In Francia chiese rase al suolo. “Non succedeva dalla fine della guerra”di Giulio Meotti | 08 Settembre 2013
http://www.ilfoglio.it/articoli/2013/09 ... e_c867.htmAltro che “figlia maggiore della chiesa”, come veniva chiamata la cattolicissima Francia, il paese di Emmanuel Mounier, di Georges Bernanos, François Mauriac, Jacques Maritain, Teilhard de Chardin. I giornali francesi, e adesso anche un rapporto del Senato, raccontano di decine di chiese cristiane rase al suolo per far posto a moschee, show room e centri commerciali.
Gli ultimi casi a Saint-Blaise du Breuil, nell’Allier, a Saint-Pie-X nell’Hérault e Saint-Jacques d’Abbeville nella Somme. Béatrice de Andia, fondatrice nel 2006 dell’Osservatorio del patrimonio religioso, ha scritto che “per la prima volta distruggiamo dei luoghi di culto senza causa apparente, lasciando al loro posto dei parcheggi, ristoranti, boutique, piazze con giardini pubblici, abitazioni. Il messaggio di tali demolizioni è chiaro: il religioso, il sacro, il patrimonio, il ‘non redditizio’ deve farsi da parte di fronte al presente e alle sue esigenze. I distruttori passano per dei bravi gestori”.
Fra i motivi all’origine delle demolizioni c’è il calo inarrestabile del numero dei sacerdoti e dei fedeli. La Francia oggi conta appena novemila preti, contro i 40 mila durante la guerra. Molte chiese lasciano spazio ad Allah, i cui fedeli crescono a un passo incredibile. Al numero 15 di Quai Malakoff, a Nantes, la vecchia chiesa di San Cristoforo è diventata la moschea al Forqane. Secondo il Senato francese, 2.800 edifici religiosi rischiano oggi di fare la stessa fine. Dal 2000 sono state demolite venti chiese antiche. Altre 250 sono candidate alla eliminazione. La chiesa di Saint-Aubin du Pavoil è la prima demolita nella regione occidentale della Francia dal 1789, l’anno della Rivoluzione francese. Anche la chiesa principale di Saint-Georges-des-Gardes, costruita nel 1870, è stata demolita. Lo storico dell’arte Didier Rykner, che dirige la rivista Tribune de l’Art, ha scritto che “è dalla Seconda guerra mondiale che non vedevamo chiese ridotte in macerie”. Sulla rivista di Rykner si parla di “nuovi vandali”.
Lo scorso giugno la chiesa di Saint-Eloi a Vierzon, fra la Loira e la Borgogna, ha cessato ogni culto cristiano, pronta a diventare un luogo di culto islamico. La diocesi di Bourges, in mancanza di fondi e fe0deli, l’ha messa in vendita e l’offerta più significativa, oltre a quella di aziende e commercianti, è arrivata dall’Association des Marocains (si sono offerti anche i massoni per farne un loro tempio).
La rampante “scristianizzazione” della regione ha spinto a dismettere la chiesa. Su ventisettemila abitanti soltanto trecento sono praticanti e vanno a messa una volta alla settimana. Il quotidiano Berry Républicain rivela che sono stati i fedeli, in accordo con la diocesi di Bourges, ad appoggiare la scelta di trasformarla in moschea. Recentemente sono usciti i dati sul cosiddetto “sorpasso islamico in Francia”, dove si costruiscono più moschee, e più di frequente, di chiese cattoliche, e ci sono più praticanti musulmani che cattolici. Il più noto leader islamico, Dalil Boubakeur, rettore della gran moschea di Parigi, ha ipotizzato che il numero delle moschee dovrà raddoppiare, fino a quattromila, per soddisfare la domanda. Al contrario la chiesa cattolica nella capitale ha chiuso oltre sessanta edifici sacri, molti dei quali destinati a diventare moschee secondo una ricerca del quotidiano La Croix.
La Federazione nazionale della grande moschea di Parigi, il consiglio dei musulmani democratici di Francia e un gruppo islamico chiamato Collectif Banlieues Respect hanno chiesto alla chiesa cattolica, in uno spirito di “solidarietà interreligiosa”, di permettere che le chiese vuote vengano usate dai fedeli musulmani per la grande preghiera del venerdì, così che i musulmani “non siano obbligati a pregare per strada” o “siano tenuti in ostaggio dai politici”.
Il simbolo di questa secolarizzazione del territorio francese è la chiesa di Saint-Pierre-aux-Liens, a Gesté, in Maine-et-Loire. Siamo nella regione dei “chouannerie”, i dissidenti cattolici che soffrirono di più nelle guerre vandeane contro le armate illuministe e dove infatti gran parte delle chiese sul territorio sarebbero state ricostruite dopo il 1800. La chiesa di Saint-Pierre-aux-Liens il 5 febbraio 1794 ha resistito per molti giorni all’assalto delle “Colonnes Infernales”, la brigata rivoluzionaria di Robespierre che in quell’occasione uccise trecento cattolici monarchici e diede fuoco all’edificio sacro. Ma nelle settimane scorse la storica chiesa è caduta sotto i colpi della “decostruzione”, come è stata ribattezzata l’operazione di dismissione degli edifici religiosi da parte dei sindaci socialisti, mutuando il termine dal filosofo Jacques Derrida.
Là dove c’era la chiesa - Polemiche in Francia sulla demolizione dei luoghi di culto in stato di abbandono 31 agosto 2013
http://www.osservatoreromano.va/it/news ... -la-chiesaIn Francia la polemica sulla demolizione delle chiese cattoliche pericolanti o in stato di abbandono non è nuova e si rinfocola ogni volta che un luogo di culto rischia di essere raso al suolo. Gli ultimi casi in ordine di tempo — riferisce il quotidiano «La Croix» — sono quelli di Saint-Blaise du Breuil, nell’Allier, di Saint-Pie-x, nell’Hérault, di Saint-Jacques d’Abbeville, nella Somme, e di Saint-Pierre-aux-Liens, a Gesté, in Maine-et-Loire, dipartimento particolarmente preso di mira da questo fenomeno. Si calcola che dal 2000 a oggi siano state abbattute, in tutto il territorio nazionale, una ventina di chiese e che altre duecentocinquanta potrebbero fare presto la stessa fine. Un dossier del Senato ha stimato in duemilaottocento le chiese rurali destinate a sparire dal paesaggio francese.
«Meno preti, meno messe, meno praticanti, dunque minore necessità di conservare grandi bastimenti, quando sarebbe sufficiente una cappella»: questo il ritornello — scrive Guy Massin Le Goff, conservatore di antichità e oggetti d’arte, nel suo rapporto, del 2009, intitolato La polémique autour de la démolition des églises: le cas du Maine-et-Loire — che ha condotto molti Comuni francesi, proprietari degli immobili, a preferire la demolizione al restauro, troppo costoso.
Ma, afferma l’esperto, «limitare l’uso della chiesa alla messa, domenicale o quotidiana, è una esposizione dei fatti erronea, anche se estesa alle cerimonie di battesimo, matrimonio e ai funerali. Una chiesa non è un luogo aperto unicamente per l’eucaristia; le preghiere individuali dei fedeli, i ceri offerti, le molteplici ragioni di bussare alla sua porta, da soli o in piccoli gruppi, lo confermano». Massin Le Goff — fortemente critico con i sindaci dell’Anjou (fra le regioni storiche simbolo del cattolicesimo francese) per la facilità con la quale decidono le demolizioni (a volte la presunta instabilità dell’edificio è solo un pretesto per mettere mano al piano regolatore) — sottolinea che in molti paesi tutta la comunità, non solo cattolica, è cresciuta attorno alla chiesa. Per questo distruggerla significa annientare tutto un passato. «Che sarebbe quel villaggio senza la sua chiesa?», si chiede, plaudendo all’iniziativa del consiglio generale del Maine-et-Loire di stanziare fondi per il restauro dei luoghi di culto non rientranti fra i monumenti storici.
Per Béatrice de Andia, personalità della cultura, fondatrice nel 2006 dell’Osservatorio del patrimonio religioso, ciò che sta accadendo in Francia è inedito quanto preoccupante: «Per la prima volta distruggiamo dei luoghi di culto senza causa apparente, lasciando al loro posto dei parcheggi, ristoranti, boutiques, piazze con giardini pubblici, abitazioni. Il messaggio di tali demolizioni è chiaro: il religioso, il sacro, il patrimonio, il “non redditizio” deve farsi da parte di fronte al presente e alle sue esigenze.
I distruttori — aggiunge — passano per dei bravi gestori, preoccupati dell’equilibrio delle finanze del loro Comune che non potrebbe, secondo essi, sopportare il costo dei lavori della chiesa». Ma la manutenzione, sottolinea, «è un obbligo dei sindaci».
Fra i motivi all’origine delle demolizioni “facili” c’è il calo inarrestabile del numero dei sacerdoti in Francia. Nel 2001 — secondo cifre diffuse dalla stessa Conferenza episcopale — i preti (diocesani e religiosi) erano complessivamente 24.251; nel 2008 erano scesi a 19.640. In quell’anno i sacerdoti diocesani ammontavano a 15.008 per scendere nel 2011 (ultimo anno a cui si riferiscono le statistiche) a 13.822. Sempre nel 2011 c’erano 13.630 parrocchie ma negli ultimi anni i vescovi ne hanno erette di nuove per meglio rispondere all’evoluzione demografica e culturale. Più precisamente, nelle grandi città sono sorte nuove chiese, soprattutto nelle periferie, mentre nella campagna il numero delle parrocchie è stato drasticamente ridotto, in alcuni casi accorpando quelle confinanti sotto la cura di un solo sacerdote, con un maggiore coinvolgimento di diaconi (in forte crescita) e laici.