Endoe ke riva l'xlam el desfa i paexi co la goera e el teror

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Messaggioda Berto » sab dic 19, 2015 10:09 pm

Nijeria e ixlam
viewtopic.php?f=188&t=2048


Nigeria, il leader di Boko Haram in un video: “Arrendetevi, è finita”
https://youtu.be/8jvpAnkPQ1o

http://www.lastampa.it/2016/03/24/ester ... agina.html

Dopo 7 anni di guerriglia e attentati terroristici in nome della Jihad il leader del gruppo terrorista Boko Haram, Abubakar Shekau, in un video ha ordinato ai suoi combattenti di arrendersi. Il capo supremo dell’organizzazione fondamentalista che più ha ucciso nel 2015 nel mondo, 6.644 vittime secondo il Global Terrorism Index, tra Nigeria, Cameroon, Chad e Niger, riapparso con un video in arabo dopo oltre un anno di assenza ha chiesto a Dio di perdonare i peccati commessi durante gli ultimi anni in cui sono morte oltre 20mila persone.

Shekau, su cui si era più volto speculato su una sua possibile uccisione o fuga, sembra in salute, ma notevolmente debilitato e con un tono di voce quasi dimesso. Solo, con un kalashnikov appoggiato sulla spalla sinistra e una bandiera dello Stato Islamico a lato non sembra più incarnare quel leader che minacciava di uccidere tutti coloro che non avessero aderito al Califfato.

LA MAPPA Il terrore globale: solo a marzo 2016 almeno 138 vittime

Ancor nessun commento ufficiale da parte del Governo nigeriano, ma l’esercito ha confermato la veridicità del video di sette minuti e alcune fonti militari nei pressi di Maiduguri, roccaforte del gruppo terrorista, hanno lasciato trapelare che si tratterebbe di «un evidente messaggio di ritirata».

L’esercito nigeriano ha solo fatto sapere che le operazioni per smantellare i fondamentalisti proseguono e che i terroristi sono liberi di arrendersi. Nelle ultime settimane le operazioni dei militari nigeriani si erano intensificate e molti terroristi erano stati uccisi o catturati. Numerosi anche gli ostaggi liberati. Tuttavia la loro presenza sul territorio rimane forte. Nello stato di Adamawa, uno dei più colpiti dall’insorgenza che ha creato 2,5 milioni di sfollati, sono state rapite 16 donne.
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Messaggioda Berto » ven dic 25, 2015 5:31 pm

Birmania, pulizia etnica contro i musulmani, attacco a una città
Monica Ricci Sargentini
2 MAGGIO 2013

http://lepersoneeladignita.corriere.it/ ... -una-citta

Discriminazione |

Un’intera città distrutta, la gente costretta a passare la notte nei campi per paura di essere uccisa. I musulmani che vivono a Okkan, 80 km a nord di Rangoon in Birmania, la mattina del primo maggio sono tornati nelle loro case per trovare solo macerie. La sera prima centinaia di buddisti avevano invaso la zona gettando nel terrore la popolazione.

“Siamo scappati nei campi senza portare nulla con noi – ha raccontato piangendo all’Associated Press Hla Myint, 47 anni, padre di otto figli -, ora siamo senza casa”. Secondo la polizia nell’assalto una persona è morta e sono state distrutte 157 tra case e negozi, oltre a due moschee ad Okkan e altri tre villaggi sono stati rasi al suolo.

Dietro l’ennesimo assalto c’è il gruppo 969 che vorrebbe imporre alla minoranza musulmana una sorta di apartheid: i buddisti dovrebbero evitare i negozi gestiti dai musulmani, mettere al bando i matrimoni misti e né vendere né affittare terra agli islamici. Una filosofia che sta prendendo sempre più piede negli ultimi mesi e che alimenta la violenza. In molte città si notano un po’ ovunque gli adesivi con sopra l’emblema del 969 (i numeri elencano le virtù di Budda, i suoi insegnamenti e le comunità di monaci). Anche nella capitale taxi, negozi e autobus esibiscono il simbolo del gruppo islamofobico.

L’ultimo episodio di violenza risale al 30 marzo quando c’erano stati dieci giorni di scontri nella città di Meikthila, nel nord del Paese. Come avevamo raccontato in questo post a pagare con la vita erano stati, quella volta, i Rohingya, la minoranza musulmana mal tollerata dalla maggioranza buddista nello Stato di Rakhine. Finora è fallita la strategia di pace del presidente Thein Sein, un riformista che ha provato a frenare il crescere degli estremismi religiosi.

Gli abitanti di Okkan avevano fiutato il pericolo e, dopo gli episodi di fine marzo, avevano addirittura organizzato delle ronde per proteggere la città. Le autorità, però, gli avevano detto di non preoccuparsi e così, dopo qualche settimana, avevano desistito.

“E’ successo tutto all’improvviso – ha raccontato ancora all’Associated Press Hla Myint -, la folla è arrivata urlando: non difendetevi, vogliamo solo distruggere la moschea, non vi faremo del male e non distruggeremo le vostre case. Invece l’hanno fatto”.

Cosa accadrà ora ai senza tetto? Gli scontri religiosi nello Stato di Rakhine al confine con il Bangladesh hanno già causato più duecento morti e oltre 130mila profughi. I Rohingya non sanno cosa fare, alcuni si fanno ospitare da chi la casa ce l’ha ancora in piedi ma la situazione è insostenibile.

Hla Aung, 39 anni, ha perso la sua casa e accusa la polzia: “Non hanno fatto nulla per proteggerci, per questo è molto difficile fidarci di loro”. Aung Myint, 46 anni, è buddista ma non approva la violenza. Ha assistito all’attacco senza muovere un dito perché, dice, chi l’ha fatto è stato picchiato: “Non abbiamo osato aiutarli perché eravamo preoccupati per la nostra sicurezza”.

I gruppi per i diritti umani rimproverano al governo di non essere riuscito a fermare l’estremismo buddista. Ormai la violenza sta dilagando e si avvicina sempre più alla capitale Yangoon. La scorsa settimana Human Rights Watch ha accusato autorità dello Stato di Rakhine, compresi i monaci buddisti e le forze di sicurezza, di fomentare una campagna organizzata per la pulizia etnica della regione dai Rohingya.

I musulmani rappresentano il 4% dei 60 milioni di cittadini birmani, un terzo del Paese è composto da minoranze in cerca di maggior autonomia.

È un blog sui diritti umani che nasce dalla collaborazione tra Amnesty International e il Corriere della Sera. Il nostro obiettivo comune è tenere lo sguardo fermo su quello che succede nel mondo, tra grandi crisi internazionali e fatti quotidiani nelle nostre città. Dalla libertà d’espressione al rischio di genocidi in luoghi dimenticati, dal traffico illegale d’armi alle violenze domestiche. Raccontando le storie di attivismo, coraggio e resistenza. Perché la candela accesa da Peter Benenson 50 anni fa resti un piccolo faro per chi naviga e combatte le ingiustizie.

Chiediamoci come gli islamici trattano i diversamente religiosi nelle terre a domio islamico!
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Messaggioda Berto » ven dic 25, 2015 5:32 pm

SILVANA DE MARI
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 4187827836

Nell’anno 2000, un anno prima dell’11 settembre, circa 800 cristiani furono massacrati nell’isola di Sulawesi. Nella cittadina cristiana di Poso, il giorno di Pasqua circa 180 case e negozi appartenenti a cristiani furono distrutti in un solo giorno. Nei giorni successivi ci fu un’ondata di stupri e violenze alle quali la polizia assiste senza intervenire, altre 800 case e negozi di cristiani furono bruciati e l’apogeo della violenza è stata raggiunta il 23 maggio 2000: i cristiani sono di nuovo assaliti dalla solita folla islamica e questa volta muoiono 700 persone linciate, bastonate a morte o lapidate.

Per chi non sapesse dove è Sulawesi, si trova in Indonesia, e per chi non ricordi se l’indonesa faccia parte dell’islam moderato o di quello smoderato ( è facile fare confusione ) informo che fa parte di quello moderato. Il presidente Obama ha citato più volte l’Indonesia come esempio di moderazione, tolleranza, convivenza tra popoli e religioni diverse, un posto dove non si bruciano le chiese. L’ultima affermazione è corretta. Le hanno bruciate tutte per un totale di circa 2000 tra il 1998 e il 2000 e quindi non ce ne sono più.

L’Europa come ha reagito ai massacri del 2000? Con la stessa assoluta indifferenza con cui reagisce alle chiese bruciate in Nigeria, a bambini crocefissi in Irak, alle fotografie delle teste mozzate.

In Pakistan, altro gioiello di islam moderato, sono stati uccisi i bambini. Il terrorista suicida ha tirato il cordino vicino alle giostrine e agli scivoli, durante un giorno dorato che era di resurrezione.

Non piango i morti. So che sono stati accolti nel più luminoso dei cieli. So che questa morte che li ha strappati alla terra li ha consegnati nelle mani di Cristo. E invidio la loro sorte: li accompagneranno alla dimora eterna con canti e preghiere, non con canzonette ridicole e discorsi pieni di idiozie.

Piango la vigliaccheria e la stoltezza della mia terra. Piango per i fiorellini, le candeline e le scemenze scritte per terra con i gessetti colorati. Piango un popolo, quello europeo, che non è nemmeno più capace di seppellire i propri morti, e li sprofonda nel ridicolo con la ridicola e demente canzonetta Imagine, dove uno dei più sopravvalutati mediocri del XX secolo sogna un mondo senza religioni come soluzione a tutti i problemi. Piango discorsi ridicoli che brillano per l’incapacità di dire che il terrorismo è islamico, nasce nell’islam, appartiene all’islam.

Per chi non lo ricordasse, il testamento spirituale del cattolico Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze del Pakistan, assassinato il 2 marzo 2012 a Islamabad da uomini armati. Bhatti aveva difeso con coraggio Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia in base a false accuse, e aveva ricevuto numerose minacce di morte perché, come Salman Taseer, governatore del Punjab assassinato da estremisti islamici, voleva riformare la legge sulla blasfemia.

“Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica… Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese."

Fratelli nella luce, che siete morti nella fede e per la fede, vi scrivo da una terra dove si muore a caso e per caso, uccisi dal terrorista della porta accanto, si viene seppelliti con canzonette sceme, mentre ministri ridicoli versano lacrime ridicole. Porterò il vostro ricordo nel cuore.
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Messaggioda Berto » gio dic 31, 2015 12:17 pm

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Messaggioda Berto » gio mar 24, 2016 10:34 pm

Ouropa



Straje xlamega de Parixi
viewtopic.php?f=188&t=1994
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lamici.jpg


Li adoradori de l'idoło demoniago Alà łi taca l'Ouropa
viewtopic.php?f=92&t=2261


Ouropa e Ixlàm (Europa e Islàm)
viewtopic.php?f=188&t=2121

Boxnia e Kosovo cavałi de troia de l'ixlam ?
viewtopic.php?f=92&t=1502

Danmark e ixlam
viewtopic.php?f=188&t=1934

Imam de Venesia, veneti e de altri posti - cativi maestri
viewtopic.php?f=24&t=1989

Musulmani ensemenii ke łi copa sigando Alà lè grande!
viewtopic.php?f=188&t=2043

I popoli d'Europa si rivoltano contro la violenza islamica - I popoli endexeni d'Ouropa łi scuminsia rivoltarse contro ła viołensa xlamega
viewtopic.php?f=188&t=2054
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Messaggioda Berto » ven mar 25, 2016 7:29 am

Oneto: islam dove è passato distrugge ogni altra religione, cultura e identità
31 Dec 2015
http://www.lindipendenzanuova.com/oneto ... e-identita

di GILBERTO ONETO* – La vitalità della morte. Il Sycios angulatus è una pianta infestante che striscia, radica e si arrampica con devastante vitalità: dove si insedia uccide ogni altra presenza vegetale e ricopre tutto con un triste manto verdastro nei mesi caldi e con un groviglio di seccume nei periodi freddi. Non c’è verso di fermarla se non tagliandola o estirpandola sistematicamente, stagione dopo stagione. Dove questo non viene fatto, la mala pianta occupa e distrugge tutto: ci sono colline, edifici e paesaggi interi che ne vengono ricoperti e desertificati. Sparisce ogni differenza, ogni colore, ogni segno di vita e di vitalità.

Dove arriva l’Islam fa lo stesso: distrugge ogni altra religione, cultura e identità, e ricopre tutto con il manto grigio e uniforme della mortifera osservanza coranica. In 14 secoli ha annientato civiltà antiche, ricche che erano stati straordinari capitoli della storia del mondo. Il paradigma del suo atteggiamento nei confronti della cultura e della libertà intellettuale (e della libertà tout court) si trova nella vicenda delle biblioteca di Alessandria, la più vasta raccolta di opere dell’antichità, completamente distrutta nel 646 dal califfo ’Amr ibn al-’Âs, sostenendo che dovessero essere eliminati tutti i libri, sia che dicessero cose diverse dal Corano (e perciò dannosi) o che contenessero cose coerenti col Corano (e perciò superflue). Se ne sono andati in fumo migliaia di volumi provocando il più grande danno mai fatto alla cultura universale.

Non ci sembra che quel contegno sia mai cambiato. Per fortuna esso ha anche avuto un importante risvolto positivo: il rigetto di ogni volontà di progresso anche scientifico ha in passato condannato l’Islam a soccombere militarmente di fronte a società che non hanno mai smesso di cercare di progredire sul piano scientifico e culturale. Il confrontarsi dell’Islam col mondo si riflette anche nel suo atteggiamento verso l’aspetto fisico del mondo, che deve forzatamente essere triste, grigio e dimesso. Questo si vede nelle palandrane con cui avviluppano i loro corpi, nella sciatteria delle loro città e delle loro case (fa naturalmente eccezione lo sfarzo dei ricchi e dei potenti), nella pochezza della loro cucina che si è privata di tutti gli ingredienti che rendono piacevole la vita senza trasformarla in licenziosità. Il Pakistan e l’India sono – ad esempio – abitati da genti dalla stessa origine etnica ma passare dall’uno all’altra è come passare dal buio alla luce, dalla tristezza bisunta e piena di livore all’allegra confusione di colori, di figure, di aromi, di un’esplosione artistica figurativa.

Oggi Bali è – per fare un altro esempio – una delle mete turistiche più ambite soprattutto per la bellezza delle sue architetture, per lo splendore dell’arte e del suo artigianato, per la sfolgorante gioiosità del suo folclore e dei suoi riti religiosi. Tutte le altre isole attorno hanno lo stesso clima e lo stesso mare ma sono state intristite dalla patina islamica che le ha ricoperte come uno spurgo petrolifero uccidendo ogni forma di vitalità. La tristezza del chador contro l’allegria del sari.

L’Islam – si sa – condanna la riproduzione non solo di Dio ma delle figure umane, e spesso anche di quelle animali costringendo i pochi artisti sopravvissuti (e ortodossi) ai complessi virtuosismi di motivi geometrici e vegetali. Tutto il resto va distrutto sistematicamente. Questo vale per le cose più piccole come la santella della Madonna che un deficiente macedone ha di recente eliminato da una casa di Dosolo in provincia di Mantova, ai Buddha di Banyam, presi a cannonate dai guerrieri di Allah, dai monasteri ortodossi di Kossovo e Metochia, diroccati da prodi albanesi, alle migliaia di chiese, pagode, templi di qualsiasi religione che questi iconoclasti (che mostrano vitalità solo nel distruggere) hanno raso al suolo nel corso dei secoli. Costantinopoli era una delle città più belle, più ricche di opere d’arte e di architetture, era una sorta di straordinario museo del mondo:
Istambul oggi è un luogo grigio e Santa Sofia – uno dei più radiosi edifici dell’umanità – è rimasta un involucro spelacchiato.

La stessa sorte sarebbe toccata a Venezia, a Vienna e al resto d’Europa senza Marco d’Aviano, senza Lepanto, senza milioni di europei cristiani che proprio anche alla forza delle immagini hanno fatto simbolico ricorso.
In realtà l’iconoclastia non è una malattia solo islamica: per un certo periodo ha guastato anche il Cristianesimo.
Quello orientale se ne è liberato con sanguinose fatiche; quello occidentale ha dovuto subire le scelleratezze di puritani, anabattisti e altri trucidi personaggi prima di ritrovare serenità e ragionevolezza.
Gente che aveva per antenati Celti e Germani (e il loro gusto per arte e colore) non poteva che soccombere alla forza delle origini: oggi molti dei più bei musei d’arte figurativa sono in Paesi protestanti. Si obietterà che anche taluni maomettani abbiano prodotto grandi esempi di arte figurativa: si ricordano i persiani e i moghul. I primi erano sciiti (che sono sempre stati un po’ più civili), e gli altri erano indiani fino al midollo e non potevano fare a meno di figure e colori. Sia persiani che indiani sono poi indoeuropei e ritorna il ragionamento delle origini. Si dice sempre che anche gli almoravidi di Spagna fossero colti e avessero sviluppato una raffinata arte figurativa: si trattava però solo di un sottile (e, fortunatamente, precario) strato islamico sopra celti, visigoti ed ebrei.

Quasi tutti ebrei o armeni erano anche i grandi dotti del passato di cui ogni tanto l’Islam si fa vanto. L’Islam è una sorta di malattia, è una invasione di fameliche cavallette che divorano tutto, è il buio di Mordor che annienta, è il Syicios angulatus della cultura e della libertà. Se prevale, non perdiamo solo la grappa, il salame o i fumetti, non verranno solo distrutte chiese e musei, non vedremo solo la tavolozza del nostro mondo ridotta a un unico urfido colore. Se prevale, perdiamo la ricchezza della nostra civiltà, perdiamo la libertà. Perdiamo tutto.
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Messaggioda Berto » gio mar 31, 2016 12:41 pm

Ixlamofasixmo, nasixlam e rasixmo xlamego
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Nella storia dove è arrivato l'Islam è poi sempre avvenuta la guerra civile e religiosa
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https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0147022373

I crimini de l’Ixlam (el nasixmo rełijoxo)
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Islam è religione di guerra e violenza non di pace, è religione che viola i Diritti Umani Universali
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Asasini, el Vecio de ła Montagna
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Le fosse e altri luoghi di sterminio islamici da Maometto a l'IS
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Sharia o leje xlamega par Maometo e el Coran
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La goera co l'ISIS (e co l'Ixlam ?)
viewtopic.php?f=143&t=1384
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Messaggioda Berto » dom apr 17, 2016 7:44 pm

La religione del colonialismo: perché non si può "colonizzare" la Palestina | Daniel Greenfield
Niram Ferretti
16/04/2016

http://www.linformale.eu/2774-2

Durante la settimana dell’Apartheid israeliano, gli odiatori dei campus proclamano di combattere il “colonialismo” lottando contro gli ebrei. Il Centro per gli studi della Palestina della Columbia University, dedicato a un paese che non esiste e che non ha prodotto nulla che valga la pena di essere studiato ad eccezione del terrorismo, produce discussioni come quelle di Abdul Rahim al Shaik, “Palestina Recuperata: Lettura di un panorama colonizzato”. Questa insalata di parole è una infusione tossica di revisionismo storico la quale viene usata per giustificare la colonizzazione musulmana della popolazione ebraica indigena.

“Colonialismo” è la parola preferita del Centro per gli studi della Palestina. Quando operatori sociali israeliani rimuovono dei bambini maltrattati da abitazioni musulmane, si tratta di colonialismo. Le fattorie israeliane rappresentano una specie di “colonialismo”ambientale. Se piove di giovedì è causato dal “colonialismo”, preferibilmente del tipo israeliano-sionista.

Ma non si possono colonizzare i colonizzatori. La popolazione musulmana in Israele è una popolazione coloniale straniera. La popolazione indigena ebraica può migrare nel proprio paese ma non può colonizzarlo. Nemmeno se accusate gli ebrei di costituire un “super doppio regime colonialista”.

I musulmani hanno invaso, conquistato e si sono insediati in Israele. Hanno imposto la loro lingua e le loro leggi sulla popolazione. Questa è la definizione di colonialismo. Non si può colonizzare e poi lamentarsi che si è stati colonizzati quando i nativi si riprendono il potere che è stato loro rubato.

Ci sono musulmani in Israele per la stessa ragione che ci sono musulmani in India. Sono ciò che resta del regime coloniale musulmano che ha epurato e oppresso la popolazione indigena non musulmana. Non ci sono degli argomenti storici seri che possano essere usati per controbattere ciò.

Le conquiste musulmane e le invasioni sono ben documentate. Gli insediamenti musulmani coincidono con i paradigmi storici del colonialismo inclusa l’importazione di una popolazione straniera e di un sistema sociale imposto sulla popolazione originaria.

Fino a quando non iniziarono a perdere le guerre contro la popolazione ebraica indigena i colonizzatori musulmani non si vergognavano del loro passato coloniale, se ne gloriavano. La loro eredità storica era fondata sulla confisca di luoghi non musulmani, sulla loro appropriazione e riqualificazione come conseguenza del averli conquistati.

L’unica ragione per la quale esiste una controversia relativa al Monte del Tempio è perché il califfo Omar conquistò Gerusalemme e ordinò che una moschea venisse costruita su un luogo considerato santo per gli ebrei. L’unica ragione per la quale c’è una controversia relativa a Gerusalemme Est è dovuta al fatto che degli invasori musulmani catturarono metà della città nel 1948, bombardarono le sinagoghe e procedettero alla pulizia etnica della popolazione ebraica in modo da determinare un insediamento artificiale a maggioranza musulmana. La rivendicazione musulmana su Gerusalemme o su qualsiasi altra parte di Israele è basata unicamente sulla violenza coloniale. Non c’è nessuna rivendicazione musulmana su Israele che sia basata su qualcosa di diverso dal colonialismo, dall’invasione e dagli insediamenti.

Israele è disseminata da moschee di Omar, inclusa una moschea costruita nel cortile della chiesa del Santo Sepolcro, perché l’Islam è una entita coloniale le cui moschee ne testimoniano la natura invasiva celebrando il colonialismo come la sua vera religione. La fede dell’Islam è la religione della spada. L’Islam è una religione del colonialismo che si è diffusa attraverso l’invasione, l’insediamento e la conquista. I suoi califfi, dagli invasori originari, incluso Omoar, all’attuale califfo dell’Isis, esercitarono ed esercitano l’autorità religiosa al servizio dell’impresa coloniale islamica.

Allah è la divinità patrocinatrice del colonialismo. Il Jihad significa semplicemente colonialismo in arabo. La teologia islamica null’altro è se non il destino manifesto della conquista musulmana del mondo, l’impresa colonizzatrice mascherata con le bardature della religione espropriata dalla cultura delle minoranze ebraiche e cristiane conquistate. Il terrorismo musulmano è una risposta reazionaria coloniale ai movimenti di liberazione della popolazione indigena ebraica.

Anche “Allah Akbar” non è originato da un sentimento religioso. Non significa “Dio è grande”, come è spesso tradotto malamente. Fu il dileggio da parte di Maometto nei confronti degli ebrei che stava etnicamente epurando. La sua epurazione di un gruppo minoritario provava che “Allah era più grande”. Il colonialismo islamico è usato per dimostrare l’esistenza di Allah. E il modo migliore di venerare Allah è attraverso il colonialismo del jihad.

L’Islam non sarebbe esistito senza il colonialismo. Ancora oggi non potrebbe esistere senza di esso. Questa è la ragione per cui continua la violenza. L’unico modo da parte dei musulmani per porre fine alla violenza è rigettare la loro teologia colonialista. Ma invece di assumere la titolarità della loro vera storia, la popolazione colonialista musulmana evade la propria colpa attraverso la propaganda affermando di essere vittima del colonialismo da parte della popolazione ebraica indigena. Questo revisionismo storico distorto è supportato da assurdità come quella di affermare che Gesù era un palestinese o che gli arabi sono discendenti dei filistei. I colonialisti musulmani insistono nel continuare a celebrare il colonialismo dichiarando di essere una popolazione indigena che ha sempre vissuto in Israele.

Puoi avere una cosa o l’altra. Puoi avere la tua moschea che celebra la conquista e la soppressione della popolazione indigena o la tua rivendicazione di essere la popolazione indigena. Ma non puoi alternare da essere la popolazione indigena a essere chi l’ha conquistatata quando fa comodo alla tua narrazione pseudo storica. Non puoi affermare di essere i filistei, gli ebrei e i loro conquistatori islamici allo stesso tempo.

Dalle sue origini romane, la Palestina è sempre stata la fantasia coloniale di riconfigurare Israele cancellando la sua identità ebraica originaria. I mercenari arabi che vennero impiegati dai romani nella loro impresa coloniale originaria l’hanno portata avanti diventando i conquistatatori autoassunti per il proprio impero coloniale. Il nome Palestina resta un insediamento linguistico per riconfigurare un paese senza un popolo e un passato come se fosse uno stato in bianco sul qulae l’identità colonialista degli invasori possa essere scritta in modo pristino. Questo è ancora il ruolo funzionale del mito e della mitologia palestinese.

Abdul Rahim al-Shaikh si lamenta a proposito del “colonialismo linguistico”. Quando i musulmani chiamano la fonte di Eliseo, una figura biblica ebraica, Ein as Sltan in onore di un leader colonialista islamico, questo è colonialismo linguistico. Quando gli ebrei rinominano con nomi ebraici originari i luoghi così come erano prima del colonialismo musulmano, non si tratta di colonialismo. E’ l’esatto opposto. Si tratta di decolonizzazione.

Promuovere rivendicazioni di uno stato palestinese non è decolonizzazione, è colonizzazione. O ricolonizzazione. I promotori della “Palestina” non stanno combattendo il colonialismo, lo stanno promuovendo. Sostengono una fantasia musulmana screditata contro la popolazione indigena ebraica di Israele.

Abdul Rahim al-Shaikh si lamenta dell’”amnesia geografica” tra i “palestinesi”. Nn c’è alcuna amnesia geografica perché non si può ricordare ciò che non è mai esistito. C’è solo una forma di para-amnesia perché non è mai esistito un paese chiamato Palestina. La Palestina non ha storia. Non ha un popolo. Non ha confini. Non è mai stato niente altro se non una invenzione colonialista. E’ il nome usato da una serie di colonialisti stranieri i quali hanno operato in nome di imperi coloniali. Non si può colonizzare la Palestina. Come si può colonizzare un mito coloniale? Si può solo decolonizzarlo.

Tutte le case ebraiche costruite su terra precedentemente sotto il controllo dei califfi è decolonizzazione e de-califfazione. Quando gli ebrei salgono al Monte del Tmpio sono intenti nel decolonizzare e nel de-califfizzare. Quando le forze di liberazione della popolazione indigena ebraica sparano a un jihadista colonialista il quale combatte per imporre un altro stato islamico su Israele, anche questa è decolinizzazione e de-califfazione.

La resistenza al terrorismo islamico è resistenza al colonialismo. E gli ebrei hanno la più lunga storia di resistenza a uno stato islamico sotto i suoi vari califfi. Israele sta ancora resistendo ai piani colonialisti jihadisti per la restaurazione del califfato. Il sionismo è una macchina che uccide il colonialismo islamico.

L’esistenza di Israele non significa solo la decolonizzazione delle fantasie sulla Palestina di Abdul Rahim al-Shaikh ma è una fonte di ispirazione per coloro i quali lottano contro il colonialismo in tutta la regione, dai copti ai berberi agli intellettuali laici che combattono per la libertà.

Il colonialismo islamico è sempre stato sconfitto, sia alle porte di Vienna che nel deserto del Sinai. Le sue fantasie coloniali sono false e verranno sconfitte tutte le volte che sarà necessario farlo, sia nella forma della Palestina o in quella dell’Isis.

Di Daniel Greenfield per Frontpage, tradotto in italiano
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Messaggioda Berto » mer mag 11, 2016 10:39 am

La posta in gioco
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
10.05.2016

http://www.informazionecorretta.com/mai ... A.facebook

Cari amici,

a parte le polemiche e le invettive, che qualche volta ci vogliono, è necessario riflettere su quel che sta accadendo al nostro continente in questo momento che è decisivo non solo per la cronaca politica, ma davvero anche per la storia. Per questa ragione vi invito a leggere un articolo con cui non concordo affatto, ma che almeno pone il problema, quello di Robert Kaplan pubblicato sulla “Stampa” di domenica. Ecco il link: http://www.lastampa.it/2016/05/08/ester ... agina.html . Per chi non lo sapesse, Kaplan è un politologo americano con larghe esperienze giornalistiche, che predica una sorta di realismo machiavellico e geopolitico per quanto riguarda il rapporto degli Stati Uniti col resto del mondo; ha appoggiato la Seconda guerra del Golfo per poi pentirsene, è stato amico sia di “neocon” come Wolfowitz, sia di personaggi controversi di sinistra come Mearsheimer, l’autore del libro criticatissimo sulla “Israeli Lobby”. Insomma è uno che pensa trasversalmente e spesso sbaglia, un provocatore di idee che vale la pena di leggere.

Kaplan parte da un fatto ben noto, che è stato oggetto di un celebre libro del grande storico Henry Pirenne già pubblicato nel 1937 (Maometto e Carlo Magno, in italiano da Laterza): la fine del mondo antico è stata determinata dall’imperialismo musulmano che fra Settimo e Ottavo secolo si impadronì di tutta la sponda Sud del Mediterraneo, che almeno dalla caduta di Cartagine era stata per un millennio del tutto inclusa nel mondo grecoromano. A guardare le mappe incluse nell’articolo si capisce benissimo quanto fu decisiva la prima spinta militare dell’Islam (che arrivò immediatamente dopo anche a conquistare la Spagna e la Sicilia e poi dopo seicento anni con una seconda spinta turca distrusse l’Impero Romano d’Oriente, prendendo completamente l’Anatolia, il Mar Nero, i Balcani fino ad assediare due volte Vienna). Le controffensive cristiane furono lente e poco utili; il regno cristiano in Terra d’Israele durò un secolo, la Reconquista della penisola iberica fu lenta e faticosa; i Balcani e la Grecia furono liberati solo nell’Ottocento. La Sponda Sud del Mediterraneo, con la sola eccezione di Israele è in mano ai conquistatori arabi. Dunque la rottura è stata permanente, senza possibilità di integrazione e ha definito l’identità dell’Europa. Purtroppo Kaplan cita a questo proposito le affermazioni ideologiche e spesso infondate di Said e non gli storici seri alla Pirenne. Ma non è questo il punto.


L'espansione dell'islam nel VII-VIII secolo
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lamega.jpg



Quel che accade oggi, come scrive Kaplan è che “ora l’Islam sta contribuendo a distruggere ciò che aveva contributo a creare. La geografia classica si sta riaffermando sotto la spinta delle forze del terrorismo e della migrazione che riunificano il bacino del Mediterraneo, Nord Africa e Oriente compresi, con l’Europa. [...] Oggi, centinaia di migliaia di musulmani che non hanno alcun desiderio di diventare cristiani si stanno riversando negli Stati europei, economicamente stagnanti, minacciandone la fragile pace sociale.”

Kaplan a questo punto abbraccia delle tesi terzomondiste: “Anche se le élite europee per decenni hanno usato la retorica idealista per negare la forza della religione e dell’etnia, sono stati proprio questi i collanti che hanno garantito la coesione interna degli Stati europei. L’Europa ha risposto ricostruendo artificialmente identità culturali e nazionali di estrema destra ed estrema sinistra, per contenere la minaccia portata dalla civiltà un tempo dominata.” Il risultato è secondo lui catastrofico e richiede una “nuova integrazione”: “L’Europa ora deve trovare qualche altro modo di incorporare dinamicamente il mondo dell’Islam [...] Se non riesce ad evolvere nella direzione dei valori universali, resteranno solo la demenza delle ideologie e i più biechi nazionalismi a riempire il vuoto.”

Insomma, il fatto che l’immigrazione selvaggia costituisca un evento storico che va messo in connessione con la grande conquista dell’Ottavo secolo e le spinte imperialiste successive Kaplan li vede, ma non capisce o non vuole capire che si tratta di un nuovo sfondamento a Nord del vecchio imperialismo musulmano. In questo è allineato con il papa, con Obama, con i vertici dell’Unione Europea. Quel che non vede è l’imperialismo islamico, il fatto che dovunque sia arrivata la conquista islamica, anche se inizialmente sostenuta da una piccolissima minoranza di soldati, nel corso dei secoli ogni altra cultura, etnia e religione è stata distrutta e soppiantata. Quel che oggi chiamiamo Maghreb fino al VII secolo era cristiano, non musulmano. E così la Siria, la Mesopotamia, l’Egitto: erano i luoghi centrali del cristianesimo antico. Oggi resistono sparute minoranze, che sono in via di essere eliminate del tutto, come i turchi hanno fatto in Anatolia e sulla costa meridionale del Mar Nero. Nel Maghreb c’erano i berberi, in Siria e Iraq c’erano aramei e assiri, in Anatolia armeni in Egitto i discendenti degli antichi egizi. Ora a ovest di Siria e Iraq restano quasi solo arabi e in Anatolia solo turchi. E’ stata una pulizia etnica, religiosa e culturale sistematica e spaventosa, paragonabile solo alle peggiori imprese del colonialismo in America e Australia.

L’Europa ha resistito per secoli a questo imperialismo arabo (e turco) musulmano. Non lo ha fatto come afferma Kaplan con Said per un presunto “senso di superiorità culturale”, ma per pura volontà di sopravvivenza. Oggi questa barriera è caduta e ci sono politici (da papa Bergoglio alla Boldrini in Italia) e intellettuali (fra cui lo stesso Kaplan) che ci incitano a costruire un mondo “senza muri” e ad accogliere l’Islam “con amicizia”. Il pubblico non capisce che un mondo senza frontiere e dunque senza nazioni è esattamente l’ideale della “umma” islamica (in cui conta solo la fede e la sottomissione) e dell’”internazionalismo” comunista, che non a caso nel momento del suo declino politico e culturale ha trovato naturale appoggiare l’Islam.

Questo è il futuro che ci prospettano: un mondo in cui l’unità del Mediterraneo sia ristabilita, sì, ma in senso opposto al mondo antico, dal Sud al Nord, dove gli invasori islamici finalmente potranno compiere il disegno millenario di impadronirsi di Roma. Andranno così le cose? Fra venti, cinquanta, cento anni l’Europa sarà privata della sua identità per diventare un pezzo del “Dar el Islam” (il territorio della sottomissione) come Tunisia (già Cartagine) e Turchia (già Grecia e Armenia)? I nostri monumenti culturali saranno come i resti romani che punteggiano la Siria e la Libia? Se dipendesse dai Kaplan e dai Bergoglio e dalle Merkel certamente sì. Per fortuna molti europei vedono le cose in maniera un po’ diversa.
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Endoe ke riva l'xlam el desfa i paexi co la goera e el teror

Messaggioda Berto » ven giu 24, 2016 9:24 pm

???

Gli arabi non invasero mai la Spagna!
venerdì 24 giugno 2016

http://storiadialandalus.blogspot.it/20 ... pagna.html

Il titolo di questo post potrebbe sembrare “blasfemo”, ma tra le tante teorie sorte per spiegare la repentina islamizzazione della penisola iberica ne esiste una abbastanza stravagante avanzata nel 1969 da Ignacio Olagüe e descritta nella sua opera Los árabes no invadieron España.

La tesi è molto semplice e descrive una società hispano-visigota preda di tumultuosi fermenti sia religiosi sia culturali che avrebbero portato ad una separazione netta tra gli abitanti ariano-cristiani del sud e quelli cattolici stanziati nel nord.

Le incessanti guerre civili in seno al regno visigoto unite alle tensioni religiose, avrebbero sostenuto queste divisioni spingendo le popolazioni del sud a intrattenere relazioni privilegiate e sempre più strette con il Nord Africa. Il risultato? Una loro progressiva islamizzazione. Il ferreo monoteismo musulmano era sicuramente più conciliabile con la visione ariana del cristianesimo e gli ariani avrebbero accettato senza grosse difficoltà di convertirsi spontaneamente all'islam adottandone usi, costumi e lingua.

Il dibattito e lo scontro sulla natura di Cristo si trascina ormai da millenni ed ebbe strascichi molto pesanti non solo in Spagna. Da ricordare che le cosiddette teorie adozioniste che si svilupparono tra le comunità mozarabe, contribuirono alla lacerazione dei rapporti tra i cristiani del nord sempre più condizionati dagli influssi del cristianesimo francese e cluniacense e quelli del sud che continuarono ad utilizzare l'antica liturgia già praticata ai tempi dei visigoti.

Recentemente il lavoro di Olagüe è stato ripreso e rielaborato dal professor Emilio González Ferrín dell'Università di Siviglia che sostiene l'impossibilità di una effettiva invasione islamica della Spagna in quanto non era possibile a quell'epoca identificare in maniera chiara e definita un “popolo musulmano”. Secondo González Ferrín nel 711 i musulmani come vengono intesi oggi non esistevano e non esisteva neppure una forma definitiva del Corano, del diritto islamico e l'arabo non poteva ancora essere considerata una lingua franca. Si afferma che l'islamizzazione della Spagna avvenne per osmosi culturale tra i popoli di qua e di là di Gibilterra. I famosi Tariq e Musa sarebbero solo dei personaggi fittizi funzionali alla propaganda di periodi successivi.

Come è possibile immaginare, queste teorie sono ampiamente rifiutate in ambito accademico e derubricate a semplice racconto fantasy, ma credo sia giusto, anche solo per dovere di cronaca, portarle all'attenzione dei lettori.

In un suo recente saggio “La conquista islámica de la península Ibérica y la tergiversación del pasado” (non edito in Italia n.d.a.), l'eminente arabista e professore dell'Università di Huelva Alejandro García Sanjuan, si preoccupa di smontare accuratamente le idee di Olagüe e di González Ferrín. Altri arabisti e storici spagnoli si rifiutano addirittura di prendere in considerazione l'idea di confutarle in quanto ritenute un mero frutto della fantasia degli autori, già smentito dalle prove archeologiche e dalle fonti.

Diciamo che la mancanza di documentazione attendibile sulla conquista musulmana di al-Andalus si presta molto anche alla proliferazioni delle teorie più fantasiose. Forse lo sbarco non avvenne esattamente nel 711; forse non vi fu un don Julian o un re Roderigo e molto probabilmente la famosa Battaglia di Covadonga non fu altro che una scaramuccia tra guerrieri musulmani e asturiani poco propensi, così come già era accaduto con romani e visigoti, alla dominazione, alle ingerenze e alla tassazione straniera nei loro territori. I forse sono molti, ma tra questi non credo si possa includere l'invasione degli arabi in territorio spagnolo. Quando pochi decenni dopo il 711 Abd ar Rahman I mise piede sulla penisola, a dargli manforte oppure ad opporglisi, c'era un numero molto consistente di arabi e berberi in armi. Non credo fosse solo una semplice coincidenza o il risultato delle amichevoli frequentazioni che avvenivano tra i due lati dello stretto.
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