A Tolone aggredite due donneLe signore sono state prese a male parole mentre stavano facendo una passeggiata insieme ai figli e ai mariti. Questi ultimi sono intervenuti per difenderle e sono stati picchiati dalla banda di integralisti. A giugno un altro episodio di intolleranza
di Stefano Montefiori
Milano, 8 settembre 2016 - 21:38
http://www.corriere.it/esteri/16_settem ... 0eb4.shtmlDomenica pomeriggio due coppie con bambini e un amico passeggiano in bicicletta e pattini sulla pista ciclabile di Tolone. Arrivano all’altezza del «quartiere dei garofani», nella periferia est della città. Le donne indossano dei pantaloncini corti. Due ragazzi si avvicinano e le insultano, gridano «sgualdrina», «mettiti nuda già che ci sei». I mariti e l’amico si fermano e rispondono ai due ragazzi.
«A quel punto sono intervenuti una decina di loro compagni — racconta il procuratore di Tolone, Bernard Marchal —, che hanno fatto cadere a terra le donne e colpito con estrema violenza i tre uomini, sotto gli occhi dei figli. Quel che ha scatenato l’aggressione era l’abbigliamento delle signore, che non aveva niente di straordinario. Si è trattato di una provocazione a carattere sessuale per indurre una reazione negli uomini presenti».
I mariti sono stati colpiti a calci e pugni sul volto. Uno, 33 anni, è stato ricoverato in ospedale con una prognosi di 30 giorni, l’altro ha avuto il naso fratturato. I due figli di 14 anni e un altro di 10, che hanno assistito alla scena, sono seguiti dagli psicologi. Le donne hanno immediatamente presentato denuncia e grazie alle videocamere di sorveglianza sono state arrestate due persone, che hanno 17 e 19 anni. La polizia sta cercando gli altri, tutti di età intorno ai vent’anni.
Si tratta del secondo episodio di violenza in pochi mesi che a Tolone colpisce donne aggredite per un abbigliamento giudicato poco casto. A giugno era toccato a una studentessa di liceo di 18 anni, Maud Vallet, che è stata attaccata da una banda di ragazze in un autobus perché, anche lei, portava degli short, dei pantaloncini corti. «Mi insultavano, mi sputavano addosso. Ho chiesto loro perché io non potevo portare degli short quando a Tolone un sacco di uomini vanno in giro a torso nudo, e loro mi hanno risposto “perché tu sei una donna, devi avere rispetto per te stessa, brutta scema"». Maud aveva poi organizzato una marcia «Tutte in short» alla quale hanno partecipato un centinaio di ragazze il 25 giugno.
I fatti di Tolone hanno provocato molte reazioni in Francia, soprattutto a destra. L’inchiesta è ancora in corso, ma secondo alcuni è evidente il legame con le nuove tensioni sull’abbigliamento delle donne e i divieti contro il burkini sulle spiagge. Lydia Guirous dei Républicains (il partito di Sarkozy) parla di «triste avvenire per le donne francesi se non fermiamo la polizia islamista», mentre per Marion Maréchal-Le Pen (Front National) «a Tolone c’è già la sharia: portare degli short vi può mandare all’ospedale». Claude Askolovitch, autore di un fortunato saggio in difesa dei musulmani, dice che «i poliziotti mandati sulle spiagge a cercare le ragazze in burkini sarebbero più utili in città per fermare i teppisti che attaccano le donne in short».
Libero short in libera EuropaA Tolone, in Francia, due donne vengono insultate da un gruppo di musulmani perché indossano dei pantaloncini corti, e i loro compagni picchiati a sangue. Urge risveglio dell'Occidente per difendere la nostra libertà di vestirci come ci pare
di Laura Zambelli Del Rocino
http://www.lintraprendente.it/2016/09/l ... era-europaLa capacità umana di assuefarsi al peggio fa il paio con la scalata sugli specchi nel tentativo di giustificare certi crimini con motivazioni assurde. A Tolone (Francia, Europa, Occidente) due ragazze vanno in passeggiata coi rispettivi compagni e figli. Siamo in estate e le donne indossano un paio di short. Abbigliamento riprovevole in alcuni Paesi oscurantisti, ma a quanto pare per qualcuno lo è anche da noi, tanto che un gruppo di giovanotti musulmani, tutti intorno ai 20 anni, prende a male parole le ree di scandalo pubblico e di offesa verso il proprio onore. I rispettivi compagni, nel tentativo di difendere le donne, vengono picchiati a sangue e finiscono all’ospedale, uno di loro con prognosi di 30 giorni, il tutto sotto gli occhi dei bimbi ora in cura dagli psicologi.
Un po’ di botte da veder le stelle e nulla di nuovo sotto il sole dell’islamizzazione europea e il tramonto delle libertà occidentali. E non stiamo parlando di parità salariale, quote rosa, autodeterminazione e interessanti faccende simili, ma di un elementare diritto che dal dopoguerra, dal Sessantotto e dai Settanta di Twiggy in poi, vede le donne libere nella scelta dell’abbigliamento, minigonne, short, top e bikini compresi. Quello che non finisce di stupire è l’approccio alla questione dei difensori delle culture altrui e specialmente del genere più colpito, le femministe, confuse e in bilico tra la difesa dei propri diritti e un antirazzismo miope e ideologico.
La conferma arriva dal “Corrierone della Sera”, al tramonto di pensiero pure lui se concede mezza pagina di intervista alla femminista francese Caroline Fourest, che dà una lettura degli eventi degli ultimi tempi in chiave davvero spiazzante: “Il punto comune tra i fatti di Colonia, le aggressioni per strada o l’ascesa di un radicalismo più strutturato e religioso, è il ritorno del machismo, nella sua forma più violenta e volgare”.
Cari uomini, prendete nota. Vostra fu la colpa per le oppressioni del passato e ancora vostra lo è per essere il neo fondamento del neo Medioevo islamico e integralista. Che le aggressioni siano compiute da uomini islamici e non da maschi occidentali, in nome di una decenza imposta dalla religione, cosa c’entrerebbe col machismo?
Piove sulle libertà conquistate? Maschio ladro. La naturale tendenza delle femministe a identificare nel maschio la causa di tutti i mali non risparmia nemmeno la condanna di atroci oscurantismi religiosi e culturali nemici delle donne stesse. Anzi, la stessa Fourest si era schierata a favore della decisione del Consiglio di Stato francese contrario al divieto del burkini in spiaggia, pur ammettendo la barbarie dell’indumento: “le femministe confondono rispetto del diritto e abbandono della lotta femminista”, continua la Fourest. Ed è qui il paradosso: la “libertà” di indossare un burkini non coincide con un diritto da rispettare ma con lo sdoganamento di un neo simbolo dell’oppressione femminile.
Non esiste lotta o rivoluzione se non è contraria a norme esistenti considerate lesive dei diritti che si intendono tutelare. Non esistono leggi “da rispettare” nelle battaglie contro le ingiustizie sociali. Se il femminismo si arena sulla sabbia mobile di norme lesive della dignità delle donne, con l’aggravante del rispetto di usanze retrograde solo perché coincidono con le trazioni e le “culture” altrui, allora il femminismo non solo è morto ma è anche pericoloso e dannoso per l’educazione sociale che le pasionarie del women power intendono supportare, loro che si sentono depositarie dell’etica del genere femminile.
“La maggior parte delle femministe sono anche militanti anti razziste e anch’io lo sono”, l’ulteriore conferma che ancora una volta il nemico è l’Occidente “razzista”, quello che nella fattispecie fomenta l’odio degli immigrati grazie ai divieti di usanze lesive delle nostre libertà.
Intanto le neo femministe si buttano nella neocastità, il neo che per combinazione coincide con la morale islamica: la donna coperta e casta (salvo poi violentarla tra le pareti domestiche, faccenda purtroppo tollerata perché un’islamica sottomessa è capace di dichiararsi consenziente a morte).
Una combinazione, per carità, ma il fatto è che così facendo si spiana la strada a ciò che i musulmani ambiscono: “con le vostre leggi vi conquisteremo, con le nostre vi domineremo“.
Siamo al punto che indossare gli short è diventato un atto di coraggio in Francia; altro che divorzio, aborto e l’utero è mio e lo gestisco io, già tanto se in futuro gestiremo lo spazio nell’armadio Ikea per un corredo di burqa per tutte le occasioni. Funerale del femminismo compreso.
La Francia della "sharia" che vuole l'islam per tuttiNei ghetti dove l'integralismo è legge, il velo è il simbolo di uno stile di vita da imporre pure ai non musulmani
Gian Micalessin - Sab, 10/09/2016
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 05046.htmlDomenica la guerra ai costumi degli «infedeli» ha colpito due donne in calzoncini «troppo» corti insultate al grido di «sgualdrine» da un gruppo di ragazzotti islamici che, non paghi, hanno preso a pugni i loro mariti e un amico.
A giugno era toccato a Maud Vallet, una studentessa 18enne aggredita da una banda di coetanee musulmane perché, colpevole, pure lei, d'indossare un paio di pantaloncini «esageratamente» succinti. I due episodi registrati nella città francese di Tolone dovrebbero far riflettere chi è convinto che i divieti su burqa, niqab e burkini ledano la sfera delle libertà personali e abbiano poco a che vedere con la nostra sicurezza.
Per capire cosa leghi le violenze di Tolone a burqa, niqab e burkini basta rileggersi il rapporto «Banlieue de la République» (Periferia della Repubblica) realizzato in Francia nel 2011 dallo studioso di questioni islamiche Gilles Keppel per conto dell' «Institute Montaigne». Lo studio esaminava - già allora - la trasformazione di numerose periferie francesi in «società islamiche separate» dove la «sharia» aveva soppiantato le leggi vigenti. Secondo il rapporto gli abitanti dei ghetti dominati dall'Islam radicale rifiutavano «in toto» i valori della Repubblica sostituendoli con quelli della regione musulmana. In quelle aree fuori controllo burqa e nijab sono oggi, come 5 anni fa, la norma per molte donne islamiche. Ma nel limbo giuridico di quartieri dove la polizia è stata messa al bando rientra anche il tentativo, manifestatosi a Tolone, d'estendere ai «non musulmani» le regole dell'islam radicale. In questo progetto di progressiva espansione delle regole dell'islam radicale e di marginalizzazione dello stato di diritto rientra la diffusione di burqa e nijab nelle città e del burkini sulle spiagge. Il loro ostentato utilizzo non è una manifestazione di libertà da parte delle donne islamiche, ma un esplicito progetto di conquista del territorio e d'imposizione di leggi e costumi separati. Un tentativo all'interno del quale le donne sono ridotte a semplici strumenti. Nelle «banlieue» sottratte all'autorità dello stato burqa e niqab, non previsti - a differenza del velo - da alcun testo islamico, diventano la bandiera e il simbolo di un islam radicale capace di manifestare con la loro diffusione la duplice vittoria sullo stato e su qualsiasi culto musulmano moderato. Ma la loro esibizione serve anche a evidenziare la totale cancellazione del diritto di famiglia europeo e di tutte le garanzie sulla parità uomo-donna. Emblematico il caso di Aubervilliers il quartier a nord di Parigi abitato al 70 per cento da musulmani dove, come raccontava nel 2012 Charlie Hebdo, qualsiasi «infedele» deciso a sposare una musulmana è costretto, nei fatti, a convertirsi all'islam. «Nei matrimoni misti notava l'articolo la legge del Marocco o di altre ex colonie come la Tunisia e l'Algeria o di paesi come l'Egitto prevalgono ormai su quella francese».
E chi è ancora convinto che burkini, burqa e niqab siano espressioni di libertà personali farebbe bene a leggersi il documento d'intelligence, pubblicato nel 2014 da Le Figaro, in cui si esaminava il tentativo d'introdurre la legge islamica nelle scuole delle «banlieue» a maggioranza musulmana. Tra la settantina di «segnali» caratteristici il documento indicava l'imposizione del velo nelle aree sportive, la pressione per l'introduzione di pasti rigorosamente islamici nelle mense e la preghiera clandestina in aule o corridoi. E chi pensa che la Francia sia lontana farebbe bene a riflettere su quanto avvenuto mercoledì scorso a Treviso dove l'imam marocchino Fagrouk Hmidane s'è rifiutato di giurare sulla Costituzione guadagnandosi, invece della cittadinanza italiana, un decreto d'espulsione. Il rifiuto delle leggi del paese ospitante - segnalava già nel 2011 il rapporto sulle «banlieue» - è il primo sintomo della nascita di «zone separate» sottratte all'autorità statale. La successiva esibizione di simboli come burqa e niqab è la bandiera dell'avvenuto consolidamento dell'Islam radicale. Insomma diamo tempo al tempo e più diritti ai fanatici e la Francia diventerà, ben presto, assai vicina.