Libanohttps://it.wikipedia.org/wiki/Libano Mentre un tempo i cristiani costituivano la maggioranza, attualmente, secondo le stime del governo statunitense, i musulmani, dopo la migrazione dei palestinesi, dal 1948 in poi, sono all'incirca il 60% della popolazione libanese. Alcuni drusi focalizzano la loro identità in senso lato, dissociandosi dall'essere accomunati classicamente con i musulmani. Alcuni cristiani maroniti, in particolare quelli provenienti dal Monte Libano non si identificano come arabi, ma come semiti etnicamente discendenti dai fenici e dalla mescolanza di popoli che vivevano in Siria e in Libano prima dell'arrivo degli stessi arabi (principalmente popolazioni di lingua siriaca e bizantini). Successivamente i maroniti si sarebbero mescolati anche con i crociati. Numerosi storici hanno tuttavia contestato o criticato queste tesi. È da sottolineare che, secondo alcune opinioni attuali, è considerato arabo qualsiasi persona avente la lingua araba come lingua madre, a prescindere dai riferimenti genealogici. L'1% dei libanesi è di origine curda.
Sinagoga a Deir al-Qamar risalente al 600 d.C.
Esiste anche una comunità ebraica libanese composta attualmente da circa 100 individui; la maggior parte degli ebrei libanesi ha infatti scelto di lasciare il paese a causa della guerra civile. Dal gennaio 2009 è stato istituito il sito ufficiale della comunità ebraica libanese che va ad affiancare il blog di discussione nato nel 2006.
La lingua ufficiale è l'arabo standard moderno. L'arabo parlato correntemente dalla popolazione differisce dall'arabo standard utilizzato nella forma scritta e per alcuni costituisce addirittura una lingua "neo-araba" o persino una lingua semitica a sé stante.
Una guerra civile è stata combattuta nel paese tra il 1975 ed il 1990, che ha visto numerosi contendenti e frequenti capovolgimenti di alleanze. A fronteggiarsi furono da una parte le milizie composte da cristiani maroniti – delle quali la principale faceva riferimento al partito falangista di Pierre Gemayel – e dall'altra una coalizione di palestinesi alleati a libanesi musulmani sunniti, sciiti (Amal) e drusi.Nel 1976 la guerra stava volgendo a favore degli stessi cristiani maroniti, quando la Lega Araba, dopo l'accordo di Riyāḍ del 21 ottobre 1976, autorizzò l'intervento di una Forza Araba di Dissuasione (FAD) a maggioranza siriana, che riuscì a riportare con la forza una provvisoria e fragile pace nella nazione.
La "linea verde" che divideva Beirut tra la zona est (cristiana) e quella ovest (musulmana)
Il 14 marzo 1978 Israele lanciò l'Operazione Litani, occupando l'area a sud del paese, eccetto Tiro, con più di 25.000 soldati. Gli obiettivi fissati erano di spingere i gruppi militanti palestinesi, in particolare l'OLP, lontano dal confine con Israele. Fu creata allora la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL) per rafforzare il mandato e riportare pace e sovranità al Libano.
http://www.misteriditalia.it/terrorismo ... Libano.pdfhttp://www.oasiscenter.eu/it/articoli/l ... ondo-araboIl Libano un caso unico nel mondo araboSamir-Khalil Samir | domenica 4 ottobre 2009
La situazione del Libano è assai diversa da quella di tutto il resto del mondo arabo: è l'unico dei 22 paesi arabi (???) a non essere "musulmano", bensì una realtà "bi-religiosa". Caratteristica propria del Paese è, infatti, che tutto il sistema è costruito su due comunità, l'una musulmana e l'altra cristiana, ciascuna a sua volta composta da sotto-comunità.
Le due vivono in una condizione di parità che si manifesta, per esempio, nel Parlamento: in esso siedono 64 cristiani e 64 musulmani. O ancora nella divisione dei compiti e ruoli di potere. Il Presidente della Repubblica è cristiano del sotto-gruppo cattolico-maronita, il Primo Ministro è musulmano sunnita e il Presidente del Parlamento è musulmano sciita.
In genere in tutti gli uffici statali si cerca un equilibrio nel numero degli impiegati di alto livello cristiani e musulmani, anche se la cosa diventa sempre più difficile visto l'aumentare del numero dei musulmani (ormai il 60-65% della popolazione) e il diminuire dei cristiani (circa il 35-40 %).
Tutto ciò è molto rilevante perché significa che i musulmani libanesi - per quanto siano la maggioranza e lo stiano diventando in modo sempre più massiccio - ritengono importante per la loro vita mantenere l'equilibrio islamo-cristiano, anche contro una stretta logica delle proporzioni nella rappresentanza che sarebbe sfavorevole alla minoranza dei cristiani.
Non si può sapere fino a quando questa situazione durerà, ma per il momento l'esperienza libanese sotto questo profilo è positiva e lo resterà finché non prevarranno forme di confessionalismo.
D'altra parte non abbiamo in Oriente un sistema che possa dirsi perfetto. Non è possibile adottare e traslocare in Oriente sistemi validi per l'Occidente, tipo il sistema statale per cui i cittadini sono anonimi e tutti uguali o un sistema tipo quello francese o americano. Non avrebbe senso né fondamento, perché questi presuppongono un forte e quasi esclusivo riferimento allo Stato che viene prima di tutto, mentre in Libano il primo punto di riferimento è la propria appartenenza religiosa, in secondo luogo lo Stato.
Il fondamentalismo scatta invece là dove la religione diventa il primo, unico e ultimo riferimento.
Grazie a questo tipo di organizzazione, in Libano il problema della libertà religiosa in parte è risolto o "prevenuto".
Un esempio della storia recente aiuta a capire come. Tre o quattro anni fa, per caso, presso gli uffici del Ministero degli Interni si scoprì un documento, già pronto per essere firmato, che prevedeva l'inserimento del Libano in un progetto del Sisco (associazione islamica che corrisponde all'incirca all'Unesco) di promozione di programmi islamici nelle scuole. È stato subito bloccato. Tutti i giornali cristiani reagirono ribadendo il principio di libertà che ha sempre qualificato il Libano anche in campo religioso.
L'esempio spiega che anche quando qualcuno prova a modificare l'attuale situazione, vince il principio dell'equilibrio e della parità nella rappresentanza e nei trattamenti nei confronti delle diverse comunità religiose.
In Libano tu puoi suonare le campane della chiesa come vuoi, così come un altro può chiamare alla preghiera in moschea come vuole, libertà che non si conosce negli altri paesi dove tutto è controllato e misurato.
Un altro esempio viene dal mondo universitario: in Libano puoi studiare in un'università cristiana, cosa che non accade in nessuno dei 22 paesi arabi. Vige il principio della parità intesa in questo senso: se vuoi avviare un'università cattolica o ortodossa, lo puoi fare, ma deve aprire anche una musulmana (o viceversa). Quando i monaci Antonini manifestarono la richiesta di costruire un'università, il permesso gli fu accordato, ma dovettero aspettare che da parte musulmana ci fosse una simile richiesta. Così se ne costruirono due nuove.
Agli altri paesi musulmani un Libano siffatto può insegnare che la presenza cristiana è un "di più" per il mondo arabo-musulmano.
Anche se l'espressione può apparire semplicistica, la presenza dei cristiani, che sono per una certa predisposizione più aperti e vicini all'Occidente, essendo quest'ultimo di matrice cristiana, può aiutare il Paese a essere aperto tanto a comprendere l'Oriente quando l'Occidente.
L'esperienza del Libano può mostrare al Medio Oriente che la libertà religiosa - e, in senso più ampio, la dimensione religiosa -, che non coincide con il fanatismo, non costituiscono un freno per la società, ma uno stimolo continuo; non è un pericolo per la laicità, ma una ricchezza da condividere. Perché là dove ci sono opinioni e giudizi diversi che si confrontano, è più concreta e fondata la possibilità di una critica reciproca che fa crescere e tendere al meglio.
In Libano lo vediamo anche rispetto ai problemi legati ai valori fondamentali della vita, della bioetica, per esempio, e sui problemi etici in generale.
Il freno può essere invece rappresentato da un certo modo di vivere le tradizioni che limitano questa libertà. Per esempio nel campo dei matrimoni tra persone di fede diversa. La legge non li rende impossibili, ma le tradizioni consolidate li rendono difficili da gestire, soprattutto in vista dell'educazione dei figli, del loro eventuale battesimo, dei rapporti tra parenti vicini, ecc.
Sia in ambienti cattolici che sunniti o sciiti, le tradizioni e le consuetudini antiche in qualche modo azzoppano la libertà religiosa.
Alla luce di tutto questo il Libano resta una realtà da conoscere, un modello da considerare anche come esempio cui ispirarsi altrove soprattutto in Medio Oriente e da difendere da chi lo vuol snaturare.
Cristiani e musulmani: la sfida del dialogoLIBANO Settembre - 2007Anna Pozzi
Faccia a faccia con due leader islamici
Uno è sunnita, l'altro sciita: entrambi sono particolarmente rappresentativi delle loro comunità. E sorprendentemente molto vicini su alcuni temi cruciali dell'incontro islamo-cristiano.
http://www.rivistamissioniconsolata.it/ ... hp?id=2493L'eterna emergenza dei profughi palestinesi in LibanoNicola Lofoco
19/04/2016
http://www.huffingtonpost.it/nicola-lof ... 94004.htmlNella grande emergenza profughi che ormai sta letteralmente esplodendo in tutta Europa ci si è ormai dimenticati che vi sono state nazioni che per tantissimo tempo hanno vissuto sulla propria pelle l'eterna emergenza di chi è stato costretto ad allontanarsi dalla propria casa e ad abbandonare la sua terra per sfuggire ad una morte certa. Uno dei casi più emblematici riguarda il Libano, che negli ultimi anni ha dovuto accogliere tantissimi siriani ed iracheni, ma che da tanto tempo ospita circa 400.000 palestinesi dislocati in 12 campi allestiti , nella maggior parte dei casi, in condizioni di bassa sicurezza per gli abitanti ed in precarie condizioni igienico-sanitarie.
Tra questi va ricordato il campo di Chatila, che nel 1982 insieme a quello ormai scomparso di Sabra fu orrendo teatro di morte e terrore per una strage che costò la vita ad oltre 3000 persone. Responsabili degli orrori di quell'eccidio furono i miliziani della Falange maronita libanese a cui si aggiunsero, successivamente, anche le accuse verso l'allora ministro della difesa israeliano Ariel Sharon, che fu accusato inizialmente anche da Israele stesso (con la commissione Kahan) sino ad arrivare nel 2001 alla richiesta da parte di un tribunale belga di poterlo processare. Sabra ormai non esiste più, mentre Chatila è diventato un quartiere periferico di Beirut dove si può entrare liberamente, al contrario degli altri villaggi dove è necessario avere un preciso permesso per poterci mettere piede. Uno dei campi che invece versava in buone condizioni, soprattutto edili, era quello di Nahr El Bared.
Nel 2006 la cellula salafita "Fatah Al Islam", vicina ad al-Qaeda, era riuscita ad introdursi nel campo per sfuggire alla caccia dell'esercito nazionale libanese. Una volta individuati nacque un violentissimo scontro armato che semidistrusse l'intero campo. Tra il 2003 ed il 2004 altre cellule qaediste avevano già tentato di infiltrarsi anche in tutti gli altri campi. Ma in quel momento i pericolosi tentativi dell'organizzazione terroristica capeggiata in quegli anni da Osama Bin Laden erano sfumati grazie alla politica del primo ministro Rafik Hariri, che aveva stretto un accordo con tutti i capi dei campi affinché tutti gli appartenenti ad Al Qaeda che cercavano da loro riparo, mimetizzandosi tra i profughi, fossero denunciati. Questa politica aveva fatto sì che per molti anni i campi restassero letteralmente "puliti" da ogni tipo di infiltrazione terroristica. Situazione che è totalmente cambiata dopo lo scoppio della guerra civile siriana, in cui l'Isis ha sostituito Al Qaeda nella minaccia globale. Controllare ora in maniera capillare i tanti profughi siriani che si sono riversai nei campi palestinesi è diventato molto difficile.
Tutto questo non ha fatto altro che rendere ancora più grave la situazione complessiva di tutti e 12 i campi. Il vero problema è che verso la questione palestinese vi sono stati oltre 60 anni di cecità totale da parte di tutti i governi che si sono succeduti in Libano. I palestinesi non hanno mai avuto accesso a molte professioni, a differenza di quello che era stato in Siria o in Giordania dove in molti avevano anche ottenuto la cittadinanza. In Libano questo è sempre stato proibito perché i profughi palestinesi sono circa 400.000, tutti musulmani sunniti.
Se venisse data loro la possibilità di votare sbilancerebbero il rapporto di equilibrio tra le varie religioni previsto dal sistema politico libanese con forti ricadute sulla composizione dei seggi elettorali. La loro drammatica situazione è quindi da sempre in balia della piena strumentalizzazione politica. Per questo sarebbe anche il caso di non dimenticare una tragedia che dura ormai da troppi anni, stimolando in tal senso il governo libanese. Risolvere l'eterna emergenza profughi in Libano e, più in generale, tornare a cercare meticolosamente una soluzione al conflitto israelo-palestinese (del quale ormai si parla pochissimo) potrebbe essere un efficace "olio santo" contro tutte le guerre che stanno letteralmente sbranando ancora oggi il Medio Oriente. Non dimentichiamolo mai.
In Libano, i cristiani sono sotto la minaccia islamistadi Shadi Khalloul
3 maggio 2016
http://it.gatestoneinstitute.org/7972/l ... -islamistiPezzo in lingua originale inglese: Lebanon, Christians, Under Islamist Threat
Traduzioni di Angelita La Spada
I gruppi jihadisti minacciano i cristiani libanesi e chiedono che essi si sottomettano all'Islam. I cristiani del Libano, che discendono dagli aramei siriaci, appena un secolo fa costituivano la maggioranza del paese.
Saad Hariri, un politico musulmano sunnita appoggiato dall'Arabia Saudita, ha invitato nel suo ufficio tutti i partiti libanesi per firmare un documento che conferma che il Libano è uno Stato arabo. Questo mira chiaramente a trasformare il Libano in un altro Stato arabo musulmano.
Il passo successivo sarà quello di chiedere che la Costituzione del Libano venga modificata in modo che il paese sia governato dalla legge islamica della Sharia, come molti altri paesi arabi e islamici, compresa l'Autorità palestinese (Ap). La Costituzione dell'Ap dichiara: "I principi della Sharia islamica sono la fonte principale della legislazione".
A causa dei recenti disordini in Libano le comunità locali cristiane temono per la loro esistenza di eredi e discendenti dei primi cristiani. I cristiani del Medio Oriente oggi si trovano a dover affrontare un genocidio di vaste proporzioni, simile al genocidio cristiano compiuto dopo la conquista islamica del Medio Oriente avvenuta nel VII secolo d.C.
I gruppi jihadisti minacciano i cristiani libanesi e chiedono che essi si sottomettano all'Islam. I cristiani del Libano, che discendono dagli aramei siriaci, appena un secolo fa costituivano la maggioranza del paese.
La conversione all'Islam dei cristiani è quanto preteso dall'Isis e da altri gruppi islamici che si nascondono nella regione montuosa al confine tra Siria e Libano.
Saad Hariri, un politico musulmano sunnita appoggiato dall'Arabia Saudita e figlio del premier assassinato Rafik Hariri, ha di recente invitato nel suo ufficio tutti i partiti libanesi per firmare un documento che conferma che il Libano è uno Stato arabo. E Stato arabo è sinonimo di leggi islamiche, come per tutti i membri della Lega araba. Perché è così importante per Hariri o per il mondo sunnita e islamico includere il Libano tra gli stati arabi e cancellare il suo nome attuale di Stato libanese?
E perché gli Stati arabi, tra cui l'Autorità palestinese, rifiutano di riconoscere Israele – dove gli ebrei costituiscono l'80 per cento della popolazione – come Stato ebraico, cercando però di far sì che il Libano – con il 35 per cento della popolazione cristiana – venga definito ufficialmente uno Stato arabo?
Circa un milione di maroniti siriaci hanno lasciato il Libano così come altri 700.000 cristiani appartenenti ad altre chiese. Inoltre, più di otto milioni di maroniti siriaci vivono nella diaspora. Questi otto milioni di cristiani sono fuggiti nel corso dei secoli a causa delle persecuzioni da parte dei musulmani, spesso conquistatori delle terre cristiane. Il Libano non è mai stato prettamente arabo o musulmano. Ma questo è il passo che vorrebbe farci compiere Saad Hariri, volto più mite dell'ideologia espansionista dell'Isis, camuffata da moderato e moderno fronte laico sunnita.
Saad Hariri, un politico musulmano sunnita appoggiato dall'Arabia Saudita, ha invitato di recente nel suo ufficio tutti i partiti libanesi per firmare un documento che conferma che il Libano è uno Stato arabo. Nella foto sopra: Saad Hariri (a destra) con il defunto sovrano saudita Abdullah (a sinistra), nel 2014.
La richiesta di Hariri rivela ciò che il mondo islamico sta progettando per il Libano, Israele, e alla fine per l'Europa e gli Stati Uniti. Le potenze mondiali hanno bisogno di proteggere i cristiani, gli ebrei e le altre minoranze in Medio Oriente. Il Libano e Israele devono continuare a essere la patria delle minoranze perseguitate: una patria cristiana in Libano e una ebraica in Israele – due paesi che sono collegati tra loro geograficamente, che si prestano reciproca assistenza economica e presto forse firmeranno un accordo di pace che potrebbe creare un ponte nell'ambito della cultura e dei diritti umani tra Occidente e Oriente.
Bashir Gemayel, il grande leader libanese cristiano-maronita che fu assassinato dopo essere stato eletto presidente nel 1982, aveva avvisato l'Occidente durante la guerra civile libanese che se le forze islamiche in lotta contro i cristiani avessero vinto avrebbero continuato a combattere contro il mondo occidentale, come di fatto stanno facendo attualmente.
Questo accordo per uno Stato libanese arabo come richiesto dalla leadership saudita è finalizzato a trasformare il Libano in un altro Stato arabo musulmano. Il suo scopo è quello di negare i diritti della popolazione autoctona, esattamente come è accaduto ai cristiani copti d'Egitto e a quelli aramei siriaci. In Libano, la popolazione originaria del paese è costituita dai cristiani aramei-fenici – soprattutto i maroniti – che ancora preservano il siriaco (la lingua parlata da Gesù) come loro lingua sacra. Il 95 per cento dei villaggi libanesi sono ancora chiamati con i loro nomi siro-aramei. L'Islam e la lingua araba sono arrivati tardi in Libano dalla Penisola arabica, dopo il VII secolo.
Hariri potrebbe anche avere l'appoggio di Hezbollah, il partito musulmano sciita: sunniti e sciiti sono entrambi islamici. Il passo successivo sarà quello di chiedere che la Costituzione del Libano sia modificata in modo tale che il Paese dei Cedri sia governato dalla legge della Sharia, come molti altri paesi islamici, compresa l'Autorità palestinese. L'art.4 della Costituzione del futuro Stato palestinese dichiara espressamente: "I principi della Sharia islamica sono la fonte principale della legislazione".
Applicare la legge islamica della Sharia significa avere la sovranità musulmana e il controllo sulla comunità cristiana aramea.
Se questa ideologia islamica, attuata da così tanti paesi, non è razzismo, allora che cosa è il razzismo?
Perché il mondo libero, comprese le chiese e i leader occidentali laici, tace e demonizza solo Israele ebraico per proteggersi dalla stessa minaccia e ideologia?
"Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi." I cristiani del Libano e di tutto il Medio Oriente possono salvarsi solo se interiorizzano questa frase dei libri sacri.
Shadi Khalloul è il fondatore del Movimento aramaico israeliano. Prima della laurea conseguita presso l'University of Nevada, a Las Vegas, è stato luogotenente paracadutista nelle IDF. È anche un imprenditore, leader della sua comunità e candidato alle elezioni politiche israeliane.