italiana che tifa jihad: "A Parigi se la sono cercata..."
Ai microfoni di Mattino Cinque aveva detto: "Le religioni non si toccano. Offendendo il nostro profeta Maometto ci stai toccando". Ora è stata denunciata
Sergio Rame - Lun, 07/12/2015 - 16:27

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 02317.html
http://www.ilgiornale.it/video/cronache ... 02316.html


"Tutto questo se lo sono cercato". Chiara è una musulmana, si è convertita all'islam da otto anni e difende i sanguinari jihadisti che hanno ammazzato 130 persone a Parigi (guarda il video).
"Le religioni non si toccano - dice la 27enne - offendendo il nostro profeta Maometto ci stai toccando". Parole di odio che l'islamica italiana ha pronunciato ai microfoni di Mattino Cinque e per le quali è accusata di "propaganda di idee fondate sulla discriminazione e l'odio razziale, etnico e religioso".
Chiara, la ragazza italiana che appoggiava i terroristi di Parigi

In diretta televisione Chiara aveva giustificato e condiviso i motivi degli attentati avvenuti a Parigi il 13 novembre scorso. Dichiarazioni di una violenza inaudita che non lasciavano ombra di dubbio dell'odio nutrito nei confronti degli occidentali. Nel servizio di Angela Camuso dalla moschea di via dei Frassini in Centocelle a Roma aveva, infatti, condiviso le ragioni che avevano spinto i jihadisti ad attaccare Parigi e a compiere una vera e propria strage, forse la più efferata e drammatica mai realizzata nei Paesi dell'Unione europea. "Tutto questo se lo sono cercato. Sono convertita all'islam da otto anni. Le religioni non si toccano. Offendendo il nostro profeta Maometto ci stai toccando". Nel collegamento successivo l'imam della moschea di Centocelle, Mohamed ben Mohamed, aveva spiegato di non essere in grado di controllare tutti i fedeli che entrano nella moschea, ma aveva anche assicurato di non aver mai notato "odio pericoloso" da parte dei fedeli.

Oggi Chiara è stata rintracciata a Tivoli dagli investigatori del locale Commissariato e dagli agenti della Digos. Nella sua abitazione sono stati trovati e sequestrati documenti e manoscritti, tuttora al vaglio degli inquirenti.

http://www.ilgiornale.it/video/cronache ... 02316.html
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » gio dic 10, 2015 7:03 pm

L’Islam è violenza se pretende di annullare la storia
Per il poeta siriano Adonis il Corano è sopraffazione. Ma nei secoli sono molti anche gli esempi contrari
Pellegrini raccolti intorno alla moschea di al-Haram Sharif alla Mecca. Il pellegrinaggio alla Città santa è uno dei 5 precetti fondamentali dell’Islam
09/12/2015
claudio gallo

http://www.lastampa.it/2015/12/09/cultu ... agina.html

Nel Corano Noè chiede al Signore di punire gli scettici: «Non lasciare sulla terra, dei Negatori vivo nessuno». In una sura precedente, dedicata ai miscredenti della Mecca, si dice «Il giorno in cui li stringeremo di stretta tremenda e suprema, allora Ci vendicheremo». Nella biografia di Maometto curata da Ibn Hisham, uno dei compagni del Profeta si vanta: «Tagliai la testa di Abu Jahl e la consegnai al Profeta dicendo: “Oh Messaggero di Dio, ecco la testa del nemico di Dio”». Si potrebbe continuare a lungo: la violenza contro i nemici del Signore attraversa il libro sacro dell’Islam come una lama affilata, così come accade nel Tanàkh (la Bibbia ebraica), che i primi musulmani presero a modello, e nella Bibbia cristiana.

Dalla fondazione
A ricordarci la spietata sete di vendetta e l’odio per l’altro che percorre l’ultima religione monoteista, è il poeta siriano Adonis (Ali Ahmad Said) nel suo dialogo con la psicanalista francese Houria Abdelouahed dal titolo Violenza e Islam (Guanda, pp 187, euro 14). Minacciato di morte e bandito dagli integralisti islamici, dai ribelli siriani e da Damasco, Adonis, 85 anni e origini sciite, è rimasto legato al vecchio socialismo arabo. Per il poeta, l’Islam è intrinsecamente violento: «Tutta la storia ce lo testimonia. L’Islam si impose con la forza, dando luogo così a una storia di conquiste (…); la violenza nasce già con la sua fondazione».

Nel Libro, la proporzione tra misericordia e castigo è decisamente a favore di quest’ultimo. Adonis conta 80 versetti sull’inferno (geenna), mentre 66 evocano il paradiso e 72 lo descrivono come un luogo di godimento infinito. I versetti che parlano di miscredenza e dei suoi derivati sono 518, supplizi e simili compaiono 370 volte. Su 3000 versetti, 518 sono sul castigo. Ammiratore di Freud e della rivoluzione francese, Adonis fa un passo ulteriore: la violenza dell’Islam è inscritta nella sua natura monoteistica e infatti la ritroviamo nelle altre religioni del Dio unico. Il monoteismo sarebbe il risultato di due fattori: «In primo luogo lo sviluppo del senso dell’economia. In secondo luogo, lo sviluppo del senso di potere. Questi due elementi sconvolsero il mondo antico, ricco di grandi civiltà politeiste, e uccisero l’idea stessa di pluralità». Già Hume, Comte e William James la pensavano più o meno così.

La stessa preoccupazione per la violenza originaria del monoteismo fa da sfondo a Il lato oscuro della fede (pp. 52, euro 8), il dialogo (di una decina di anni fa) tra Hans Küng e Paul Ricoeur, appena uscito da Medusa. Spiega il filosofo francese: «Sarebbe troppo facile dire: non è la religione, ci si serve della religione per..., ecc. È proprio per l’attaccamento delle religioni alla loro missione profonda, quella di dire una Parola che le trascende (...), che può esserci una pretesa a dominare gli altri, a imporre con la forza».

Una sola versione
Molti, come Adonis, credono che alla fine esista un solo tipo di Islam, da cui deriva anche il credo disumano dei terroristi suicidi. Nella storia, tuttavia, l’Islam ha conosciuto incarnazioni molto diverse, senza contare che nel revanscismo radicale musulmano non c’è solo la religione ma anche la politica: la reazione a un’aggressione occidentale che va dal colonialismo alle guerre recenti.

Lo storico Zachary Karabell, che nel suo Peace Be Upon You (Alfred A. Knopf, 2007) ha raccontato la secolare convivenza delle tre religioni dell’unico Dio: «Non si può negare che oggi alcune parti del mondo musulmano siano segnate da alti livelli di violenza, ma è altrettanto vero che ci sono stati analoghi episodi di violenza in Colombia e in molte zone dell’Africa sub-Sahariana. L’Occidente ha dimenticato l’eredità di 14 secoli che, certo, hanno visto conflitti, ma anche alti livelli di tolleranza e di quieto vivere». Nel suo straziante libro di qualche anno fa sulla scomparsa del Cristianesimo dai paesi dove si si diffuse all’inizio, Dalla montagna sacra (Rizzoli, 1996), William Dalrymple racconta come in certi santuari cristiani e musulmani pregassero insieme. L’esodo dei cristiani mediorientali, che nei loro Paesi hanno sempre avuto un ruolo cruciale di mediazione, è uno dei fattori che oggi favorisce l’estremismo nelle società musulmane.

Il credo più moderno
Il grande tibetologo britannico David Snellgrove in Religion as History, Religion as Myth (Orchid Press, 2006) è convinto che, tra i monoteismi, l’Islam sia il più moderno e il meno lontano dalla visione scientifica del mondo. Dicendo così, non pensa certo agli stati del Golfo ma al cosiddetto Islam liberale, a Paesi come la Malaysia, l’Indonesia, specialmente Java. In realtà, la faglia che spacca il mondo islamico divide due mondi incomunicabili: chi segue il senso letterale e chi interpreta. La versione iper-rigorista dell’Islam diffusa dal salafismo (di cui fa parte il wahhabismo, ufficialmente professato in Arabia Saudita) è anche la religione dell’Isis, di Al Qaeda e degli altri gruppi estremisti. Per loro c’è solo il senso letterale. La rivelazione coranica ha esaurito l’intera verità e, in qualche modo, ha annullato il tempo. L’unica azione possibile del credente è la sottomissione al volere di Dio, una volontà chiaramente indicata nel Corano e negli Hadit, i detti del Profeta. Bene e male sono bianco e nero, le immagini scritturali più sanguinose, destinate a beduini del VI secolo, sono vere alla lettera.

Leggere o interpretare?
Anche se il salafismo rappresenta una piccola minoranza tra i musulmani nel mondo, da almeno quarant’anni la sua variante wahhabita si sta espandendo ovunque, sospinta dai dollari del petrolio saudita. Lo ha denunciato, tra gli altri, il regista britannico Adam Curtis che ha girato per la Bbc un memorabile documentario, Bitter Lake (2015). Il radicalismo aggressivo sta intaccando l’Islam moderato e l’Islam mistico dei sufi, fino all’Estremo Oriente, dove il contatto con hinduismo e buddhismo ha talvolta dato vita a sintesi sorprendenti. L’esempio più estremo è forse l’imperatore Moghul Akbar il Grande che nel XVI secolo fece costruire in India un padiglione per discutere con i saggi di tutte le religioni, atei compresi. I dibattiti furono interrotti dopo qualche anno, un po’ per il sabotaggio dei teologi musulmani, ma soprattutto perché le conversazioni finivano sempre in rissa. In troppi possedevano la verità.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » lun dic 14, 2015 6:51 pm

"L'islam cerca vendetta". Il deputato islamico Pd confessa
di Pietro Senaldi
14 Dicembre 2015
http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... detta.html

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... haouki.jpg


«La violenza è la malattia dell'islam, l'integrazione è fallita, il buonismo di certa sinistra fa il nostro male e ai musulmani servirebbe un Papa come Francesco».

Scusi, ma lei si chiama Khalid Chaouki?
«Sì, sono proprio io, l' unico parlamentare musulmano della Repubblica, nato a Casablanca, Marocco, 32 anni fa, ma in Italia dal 1992 e nel Pd da prima della sua fondazione. Perché?».
Pensavo d' aver fatto il numero di Salvini… «Guardi, le appendo il telefono perché non ha capito nulla. I miei non sono slogan, come quelli del vostro amico padano, che strumentalizza la minaccia del terrorismo per raccattare voti. Era ben più aperto Berlusconi, Salvini punta solo alla pancia senza proporre soluzioni e senza conoscere il problema. Mille volte meglio la Le Pen».

La Francia di destra non le fa paura?
«La Le Pen è un avversario politico tosto ma l' idea che tra due anni possa insediarsi all' Eliseo non mi fa paura, perché almeno ha senso della nazione e dal suo punto di vista è credibile. Mi preoccupano di più quello che ha intorno e l' incapacità della sinistra francese, che ha perso ogni identità, di darsi una politica sociale e immigratoria illuminata e abbandonare i luoghi comuni sull' integrazione. Un problema peraltro comune a una parte della nostra sinistra».

Allude alle boldrinate, tipo farsi fotografare con il velo o invitare alla Camera dei filo terroristi?
«La Boldrini è un' amica e non voglio tirarla in mezzo. Alludo al falso senso di colpa che certa sinistra chic prova verso l' immigrato, che in quanto più povero e sfortunato è ritenuto pregiudizialmente dalla parte della ragione e giustificato. Un atteggiamento che offusca il buon senso e deresponsabilizza gli immigrati, che peraltro allo Stato non chiedono buonismo ma rispetto e uguaglianza nel vero senso della parola».

Mi sta dicendo che è fallito il modello d' integrazione proposto da certa sinistra?
«È un problema di tutta la politica europea. Si è preferita la coabitazione alla condivisione di minimi valori comuni. Compra la pace sociale mantenendo milioni di giovani musulmani disoccupati ma non li include e li ghettizza. Poi, quando questi allo sbando si buttano sul terrorismo alla ricerca di una nuova identità, tende a giustificarli o comunque non li criminalizza come dovrebbe. E neppure si apre un dibattito serio su cosa non ha funzionato».

Ma per la coppia assassina della California non vale il solito discorso degi emarginati, guadagnavano 70mila dollari l' anno...
«Perché non è solo una questione economica, c' è anche un problema ideologico legato all' interpretazione violenta del messaggio del Corano, come si diceva».

L' islam andrebbe riformato?
«Andrebbe riformata l' interpretazione del Corano con un concilio islamico che scomunichi la violenza e il terrorismo. Solo che purtroppo siamo ancora lontani da questo».

Ma quanto è grave la minaccia del terrorismo islamico?
«Molto. Il mondo arabo musulmano ha un complesso d' inferiorità verso l' Occidente che si porta dietro dai tempi della sconfitta dell' Impero Ottomano. Sa di aver perso la battaglia con la civiltà occidentale perché qui ci sono una libertà, una ricchezza e un rispetto per l' individuo impensabili nel mondo arabo. Per questo i terroristi sono assetati di vendetta e voglia di riscatto».

È una sete che può placarsi?
«No. I musulmani non si libereranno mai dell' odio verso l' Occidente finché non ci sarà una presa di coscienza che la violenza è purtroppo un cancro insito nella storia dell' islam e come tale va eliminato. Fin dalla morte del profeta si svilupparono interpretazioni del Corano che giustificano ogni genere di violenza in nome della religione anche contro i musulmani non sottomessi a queste logiche. Oggi solo un' infima parte dei musulmani segue queste dottrine sanguinarie ma la reazione debole dell' Occidente alle minacce dei fanatici e il non sostenere abbastanza gli interlocutori islamici moderati rischia di destabilizzare ancora di più il mondo arabo e ingrossare le fila della minoranza pericolosa».

Dovremmo quindi fare la guerra all' Isis?
«Assolutamente sì, con il fondamentale aiuto delle popolazioni locali. Dovremmo continuare a sostenere i curdi e le popolazioni sunnite schierate contro l' Isis e avere il coraggio di darci una priorità e scegliere il male minore: sconfiggere subito l' Isis e poi negoziare una transizione che preveda l' uscita di Assad contro l' Isis. Lo Stato islamico conta sulla nostra arrendevolezza».
Renzi non la pensa come lei… «In Iraq siamo presenti e facciamo tutto quello che possiamo. Quanto alla Siria, dovremmo intervenire all' interno di un' operazione militare internazionale. Mentre la Libia è stato un disastro e la Francia, che ha scatenato la guerra guardando soprattutto ai propri interessi, ne porta la responsabilità. Ora dovremmo cercare di gestire noi la situazione e non farci superare da acluni "Paesi amici" come avvenuto già in passato».

Il premier la interpella spesso sulla questione islamica? Cosa le chiede?
«Siamo in contatto, mi manda spesso degli sms, quando serve parliamo».

In cosa lo sente presente e in cosa lo vorrebbe più presente?
«È molto risoluto nella gestione dell' emergenza immigrati e nell' affermare che nessuno può essere abbandonato in mare. Vorrei promuovesse la soluzione definitiva dei rapporti tra comunità islamica e Stato italiano. Serve un' intesa, con regole, riconoscimenti, diritti e doveri precisi».

Quanto sono reali le minacce al Giubileo e i proclami sulla conquista di Roma?
«Nel Corano c' è un versetto in cui il profeta annuncia che "un giorno prenderemo Roma".
La città eterna è da sempre meta di conquista dell' Islam e ha un valore simbolico unico. La minaccia è reale».

In caso di attentato a Roma si potrà parlare di guerra santa?
«Diciamo che un attentato a Roma cambierebbe radicalmente lo scenario. Ci sarebbe un salto di qualità impressionante, sarebbe un atto bellico, non si potrebbe più parlare di terrorismo. L' espressione guerra santa non mi piace, ma non mi sentirei di negarla in quel caso. Lo stesso Papa ha parlato di una terza guerra mondiale in corso e mi pare chiaro che i combattenti siano l' Occidente e i musulmani pacifici da una parte e l' Isis e il terrorismo religioso dall' altra».

Visti i tempi non è stato poco opportuno indire un Giubileo?
«Quella del Papa è stata anche una sfida al terrorismo e ha fatto bene perché dimostra di non temere nulla. È una dimostrazione di forza e un messaggio di speranza. Da musulmano vi invidio questo Papa, che neppure teme di svelare i lati oscuri della Chiesa, come dimostra affrontando a viso aperto gli scandali di Vatileaks».
Forse avrebbe preferito risparmiarseli...
«Comunque ne uscirà più forte, ha mostrato forza autocritica e capacità di perdono».

Mi perdoni le faccio una domanda alla Severgnini: cos' ha in più il Corano del Vangelo, e viceversa?
«Il Corano non è solo un testo religioso. È un' opera letteraria di immenso valore. Il Vangelo ha una coerenza e una forza del messaggio uniche. E non è un caso che io mandi i miei due figli a scuola dalle suore, dove sono gli unici due allievi di fede musulmana».

Sorprendente. Come mai?
«Adam e Ilias vivono a Roma, che è la culla del cattolicesimo e voglio che condividano i valori fondamentali del loro Paese, l' Italia».

Scuola cattolica, fede musulmana ma nomi ebraici. Non sarà una casualità...
«Non lo è. Spero che questi nomi, che prima sono ebraici e sono nomi per la storia umana, siano di buon auspicio per la loro vita e li aiutino a diventare testimoni di convivenza. I nomi per me sono importanti. Mia moglie si chiama come me, Khalida, che al femminile in arabo è rarissimo. Quando mi si è presentata, è stato un colpo di fulmine».

Lei mi parla di integrazione, ma ha attuato il più classico dei motti del campanilismo italiano, "moglie e buoi dei Paesi tuoi".
«Vede come mi sono integrato? Comunque quello è un adagio che va forte in tutto il mondo, me lo consigliava anche mia nonna. Comunque è così, anche lei è nata in Marocco e cresciuta in Italia in una famiglia di immigrati, anche se forse per lei è stata un po' più dura che per me. Sono cinque sorelle e il padre è arrivato qui come vu' cumprà, poi è diventato meccanico a Rovereto».

E la sua storia famigliare invece?
«Mio padre è un tappezziere, ma ha cambiato tanti lavori. Ha anche aperto un fast food, che però ha chiuso per la crisi. Così si è trasferito con mia madre e i miei due fratelli più piccoli in Belgio, dove vivono altri nostri parenti. Mia madre invece è un' insegnante di lingua araba, è più colta. Con la Tunisia, il Marocco è il Paese islamico che più tutela la condizione della donna».

Sua moglie porta il velo?
«Sì, è l' unica tra le sue sorelle a portarlo. Ma non glielo chiedo io, è una sua libera scelta».
Per noi occidentali il velo è sottomissione, non può essere libera scelta.
«Il velo ormai viene considerato anche come un accessorio chic, alla moda. Non nego sia sottomissione ma è sottomissione a Dio, non al marito, e in questo è libera scelta. Anche il digiuno è sottomissione, anche la preghiera, sono libere scelte di sottomissione fatte per motivi religiosi».

Non credo che tutte le donne velate che vedo lo siano per loro volontà...
«Quando è imposizione e supremazia dell' uomo sulla donna, il velo diventa intollerabile. La condizione di sudditanza della donna è un problema dell' islam, comune a tante altre società».

Per i suoi figli a scuola pretende un menù differenziato?
«È giusto che i musulmani, come gli ebrei, ce l' abbiano. La forza di un Paese e di una civiltà è nella tutela delle minoranze».

E come la mette con il rifiuto di fare il presepe a scuola o con gli islamici che non fanno fare le lezioni di musica ai figli?
«Un conto sono i menù differenziati, giusti perché rispettano le specificità di una fede, un altro le lezioni di musica o i presepi. Il percorso formativo dev' essere unico, perché solo così la scuola pubblica permette l' integrazione. Quindi corsi di musica per tutti e sì al presepe, che è un arricchimento anche per i bambini musulmani. Negarli significa ricadere nel minestrone multiculturista alla base del fallimento della società inglese. Ma che la scuola dovrebbe permettere anche ai bambini cattolici di venire a conoscenza dei fondamenti dell' islam e delle altre religioni praticate dai loro compagni di banco».

A casa sua fa il presepe?
«Non esageriamo. Festeggio Babbo Natale: il 25 a casa mia è un' occasione di festa per i bimbi, lo viviamo in chiave consumistica, con i regali».

Non teme che i suoi figli possano abbracciare un giorno l' estremismo islamico?
«Francamente no. I giovani che si convertono al Jihad sono dei disperati senza valori, che trovano nell' islam estremo la risposta al loro disagio sociale e al loro fallimento personale. In realtà sono la prova della disfatta educativa del modello islamico, smarrito davanti alla modernità. Si dicono islamici ma dell' islam non sanno nulla».

Eppure, da Scruton a Finkielkraut, molti pensatori occidentali rimproverano alla nostra società d' essere molle e priva di valori e di essere destinata a essere schiacciata dall' islam, forte, compatto e motivato.
«Non sono d' accordo. L' islam è in crisi d' identità, dilaniato da una guerra interna feroce. Siccome ha paura di mostrarsi debole si chiude nei dogmi. Questo avviene a livello religioso con gli imam, politico con i leader e famigliare con i padri che distribuiscono precetti e non dialogano».

Mi sta dicendo che il primo problema dell' islam sono gli islamici?
«Così non è detta bene. Il problema delle nuove generazioni di musulmani è la mancanza di esempi positivi. I leader politici e gli imam difendono il loro orticello e non curano gli interessi dei musulmani. Fanno propaganda, alimentano il vittimismo che genera rancore ma non propongono soluzioni. Parlano tanto di politica e poco di valori, sono litigiosi tra di loro e fanno ancora troppo poco per una reale integrazione».

Cosa dovrebbero fare?
«Condannare fermamente il terrorismo, chiedere pene esemplari, spiegare ai giovani che per frustrazione e ignoranza solidarizzano con gli attentatori che l' islam è religione di pace e misericordia e che le minoranze sanguinarie vanno combattute.
E poi chiedere allo Stato italiano un' intesa, lavorando insieme per un riconoscimento della presenza islamica in Italia. Con norme chiare riguardo la trasparenza nella gestione delle moschee e la formazione di imam certificati. Insomma, un islam perfettamente integrato nel sistema legale del nostro Paese».

Perché ha lasciato i Giovani Musulmani?
«Perché mi ci sentivo stretto. Erano appiattiti sulla dimensione religiosa e subivano inquietanti influenze da parte dell' estremismo. Non vede male chi insinua che Isis e terrorismo siano insufflati dai dittatori più spietati e dagli sceicchi, che puntando l' indice contro il demone occidentale mantengono le masse islamiche nella schiavitù e perpetuano i loro privilegi, impedendo un' evoluzione sociale, economica e dei diritti».

Per lei è più importante essere un buon italiano o un buon musulmano?
«Da buon musulmano non posso che essere un ottimo cittadino italiano».
L' Italia è un Paese razzista?
«Da dieci giorni giro con la scorta a causa delle minacce dell' estrema destra ma non penso che l' Italia sia razzista. Lo sono però alcuni italiani, spalleggati da noti movimenti politici».

Un rapporto del Centro Studi Strategici la mette tra gli estremisti islamici pericolosi...
«Una vicenda assurda, per la quale ho ricevuto la solidarietà del ministro competente, la Pinotti. È tutto dovuto alla mia presenza in una videoclip di un rapper egiziano che inneggiava alla violenza. Interpretavo un preside severo».

Non è un cameo edificante. Se n' è pentito?
«È stata una leggerezza. I toni di quel video non sono i miei, la mia storia parla per me. E poi quel rapper non è un terrorista bensì un artista pluripremiato. Comunque, la mia è stata una testimonianza, non bisogna fare gli struzzi e negare una realtà che c' è».


"Parassita, venduto, traditore": gli islamici "linciano" Chaouki
Il mondo musulmano tradizionalista non accetta le parole del deputato Pd, accusato di "tradire il messaggio del Corano" solo perché ha chiesto una condanna pubblica della violenza
Ivan Francese - Mar, 15/12/2015

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 04316.html

Khalid Chaouki non l'ha" fatta franca".
Il deputato marocchino e musulmano del Pd, rappresentante dell'islam dai toni più moderati, è finito nel mirino dei suoi correligionari più integralisti per un'intervista uscita ieri su Libero, in cui denunciava la violenza come la "malattia" dell'islam e invocava per i musulmani "un papa come Francesco".
Tra i più duri Davide Piccardo, coordinatore del Caim, l'associazione che rappresenta le sigle islamiche di Milano e Brianza: "La Storia dell'Islam viene ridotta ancora ad una Storia di sangue, vengono inventati versetti del Corano inesistenti e il Corano stesso diviene 'un'opera letteraria' - attacca Piccardo scrivendo su Facebook- In un momento in cui avremo bisogno di promuovere la conoscenza del vero messaggio dell'Islam Chaouki asseconda i peggiori pregiudizi."
Il deputato Pd viene accusato di "enfatizzare la paura" a cui deve poertanto essere negato lo status di "interlocutore politico per la comunità islamica".
A parlare di "opportunismo" è anche Luca Bauccio, avvocato e storico patrocinatore delle cause delle associazioni islamiche, nonché autore del pamphlet "non diffamare". Ma è più in generale tutto il popolo dei musulmani più tradizionalisti a non digerire le parole di Chaouki. Su Facebook fioccano i commenti di "venduto", "traditore", "parassita" e chi più ne ha più ne metta.
In giornata è arrivato un comunicato anche dei "Giovani Musulmani d'Italia", associazione che lo stesso Chaouki ha definito "appiattiti sulla dimensione religiosa" e soggetti a "inquietanti influenze estremiste".
"Il cancro dell'Italia è l'istigazione all'odio e alla divisione tra cittadini - scrivono i giovani musulmani - sostenuta da alcuni politici per mero opportunismo tramite pregiudizi e luoghi comuni infondati". L'associazione si è detta "sconcertata e indignata" dalle parole dell'onorevole piddì.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » lun dic 14, 2015 8:37 pm

I fantasmi di troppo nell’islam italiano
di Goffredo Buccini
14 dicembre 2015

http://www.corriere.it/opinioni/15_dice ... eed9.shtml

L’Islam italiano è da tempo un paradosso. Seconda religione per numero di fedeli (gli islamici sono almeno un milione e seicentomila e nel 2030 potrebbero essere tre milioni, ovvero il 5 per cento della popolazione), unica religione non riconosciuta tra le principali praticate in Italia. L’Islam non ha con lo Stato un’intesa che traduca in norme la libertà di culto garantita dalla nostra Costituzione. La ragione primaria di questo vuoto sta nell’estrema difficoltà a trovare tra gli islamici un interlocutore che parli a nome dell’intera comunità: l’orizzontalità del sistema di culto e la litigiosità di leader che senza tregua si sconfessano a vicenda portano a un’inconcludenza mai superata, neppure dal tentativo dell’allora ministro Giuseppe Pisanu con la sua Consulta per l’Islam italiano del 2005. La ragione accessoria sta forse in un riflesso inconfessabile verso una fede che in passato ha fatto da propellente a invasioni e conquiste e ora viene brandita abusivamente come vessillo dal terrorismo assassino.
Tuttavia la storia non cammina a ritroso e fingere che così tanti italiani di quella fede non esistano è, prima che sbagliato, controproducente.
Nel vuoto e nella nebbia i pericoli crescono. Le «moschee» in Italia sono un migliaio: le virgolette qui sono indispensabili perché di esse solo quattro hanno il tratto architettonico della moschea e altre quattro sono luoghi di culto riadattati. Per il resto si utilizzano garage, cantine, ex magazzini. Senza sicurezza né dignità, con imam spesso improvvisati (i cosiddetti «fai-da-te»). Non ci vuole uno stratega per capire che il primo passo è fare emergere anche fisicamente questo magma di anime e aspettative. Appare contraddittoria la posizione di chi, tra i politici, invoca a ragione albo degli imam e sermoni in italiano sobillando però ogni volta, per raccattare qualche voto, i quartieri in cui si prospetta la costruzione di una moschea. Lo scambio tra regole accettate e dignità garantita, alla base di una convivenza civile, tiene ovviamente tutto assieme: piccole moschee di quartiere con imam formati e riconoscibili e sermoni comprensibili a tutti, aiuti concreti a chi accetta di uscire dalla nebbia spingendo così le comunità islamiche a dotarsi di una voce univoca, la più moderata possibile. Non basterà a sconfiggere «l’imam Google», lo spettro dell’autoindottrinamento via Internet. Ma scaccerà i fantasmi dei predicatori più invasati, che incombono soprattutto sulle periferie. Proprio nelle periferie va mosso il secondo passo: le nos t re non sono ancora banlieue, non hanno la cupa uniformità di rabbia e segregazione che altrove ha prodotto mostri. Bisogna intervenire ora, imboccando con provvedimenti governativi la strada del recupero indicata da Renzo Piano, per evitare che tra vent’anni Tor Sapienza somigli davvero a Courcouronnes. In questa sfida avremo un alleato prezioso: le giovani islamiche, seconda generazione femminile, le più interessate a coniugare fede e libertà.
Come raccontato nell’inchiesta di queste settimane sul Corriere, sono loro, che qui studiano, lavorano e costruiscono il futuro, la vera cinghia di trasmissione dei valori (lo sa anche l’Isis, che a loro rivolge appelli incessanti). Il distinguo non sarà sull’hijab (che incornicia appena il volto e appare del tutto accettabile in luoghi pubblici, a differenza di veli che mascherano la persona). Conterà piuttosto la capacità di vivere e applicare la Costituzione oggi, da cittadine d’Italia, spingendo domani i figli a farlo. Tra il duro assimilazionismo francese e il disastroso multiculturalismo britannico dobbiamo cercare una nostra via originale: giorno per giorno, senza formule magiche. Abbiamo il talento per trovarla.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » dom gen 03, 2016 7:45 pm

Esecuzioni di massa in Arabia Saudita: riesplode la guerra millenaria tra sunniti e sciiti
di Magdi Cristiano Allam 03/01/2016

http://www.magdicristianoallam.it/edito ... ciiti.html

La più sacra delle terre dell'islam ha confermato di essere l'epicentro della guerra intestina millenaria tra i fedeli di Allah. Ieri l'Arabia Saudita ha annunciato di aver eseguito una pena capitale di massa, mettendo sullo stesso piano 43 “terroristi” sunniti di Al Qaeda, compreso il loro capo in territorio saudita, Fares al Shuwail, e 4 oppositori “sovversivi” sciiti, tra cui spicca l'imam Nimr al-Nimr, che aveva capeggiato la protesta della minoranza islamica, pari al 5% della popolazione, tra il 2011 e il 2014.
Durissima la reazione dell'Iran, il Paese dove gli sciiti rappresentano il 90% della popolazione. A Teheran il ministero degli Esteri ha promesso che l’Arabia Saudita pagherà «a caro prezzo» l’esecuzione di al-Nimr. L’ayatollah Ahmad Khatami, membro dell’influente “Assemblea di esperti”, ha definito «criminale» la famiglia reale saudita, sostenendo: «Non ho dubbi che questo sangue puro macchierà la casa dei Saud e li spazzerà via dalle pagine della Storia». Pesanti reazioni anche negli altri tre paesi dell'area dove gli sciiti costituiscono la maggioranza. L’imam Moqtada al-Sadr, massima autorità sciita dell’Iraq, ha lanciato un appello: «Chiedo agli sciiti dell’Arabia Saudita di mostrare coraggio nella risposta, anche con manifestazioni pacifiche, e lo stesso per gli sciiti nel Golfo, come deterrente per l’ingiustizia e il terrorismo di governo in futuro». In Libano, Hezbollah ha condannato “l'omicidio” dell'imam al-Nimr. In Bahrain la polizia è intervenuta con i gas lacrimogeni per disperdere la folla di manifestanti.
Dall'analisi del comunicato emesso dal ministero dell'Interno saudita, emerge innanzitutto che l'insieme delle condanne a morte sono state inflitte sulla base della legge islamica del “qisas”, della vendetta, del contrappasso o del taglione. Che viene legittimata dal versetto 33 della Sura 5 del Corano: “La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso”. Ebbene lo stesso versetto del Corano era stato menzionato nel video con cui il 3 febbraio 2015 i terroristi dello “Stato islamico” dell’Isis hanno legittimato l'atroce uccisione del pilota giordano musulmano Muaz Kassasbe, arso vivo in una gabbia, sempre nel nome della legge islamica della vendetta.
Di fatto abbiamo la conferma che sia uno Stato islamico che il mondo considera “moderato”, sia i terroristi islamici che il mondo denuncia come “estremisti”, attingono dalla stessa fonte del Corano. Nel comunicato ufficiale saudita, si evidenzia che queste condanne a morte si basano sull'adesione del Regno “al Libro di Allah e alla Sunna (la raccolta dei detti e dei fatti) del suo Messaggero, che sin dalla sua nascita sono stati assunti come propria Costituzione e Ordinamento”.
Per un altro verso il comunicato elenca una lunga serie di attentati compiuti tra il 2003 e il 2006 che danno il quadro di un Paese sconvolto da una guerra interna scatenata dal terrorismo islamico. Si denunciano attentati realizzati contro palazzine in centri residenziali, le sedi del ministero dell'Interno, delle Unità di pronto intervento e della Motorizzazione, il Consolato degli Stati Uniti a Gedda, la raffineria di Beqiq, le sedi di due società petrolifere, l'assalto a banche e centri commerciali che hanno fruttato un ingente quantitativo di denaro che è stato riciclato per finanziare il terrorismo. Così come si denuncia il progetto di avvelenare gli acquedotti e di far esplodere le infrastrutture petrolifere che sono presenti nella regione nord-orientale popolata dagli sciiti.
Sempre ieri l'Arabia Saudita ha annunciato la fine del cessate il fuoco in vigore dal 15 dicembre in Yemen con i ribelli sciiti Houthi, altro fronte di una guerra indiretta con l'Iran. Ma è soprattutto in Siria e in Iraq che si deciderà la sorte di questo conflitto tra sunniti e sciiti iniziato alla morte di Maometto nel 632, con ben 3 dei primi quattro successori, i “Califfi ben guidati”, assassinati da altri musulmani.
È singolare che il terrorismo islamico sunnita che l'Arabia Saudita combatte dentro casa propria, è lo stesso terrorismo islamico sunnita che sostiene alle porte di casa sua. La lezione da trarre è che chi di terrorismo islamico ferisce, di terrorismo islamico perisce.



Arabia Saudita: Iran sospende pellegrinaggi alla Mecca
Alberto Zanconato ROMA
05 gennaio 2016

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/m ... e3f99.html

Tensione Arabia-Iran, Khamenei invoca vendetta divina
Le autorità iraniane hanno deciso di sospendere il pellegrinaggio minore o 'Umra' finché Riad non garantirà migliori condizioni di sicurezza rispetto al tragico incidente del settembre scorso alla Mecca, quando in una calca incontrollata morirono migliaia di pellegrini. Lo ha annunciato oggi il portavoce del governo Mohammad Bagher Nobakht.

E' altissima la tensione tra Riad e Teheran con l'Arabia Saudita e il Bahrain che decidono di interrompere le relazioni diplomatiche con l'Iran che promette vendetta per l'esecuzione dell'imam Nimr al-Nimr. Ora i sauditi hanno deciso di sospendere tutti i voli da e verso l'Iran. Mosca si dice pronta a mediare. Intanto in Iraq due moschee sunnite sono state attaccate. In queste ore il segretario di Stato Usa Kerry ha telefonato ai ministri degli Esteri dei due Paesi, mentre l'inviato dell'Onu De Mistura volerà nelle due capitali per tentare di disinnescare l'escalation.

"La vendetta divina si abbatterà sui politici sauditi", ha detto ieri la Guida suprema Ali Khamenei nel secondo giorno dell'ira sciita contro la monarchia saudita. Parole durissime accompagnate da una immagine più che eloquente: un boia bifronte, una parte vestita con l'abito bianco saudita e l'altro con quello nero di Jihadi John, l'impietoso tagliatore di teste dell'Isis.
Ma da Riad la risposta è stata pronta: "Il regime iraniano è l'ultimo al mondo che può accusare gli altri di sostenere il terrorismo", ha detto un funzionario del ministero saudita, visto che "sponsorizza il terrore ed è condannato dalle Nazioni Unite e da molti Paesi". Riad interrompe i propri rapporti con Teheran evacuando i propri diplonmatici da Teheran e invitando quelli iraniani a lasciare l'Arabia Saudita entro 48 ore. Anche il Bahrain, secondo la tv panaraba al Arabiya, ha dato 48 ore di tempo ai diplomatici iraniani per lasciare il Paese.
Intanto nonostante i circa 50 arresti annunciati dalla magistratura, altre proteste si sono ripetute oggi nello stesso luogo, con scontri e qualche agente ferito. Proteste concluse con un atto simbolico da parte dei manifestanti: una targa nuova, con il nome dello Sheikh Nimr, al posto di quella che indicava Boustan street.
L'assalto al consolato nel Nord dell'Iran

Le autorità iraniane hanno annunciato che per l'assalto all'ambasciata saudita a Teheran sono state arrestate 40 persone. Secondo l'agenzia Isna, il procuratore di teheran Abbas Jafari Dowlatabadi ha detto che "sono in corso indagini per identificare altre persone coinvolte dell'attacco".
Lo Sheikh Al Nimr, che nel 2009 aveva fatto appello alla secessione delle province orientali, ricche di petrolio e dove vive la maggioranza dei due milioni di sciiti del Regno, era stato condannato lo scorso anno da una Corte speciale a Riad per "sedizione" e per avere posseduto armi. Il leader sciita aveva respinto quest'ultima accusa e aveva detto di non aver mai incitato alla violenza. Suo fratello, Mohammad al Nimr, ha riferito che la famiglia è rimasta "scioccata" dalla notizia delle esecuzioni, ma ha fatto appello alla popolazione sciita perché ogni protesta "sia pacifica". Mohammad al Nimr è il padre di Ali, il giovane anch'egli condannato a morte per il quale la comunità internazionale si è mobilitata negli ultimi mesi, ma che non compare nella lista dei giustiziati oggi. Amnesty International ha riferito che Ali al Nimr è stato arrestato nel febbraio del 2012, quando aveva 17 anni, ed è stato condannato a morte per rapina a mano armata e per aver attaccato le forze di sicurezza. Quella di oggi è stata la più grande esecuzione di massa in Arabia Saudita dal 1980, quando vennero messi a morte 63 militanti fondamentalisti per un assalto alla Grande Moschea della Mecca l'anno precedente. Nel 2015 invece, secondo varie organizzazioni per i diritti umani, le esecuzioni nel Regno sono state almeno 157, il numero più alto negli ultimi 20 anni.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » sab gen 09, 2016 8:47 pm

Adonis, la violenza è l’aspetto costitutivo dell’Islam: il j’accuse tra Isis, sottomissione della donna e assenza di laicità
Il poeta siriano libanese Adonis rilegge la storia araba in Violenza ed Islam (Guanda) e trova nel Corano le origini di una violenza ancestrale e tribale giunta fino ai giorni nostri: “Non ci sarà mai una rivoluzione nel mondo arabo se non fondata sulla laicità”
di Davide Turrini | 9 gennaio 2016

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01 ... ta/2360233

“Nell’Islam la violenza nasce già con la sua fondazione”. C’è poco da girarci attorno, o da fare paragoni con gli aspetti più retrivi e deprecabili di storia e precetti delle altre religioni monoteiste. E’ perentorio il giudizio del poeta siriano libanese Adonis sulla religione islamica e sul Corano, come si evince dalla lunga e densa chiacchierata tenuta con la psicoanalista e scrittrice Houria Abdelouahed contenuta in Violenza e Islam (Guanda).

Il nucleo di pensiero e confronto dal quale sorge il nuovo saggio/pamphlet dell’85enne autore dei tre volumi al-Kitab (Le livre) è proprio questo vulnus arcaico e tribale che lega spiritualità ad agire politico nel mondo arabo musulmano contemporaneo, e che diventa bersaglio di una critica totalizzante.
Laico dichiarato, Adonis mette subito le cose in chiaro liquidando la cosiddetta “primavera araba” come un tentativo totalmente fallito, una “primavera senza rondini”, perché “non si può nel contesto di una società come quella araba, fare una rivoluzione se questa non è fondata sulla laicità”.

Appunto: stato separato dalla religione, istituzioni civili non sostituite dai rappresentanti del culto. Invece le piazze Tahrir del nord Africa hanno finito per rilanciare partiti confessionali e soluzioni ben poco laiche dopo la cacciata dei tiranni. Dopo quei fatti “il fondamentalismo è riemerso meglio organizzato e più crudele di prima.
Dalla speranza e dal desiderio di giorni migliori si è così precipitati nell’oscurantismo (…) quel che è accaduto in nome della rivoluzione nei paesi arabi dimostra che la stragrande maggioranza della società araba è ancora dominata dall’ignoranza, dall’analfabetismo e dall’oscurantismo religioso”.

Un problema di visione storica mai sviluppata e accettata, di occultamento di episodi laici e civici a scapito della continua rimodulazione della lettura di un testo sacro che diventa legge dello stato: “Il problema è che la nostra storia è quella di un regime dittatoriale non di un popolo. Non si parla mai né di popolo, né delle sue rivolte, né tanto meno delle sue aspirazioni. Si specula eternamente sul potere del califfo e di Dio, trascurando completamente i diritti dei cittadini”.

Secondo l’85enne poeta siriano libanese oggi residente a Parigi il mondo arabo “non è mai uscito dal Medioevo”, e il principale colpevole di questa arretratezza è nel non essersi mai affrancati come dimensione pubblica del politico dai versi del Corano. “L’Islam essendo nato perfetto, combatte tutto ciò che lo procede e tutto ciò che viene dopo. ‘Tutto’ significa filosofia, arte, pensiero, creatività, visione del mondo. Il pensiero è abolito, l’arte è condannata. Secondo la mentalità tradizionale bisogna essere gregari, non soggetti che s’interrogano. Non è concesso porre domande sulla nostra storia. Bisogna solo ripetere e riprodurre”.

Il ragionamento di Adonis è lucido e ficcante, chiaramente modellato sulle conquiste “democratiche” occidentali, o ancor meglio europee: “Non c’è una cultura araba creatrice che partecipi oggi al cambiamento del mondo. Mentre possiamo parlare di cultura francese e cultura americana proprio perché ci sono problematiche francesi e problematiche americane non possiamo affermare che esista una visione del mondo profondamente araba. Non esistono problematiche arabe, perché l’islam (sempre in minuscolo nel testo ndr) ha dominato la visione araba del mondo.
Il musulmano vede il mondo attraverso la visione islamica che è obsoleta e chiusa”. Ripensare i fondamenti di un popolo e la sua storia diventa così un necessario scrollarsi di dosso di una religione che ha “sacralizzato la violenza” e che nel suo testo sacro fa continui riferimenti all’odio verso il non credente e il diverso, ai supplizi per i nemici (circa 200 tra cui decine di metodi per bruciarli vivi, scorticarli e torturarli), alla subordinazione totale della donna all’uomo.

“E’ dal 41 del calendario islamico, vale a dire dal regno di Mu’awiya a Damasco (il califfo del clan Umayyad che regnò dal 661 al 680 dc) che la violenza divenne una struttura religiosa, politica, culturale e sociale. Ed è questa struttura che ha sempre regnato fino ai giorni nostri”. I versetti del Corano in merito si sprecano a centinaia. “Quella dell’islam è una violenza che terrorizza l’umano. L’islam giudica e condanna l’essere umano, stabilendo che non deve conoscere niente, non deve sperimentare nulla, a parte ciò che dicono i precetti religiosi. (…) L’uomo deve dare prova di vassallaggio. E’ questo completo assoggettamento che lo salverà. La salvezza deriverà unicamente da questa sottomissione assoluta”.

Una lente religiosa radicale per leggere elementi dell’esistenza quotidiana come la morte, l’amore, la libertà. Non c’è spazio per l’altro e per il confronto, e non esiste nemmeno un “io” nella cultura islamica: “L’Io dell’individuo non è determinato dal suo mondo interiore, ma dal Testo e dal consenso della comunità”.
Ma è nel capitolo dedicato alla donna che il dialogo Adonis-Abdelouahed prorompe in tutta la sua forza, ed anche nel tentativo psicoanalitico nel rileggere l’islamismo.
La donna trattata come “pezzo d’arredamento”, come “proprietà dell’uomo”: “L’islam ha ucciso la donna, non c’è più una donna, c’è solo un sesso.
L’ha resa uno strumento per il desiderio e il piacere dell’uomo”. Complicato trovare le cosiddette tracce della “moderazione”, come risulta difficilissimo uscire da un contesto politico trasformato in odio per l’occidentale oggi in forma radicale come l’Isis che non rappresenta una nuova lettura dell’islam, ma incarna solo la chiusura, l’ignoranza, l’odio del sapere, dell’umano e della libertà. Ed è una fine umiliante.
Da un punto di vista storico l’islam ha quindici secoli, ma sulla scala dell’umanità è poca cosa”.
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Re: Islam è religione di guerra e violenza non di pace

Messaggioda Berto » sab gen 09, 2016 9:03 pm

"Io, trattato da cane perché cristiano"
La testimonianza choc di un ucraino umiliato da un gruppo di islamici in un centro di accoglienza italiano
Fausto Biloslavo - Sab, 09/01/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 11443.html

Prima l'hanno trattato come un cane facendolo mangiare gli avanzi da solo, perché un infedele non può sedere allo stesso tavolo con dei musulmani duri e puri.
Poi il gruppetto di 15 pachistani ha cercato di convertirlo mostrandogli il video dei sermoni di un predicatore estremista. E hanno pure maltrattato ed insultato una loro connazionale, colpevole di essere cristiana e di vestirsi troppo all'occidentale. Non è capitato in Siria, Iraq o Afghanistan nelle aree controllate da bandiere nere o talebani, ma a casa nostra, in un centro di accoglienza per rifugiati del centro Italia.
«Amo il vostro paese e non è giusto che venga sfruttato in questo modo da gente, che non ha alcuna intenzione di integrarsi. Per questo ho deciso di raccontare cosa sta accadendo» spiega un giovane ucraino scappato dalla Crimea annessa dai russi. Per evitargli problemi non riveliamo il suo nome ed il capoluogo di provincia dove si trova il centro ricavato in un ex albergo. Però lo conosciamo bene. La nostra fonte ha lavorato come interprete per il Giornale e altri inviati occidentali durante la secessione della Crimea con grande professionalità e coraggio.Lui, europeo, che ha ottenuto asilo politico in Italia pure per non andare a combattere i filo russi nel Donbass, viene discriminato da una banda di rifugiati pachistani, in nome dell'Islam.
A tutti è già stato rifiutato la prima volta l'asilo, ma hanno fatto ricorso e sono ancora ospiti a nostre spese.«Siamo in 25, la maggioranza pachistani, qualche ragazzo africano ed io» racconta la fonte. «Non pensavo che i pachistani odiassero così tanto i cristiani - aggiunge il ragazzo scappato dalla Crimea - La scorsa settimana non volevano mangiare con me. Non mi davano proprio il cibo. Dicevano che non era pronto. Poi quando loro hanno finito è saltato fuori il mio piatto. E' una discriminazione ridicola». Secondo i musulmani duri e puri pranzare assieme ai kufar, gli infedeli, è peccato. In realtà il ragazzo europeo non è molto religioso, ma ha la pelle bianca e non si genuflette certo verso la Mecca. «Nel centro c'è anche una cristiana pachistana con suo figlio, che ha ancora in testa le schegge di un attentato subito a Peshawar - spiega la fonte - L'hanno insultata perché si vestiva troppo all'occidentale. Lei era terrorizzata. Dopo essere fuggita dagli estremisti islamici si ritrova in questa situazione». All'inizio, la donna, che ha pure ottenuto l'asilo politico voleva andarsene per la paura. A Peshawar, il capoluogo della zona tribale fra Pakistan e Afghanistan, infiltrata dai talebani, insegnava inglese nella scuola cattolica Saint Mary spesso chiusa per timore di attentati. L'aspetto più paradossale della piccola Peshawar creata dalla banda di pachistani nel centro di accoglienza italiano è «che vogliono l'asilo per ottenere i documenti europei ed un lavoro, ma per loro stessa ammissione si rifiutano di integrarsi» racconta il giovane ucraino.
E aggiunge: «Ogni giorno c'è una lezione di italiano ed io ci vado sempre. I pachistani mai, anche se è un fattore importante conoscere la lingua per l'asilo. Mi hanno detto chiaro e tondo che siamo noi europei, che dobbiamo cambiare, non loro».Nonostante l'assurda discriminazione alla rovescia di chi chiede aiuto all'Europa, ma pretende di cambiarla, i 15 pachistani sono da un anno in Italia e nessuno li caccia via.Non solo: quando trovano una facile preda cristiana tentano pure di convertirla. «L'Islam è la migliore religione del mondo» hanno cominciato a ripetermi racconta il ragazzo europeo. «Poi mi mostrano dei video di un loro predicatore per farmi capire quanto sia bello e giusto seguire la religione musulmana» spiega l'ucraino. Il predicatore è Zakir Naik, di origine indiana, ma vive a Dubai. Personaggio controverso aveva detto che «se Osama Bin Laden terrorizza i nemici dell'Islam, allora io sto con lui». Naik vuole la sharia totale e la pena di morte per i gay. Nel 2010 gli hanno vietato l'ingresso in Gran Bretagna e Canada per i suoi sermoni.L'ucraino e la cristiana pachistana hanno fatto presente alla responsabile del centro l'assurda situazione. Nel frattempo il gruppetto islamico «non disdegna il vitto, l'alloggio e l'aiuto economico dell'Italia - fa notare l'europeo discriminato - Ma non conoscono una parola della vostra lingua, non si integrano e tantomeno dimostrano riconoscenza».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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