Veło e Ixlam

Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » sab dic 21, 2019 8:53 pm

“L’islam mi ha fatto sempre male Sia quando vivevo in Iran sia adesso che sono qui in Italia”
Atussa Tabrizi
21 dicembre 2019

http://www.italiaisraeletoday.it/lislam ... tkuq1P5krw

Perché gran parte di voi femministe e persone di sinistra date sempre la parola solo alle donne musulmane col velo? Perché non date mai voce a tutte quelle donne che ogni giorno lottano per toglierselo il velo, in Italia e nel mondo?”. L’accorato appello di una donna iraniana che vive in Italia e che afferma: “Se volete chiamarmi islamofoba avete il mio permesso, perché io ho una vera fobia dell’islam. L’islam mi ha fatto sempre male. Sia quando vivevo in Iran, sia adesso che sono qui in Italia”.

Mi chiamo Atussa, sono una donna, sono iraniana e sono atea. Quello che ho visto una settimana fa sul palco delle sardine a Roma mi ha fatto male, come quando in Iran sono stata arrestata dalla polizia morale perché non ero vestita adeguatamente (avevo una sciarpa sui capelli). Non sono sicura se le sardine hanno intenzione di lottare per la laicità o vogliono solo andare contro il razzismo di persone come Meloni e Salvini, ma chiaramente non hanno nessuna idea di cosa sia la laicità dello Stato. Vanno contro croci e madonne di Salvini e Meloni con il velo e con pensieri oscurantisti.

Il velo per me, in quanto donna iraniana, è simbolo di oppressione, simbolo del male. Non so cosa pensavano le sardine quando hanno deciso di presentare Nibras Asfa come un simbolo di laicità contro Meloni e Salvini, ma chiedo loro se non potevano dare voce a un’altra donna. Una donna – italiana o straniera – che crede nella laicità e nella libertà delle donne.

Se voi, sardine, come la maggior parte delle persone di sinistra e delle femministe italiane, pensate davvero che sostenere una donna col velo significa sostenere la sua libertà, state sbagliando. È vero che ci sono persone come Meloni e Salvini che non vedono bene le donne con il velo, ed è vero che le donne con il velo vengono disturbate per strada nei paesi occidentali, ma non dobbiamo e non dovete dimenticare che nei paesi musulmani le donne che decidono di mettere il velo sono la minoranza, se non proprio inesistenti. La maggioranza delle donne sono obbligate a metterlo, e non appena ne hanno l’occasione se lo tolgono.

Guardate il mio paese per esempio, guardate come le donne tolgono il velo sapendo che saranno arrestate e condannate al carcere o anche peggio. Guardate le donne in Arabia Saudita che con quella piccola, finta libertà che hanno ottenuto ultimamente la prima cosa che fanno è togliere il velo. Guardate le donne come Ayan Hirsi Ali.

Perché la maggior parte di voi femministe e di sinistra non parla mai di queste donne ma invece sempre, dico SEMPRE, delle donne musulmane col velo. Perché non date mai voce a una donna di origine straniera contro il velo e contro l’islam? Perché non sostenete mai queste persone?

Sicuramente andare contro il cristianesimo di Salvini e Meloni scegliendo l’islam è la scelta più sbagliata. Non si può lottare per la laicità presentando una donna musulmana, come non si può farlo con una suora cristiana. Se volete andare avanti a lottare contro i pensieri oscurantisti di Salvini e Meloni, l’islam non è la scelta giusta.

Le donne musulmane che credono nella laicità e vogliono cambiare qualcosa per le donne dovrebbero sostenere le donne che lottano per la libertà in paesi come Arabia Saudita, Iran, Indonesia. E invece spesso le donne che non mettono il velo sono considerate contro l’islam, blasfeme, non modeste e addirittura prostitute. E chi critica l’islam è considerato islamofobo e razzista.

La parola islamofobia è stata inventata dai musulmani con il supporto di una grande parte delle persone di sinistra per collegare subito qualsiasi tipo di critica contro l’islam al razzismo. Mentre, come sappiamo, essere musulmano non è una caratteristica di un gruppo di persone legata a una “razza”. Se volete chiamarmi islamofoba avete il mio permesso, perché io veramente ho una fobia dell’islam, perché l’islam mi ha fatto sempre male. Sia quando vivevo in Iran, sia adesso che sono qui in Italia. Peggio di tutto questo è presentare tutte le donne immigrate come donne simili a Nibras Asfa, mentre anche qui in Italia tante donne immigrate soffrono e lottano per la loro libertà fuori dalla gabbia dell’islam e del velo.

Mie care sardine, se volete fare i veri rivoluzionari, se volete cambiare qualcosa, non dovete dare precedenza alle donne col velo, ma esattamente al contrario dovete dare spazio alle donne che lottano per i loro diritti, nei paesi in cui anche lottare per un proprio diritto è punibile, e dovete imparare da loro come si lotta contro qualsiasi tipo di oscurantismo.

Voglio concludere ripetendo quello che ho detto all’inizio: mi chiamo Atussa, sono orgogliosamente una donna, sono iraniana, sono atea e sono orgogliosamente contro l’islam e il velo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2020 11:39 pm

Austria, il nuovo programma di governo di Kurz: stretta contro il velo islamico
Gerry Freda - Ven, 03/01/2020

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/aus ... hwzv1l9Fns

Le misure restrittive sono state inserite nell'accordo direttamente dal cancelliere uscente Kurz per accattivarsi gli elettori austriaci sovranisti

Il programma di governo appena messo a punto in Austria dal Partito popolare del cancelliere uscente Sebastian Kurz e dai suoi alleati Verdi si caratterizza per misure “anti-islam” e anti-crimine.

L’accordo di coalizione reso pubblico lo scorso giovedì, spiega Al Jazeera, prevede infatti riforme restrittive riguardo al tradizionale abbigliamento islamico nonché modifiche alla normativa sulla custodia cautelare.

Tali innovazioni legislative sono state promosse direttamente dal cancelliere conservatore, precisa l’emittente, al fine di mantenere la fedeltà della sua base elettorale e di calamitare i voti dei delusi della destra nazionalista dell’Fpö, formazione politica travolta dagli scandali.

Le proposte inserite da Kurz nel programma di governo per i prossimi anni puntano, a detta dello stesso esponente popolare citato sempre dal network del Qatar, a contrastare il fenomeno dell’“islam politico” e ad attuare la linea del rigore contro gli immigrati clandestini.

La prima delle misure ideate dal cancelliere uscente per accattivarsi le simpatie degli elettori sovranisti è il divieto, a carico delle ragazze musulmane, di indossare il velo islamico a scuola fino all’età di quattordici anni. Questa proposta rappresenta l’inasprimento di una normativa messa a punto da Kurz durante il suo precedente governo di coalizione con l’Fpö, che aveva reso valido tale divieto ai danni delle alunne solamente fino a dieci anni di età.

Tra i provvedimenti promossi dal politico conservatore sul piano della lotta all’illegalità, fa sapere Al Jazeera, vi è quindi l’introduzione della possibilità che magistratura e forze dell’ordine sottopongano a misure di sicurezza individui incensurati. Secondo il nuovo accordo tra popolari e Verdi, l’esecutivo si impegnerà appunto ad abilitare i tutori dell’ordine a disporre la custodia cautelare ai danni di persone che, pur non avendo commesso alcun crimine, vengano considerate “potenzialmente pericolose” per l’ordine pubblico.

Il programma di governo, sottolinea l’emittente, non prevede però soltanto riforme che strizzano l’occhio agli ambienti sovranisti, ma anche misure care alla cultura politica ambientalista dei Verdi. Nell’intesa figura infatti l’impegno dell’esecutivo in via di formazione a varare un aumento del carico fiscale per chi sceglierà mezzi di trasporto inquinanti. Tale impennata della mole tributaria si concretizzerà in un rincaro del prezzo dei biglietti aerei, che costeranno 12 euro in più.

La bozza di accordo programmatico deve adesso essere approvata sabato dal Consiglio federale dei Verdi, ma, malgrado in questa figurino riforme di stampo sovranista, quasi nessuno in Austria, evidenzia il medesimo organo di informazione, scommette su una bocciatura del patto di governo da parte dei delegati del partito ecologista.



Stretta dell'Austria sull'Islam: "14enni a scuola senza il velo"
Alberto Giorgi - Mar, 14/01/2020

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... ThOUr0D6Ss

L'annuncio del cancelliere austriaco Sebastian Kurz: "Proteggiamo le giovani donne dall'immigrazione"

L'Austria va verso lo stop al velo nelle scuole. Il cancelliere Sebastian Kurz, infatti, ha paventato la velleità di introdurre il divieto negli istituti del Paese, un divieto che interesserebbe le ragazze sotto i quattordici anni di età.

Linea dura sull'immigrazione e sull'Islam, insomma. Il pugno di ferro del leader del Partito Popolare Austriaco non si è ammorbidito nonostante l'alleanza di governo con i Verdi e l'addio all'asse con l'estrema destra.

Intervistato dal Financial Times, il cancelliere federale dell'Austria ha sottolineato l'urgenza di lottare in modo ficcante contro l'immigrazione clandestina per non rischiare "fra dieci o vent'anni di trovarsi a vivere in un Europa che non è più la stessa".

"È importante proteggere il nostro ambiente, ma è anche altrettanto importante decidere chi può vivere nel nostro Paese e chi non ha i giusti requisiti per farlo", le altre sue parole al quotidiano britannico. La volontà di Kurz, raccontata sempre al Ft, è quella di "proteggere le giovani donne dagli effetti collaterali dell'immigrazione, che è un'emergenza tanto grande quanto quella climatica".

Ed ecco allora che arriva la proposta di legge per vietare nelle scuole il velo alle teenager di età inferiore ai 14 anni di età. Entrando nello specifico del provvedimento in fase embrionale, si tratta di una proposta che rappresenta un inasprimento della già vigente normativa varata dal precedente governo di Kurz – quello in cui i Popolari erano in maggioranza con il Partito della Libertà austriaco (Fpo) – che aveva reso valido il suddetto divieto sul velo solamente per le studentesse che non avessero ancora spento le dieci candeline.

In soldoni, Kurz sostiene che un migliore controllo dell'immigrazione è parte integrante della protezione dell'identità culturale. Motivo per il quale, il numero uno austriaco ha anche annunciato una stretta sulla sicurezza, comunicando anche la possibilità di ricorrere alla detenzione preventiva di immigrati sospettati di estremismo religioso.

Quell'asse con l'Fpo, che gli è costato l'appellativo di "Baby Hitler" – affibbiatogli da un Ong – non è stato mai rinnegato da Kurz, che nella chiacchierata con il giornale d’oltremanica ha rivendicato l'esperienza di governo con gli ultra nazionalisti: "In questi diciotti mesi l'esecutivo ha fatto molte riforme. Inoltre, siamo riusciti nell'impresa di ridurre il nostro debito pubblico. E, non scordiamocelo, abbiamo abbattuto il carico fiscale sui contribuenti e bloccato i flussi migratori clandestini".
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » dom gen 19, 2020 7:14 am

Storia di Masih che si tolse il velo: «La prossima rivoluzione sarà femminista»
di Cinzia Sciuto
10 dicembre 2019


http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... RmK28DrheM

«Le donne in Iran sono ormai fuori controllo. Il regime non riesce a fermare le loro proteste neanche con i numerosi arresti. Per questo hanno cambiato strategia e hanno arrestato mio fratello: pensano di mettere a tacere le donne iraniane, mettendo a tacere me. Ma hanno sbagliato i loro calcoli». Masih Alinejad ha la voce ferma di chi sa di vivere un momento storico cruciale e di non poter mollare proprio adesso. Neanche dopo che hanno arrestato uno dei fratelli, due anni più di lei, che fin da quando erano bambini ha sostenuto le piccole e grandi battaglie di libertà della sorella. «Ma Ali non è un attivista, la sua unica colpa è essere mio fratello e per questo, da cittadina statunitense, citerò in giudizio negli Usa la Repubblica islamica», aggiunge.

Il regime degli ayatollah non tollera questa donna che cinque anni fa si è ritrovata quasi per caso a diventare un’attivista contro l’obbligo del velo. È bastata una foto scattata per le strade di Londra, dove Masih Alinejad, nata in un piccolo villaggio nel nord dell’Iran due anni prima della Rivoluzione che ha portato al potere Khomeini, si era trasferita nel 2009. Una foto che la ritrae con i capelli al vento. Masih pubblica l’immagine sul suo profilo Facebook commentandola con queste parole: «Ogni volta che corro libera e i miei capelli danzano nel vento mi viene in mente che vengo da un paese in cui da trent’anni quegli stessi capelli sono ostaggio della Repubblica islamica». Nel giro di pochi giorni il post riceve 14mila like, 741 condivisioni, più di 500 commenti. Decide allora di pubblicare poco dopo un’altra foto, sempre senza velo, scattata qualche anno prima ma questa volta in Iran: «Se vivi in un posto dove non ti è concesso fare praticamente nulla, impari presto a prenderteli i tuoi spazi di libertà, una libertà sempre clandestina».

Sei giorni di proteste, oltre 200 morti, 7 mila arresti. Poi il silenzio. Ma nel Paese degli Ayatollah qualcosa si è spezzato per sempre

Nasce così la campagna “My stealthy freedom”, la mia libertà clandestina, appunto: una pagina Facebook dalla quale Masih invita le donne iraniane a inviare foto e video dei loro più o meno piccoli momenti di libertà segreta. In cinque settimane la pagina raggiunge 500mila fan (oggi ha superato il milione) e viene invasa da foto di donne iraniane senza velo. Nel 2017 il salto dal virtuale al reale, dai social alle strade di Teheran e di tutto l’Iran. Masih lancia i “White Wednesdays”, i mercoledì bianchi, invitando le donne iraniane a uscire per strada senza velo o vestite di bianco.

Masih Alinejad, che oggi vive a New York sotto protezione per le numerose minacce di morte ricevute, era già conosciuta al regime. Prima di essere di fatto costretta a lasciare l’Iran, è stata per diversi anni giornalista parlamentare. Un mestiere che in un regime come quello iraniano non è facile. Masih si presenta al suo primo colloquio di lavoro senza neanche il diploma: pochi mesi prima dell’esame finale era stata arrestata per aver scritto e distribuito un volantino considerato antigovernativo. Trascorre circa un mese in prigione, quasi sempre bendata, costretta a scrivere e riscrivere decine di volte una “confessione”. È in cella quando scopre di essere incinta: «Come lo dico ai miei genitori?», è il primo pensiero. Ed è proprio quella gravidanza a salvarla: dopo circa un mese, viene finalmente portata davanti a un giudice che la condanna a 5 anni di prigione e 74 frustate, ma la pena viene sospesa e Masih torna libera. Con un bimbo in grembo e una macchia sulla fedina penale.

Poco dopo sposa il padre del bambino: un compagno di scuola, finito anche lui in prigione per le stesse ragioni. Poco dopo le nozze, la famiglia si trasferisce a Teheran, ma il matrimonio non dura a lungo e per Masih inizia un periodo molto duro: non è facile la vita in Iran per una giovane donna sola, divorziata, con un figlio (la cui custodia era stata affidata al padre) e addirittura con un trascorso in prigione.

Ma Masih non si dà per vinta e decide di rispondere a un annuncio di un quotidiano riformista, Hambastegi, in cerca di giornalisti. In pochi anni diventa una delle croniste politiche di punta. Si fa notare fin da subito per i suoi articoli di denuncia. E per le sue scarpe rosse indossate sotto un abbigliamento per il resto perfettamente conforme alle imposizioni del regime, che le costano una sospensione di 3 mesi. Ma i guai veri arrivano dopo le elezioni del 2004. La nuova assemblea è molto più conservatrice della precedente, e la vita per Masih diventa sempre più difficile. Finché, in seguito a uno scoop sulla corruzione di diversi parlamentari, le viene definitivamente ritirato l’accredito stampa per il parlamento. Masih continua comunque a scrivere di politica, fino al giorno che cambia la sua vita per sempre. Mancano poche settimane dalle elezioni presidenziali del 2009 che vedranno la conferma di Ahmadinejad. Masih, che si trova a Londra per studiare inglese, rientra a Teheran per seguire le elezioni.

Appena mette piede in Iran le viene però ritirato il passaporto, che le verrà restituito pochi giorni dopo solo dietro l’assicurazione che avrebbe lasciato il paese subito, e per sempre. Masih non ha scelta. Si trasferisce a Londra, dove continua a seguire le vicende iraniane. E si toglie il velo. Un gesto per nulla facile, neanche per una come Masih. «Avevo paura che le immagini di me senza velo raggiungessero i miei genitori e li facessero vergognare di me». Una paura più che fondata. I genitori di Masih vivono ancora a Ghomikola, lo stesso piccolo villaggio dove sono nati i loro sei figli. E ora che uno dei figli è stato arrestato ed è detenuto da fine settembre nel famigerato carcere di Evin implorano Masih di smetterla con la sua attività politica: «Se accade qualcosa a tuo fratello è colpa tua», le ha urlato la madre al telefono. Ma lei non cede: «È la strategia del regime. Vogliono farmi sentire in colpa per l’arresto di mio fratello. Ma la mia famiglia non è solo quella di sangue. La mia famiglia è Saba Kordafshari, 20 anni, condannata a 24 anni di carcere. È Yasaman Aryani, che ha 23 anni ed è stata condannata a 16 anni di carcere insieme alla madre. La mia famiglia sono le decine di donne che oggi si trovano nelle carceri iraniane solo per aver rivendicato un loro diritto».

Il ricatto morale è il filo rosso della vita di Masih. Quando vede alcune politiche occidentali indossare il velo durante le loro visite in Iran va su tutte le furie: «Non si rendono conto queste donne che indossare il velo senza batter ciglio significa legittimare una legge discriminatoria contro la quale le donne in Iran protestano rischiando la galera? Così facendo non solo non mostrano solidarietà con chi rivendica quelle stesse libertà di cui loro nei loro paesi godono, ma non fanno altro che rafforzare il regime che ci opprime. La storia le giudicherà». Quando le chiedo se ha paura, risponde: «Adesso che le donne iraniane hanno trovato il coraggio di rivendicare i propri diritti non posso certo abbandonarle. Il vero nemico della Repubblica islamica non è l’America, ma le donne iraniane con la loro disobbedienza civile. La prossima rivoluzione sarà femminista».
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » mar gen 21, 2020 9:02 am

Quanto sono coraggiose e belle queste donne iraniane.
Giulio Meotti
14 gennaio 2020
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 889442234/

Quanto sono coraggiose e belle queste donne iraniane. Un mullah la minaccia e ordina di sistemarsi il velo. Lei risponde di controllare il velo di sua moglie, lo manda a quel paese e se lo toglie davanti a tutti. Quel velo che le donne non erano costrette a indossare fino al 1979. Se ci scaldiamo poco di fronte a queste immagini clamorose è perchè in Occidente le parole “libertá”, “democrazia” e “diritti” sono state talmente abusate da aver perso di significato. Là, le donne si battono per non dover portare il velo e per liberarsi da una cultura che le spinge a ricostruirsi l’imene per superare il “test della verginità”. Qui, da due giorni campeggia sui siti la candela venduta da una attricetta americana, “l’odore della mia vagina”. Domani passeremo con disinvoltura a un altro elogio del velo.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » mer gen 22, 2020 8:42 pm

Svezia, battaglie attorno al velo
22 gennaio 2020

https://riforma.it/it/articolo/2020/01/ ... zWpsgAy2pE


Una cittadina svedese vieta l'uso del velo alle insegnanti musulmane e le loro colleghe si presentano a scuola a loro volta con l'hijab

Le insegnanti non musulmane della scuola svedese Prästamosseskolan nella cittadina di Skurup hanno ridefinito il personale concetto di convivenza e solidarietà questa settimana, arrivando al lavoro indossando l'hijab islamico per protestare contro un divieto che entrerà in vigore nella loro città entro i prossimi sei mesi.

Le maestre hanno inviato collettivamente un messaggio di disapprovazione al municipio dopo che nel dicembre scorso è stato approvato un disegno di legge che vieta «tutte le forme di copricapo musulmani» nelle scuole primarie e nelle scuole materne. Il divieto riguarda le donne che indossano il velo, i burqa e i niqab.

Il preside della scuola, Mattias Liedholm, ha dichiarato che non si atterrà alla decisione del comune. «Né io né nessuno dei miei colleghi imporremo alcunché. Quindi sarà una questione personale da gestire per l’amministrazione cittadina».

La decisione degli insegnanti di opporsi al divieto li ha sottoposti a violenti attacchi dai social media. Alcuni le hanno definite «idioti», mentre altri le hanno accusate di sostenere «l'oppressione delle donne». Diversi avvocati svedesi si sono espressi in queste settimane per affermare che il divieto viola le libertà personali.

Uno fra loro è Andreas Lindholm, che collabora con l'Agenzia nazionale svedese per l'educazione. L'avvocato ritiene che il divieto di coprire la testa «sia contrario alla Convenzione europea sulla libertà di religione».

Sostenuto dai moderati liberal-conservatori e dal partito locale Skurup, il divieto è stato approvato dal governo municipale con un voto risicato, 22 favorevoli e 19 contrari.

La mozione è stata ampiamente criticata dalla comunità locale e circa alcune centinaia di persone si sono radunate per protestare fuori dal municipio lunedì scorso 20 gennaio. Tuttavia, hanno incontrato contro-proteste con gente che intonava slogan contro la comunità musulmana.

Tra coloro che difendono il divieto, Lars Nyström, leader del gruppo democratico, che ha affermato che l'idea è «proteggere le donne dall'oppressione».

Oggi le comunità musulmane rappresentano l'8,1 per cento della popolazione totale della Svezia. Sebbene la Svezia non imponga un divieto per il velo a livello nazionale, alcuni comuni in tutto il paese si sono impegnati a imporli.

Il tema è spinoso ed è una delle sfide dell’integrazione in questi decenni: in Francia il concetto di laicità rigorosa da tempo contempla il divieto di qualsiasi simbolo religioso esposto.

L'anno scorso, i parlamentari austriaci hanno approvato una legge volta a vietare il velo nelle scuole elementari. La decisione arriva due anni dopo che il Paese ha imposto il divieto di burqa, vietando alle donne musulmane di indossare il capo esterno usato per coprirsi. Paesi di tutta Europa tra cui Belgio, Danimarca, Olanda e Germania hanno attuato un divieto simile negli ultimi anni. In Spagna è in corso un dibattito sul tema mentre il Regno Unito non ha mai preso in considerazione una simile normativa. In Italia non esiste una norma specifica in materia, per cui il riferimento è alla legge Reale del 1975 relativa all’ordine pubblico che vieta di travisare il volto con qualsivoglia abito o oggetto (casco) negli spazi pubblici.

La Corte europea dei diritti umani si è espressa nel 2017 su un ricorso di tre musulmane contro la legislazione proibitiva del Belgio. E ha dichiarato assolutamente legittimo il divieto.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » gio gen 30, 2020 9:44 pm

Egitto, vietato il niqab per le docenti dell'Università del Cairo
30 gennaio 2020

https://vocecontrocorrente.it/egitto-vi ... oiLVx11oz4

L’Alta corte amministrativa dell’Egitto ha emesso quest’oggi – lunedì 27 gennaio – un verdetto che vieta definitivamente il velo integrale per i professori dell’Università del Cairo.

La sentenza sarà applicata per ora solo ai docenti di una delle più antiche e prestigiose universitù dell’Egitto. Pur riconoscendo la «libertà personale di indossare il velo integrale», i giudici hanno tuttavia riscontrato che il niqab è in contraddizione con lo statuto e con le decisioni amministrative dell’ateneo egiziano.

La maggior parte delle donne egiziane indossa il velo ma il niqab è attributo all’Islam ultra-conservatore, che rimane una minoranza nel Paese.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » sab dic 12, 2020 9:06 am

Quel velo islamico non è simbolo di libertà
Silvia Romano spiega la sua conversione. Un'altra Aisha ruppe l'imposizione del velo. Ora stiamo tornando indietro
Giuseppe De Lorenzo
Lun, 06/07/2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 75500.html


Venerdì 21 febbraio 1969. Al Quirinale ci sono Giuseppe Saragat e Sua Altezza Reale la Principessa del Marocco. Non servono i colori alle fotografie per notare un particolare che allora banale non era. La sovrana, neo ambasciatrice in Italia, non indossa alcun velo in testa. Né hijab, né burqa, né chador. Se ne era liberata pochi anni prima, nel 1947, quando aveva tenuto un discorso storico per il Marocco e per l’intero mondo femminile musulmano. Quando il padre Mohammed V andò a Tangeri a chiedere l’indipendenza dalla Francia, la figlia si presentò di fronte alla comunità musulmana conservatrice senza velo in testa e vestita come una moderna donna occidentale. Il suo discorso divenne iconico, ruppe gli schemi. Un messaggio di liberazione che il Time celebrò con la copertina sull’emancipazione delle donne musulmane. Quella principessa si chiamava Lalla Aisha.

Raccontiamo questa storia perché, per chi crede nel destino, l’incrocio di nomi non può essere causale. Decine di anni dopo quel gesto rivoluzionario, infatti, un’altra Aisha ha riportato il dibattito pubblico ancora lì, sull’opportunità di indossare o meno la capertura islamica. Silvia Aisha Romano - così si è voluta chiamare dopo il rapimento in Kenya, la prigionia e la conversione - oggi è tornata a parlare della sua scelta religiosa. “Per me il mio velo è un simbolo di libertà, perché sento dentro che Dio mi chiede di indossarlo per elevare la mia dignità e il mio onore - ha detto - Perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima”. In sostanza, visto che “il concetto di libertà è soggettivo” (siamo sicuri?) e “per questo è relativo” (ne siamo certi?), Silvia non vuole essere "considerata un oggetto sessuale” e quindi si copre. Scelta ligittima, per carità. Ma da qui trasformare il velo in una icona di libertà ce ne passa.

"Cosa c'era sulla tessera Atm" Il sogno islamico della Romano

Se infatti nessuno potrà mai imporre a Silvia di togliere l'hijab, è purtroppo altrettanto vero che in Italia, in Europa e nel mondo esistono (troppi) esempi in cui quello stesso velo simboleggia oppressione. Pensate ai casi di cronaca di figlie uccise, picchiate o rasate a zero perché non vogliono coprirsi. Oppure sfogliate l’album delle immagini della guerra all’Isis, quando le donne siriane hanno gettato via il burqa loro imposto dai tagliagole. Un giorno un Tabligh Eddawa, gruppo radicale operante in Italia, mi disse che Dio chiede alla donna di coprirsi perché "è come una banana: se togli la buccia dopo due giorni diventa marcia”. Posto dunque che quella di Aisha Romano sia stata davvero una decisione “libera”, e non dettata dalla tremenda condizione in cui si trovava, si può definire "scelta autonoma" quella di una ragazza il cui un uomo (marito, padre o figlio che sia) la mette nelle condizioni di sentirti impura se non indossa un hijab? "Il velo per me, in quanto donna iraniana, è simbolo di oppressione, simbolo del male", ha detto Atussa Tabrizi, oggi residente in Italia e una volta arrestata dalla polizia morale in Iran perché vestita non adeguatamente. "Nei paesi musulmani le donne che decidono di mettere il velo sono la minoranza, se non proprio inesistenti. La maggioranza delle donne sono obbligate a metterlo, e non appena ne hanno l’occasione se lo tolgono". Ecco perché è sbagliato elevarlo tout court a monumento della libertà, come fatto dalla Romano.

Nel 1994, durante la guerra civile algerina, Katia Bengana venne ammazzata da un islamista con tre colpi di fucile alla testa. Giovane ragazza delle scuole superiori, si era rifiutata di coprirsi nonostante le ripetute minacce. "Giurava che non avrebbe mai portato l'hijab, anche a costo di morire", raccontò la sorella. Pochi giorni dopo venne trucidata in strada. Allora occorre chiedersi: si può dimenticare il sacrificio di Katia, e quello di molte altre, di fronte alle parole odierne della Romano? Certo Silvia ha pieno diritto di vestire come vuole. Ma riconoscere la libertà di indossare il velo non significa trasformare il velo nel simbolo della libertà. Altrimenti faremmo un torto a Katia e alla principessa Aisha.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » sab dic 12, 2020 9:07 am

Ue dice no al divieto di velo: “Donne libere di indossare quello che vogliono”
Tommaso Lecca 25 novembre 2020

https://europa.today.it/attualita/ue-mi ... ibere.html

I migranti siamo noi. Ylva Johansson, commissaria europea agli Affari interni, in due mesi ha cambiato completamente linguaggio. La politica svedese che durante la presentazione del nuovo Patto Ue sulla migrazione e l’asilo aveva detto che chi cercava di raggiungere le coste europee, dopo l’approvazione del piano Ue, ci avrebbe “pensato due volte prima di imbarcarsi”, oggi mette in risalto gli effetti positivi dell’ingresso di stranieri in Europa.
I migranti “sono già parte di noi”, dato che nell'Ue ci sono “34 milioni di abitanti che sono nati in altri Paesi”, quindi “circa l'8% della popolazione europea”, ha detto durante la conferenza stampa sul nuovo piano d’azione per l’integrazione dei migranti. Alla vigilia dell’appuntamento con i giornalisti, la commissaria ha rivelato alla testata Politico che il nuovo testo Ue non avrebbe contenuto alcun attacco al cosiddetto ‘separatismo islamico’, nel mirino del presidente francese Emmanuel Macron dopo gli attacchi terroristici del mese scorso. Interrogata su un eventuale divieto di indossare il velo, Johansson ha risposto: “A mio avviso, le donne dovrebbero potersi vestire come vogliono”.

Nessuna integrazione per gli irregolari

Diverso atteggiamento che si adegua al differente contesto. Dopo la presentazione del Patto sulla migrazione, l’Europa è stata attaccata da più parti, accusata di voler rinchiudere i richiedenti asilo in centri di detenzione e di scaricare il problema sulle spalle dei soliti Paesi Ue di primo arrivo dei disperati, a partire dall'Italia. Nonostante l’annunciata cancellazione delle regole di Dublino, rimane il principio che chi arriva in uno Stato Ue deve rimanerci finché non si conclude la procedura di esame della richiesta d’asilo. Zero speranze per i migranti economici che entrano illegalmente nell’Ue: andranno rimpatriati. La nuova strategia presentata dalla Commissione è dunque dedicata a chi non vive nell’illegalità e ai figli degli stranieri, spesso non integrati in quella stessa società in cui sono nati e cresciuti.

Gli interventi: istruzione, sanità e alloggio

Il piano per il periodo 2021-2027 mira a migliorare l'integrazione e l'inclusione sociale dei migranti regolari, riconoscendone l'importante contributo allo sviluppo dell’Ue. Tra le azioni annunciate c’è il sostegno, tramite fondi Ue, alla formazione dalla prima infanzia all'istruzione superiore. Bruxelles non solo vuole favorire l'apprendimento continuo delle lingue, ma anche agevolare il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze dei migranti “per valorizzare appieno il loro contributo”. Si punta anche a promuovere l'accesso ai servizi sanitari, compresa l'assistenza sanitaria mentale, e garantire alloggi adeguati e convenienti finanziati attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo asilo e migrazione e Invest EU.

L'inclusione esclusiva

“L’inclusione per tutti è l'incarnazione dello stile di vita europeo”, ha detto Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione. “Le politiche di integrazione e inclusione sono vitali per i nuovi arrivati e per le comunità locali, e contribuiscono a rendere coese le società e a rafforzare le economie” ha aggiunto il politico greco per poi fare una netta distinzione: “Chiunque abbia il diritto di soggiornare in Europa dovrebbe avere accesso agli strumenti di cui ha bisogno per realizzare in pieno il suo potenziale e assumere i diritti e gli obblighi che governano la nostra Unione”. Il riferimento implicito è ai migranti irregolari, che evidentemente non hanno altre possibilità se non il rimpatrio. Ma la linea espressa e ribadita da Bruxelles dovrà scontrarsi con una complessa realtà fatta di richiedenti asilo che ottengono lo status di rifugiato in seconda o terza istanza e Paesi d’origine dei migranti che non vogliono riprendersi chi è scappato dalla propria terra d’origine.



In Austria bambine della scuola primaria possono indossare il velo. Lo dice la Corte Costituzionale
Orizzonte Scuola Notizie
https://www.orizzontescuola.it/in-austr ... tuzionale/

La Corte costituzionale austriaca ha bocciato la messa al bando del velo islamico per le bambine nelle scuole primarie, introdotto nel 2019 dell’allora governo “Kurz 1”, composta dai popolari Oevp e dall’ultradestra Fpoe.

Il provvedimento – stabilisce la Corte – interviene su una singola religione, l’islam, senza una precisa motivazione, contraddicendo così il principio di neutralità religiosa dello Stato.

Il ministro all’istruzione Heinz Fassmann della Oevp (che ora governa con i Verdi) ha preso atto della sentenza, rammaricandosi però che “bambine non avranno la possibilità di svolgere l’iter formativo libere da costrizioni“.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » ven gen 15, 2021 9:31 pm

Gran Bretagna: "La gonna è troppo lunga", la scuola manda a casa l'alunna musulmana
Antonello Guerrera
2021/01/13

https://www.repubblica.it/esteri/2021/0 ... /?ref=fbpd

LONDRA. Siham Hamud ha 12 anni, va a scuola a Uxbridge, periferia occidentale londinese e circoscrizione di Boris Johnson, ma non vuole indossare la gonna corta ufficiale del suo istituto. Motivo: la sua religione, l’Islam. Per questo Siham insiste nell’indossare una gonna più lunga, fino alle caviglie. Ma per il preside e gli insegnanti è inaccettabile. Risultato: Siham non va più in classe oramai da dicembre e ora la scuola vuole denunciare i genitori perché la loro figlia da settimane non frequenta la scuola dell’obbligo.

Insomma, un caso oramai nazionale per pochi centimetri di differenza. Ma essendo una questione di principio, al momento sembra difficile una risoluzione. La ragazzina musulmana Siham sostiene che per anni non ha mai avuto problemi e ha indossato sempre la sua gonna lunga fino alle caviglie, affinché le gambe restassero coperte dallo sguardo degli altri scolari. Due anni fa, però, il regolamento della sua scuola è cambiato: le uniche due uniformi ufficiali accettate erano la gonna plissettata di lunghezza sopra alle ginocchia oppure pantaloni lunghi. La gonna lunga che invece vuole portare Siham non è permessa.

Per questo, da metà dicembre Siham non frequenta la scuola. Perché i suoi insegnanti, ogni volta che la ragazzina arriva in classe, la rimandano a casa affinché si cambi, indossi la gonna più corta o in alternativa i pantaloni. Ma lei non ci sta, non si piega alle regole e quindi a scuola non ci torna. E così, ogni giorno fino a oggi. “Mi sento esclusa”, ha detto Siham al Guardian, “perché non posso vedere più i miei amici. La scuola non mi accetta per la mia religione, e questo è sbagliato. Sono confusa e arrabbiata per il fatto che non posso indossare ciò che voglio in base alla mia religione. Spero che cambino le regole”.

Ma lo stallo al momento pare insormontabile, tanto che l’istituto scolastico ha provato a romperlo minacciando i genitori di Siham di denuncia per mancato assolvimento dell'obbligo dell'istruzione media secondaria della loro figlia. Il padre di Siham, Idris Hamud, non è d'accordo: “Mia figlia vuole semplicemente indossare una gonna di qualche centimetro più lunga, e non capisco quale sia il problema della scuola di Hillingdon. Ora se la prendono con me, ma non sono io a imporre a mia figlia di indossare una gonna fino alle caviglie. È una ragazzina religiosa ed è una sua libera scelta. Amava andare a scuola, ma ora piange spesso”.
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Re: Veło e Ixlam

Messaggioda Berto » dom gen 24, 2021 12:46 pm

Verso il sì al divieto di burqa in Svizzera
22 gennaio 2021

https://www.cdt.ch/svizzera/verso-il-si ... d=1A8pf0ET

Secondo il primo sondaggio pubblicato da Tamedia sulla consultazione del prossimo 7 marzo, l’iniziativa popolare «Sì al divieto di dissimulare il proprio viso» verrebbe accolta, mentre il risultato sembra aperto sulla cosiddetta identità elettronica e l’accordo di libero scambio con l’Indonesia.

In base al rilevamento di 20 Minuten/Tamedia - effettuato su 15’089 persone in tutta la Svizzera il 18 e 19 gennaio - l’iniziativa «anti-burqa» riscuote un 63% di favori e un 35% di bocciature. Solo il 2% è indeciso. Un’analisi per regione mostra un forte sostegno all’iniziativa in Ticino, dove il 71% degli intervistati è a favore, contro il 66% delle regioni francofone e il 60% della Svizzera tedesca.

Per i sostenitori, l’argomento più convincente è che il burqa è un’espressione dell’Islam radicale, che non ha posto nella cultura occidentale. Per gli oppositori, le donne che indossano il burqa sono casi isolati e lo Stato non dovrebbe interferire nei codici di abbigliamento privati.

I contrari si riscontrano fra gli elettori di sinistra, mentre quelli dell’UDC, del Centro (ex-PPD) e del Partito liberale-radicale sono a favore, o piuttosto a favore.

Gli elettori dell’UDC sono i più forti sostenitori del testo, con il 93% di «sì». Seguono quelli del PLR (72%) e del Centro (63%). I votanti del Partito socialista respingono il testo con il 64%, quelli dei Verdi con il 59%. Il campo del «no» raggiunge a malapena il 50% tra gli elettori Verdi-liberali. Il futuro della legge sull’identificazione elettronica sembra molto più incerto. Secondo questo primo sondaggio di Tamedia, il 45% degli intervistati è a favore della legge, il 47% è contro e l’8% dice di non aver ancora deciso.

I sostenitori della legge credono che l’E-ID permetta una procedura di identificazione sicura per tutti, facilitando l’identificazione su Internet. Gli oppositori sono del parere che la concessione di una carta d’identità digitale dovrebbe rimanere nelle mani dello Stato.

La legge è sostenuta dagli elettori del Centro, del PLR e dei Verdi-liberali. Coloro che hanno indicato di votare «no» sono in maggioranza nei ranghi di UDC, PS a Verdi. Gli Svizzeri sono molto indecisi anche sull’accordo di libero scambio con l’Indonesia. I favorevoli raggiungono il 41% degli intervistati a fronte del 39% dei contrari. Ma ben il 20% si è detto indeciso.

Secondo il sondaggio, ci sono chiare maggioranze tra gli elettori del Centro e del PLR, con più del 50% a favore dell’accordo, mentre nell’UDC il 45% è a favore e il 37% contro. Sul fronte politico opposto, il 53% degli elettori Verdi propende per il no. Nel PS, la tendenza è anche verso il «no», con un 46%, ma il 31% si dice favorevole. In sostanza, molti elettori indecisi potrebbero ribaltare queste cifre entro il 7 marzo.
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