Bosnia, Kosovo e Albania cavalli o navi di Troia dell'Islam?

Bosnia, Kosovo e Albania cavalli o navi di Troia dell'Islam?

Messaggioda Berto » lun mar 28, 2016 10:39 pm

E se fosse il Kosovo la capitale dello Stato islamico in Europa?
La rotta degli aspiranti jihadisti che non sono cresciuti in Europa ma che attraversano l’Italia subito dopo la radicalizzazione

di Cristina Giudici | 27 Marzo 2016

http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/03/2 ... e_c217.htm

Milano. Secondo l’intelligence europea e irachena sarebbero quattrocento i mujaheddin dell’Is addestrati per importare la guerra in Europa. Nel frattempo, l’Italia, oltre alla minaccia libica, deve combattere su un altro fronte esterno: il Kosovo. I nostri servizi segreti temono che il terrore possa arrivare dal mare Adriatico. Il Foglio lo aveva anticipato il 29 gennaio scorso, ma ora trapelano altre indiscrezioni secondo cui il Kosovo sarebbe diventato la meta di un pellegrinaggio islamista all’interno della rotta balcanica. “Come il Cammino di Santiago de Compostela”, dice con sarcasmo una fonte del Foglio. Lungo un asse geografico che porta da Pristina fino in Bosnia, dove operano i seguaci di Bilal Bosnic (l’imam reclutatore che in Italia ha radicalizzato diversi gruppi di jihadisti) ci sono 6 o 7 predicatori che hanno una doppia missione: avvicinare i migranti che vengono in Europa attraverso la rotta balcanica per cercare di intercettare i più vulnerabili e indottrinarli, e nello stesso tempo accogliere gli arabi – “fino ad ora tunisini, egiziani ed iracheni” – che si stanno recando in Kosovo, nelle enclave salafite a Pristina e a Restelica, dove vengono preparati per entrare in Europa passando dal canale d’Otranto. Il progetto ormai è noto all’intelligence. Si tratta del tentativo di creare un corridoio da Valona per far entrare i migranti respinti dai paesi balcanici o trattenuti in Turchia che permetterebbe ai terroristi di raggiungere le coste pugliesi a bordo di motoscafi. Ciò che non si sapeva fino a ora è che, mentre l’Is perde terreno nel Califfato, diversi aspiranti jihadisti invece di andare in Siria si stanno dirigendo verso lo stato traballante del Kosovo, dove ci sono già oltre un centinaio di foreign fighter tornati dalle aree di guerra. L’Italia, dice la fonte del Foglio, non è ancora un target, nonostante l’allarme terrorismo interno cresca, ma continua a essere terra di transito. E chissà se è vero o se queste affermazioni sono dettate dall’esigenza di non alimentare la paura, dopo l’ennesima strage di Bruxelles.

Chi sono questi predicatori kosovari? Probabilmente i soliti noti. Reclutatori itineranti che da anni hanno un ponte diretto con l’Italia. Per esempio Sead Bajraktar, imam di Restelica, un villaggio che si trova fra i monti dell’Albania e della Macedonia. Bajraktar ha vissuto in provincia di Siena, dove ha fondato un centro islamico a Monteroni d’Arbia. Secondo i nostri servizi segreti si è recato spesso in Kosovo ad addestrarsi. Poi c’è Idris Idrizovic, cognato di Sead Bajraktar: anche lui ha vissuto e predicato in Italia. O Idriz Bilibani, considerato il più pericoloso fra i predicatori islamisti, arrestato più volte in Kosovo e in collegamento con il cerchio magico di Bilal Bosnic, in Bosnia. E ancora: Mazllam Mazllami, ospitato come Bosnic nel casolare-moschea di Motta Baluffi, in provincia di Cremona, e poi arrestato l’anno scorso a Pristina. O Shefqet Krasniqui, imam della moschea principale di Pristina, che entra ed esce dalle carceri kosovare. Tutti predicatori itineranti, tutti o quasi con collegamenti italiani. E infatti non è un caso che i Ros siano in missione in Albania per cercare di spezzare questo ponte e contrastare la rotta adriatica. Le indiscrezioni sul flusso degli aspiranti jihadisti, che non sono cresciuti in Europa ma puntano a transitare per l’Italia dopo la radicalizzazione in Kosovo, fanno tremare i polsi. Spiega Giovanni Giacalone, ricercatore dell’Ispi: “Il Kosovo è uno stato fragile, per usare un eufemismo. Se è vero che questi predicatori itineranti e noti anche in Italia stanno accogliendo nuovi jihadisti arabi, è evidente che non è stata fatta alcuna prevenzione efficace per contrastare il terrorismo in Kosovo, e che il coordinamento europeo non ha funzionato. Da anni si sapeva che il Kosovo era un paese ad alto rischio di radicalizzazione. Il fatto che la rotta balcanica si sia rafforzata fino a questo punto significa una cosa sola: siamo di fronte a una fase di infiltrazione di islamisti molto avanzata. Non si doveva lasciare incustodita la nostra porta orientale dei Balcani per entrare in Europa”. E ora il Kosovo rischia di trasformarsi in un paese serbatoio di integralisti che potrebbe servire anche da trampolino per il terrorismo dell’Is in Europa. Del resto, come abbiamo dimostrato ieri sul Foglio, raccontando il caso di Resim Kastrati che fa proselitismo fra i musulmani italiani su Facebook, i kosovari non hanno bisogno di motoscafi per arrivare in Italia. “Conosciamo tutto di questi predicatori”, dicono al Foglio le nostre fonti di intelligence. “Dal codice fiscale alle lastre delle loro dentature. Li fermeremo”. Ma intanto l’Is ci ha avvisati: “Crociati, avrete il buio”.
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Re: Boxnia e Kosovo cavałi de troia de l'ixlam ?

Messaggioda Berto » ven ago 26, 2016 3:37 am

«La via croata all'islam? Bandire gli estremismi»
Il Gran Mufti: «Sto con chi vuole vietare il burqa. E prendo sempre posizione contro l'Isis»
Gian Micalessin - Mer, 24/08/2016

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 98754.html

Gian Micalessin

Rimini «Se qualcuno in Europa vuole vietare burqa e niqab sto con lui. Non hanno nulla a che vedere con la nostra religione. L'Islam richiede alle donne l'uso dell'hijab, ovvero del velo, ma non pretende che si coprano il volto». Il Gran Mufti di Croazia Haziz Hasanovic, 51 anni, è al Meeting di Rimini per spiegare la «via croata» all'Islam. Una via assai più retta di quella di tante comunità islamiche italiane ambigue o titubanti nello smarcarsi dall'Islam radicale. Eppure la storia di Hasanovic s'intreccia con quell'intolleranza etnico religiosa che negli anni '90 spinge musulmani, serbi e croati della ex Jugoslavia a massacrarsi a vicenda. Originario di Srebrenica Hazanovic conta ben 38 familiari tra le vittime di quel massacro che nel '95 segna l'apice degli orrori bosniaci. Oggi questo Gran Mufti è, invece, un pilastro della convivenza croata. «Alla base di tutto spiega il Gran Muftì a il Giornale c'è un patto con lo stato Croato che riconosce ufficialmente la nostra religione. I matrimoni islamici sono parificati a quelli civili mentre la religione islamica può essere insegnata nelle scuole. In cambio garantiamo l'adesione alle regole dello Stato e della nazione in cui viviamo e il controllo di quello che avviene nelle moschee dove si predica sempre in lingua croata».

Sicuro che tutti si adeguino?

«La Croazia è l'unico paese dei Balcani in cui nessun musulmano ha aderito all'Isis. Questo perché la comunità islamica è unica ed unita sotto un solo capo. Come Gran Mufti sono garante e responsabile di tutte le questioni musulmane e la mia comunità lavora con lo Stato per garantire pace e sicurezza. Siamo solo l'1,5% della popolazione, ma consideriamo la Croazia la nostra patria e insegniamo ai fedeli che amare la patria è parte della fede».

Nel Corano decine di «shure» invitano alla violenza...

«Io ho prendo continuamente posizione contro il terrorismo e contro l'Isis spiegando che sono, prima di tutto, i nemici di noi musulmani. I loro atti non fanno parte dell'Islam. Un vero musulmano non può neppure pensare di uccidere nel nome di Dio».

Non sarebbe meglio indicare le parti non più attuali utilizzate per giustificare la violenza?

«Il Corano non possiamo cambiarlo, è la parola di Dio. Va però interpretato in base alle circostanze in cui viviamo. Spetta al Gran Mufti garantirne la giusta interpretazione privilegiando le strade della pace. Io invito sempre a studiare il Corano adeguandolo all'attualità. Solo le correnti religiose più chiuse lo interpretano come al tempo del Profeta. Per questo la scelta degli imam da parte di un'autorità religiosa che lavora con lo Stato è fondamentale».

Nei Balcani l'Islam radicale si diffonde grazie alle moschee finanziate dalle monarchie wahabite di Arabia Saudita e Qatar. Succede anche in Croazia?

«I finanziamenti passano attraverso il mio ufficio e sono sotto il mio controllo perché io ne rispondo davanti a governo e comunità. Ma la trasparenza dei finanziamenti non è sufficiente. La questione più importante è la proprietà e il controllo dei centri islamici. Da noi non spettano a chi li costruisce o li finanzia, ma alla comunità».

Ma chi paga può pretendere di scegliere l'Imam... In Kosovo Albania e Bosnia, e forse anche in Italia, succede...

«Da noi no. Solo il mio ufficio decide chi predica e chi fa l'Imam. Chi non accetta queste regole può fare a meno di finanziarci. Su questo non accettiamo deroghe».


Mai fidarse, fin ke łi xe en poki, łi fa i boni, co łi deveneta tanti łi scuminsia a far i cativi, mai fidarse, lè l'Islam, Maometo, el Coran, Allah.
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Re: Boxnia e Kosovo cavałi de troia de l'ixlam ?

Messaggioda Berto » mar ago 30, 2016 8:20 pm

Il pericolo jihad nei Balcani
Ago 29, 2016
Daniela Lombardi

http://www.occhidellaguerra.it/il-peric ... ei-balcani


La jihad che minaccia l’Europa passa, in maniera corposa e consistente, per il corridoio balcanico. Il sospetto, innescato già da qualche anno dalla provenienza territoriale di diversi arrestati, anche in Italia, nel corso di operazioni antiterroristiche, lascia ormai spazio all’evidenza.

Se, infatti, in Europa è facile supporre che esponenti dell’Isis siano da tempo penetrati, ma questi sono costretti ad agire sottotraccia, nei Paesi dell’ex Jugoslavia la loro presenza è aperta e sfacciata. In alcuni villaggi della Bosnia, come è stato rilevato da osservatori internazionali, le bandiere nere del Daesh sventolano senza che nessuno si preoccupi di un’eventuale reazione da parte della comunità internazionale. È il caso di Gornja Maoca, dove la simpatia per lo Stato islamico viene sbandierata – mai come in questo caso il verbo appare appropriato – con un certo orgoglio in moltissime case e luoghi pubblici.

Ma non sono certo solo le bandiere e le scritte sui muri, che pure inneggiano al Daesh, a dover preoccupare in Bosnia. Al di là di un elemento che comunque – ben lungi dall’essere solo folkloristico come qualche analista ha tentato di dimostrare per negare il pericolo Bosnia – denota una sempre maggiore “audacia” degli estremisti che dicono “Noi ci siamo”, gli elementi per impensierirsi sono ovviamente ben più consistenti.

Il caso Velika Kladusa è uno dei più emblematici da questo punto di vista. Il villaggio, vicinissimo alla Croazia che ormai si sente pienamente parte dell’Europa e che dista dalle coste italiane ben poche centinaia di chilometri, soffre, ad oltre vent’anni dalla fine della guerra, di un complesso di inferiorità nei confronti delle nazioni che dopo il conflitto sono cresciute economicamente. Questa “invidia” per chi ce l’ha fatta, unita alla consapevolezza che il proprio Paese è ancora debole e forse non può fare altrettanto, a volte è una delle molle dell’estremismo. A Velika Kladusa la disoccupazione raggiunge il 60%. I giovani non hanno alcun futuro, se non quello di spostarsi in luoghi confinanti che comunque, a loro volta, non offrono grosse prospettive. In questo humus è facile che attecchisca il germe dell’odio, nonostante vi sia una parte molto sana della società che tenta di opporvisi. Questa parte sana a volte, però, finisce per soccombere. È il caso dell’Imam di Velica Kladusa, Selvedin Beganovic, che predicava un Islam moderato e quasi moderno, scagliandosi con veemenza contro gli estremismi. L’imam è stato ucciso e, secondo indagini dei servizi segreti, dai seguaci di Bilal Bosnic, nome che dimostra quanto forti siano i legami tra jihadismo in versione mediorientale, città europee minacciate dall’Isis ed ex mujaheddin che nella guerra degli anni ’90 e durante l’assedio di Sarajevo sono andati a dare aiuto ai loro fratelli islamici.


Per approfondire: La figura del predicatore radicale

Membro della settima “Mujahedeen Brigade”, Bosnic dopo la fine delle sue imprese nelle sanguinose guerre del ’90 ha predicato il suo estremismo in Germania, Italia e Svizzera. Noto il video in cui canta “With explosive on our chests we pave the way to paradise”. Il suo arresto dimostra, comunque, come le comunità islamiche locali e le autorità cerchino di impegnarsi a reprimere l’avanzata del jihadismo verso i confini europei. Anche il governo tenta di fare del proprio meglio, ad esempio sul fronte legislativo, dove la pena è stata aumentata a 10 anni di prigione per i foreign fighters, che tornano dopo aver combattuto in Medio Oriente. Anche da questo punto di vista, la Bosnia (seconda solo al Kosovo) fornisce centinaia di uomini al jihad e vanta il triste primato di aver fornito proprio i più pericolosi. Tra questi, Bajro Ikanovic, comandante di uno dei più grandi campi di addestramento dell’Isis in Siria e Nusret Imamovic, tra i leader di al- Nusra – gruppo affiliato ad Al Qaida – in Siria.

Qualora poi si voglia dubitare dei legami tra terrorismo balcanico ed attentati in Europa, esiste una dichiarazione del ministro della sicurezza bosniaco che ammette come alcune delle armi utilizzate negli attacchi di Parigi siano state prodotte nella ex Jugoslavia. Le prove, insomma, che i veterani delle guerre degli anni ’90 e i loro figli, insieme ai mujaheddin intervenuti in loro aiuto, coltivino forti interessi estremistici, appoggiati ancora dai legami con le scuole e le banche saudite che già nella guerra nell’ex Jugoslavia ebbero il loro ruolo, esistono e sono concrete.

Che in Bosnia, Kosovo, Albania e Sangiaccato serbo esistano villaggi in cui si applica la sharia, dove la poligamia è la regola, le donne indossano il velo ma, in più, si fa festa quando gli shahid – termine corretto per coloro che vengono definiti kamikaze – si fanno esplodere in qualche piazza d’Europa, è un dato di fatto. Che spesso tutto questo avvenga sotto gli occhi di istituzioni statali deboli che non riescono a reagire con fermezza, è un altro dato di fatto. Che il fenomeno sia cresciuto nonostante la presenza delle missioni Nato su parte del territorio della ex Jugoslavia, è un terzo innegabile elemento. L’ultimo aspetto è che qualcuno dei collaboratori delle missioni Nato ha approfittato di questo suo ruolo per ritorcere alcune conoscenze contro gli stessi che gliele avevano fornite. È il caso di Lavdrim Muhaxeri, ex collaboratore della missione Nato Kosovo Force (Kfor), divenuto uno dei più grossi esponenti dell’Isis in Siria. In tutto, le comunità ritenute “sospette”, solo in Bosnia, sono oltre una sessantina e anche l’Europol, missione europea nei Balcani, non nasconde che il corridoio balcanico, già famoso per i traffici di armi e droga, sia diventato la rotta preferita e più comoda per i jihadisti che fanno “su e giù” tra Europa e Medio Oriente.
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Re: Boxnia e Kosovo cavałi de troia de l'ixlam ?

Messaggioda Berto » gio set 15, 2016 9:22 pm

Kosovo, le chiese nel mirino islamista
Daniela Lombardi

Una chiesa cristiano-ortodossa che comincia a bruciare. Una scena che ricorda troppo altre del recente e remoto passato e che subito allarma la comunità serba, anche alla luce del presente, in cui l’approdo dell’Isis nei Balcani è una realtà innegabile.

http://www.occhidellaguerra.it/kosovo-l ... -islamisti

Il fenomeno della radicalizzazione islamica cresce sull’altra sponda dell’Adriatico, molto vicino a noi e, pur se ancora non è possibile capire quale “mano” abbia appiccato l’ultimo incendio in ordine di tempo ad un edificio religioso cristiano, è interessante chiedersi perché i rappresentanti della società kosovara abbiano attribuito subito quanto accaduto ad un mandante ben preciso. Questa la stretta cronaca.

Qualche notte fa, sconosciuti sono penetrati nella chiesa ortodossa serba di Cristo Salvatore a Pristina, tentando di incendiarla. Fortunatamente, il peggio è stato subito scongiurato, ma qualche danno materiale, soprattutto al tetto dell’edificio, è stato prodotto.

Il fuoco non ha alimentato solo la distruzione fisica del luogo sacro, ma quella morale della comunità serbo-ortodossa, che conosce bene e da troppo tempo simili profanazioni. Una dura condanna è arrivata dal governo kosovaro, in particolare da Dalibor Jevtic, ministro per il rimpatrio dei profughi serbi, e da Belgrado.

Il malumore è comprensibile se si pensa che, a circa 17 anni dal conflitto, la contrapposizione etnico-religiosa tra albanesi musulmani e serbi cristiano-ortodossi è sempre fortissima e, fin dal ’99, ha causato danni ingenti al patrimonio religioso di entrambe le parti.

Il più grave atto in tal senso, subìto dai cristiani, fu certamente il pogrom del 2004, in cui chiese e cimiteri della minoranza cristiana furono distrutti e dati alle fiamme. Il simbolo di tutte le contrapposizioni divenne, suo malgrado, il monastero di Visoki-Decani, patrimonio dell’umanità inserito nelle liste Unesco, cuore della cultura cristiana in Kosovo e bersaglio di numerosi atti di vandalismo sia durante la guerra, sia a distanza di anni.

Ancora nel 2014, in vista delle elezioni parlamentari che vedevano anche la presenza in corsa di partiti eredi dell’Uck, la formazione kosovaro-albanese nota come “Esercito di liberazione del Kosovo”, le mura del monastero, già precedentemente lesionato dalle granate e sottoposto ad attentati di vario tipo e di diversi gradi di gravità, furono imbrattate con scritte inneggianti ad una vittoria dei partiti che si rifanno ad un’interpretazione dell’Islam molto radicale.

Quando ancora si parlava poco di Stato islamico, è lì che con vernici nere sono state “dipinte” le lettere “i” ed “s”. Ed è proprio questo il punto delle nuove preoccupazioni. Su diversi edifici sacri, ma anche su case private, si sono moltiplicate scritte e simboli inneggianti all’Isis.

I Balcani sono diventati il corridoio della jihad che minaccia l’Europa e che passa, in maniera sempre più consistente, anche per il Kosovo. In alcuni villaggi balcanici le bandiere nere del Daesh sventolano senza che chi le ha esposte si preoccupi di un’eventuale reazione da parte della comunità internazionale. In Bosnia, Kosovo, Albania e Sangiaccato serbo esistono paesi in cui si applica la sharia, dove la poligamia è la regola, le donne indossano il velo e, ancor peggio, si fa festa quando gli shahid (kamikaze) si fanno esplodere in qualche piazza d’Europa. Se questi dati non dovessero bastare a far salire l’allarme, basti pensare che i più pericolosi terroristi islamici arrestati di recente venivano dai Balcani. È il caso di Bilal Bosnic, nome che ha dimostrato quanto forti siano i legami tra jihadismo in versione mediorientale, città europee minacciate dall’Isis ed ex mujaheddin che nella guerra degli anni ’90 e durante l’assedio di Sarajevo sono andati a dare aiuto ai loro fratelli islamici. Membro della settima “Mujahedeen Brigade”, Bosnic dopo la fine delle sue imprese nelle sanguinose guerre del ’90 ha predicato l’estremismo in Germania, Italia e Svizzera. Tutti aspetti, questi, che se messi in correlazione fanno capire perché la profanazione di una chiesa, in Kosovo, possa avere un significato ben più complesso di un – pur detestabile – atto di vandalismo. Al di là dell’episodio di Pristina, comunque, l’attenzione da parte del governo rimane alta. Tutto questo dimostra che i compiti della missione Nato Kfor (Kosovo Force) sono tutt’altro che giunti a compimento. Il Kosovo, territorio per qualche anno ritenuto ormai quasi stabilizzato, rischia di subire nuovi contraccolpi a causa dell’avanzata dell’estremismo di matrice islamica che va a ricongiungersi con rancori mai sopiti e differenze mal sopportate sia dalla comunità albanese, sia da quella serba. Parenti e figli delle vittime della guerra del ’99 sono ancora vivi e questo non aiuta di certo il processo di pacificazione.
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Re: Boxnia e Kosovo cavałi de troia de l'ixlam ?

Messaggioda Berto » ven gen 27, 2017 2:40 pm

Blitz anti-terrorismo in Austria, 14 arresti
di Marco Di Blas
27 gennaio 2017

Tra Vienna e Graz 800 poliziotti hanno effettuato centinaia di perquisizioni contro un’organizzazione di matrice islamica

http://m.messaggeroveneto.gelocal.it/ud ... 1.14775743

KLAGENFURT. Centinaia di perquisizioni, decine di persone fermate e interrogate, 14 arrestati. È questo il bilancio di un’operazione antiterrorismo scattata ieri mattina all’alba in tutta l’Austria, con la partecipazione di 800 poliziotti, tra cui le “teste di cuoio” delle unità speciali Cobra. I dettagli non sono stati ancora resi noti, ma da quel che si è potuto apprendere si è trattato di una delle operazioni più importanti degli ultimi anni in Austria, che ha avuto come obiettivo quello di colpire gli ambienti che simpatizzano per lo Stato islamico, di cui fanno parte affiliati all’organizzazione terroristica e reclutatori.

L’intervento ha avuto una dimensione nazionale, ma le aree dove l’azione della polizia è stata più massiccia sono state quelle di Vienna e di Graz, dove sono state passate al setaccio anche due moschee o case di preghiera. I reparti di polizia sono stati coordinati dalla Procura di Graz, il che fa supporre che il capoluogo della Stiria sia la città dove il fenomeno jihadista è più presente. Una simile mobilitazione di uomini richiede tempi lunghi di preparazione. È probabile, perciò, che fosse stata decisa da settimane, ben prima degli arresti di venerdì scorso, legati allo sventato attentato terroristico a Vienna, con cui non avrebbe alcuna relazione.

Inizialmente gli arresti ordinati dalla Procura erano otto, cui si sono aggiunti altri sei nel corso dell’operazione. Dei primi otto, tre sono cittadini austriaci appartenenti a famiglie di immigrati, due sono bosniaci, i restanti sono un siriano, un bulgaro e un macedone. Il portavoce della Procura di Graz non ha rivelato i loro nomi, si è limitato a riferire che la loro età varia tra i 21 e i 49 anni.

I restanti arresti sono stati effettuati per sospetti emersi nel corso delle perquisizioni. Si tratta di tre uomini, tutti provenienti dall’area balcanica, e di tre donne, anch’esse di provenienza balcanica (due delle quali mogli di altri arrestati). Nei confronti di tutti la Procura ha emesso un ordine di cattura, che dovrà essere convalidato dal giudice entro le prossime 48 ore. L’accusa nei loro confronti non è soltanto di organizzazione terroristica di matrice islamica, ma anche di associazione per delinquere di stampa mafioso, volta al traffico di armi e di esseri umani a scopo di lucro.

L’operazione sarebbe maturata a seguito di lunghe indagini volte dall’antiterrorismo della polizia (la denominazione ufficiale è “Ufficio per la tutela delle Costituzione”) nell’ambiente islamico più radicale, vicino all’imam Mirsad O, alias “Ebu Tejma”, che nell’estate scorsa era stato condannato dal Tribunale di Graz a 20 anni di reclusione, per associazione terroristica, istigazione all’omicidio e violenza privata. La stampa austriaca lo aveva definito «predicatore d’odio» e secondo la Procura di Stato sarebbe stato «una figura chiave dell’organizzazione dell’Is in Austria».

Il processo all’imam “Ebu Tejma” era il quinto legato all’Is. Che fosse stato celebrato a Graz, come tutti i precedenti, non è un caso: in quella città operano ufficialmente 19 tra moschee, case di preghiera e associazioni islamiche, alcune con connotazioni radicali e jihadiste, finanziate dall’estero. Le indagini di polizia sono partite da qui e il risultato di ieri se, da un lato, consente di tirare un sospiro di sollievo, dall’altro allarma per la dimensione di un fenomeno che finora era stato pressoché ignorato.
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Re: Boxnia e Kosovo cavałi de troia de l'ixlam ?

Messaggioda Berto » gio mar 30, 2017 10:35 am

Blitz in centro a Venezia, sgominata cellula jihadista
30/03/2017

http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/ ... 22PxM.html

Sgominata cellula terroristica jihadista operante nel centro storico di Venezia. Sono state eseguite stanotte, a carico di stranieri, tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, un fermo e dodici perquisizioni in un'operazione antiterrorismo congiunta di Polizia e Carabinieri, coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Venezia.

La complessa indagine, condotta dal Reparto operativo del Comando Provinciale veneziano e dalla Digos della Questura di Venezia, ha condotto all’individuazione di una cellula jihadista: gli investigatori hanno individuato persone, dinamiche relazionali, radicalizzazione religiosa, luoghi di frequentazione, fino a giungere ad una conoscenza della loro attività criminale tale da permettere l’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare in carcere e il fermo di un soggetto minorenne, tutti originari del Kosovo e presenti in Italia con regolare permesso di soggiorno.

Il blitz si è svolto con l’intervento dei reparti speciali Nocs della Polizia e Gis dei Carabinieri per l’irruzione nelle abitazioni degli indagati. Contemporaneamente sono state eseguite dodici perquisizioni, tutte in centro storico, tranne una in terraferma a Mestre e una in provincia di Treviso.
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Re: Boxnia e Kosovo cavałi de troia de l'ixlam ?

Messaggioda Berto » lun giu 05, 2017 3:26 pm

Kosovo:in cimitero distrutte tombe serbe - Europa
Si trova nel settore albanese e musulmano della citta' divisa
2017/06/03

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/e ... 30e25.html


(ANSAmed) - BELGRADO, 3 GIU - Oltre il 90% delle tombe di un cimitero serbo ortodosso nella parte sud (albanese e musulmana) di Kosovska Mitrovica è stato distrutto. È quanto hanno constatato centinaia di serbi recatisi oggi, nel giorno dei morti, a rendere omaggio ai propri cari - come riferito dai media a Belgrado. Kosovska Mitrovica, principale città del nord del Kosovo a maggioranza serba, è divisa in due dal fiume Ibar: un settore serbo a nord e uno albanese a sud, e i rapporti tra le rispettive popolazioni non sono dei migliori, con frequenti incidenti e provocazioni a sfondo etnico-religioso. Quella odierna è l'unica giornata dell'anno nella quale ai serbi è consentito di recarsi al loro cimitero di epoca jugoslava, nella parte albanese della città.
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Re: Boxnia e Kosovo cavałi de troia de l'ixlam ?

Messaggioda Berto » ven mar 16, 2018 7:56 pm

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Re: Boxnia e Kosovo cavałi o navi de Troia de l'Ixlam ?

Messaggioda Berto » mar mag 15, 2018 5:25 pm

Il caso. Citano il Kosovo, ma Mosca non lo riconosce
martedì 11 marzo 2014

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/uc ... dipendenza

Il Parlamento della Crimea proclama la propria indipendenza dall'Ucraina, primo passo verso l'annessione alla Russia che sarà votato da un referendum il 16 marzo. E lo fa citando il precedente del Kosovo, l'ex provincia autonoma della Serbia che il 17 febbraio 2008 proclamò, con atto unilaterale, l'indipendenza da Belgrado. Un'indipendenza che però la stessa Russia, che oggi si fa forte di quel precedente, non ha mai riconosciuto.In particolare, il parlamento di Simferopoli cita, nella sua delibera, la decisione della Corte internazionale di giustizia dell'Aja del 22 luglio 2010 che, con un parere consultivo, dichiarò che l'indipendenza del Kosovo "non ha violato il diritto internazionale generale, né la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite, né il quadro costituzionale". Con la risoluzione 1244, adottata nel 10 giugno del 1999, la comunità internazionale aveva infatti posto il Kosovo sotto l'amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite dopo che i bombardamenti Nato avevano posto fine a due anni di guerra tra la Serbia di Slobodan Milosevic e l'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) di etnia albanese. Secondo la Corte dell'Aja, la 1244 (che aveva lasciato aperta la questione del futuro status del Kosovo) "non contiene divieti", né "preclude" la proclamazione dell'indipendenza.Ad oggi sono 106 i Paesi (sui quasi 200 rappresentati all'Onu) che hanno riconosciuto il Kosovo indipendente, fra i quali gli Stati Uniti e 23 dei 28 Paesi Ue, Italia compresa. In Europa restano contrari la Grecia, Cipro, Romania, Slovacchia e Spagna, tutti alle prese con minoranze e spinte autonomiste che potrebbero far leva sullo status del Kosovo. Per lo stesso timore di risvegliare le aspirazioni indipendentiste della Cecenia o delle altre repubbliche della Federazione, neanche Mosca - forte alleata di Belgrado insieme alla Cina - ha mai riconosciuto le autorità di Pristina. Ma paradossalmente oggi cita il precedente del Kosovo in favore della "sua" Crimea.Ma le differenze tra la crisi in Crimea e il Kosovo non mancano: l'indipendenza di Pristina è arrivata dopo 13mila vittime e più di 1500 dispersi nella guerra con la Serbia (al culmine di anni di discriminazioni subite dalla maggioranza albanese dell'allora provincia) e dopo quasi 10 anni di protettorato Onu. Inoltre Pristina si è resa indipendente senza annettersi a nessuno altro Stato, cosa che invece Simferopoli tenterà di fare con il referendum di domenica prossima.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Boxnia e Kosovo cavałi o navi de Troia de l'Ixlam ?

Messaggioda Berto » mar mag 15, 2018 5:25 pm

KOSOVO INDIPENDENTE? CIPRO NON LO RICONOSCE E STA CON LA SERBIA
di MARIETTO CERNEAZ
14 maggio 2018

https://www.miglioverde.eu/kosovo-indip ... -la-serbia

Chi la fa l’aspetti verrebbe da dire. Se il Kosovo prende le distanze, e non riconosce, il diritto all’autodeterminazione della Catalogna, ecco che Cipro ripaga con la stessa moneta gli islamici in terra serba. La Repubblica di Cipro sostiene l’integrità territoriale della Serbia e non riconosce la dichiarazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo. Lo ha ribadito oggi il presidente cipriota Nicos Anastasiades, nella conferenza stampa congiunta a Belgrado dopo l’incontro – la scorsa settimana – con l’omologo serbo Aleksandar Vucic. Il capo dello Stato cipriota ha elogiato i “forti legami storici, politici e religiosi” tra Belgrado e Nicosia con un ulteriore approfondimento della cooperazione “che è nell’interesse dei nostri cittadini”. Tra i temi del colloquio, riferisce l’emittente “B92”, anche il cammino di integrazione europea della Serbia. Secondo Anastasiades, “senza dubbio il futuro della Serbia è in Europa” e in questo senso Cipro è pronta ad assistere le istituzioni serbe grazie all’esperienza acquisita dopo 14 anni come paese membro….
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