La goera co l'ISIS (e co l'Ixlam ?)

Re: La goera co l'ISIS (e co l'Ixlam ?)

Messaggioda Berto » mer nov 09, 2016 7:12 am

Germania, arrestato "il peggior reclutatore dell'Isis"
Chiara Sarra - Mar, 08/11/2016

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ger ... 29029.html

Che la Germania sia nel mirino dell'Isis è ormai cosa nota, dopo la serie di attentati della scorsa estate.

E come dimostrano gli arresti di questa mattina.

Cinque persone sono finite in manette perché sospettate di essere reclutatori di terroristi. Tra gli arrestati c'è anche l'iracheno Ahmad Abdulaziz Abdullah A., 32 anni, alias Abu Walaa, considerato una figura chiave dell'islamismo in Germania e "il peggiore" tra i reclutatore. È stato spesso chiamato "il predicatore senza volto".

Fermati anche il turco Hasan C., 50 anni, il serbo tedesco Boban S., 36, il tedesco Mahmoud O, 27, e il camerunese Ahmed F.Y, 26. I cinque formavano una cellula salafita guidata propio da Abu Walaa. La procura li ha seguiti per circa un anno mentre facevano un lavoro di reclutamento di giovani nel nord e nella parte occidentale della Germania per consegnarli all'Isis. Il gruppo appoggiava finanziariamente e logisticamente i giovani reclutati che poi spediva in Siria e Iraq perché si unissero all'Isis.

La cellula sembrava molto organizzata: Hasan C. e Boban S. indottrinavano le giovani reclute e insegnavano loro l'arabo; Abu Wallaa autorizzava i viaggi della cui logistica concreta si occupavano Mahmoud O. e Ahmed F.Y.. L'inchiesta si è irrobustita a fine giugno, quando si è capito che dopo i seminari organizzati "Abu Walaa" in una moschea a Hildesheim si moltiplicavano i viaggi verso Siria e Iraq. secondo il Suddeutsche Zeitung, per gli arresti è stata determinante la testimonianza di un giovane identificato semplicemente come Anil O, tornato dalla Siria "pentito". Secondo Alil O, Abu Walaa è il numero 1 dell'Isis in Germania.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer nov 30, 2016 9:36 pm

Germania, arrestata talpa Isis nei servizi segreti: "Preparava attentato"
L'uomo, un 51enne di origine spagnola ma con passaporto tedesco, si era convertito all'Islam nel 2014 e ora è indagato. Avrebbe confessato ai magistrati di voler fare un attacco a Colonia. Scoperto dopo essersi vantato sui siti web dei fondamentalisti
dalla nostra corrispondente TONIA MASTROBUONI
29 novembre 2016

http://www.repubblica.it/esteri/2016/11 ... -153117925

BERLINO - A una talpa dell'Isis è riuscito un colpo incredibile: infiltrarsi nei servizi segreti tedeschi e raccogliere informazioni per preparare un attentato alla loro sede di Colonia. Per fortuna, l'uomo ha cominciato a vantarsene apertamente sui siti web dei fondamentalisti. Beffa del destino, tra i presunti simpatizzanti del califfato c'era un'altra talpa, un suo collega. Che lo ha fatto arrestare. Ora il 51enne di origine spagnola ma con passaporto tedesco è indagato dalla procura di Duesseldorf e rischia una dura condanna per aver preparato "un grave attentato" in Germania.

La famiglia, secondo Spiegel, non ne sapeva nulla. L'uomo ha già reso una parziale confessione ai magistrati ammettendo l'intenzione di voler fare un attacco con una bomba nella città renana. Sui siti degli jihadisti ha diffuso nei mesi scorsi informazioni sensibili raccolte sul lavoro e si è vantato di poter infiltrare altri fondamentalisti tra gli 007 tedeschi. Obiettivo: "Compiere attacchi contro gli infedeli nel nome di Allah". In nome dell'Islam, ha scritto all'interlocutore che lo ha poi fatto arrestare, "sono pronto a tutto".

Nel 2014, l'uomo si era segretamente convertito all'Islam e si era radicalizzato sotto l'influenza di un noto reclutatore berlinese, il predicatore salafita Mohamed Mahmoud, che nel frattempo combatte in Siria per l'armata del califfato. Nell'aprile di quest'anno, dopo
aver abbandonato il suo impiego in una banca, era stato assunto dai servizi. Il suo compito - altra ironia del destino - era sorvegliare proprio la scena salafita, considerata notoriamente tra le più pericolose in Germania, sotto il profilo del reclutamento dei soldati dell'Isis.
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Messaggioda Berto » mer dic 07, 2016 11:44 pm

I GIGANTI TWITTER, YOUTUBE, FACEBOOK E MICROSOFT HANNO DICHIARATO GUERRA AL TERRORISMO ISLAMICO.
di Gabriella Simoni per il TG5

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 9974672362
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Messaggioda Berto » sab feb 11, 2017 7:22 pm

Isis, è crisi tra i foreign fighters
Feb 11, 2017
Roberto Vivaldelli

http://www.occhidellaguerra.it/isis-cri ... n-fighters

Nonostante il radicalismo e il credo in una dottrina estremista e violenta, pare che in Iraq gli jihadisti e, in particolare, i cosiddetti foreign fighters, stiano perdendo quella convinzione ideologica e quella fede che avevano manifestato solo fino a qualche mese fa. Molti dei ribelli giunti dall’estero per unirsi al Califfo Al Baghdadi chiedono di essere trasferiti altrove o, semplicemente, si rifiutano di combattere. È quanto emerge dalla documentazione rinvenuta lo scorso mese dalle forze governative irachene in una vecchia base di Daesh, in un quartiere di Mosul. Il dossier, reso noto dall’Independent, fa riferimento a 14 combattenti “problematici” del battaglione Tariq Bin Ziyad. Le forze antiterrorismo irachene hanno scoperto i documenti in una casa nel quartiere di Al Andalus, impiegata come sede amministrativa della milizia islamista.


Tra gli islamisti è maturata una certa disillusione

Al suo apice, l ‘Isis ha attirato migliaia di nuove reclute e controllava circa un terzo del territorio iracheno. I combattenti, giunti in Iraq – e poi in Siria – da decine di paesi stranieri, hanno assunto la caratteristica, anche nell’immaginario collettivo, del militante accecato dalla fede e pronto a morire in nome di Allah. Tuttavia, le pesanti sconfitte militari incassate negli ultimi mesi, hanno generato all’interno dell’universo islamista una certa disillusione. In Iraq, i combattenti del califfato islamico sono ormai assediati nella parte occidentale di Mosul, la più grande città controllata da Daesh e capitale “autoproclamata” del Califfato.


I Foreign Fighters si rifiutano di combattere

Le testimonianze contenute nel rapporto citato dall’Indipendent parlano chiaro: “Non vuole combattere, vuole tornare in Francia” – si legge, in relazione ad uno dei cinque cittadini francesi di origine algerina menzionati nel rapporto – “Afferma di voler compiere un’operazione di martirio in Francia. Si dichiara malato, ma non dispone di un certificato medico”. Questo sembra accertare i dati raccolti dalle autorità francesi, che parlano di un drastico calo del numero dei Foreign Fighters che si recano in Siria e in Iraq per unirsi all’organizzazione terroristica. Di settecento cittadini francesi non si hanno più notizie: tra questi ci sono anche 275 donne e 17 minori.

Il file trovato dalle forze governative irachene farebbe riferimento al 2015 e, in buona parte, allo scorso anno.
Al di là dei dati anagrafici, nella documentazione è specificato il paese di origine, quello di residenza, la data di nascita, il gruppo sanguigno, le armi possedute: oltre a ciò, nel file è indicato il numero di mogli, bambini e bambine “schiave” che ogni jihadista ha a propria disposizione. Secondo le autorità irachene, si tratterebbe di una documentazione autentica. Interessante è la lucida meticolosità con cui i terroristi raccolgono i dati relativi ai propri adepti.


Ribelli islamisti giunti dall’Europa, Francia in particolare

I francesi non sono gli unici Foreign Fighters menzionati. Vengono citati, tra gli altri, anche due militanti kosovari, i quali si sarebbero rifiutati di combattere e avrebbero chiesto il trasferimento in Siria. Degli oltre 4 mila combattenti stranieri che hanno lasciato i Paesi dell’Unione europea per raggiungere l’Iraq e la Siria, circa un terzo sarebbero tornati in patria, secondo un rapporto del Centro Internazionale dell’Aja specializzato nella lotta al terrorismo. Il 14% risulta deceduto in battaglia, mentre il restante risiede ancora all’estero o in un’ubicazione sconosciuta.

“La gente crede che siano i più motivati; ma ci sono un sacco di combattenti stranieri che hanno scoperto che l’esperienza nell’Isis non era quella che si aspettavano” – osserva Aymenn al-Timimi, analista specializzato in gruppi militanti radicali. Le truppe irachene hanno affrontato una raffica di autobombe suicide e una feroce resistenza durante il primo mese delle operazioni militari volte a riconquistare Mosul. Tuttavia, i progressi nelle ultime settimane sono stati molto rapidi. Alla fine del mese scorso, il primo ministro Haider al-Abadi ha affermato che i militanti dell’Isis sarebbero “crollati in fretta”.


La battaglia di Mosul

Dopo tre mesi di violenti combattimenti strada per strada, durante i quali Daesh ha impiegato migliaia di autobombe guidate da autisti suicidi votati al martirio, le truppe di Baghdad affermano di aver completato la riconquista di tutta la parte orientale di Mosul e dei cinque ponti sul fiume Tigri che collegano ai quartieri occidentali, ancora nelle mani del Califfato. Lo scollamento e la disillusione che si fanno largo tra le file degli jihadisti, benché la guerra sia ancora lunga, può essere un fattore determinante nella capitolazione delle truppe del Califfo.
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Messaggioda Berto » gio mar 09, 2017 10:47 pm

Mosul: Daesh vicino alla capitolazione, fugge anche il Califfo Al Baghdadi
Edith Driscoll
2017/03/09

http://www.interris.it/2017/03/09/11483 ... 14839.html

Dopo aver ammesso davanti ai suoi uomini l’inevitabile sconfitta dell’Isis in Iraq, Abu Bakr al-Baghdadi avrebbe fatto armi e bagagli a sarebbe fuggito da Mosul lasciando le truppe jihadiste orfane della sua guida. Del resto l’incolumità del capo è più importante di una singola battaglia. In ballo c’è molto di più: la stessa sopravvivenza del movimento integralista che sostiene il Daesh dalla Libia all’Afghanistan, passando per Egitto, Siria e Iraq.

A dare notizia della possibile fuga del Califfo sono state fonti del Pentagono. “Al Baghdadi ha probabilmente lasciato Mosul prima che la città e Tal Afar venissero isolate dalle forze irachene“ ha spiegato un responsabile della comunicazione a condizione di anonimato. Ma l’uscita di scena del leader, secondo quanto riferito, non avrà ripercussioni sulle strategie di guerra dell’Isis. Al Baghdadi è più che altro una guida religiosa, il simbolo indiscusso del sedicente Stato Islamico ma “probabilmente non esercita alcuna influenza tattica sul mondo in cui viene condotta la battaglia”.

La fuga del capo è la naturale premessa della disfatta a Mosul. Le truppe di Baghad, dopo aver riconquistato alcuni edifici governativi e due ponti sul Tigri, sono entrate in altri due quartieri occidentali della roccaforte jihadista. “Le nostre forze anti-terrorismo hanno attaccato i quartieri di Mualamin e di Silo, e stanno alzando le bandiere irachene sugli edifici”, ha detto il generale Abdul Amir Yarallah. Intanto altre fonti locali riferiscono che le forze governative stanno cercando di avanzare verso il minareto pendente Al Hadba (“il gobbo”), di epoca medievale, uno dei simboli della città.

Resta da capire dove intenda recarsi Al Baghdadi. Dopo Mosul anche Raqqa, capitale dell’Isis in Siria, è a un passo dalla capitolazione. Stessa sorte toccherà a Sirte (in Libia) dove i militari stanno eliminando le ultime sacche di resistenza. Resta l’Afghanistan dove, però, i suoi uomini combattono una doppia battaglia, non solo contro Kabul ma anche contro i talebani.
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Messaggioda Berto » mar mar 21, 2017 8:41 pm

La bandiera Isis è a 100 metri. A Mosul si lotta casa per casa
Fausto Biloslavo

http://www.occhidellaguerra.it/isis-mosul-2

MOSUL OVEST – La bandiera nera sventola a meno di 100 metri, sulla città vecchia, ultima ridotta dello Stato islamico a Mosul ovest. Si vede bene dal foro nel muro utilizzato da un cecchino della polizia federale per sparare al nemico. Sul tetto della postazione in prima linea si scatena l’inferno. La foschia del mattino si è dissolta da poco e le truppe irachene sparano all’impazzata. Il mitragliere con la cartucciera attorno al collo si alza oltre il parapetto per investire di sventagliate le bandiere nere. Pochi secondi e tira giù la testa per non venir colpito. Come si abbassa inizia a sparare un altro agente del 5° battaglione, Nuqhba, le truppe d’assalto della polizia federale. In ginocchio con il kalashnikov infilato in una feritoia svuota metà caricatore. Per aumentare il volume di fuoco un giovane veterano della battaglia di Mosul si sporge con il lanciarazzi Rpg in spalla. I poliziotti antiterrorismo ci urlano di tenere la bocca aperta per attutire l’effetto del colpo sui timpani. Un attimo per prendere la mira ed il razzo parte in una nuvola di fumo esplodendo sui tetti di fronte dove sono annidati i seguaci del Califfo.

Dalle postazioni jihadiste rispondono al fuoco con la stessa forza e determinazione. I proiettili più vicini li senti perché ti fischiano con un sibilo mortale sopra la testa. “Siamo a 35 metri dalla città vecchia, sull’angolo ovest della linea d’avanzata – spiega nella casamatta sul tetto il maggiore Abd Sajid Raed – Talmente vicini a Daesh (lo Stato islamico nda), che usiamo spesso le bombe a mano”. L’obiettivo della sua unità è conquistare la strada principale che segna l’inizio di “qadima”, come gli iracheni chiamano l’antica Mosul. Un labirinto di viuzze dove si può entrare solo a piedi per stanare le bandiere nere. Il maggiore Raed ce lo fa vedere su una mappa speciale caricata via satellite sul telefonino, che rende l’idea della trappola mortale. Assieme al 3° battaglione sta preparando l’ennesimo assalto casa per casa, che dovrebbe scattare nelle prossime ore.

Nel cuore della città vecchia spicca il minareto che pende, come la torre di Pisa, della moschea Al Nuri. Il luogo simbolo dello Stato islamico dove Abu Bakr al Baghdadi proclamò il Califfato nel giugno del 2014. Per le truppe irachene, che sarebbero arrivate a 200 metri, conquistare Al Nuri significa vincere la battaglia di Mosul.

Negli ultimi giorni di avanzata il 5° battaglione ha subito cinque perdite ed 11 feriti. La postazione di 110 uomini è talmente avanzata che i feriti vanno evacuati a braccia per un chilometro fino alla stazione dei treni. L’unica strada è minata e sotto tiro delle bandiere nere.

Lo stesso tragitto di paura che abbiamo fatto alle 7 del mattino per raggiungere l’avamposto con la colonna di rifornimento. Un pugno di uomini carichi come muli che trasportano acqua, viveri, pesanti cassette di latta zeppe di proiettili. E lo fanno tre volte al giorno sfidando il destino. L’unità in prima linea ha chiesto anche giubbotti anti proiettili degni di questo nome e sono arrivate delle copie cinesi, che la truppa rinforza in maniera artigianale. Gli ufficiali scuotono la testa sconsolati: “Noi in prima linea a combattere e morire. E qualcuno a Baghdad che dovrebbe occuparsi di rifornirci che ci manda questa roba”. Il sospetto di tutti è che sia un modo per fare la cresta con materiale scadente.

Al secondo giorno in prima linea capisci subito se un proiettile è sparato dagli iracheni o dalle bandiere nere. E le esplosioni vicine o lontane diventano routine. Nel pomeriggio, però, lo Stato islamico ci bersaglia con tre colpi di mortaio, che piombano sulla casa davanti. Le esplosioni fanno tremare le pareti e gli uomini cominciano a rispondere furiosamente al fuoco. Una squadra piazza un mortaio nel giardino e tira granate da 60 millimetri sulle bandiere nere.

“Sono nella casa di fronte” sussurrano a bassa voce due agenti speciali saliti di corsa su un tetto. Il primo con una fasciatura che gli avvolge il ginocchio spara raffiche di kalashnikov in tandem con il secondo armato di mitragliatrice come Rambo. Altri uomini sono leggermente feriti, ma non mollano il fronte: un capitano ha la testa bendata e l’infermiere del 5° battaglione mostra la coscia sfregiata da una scheggia.

Sul tetto un ufficiale lancia una bomba a mano ed il capitano Ella Khalf Mohammed, baffoni alla Zapata, ci guida nel dedalo di postazioni attraverso i varchi aperti a colpi di mazza nelle pareti. Ad un certo punto urla: “Al riparo abbiamo sopra la testa i droni di Daesh (il Califfato)”. Nel cielo grigio non si vede niente, ma un poliziotto spara raffiche in aria, anche se è difficile individuarli e abbatterli a colpi di fucile. I piccoli droni bianchi dell’Isis portano in grembo una telecamera e due granate di 40 millimetri, che vengono sganciate quando il pilota remoto individua sullo schermo le truppe irachene.

“Abbiamo salvato 75 civili, che in una pausa dei combattimenti sono usciti dagli scantinati per fuggire. Bisogna farlo di notte oppure lanciare granate fumogene per evitare che i cecchini nemici sparino sugli sfollati”, spiega il maggiore Raed.

Dal 19 febbraio, inizio dell’offensiva per liberare Mosul ovest, sono scappate 181mila persone, ma si teme che nella città vecchia, altamente popolata e nel resto dell’ex capitale del Califfo ancora occupata, siano più del doppio. Tre poveretti in fuga sono saltati su un mina. I loro corpi dilaniati fanno impressione e ci ricordano che i civili sono le prime vittime di ogni guerra.

Al calare del buio la radio gracchia l’ultimo allarme: “Attentatori suicidi a piedi si stanno dirigendo verso le vostre posizioni. Sbarrate le entrate e sparate a chiunque sia sospetto”.

Gli uomini del 5° battaglione, nei momenti di pausa buttati sul pavimento dove dormono su materassini, pensano a casa, alla famiglia. “Guarda questo è mio figlio Daniel – spiega il tenente Hassan Kazhim Faraj mostrando un breve video – Ha 6 mesi e dice baba (papà), baba. L’ho visto solo per quattro giorni, ma tutti i bambini di Mosul sono come mio figlio. Combatto per liberarli da Daesh, il nemico numero uno dell’Iraq e del mondo”.
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Re: La goera co l'ISIS (e co l'Ixlam ?)

Messaggioda Berto » mer apr 12, 2017 1:06 pm

L'Isis smentisce il Papa: "Vi vogliamo tutti morti in nome di Allah"
11 Aprile 2017
di Nicholas Farrell

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... disti.html

Secondo i saccenti nostrani in materia, cioè i progressisti, solitamente atei, quando un musulmano si mette ad ammazzare civili occidentali gridando «Allah Akbar» questo non è «terrorismo islamico». Non c' entra «la religione della pace» - ci spiegano - con comportamenti di questo genere e dire il contrario è islamofobia, causata da ignoranza e razzismo. Ovviamente, tante gente normalmente «infedele» all' islam - come me ad esempio, come la maggioranza, scommetto - non è per niente d' accordo. Ma non lo sono neppure i terroristi islamici stessi.

Anzi. Sono arrabbiatissimi con la macchina del fango occidentale che vuole spiegare il loro terrorismo in tanti modi (pazzia, povertà, perversione, ecc.) ma evitando a tutti costi un nesso con la religione islamica. E ce l' hanno anche col Papa che sta per visitare l' Egitto fra poco per lo stesso motivo. A febbraio ha detto: «Non esiste il terrorismo islamico». Nella rivista online dell' Isis - Dabiq - c' è un editoriale lunghissimo scritto in inglese ed intitolato «Break the Cross» (Spaccate la Croce) sul tema dell' ignoranza occidentale del terrorismo jihadista praticato in nome di Allah.

L'oggettivo dell' editoriale è di «correggere la falsa narrazione» sull' islam e spiegare chiaro e tondo «perché noi odiamo voi e perché noi combattiamo contro di voi». L' Isis, cioè Islamic State in Iraq and Syria, elenca in bianco e nero le motivazioni del suo terrorismo. Innanzitutto, noi occidentali dobbiamo morire perché non ci siamo convertiti all' islam e il Cristianesimo è blasfemia e offesa ad Allah punibile con la morte. Si legge: «Noi vi odiamo, prima e principalmente perché siete miscredenti; rifiutate l' unicità di Allah - anche se non ve ne rendete conto - voi siete colpevoli della blasfemia contro di Lui, pretendendo che Lui ha un figlio, voi fabbricate delle bugie contro i Suoi profeti e messaggeri, e commettete delle pratiche diaboliche di ogni tipo.

Non solo: la vostra miscredenza è la prima ragione per cui noi vi combattiamo; è la nostra fede che ci ordina di combattere i miscredenti finché non si sottomettono all' autorità dell' islam. Le penne dell' Isis si sentono in particolare offese da Papa Francesco perché ha detto più di una volta (più recentemente a febbraio) che non esiste «terrorismo musulmano» e che i jihadisti non sono motivati dalla religione e che i musulmani vogliono la pace e che il terrorismo commesso da musulmano è motivato dalla povertà. La loro unica motivazione invece, scrivono, è la religione come richede Allah nel Corano.
«Questa è una guerra divinamente giustificata fra le nazioni musulmane e le nazioni della miscredenza».
Ce l' hanno col Papa forse ancora più che con i progressisti probabilmente perché ha più peso spirituale.

Non è vero, dicono, che l' islam autentico secondo il Corano è contro la guerra e la violenza come sostiene il Papa che si nasconde dietro «un velo di buona volontà». Il messaggio dell' editoriale è chiarissimo: il dovere di ogni musulmano è di prender in mano la spada in nome del «più grande obbligo» di ogni musulmano genuino, cioè, la Guerra santa.
Nel frattempo gli attentati contro i cristiani in quelle chiese in Egitto domenica delle Palme vengono definiti - dal governo egiziano per esempio - assalti «contro gli egiziani» - cioè tutti - e dunque non contro solo cristiani. Mi dispiace: ma per capire il terrorismo islamico - ed islamico lo è - mi fido più dei terroristi stessi piuttosto che la sinistra progressista ed atea e persino del Papa.
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Re: La goera co l'ISIS (e co l'Ixlam ?)

Messaggioda Berto » mer mag 31, 2017 6:54 pm

Iraq, trovata a Mosul la lista dei foreign fighter arruolati e pronti ad agire
Sarebbero almeno 20mila gli stranieri che sono entrati nelle fila del Califfo
31 maggio 2017


http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/ir ... 702a.shtml

Il loro numero esatto non è certo, ma le stime più accreditate parlano di almeno 20mila uomini che hanno abbandonato l'Occidente per correre ad arruolarsi in Iraq e Siria, nelle fila dell'Isis, per poi tornare nelle città di origine e colpire da lì gli "infedeli". Adesso la caccia a questo esercito fantasma potrebbe ricevere una svolta perché i soldati iracheni hanno rintracciato a Mosul un registro nel quale sono raccolti i nomi dei combattenti occidentali che hanno aderito alla causa del Califfo.
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Re: La goera co l'ISIS (e co l'Ixlam ?)

Messaggioda Berto » lun giu 05, 2017 11:54 am

Terrorismo islamico, la ricetta brutale del generale Jean: "Dopo ogni attacco, bombardamenti pesanti"
5 Giugno 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... g.facebook

"Da sempre ne sono stato convinto: dopo ogni attentato bisogna andare pesanti". Il generale Carlo Jean è a tratti brutale, ma va dritto al punto come tutti i militari. Intervistato dal Quotidiano nazionale, commenta il sanguinoso attacco terroristico di Londra di sabato sera puntando il dito contro i jihadisti e la comunità islamica: "È stato sicuramente un attacco per emulazione condotto da soggetti radicalizzati, da vedere se isolati o, probabilmente, inseriti in una rete di tipo virtuale più che in una colonna terroristica classica. In ogni caso, qualcuno nella loro comunità conosceva il loro radicalismo. Hanno avuto dei fiancheggiatori".

Il problema è proprio questo: "Se non c'è la piena collaborazione delle comunità islamiche, anzi dell'intera società in contatto con queste persone, la prevenzione è impossibile. L'intelligence da sola non potrà mai farcela. Io credo che le comunità islamiche in primis dovrebbero collaborare un po' di più, perché oggi la collaborazione è a macchia di leopardo". Come agire? Innanzitutto, stringendo il cerchio intorno ai foreign fighters, gli islamici di seconda o terza generazione che si uniscono al Califfo in Siria e Iraq e poi tornano in patria: "Vanno monitorati. Loro e le loro famiglie, i loro amici, tutti quelli con cui sono in contatto. Bisogna sapere quando stanno rientrando. E io suggerirei di fare come il Marocco, che ha approvato una legge secondo la quale chi ha fatto il foreign fighter e rientra, viene automaticamente accusato di terrorismo e incarcerato per tre anni. È un modo per dissuaderli, tenerli lontani". I servizi sono fondamentali: "La cosa che serve è creare degli informatori, degli infiltrati", anche se occorrerebbe la collaborazione degli 007 di Paesi disastrati come Libia ed Egitto o riluttanti come la Turchia.

Poi c'è la risposta militare: "Io da sempre sono convinto che bisognerebbe andare pesanti dopo ogni attentato con bombardamenti contro l'Isis. Fare come si è fatto con al Qaeda. Non solo attacchi mirati con i droni e i cacciabombardieri o occasionali raid delle forze speciali. Servono bombardamenti pesanti contro i loro santuari, che vanno distrutti". Inutile illudersi che gli attentati abbiano legami con l'attualità e la politica, nel caso di Londra le imminenti elezioni: "Sono cani sciolti. Gli dicono di colpire e loro colpiscono quando e dove possono. Più o meno a caso".
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Re: La goera co l'ISIS (e co l'Ixlam ?)

Messaggioda Berto » dom ott 08, 2017 2:02 am

I combattenti dell'Isis si arrendono: "Siamo senza cibo e senza soldi"
Matteo Carnieletto
7/10/2017

http://www.occhidellaguerra.it/combatte ... enza-soldi

L’abbiamo scritto in lungo e in largo. L’Isis sta perdendo. L’idea di Stato islamico è ormai inattuale, dato che le porzioni di terra controllate dalle bandiere nere sono sempre di meno. I foreign fighter – quelli che non hanno perso la vita sotto le bombe della coalizione a guida Usa o sotto quelle russe – tornano nei Paesi di origine. Chi rimane a combattere ha perso ormai ogni fiducia. È scoraggiato. I mezzi e le armi che arrivano sono sempre di meno.

Il generale Paul Frank, comandante di una task force contro l’Isis, ha fatto sapere che i jihadisti “si arrendono subito e ci spiegano che i loro capi li hanno abbandonati senza più pagarli né nutrirli”. Lo abbiamo visto ad Hawija, da poco liberata dalle bandiere nere. L’offensiva è durata solamente due settimane. I caccia americani hanno bombardato pesantemente le postazioni jihadiste, fiaccando gli animi e il morale dei terroristi, che non hanno resistito come a Mosul (Guarda il reportage di Fausto Biloslavo dal fronte).

L’offensiva per liberare Mosul è iniziata nell’ottobre del 2016 ed è proseguita fino a luglio del 2017, quando le truppe irachene, aiutate dai caccia Usa e dalle milizie sciite, sono riuscite a prendere il controllo della città vecchia. È stata una battaglia estenuante, perché i terroristi avevano trappolato il dedalo di vie della città, mentre i cecchini sparavano all’impazzata contro chiunque osasse mostrarsi. Qui i terroristi hanno resistito fino alla morte e non poteva essere altrimenti. Da Mosul, infatti, è stato proclamato lo Stato islamico nel giugno del 2014. La città non era più solamente un insieme di abitazioni e di postazioni militari da difendere. Era un simbolo e, assieme, un’idea. Tutto è andato perduto.

La lotta contro le bandiere nere prosegue su due fronti: quello iracheno e quello siriano. Il generale Frank fa sapere che “non sarà né facile né veloce cacciarli via tutti”. Ma se si guarda a ciò che è successo nell’ultimo anno e mezzo, vediamo che lo Stato islamico è ormai ridotto a brandelli. In Libia è stato annientato, mentre in Siria si trova solamente nella parte orientale del Paese e si estende fino alla parte occidentale dell’Iraq.

Nessuno ha più voglia di combattere. Chi ha accettato di seguire le bandiere nere ora vuole tornare indietro. E, questo, rischia di essere il pericolo di domani. I quadri dell’Isis si ritireranno, come è già successo con Al Qaida, per organizzare nuovi attentati e dare ordini alle cellule rimaste attive.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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