Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » mer mag 30, 2018 8:00 pm

Quando gli arabi scelsero di diventare profughi
30 maggio 2018
Questi fatti possono essere nascosti e negati con le fake news, ma sono la pura verità
Dan Margalit
(Da: Ha’aretz, 24.5.18)

https://www.israele.net/quando-gli-arab ... e-profughi

Le migliaia di palestinesi che hanno tentato di violare la recinzione di confine fra Gaza e Israele sono i nipoti e pronipoti della generazione che visse la guerra in cui si generò il problema dei profughi, la generazione che ha inventato e tramandato l’impertinente rivendicazione del “diritto al ritorno”. Se gli arabi avessero accettato il piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947 (l’ultima di una serie di decisioni internazionali risalenti alla Conferenza di Sanremo del 1920) che prevedeva di suddividere la terra tra i suoi due popoli, arabo ed ebraico, un piano che riconosceva anche i diritti degli ebrei in Palestina, da allora ad oggi avrebbero potuto continuare a vivere pacificamente sulla loro terra. Ma il giorno dopo l’approvazione di quella risoluzione, gli arabi lanciarono una guerra proclamando che avrebbero gettato gli ebrei in mare, e oggi portano la responsabilità delle conseguenze.

Un mese dopo l’inizio delle sparatorie dalla Giaffa araba verso Tel Aviv, i capiarabi locali accettarono un cessate il fuoco. I leader palestinesi e l’organizzazione paramilitare Najda chiesero il consenso del Supremo Comitato Arabo, ma se lo videro rifiutare (si veda Palestinians in Jerusalem and Jaffa, 1948: A Tale of Two Cities, di Itamar Radai). Solo dopo altri cinque mesi di fuoco di cecchini su Tel Aviv, Menachem Begin permise ai combattenti dell’Irgun di attaccare Giaffa.

Titoli dell’Unità, maggio 1948 (clicca per ingrandire)

Questo accadeva nell’aprile 1948, un mese prima della dichiarazione d’indipendenza di Israele. Con quelle decisioni gli arabi scelsero di diventare profughi. Una situazione analoga si verificò nello stesso periodo a Haifa. Gli ebrei esortarono gli arabi a rimanere, ma quelli abbandonarono la città dopo che i loro dirigenti avevano garantito che sarebbero tornati entro dieci giorni e che avrebbero potuto saccheggiare le case degli ebrei. Questi fatti possono essere nascosti e negati con le fake news, ma sono la pura verità. I due maggiori abbandoni avvennero su iniziativa degli arabi.

Negli ultimi anni, ogni volta che Benjamin Netanyahu ha sostenuto di volere ancora i negoziati, ha chiesto ai palestinesi di riconoscere Israele come stato nazionale del popolo ebraico. Forse sarebbe stato più appropriato condizionare i negoziati al riconoscimento esplicito da parte degli arabi che essi, più di chiunque altro, hanno causato il verificarsi del problema dei profughi. Contrariamente a quanto affermano alcuni, quando nel 1956 Moshe Dayan, nel suo elogio funebre per Ro’i Rothberg, il membro del kibbutz Nahal Oz assassinato da palestinesi di Gaza, disse che i profughi ci guardavano da Gaza arrabbiati e feriti, questo non significava affatto che gli ebrei si assumessero alcuna responsabilità per la situazione dei profughi, ma solo che esprimevano compassione. Da qui, anche, la conclusione di Dayan, che disse: “Questa è la sorte della nostra generazione: essere pronti e armati, forti e inflessibili, affinché la spada non cada dalla nostra mano e le nostre vite non vengano recise”.

New York Times, 16 maggio 1948: “Eserciti arabi invadono la Palestina, raggiungono Gaza, bombardano di nuovo Tel Aviv” (clicca per ingrandire)

Nessuno avrebbe potuto prevedere che nel 2018 il “diritto al ritorno” dei profughi a Giaffa e Haifa sarebbe stato ancora al centro degli eventi, e proprio nei campi presso cui Rothberg venne assassinato. Se la situazione è questa, è perché i paesi arabi non hanno permesso che la questione svanisse. Un nuovo libro illuminante pubblicato in ebraico da Einat Wilf e Adi Schwartz (La guerra per il diritto al ritorno), uscito proprio mentre i palestinesi di Gaza rilanciavano scontri violenti all’insegna della “grande marcia del ritorno”, critica non solo il mondo arabo, ma anche l’Occidente e Israele. Il principale cattivo, qui, secondo gli autori, è l’Unrwa, che ha iniziato le sue attività con buone intenzioni, ma poi ha incanalato miliardi di dollari nel perpetuare il problema dei profughi per 70 anni e nell’impedirgli di attenuarsi. L’Unrwa è diventata la cassaforte per una terza e quarta generazione di palestinesi sradicati, gente che da Haifa si è spostata a Nablus (70 km a sud-est, entro i confini della Palestina) dove si è costruita una solida vita pur continuando a percepire l’indennità da “profugo” (loro, i loro figli, i loro nipoti e pronipoti). L’Unrwa ha mantenuto i profughi nei campi di Gaza praticamente imprigionati. Israele ha lasciato fare l’Unrwa perché gli dava momentaneo respiro, e il governo israeliano voleva solo una pausa. Un po’ di tranquillità qui e ora era sufficiente, e al diavolo il domani. Yigal Allon fu il solo, vox clamantis in deserto, a dire che Israele doveva affrontare il problema e che non poteva permettersi di chiudere un occhio, ma i suoi appelli restarono ignorati.

Ora si dice che gli Stati Uniti e i loro alleati potrebbero cessare di finanziare l’Unrwa. Cosa che andrebbe nella giusta direzione, in linea generale, ma è necessario esercitare attenzione ed equilibrio. Wilf e Schwartz suggeriscono che i finanziamenti rimangano gli stessi, ma che l’Unrwa venga smantellata e il denaro trasferito all’Autorità Palestinese: ai profughi verrebbe finalmente dato, non un pesce, ma la canna per pescare. Ecco un’idea che meriterebbe di essere avviata, anche se Gerusalemme potrebbe non gradire un passo così drammatico.
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » mer giu 13, 2018 7:42 am

Informazione Corretta

La mafia palestinista
09.06.2018
Deborah Fait

http://www.informazionecorretta.com/mai ... I.facebook

Ormai è stato scritto di tutto sulla decisione vigliacca dell'Argentina di non venire a giocare a Gerusalemme. Io non vorrei infierire ulteriormente sui quei poveracci miliardari fifoni di calciatori, da Messi in giù, e nemmeno sul governo argentino, comodo rifugio di nazisti, ex nazisti e di terroristi islamici.
Tutto è già stato detto a sua vergogna. Vorrei però ricordare l'orrore i centri di tortura e i massacri dei desaparecidos, i due attentati, ordinati dall'Iran, del 1992 all'ambasciata israeliana di Buenos Aires, con 29 morti e centinaia di feriti e quello del 1994 all'AMIA, Associazione ebraica-argentina, 84 morti e altre centinaia di feriti.
Nessuno ha pagato per quegli attentati.
Vorrei invece spendere due parole sulla vergogna della FIFA, cortigiana della Federazione Calcio palestinese e del suo capo-mafia Jibril Rajoub, nome di battaglia Abu Rami, già membro del Consiglio rivoluzionario di Fatah, già galeotto nelle carceri israeliane e braccio destro di Arafat.
Rajoub è colui che definì "razzista" la richiesta di un minuto di silenzio per la strage di Monaco del 1972,alle Olimpiadi di Londra del 2012, infatti la richiesta fu respinta dal Comitato Olimpico in obbedienza alla mafia palestinista, lo stesso CIO che rifiutò di interrompere i Giochi dopo la strage degli 11 atleti israeliani.
Orrende pagine di vergogna nella storia dello sport che continuano ancora oggi, del tutto indifferenti ai valori che gli atleti dovrebbero rappresentare: giustizia, lealtà e fratellanza.
Ma torniamo alle miserie della FIFA e del suo asservimento al BDS e alle minacce palestiniste e chiediamoci come reagirebbero se una qualsiasi federazione calcistica, purchè non araba o musulmana, minacciasse di morte dei calciatori "colpevoli" di giocare in un paese che non le fosse particolarmente simpatico.
Jibril Rajoub ha ordinato di bruciare le magliette di Lionel Messi, le bandiere argentine, e di minacciare di morte (minacce peggiori di quelle dell'Isis, hanno detto) i calciatori e le loro famiglie. Non me ne intendo di calcio nè delle sue regole ma, umanamente, ritengo che questo atteggiamento mafioso sarebbe da espulsione immediata da tutti i campi di calcio per l'eternità.
La FIFA ne esce ricoperta di vergogna per la sua vigliaccheria, il suo acronimo è perfettamente calzante, fifa, non potevano sceglierne uno migliore. Ho letto sul web che i palestinisti finalmente ne usciranno con le ossa rotte perchè il mondo si accorgerà che sono dei gangster, ma ne dubito. Nessuno ancora li ha condannati, i media riportano la notizia in modo asettico e impersonale stando bene attenti a non dare colpe che potrebbero metterli in serio pericolo di vita.
I palestinisti possono uccidere, distruggere migliaia di ettari di terra coltivata e di parchi naturali in Israele, possono comportarsi peggio delle belve feroci, insegnare ad uccidere ai loro figli , portarli in mezzo alle rivolte con la speranza che qualcuno li ammazzi per accusare Israele.
Nessuno dice niente, non le organizzazioni umanitarie, non l'Unicef, nemmeno gli ecologisti che urlano isterici se vedono un bicchiere di plastica in mezzo a un prato. Ma dove siete voi del WWF e voi Animalisti? Niente da dire sugli asinelli ammazzati a legnate e bruciati, davanti a bambini e ragazzi urlanti di gioia, dai gazawi?
I palestinisti hanno dimostrato per l'ennesima volta chi sono, banditi, mafiosi che ricattano il mondo intero. Mascalzoni che si sono lasciati ridurre a carne da macello da mascalzoni più furbi di loro, arricchitisi alle loro spalle, a incominciare da quel macellaio di Yasser Arafat che tutto il mondo ha vergognosamente osannato, che l'Italia ha portato in trionfo e nascosto quando l'Interpol gli dava la caccia.
Intanto i gazawi, per questo venerdì di violenza, hanno avuto la grande pensata di indossare le magliette a righe bianche e nere della Iuventus a mo' di uniforme dei campi della morte nazisti e con questo sperano di richiamare ulteriore attenzione dal mondo. Beh, io scommetterei che ci sarà qualcuno che piangerà sulla prigione a cielo aperto, sul genocido dei palestinesi (cresciuti demograficamente dieci volte), su Israele stato nazista, sulle manifestazioni "pacifiche" dei mafiosi.
L'ho già letto da qualche parte non più tardi di ieri, il mondo del web brulica di antisemiti pieni di odio e molto attivi. Per l'ennesimo venerdi sono previste violente manifestazioni, migliaia di forsennati si sono organizzati per incendiare altri ettari di terra israeliana, alcuni nostri soldati sono rimasti intossicati dal fumo.
E' la fine del Ramadan e si spera che, una volta concluse le feste religiose che per loro significano violenza e morte, si diano una calmata.
Tra tante brutte notizie, finalmente una talmente bella da rallegrare il fine settimana. Federica Mogherini che doveva venire in Israele invitata da un'organizzazione americana, ha annullato il viaggio. Motivo? Benjamin Netanyahu ha annunciato che non l'avrebbe ricevuta. Molto bene, bravissimo il nostro Bibi. La Mogherini vada dai suoi amici ayatollah oppure resti nella molle Europa incapace di reagire alle minacce dei terroristi, come buona parte del mondo occidentale.
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » sab giu 23, 2018 6:33 am

L'inesistente storia della Palestina arabo maomettano palestinese
https://www.facebook.com/HalleluHeb/vid ... 0838079851
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » dom ago 12, 2018 8:17 am

???
La storia del conflitto tra Israele e Palestina in 12 minuti
https://www.youtube.com/watch?v=ea3mHrGswb8


I terroristi nazi maomettani palestinesi di Gaza stanno bombardando Israele
viewtopic.php?f=197&t=2779

Palestina: le ragioni di Israele
viewtopic.php?f=197&t=2271
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » lun ago 20, 2018 1:44 pm

Come furono inventati i palestinesi
Robert Spencer
19 agosto 2018

http://www.linformale.eu/ungheria-non-s ... niel-pipes

Nel 1948, il nascente Stato di Israele sconfisse gli eserciti di Egitto, Iraq, Siria, Transgiordania, Libano, Arabia Saudita e Yemen che volevano distruggerlo completamente. Il jihad contro Israele proseguì, ma lo Stato ebraico tenne duro, sconfiggendo ancora Egitto, Iraq, Siria, Giordania e Libano nella guerra dei Sei Giorni nel 1967 e l’Egitto e la Siria ancora una volta nella guerra dello Yom Kippur del 1973. Nell’ottenere queste vittorie contro enormi difficoltà, Israele riscosse l’ammirazione del mondo libero, vittorie che comportarono l’attuazione più audace e su più ampia scala nella storia islamica del detto di Maometto: “La guerra è inganno”.

Per distruggere l’impressione che il piccolo Stato ebraico stesse fronteggiando ingenti nemici arabi musulmani e che stesse prevalendo su di loro, il KGB sovietico (il Comitato sovietico per la sicurezza dello Stato) inventò un popolo ancora più piccolo, i “palestinesi”, minacciato da una ben funzionante e spietata macchina da guerra israeliana. Nel 134 d.C., i Romani avevano espulso gli ebrei dalla Giudea dopo la rivolta di Bar Kokhba e ribattezzarono la regione Palestina, un nome tratto dalla Bibbia, il nome degli antichi nemici degli Israeliti, i Filistei. Ma il termine palestinese era sempre stato riferito a una regione e non a un popolo o a una etnia. Negli anni Sessanta, tuttavia, il KGB e il nipote di Hajj Amin al-Husseini, Yasser Arafat, crearono tanto questo presunto popolo oppresso quanto lo strumento della sua libertà, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP).

Ion Mihai Pacepa, già vicedirettore del servizio di spionaggio della Romania comunista durante la Guerra Fredda, in seguito rivelò che “l’OLP era stata una invenzione del KGB, che aveva un debole per le organizzazioni di ‘liberazione’. C’era l’Esercito di liberazione nazionale della Bolivia, creato dal KGB nel 1964 con l’aiuto di Ernesto ‘Che’ Guevara (…) inoltre, il KGB creò il Fronte democratico per la liberazione della Palestina, che perpetrò numerosi attacchi dinamitardi. (…) Nel 1964, il primo Consiglio dell’OLP, composto da 422 rappresentanti palestinesi scelti con cura dal KGB, approvò la Carta nazionale palestinese – un documento che era stato redatto a Mosca. Anche il Patto nazionale palestinese e la Costituzione palestinese nacquero a Mosca, con l’aiuto di Ahmed Shuqairy, un influente agente del KGB che divenne il primo presidente dell’OLP”.

Affinché Arafat potesse dirigere l’OLP avrebbe dovuto essere un palestinese. Pacepa spiegò che “egli era un borghese egiziano trasformato in un devoto marxista dall’intelligence estera del KGB. Il KGB lo aveva formato nella sua scuola per operazioni speciali a Balashikha, cittadina a est di Mosca, e a metà degli anni Sessanta decise di prepararlo come futuro leader dell’OLP. Innanzitutto, il KGB distrusse i documenti ufficiali che certificavano la nascita di Arafat al Cairo, rimpiazzandoli con documenti falsi che lo facevano figurare nato a Gerusalemme e, pertanto, palestinese di nascita”.

Arafat potrebbe essere stato marxista, almeno all’inizio, ma lui e i suoi referenti sovietici fecero un uso copioso dell’antisemitismo islamico. Il capo del KGB, Yuri Andropov, osservò che “il mondo islamico era una piastra di Petri in cui potevamo coltivare un ceppo virulento di odio antiamericano e antisraeliano, cresciuto dal batterio del pensiero marxista-leninista. L’antisemitismo islamico ha radici profonde… . Dovevamo solo continuare a ripetere i nostri argomenti – che gli Stati Uniti e Israele erano ‘paesi fascisti, imperial-sionisti’ finanziati da ricchi ebrei. L’Islam era ossessionato dall’idea di evitare l’occupazione del suo territorio da parte degli infedeli ed era assolutamente ricettivo al ritratto da noi fatto del Congresso americano come un rapace organismo sionista volto a trasformare il mondo in un feudo ebraico”.

Il membro del Comitato esecutivo dell’OLP, Zahir Muhsein, spiegò in modo più esaustivo la strategia in una intervista del 1977 al quotidiano olandese Trouw:

Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo stato di Israele per la nostra unità araba. In realtà, oggi non c’è alcuna differenza fra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni politiche e strategiche parliamo oggi dell’esistenza di un popolo palestinese, dal momento che gli interessi nazionali arabi esigono che noi postuliamo l’esistenza di un distinto “popolo palestinese” che si opponga al sionismo. Per ragioni strategiche, la Giordania, che è uno stato sovrano con confini definiti, non può avanzare pretese su Haifa e Jaffa mentre, come palestinese, posso indubbiamente rivendicare Haifa, Jaffa, Bee-Sheva e Gerusalemme. Tuttavia, nel momento in cui rivendicheremo il nostro diritto a tutta la Palestina, non aspetteremo neppure un minuto a unire Palestina e Giordania.

Una volta che era stato creato il popolo, il loro desiderio di pace poteva essere facilmente inventato. Il dittatore romeno Nicolae Ceausescu insegnò ad Arafat come suonare l’Occidente come un violino. Pacepa raccontò: “Nel marzo del 1978 condussi in gran segreto Arafat a Bucarest per le istruzioni finali su come comportarsi a Washington. ‘Devi solo far finta di rompere con il terrorismo e riconoscere Israele, ancora, e ancora e ancora’, disse Ceausescu ad Arafat. (…) Ceausescu era euforico all’idea che Arafat e lui potessero riuscire ad accaparrarsi un Premio Nobel per la pace con la loro farsa del ramoscello d’ulivo. (…) Ceausescu non riuscì a ottenere il suo Premio Nobel per la pace. Ma nel 1994 Arafat lo ricevette, proprio perché continuò a interpretare alla perfezione il ruolo che gli avevano affidato. Aveva trasformato la sua OLP terrorista in un governo in esilio (l’Autorità palestinese), fingendo sempre di porre fine al terrorismo palestinese, pur continuando ad alimentarlo. Due anni dopo la firma degli accordi di Oslo, il numero degli israeliani uccisi dai terroristi palestinesi era aumentato del 73 per cento”.

Questa strategia ha continuato a funzionare alla perfezione, attraverso i “processi di pace” negoziati dagli Stati Uniti, dagli accordi di Camp David del 1978 alla presidenza di Barack Obama e oltre, senza posa. Le autorità occidentali non sembrano mai riflettere sul perché siano tutti falliti così tanti tentativi di raggiungere una pace negoziata tra Israele e i “palestinesi”, la cui esistenza storica oramai tutti danno per scontata. La risposta, ovviamente, sta nella dottrina islamica del jihad. “Cacciateli da dove vi hanno cacciato” è un ordine che non contiene alcuna mitigazione e che non accetta nessuno.

Nota: Questo è un estratto esclusivo dal nuovo libro di Robert Spencer, The History of Jihad From Muhammad to ISIS. Tutte le citazioni sono contenute nel libro.
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » sab mar 02, 2019 3:43 am

La confessione di Abu Mazen “Dal 1965 paghiamo i terroristi per uccidere gli israeliani…”
1 marzo 2019
(Memri, Israelenet)

http://www.italiaisraeletoday.it/la-con ... israeliani


È dal 1965 che la dirigenza palestinese paga vitalizzi ai terroristi detenuti e ai famigliari di quelli morti o feriti compiendo attentati. Lo ha detto apertamente il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) parlando lo scorso 19 febbraio davanti a una delegazione di membri del Congresso degli Stati Uniti e di esponenti dell’organizzazione “pacifista” americana J-Street.

La strage del 2014 alla sinagoga Kehilat Yaakov”

Il video del suo discorso, trasmesso dalla tv dell’Autorità Palestinese, è stato sottotitolato in inglese dal Middle East Media Research Institute (Memri).

Attaccando Israele per la decisione di decurtare dalle entrate fiscali, che riscuote per conto dei palestinesi, la quota che l’Autorità Palestinese versa mensilmente ai terroristi, Abu Mazen ha affermato: “Se avessimo anche solo da 20-30 milioni di shekel (4,8-7,3 milioni di euro), che è la somma versata ai famigliari dei martiri, la verseremmo comunque a loro. Se l’Autorità Palestinese non avesse altro che quella somma, io la verserei alle famiglie dei martiri, ai prigionieri e ai feriti”.




Israele si difende ma secondo l’ONU non può farlo
Marco Loriga on Marzo 1, 2019

https://www.rightsreporter.org/israele- ... -puo-farlo

Ancora una incredibile presa di posizione del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu che accusa Israele di “crimini contro l’umanità” per essersi difeso dagli attacchi di Hamas

Mentre un pallone con esplosivo partito dalla Striscia di Gaza (ormai diventata leader nel lancio di palloni esplosivi/incendiari e di razzi di ogni tipo…) durante la notte danneggiava un’ abitazione privata in Israele, la risposta delle Forze di Difesa è stata immediata, colpendo gli obbiettivi dei terroristi di Hamas con elicotteri e aerei.

Le IDF hanno dichiarato che vigileranno e continueranno a operare contro questi attacchi che mettono in pericolo l’incolumità dei propri cittadini, insomma un semplice e biblico occhio per occhio dente per dente.

Il fronte nord invece, quello al confine con il Libano e con la Siria, è in costante controllo da parte dei droni e dei jet con la Stella di David. Ogni tanto si verificano sorvoli di qualche caccia che pattuglia il sud del Libano, pronti ad intervenire su Hezbollah o sugli obbiettivi iraniani in Siria.

Mentre Israele si protegge, una commissione d’inchiesta dell’ONU incaricata direttamente dal consiglio per i diritti umani accusa lo Stato ebraico di aver aperto intenzionalmente il fuoco contro i “manifestanti” lungo il confine con Gaza, durante la cosiddetta “marcia di ritorno” dell’anno scorso.

L’obbiettivo finale della commissione dovrebbe essere quello di accusare Israele di crimini contro l’umanità. Cosa che non avverrà visto che ci sarà il veto americano.

Nessuno di quelli che erano incaricati di accusare Israele hanno preso in considerazione le foto dei miliziani di Hamas che portavano armi automatiche, ordigni di vario tipo o pneumatici incendiari che rotolavano verso le barriere in modo da poter aprire un varco lungo le barriere di confine, oppure le cataste di pneumatici che bruciavano, avvelenando l’aria con le lunghe e nere colonne di fumo, mettendo così a repentaglio la salute dei loro stessi abitanti.

Per non parlare poi degli aquiloni e palloni con cariche esplosive, inaugurati in quel contesto, che dalla striscia di Gaza volavano (e volano tuttora) verso i campi coltivati mettendo a rischio le comunità che abitano e lavorano nell’area e sterminando la fauna locale.

Nessuno della commissione ha pensato ai rischi e al costante stress che gli abitanti del sud di Israele hanno dovuto sopportare con tutti i missili e razzi che a centinaia venivano o vengono periodicamente lanciati, soprattutto di notte quando si è più vulnerabili. Un’altra occasione in cui la commissione dei diritti umani si è dimostrata ridicola.



Basta finanziare il terrorismo arabo islamico palestinese antiebreaico e gli assassini di Allà
viewtopic.php?f=196&t=2193


I terroristi nazi maomettani palestinesi di Gaza stanno bombardando Israele
viewtopic.php?f=197&t=2779
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » lun apr 15, 2019 9:15 pm

PASO ADELANTE
Niram Ferretti
14 aprile 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, in una intervista appena rilasciata a proposito del tanto atteso piano di pace americano relativo al conflitto arabo-israeliano, ha dichiarato:

“Abbiamo avuto numerose idee per 40 anni. Non hanno portato la pace tra gli israeliani e i palestinesi. La nostra idea è di proporre una visione che ha nuove formule, diverse, uniche, che cerca di riconfigurare e riformulare quello che è stato un problema insolubile".

La dichiarazione di Pompeo giunge al seguito di una domanda dell'intervistatore sulla dichiarazione di Netanyahu fatta in campagna elettorale a proposito della volontà di annettere l'Area C della Cisgiordania.

"È una dichiarazione che potrebbe danneggiare il piano americano?"

"Non penso", risponde Pompeo.

Ora, solo gli sprovveduti potevano pensare che Netanyahu avesse fatto quella dichiarazione senza avere avuto prima una sponda americana, come ho già avuto modo di scrivere in un mio post precedente dedicato alla questione.

Se l'ha fatta è perchè dalla Casa Bianca era arrivato un semaforo verde. Ora, le dichiarazioni di Pompeo confermano quanto era evidente e sembrano seppellire (sarebbe ora) l'esiziale paradigma dei due Stati promosso dai disastrosi Accordi di Oslo del 1993-1995.

Finora, l'amministrazione Trump, per quanto riguarda Israele e il conflitto, ha preso decisioni innovative e dirompenti, dalla proclamazione di Gerusalemme capitale politica di Israele, al riconoscimento della sovranità israeliana sopra il Golan, dallo spostamento dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, dalla decisione di terminare il finanziamento americano all'UNRWA e quello all'Autorità Palestinese che serviva a pagare i terroristi in carcere e le loro famiglie.

Non c'è dunque da meravigliarsi se la proposta americana, come annunciato da Pompeo, conterrà delle novità. Novità che, di nuovo, solo gli sprovveduti, possono immaginare non siano anche appoggiate tacitamente dagli Stati arabi sunniti, in primis dall'Arabia Saudita. Da almeno un decennio i "fratelli" arabi sono profondamente stanchi della cosiddetta "questione palestinese", che tanto appassiona la UE.

In attesa di vedere quali saranno i dettagli del piano possiamo dire che esso si inserirà in uno scenario mediorientale assai mutato rispetto a solo qualche anno fa, dove gli USA sono estremamente vigili e presenti, alla faccia di tutti coloro i quali parlavano di disimpegno americano.

Il fatto di avere scelto un uomo come John Bolton, come Consigliere per la Sicurezza Nazionale, il quale ha sempre avuto estremamente a cuore il dossier del Medioriente, e idee molto chiare sulle priorità da adottare: riformulare una strategia completamente diversa a proposito del conflitto, chiudendo con Oslo una buona volta Oslo, è un ulteriore segno di come la Casa Bianca si stia muovendo su direttive inedite.

Il fossile di Oslo è stato per ventisei anni utile a perpetuare una idea fallimentare (terra in cambio di pace) che ha portato a Israele due intifade e ulteriori continue azioni terroristiche. E' servito alla sinistra israeliana e internazionale come dogma inamovibile a cui seguiva il mantra, "Non ci sono altre strade percorribili, non esistono soluzioni alternative".

Vedremo cosa proporrà il piano proposto da Trump, nella speranza che esso ponga su Oslo la definitiva lapide.




Il piano di pace americano per il Medio Oriente non prevede lo stato palestinese
BySarah G. Franklon
Aprile 15, 2019

https://www.rightsreporter.org/il-piano ... alestinese

Il Washington Post anticipa che il piano di pace americano per il Medio Oriente non prevede lo Stato Palestinese ma solo una autonomia. Critiche da palestinesi ed Europa

Il piano di pace americano per il Medio Oriente, il cosiddetto “piano del secolo” a lungo atteso sarebbe in dirittura d’arrivo, almeno secondo il Washington Post che ne anticipa alcuni punti.

In realtà quanto anticipato da Washington Post non sarebbe così distante da quanto anticipato più di un anno fa Channel 10.

La cosa che appare più evidente e che sarà senza dubbio al centro delle contestazioni palestinesi e occidentali è senza dubbio il fatto che il piano americano non prevede la nascita di uno Stato Palestinese ma “solo” una autonomia palestinese.


La sicurezza di Israele prima di tutto

Tutto il piano di pace americano per il Medio Oriente sembra incentrarsi sulla sicurezza di Israele ma anche sullo sviluppo palestinese che, secondo il piano, dovrebbe favorire proprio la pace e la sicurezza reciproca.

Citando un alto funzionario della Casa Bianca il Washington Post riporta che lo stesso avrebbe affermato che «riteniamo di avere un piano equo, realistico e attuabile che consentirà alle persone di vivere una vita migliore».

Secondo il funzionario «sono stati esaminati gli sforzi del passato e le idee sollecitate da entrambe le parti e partner nella regione con il riconoscimento che ciò che è stato provato in passato non ha funzionato. Pertanto, abbiamo adottato un approccio non convenzionale basato sul non nascondersi dalla realtà, ma invece sulla verità».

Un invito rivolto ai palestinesi ad accettare il piano di pace americano è arrivato da Jason D. Greenblatt, uno dei più importanti negoziatori americani che ha contribuito notevolmente alla stesura del testo.

«Il nostro piano migliorerà notevolmente le vite dei palestinesi e creerà qualcosa di molto diverso da ciò che esiste» ha scritto Greenblatt su Twitter rivolgendosi all’Autorità Palestinese. «È un piano realistico per prosperare, ma prosperare significa anche fare compromessi».
I palestinesi non accetteranno il piano americano

I palestinesi, che hanno interrotto tutti i contatti ufficiali con l’amministrazione Trump nel dicembre 2017 quando il Presidente americano ha riconosciuto Gerusalemme quale capitale di Israele, hanno già fatto sapere che non accetteranno il piano di pace americano.

Questo atteggiamento è stato definito dagli americani «miope e contro gli stessi interessi palestinesi».



Perché i palestinesi dicono NO all’ ‘Accordo del Secolo’?
Analisi di Mordechai Kedar
Informazione Corretta
24 maggio 2019

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

http://www.informazionecorretta.com/mai ... 0&id=74733

Condividere fin dal primo momento in cui il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, iniziò a parlare del suo “Accordo del secolo”, gli arabi palestinesi hanno espresso una dura opposizione a questo accordo, ancor prima di ascoltare una sola parola del suo contenuto. Perché? Sono molte le risposte. La spiegazione più importante e imprescindibile è che entrambe le principali organizzazioni palestinesi, l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e il Movimento di Resistenza Islamico (Hamas), non possono - e pertanto non vorranno - aderire ad alcun accordo che darebbe legittimità all'esistenza di Israele in quanto Stato ebraico. La principale considerazione dell’OLP è prettamente nazionalistica: la “Palestina” appartiene esclusivamente alla nazione araba e il popolo palestinese è parte integrante del Medio Oriente arabo. E’ impossibile che la nazione araba e il popolo palestinese debbano cedere la loro terra agli ebrei, che non sono - secondo il punto di vista arabo - una nazione, ma un insieme di comunità appartenenti a tutte le nazioni del mondo, che negli ultimi 130 anni sono arrivati in Israele. Hamas si oppone all’esistenza stessa di Israele in base all’approccio religioso-islamico di quell’organizzazione: il giudaismo è estinto (“din batel” ovvero “falsa religione”) sin da quando gli ebrei furono cacciati da Allah in un esilio in cui sono costretti a vivere fino alla loro conversione all’Islam. Secondo l'approccio islamista, "La Terra di Palestina" è un patrimonio islamico, sacro per la nazione islamica e non c'è modo che possa essere rimosso dalla protezione dell'Islam e consegnato ad un'altra religione - che oltretutto- dicono, ha perso la sua validità. Inoltre, secondo i princìpi islamici, gli ebrei devono vivere sotto le ali protettive dell’Islam, come dhimmi, cioè privi di qualsiasi diritto a un proprio Stato, alla sovranità, ad un governo, all’esercito o alla polizia. Pertanto, secondo l’approccio islamico, il Piano di Pace di Trump è inaccettabile perché garantirebbe a Israele il diritto di esistere come Stato ebraico.


Per gli arabi palestinesi, Trump si era già reso inadatto ad esprimere un'opinione sul conflitto quando prese una posizione pro-Israele e anti-palestinese sui due punti cruciali della politica palestinese: Gerusalemme e i "rifugiati". Per impedire che appartenga al solo Stato ebraico, l'OLP e Hamas sono d'accordo sul fatto che Gerusalemme Est, compreso il Monte del Tempio, debba essere la capitale dello Stato palestinese, sebbene la città non sia mai stata la capitale di alcun Paese arabo o islamico. Reclamano Gerusalemme perché capiscono che senza Sion non esisterebbe il sionismo, e che il modo migliore per seminare la disperazione tra gli ebrei sarebbe quella di privarli della loro capitale storica, Gerusalemme. Questo è il solo motivo per cui arabi e musulmani investono enormi finanziamenti, cercando a tutti i costi di enfatizzare e di preservare la centralità di Gerusalemme nella lotta contro Israele. Lo fanno perché la maggior parte del mondo non riconosce ancora Gerusalemme come la capitale dello Stato ebraico o come parte integrante del territorio sovrano d’Israele; in questo modo la questione è "un anello debole" che può essere rotto se viene colpito ripetutamente. Quando Trump ha riconosciuto Gerusalemme come la capitale di Israele, convalidando così l'esistenza di uno Stato per il popolo ebraico, ha perduto la figura di possibile mediatore onesto agli occhi dei palestinesi, degli arabi e dei musulmani. Un altro problema dolente sono i rifugiati arabi palestinesi del 1948. Questo è il problema principale per i rifugiati che ancora oggi sognano di tornare a vivere in Israele e che non sono interessati ad alcuno Stato Palestinese. Il fatto che gran parte di essi non provenga originariamente dalla Palestina non ha alcuna rilevanza per loro, perché gli Stati arabi, l'OLP, Hamas, le organizzazioni internazionali come l'UNRWA e quei Paesi che li hanno finanziati per decenni, si sono serviti di loro per mantenere viva la speranza di tornare un giorno alle loro case e a villaggi che non esistono più. L'ethos del rifugiato è centrale nell'esperienza palestinese. Trump ha davvero avuto il coraggio di ridimensionare il sostegno americano a queste aspettative. Un altro grave difetto nell’ “Accordo del secolo” è che coinvolge altri Paesi arabi come l'Egitto, la Giordania, l'Arabia Saudita e gli Emirati. Questo è assolutamente inaccettabile per i portavoce degli Arabi Palestinesi perché anni fa, Arafat aveva affermato la regola secondo cui “l'indipendenza è una decisione palestinese”, il che significa che i palestinesi sono gli unici autorizzati a decidere sul proprio destino e sul proprio futuro. Questo è il motivo per cui Arafat si oppose al capitolo palestinese negli Accordi di Camp David del 1978, concordati da Begin e Sadat dopo che Jimmy Carter aveva esercitato su di loro una forte pressione. I palestinesi sono contrari per principio a qualsiasi interferenza araba nei loro affari, per questo l’esistenza di un accordo tra Egitto e Israele è un problema. Essi considerarono Sadat come un traditore della causa palestinese, per prima cosa perché osò occuparsi dei loro problemi senza l’autorizzazione a farlo, e in secondo luogo perché fece un accordo di pace con Israele senza prima aver risolto il problema palestinese in un modo che li soddisfacesse. L’”Accordo del secolo” di Trump include il coinvolgimento di altri Stati arabi e i palestinesi temono una situazione in cui quegli Stati e Israele, siano d'accordo su qualcosa a cui i palestinesi si oppongono, portando al rafforzamento della posizione di Israele nel mondo arabo . Ciò potrebbe portare a un rapporto tra Israele e questi Stati, nel tentativo di isolare i "recalcitranti" palestinesi e costringerli ad accettare di firmare un accordo in contrasto con i loro interessi e posizioni. In questi giorni è stato reso pubblico che l'amministrazione Trump sta progettando una conferenza in Bahrain per affrontare gli aspetti economici dell’ “Accordo del secolo”. I portavoce dell'OLP sono infuriati perché, secondo loro, occuparsi delle questioni economiche prima di risolvere tutti gli altri problemi - Gerusalemme, i rifugiati, i confini, le comunità ebraiche in Giudea e Samaria, l'acqua, la sovranità - sono il risultato della concezione americana che denaro, lavoro e sviluppo economico possano risolvere tutto. Dal loro punto di vista, tutti i problemi irrisolti devono trovare una soluzione con la loro completa soddisfazione, prima di affrontare questioni economiche. Definiscono gli altri problemi "assiomi" che non possono essere aggirati o risolti con mezzi economici. È importante ricordare che dietro ad Hamas e alla Jihad islamica c’è l’Iran e che la Repubblica islamica si oppone a qualsiasi accordo che metta fine alle ostilità con Israele. Queste due organizzazioni alimentano il fuoco della lotta contro Israele ogni volta che lo ritengono necessario, mentre Israele non ha né la volontà politica né l’opinione pubblica, propense ad avviare negoziati quando sul suo territorio vengono lanciati missili da Gaza. È così che le due organizzazioni riescono a ostacolare qualsiasi progresso nei negoziati volti a far progredire l’ “Accordo del secolo” - ed è per questo che le sue possibilità di successo non sono particolarmente ottimistiche. Anche se il governo e i cittadini di Israele accettassero l’ “Accordo del secolo”, quell'atto avrà scarso significato perché la probabilità che la parte palestinese lo accetti, è minima. Tuttavia, è estremamente importante che Israele si astenga dall'annunciare eventuali concessioni territoriali o di altro genere fino a quando l'altra parte non avrà firmato un accordo di pace permanente e posto fine alle sue rivendicazioni contro Israele. Tutti ricordano le concessioni unilaterali israeliane, che non hanno mai portato a nessun tipo di accordo. Queste e altre ragioni fanno sì che l' “Accordo del secolo” sarà probabilmente abbandonato sullo scaffale dove numerosi altri "Piani di pace" raccolgono polvere, nonostante le buone e pie intenzioni di coloro che li hanno suggeriti, dal 1947 (“Piano di Partizione dell’ONU”) fino ad oggi. C'è un versetto nel Corano che dice: “Allah è dalla parte di coloro che sono pazienti”, e i vicini di Israele hanno una buona dose di pazienza. Sono pronti ad aspettare e aspettare, finché non arriverà l'opportunità per loro di distruggere Israele, quindi perché preoccuparsi di fare pace con lo Stato ebraico?


Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » dom giu 16, 2019 8:34 pm

Popolo palestinese: gli arabi dovranno fare i conti con il mostro che hanno creato
Franco Londei·
Giugno 16, 2019·

https://www.rightsreporter.org/popolo-p ... KnoezL3z7c

Al di la di ogni narrativa possibile, il popolo palestinese non è mai esistito. Non vi è traccia di lui in nessun documento storico. Di popolo palestinese di parla solo dopo la nascita di Israele e non per caso.

Nel 1977 in una intervista al giornale olandese Trouw, uno dei maggiori esponenti del comitato direttivo della OLP, Zuheir Muhsin, ammise candidamente che il popolo palestinese non solo non era mai esistito ma che l’invenzione di uno Stato palestinese era tutta una manovra in configurazione anti-israeliana.

«Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno Stato Palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo Stato d’Israele per l’unità araba. In realtà non c’è differenza fra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni politiche e strategiche oggi parliamo dell’esistenza di un popolo palestinese, visto che gli interessi arabi richiedono che venga creato un distinto “popolo palestinese” che si opponga al sionismo. Per motivi strategici, la Giordania, che è uno Stato sovrano con confini definiti, non può avanzare pretese su Haifa e Jaffa mentre, come palestinese, posso indubbiamente rivendicare Haifa, Jaffa, Beer- Sheva e Gerusalemme. Comunque, appena riconquisteremo tutta la Palestina, non aspetteremo neppure un minuto ad unire Palestina e Giordania» (Zuheir Muhsin, membro del comitato esecutivo della Organizzazione per la Liberazione della Palestina – OLP – in una intervista al giornale olandese Trouw).
Un mostro creato dagli arabi

Il popolo palestinese è quindi una pura invenzione che però nel corso dei decenni si è trasformata in una sorta di mostro tentacolare nonché in un proficuo business oltre a un mezzo di pressione internazionale contro lo Stato Ebraico.

Ora però quella “creazione araba” è sfuggita di mano persino ai suoi creatori arabi. Sempre più insistentemente di sente parlare del fatto che il cosiddetto “piano del secolo” proposto dagli americani preveda che i cosiddetti “profughi palestinesi” (altra invenzione di sana pianta) vengano giustamente assorbiti dagli Stati ospitanti.

Questa possibilità sta gettando nel panico proprio i maggiori artefici dell’invenzione palestinese: i giordani.

In Giordania vivono quasi quattro milioni di cosiddetti “palestinesi”, cioè circa la metà della popolazione dell’intero regno di Giordania. L’idea di dover concedere la cittadinanza giordana a questi milioni di palestinesi spaventa non poco i sudditi di Re Abdullah che non hanno dimenticato quando proprio i palestinesi cercarono di rovesciare il padre dell’attuale Re di Giordania, Husayn di Giordania (settembre nero).

Però non possiamo fare a meno di andare a ripensare alle parole di Zuheir Muhsin:

appena riconquisteremo tutta la Palestina, non aspetteremo neppure un minuto ad unire Palestina e Giordania

Era quindi nei piani iniziali l’idea che Palestina e Giordania fossero una sola nazione e un solo popolo. Il piano di Trump rispolvera semplicemente quel concetto con la differenza (non da poco) che nel frattempo Israele esiste ancora mentre il piano iniziale prevedeva la cancellazione dello Stato Ebraico.

Ma non è che adesso i giordani e più in generale tutti gli Stati arabi che hanno sostenuto quel piano (poi fallito) possano tirarsi indietro e rinnegare le loro responsabilità. Il Piano di Trump in fondo prevede proprio questo, che gli arabi si facciano carico del mostro che hanno creato dal nulla.

Fino ad oggi è stato Israele a farsi carico del mostro creato dagli arabi, pagandolo anche a caro prezzo. Ora è arrivato il momento che i veri responsabili se ne facciano carico e che questa invenzione del popolo palestinese venga riportata alla cruda realtà.

Sarà poi un problema arabo concedere eventualmente una certa autonomia alla Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e se un domani vorranno pure creare uno Stato Palestinese indipendente dovranno essere gli arabi a deciderlo ben sapendo gli oneri che tutto ciò comporta.

Israele non può più farsi carico del mostro creato dagli arabi. È arrivato il momento che siano i suoi creatori a farci i conti.
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » lun lug 15, 2019 7:43 am

Terrorismo palestinese, condannata Anp per attentati Seconda Intifada
11 Luglio 2019

https://www.progettodreyfus.com/terrori ... AZyxBMcyZk


L’Anp è stata condannata dal Tribunale distrettuale di Gerusalemme per gli attentati relativi alla Seconda Intifada, commessi tra la fine degli Anni 90 e gli Anni 2000.

L’Autorità nazionale palestinese dovrà risarcire per 17 attentati perpetrati da Hamas, Olp e Jihad Islamica, che causarono la morte di 34 israeliani e il ferimento di 7.

Le 17 petizioni, consolidate in un unico caso, sono state presentate dall’organizzazione Shurat HaDin (Israel Law Center) a nome delle vittime degli attacchi e/o delle loro famiglie, che verranno risarcite, a vario titolo, per una somma complessiva pari a 280 milioni di dollari.

È una sentenza storica, perché finora le corti israeliane avevano condannato l’Anp solo per gli attentati commessi dai suoi militanti.

Nella sentenza è scritto che l’Anp (assieme all’Olp) glorifica in pubblicazioni e manifestazioni ufficiali gli attentatori, a cui vengono anche intitolate strade e piazze.

La Corte, inoltre, ha sottolineato che l’Autorità nazionale palestinese ha incoraggiato e talvolta anche inviato i terroristi a uccidere civili israeliani, indicandole responsabilità delle autorità palestinesi anche per:

“La dichiarata politica dell’Olp e dell’Autorità Palestinese guidate da Yasser Arafat di effettuare attacchi terroristici contro Israele”.

Il giudice Moshe Drori, vicepresidente della Corte distrettuale di Gerusalemme, ha scritto:

“L’Olp, l’Autorità Palestinese, Yasser Arafat, Abu Mazen e altri personaggi importanti come Marwan Barghouti miravano tutti a uccidere ebrei e israeliani e a colpire lo stato di Israele”.

Nella sentenza sono citati, fra gli altri:

la sparatoria del 1996 alla Tomba di Giuseppe a Nablus;
il linciaggio dell’ottobre 2000 di due riservisti israeliani nella stazione della polizia palestinese di Ramallah;
l’attentato suicida del dicembre 2001 sulla via pedonale Ben Yehuda a Gerusalemme;
l’attacco del marzo 2002 nell’abitazione della famiglia Gavish a Elon Moreh.

Una storica sentenza che dovrebbe aprire i notiziari televisivi e le prime pagine dei giornali. E invece finirà sotto silenzio come spesso accade in relazione agli attentati commessi dal terrorismo palestinese.
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Re: Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe

Messaggioda Berto » dom feb 23, 2020 4:28 am

I palestinesi: storia di un popolo completamente inventato
L'Informale
Niram Ferretti
31 Dicembre 2015

http://www.linformale.eu/i-palestinesi- ... RklKgZRdMk

Come Atena nacque dalla testa di Zeus, la fantastoria nacque dall’ideologia. Il nome “Palestina” deriva dai filistei, una popolazione originaria del Mediterraneo Orientale (forse dalla Grecia o da Creta) la quale invase la regione nell’undicesimo e dodicesimo secolo A.C. Parlavano una lingua simile al greco miceno. La zona nella quale si insediarono prese il nome di “Philistia”. Mille anni dopo, i Romani chiamarono la zona “Palestina”. Seicento anni dopo gli Arabi la ribattezzarono “Falastin”.

Per tutta la storia successiva non ci fu mai una nazione chiamata “Palestina” né ci fu mai un popolo chiamato “palestinese”. La regione passò dagli Omayyadi agli Abassidi, dagli Ayyumidi ai Fatimidi, dagli Ottomani agli Inglesi. Durante questo millennio il termine “Falastin” continuò a riferirsi a una regione dai contorni indeterminati e MAI a un popolo originario.

Nel 1695, l’orientalista danese Hadrian Reland scoprì che nessuno degli insediamenti conosciuti aveva un nome arabo. La maggioranza dei nomi degli insediamenti erano infatti ebraici, greci o latini. Il territorio era praticamente disabitato e le poche città, (Gerusalemme, Safad, Jaffa, Tieberiade e Gaza) erano abitate in maggioranza da ebrei e cristiani. Esisteva una minoranza musulmana, prevalentemente di origine beduina, che abitava nell’interno.

Reland pubblicò a Utrecht nel 1714 un libro dal titolo “Palaestina ex monumentis veteribus illustrata”, nel quale non c’è alcuna prova dell’esistenza di un popolo palestinese, né di un’eredità palestinese né di una nazione palestinese. In altre parole, nessuna traccia di una storia palestinese.

Stiamo parlando di un testo uscito nel 1714, non duemila anni fa. Un testo moderno dal quale si evince che all’epoca non esisteva alcun “popolo palestinese”.

Quando nasce dunque questa realtà di cui si parla da decenni?

Dobbiamo avvicinarci ai nostri tempi, più precisamente al periodo in cui gli inglesi crearono, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e dell’impero ottomano (durante il quale nessuno aveva ancora sentito parlare di questa fantomatica entità), la Palestina mandataria.

Gli arabi protestarono in modo acceso nei confronti della nuova realtà chiamata “Palestina”. Infatti, per loro, la Palestina era inestricabilmente collegata alla Siria. Gli arabi chiamavano la regione “Balad esh sham (la provincia di Damasco) o “Surya-al-Janubiya” (Siria del sud). Per i nazionalisti arabi la Palestina non era altro che la Siria del sud. Punto. I siriani, ovviamente, non potevano che annuire.

Il Congresso Generale Siriano del 1919 sottolineò con forza l’identità esclusivamente siriana degli arabi della “Siria del sud”, quella che gli inglesi chiamavano “Palestina”.

Nel suo libro, “Il Risveglio Arabo” del 1938, George Antonious, il padre della storiografia moderna araba, documenta il tumulto sorto tra gli arabi della “Grande Siria” e dell’Iraq quando inondarono le strade delle città siriane, Gerusalemme inclusa, per protestare contro la divisione geografica che gli inglesi, per ragioni geopolitiche, avevano imposto alla Siria. Antonious, come Reland prima di lui, non fa alcuna menzione di un “popolo palestinese”. Motivo? Di nuovo, non esisteva.

Facciamo un passo indietro. Nel 1920, la Francia conquista la Siria. E’ in questo periodo, durante il controllo francese della Siria, che inizia a prendere forma l’idea di una “Palestina” come stato arabo-musulmano indipendente, e fu il famigerato Mufti di Gerusalemme, Amin-al-Husseini, la personalità di maggior spicco tra i leaders arabi dell’epoca, a creare un movimento nazionalista in opposizione all’immigrazione ebraica determinata dal movimento sionista. In altre parole, fu il sionismo a fare da levatrice al palestinismo nazionalista. Anche allora, tuttavia, nessuno parlava di un “popolo palestinese”. Siamo nel 1920.

Ancora nel 1946, Philip Hitti, uno dei più eloquenti portavoce della causa araba dichiarava al Comitato di Inchiesta Anglo-Americano che un’entità nazionale chiamata Palestina…non esisteva.

Nel 1947, quando le Nazioni Unite stavano valutando la spartizione della Palestina mandataria in due stati separati, uno ebraico, l’altro arabo, numerosi politici e intellettuali arabi protestarono in modo acceso poiché sostenevano che la regione in questione fosse parte integrante della Siria del sud. Non c’era una popolazione “palestinese” in senso proprio, ed era dunque un’ingiustizia smembrare la Siria per creare un’altra entità che di fatto le apparteneva di diritto.

Nel 1957, Akhmed Shukairi, l’ambasciatore saudita alle Nazioni Unite dichiarò che, “È conoscenza comune che la Palestina non è altro che la Siria del sud“. Concetto ribadito da Hafez-al-Assad nel 1974, “La Palestina non solo è parte della nostra nazione araba ma è una parte fondamentale del sud della Siria”.

Dal 1948 al 1967, i diciannove anni intercorsi tra la Guerra di Indipendenza e la Guerra dei Sei Giorni, tutto quello che restava del territorio riservato agli arabi della Palestina mandataria britannica, era la West Bank (nome dato dai giordani alla Giudea e alla Samaria), che si trovava in quegli anni sotto il dominio illegale giordano, e Gaza, sotto il dominio illegale egiziano.

Durante questo periodo nessuno dei leader arabi prese neanche lontanamente in esame il diritto all’autodeterminazione degli arabi “palestinesi” che si trovavano sotto il loro dominio. Perché? Ancora, perché un “popolo palestinese” per i giordani e gli egiziani…semplicemente non esisteva.

Persino Yasser Arafat fino al 1967 usò il termine “Palestinesi”, unicamente come riferimento per gli arabi che vivevano sotto la sovranità israeliana o avevano deciso di non essere sottoposti ad essa. Nel 1964, per Arafat la “Palestina”, non comprendeva né la Giudea e la Samaria né Gaza, le quali, infatti, dopo il 1948 appartenevano reciprocamente alla Giordania e all’Egitto.

Lo troviamo scritto nella Carta fondante dell’OLP all’articolo 24, “L’OLP non esercita alcun diritto di sovranità sulla West Bank nel regno hashemita di Giordania, nella Striscia di Gaza e nell’area di Himmah”.

L’articolo 24 venne cambiato nel 1968 dopo la Guerra dei Sei Giorni, dietro ispirazione sovietica. Ora la sovranità “palestinese” si estendeva anche alla West Bank e a Gaza. Libero da possibili attriti con la Giordania e l’Egitto, Arafat, protetto dai russi, poteva allargare il campo della propria azione. La “Palestina”, adesso, inglobava anche Giudea, Samaria e Gaza.

La Guerra dei Sei Giorni è stata lo spartiacque per la creazione del “popolo palestinese”. Dopo la Guerra dei Sei Giorni tutto cambia. Da Davide, Israele diventa Golia e i “palestinesi” entrano ad occupare il proscenio della storia come popolo autoctono espropriato della propria terra dai “sionisti imperialisti”.

Questa è la narrazione ormai consolidata e che, come un parassita, si è incistata nella mente di una moltitudine. Potere della menzogna. Potere della propaganda.

“Nella grande menzogna c’è una certa forza di credibilità poiché le grandi masse di una nazione sono molto più facilimente corruttibili nello stato più profondo della loro materia emozionale di quanto lo siano consciamente o volontariamente, e quindi, nella primitiva semplicità delle loro menti diventeranno più facilmente vittime di una grande menzogna piuttosto che di una piccola, poiché essi stessi spesso dicono piccole bugie per piccole cose, ma si vergognerebbero di utilizzare menzogne su larga scala. Non gli verrebbe mai in mente di fabbricare falistà colossali e non crederebbero che altri avrebbero l’impudenza di distorcere la verità in modo così infame”. (Adolf Hiltler, “Mein Kampf”)

Per creare questa nuova realtà del “popolo palestinese”, priva di qualsiasi aggancio con il passato era necessario che il passato venisse interamente fabbricato, o meglio, come in “Tlon, Uqbar, Orbis Tertius” di Borges, bisognava fare in modo che il reale venisse risucchiato dalla finzione.

Dunque ecco apparire i “palestinesi”, i quali fin da un tempo immemorabile hanno sempre vissuto nella regione e addirittura si possono fare risalire ai gebusei o, a piacimento, ai cananei. Questo popolo mitico sarebbe stato poi cacciato dagli invasori sionisti.

Il 31 marzo del 1977, come fosse un colpo di scena in un romanzo giallo, Zahir Mushe’in, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP dirà, durante un’intervista
“Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo stato di Israele in nome dell’unità araba. In realtà oggi non c’è alcuna differenza tra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni tattiche e politiche parliamo dell’esistenza di un popolo palestinese, poiché gli interessi nazionali arabi richiedono la messa in campo dell’esistenza di un popolo palestinese per opporci al sionismo”.

Il “popolo palestinese” è una pura invenzione, la quale, con grande abilità propagandistica, è stata trasformata in un fatto che ormai appartiene a tutti gli effetti alla realtà.




Per la Corte Penale Internazionale la Palestina non è uno Stato
Sarah G. Frankl
22 Febbraio, 2020

https://www.rightsreporter.org/per-la-c ... F6s0m1Wu7E

Lo scorso 20 dicembre 2019 il Procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI), Fatou Bensouda, annunciava raggiante di avere gli elementi per aprire una indagine contro Israele per presunti crimini di guerra commessi in Giudea e Samaria e nella Striscia di Gaza.

L’indagine era stata sollecitata dalla Autorità Nazionale Palestinese credendo che bastasse l’adesione della Palestina allo Statuto di Roma quando in realtà la prima e inderogabile qualità necessaria per rivolgersi alla Corte Penale Internazionale non è l’adesione allo Statuto di Roma quanto piuttosto l’essere riconosciuto come uno Stato.

Sin da subito sia Israele che gli Stati Uniti avevano sollevato dubbi sulla effettiva possibilità da parte palestinese di avanzare richieste alla Corte Penale Internazionale in quanto non essendo la Palestina uno Stato riconosciuto veniva meno proprio quella qualità necessaria per rivolgersi alla CPI.

Ma il Procuratore Capo dell’Aia non volle sentire ragioni e affermando che «non vi erano ragioni sostanziali per ritenere che un’indagine non servirebbe gli interessi della giustizia» andò avanti con la prassi per dare il via ad una indagine nonostante Israele non abbia mai aderito allo Statuto di Roma e quindi non rientrasse nel raggio d’azione della Corte e, soprattutto, nonostante i palestinesi non avessero gli attributi necessari a chiedere una indagine.

Questa settimana è stata la stessa Corte Penale Internazionale a porre un macigno difficilmente removibile sulla richiesta palestinese.

Procedendo con l’iter avviato dal Procuratore Capo, molti Stati aderenti allo Statuto di Roma, tra i quali anche alcuni che hanno formalmente riconosciuto la Palestina, e moltissimi esperti di Diritto Internazionale hanno espresso parere negativo al proseguimento dell’indagine in quanto non essendo la Palestina uno Stato riconosciuto non può trasferire la giurisdizione criminale riguardante il suo territorio all’Aia.

Tra questi i più incisivi sono stati la Germania, l’Australia, l’Austria, il Brasile, la Repubblica Ceca, l’Ungheria e l’Uganda i quali hanno chiesto il cosiddetto “amicus curiae” ovvero “amico della Corte” che fornisce loro la possibilità di esprimere una opinione sugli atti della Corte.

Questo gruppo di Paesi, sostenuti poi anche da altri, hanno quindi espresso la loro posizione negativa rispetto al fatto che la Palestina potesse rivolgersi alla CPI in quanto non essendo uno Stato riconosciuto e quindi in base a quanto stabilito dallo Statuto di Roma non gli è permesso presentare alcunché alla Corte.

Il fatto curioso e a modo suo eclatante, è che nemmeno quegli Stati che hanno riconosciuto unilateralmente la Palestina hanno fatto opposizione alla giusta indicazione portata all’attenzione della Corte da questi sette Paesi.

Morale della favola, la Palestina non è uno Stato e non basta aderire a trattati internazionali per avere voce in capitolo.

Ora spetta a una cosiddetta camera pre-processuale decidere in merito. I tre giudici di questa camera – l’ungherese Péter Kovács d’Ungheria, il francese Marc Perrin de Brichambaut e Reine Adélaïde Sophie Alapini-Gansou del Benin – hanno invitato «la Palestina, Israele e le presunte vittime nella situazione in Palestina, a presentare osservazioni scritte» sulla questione entro il 16 marzo.

Ma appare evidente che l’Aia non ha giurisdizione sulle questioni riguardanti la cosiddetta “Palestina” e che quindi il tutto si concluderà con un nulla di fatto.

Di «grande vittoria per Israele» parla l’avvocato Daniel Reisner. «È significativo che anche stati come il Brasile e l’Ungheria, che hanno riconosciuto la Palestina nominalmente, sollevino seri dubbi sulla giurisdizione della corte» ha detto Reisner.

Proteste dalla Lega Araba e dalla Organizzazione per la Cooperazione Islamica

Immediate le proteste dalla Lega Araba e dalla Organizzazione per la Cooperazione Islamica che sembrerebbero voler chiedere lo status di “amicus curiae” in modo da contrastare quanto evidenziato questa settimana. Ammesso che lo possano fare, hanno tempo fino a venerdì prossimo per presentare le loro osservazioni.

In ogni caso Israele non presenterà nessun documento alla camera pre-processuale per non legittimare un procedimento chiaramente fuori dal contesto del Diritto Internazionale.


Onu, cosa ha detto un leader della sinistra israeliana a Ramallah
Anniversario delibera spartizione Onu, le parole di un leader della sinistra israeliana a Ramallah
Ugo Volli
4 Dicembre 2019

https://www.progettodreyfus.com/onu-isr ... CskS7rqgOk


Giovedì scorso, nel palazzo della Mukata a Ramallah, si è svolto un evento rievocativo della votazione dell’Assemblea Generale dell’Onu che ne 1947 stabilì la partizione del mandato britannico (già suddiviso nel ‘21 dalla Gran Bretagna la dare agli arabi “il loro stato”).

Come è noto Israele accettò la divisione, anche se era era tracciata in maniera da rendere difficilissima la sopravvivenza della parte ebraica, gli arabi la rifiutarono, il giorno stesso con la complicità britannica iniziarono attacchi terroristici agli insediamenti ebraici e ad aprile del ‘48, quando Israele proclamò finalmente il suo stato alla vigilia della partenza degli inglesi, le armate di tutti gli stati arabi circostanti tentarono di invadere e distruggere il neonato stato di Israele; ma con grandi sacrifici furono sconfitte dall’esercito israeliano nel ‘49 dovettero ritirarsi dietro una linea armistiziale ben più arretrata, la cosiddetta linea verde.

Da questa storia l’evento della Mukata, amministrato dal noto filoterrorista Jibril Rajoub, non ha tratto motivi di riflessione sulla necessità di un accordo, ma al contrario ha voluto rilanciare la narrativa palestinista sull’”occupazione israeliana”. L’aspetto più curioso di questa riunione è la presenza di circa 300 ebrei israeliani. Erano i soliti ultraortodossi antisionisti di Naturei Karta, che hanno usato l’occasione per dichiarare che l’”entità sionista” non rappresenterebbe il popolo ebraico, sarebbe odiata da “Allah” (questo è il nome con cui il loro leader Meir Hirsh ha scelto per l’occasione di chiamare la Divinità) e costituirebbe la violazione di tutte le leggi internazionali: un piccolo gruppo di estremisti che frequenta con piacere tutti gli antisemiti da Corbyn a Achamadinedjad, e la cui presenza non poteva meravigliare.

Dall’altro lato, però, c’era una folte rappresentanza di militanti di sinistra: alcuni cani sciolti, ma soprattutto Mosi Ratz l’ex leader e ancora influente dirigente del partito israeliano di sinistra Meretz, l’unico che abbia ufficialmente abiurato il sionismo, alla guida di una delegazione di alto livello.

Raz ha parlato avendo alle spalle una foto di Yasser Arafat e ha detto: “Siamo venuti qui per esprimere la nostra solidarietà con il popolo palestinese nei territori occupati, in esilio nella speranza che i ministri palestinesi entrino presto nel prossimo governo. Sostengo uno stato palestinese entro i confini del 67 con uno scambio di territori concordato a fianco dello Stato di Israele, la cui capitale dev’essere Gerusalemme est. Questo marzo andremo alle elezioni in cui Netanyahu sarà sconfitto e Gantz sarà eletto.”

È una dichiarazione molto significativa, non solo per il luogo e l’occasione, ma anche per il contenuto. Meretz, pur avendo pochi seggi, è un pezzo centrale della coalizione di Gantz che certamente non può farne a meno. Si è molto parlato del pericolo di un accordo fra il partito bianco-azzurro e gli arabi filoterroristi, ma non abbastanza dell’influenza delle estrema sinistra ebraica.

La dichiarazione di Raz spiega molto sulle ragioni reali del braccio di ferro che è in corso nella politica israeliana da un anno. Non è detto che Ganz sia d’accordo, ma è chiaro che il progetto di alcune forze che lo appoggiano e di cui egli avrà certamente bisogno consiste nel cancellare o minimizzare la natura ebraica dello stato di Israele, rovesciando le scelte di settant’anni fa.



Informazione corretta: Palestina, ecco l'origine del nome di uno Stato arabo che non è mai esistito
Vivi Israele
Fabrizio Tenerelli
21 febbraio 2018

http://viviisraele.it/2018/02/21/inform ... -esistito/


Cari lettori, io cerco di parlare poco della questione arabo-israeliana, perchè la mia mission è soprattutto approfondire i temi legati a Israele e all’ebraismo. Tuttavia, talvolta è doveroso far chiarezza su alcuni aspetti che riguardano la cosiddetta “corretta informazione”. La disinformazione dilagante in materia (il suo esatto opposto), purtroppo contribuisce a dare una cattiva immagine di uno Stato che da vittima, passa come carnefice.

Ciò senza nulla togliere all’aspirazione ultima che è quella della pace in Medio Oriente e della convivenza di due popoli. Utopia? Una pace che, a mio modestissimo avviso, potrà giungere soltanto, quando il mondo arabo riconoscerà il diritto ad Israele di esistere.

Detto ciò, dopo un mio primo approfondimento in tema di informazione corretta (LEGGI QUI) vi propongo questa sorta di “upgrade”, che riguarda i concetti di “Palestina” e “palestinese”. Molto spesso chi non studia abbastanza, attacca con estrema arroganza il popolo ebraico, sulla base di falsi presupposti e di clamorosi equivoci.

In attesa di preparare un digest, tratto da “Arabi ed Ebrei”, del buon Bernard Lewis, ho pensato di scrivere queste poche righe, invitandovi a divulgarle, condividerle e via dicendo, affinchè si faccia chiarezza su una questione importante.

La prima cosa che va detta è che non c’è mai stata una nazione araba di nome “Palestina”. Questo, in realtà, è il nome che gli antichi romani diedero a Eretz Yisrael, con l’espresso proposito di umiliare gli ebrei, dopo la conquista. Gli inglesi chiamarono così la terra sulla quale avevano avuto il mandato, dopo lo scioglimento dell’Impero Ottomano.

Gli arabi, in disputa con gli ebrei, decisero allora di raccontare che quello era l’antico nome della loro terra, “malgrado non fossero capaci a pronunciarlo in modo corretto, ma trasformandolo in Falastin”, come disse nel 1995, Golda Meir, in una intervista a Sarah Honig del Jerusalem Post. Ma soprattutto va detto che non esiste una lingua palestinese, non una cultura e neppure una terra governata da palestinesi.

Quest’ultimi non sono altro che arabi non distinguibili dai giordani o dai siriani, dai libanesi o dagli iracheni. A ciò aggiungiamo che il mondo arabo controllo il 99,9 per cento del Medio Oriente. Israele, pensate, che rappresenta soltanto un decimo dell’uno per cento del totale. Ma ciò è troppo per gli arabi, che vogliono anche quella minuscola parte. Non importa, dunque, quanti territori un domani potrebbero concedere gli israeliani: in ogni modo non saranno mai abbastanza. Ma allora, da dove deriva questo termine? Palestina ha da sempre designato un’area geografica, che deriva da “Peleshet”, un nome che appare di frequente nella Torah, successivamente chiamata “Philistine”.

Il nome inizia ad essere usato nel tredicesimo secolo a.e.v. da una serie di migranti del mare, provenienti dal mar Egeo e dalle isole greche, i quali si insediarono nella costa sud della terra di Canaan. Laggiù istituirono cinque città-stato indipendenti, inclusa Gaza, in una stretta striscia di terra chiamata “Philistia”, i greci e i romani la chiamarono “Palastina”.

I palestinesi, dunque, non erano arabi e neppure semiti; non avevano alcun legame etnico o linguistico e neppure storico con l’Arabia e il termine Falastin non è altro che la pronuncia araba del termine “Palastina”. Dunque, chi si può considerare palestinese? Durante il mandato britannico era la popolazione ebraica ad essere considerata palestinese, inclusi coloro che hanno servito l’esercito britannico nella Seconda Guerra Mondiale. L’indirizzo britannico fu quello di limitare l’immigrazione di ebrei. Nel 1939, il Churchill White Paper (3 giugno 1922) mette fine all’ammissione di ebrei in Palestina. Uno “stop” che avviene nel periodo in cui c’era più disperatamente bisogno di emigrare in Palestina, quello dopo l’avvento del nazismo in Europa.

Nello stesso tempo in cui sbattevano la porta in faccia agli ebrei, gli inglesi permettevano (o facevano finta di niente) il massiccio ingresso clandestino nella Palestina occidentale di arabi provenienti da Siria, Egitto, Nordafrica e via dicendo. In questo modo, sembra che dal 1900 al 1947, gli arabi sulla sponda ovest del fiume Giordano si siano quasi triplicati. Il legame degli ebrei con la Palestina risale ai tempi biblici. Quello tra gli ebrei ed Hebron, ad esempio, corre indietro ai tempi di Abramo, ma nel 1929, gruppi di arabi in rivolta cacciano la comunità, uccidendo numerosi ebrei.

A supporto della tesi che non esiste uno stato arabo chiamato Palestina, c’è una letteratura fiume. Noi ricordiamo alcune dichiarazioni, tra le più significative, come quella del professore di storia araba, Philip Hitti (uno dei più illustri), secondo cui: “There is no such thing as Palestine in history, absolutely not”, dichiarò al Anglo-American Committee of Inquiry (1946). E poi. “It is common knowledge that Palestine in nothing but southern Syria”, affermò nel 1956: Ahmed Shukairy (United Nations Security Council).




L'inesistente storia della Palestina arabo maomettano palestinese
https://www.facebook.com/HalleluHeb/vid ... 0838079851


La Mappa della Palestina: Un Falso Creato dell'AIC
Victor Scanderbeg RomanoAnalista Storico-Politico
http://www.progettodreyfus.com/la-mappa ... a-un-falso

La Mappa della Palestina è un clamoroso falso creato ad hoc negli anni’60 da un ufficio di propaganda arabo. Spesso definita come “mappa dell’occupazione israeliana in palestina” e in tanti altri modi, questa mappa ha una storia molto lunga e completamente diversa da quella che viene raccontata su molti libri, dossier, siti e social media. Dedicando due minuti alla lettura di questo articolo, avrete a disposizione tutti gli elementi per mettere a tacere il prossimo amico o lontano conoscente che condividerà questo assurdo falso storico.


Palestina: le ragioni di Israele
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2271


Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e occupato alcuna terra altrui e non opprimono nessuno
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2825
Gli ebrei d'Israele non hanno rubato e non hanno occupato nessuna terra altrui, nessuna terra palestinese poiché tutta Israele è la loro terra da 3mila anni e la Palestina è Israele e i veri palestinesi sono gli ebrei più che quel miscuglio di etnie legate dalla matrice nazi maomettana abusivamente definito "palestinesi" e tenute insieme dall'odio per gli ebrei e dai finanziamenti internazionali antisemiti.


Calunnie e falsità nazi-palestinesi contro Israele e gli ebrei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2824

Storia di Israele di Luciano Tas: 21 domande e risposte
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2765

Demografia storica ed etnica in Giudea, Palestina, Israele lungo i millenni
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2774

Democrazia etnica, apartheid e dhimmitudine
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