Veło e Ixlam

Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » mar mar 09, 2021 8:15 am

Svizzera, al referendum vince la proibizione di burqa o niqab in luoghi pubblici
Lino Terlizzi
7 marzo 2021

https://www.ilsole24ore.com/art/svizzer ... i-ADlZhWOB

Lugano - Passa in Svizzera la proibizione per burqa o niqab in luoghi pubblici. All'iniziativa “Sì al divieto di dissimulare il proprio viso” la maggioranza dei votanti ha infatti risposto affermativamente. Stando ai risultati definitivi, il testo di modifica costituzionale promosso dalla destra conservatrice e combattuto dal governo ha ottenuto il 51,2% dei consensi degli elettori e l'adesione di 20 dei 26 cantoni, ha riferito l'agenzia di stampa Keystone-Ats. Il raggiungimento della maggioranza dei Cantoni era necessaria, visto che il quesito tocca la Costituzione federale.

L'iniziativa è stata promossa dalla destra conservatrice elvetica, per la gran parte raccolta attorno al partito Udc; ma, come mostrano i dati, la proposta ha conquistato consensi in modo trasversale, andando a pescare decisamente anche nell'elettorato di centro e in parte anche in quello di sinistra. I sondaggi indicavano un testa a testa e così in sostanza è stato, con la prevalenza alla fine del sì.

L'ironia della sorte ha voluto che si votasse in questa fase di coronavirus, con le mascherine sanitarie ampiamente utilizzate. Ma così è stato per via dei tempi tecnici, in realtà i promotori dell'iniziativa si erano mossi già negli anni scorsi, su questo tema e su altri analoghi. Una parte di loro aveva già avuto successo nel 2009, con il sì (al 57%) al divieto di costruzione di nuovi minareti in Svizzera (sono rimasti i quattro già esistenti). I promotori del sì al divieto di dissimulazione hanno peraltro precisato che l'iniziativa prevede eccezioni per motivi di salute, di condizioni climatiche (sport invernali), di usanze locali (carnevali).

Per Governo e Parlamento referendum era eccessivo

Il Governo e la maggioranza del Parlamento federale si erano opposti a questa iniziativa e l'avevano definita eccessiva, visto il numero molto esiguo di casi di burqa o niqab in Svizzera. Il no è stato poi motivato con altri due ragioni: per la tutela delle donne occorre certo lavorare, ma con altri percorsi; la competenza in materia è soprattutto dei Cantoni (sinora il divieto per burqa e niqab vigeva solo in Ticino e in San Gallo). Governo e Parlamento hanno sostenuto un controprogetto, che prevedeva l'obbligo di mostrare il viso alle autorità solo nei casi necessari ad accertare l'identità.

Il voto è certo contro tutte le forme di dissimulazione del volto in pubblico – anche durante manifestazioni politiche o eventi sportivi - ma è chiaro che di fatto è rivolto soprattutto contro l'abbigliamento prescritto per le donne nelle parti più tradizionaliste, o direttamente integraliste, dell'Islam. Il burqa è il velo che copre interamente il volto delle donne, con solo una rete all'altezza degli occhi per vedere; il niqab è il velo che copre il volto femminile lasciando gli occhi scoperti.



Svizzera vieta il burqa, è rivolta islamica contro la democrazia: “Non lo rispetteremo
7 marzo 2021

https://voxnews.info/2021/03/07/svizzer ... petteremo/

Islamici:

«Islamofobia ancorata nella Costituzione» – Di tutto altro parere è il Consiglio centrale islamico della Svizzera (CCIS) che ritiene Il divieto del velo integrale «una grande delusione per i musulmani che sono nati e cresciuti in Svizzera». Secondo il CCIS cui gli iniziativisti sono riusciti ad «ancorare l’islamofobia nella Costituzione federale». Spetta al Consiglio federale prendere ore le misure necessarie affinché i musulmani siano protetti dalla discriminazione, ha indicato a Keystone-ATS la segretaria centrale Ferah Ulucay. A suo avviso l’iniziativa non servirà a nulla. Nessuna multa è stata finora inflitta nel canton San Gallo, otto anni dopo la votazione sul divieto del burqa. I promotori hanno giocato sulle paure della popolazione, ha proseguito. Hanno dipinto scenari «come se fossimo a Kabul o in Iran», critica Ulucay. La CCIS promette che sarà al fianco delle donne che portano il niqab. «Le sosterremo e pagheremo le multe finché avremo le risorse per farlo: se necessario, andremo fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo», ha concluso.

Utili idioti:

«Dopo il divieto di costruire minareti, abbiamo un secondo articolo costituzionale esplicitamente diretto contro una comunità religiosa in Svizzera». È con queste parole che le Giovani Verdi svizzere descrivono il risultato alle urne di oggi. Julia Küng, co-presidentessa delle Giovani Verdi nazionali ritiene «molto problematico quando la comunità limita i diritti fondamentali di una minoranza per mezzo di un referendum». L’iniziativa “Sì al divieto di dissimulare il viso” viene definita come «un’intrusione nella libertà personale, nella libertà di fede e di coscienza, nell’uguaglianza dei diritti e nel divieto alla discriminazione».

Le Giovani Verdi sono pronte a intraprendere azioni legali contro l’applicazione di tale nuova legge. In collaborazione con l’avvocato dei diritti umani Philip Stolkin, sono «preparate a sostenere le donne colpite dalla repressione nell’affermare i loro diritti personali e il diritto alla libertà di credo». Se fosse necessario, anche attraverso tutte le istanze, «fino alla Corte europea dei diritti umani a Strasburgo».

Amnesty:

L’accettazione dell’iniziativa anti burqa rappresenta una nuova discriminazione di una determinata comunità religiosa: lo sostiene Amnesty International (AI), secondo cui il mandato costituzionale alimenta inutilmente le divisioni e le paure.

Il divieto del velo integrale non è una misura volta alla liberazione delle donne: al contrario, viola la libertà di espressione e di religione, afferma Cyrielle Huguenot, responsabile dei diritti delle donne di AI Svizzera, citata in un comunicato.


Islamica lascia la Svizzera perché non può più portare il burqa: se ne va in Africa
13 marzo 2021

https://metronews24.altervista.org/isla ... in-africa/

È nata e cresciuta a Lucerna. Ma non intende mettere mai più piede in Svizzera. Umm Rufayda, al secolo Valentina Weiss, è una cittadina elvetica sposatasi con un egiziano e convertitasi all’islam. Durante la campagna che ha preceduto la votazione del 7 marzo sull’iniziativa contro la dissimulazione del volto, la donna si è battuta per difendere il suo diritto a indossare il niqab. Mattino Online

La maggioranza della popolazione ha però deciso altrimenti. E quindi ora Umm Rufayda ha deciso di dire addio alla Svizzera. “Ho pianto tanto dopo il voto, sono ancora in lacrime” ha detto la donna in un’intervista a Blick TV. “Io sono come sono. Il niqab fa parte di me. È estremamente doloroso ma non voglio tornare in un paese che non mi accetta per come sono”. La donna, domiciliata a Zugo, era già volata in Egitto poco prima del voto. Ora intende quindi trasferirsi definitivamente nel paese africano, onde poter indossare liberamente il suo amato copricapo.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » ven apr 30, 2021 7:51 am

La crociata su Instagram della modella musulmana contro la Francia, «Sì al velo è un mio diritto»
30 aprile 2021

https://www.ilmessaggero.it/donna/mind_ ... 29804.html


Famosa, bellissima, piena di charme e con un profluvio di follower sui social, Rawdah Mohamed ha deciso di battersi per difendere le sue radici islamiche. La modella somalo-norvegese ha postato su Instagram la critica a una proposta di divieto dell'hijab in Francia. La sua immagine è diventata virale, aiutando a combattere stereotipi profondamente radicati» contro le donne musulmane.

Nella imagine si vede Rawdah - in un selfie - che mostra la scritta "hands off my hijab" sulla mano, dando l'avvio a una campagna che ha fatto tendenza su Twitter, Instagram e TikTok.

#Handsoffmyhijab, #PasToucheAMonHijab, è stato ripreso anche dalla schermitrice olimpica Ibtihaj Muhammad e dalla deputata statunitense Ilhan Omar, così come migliaia di donne a livello internazionale. Hanno usato l'hashtag per protestare contro il voto del Senato francese di vietare a chiunque sotto i 18 anni di indossare l'indumento in pubblico.




Alberto Pento
No non è un tuo diritto.
Lo sarebbe solo se fosse un diritto per le donne mussulmane non portarlo o abbandonare l'Islam senza essere discriminate e uccise;
se fosse un diritto per chi lo volesse abbandonare l'Islam senza essere criminalizzato, condannato e ucciso;
se fosse un diritto l'ateismo e criticare Maometto, il Corano e il loro idolo senza per questo essere perseguitati e uccisi;
se fosse un vostro dovere rispettare completamente i non maomettani e gli altri religiosi;
se fosse un vostro dovere rispettare le leggi degli stati dove siete migrati e che vi hanno accolto;
lo sarebbe solo se il velo non fosse un simbolo di una ideologia politico religiosa che istiga all'odio, alla discriminazione, alla persecuzione e allo sterminio dei non mussulmani, di ogni diversamente religioso e non religioso, degli apostati, della libertà della donna e degli omosessuali.
Il velo maomettano va considerato come la croce uncinata del nazismo, un simbolo razzista, nazista, di morte e perciò la sua ostentazione, nei paesi civili, va bandita come è bandita l'ostentazione della bandiera uncinata.





Ecco perché nell'Islam la donna è considerata un essere inferiore (all'uomo)
https://marisdavis.blogspot.com/2015/11 ... nna-e.html

Submission di Theo Van Gog
https://www.youtube.com/watch?v=o1EVjeWGT14

Iran, attivista anti-hijab condannata a 24 anni di carcere: "Diffonde la prostituzione"
VALENTINA RUGGIU
https://www.repubblica.it/esteri/2019/0 ... 234592970/
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » ven lug 16, 2021 8:12 pm

"Sul lavoro il divieto di velo islamico è legittimo: si può licenziare"
"Sul lavoro il divieto di velo islamico è legittimo". La decisione della Corte Ue
Gerry Freda
16 Luglio 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1626431334

La Corte si era espressa già nel 2017 sul tema del velo islamico nei luoghi di lavoro, giungendo allora a conclusioni analoghe a quelle di oggi
"Sul lavoro il divieto di velo islamico è legittimo: si può licenziare"

La Corte di Giustizia dell'Unione europea si è espressa ieri sul tema del diritto a indossare il velo islamico nei luoghi di lavoro, con una sentenza che ha riconosciuto il diritto di licenziare o sospendere una dipendente che indossa l'hijab; tale diritto andrebbe esecritato dai datori di lavoro, ha però precisato la Corte, soltanto in presenza di determinate condizioni. Il verdetto che ha legittimato il divieto di velo islamico sul posto di lavoro è stato emesso in questi giorni dal supremo tribunale Ue su impulso di un ricorso che era stato presentato da due cittadine musulmane residenti in Germania.

Nella loro istanza, le ricorrenti sostenevano di avere subito discriminazioni sul lavoro proprio per via della loro fede islamica. La prima delle due promotrici della causa era un'educatrice specializzata presso l'ente tedesco di assistenza ai minori Wabe eV, mentre l'altra era consulente di vendita e cassiera della compagnia Mh Muller Handels GmbH. Entrambe avevano denunciato ai giudici Ue di essere state sottoposte a misure disciplinari, a pressioni affinché cambiassero abbigliamento e, alla fine, alla sospensione dal lavoro; tutto a causa della loro scelta di indossare l'hijab in servizio. Le due hanno di conseguenza lamentato una palese violazione della libertà religiosa tutelata dal diritto europeo.

Il ricorso delle due donne musulmane non ha però avuto esito favorevole, con la Corte di Giustizia che, sollecitata a intervenire sulla questione su impulso dei tribunal tedeschi adìti dalle cittadine in questione, ha infatti riconosciuto ai datori di lavoro la facoltà di interdire ai propri dipendenti l'uso di capi d'abbigliamento o di monili che rimandino a messaggi di natura religiosa o politica.

Tuttavia, tali limiti alla libertà dei dipendenti possono essere imposti, ha evidenziato la sentenza emessa dal tribunale Ue, solamente in presenza di specifiche circostanze, tra cui l'esigenza, avvertita dai datori di lavoro, di offire al pubblico un'immagine "neutrale" delle rispettive aziende: "Il divieto di indossare qualsiasi forma visibile di espressione di convinzioni politiche, filosofiche o religiose sul posto di lavoro può essere giustificato dalla necessità del datore di lavoro di presentare un'immagine neutrale nei confronti dei clienti o di prevenire conflitti sociali". La semplice volontà dell'azienda di presentarsi come "neutrale" non è però di per sé sufficiente, ha chiarito la Corte, a giustificare in modo oggettivo una differenza di trattamento indirettamente fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, dato che il carattere oggettivo di una siffatta giustificazione può ravvisarsi solo a fronte di un’esigenza "reale" del datore di lavoro, ossia capace di prevalere eccezionalmente sui diritti religiosi degli impiegati. Sarannno così, ha stabilito inoltre il medesimo verdetto, i tribunali dei 27 Stati membri a valutare, caso per caso, se il divieto di hijab nei luoghi di lavoro sia davvero dettato da "reali esigenze" avvertite dai titolari delle aziende o dai responsabili del personale.

La Corte europea era già intervenuta nel 2017 sul tema del velo islamico indossato nelle ore di servizio, riconoscendo anche allora il principio per cui le aziende possono, a determinate condizioni, vietare al loro personale di indossare l'hijab o altri simboli religiosi vistosi.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » sab ott 09, 2021 8:16 pm

Lo sfogo dell'influencer figlia di un imam: «Nessuno mi affitta casa perchè porto il velo»
La denuncia di Tasnim Ali sui social (Video Ansa)

https://www.ilgiornaledivicenza.it/oltr ... -1.8941283

«Porto il velo e ho un nome straniero, nonostante io sia italiana. Così, nessuno mi affitta un appartamento». È lo sfogo sui social di Tasnim Ali, influencer di origine egiziane, figlia di un imam di Roma e sorella di Mariam Ali, candidata alle ultime amministrative nella capitale.

La ragazza dallo spiccato accento romano, che su Instagram è seguita da oltre 120 mila persone e su Tik Tok spiega con ironia la sua cultura, racconta con un video: «Funziona così: leggo un annuncio che mi interessa, chiamo l'agenzia immobiliare, chiedo informazioni, ma quando chi dall'altra parte sente che il mio nome non è italiano, la sua voce cominciare a cambiare. Poco dopo, ma anche il giorno dell'appuntamento, ricevo una telefonata: "Ci dispiace, l'appartamento è stato affittato", "Non è più disponibile"».

All'inizio Tasnim Ali attribuiva l'accaduto a episodi casuali. «Ma in tre mesi sono diventati frequenti e alla fine, confrontandomi con altri stranieri, ho scoperto che non erano mie illusioni. E questo è razzismo» racconta su un video postato sui social.

Il video ha raccolto consensi tra i follower ma anche qualche critica.

https://www.facebook.com/GdV.it/posts/10158008830071470


Gino Quarelo
Nemmeno io affitterei un garage a questa persona, come non lo affitterei a un nazista hitleriano con la testa rasata e la croce uncinata tatuata, come non lo affitterei ai social internazi comunisti con la falce e il martello e il pugno alzato che inneggiano a Che Guevara.
Per me il velo islamico è un simbolo del nazismo maomettano, quello dell'Umma islamica che è assai peggiore di quello hitleriano e ariano e al contempo dell'oppessione islamica della donna.
Io di queste persone non ho nel modo più assoluo alcuna fiducia e l'esperienza mi insegna che ti possono fare del male e uccidere.
Questa donna con il velo poi è ferocemente antisemita e io che amo gli ebrei e Israele non potrei mai né ospitarla a casa mia né affittarle una qualsiasi cosa.
Se si pensa a come i nazi maomettani egiziani trattano i cristiani coopti vedasi il caso Zaki, si conclude che ogni forma di ostracismo al male nazi maomettano è cosa buona e giusta e sacrosanta legittima difesa.



Gli influencer e la moda di attaccare Israele sui social media
Mosaico
Paolo Castellano e Nathan Greppi
8 ottobre 2021

https://www.mosaico-cem.it/attualita-e- ... nfluencer/

Lo sfregio di Tasnim Ali al simbolo ebraico su TikTok

Un altro caso assimilabile a quello delle modelle Hadid – questa volta italiano – è quello della 21enne romana di famiglia egiziana, Tasnim Ali, figlia dell’Imam della moschea della Magliana nonché stella e influencer del social network cinese per giovanissimi TikTok. Su questa piattaforma Tasnim spiega con leggerezza e semplicità i principi basilari dell’Islam e oggi è seguita da più di 400mila followers. La sua popolarità è molto cresciuta nell’ultimo periodo tanto che Sky – TV8 le ha proposto un impiego da inviata, mentre Donna Moderna le ha persino dedicato una copertina. Nei suoi contenuti sui social media, la giovane musulmana italiana si prodiga nel produrre video e messaggi per contrastare i pregiudizi sulla religione islamica e per difendere i principi di libertà per le giovani musulmane.

Nonostante il suo impegno per i diritti civili, Tasnim ha attirato una pioggia di critiche per uno dei suoi ultimi video – ora rimosso – in cui la famosa influencer, che si trovava a Roma nei pressi della Basilica di San Paolo, si è fatta riprendere da un’amica mentre sfregava la suola della scarpa sull’asfalto sulla quale era stato disegnato con la penna un Magen David, simbolo sacro dell’ebraismo. «Oh, hai schiacciato una cacca?», chiede una voce fuoricampo, stimolando la curiosità di Tasnim che alza il piede ed espone il simbolo ebraico e israeliano lamentandosi con «Ah, Dio!». Un comportamento clamoroso che ricorda quelli promossi dal gruppo terroristico Hamas o dai pasdaran iraniani che invitano la popolazione a calpestare e a bruciare le bandiere israeliane in pubblica piazza.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » mar ott 12, 2021 1:37 am

Austria: "Se non indossi il velo, ti taglierò la testa"
8 Ottobre 2021

https://www.islamnograzie.com/austria-s ... -la-testa/

Un uomo di origine turca è stato condannato oggi a Braunau a due anni di reclusione incondizionata per coercizione aggravata. Il cittadino austriaco minacciò di uccidere sua moglie se si fosse rifiutata di indossare il velo.

L’uomo di 37 anni, che sta già scontando una pena detentiva di cinque anni per aggressione aggravata, è accusato di aver fatto pericolose minacce contro sua moglie durante le loro conversazioni telefoniche quotidiane.

“Se d’ora in poi non indosserai il velo, ti spezzerò tutte le ossa, ti ucciderò e ti taglierò la testa dal corpo. Non mi interessa se ottengo 20 anni per questo”, ha detto l’accusato. Invece di scusarsi, tuttavia, l’uomo ha indirettamente incolpato sua moglie, respingendo la minaccia come un litigio innocuo. “L’ho rimproverata, lei mi ha rimproverato. Mi vergogno di essere qui come accusato a causa di mia moglie. Era una normale lite coniugale”. Per quanto riguarda il motivo per cui dovrebbe indossare un velo, ha spiegato: “Ho detto a mia moglie di indossare il velo fino a quando non sarò uscito di prigione. La gente ha sentito così tante cose, così gliel’ho detto”.

Che alludesse alla protezione che le donne musulmane che indossano il velo hanno dalle molestie da parte di uomini musulmani, in quanto sono riconoscibili come credenti, è stato confermato da sua moglie poco dopo durante l’interrogatorio. Il motivo era la gelosia: “Mio marito non è religioso, per lui il velo significa che nessuno mi guarda e che sono onorevole”, aggiungendo: “Ora ho un nuovo numero di cellulare perché ho paura. Ha detto che non si sentiva al sicuro nonostante il fatto che suo marito fosse in carcere “Lo conosco, mi ha fatto minacciare e seguito dai suoi amici. Ha detto che otterrà un braccialetto alla caviglia e poi mi insegnerà “, ha detto.

Il giudice Stefan Kiesl ha condannato l’imputato a due anni di reclusione incondizionata. “Raramente una decisione è stata così facile per me. Credo in ogni parola che tua moglie dice e non ho il minimo dubbio che le sue affermazioni siano vere al cento per cento”, ha detto il giudice. Commentando il comportamento dell’imputato, Kiesl ha detto: “Non c’è cosa più riprovevole di questo. Dopo aver ottenuto cinque anni di reclusione per un atto incredibilmente aggressivo, cerchi di manipolare le persone mentre sei in prigione. I due anni di reclusione devono essere considerati anche come una misura preventiva generale. Deve passare il messaggio chiaro che nella nostra società tali atteggiamenti non sono tollerabili”.

Il turco era già stato condannato per un attacco con coltello nel 2019. A causa dei debiti, ha accoltellato un uomo con un coltello pieghevole di 20 cm in un negozio di scommesse a Braunau. All’epoca fu condannato a 5 anni di carcere.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » gio ott 21, 2021 6:37 pm

Afghanistan: Tragico. I talebani decapitano giocatrice della nazionale juniores... Giocava a pallavolo senza hijab
20 ottobre 2021

https://www.volleyball.it/afghanistan-t ... nza-hijab/

MODENA – Media indiani hanno diffuso oggi la tragica notizia. Mahjabin Hakimi, nazionale della squadra juniores afghana è stata decapitata dai talebani all’inizio di questo mese. La sua colpa giocare a pallavolo senza hijab.
A darne conferma dichiarazioni rilasciate da un allenatore della giocatrice al Persian Independent. L’allenatore Suraya Afzali (nome di copertura) ha confermato che la giocatrice Mahjabin Hakimi è stata uccisa dai talebani all’inizio di ottobre, ma nessuno è venuto a conoscenza del raccapricciante omicidio poiché gli insorti avevano minacciato la sua famiglia di non parlarne.
Mahjabin aveva giocato per il club di Kabul prima del crollo del governo di Mohammad Ashraf Ghani Ahmadzai ed era stata una delle giocatori di punta del club. Poi, qualche giorno fa, sui social media afghani, sono state pubblicate le macabre foto di quella che sembrava essere la sua testa mozzata e il collo insanguinato.

L’allenatore della squadra nazionale di pallavolo femminile afghana ha confermato che solo due delle giocatrici della squadra sono riuscite a fuggire dal Paese prima che i talebani ne prendessero il controllo completo ad agosto. Mahjabin Hakimi era tra le tante sfortunate sportive rimaste in Afghanistan: “Tutte le giocatrici della squadra di pallavolo e il resto delle atlete sono in una brutta situazione, disperate e spaventate”, ha detto il tecnico. “Sono state tutte costrette a fuggire e vivere in luoghi sconosciuti”.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » ven nov 05, 2021 10:15 am

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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » ven nov 05, 2021 10:15 am

La campagna choc dell'Ue (finanziata e poi ritirata): "Il velo islamico è libertà"
Alberto Giannoni
4 Novembre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 86691.html

Le immagini volute dal Consiglio d'Europa. Il progetto cancellato dopo le proteste di Parigi
La campagna choc dell'Ue (finanziata e poi ritirata): "Il velo islamico è libertà"

Il velo presentato come emblema di libertà, in una campagna di comunicazione europea, lanciata e poi ritirata in un turbinio di proteste e imbarazzi. La soggezione occidentale all'islam politico tocca vette sempre più paradossali, e genera contraddizioni ormai esplosive.

Nel ventre molle dell'Europa è appena scoppiato l'ultimo caso: un'iniziativa che celebra il copricapo islamico. «La bellezza è nella diversità come la libertà è nell'hijab» si legge nella campagna promozionale concepita dal Consiglio d'Europa, che si presenta come la principale organizzazione di difesa dei diritti umani del Continente, e riunisce 47 Paesi. Le immagini vedono protagoniste ragazze velate e felici, contornate da slogan di questo tenore: «Come sarebbe noioso il mondo se fossimo tutti uguali? Celebrare la diversità & rispettare l'hijab».

Il Consiglio d'Europa non è organo dell'Ue, ma l'Ue compare come sponsor del progetto. Lo finanzia generosamente e acriticamente, senza considerare che, per molte donne, quello o altri veli sono invece simbolo d'oppressione.

La campagna ha sollevato reazioni veementi, soprattutto in Francia, tanto che il Consiglio d'Europa ha dovuto ritirare il progetto: un imbarazzato portavoce ha assicurato che «questi tweet sono stati cancellati e penseremo a una presentazione migliore per il progetto».

Chiamata in causa anche l'Ue, un portavoce della Commissione europea, Christian Wigand, ha spiegato che l'iniziativa si inserisce in una immancabile campagna contro i messaggi d'odio on line. Wigand ha spiegato anche che i tweet rimossi facevano parte di un progetto co-finanziato dall'Ue con 340mila euro nel 2019, ma ha anche chiarito che palazzo Berlaymont non ha valutato né approvato il contenuto promozionale.

In realtà niente è casuale in questo genere di «gaffe», che sono il frutto avvelenato di rapporti sempre più stretti che le istituzioni europee hanno con la galassia dell'islam politico legata ai Fratelli musulmani, l'internazionale dell'integralismo che usa «l'islamofobia» come un paravento per tacitare ogni critica. Queste relazioni incresciose sono ormai consolidate. Molto ha colpito, per esempio, un rapporto sull'islamofobia prodotto da una fondazione turca «col sostegno finanziario dell'Ue». E in rete si trova traccia di uno studio organizzato già 10 anni fa dal Consiglio d'Europa con la collaborazione di Femyso, sigla che oggi compare come partner di un altro progetto anti-odio, «Meet», che è stato presentato anche nel Comune di Milano e a settembre ha dato vita a un evento con eurodeputati e dirigenti islamici.

Si dà il caso che Femyso sia il ramo giovanile di Fioe, organizzazione indicata come struttura paneuropea della Fratellanza. E queste sigle fanno capolino anche nella odierna iniziativa pro-velo. La campagna - si legge su «Marianne» - è stata ideata nel corso di un seminario il 27-28 settembre. «Come annuncia molto apertamente il sito web del Consiglio d'Europa - si legge in un articolo che il giornale francese, e di sinistra, dedica alla vicenda - il workshop in questione è stato organizzato in collaborazione con Femyso». Marianne riporta anche il parere di uno studioso italiano, il massimo esperto di radicalismo islamico, Lorenzo Vidino. «Possiamo organizzare una campagna sul tema del razzismo antimusulmano, non sono contrario - dice - ma dobbiamo ancora scegliere bene i nostri partner».



Folle Europa, Saman Abbas è stata uccisa in Italia per aver rifiutato il velo
Inchiesta francese rivela che dietro la campagna per il velo ci sono 1,5 miliardi a programmi per la "diversità". Filosofo francese: "Promuovono la sottomissione della donna ma attaccano l'Est Europa"
Giulio Meotti
4 novembre 2021

https://meotti.substack.com/p/folle-eur ... as-e-stata

Saman Abbas prima e dopo l’imposizione del velo, una protesta in Iran contro l’hijab, una donna afghana senza burqa e la campagna del Consiglio Europeo finanziata da Bruxelles a favore del velo

Contro la campagna a favore del velo islamico del Consiglio d'Europa e finanziata massicciamente dall’Unione Europea sono esplose le reazioni di tutta la classe politica francese, che da sola è riuscita a interrompere le pubblicità.

Adesso Le Figaro pubblica una inchiesta per capire cosa ci sia dietro. Prima di tutto ci sono associazioni pro-burkini come l’Alliance Citoyenne. Il ministro dell'Interno francese ha chiesto a marzo la cancellazione di un sussidio che la Commissione Europea stava per concedere a questa associazione islamica accusata, "con il pretesto di combattere l'‘islamofobia’, di esercitare pressioni sulle autorità affinché promuovano regole compatibili con la sharia”. Per la Commissione Europea, che ha finanziato questa campagna, il budget stanziato per il programma “Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza” è stato di 439 milioni di euro per il periodo 2014-2020. È attraverso questo programma della UE che la Commissione Europea ha finanziato la campagna a favore del velo nell'ambito del bando contro il razzismo lanciato nel 2019. Nel dettaglio, la Commissione Europea ha pagato 270.000 euro al Consiglio dell'Europa per il progetto "We CAN for Human Rights Speech" che ha organizzato la campagna sul velo e 70.000 euro alle ong che sostengono il progetto. Il nuovo programma della Commissione Europea per 2021-2027, ribattezzato "Cittadini, uguaglianza, diritti e valori”, ha un budget colossale, rivela Le Figaro, di 1,5 miliardi di euro senza ancora beneficiari identificati. "Tutto ciò costituisce un'enorme appropriazione indebita di servizi pubblici, fondi pubblici, istituzioni democratiche, utilizzate per normalizzare i divieti islamici", ha detto l'eurodeputato francese e filosofo François-Xavier Bellamy. “Esiste una vera strategia organizzata da associazioni che promuovono, con il pretesto della lotta alla discriminazione, la banalizzazione dell'islamismo”.

Lo stesso Bellamy, in un articolo su Le Figaro, scrive: “Questo messaggio viene da istituzioni che non cessano di rivendicare un progressismo intransigente e la loro contraddizione rasenta la follia: le stesse istituzioni che accusano i paesi dell'Est Europa di essere reazionari dicono senza battere ciglio che ‘la gioia è nell'hijab’”. E’ lo stesso Consiglio d’Europa che ha condannato l’Italia per razzismo. Italia dove è stata uccisa e fatta sparire Saman Abbas, la ragazza pakistana che aveva rifiutato il velo, come le ragazze di Teheran che lo hanno sventolato agli angoli delle strade.

Lo slogan della campagna europea a favore del velo recita: “Quanto sarebbe noioso il mondo se sembrassimo tutti uguali?”. Ma Saman Abbas è morta perché non voleva essere uguale alle altre, costrette dietro a un velo. “Nel Corano c'è scritto che se una smette di essere musulmana, deve essere sepolta viva con la faccia fuori dalla terra e poi uccisa”. Queste le parole terribili pronunciate dal fratello di Saman.

Céline Pina spiega che la campagna a favore del velo non è aneddotica, “perché se il Consiglio d'Europa è un organo debole, privo di ogni legittimità democratica, il suo ruolo è comunque quello di ‘custode della sicurezza democratica, fondata sui diritti umani, sulla democrazia e sulla stato di diritto’ secondo il Vertice di Vienna del 1993. Da esso emana la Corte europea dei diritti dell'uomo, le cui sentenze influenzano notevolmente i tribunali dei vari paesi”.

Sul settimanale Marianne, il saggista Naëm Bestandji scrive: “Una campagna sessista europea, cofinanziata dal Consiglio d'Europa e dall'Unione Europea, trasmette l'islamismo politico. L'obiettivo è il progresso di questa ideologia totalitaria in contrasto con i valori difesi dai vari organismi europei. Come è possibile? Da diversi decenni, i Fratelli Musulmani hanno visto l'Europa come un territorio da conquistare. Questo inizia con la ‘re-islamizzazione’ dei musulmani e l'adattamento dei paesi europei alle richieste islamiste. La speranza è che un giorno tutta l'Europa diventi musulmana…”.

La campagna per il velo conferma l’analisi del grande romanziere algerino Boualem Sansal, l’autore di 2084, che scrive: “Dalla mia lunga osservazione dei paesi che l'Internazionale Islamica ha preso di mira ho imparato tre lezioni. La prima è che le società sotto tiro si rendono conto molto rapidamente di non avere i mezzi per sconfiggere questo nemico invisibile. Questa misteriosa minaccia liquefa letteralmente la società. A questo punto, stremati, scoraggiati, entrano in un processo di relativa sottomissione, credendo di placare il nemico, cedendogli sempre più terreno, portando avanti le sue richieste e diventandone eventualmente anche il suo avvocato. La società finisce per ammirare questo nemico prodigioso e per disprezzarsi. Alla fine, si unisce a lui, ne diventa complice, vuole essere come lui e morire al grido di Allahu Akbar”.

Otto Quangel, che con la moglie nella Berlino nazista lasciava nelle cassette della posta lettere per svegliare la popolazione dall’acquiescenza al regime, diceva: “Un granello di sabbia negli ingranaggi non ferma una macchina ma, se una persona comincia a lanciare un pò più di sabbia, ecco che il motore inizia a perdere colpi. Nei miei sogni vedo tanta gente che lancia sabbia negli ingranaggi”.

Anziché gettare sabbia nella macchina islamista l’Europa la olia per farla funzionare meglio.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » gio ott 13, 2022 4:34 pm

La sentenza della Corte di Giustizia europea: «Vietare il velo sul luogo di lavoro non è sempre discriminazione»
13 ottobre 2022

https://www.open.online/2022/10/13/sent ... elo-islam/

Vietare a una donna di fede islamica di indossare il velo sul luogo di lavoro non è discriminazione. A patto che il divieto sia generalizzato e non rivolto a una singola religione. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea, esprimendosi sul caso di una donna belga di fede musulmana a cui era stato negato un contratto di tirocinio per essersi rifiutata di togliere il velo e conformarsi alla politica di «neutralità» religiosa dell’azienda. Secondo i giudici europei, «la regola interna di un’impresa che vieta di indossare in modo visibile segni religiosi, filosofici o spirituali non costituisce una discriminazione diretta se applicata in maniera generale e indiscriminata». In altre parole, se un’azienda vieta indistintamente tutti i segni riconducibili a una qualunque religione, non si può parlare di discriminazione. Se, invece, il divieto riguarda soltanto un credo, per esempio quello musulmano, in quel caso c’è una disparità di trattamento.

Le motivazioni della sentenza

Nella sentenza di oggi, i giudici di Lussemburgo precisano che «la religione e le convinzioni personali devono essere considerate un solo e unico motivo di discriminazione, altrimenti pregiudicano il quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro stabilito dal diritto dell’Unione Europea». La sentenza della Corte europea risolve così una controversia nata nel 2018, quando una donna belga di fede musulmana ha fatto causa a un’azienda che le aveva chiesto di togliersi il velo sul luogo di lavoro. Secondo la donna, la decisione dell’azienda di escluderla dalla posizione di tirocinio per cui aveva si era candidata «sarebbe fondata direttamente o indirettamente sulle sue convinzioni religiose». Con la sentenza di oggi, i giudici di Lussemburgo hanno dato ragione all’azienda. La corte europea ha aggiunto che la donna potrà contestare la sentenza, solo qualora riuscisse a dimostrare che il regolamento interno dell’impresa non è davvero neutro, ma «comporta, di fatto, un particolare svantaggio per le persone che aderiscono a una determinata religione o ideologia».
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