Xvesia e migranti mussulmani

Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » mar apr 11, 2017 1:15 pm

Dopo la strage di Stoccolma anche la Svezia fa dietrofront sull’accoglienza
Il mea culpa del premier svedese, Stefan Löfven, dopo la strage di Stoccolma: “Dobbiamo cambiare”
Elena Barlozzari - Lun, 10/04/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/str ... 84500.html

“Dobbiamo cambiare”. In due parole il primo ministro svedese, Stefan Löfven, ha ammesso il fallimento delle politiche migratorie adottate sinora dal Paese scandinavo.

Tutto da rifare, insomma, anche se il modello svedese – in fatto di accoglienza – è sempre stato considerato uno dei più virtuosi tra quelli messi in campo dagli Stati membri dell’Unione.

Il mea culpa del premier svedese è arrivato dopo la strage di Stoccolma: l’attentatore sarebbe Rakhmat Akilov, un uomo di 39 anni, originario dell’Uzbekistan, che avrebbe chiesto l’asilo in Svezia nel 2014 vedendosi respingere la domanda due anni più tardi.

Ad affiancare l’immigrato irregolare – a piede libero ormai dal dicembre scorso – nell’operazione terroristica, stando agli ultimi dettagli emersi, ci sarebbe stato anche un altro complice, attualmente in stato di arresto. Ma, per ora, la procura di Stoccolma ha scelto di non rivelare alcun dettaglio sul secondo sospettato.

“La Svezia – ha dichiarato Löfven che, sabato scorso, si è recato a Sergels Torg, nel centro della Capitale, per rendere omaggio alle vittime dell’attentato – non tornerà all’immigrazione di massa dell’autunno 2015, mai”. Poi, facendo espresso riferimento ad Akilov, il capo del governo ha aggiunto: “Chiunque è sprovvisto di regolare permesso deve tornare a casa”.

I dati raccolti dall’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (Eurostat) confermano che, negli ultimi anni, la Svezia è stata una delle destinazioni preferite dai richiedenti asilo nell’Ue. E, proprio nel 2015, si è verificata un’impennata: oltre 162mila richieste di asilo, ovvero 1.667 richiedenti asilo ogni 100mila cittadini. La grande maggioranza dei richiedenti asilo, 114.470, erano maschi, dei quali 45.790 di età compresa tra i 18 e i 34 anni. Attualmente, solo a Stoccolma, sarebbero circa 3.000 i migranti che vivono nell’illegalità.

Ma se, adesso, con buona pace di Bruxelles, anche la Svezia pensa a ridimensionare i numeri dell’accoglienza, ciò che non deve cambiare, invece, è lo stile di vita dei cittadini: “I terroristi vogliono farci avere paura, vogliono farci cambiare il nostro comportamento, ci chiedono di non vivere la nostra vita normalmente, ma questo è ciò che siamo. I terroristi – ha chiosato il premier – non potranno sconfiggere la Svezia. Mai”.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » mer apr 12, 2017 7:05 pm

Dal multiculturalismo al fallimento delle democrazie
12 aprile 2017 Loredana Biffo

http://www.linformale.eu/dal-multicultu ... democrazie

I movimenti fondamentalisti sono diventati dei sistemi emergenti nelle nostre società democratiche, si configurano con un’aggressività e una volontà di dominio. I vari attentati delle ultime settimane, quello della Svezia in particolare ci dovrebbero indurre ad un’attenta analisi in merito al rapporto tra multiculturalismo e democrazia così come lo abbiamo conosciuto e applicato fino ad oggi, lo si evince dal fatto che i movimenti fondamentalisti sono in grado di spingere la lotta contro i nemici oltre i loro tradizionali confini territoriali e metterci di fronte ad uno scenario difficile da comprendere dal punto di vista della democrazia.

È ormai evidente quanto non vi sia stata un’integrazione, bensì una sommatoria di culture, il cui risultato è quello in cui vince il più forte, ovvero una visione etnocentrica e medioevalista della società veicolata dall’islamismo, che si attiene ad una versione coranica integralista e in netto rifiuto di una modernità che aspira ad abbattere per instaurare un “nuovo ordine morale” volto alla purificazione del corrotto occidente. Peculiare è quanto avvenuto in un paese come la modernissima Svezia, che non ha nemmeno la “colpa” di un passato colonialista (argomento con cui la sinistra giustifica – ormai come un mantra – ogni atto terroristico), che però in nome dell’accoglienza e della multietnicità ha permesso che nascessero periferie con una maggioranza islamica di oltre il 90%, il quali si sono inventati una specie di lingua simil -svedese chiamata “Rinkeby Swedisch”; che monopolizzano il territorio periferico, dove in strada si vedono pochissime donne, e tutte con il velo, in particolare quelle giovani, mentre le altre indossano il niquab (la tunica integrale che lascia scoperti solo gli occhi).

Si può ragionevolmente sostenere che lì tutti sapessero che in un tale humus, prima o poi un attentato sarebbe avvenuto. Certamente uno Stato di 10 milioni di abitanti che accoglie 163 mila migranti, in maggioranza musulmani e con sommosse periodiche nelle periferie, qualche domanda dovrebbe porsela, pare però che nonostante questo attentato la volontà sia quella di andare in direzione opposta, ovvero di proseguire con la politica dell’accoglienza indiscriminata, alimentando di conseguenza i bollori dei partiti estremisti come il Demokraterna che è in procinto di diventare il primo partito svedese, esattamente come il FN di Marine Le Pen in Francia – che ha la stessa situazione nelle periferie – e dove proprio in questi giorni Fillon ha inaugurato una nuova moschea definita la più grande al mondo.

Ecco servito piatto della “multiconflittualità”, figlia naturale di un multiculturalismo privo di integrazione basata sull’accettazione dei valori occidentali da parte di una cultura come quella islamica, che rischia di mettere in seria conflittualità le civiltà occidentali al fine di disgregarle per renderle più fragili attraverso l’imposizione di una visione che ha come peculiarità l’identificazione totale tra religione e politica; è evidente il ritardo e la miopia dei sistemi politici democratici difronte al rischio di andare – come sostiene il filosofo francese Alain Finkielkraut – verso due strade: “la sottomissione della società occidentale, o la guerra civile, poiché gli intellettuali europei si attengono alla storia del ventesimo secolo e in particolare la seconda guerra mondiale. Professano la religione dell’umanità per timore di svegliare i vecchi demoni, negano che vi sia una divisione dell’umanità in civiltà. Il multiculturalismo oggi è proposto solo come una semplice ibridazione della musica e della cucina. Si celebra da un lato il multiculturalismo e dall’altro non si prendono sul serio le culture”.

Resta significativo e inquietante il fatto che da quando la Svezia ha deciso di diventare multiculturale i crimini siano aumentati del 300%, gli stupri del 1400% collocandosi così al secondo posto tra i paesi con il maggior numero di violenze sessuali al mondo (superato solo dal Lesotho nell’Africa del Sud), la Svezia è oggi un Paese con un’islamizzazione altissima, in molte aree le donne svedesi si tingono i capelli di nero per non essere molestate ma è proibito dichiararlo perché per legge non si possono raccogliere dati “etnici” di chi commette delitti. A Malmo i pochi ebrei residenti sono dovuti fuggire per le aggressioni di stampo antisemita sulle quali il governo tace.

Ora occorre decidere se la politica sia ancora quella attività umana che pensa di poter conoscere, prevedere e decidere per mutare gli eventi, o se al contrario debba limitarsi a registrarli in un rassegnato fatalismo che azzera il futuro nella reiterazione del presente e distorce il passato ad improbabile caricatura del presente stesso. L’appello è agli intellettuali, che riabilitino la capacità di comprendere il corso delle cose e non di galleggiare sulle stesse. Calare dal mondo delle idee a quello delle cose, cominciare a camminare con le gambe per terra e gli occhi al cielo e non sempre viceversa.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » gio apr 20, 2017 4:54 am

In Svezia 60mila potenziali jihadisti
Apr 19, 2017 13

http://www.occhidellaguerra.it/60-mila- ... ammissione

Circa 60mila potenziali terroristi in Svezia.
A rivelarlo non è la statistica di un sito compolittista anti-svedese, ma Magnus Ranstorp, il responsabile della lotta al terrorismo jihadista per la polizia segreta svedese e per le forze armate reali.
In un’intervista a Repubblica, infatti, Ranstrop sostiene che ci potrebbero essere: ” circa 60mila potenziali attentatori da espellere. Tuttavia, riguardo il dato, aggiunge: “non li troviamo e non sappiamo combattere contro la cultura dell’odio dei quartieri ghetto”.
Il professore è convinto: il modello svedese si rivelerà vincente, ma intanto questi 50-60 mila potenziali jihadisti colpiti da provvedimento d’espulsione non si trovano. ” “Diventare capaci di coordinarci meglio, trovare quelle decine di migliaia di latitanti colpiti da decreti di espulsione. Coordinarci tutti meglio tra europei. E, compito titanico, trovare il modo di espellerli in corsa, dopo averli trovati. È difficile organizzare capacitá logistiche per respingere 50 o 60 mila persone, e controllare i foreign fighters che emigrano da noi, vanno a combattere in Medio Oriente e poi tornano qui”.
Solo a Stoccolma, precisa l’esperto della lotta ai jihadisti, ci sono 3 mila persone soggette a decreto d’espulsione. Il progetto d’integrazione svedese, in realtà, sembra destinato a fallire. Le periferie somigliano sempre più alle banlieue francesi, sono in mano agli immigrati di seconda e terza generazione provenienti principalmente dall’Africa e dal Medio Oriente. Lo stesso Rakhmat Akilov, il trentanovenne di origine uzbeka. protagonista dell’attentato dello scorso 7 aprile, era solito inneggiare all’Isis sui social network. Proprio come gli altri casi sottolineati da Ranstrop, Akilov era ricercato poichè sottoposto ad un provvedimento di espulsione.

La connessione che lega i jihadisti alla Svezia non è notizia d’oggi: all’inizio degli anni Novanta, infatti, migliaia di persone di origine balcana, somala ed iraquena entrarono in Svezia come rifugiati. Tra questi molti abbracciarono l’ideologia salafita. Le politiche sull’accoglienza sempre e comunque, peraltro, sono in discussione. Lo stesso premier svedese ha operato un dietrofront. La Svezia, del resto, accoglie ogni anno circa 200.000 mila persone. Le banlieue svedesi oggi sono 55. Vengono chiamate “no-go areas”, esattamente come le “ZUS” francesi (Zone urbaine sensible). L’ammissione di Ranstrop, dunque, coinvolge numeri spropositati poiché all’interno di un macro-problema strutturale, non certo di episodi isolati. L’esperto di lotta al jihadismo specifica le difficoltà nello stanare questi potenziali terroristi: ” difficile anche infiltrarli. Si autoisolano in zone dove non senti parlare svedese e non compri nulla di svedese, né libri né abbigliamento né cibo. È un problema centrale, il fronte su cui il nostro sistema vincerà o perderà”.
Esemplificativamente sarà utile sottolineare come in Svezia più del 15% della popolazione totale (circa 10 milioni) sia di origine straniera. A Rinkeby, quartiere della periferia di Stoccolma, abitano quasi 16 mila persone, facenti parte di 60 etnie differenti. A Rinkeby si parlano più di 40 lingue. Questi dati sono presi dal rapporto di sicurezza nazionale svedese del 2014 (“En nationell översikt av kriminella nätverk med stor påverkan i lokalsamhället”).
La Svezia, come la Francia, è il centro focale di una bomba sociale pronta ad esplodere. Un mix tra povertà, criminalità e jihadismo di cui basta conoscere i numeri, per assumere immediata consapevolezza della velocità con la quale andrebbe affrontato.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » lun mag 01, 2017 9:08 pm

Paura a Stoccolma: un incendio distrugge la più grande moschea della Svezia
Le autorità sospettano una rappresaglia, in risposta alla strage con il camion nella zona pedonale della città che ha provocato la morte di cinque persone
1 Maggio 2017

http://www.ilpopulista.it/news/1-Maggio ... 8.facebook

La maggiore moschea della Svezia nel sobborgo settentrionale di Jakobsberg della capitale Stoccolma, è stata in gran parte distrutta da un incendio nella tarda notte di domenica e la polizia sospetta che le fiamme abbiano avuto origine dolosa. Il fuoco sulla facciata dell'edificio che ospita il centro islamico Imam Ali è stato segnalato poco dopo le 23 e i media nazionali hanno trasmesso le immagini delle fiamme che divoravano il luogo di culto. "Sembra che sia stato appiccato dall'esterno" ha dichiarato Lars Byström, un portavoce per della polizia cittadina. Come viene abitualmente fatto quando è coinvolta una moschea, delle indagini si occupa l'agenzia svedese di intelligence Säpo.

"Questa è la più grande moschea sciita della Svezia, con migliaia di membri, e molti di loro si sono precipitati sul posto alla notizia dell'incendio" ha detto Akil Zahiri, portavoce della comunità islamica, all'emittente SVT News nelle prime ore del mattino di lunedì. "Sono molto preoccupato. Mi sento terrorizzato, stressato e triste". Zahiri ha detto che c'erano poche persone nella moschea appena prima che il fuoco venisse notato. L'edificio ha subito gravi danni e la zona circostante è stata completamente chiusa. L'incendio è durato diverse ore e solo verso le 3 i Vigili del fuoco hanno comunicato che le fiamme erano state completamente spente, senza che danneggiassero altri edifici.

Le autorità svedesi hanno fatto sapere che quanto accaduto potrebbe essere una rappresaglia in risposta a quanto accaduto il 7 aprile, quando un terrorista islamico rubò un camion con il quale si lanciò a tutta velocità nella zona pedonale della città, uccidendo cinque persone. Un uzbeko la cui domanda d'asilo era stata respinta risulta ancora essere il principale sospettato. Un gruppo sunnita radicale che fa capo allo Stato islamico e che ha preso di mira gli sciiti in diversi paesi aveva rivendicato lo scorso anno la responsabilità per un incendio in una piccola moschea sciita nel sud della Svezia ma il principale sospettato, inizialmente accusato di terrorismo, era stato poi assolto.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » lun mag 15, 2017 11:33 am

Svezia, welfare a rischio: troppi immigrati sono un peso (ma non erano risorse?)
Giuliano Lebelli
15 maggio 2017.

http://www.ilprimatonazionale.it/esteri ... orse-64469

Roma, 15 mag – Saranno pure delle risorse, ma gli immigrati stanno facendo fallire la Svezia (nessun altro Paese nella Ue in proporzione ai cittadini ne ha accolti tanti). E dire che, di suo, lo Stato nordico avrebbe un’economia galoppante e floridissima, da far invidia anche a Germania e Usa. L’allarme viene da economisti accademici ed esperti indipendenti, come la svedese Susanne Wallmann Lundasen o il norvegese Grete Brochman. Secondo l’Ufficio di collocamento svedese, sarebbe la prima volta dal 2013 che la disoccupazione presa in assoluto aumenta in percentuale: in aprile è aumentata di 4000 unità a un totale di 364mila. Ora, per tenere fede alla loro fama di popolo “accogliente”, gli svedesi iscrivono d’ufficio gli immigrati fra la popolazione non attiva, con tutto quel che questo comporta in termini di benefici di welfare.

Accade però che tra chi è nato in Svezia il tasso di disoccupazione sia del 4%, tra gli immigrati del 22. Ovviamente il Paese scandinavo avrebbe la possibilità di assorbire una quota consistente di forza lavoro venuta dall’esterno, ma farlo con aspiranti lavoratori che non parlano la lingua, sono appena arrivati, hanno culture difficilmente integrabili, tendono a chiudersi in ghetti etnici e, peraltro, non è detto che vogliano sempre fornire il proprio contributo anziché usufruire del leggendario stato sociale svedese. Insomma, un bel costo economico. Non ci sono dati precisi sui costi, ma alcuni analisti, nel 2015, calcolavano una spesa pari a 110 miliardi di corone svedesi (quasi 14 miliardi di dollari) l’anno. Non male, per un paese con 10 milioni di abitanti. Non è del resto l’unico problema posto dall’immigrazione massiva nel Paese scandinavo: tra terrorismo, stupri e criminalità, il paradiso socialdemocratico nordico si sta trasformando in un inferno multirazziale.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » ven giu 23, 2017 8:43 pm

Svezia islamica; l’apartheid multiculturale – Il blog di Giampaolo Rossi
2017/06/23

http://blog.ilgiornale.it/rossi/2017/06 ... ok%20Page#


NO-GO ZONE ISLAMISTE
Il Ministero dell’Interno svedese ed il NOA (Dipartimento Operazioni Polizia) hanno aggiornato l’elenco dei distretti del Paese definiti “particolarmente vulnerabili” per l’ordine pubblico; in pratica zone ad alto tasso di criminalità e emarginazione a cui è richiesto, alle stesse forze di polizia, tecniche di intervento particolari.
Erano 15 nel 2015 ed oggi sono 23; a questi si aggiungono altri 53 distretti “vulnerabili” in cui la situazione di ordine pubblico non è critica come gli altri ma a rischio degenerazione. I distretti sono diffusi nelle città maggiori (Stoccolma, Goteborg, Malmö, Uppsala).

Nel report è specificato che i distretti vulnerabili sono aree prevalentemente abitate da immigrati islamici “dove è difficile o quasi impossibile per la polizia adempiere alla propria missione”, dove esistono “strutture comunitarie parallele” a quelle dello Stato, “estremismo religioso e fondamentalista come violazione sistematica dei diritti delle persone”, “elevata concentrazione di reati penali” e tendenza “all’arruolamento di persone per aree di conflitto” (Siria e Iraq). Insomma delle vere e proprie “no-go zone”, come definite dal quotidiano DN che per primo ha pubblicato il report.
Queste aree rappresentano un rischio per la tenuta sociale di una nazione di 10 milioni di abitanti.
Il governo svedese minimizza e rifiuta l’immagine di una deriva islamista della Svezia.

Fatto sta che nell’Aprile scorso i responsabili di PostNord, la società delle Poste Svedesi, hanno comunicato la sospensione del servizio di consegna in alcuni sobborghi di Stoccolma a causa dei rischi di aggressione per i propri dipendenti (tecnicamente lo hanno chiamato “stop protettivo”).
Un mese prima il Sindacato paramedico degli Operatori delle Ambulanze svedese aveva fatto richiesta espressa di “attrezzature militari” per il proprio personale operativo nei quartieri delle grandi città a rischio “sopratutto a forte concentrazione di immigrati islamici”.

La Svezia, modello di multiculturalismo, mito della socialdemocrazia europea, per decenni simbolo della integrazione arcobaleno, si sta svegliando da un lungo sonno.

“APARTHEID MULTICULTURALE”
Nima Gholam Ali Pour è uno studioso svedese di origine iraniana. Come molti immigrati integrati nella società svedese che hanno accettato e condiviso i valori occidentali, è consapevole del pericolo che il Paese sta correndo. Recentemente, in un articolo pubblicato dal Gatestone Institute, ha denunciato “l’apartheid del multiculturalismo”; perché la Svezia rimane “un paese ultraliberista” ma ci sono zone nelle città in cui “alle donne è vietato portare minigonne e gli omosessuali sono perseguitati (…) L’intolleranza è semplicemente parte dell’odierna Svezia multiculturale“.

D’altro canto, da anni, la denuncia sui rischi di fallimento del modello multiculturale svedese viene proprio dagli stessi immigrati islamici integrati.
Nel 2015 fece scalpore il caso di Nalin Perkul, la parlamentare socialedemocratica curdo-svedese, musulmana praticante, che dovette abbandonare il quartiere di Stoccolma dove viveva da trent’anni per le minacce ricevute dagli integralisti islamici arrivati a vietarle di girare vestita come un’occidentale; il quartiere in oggetto si chiama Tensta ed è diventato uno delle enclavi dell’islamismo radicale nella capitale svedese con quasi il 70% di residenti immigrati (di cui il 40% vive con sussidi sociali) ed il 95% di bambini islamici nelle scuole.

IL RUOLO DEL QATAR E FRATELLI MUSULMANI
L’islam svedese ha un legame molto forte con il Qatar e con i Fratelli Mussulmani. E proprio il Qatar ha investito oltre 3 milioni di euro per costruire a Malmö, la più grande Moschea della Scandinavia inaugurata a Maggio.
Stranamente in Svezia la notizia è stata silenziata; solo organi di stampa del Qatar l’hanno riportata con enfasi, mentre le autorità svedesi locali, presenti all’inaugurazione, hanno usato solo la definizione di “Centro culturale” e non di Moschea.

La costruzione è stata realizzata dal Wakf di Svezia, la Fondazione islamica per le attività di sostegno alla comunità; organizzazione che ha avuto in passato stretti legami con l’imam danese Abu Laban (morto nel 2007) e noto per le sue posizioni radicali ed estremiste, legato ai Fratelli Mussulmani, ispiratore della rivolta nel mondo arabo contro le vignette satiriche a Maometto; l’uomo che definì bin Laden un “combattente per la libertà”, e nel 1994 giustificò la strage di turisti occidentali in Algeria affermando che “diffondevano l’Aids nel paese così come gli ebrei lo diffondono in Egitto”.

D’altro canto la Svezia è stato il primo governo europeo ad avere avuto un ministro con esplicite simpatie per gli integralisti: Mehmet Kaplan, ministro turco-svedese per lo Sviluppo Urbano, esponente dei Verdi e della sinistra e legato ai Fratelli Musulmani, paragonò i jihadisti svedesi arruolati con l’Isis, ai giovani volontari anticomunisti che andarono a combattere in Finlandia contro l’invasione sovietica nel 1939.

FOREIGN FIGHTERS
E a proposito di Siria e Iraq, va ricordato che la Svezia è, in rapporto alla propria popolazione, una delle nazioni europee con il maggior numero di Foreign Fighters arruolati con Isis e bande di Al Qaeda: la terza dopo Belgio e Danimarca secondo la ricerca ICSR (International Centre for the study Radicalization) del 2015.

Un più recente studio dello svedese CATS (Center for Asymmetric Threat Studies) ha realizzato una radiografia accurata dei circa 300 combattenti svedesi partiti per la jihad: il 34% non sono nati in Svezia e più del 70% proviene da quei distretti ritenuti oggi vulnerabili dalle autorità. E se da un parte il numero degli arruolati nell’ultimo anno è drasticamente diminuito aumenta il numero di integralisti islamici in Svezia. In una recente intervista, il Direttore del SAPO (il Servizio di Sicurezza Svedese) ha dichiarato che oggi sono “migliaia gli islamisti radicali in Svezia. Erano solo 200 nel 2010″.

Nonostante la Svezia sia uno dei paesi ad aver attivato progetti di recupero sociale per i jihadisti, è evidente come il modello di integrazione stia fallendo e che il politically correct imposto dai custodi dell’ortodossia multiculturalista non riesca a nascondere la verità sempre più percepibile.

NON SI PUÒ NON VEDERE
La Svezia è uno dei casi limite di ciò che sta producendo la cecità dell’Occidente. Eurabia non è un percorso lineare ma si muove a macchia di leopardo penetrando nei sistemi più fragili o nelle nazioni dove la classi dirigenti sono più corrotte ideologicamente al verbo della dissoluzione identitaria imposta dal potere tecnocratico.

Come sia possibile che i governi occidentali non si rendano conto del processo di disintegrazione dell’Europa, dei suoi modelli sociali e valoriali che l’immigrazione indotta e il multiculturalismo stanno determinando, è cosa incomprensibile; o meglio comprensibilissima perché forse è proprio quello che il progetto di potere mondialista esige per ridisegnare l’ordine globale.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » sab giu 24, 2017 5:37 pm

La Svezia ha aperto le porte all’immigrazione islamica, oggi è la capitale degli stupri dell'Occidente. Il Giappone no – Telegraph
Salvatore Clemente
(Fonte: http://dailycaller.com/2015/10/23/swede ... apan-didnt )
di James Zumwalt, 23 ottobre 2015 (trad. SC)


http://telegra.ph/La-Svezia-ha-aperto-l ... e-no-05-13

Mentre l’Europa si confronta con le realtà sociali e finanziarie, per la sua generosità ad aprire le porte a milioni di immigrati musulmani, è il momento di raccontare la storia di due paesi.

La storia è importante in quanto i due paesi coinvolti hanno adottato due approcci completamente diversi all'immigrazione musulmana e alla conservazione della propria cultura. Come tali, entrambi forniscono su questo un esempio del proverbio che parla di un canarino in una miniera di carbone.

La Svezia ha iniziato ad aprire le porte agli immigrati musulmani negli anni '70. Oggi paga un prezzo elevato per averlo fatto. Il gruppo che soffre le più gravi conseguenze di una tale politica di porte aperte è quello delle donne svedesi.

Mentre gli uomini musulmani emigravano in Svezia, portavano con sé la cultura islamica che autorizza lo stupro. È una cultura abbastanza brutta riguardo il trattamento delle proprie donne. Sotto la sharia, le donne musulmane sono poco più di un oggetto oltre a dover provvedere alle esigenze sessuali dei loro mariti. Una moglie non sottomessa corre il rischio di essere violentata dal marito.

Ma sotto la sharia, questa cultura dello stupro influenza anche le donne svedesi in quanto "infedeli" e, come tali, sono — secondo gli insegnamenti di Allah — obiettivi ammessi per lo stupro da parte di uomini musulmani. Un tale sistema di credenze islamiche è confermato da un drastico aumento in Svezia degli stupri — più di mille volte — fin da quando il paese ha aperto le porte all'immigrazione islamica.

Un consiglio nazionale svedese del 1996 per la prevenzione dei crimini ha esaminato anche questo. Ha osservato che gli immigrati musulmani del Nord Africa avevano 23 volte più probabilità di commettere stupri rispetto agli uomini svedesi. Non c'è da stupirsi perché oggi la Svezia è considerata la capitale degli stupri dell'occidente.

Ancora più scioccante, tuttavia, è la mania del politicamente corretto che tende a coprire la segnalazione di questi crimini. Sensibile alle accuse di islamofobia, la stampa svedese si rifiuta di emanare un allarme sociale di avvertimento per le donne svedesi su chi siano questi predatori sessuali. Così, quando un musulmano commette uno stupro, i media ne danno notizia come se si trattasse di un maschio svedese.

Ma questo insuccesso nel fare luce sugli stupratori che sono maschi musulmani li lascia in ombra così che riescono a commettere crimini sessuali ancora più eclatanti. Senza timore di essere perseguiti, questi predatori hanno adottato la mentalità del branco. Un fenomeno inesistente in Svezia negli anni '70 oggi è ormai diffuso in quanto il paese è diventato terreno fertile per gli stupri di gruppo.

È interessante notare che tra il 1995 e il 2006, il governo svedese seguiva le violenze di gruppo, identificandole come una tendenza drasticamente in aumento. Incredibilmente, dopo aver scoperto il problema, ha poi adottato l'approccio dello struzzo di mettere la "testa nella sabbia", terminando ogni ulteriore studio su di esse. A quanto pare, la paura del governo di essere etichettato islamofobo si è rivelata più grande del suo interesse ad avvertire le donne svedesi sulla reale minaccia. Sebbene non siano stati condotti studi sulla violenza di gruppo dal 2006, si può supporre che questi numeri continuino ad aumentare.

È interessante confrontare l'approccio della Svezia con i problemi di immigrazione islamica che si presentano con l'approccio del Giappone e l'inesistenza di tali problemi là.

La ragione della differenza è semplice. Il Giappone, a differenza della Svezia, è stato molto più prudente su tutta l'immigrazione nello sforzo di preservare la propria cultura.

Come il dott. Mordechai Kedar — un ufficiale dell'intelligence militare israeliano — ha osservato nel suo articolo del 20 maggio 2013 "Giappone - la terra senza musulmani", sebbene il paese abbia una popolazione di 127 milioni di abitanti, là ci sono solo 10 mila musulmani residenti. Così, i musulmani in Giappone sono meno di un centesimo percento della popolazione, mentre nei paesi europei stanno crescendo in minoranze consistenti.

Sebbene l’immigrazione musulmana non sia tra le maggiori preoccupazioni del Giappone, Kedar ha spiegato che, comunque il Giappone rimane interessato al problema dell’influenza islamica. Per tre ragioni:

"Primo, i giapponesi tendono a trattare tutti i musulmani come fondamentalisti che non sono disposti a rinunciare al loro tradizionale punto di vista e ad adottare atteggiamenti moderni di pensiero e di comportamento. In Giappone, l'islam è percepito come una religione strana, che ogni persona intelligente dovrebbe evitare.

"Secondo, la maggior parte dei giapponesi non hanno religione, ma i comportamenti legati alla religione shinto insieme agli elementi del buddismo sono integrati nelle abitudini nazionali. In Giappone, la religione è legata al concetto nazionalista ed esistono pregiudizi verso gli stranieri, siano essi cinesi, coreani, malesi o indonesiani, e gli occidentali non sfuggono a questo atteggiamento. Ci sono quelli che lo chiamano uno "sviluppato senso di nazionalismo" e ci sono quelli che lo chiamano "razzismo". Sembra che nessuno dei due sia sbagliato.

"Terzo, i giapponesi respingono il concetto di monoteismo e fede in un dio astratto, perché il loro concetto di mondo è evidentemente collegato alla materia, non alla fede e alle emozioni. Sembra che raggruppino l'ebraismo con l'islam. Il cristianesimo esiste in Giappone e non è considerato negativo, a quanto pare perché l'immagine di Gesù è percepita come le immagini di Buddha e Shinto".

Kedar ha notato anche un aspetto più importante mancante nell'approccio giapponese con l'immigrazione islamica che affligge l'approccio adottato dalle democrazie occidentali.

"La cosa più interessante nell'approccio giapponese con l'islam", ha scritto Kedar, "è il fatto che i giapponesi non sentono la necessità di scusarsi con i musulmani per il modo negativo con cui si rapportano con l'islam".

Così, i giapponesi non si fanno scrupoli: sono islamofobi. È un atteggiamento giustificato dall'ideologia islamica che richiede che tutti i non musulmani siano sottomessi o muoiano. Ma i giapponesi sono determinati a non cadere nel suicidio culturale, consentendo a una cultura totalmente detestabile nei loro confronti di prosperare a livello nazionale e arrivare alla contestazione.

Di conseguenza, quando è uscito il richiamo alla comunità internazionale per aiutare la recente ondata di migranti musulmani a reinserirsi nei paesi non musulmani, il Giappone ha offerto assistenza finanziaria ma ha respinto l'apertura dei confini al loro reinsediamento.

C'è qualcosa da dire sull'approccio del Giappone per preservare senza imbarazzo la propria cultura. Abbiamo osservato questa cultura dare il meglio di sé nelle conseguenze di un terremoto e di uno tsunami che ha devastato il paese nel 2011.

Non c'erano segnalazioni di ribellioni o di saccheggi tra le persone. Quello che abbiamo visto durante un periodo di grande crisi umana è stata una funzione sociale molto organizzata, con dignità e rispetto reciproco. Questo fa capire bene la riluttanza dei giapponesi a cedere questa cultura all'islam.

Ciò che sta succedendo in Svezia che, paradossalmente, non sta accadendo in Giappone, dovrebbe essere una seria preoccupazione per il resto dell'Europa e degli Stati Uniti. Sia la Svezia che il Giappone sono esempi tangibili dell'approccio "canarino nella miniera di carbone" rispetto all'immigrazione islamica e il suo conseguente impatto sulla cultura di una nazione ospitante.

Nel considerare il problema dell'immigrazione islamica, le democrazie occidentali devono comprendere appieno perché il "canarino" in Svezia sta morendo mentre quello in Giappone no.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » ven giu 30, 2017 1:25 pm

Follia Svezia: vogliono reintegrare i jihadisti di ritorno dalla Siria
30/06/2017

http://www.rightsreporter.org/follia-sv ... alla-siria

In Svezia sono completamente impazziti se è vera la notizia secondo la quale il Governo svedese sarebbe intenzionato a permettere il ritorno dei jihadisti dalla Siria senza alcuna condanna e addirittura fornendo loro nuove identità per una migliore reintegrazione nella società.

A darne notizia è il giornale svedese Expressen che riporta alcuni casi specifici di Jihadisti che dopo aver combattuto per ISIS in Siria sono rientrati in Svezia come se niente fosse e che addirittura lamentano di avere difficoltà a trovare lavoro.

Expressen tra gli altri cita il caso di Walad Ali Yousef, uno jihadista di 27 anni originario di Malmo che dopo aver combattuto in Siria con lo Stato Islamico una volta visto che ISIS stava perdendo ha deciso di tornare in Svezia. Intervistato dal giornale si è lamentato del fatto di non riuscire a trovare lavoro in quanto il suo nome e la sua foto erano stati inseriti in una lista nera che di fatto gli impedisce una “reintegrazione” nel tessuto sociale svedese. Yousef era stato fotografato a Raqqa, in Siria, con in mano un Kalashnikov mentre invitava i musulmani svedesi ad andare a combattere in Siria. Sempre Expressen cita Bherlin Dequilla Gildo, jihadista 39enne anch’esso originario di Malmo che aveva pubblicato alcune foto di se stesso in posa con alcuni cadaveri definiti “cani di Assad” il quale non solo è potuto rientrare tranquillamente in Svezia ma ha ottenuto di essere inserito in un programma per la protezione della identità generalmente riservato a coloro che testimoniano contro la criminalità organizzata.

Secondo Expressen sarebbero decine i Jihadisti svedesi rientrati dalla Siria che avrebbero ottenuto di entrare nel programma di protezione della identità con l’obiettivo di essere reintegrati nel tessuto sociale svedese invece di essere arrestati e andare in prigione. Almeno altri 100 sarebbero in fuga dalla Siria e vorrebbero rientrare in Svezia approfittando di questa possibilità. Una vera e propria follia che solo la Svezia poteva concepire.

Cerca di smorzare le polemiche l’esperto di terrorismo islamico Magnus Ranstorp, il quale afferma che solo “quelli veramente pericolosi” non rientrano in Svezia e che quelli che invece cercano di rientrare “non sono veramente pericolosi e meritano una seconda possibilità”. Ranstorp cita alcuni casi in cui le autorità svedesi hanno imprigionato e condannato i jihadisti più pericolosi, come Sultan Al-Amin, 31 anni, e Hassan Al-Mandlawi, 33 anni, condannati al carcere a vita per i crimini commessi nella città di Aleppo. Ma è un arrampicarsi sugli specchi. Le critiche giustamente fioccano anche perché sarebbe emerso che diversi jihadisti svedesi hanno continuato a ricevere i fondi sociali svedesi anche dopo che sono andati in Siria e si sono macchiati di crimini gravissimi. Premiarli anche con l’inserimento in programmi di recupero sociale sembra effettivamente troppo, ma essendo gli jihadisti cittadini svedesi secondo il Governo di Stoccolma hanno diritto a una seconda possibilità invece di venire arrestati.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » mer ago 09, 2017 12:59 pm

La Svezia è uno Stato fallito?
Judith Bergman
09/08/2017

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 4819556243

La situazione della sicurezza in Svezia è oramai così critica che il capo della polizia nazionale, Dan Eliasson, ha chiesto aiuto ai cittadini, perché la polizia non è in grado di risolvere i problemi da sola. A giugno, la polizia svedese ha diffuso un nuovo rapporto, "Utsatta områden 2017" ("Aree vulnerabili 2017", comunemente denominate "no-go zones" o porzioni di territorio che sfuggono al controllo dello Stato stesso). Nel report si legge che il numero di queste "no-go zones" è aumentato rispetto a un anno fa, passando da 55 a 61.

Nel settembre 2016, il premier Stefan Löfven e il ministro dell'Interno Anders Ygeman si sono rifiutati di riconoscere i segnali di allarme. Nel 2015, è stato risolto solo il 14 per cento di tutti i reati compiuti in Svezia e nel 2016, l'80 per cento degli agenti di polizia avrebbe preso in considerazione l'ipotesi di lasciare il proprio impiego. Entrambi i ministri non hanno voluto parlare di crisi. Secondo Anders Ygeman:

"... ci troviamo in una situazione molto complessa, ma la crisi è una cosa completamente diversa (...) ci troviamo in una situazione molto difficile avendo attuato il più grande riassetto dagli anni Sessanta, mentre sussistono questi fattori esterni molto problematici, con il più elevato afflusso di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale. Abbiamo introdotto i controlli alla frontiera per la prima volta in 20 anni e si registra un'accresciuta minaccia terroristica".

Oggi, a distanza di un anno, il capo della polizia nazionale parla di situazione "grave".

Nel 2015, è stato risolto solo il 14 per cento dei reati compiuti in Svezia. Nel 2016, l'80 per cento degli agenti di polizia avrebbe preso in considerazione l'ipotesi di lasciare il proprio impiego. Tuttavia, il premier Stefan Löfven (nella foto sopra) si è rifiutato di parlare di crisi. (Foto di Michael Campanella/Getty Images)

La Svezia assomiglia sempre più a uno Stato fallito: nelle 61 "no-go zones", si contano duecento reti criminali composte da circa 5.000 membri. Ventitré di queste "no-go zones" sono particolarmente critiche, con bambini di 10 anni coinvolti in gravi reati – legati anche alle armi e allo spaccio di stupefacenti – e letteralmente addestrati a diventare dei criminali incalliti.

Il problema però si estende ben oltre il crimine organizzato. A giugno, alcuni poliziotti in servizio a Trollhättan, durante i disordini scoppiati nel quartiere di Kronogården, sono stati aggrediti da circa un centinaio di giovani migranti col volto coperto, principalmente somali. I tumulti si sono protratti per due notti.

I violenti disordini fanno parte dei problemi di sicurezza della Svezia. Nel 2010, secondo il governo, nel paese c'erano "soltanto" 200 islamisti radical. A giugno, il capo dell'intelligence svedese (Säpo), Anders Thornberg, ha dichiarato ai media svedesi che il paese sta affrontando una sfida "storica" avendo a che fare con migliaia di "islamisti radicali in Svezia". Secondo la Säpo, i jihadisti e i loro sostenitori sono principalmente concentrati a Stoccolma, Gothenburg, Malmö e Örebro. "Questa è la 'nuova normalità'. (...) Il fatto che gli ambienti estremisti siano in aumento è una sfida storica", ha affermato Thornberg.

L'establishment svedese deve biasimare solo se stesso per tale situazione.

Thornberg ha detto che la Säpo riceve circa 6mila soffiate al mese riguardo al terrorismo e all'estremismo, a fronte di una media di 2mila al mese nel 2012.

Secondo l'esperto di terrorismo Magnus Ranstorp dell'Università della difesa svedese, alcuni motivi di questo incremento sono legati all'isolamento esistente nelle "no-go zones" del paese:

"...è stato facile per gli estremisti reclutare indisturbati in queste zone. (...) le misure di prevenzione sono state piuttosto banali (...) se si paragonano Danimarca e Svezia, la prima è a livello universitario e la seconda è come un bambino dell'asilo".

Quando l'agenzia di stampa svedese TT ha chiesto al ministro dell'Interno Anders Ygeman cosa comportasse un aumento dei sostenitori delle ideologie estremiste nella lotta al radicalismo da parte del governo svedese, Ygeman ha risposto dicendo:

"Credo che ciò incida poco. Questo è uno sviluppo che riguarda un certo numero di paesi in Europa. Dall'altro lato, ciò dimostra che sia giusto adottare le misure che abbiamo preso. Un centro permanente contro l'estremismo violento: per questo motivo abbiamo aumentato il bilancio per operare contro l'estremismo violento; è per questo che abbiamo aumentato il bilancio per la politica sulla sicurezza per tre anni".

E potrebbero esserci ancor più jihadisti di quanto pensi la Säpo. Nel 2015, nel bel mezzo della cristi migratoria, quando la Svezia ha accolto 160mila migranti, 14mila di quelli destinati all'espulsione sono scomparsi nel paese senza lasciare traccia. Fino all'aprile scorso, le autorità svedesi ne stavano ancora cercando 10mila. Stoccolma però ha soltanto 200 poliziotti di frontiera per farlo. Uno di questi migranti scomparsi era Rakhmat Akilov, un uzbeko. L'uomo, alla guida di un camion, si è schiantato contro la vetrina di un centro commerciale, uccidendo quattro persone e ferendone molte altre. L'attentatore ha poi detto di aver agito per conto dello Stato islamico (Isis).

Nel frattempo, la Svezia continua ad accogliere i combattenti dell'Isis di ritorno dalla Siria, una compiacenza che ben difficilmente migliora la situazione della sicurezza. Nel paese, sono finora arrivati 150 jihadisti. Ne rimangono all'estero ancora 112 – i più irriducibili di tutti – e si prevede il ritorno di molti di questi. Sorprendentemente, il governo svedese ha fornito a diversi ex miliziani dell'Isis delle identità protette per evitare di essere scoperti dai cittadini svedesi. Due di questi ex jihadisti di nazionalità svedese, Osama Krayem e Mohamed Belkaid, erano coinvolti negli attentati terroristici del 22 marzo 2016 all'aeroporto di Bruxelles e alla stazione della metropolitana di Molenbeek, nel centro della capitale belga, in cui 31 persone hanno perso la vita e 300 sono rimaste ferite.

I media svedesi hanno riportato la notizia che le città che accolgono i rimpatriati non sanno neppure che si tratta di ex combattenti dell'Isis. Secondo Christina Kiernan, una coordinatrice della lotta contro l'estremismo islamista violento, "...al momento non c'è alcun controllo su coloro che ritornano dalla zone controllate dall'Isis in Medio Oriente".

La Kiernan spiega che ci sono regole ben precise da parte della Säpo che impediscono di passare informazioni sul rientro dei jihadisti alle amministrazioni locali, in modo che le autorità comunali, compresa la polizia, non siano a conoscenza dell'identità e del numero degli ex combattenti dell'Isis presenti nelle loro zone. È quindi impossibile monitorarli – e questo proprio nel momento in cui la Säpo stima che nel paese ci siano migliaia gli estremisti islamisti violenti.

Nonostante tutto questo, lo Stato svedese, in vero stile orwelliano, combatte i propri cittadini che fanno notare tutti i problemi evidenti causati dai migranti. Nel febbraio scorso, l'agente di polizia Peter Springare è stato indagato per incitamento all'"odio razziale" per aver detto che i migranti stanno compiendo un numero sproporzionato di reati nei quartieri.

Un pensionato svedese di 70 anni è finito sotto processo per "incitamento all'odio" perché aveva scritto su Facebook che i migranti "danno fuoco alle auto, urinano e defecano per strada".

Con migliaia di jihadisti in tutta la Svezia, cosa potrebbe essere più importante di perseguire un pensionato svedese per i commenti postati su Facebook?

Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica.
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Re: Xvesia e migranti mussulmani

Messaggioda Berto » mer dic 13, 2017 5:04 am

Svezia nazista maomettana
Giulio Meotti

https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 6390903477

Bombe contro le sinagoghe e le cappelle ebraiche, studenti ebrei che fuggono, bandiere israeliane bruciate, manifestazioni in cui si grida "spareremo agli ebrei" e vi partecipano anche dei parlamentari, ebrei che si tolgono la stella di Davide, genitori atterriti di lasciare i figli a scuola... È sucesso negli ultimi tre giorni non in Siria, ma in Svezia, "la società di maggior successo che il mondo abbia mai cononosciuto” (copyright The Guardian), la società europea più generosa coi migranti, il laboratorio della giustizia sociale. Ma dietro la facciata benigna, dentro è marcia. Dove lo stato non solo non è più in grado di garantire l'incolumità di una parte della popolazione, ma flirta con i suoi persecutori. Ne scrivo domani sul Foglio


Idiozie e odio contro Israele e gli ebrei
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