Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

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Messaggioda Berto » lun ott 23, 2017 4:27 am

Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017
viewtopic.php?f=183&t=2688



A questo referendo io ho votato per solidarietà veneta ma non certo per la Lega o per Zaia; alle elezioni italiane, amministrative, regionali e politiche continuerò a non votare come oramai faccio da 20 anni, dal 1997.


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 68x312.jpg
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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » lun ott 23, 2017 4:28 am

Referendum autonomia, trionfa il sì Zaia: «Vogliamo i 9/10 delle tasse» Tutti i dati di Veneto e Lombardia
Alessandro Sala e Cesare Zapperi
Milano, 23 ottobre 2017

http://www.corriere.it/referendum-auton ... 370f.shtml

Maroni soddisfatto anche se l'affluenza si ferma al 40%: «Entro due settimane la nostra proposta al governo». Flop delle voting machine al loro debutto

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, la sua battaglia l'ha vinta con quattro ore di anticipo: la rilevazione dell'affluenza alle 19 confermava già il superamento del quorum del 50% necessario per considerare valido il referendum sull'autonomia (alla fine il dato si attesterà sul 57,3%). Il suo omologo lombardo, Roberto Maroni, ha festeggiato un po' al traino, stimando attorno al 40% la partecipazione dei propri elettori ( in Lombardia non era comunque previsto il quorum e lo stesso leader leghista aveva detto di considerare soddisfacente una quota superiore al 34%), pur non potendo mostrare fino a notte fonda alcun dato ufficiale: la raccolta dei dati attraverso le voting machine, alla prima prova, non ha dato i risultati sperati e gli stessi scrutatori hanno lamentato le inefficienze del sistema. Alle 3 del mattino di lunedì un tweet della Regione Lombardia spiegava che: «Si sono registrate alcune criticità tecniche nella fase di riversamento dei dati», e che quindi: «I risultati completi saranno resi noti ad operazioni concluse, lunedì 23 ottobre».


Il governo pronto a trattare

In entrambi i casi, il risultato è stato come da previsione, con i sì attestati ovunque tra il 95 e il 98%. Il segnale politico, da qualunque parte la si guardi, c'è stato: l'affluenza è stata superiore rispetto a quanto i detrattori della consultazione si immaginavano fino alla vigilia. E lo stesso governo ne ha preso atto: il sottosegretario per gli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, a meno di un'ora dalla chiusura dei seggi ha fatto sapere che l'esecutivo è pronto ad una trattativa. Il modello sarà probabilmente quello sperimentato nel rapporto con l'Emilia Romagna, che ha già avviato un confronto con Roma senza passare dalla tappa referendaria.

Chi ha votato di più

Se davvero sarà stata una «giornata storica» lo si capirà solo alla fine dell’iter, quando, dopo la trattativa con il governo, sarà chiaro quante e quali materie di competenza statale passeranno di mano. Ma la prima prova, quella referendaria, è stata superata. In Veneto, dove l’iniziativa referendaria era stata varata dal Consiglio regionale all’unanimità, la provincia che ha fatto registrare il maggior numero di votanti è stata quella di Vicenza (con punte vicino al 70 per cento), seguita da Padova e Treviso. In Lombardia, invece, la palma dei più sensibili al richiamo referendario è toccata ai bergamaschi (il sindaco del capoluogo, il pd Giorgio Gori, aveva invitato a votare Sì), seguiti da lecchesi e bresciani. In fondo alle rispettive classifiche, si trovano Venezia e Milano, come se il tema dell’autonomia faticasse a sfondare nelle città metropolitane.

Referendum per l’autonomia: Zaia, Salvini e gli altri politici al voto
L'altolà di Meloni

Al di là della Lega, che si intesta il successo avendo la primogenitura della battaglia, nel coro di politici che si dicono soddisfatti per l’affluenza ci sono Debora Serracchiani (Pd), Renato Brunetta (Forza Italia), Gaetano Quagliariello (Idea), Stefano Parisi (Energie per l’Italia), Giovanni Endrizzi (M5S). L’unica stecca nel coro è quella di Giorgia Meloni. Per la presidente di Fratelli d’Italia «i referendum non sono stati un plebiscito, le riforme si fanno tutti insieme e non a pezzi». La partita ora si sposta sul piano istituzionale. I referendum erano consultivi, servivano a Maroni e Zaia per avere maggiore forza nella trattativa che la Costituzione prevede con il governo. Nei prossimi giorni i rispettivi consigli regionali daranno mandato ai presidenti di procedere. I tempi sono stretti. Al più tardi tra fine gennaio e metà febbraio il confronto con Roma entrerà nel vivo.
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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » lun ott 23, 2017 4:32 am

???

VENETO SERENISSIMO GOVERNO

Ufficio di Presidenza

Il Popolo Veneto ha votato!

Oggi 22 ottobre 2017, padrone del proprio destino, il Popolo Veneto mediante suffragio universale ha espresso la propria volontà.

Con questo referendum abbiamo detto chiaramente che noi come Veneti, come gente che ama la terra in cui vive, nulla abbiamo a che fare con l'italia, e che l'italia in Veneto non è altro che uno Stato occupante.

Il testo presente sulla scheda in cui abbiamo votato affermava: “VUOI CHE ALLA REGIONE DEL VENETO SIANO ATTRIBUITE ULTERIORI FORME E CONDIZIONI PARTICOLARI DI AUTONOMIA?”. Non si parla né di italia né di altre organizzazioni statali o sovranazionali, si parla di noi del nostro presente e del nostro futuro, e sarà il Popolo Veneto nella propria piena sovranità a decidere il grado di autonomia che desidera.

Noi come Veneto Serenissimo Governo ci siamo assunti il compito, con la liberazione di Piazza San Marco il 9 maggio 1997, di costruire le condizioni perché il Popolo Veneto si autodeterminasse. Ora che il Popolo Veneto si è espresso chiaramente, l'italia deve sedersi ad un tavolo di trattative con i rappresentanti del Veneto, e sotto supervisione internazionale, per stabilire le modalità per il suo disimpegno dalle terre venete. Se l'italia rigetterà questa pacifica opportunità per sanare l'illegalità da lei commessa nel 1866 se ne assumerà tutte le responsabilità di fronte alla storia e alle organizzazioni internazionali preposte.

Come Veneto Serenissimo Governo ci rivolgiamo fin da subito agli attori della diplomazia internazionale perché attuino tutte le procedure necessarie per riconoscere e rendere operativi i risultati di questo referendum per l'autodeterminazione del Popolo Veneto.

Quali eredi e continuatori della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica ci appelliamo alla consueta responsabilità delle comunità venete perché ora più che mai è necessario rimanere uniti sotto le insegne della nostra bandiera marciana, e rimanere all'interno della legalità internazionale per ottenere l'indipendenza totale della Veneta Patria.

Bassano del Grappa, 22 ottobre 2017


Viva il Popolo Veneto!
Viva la libertà!
Indipendenza subito!

Per il Veneto Serenissimo Governo
Il Presidente
Luca Peroni
Veneto Serenissimo Governo
pepiva@libero.it- kancelliere@katamail.com
Tel. +39 328 7051773 - +39 349 1847544 - +39 340 6613027
www.serenissimogoverno.eu
www.radionazionaleveneta.org
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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » lun ott 23, 2017 7:12 am

Zaia: vogliamo i 9/10 delle tasse!

Per farne cosa Zaia?
Per abbassarle, per migliorare i servizi, ridurre gli sprechi e la corruzione e aiutare i veneti in difficoltà?
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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » lun ott 23, 2017 8:03 pm

Almeno un risultato ha portato questo referendo veneto, un risultato di non poco rilievo, visibile da tutto il mondo:

il 98% del 57,3% dei veneti che hanno votato, ossia il 56,5% di tutti i veneti aventi diritto di voto, si sono espressi per l'autonomia. E questi non sono dati di sondaggi giornalistici o di falsi plebisciti online ma dati incontestabili che evidenziano la volontà politica, il desiderio, la speranza, il sogno dei veneti;
che nei paesi veramente democratici si trasformerebbe subito in legge e in realtà.


Nel 1866 i veneti votarono, furono costretti a votare e a esprimere la loro scelta non vincolante tra due sudditanze quella vecchia franco-austriaca e quella nuova italo-savoiarda e scelsero quella che pensavano fosse la sudditanza migliore dove credevano che sarebbero stati meglio, ma fu una illusione;
nel 2017 i veneti hanno votato, costretti a esprime una scelta non vincolante non tra la l'indipendenza e la sudditanza italiana ma tra questa e una forma indefinita di autonomia, scegliendo anche questa volta il male minore, una condizione che ai veneti appare migliore.
Certo, la libertà è sempre la condizione migliore e una maggiore libertà è sempre preferibile a una minore e alla totale sudditanza, servitù, schiavitù.
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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » lun ott 23, 2017 8:27 pm

Referendum autonomia, la vittoria di Zaia paladino del federalismo leghista. Che ora può sognare la leadership.
di Giuseppe Pietrobelli
23 ottobre 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10 ... ng/3929520

Luca Zaia assapora il trionfo autonomista esattamente 151 anni dopo il plebiscito del 1866 che decretò a furor di voti (solo 69 contrari su 642 mila votanti) l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Lo fa anche lui a suon di voti (ma quelli di allora sono da sempre contestati dagli storici venetisti), attraverso un’adesione non oceanica, visto che alle urne è andato il 57,2 per cento degli elettori veneti. Eppure, in tempi di assenteismo dilagante, è un successo indiscutibile, anche se nel dicembre 2016 l’affluenza al referendum di Renzi raggiunse il 76,66 per cento. Superata di un soffio la soglia del 57,16% registrato alle regionali del 2015. La percentuale di “Sì” che si fissa al 98,1% è roboante, ma scontata. Era chiaro che chi fosse andato a votare non lo avrebbe fatto per dissentire dal quesito (“Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”). Sarebbe stato più produttivo per lui restare a casa, nell’ipotesi che il quorum non fosse raggiunto. Invece hanno votato 2 milioni 328mila veneti su un corpo elettorale di 4 milioni 68 mila persone. A favore 2.273.985 elettori, contrari 43.938.

Vent’anni dopo, finisce così definitivamente nell’archivio della memoria politica l’idea della Padania, che Umberto Bossi sognava e brandiva come una parola d’ordine per arringare le folle dal Piemonte al Friuli. All’epoca alimentò perfino i fantasmi giudiziari di un attentato all’integrità dello Stato. Oggi si è trasformata in una richiesta di federalismo spinto lombardo-veneto-più veneto che lombardo-eppure istituzionale, anzi costituzionale. Perché si apre ora il campo alla trattativa per avere mano libera nella gestione di 23 materie.

“Questa Regione dà il via a un big bang di riforme istituzionali”, ha commentato a caldo. In un sol colpo, il governatore leghista Zaia centra due obiettivi. Il primo. Essere il paladino delle rivendicazioni anti-statali che arrivano da una delle terre più ricche e produttive d’Italia, dettando l’agenda per un lavoro che, in linea teorica, lo porterebbe a scavallare la presente legislatura regionale. Ma questa naturale conclusione può essere resa incerta dal secondo obiettivo, di rilevanza nazionale. Nella casa del centrodestra italiano adesso Zaia si candida a giocare un ruolo di primissimo piano. Nell’euforia trattenuta a stento in riva al Canal Grande si coglieva proprio questa riflessione. Se si pensa all’età e alle vicissitudini giudiziarie di Silvio Berlusconi, o alla non facile digeribilità di Matteo Salvini per i più moderati di Forza Italia, Zaia diventa un perfetto smazzacarte.

Lui si nasconde e non lo confermerà neppure sotto tortura, eppure un pensierino ce lo fa, anche se ha sempre dichiarato di rispettare le gerarchie del Carroccio e la leadership del suo segretario. Ma in questa occasione ha dimostrato stoffa di grande tessitore, soprattutto con il modo con cui ha ricompattato quasi tutti i partiti e le componenti sociali sul referendum. Ad esempio, già a marzo faceva i patti con Matteo Zoppas, segretario regionale di Confindustria, rassicurandolo che le materie economiche avrebbero avuto gli industriali come interlocutori. Poi ha costretto il Pd a piegarsi all’ondata autonomista, schierandosi a favore, seppur con qualche mal di pancia. Altrimenti il centrosinistra sarebbe finito con le spalle al muro, un alfiere del centralismo votato a sicura sconfitta.

Alle 19, con il secondo dato relativo all’affluenza, è arrivata la conferma del superamento della soglia. A spoglio ancora in corso. Zaia si è concesso pubblicamente, annunciando l’immediata convocazione della giunta regionale per presentare il progetto di legge sull’autonomia. “Noi chiediamo tutte le 23 materie, il federalismo fiscale e i nove decimi delle tasse. – ha detto – Questo è il Big Bang delle riforme e della storia istituzionale, come quando è caduto il muro di Berlino. Oggi vincono i veneti, il nostro senso civico e il nostro desiderio di essere padroni a casa nostra. Adesso siamo sempre meno simili alla Grecia e più simili alla Germania”.

Com’era da aspettarsi, ognuno cerca di tirare il risultato dalla propria parte. Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia: “Se i veneti oggi hanno potuto votare è per la lungimiranza e la serietà istituzionale dell’allora Popolo della Libertà”. La senatrice Laura Puppato del Pd: “La Lega non può intestarsi alcuna vittoria, ilquorum è stato raggiunto anche grazie all’indicazione di voto del Pd del Veneto”. Il segretario regionale del Pd, Alessandro Bisato: “Adesso incalzeremo Zaia, che ha condotto una campagna spudorata, promettendo effetti e risultati che non erano previsti dal quesito. Si potevano ottenere da anni deleghe e competenze, se si fosse avviata una contrattazione seria con lo Stato”.

I Cinquestelle: “Oggi è il giorno della democrazia e dell’autodeterminazione. Dopo una partecipazione così grande, da Roma sarebbe inopportuna ogni forma di resistenza. Tuttavia ci aspettiamo un percorso tortuoso di trattative con Roma e il M5S vuole parteciparvi”.



Referendum, Zaia chiede lo statuto speciale. Il Governo: "Una provocazione". Renzi: "Patto per ridurre tasse"
II sottosegretario agli Affari regionali Bressa replica al governatore veneto: "Proposta irricevibile, semmai di competenza del Parlamento"
23 ottobre 2017

http://www.repubblica.it/politica/2017/ ... -179095119

ROMA - Il giorno dopo il referendum sull'autonomia, il governatore del Veneto, Luca Zaia, scopre le sue carte e chiede lo statuto speciale per la Regione. Ma da governo arriva una doccia fredda: "È una provocazione", taglia corto Gian Claudio Bressa, sottosegretario agli Affari Regionali.

"Siamo pronti ad aprire un tavolo subito - spiega Bressa - ma la condizione di partenza è che le Regioni approvino una legge in attuazione dell'articolo 116 della Costituzione" per chiedere autonomia differenziata. "Il problema è che oggi Zaia ha fatto approvare in Giunta una proposta di modifica costituzionale per inserire il Veneto tra le Regioni a statuto speciale. È una proposta non ricevibile dal Governo, semmai di competenza del Parlamento".

Sul referendum interviene anche il segretario del partito democratico che propone un patto tra partiti per ridurre le tasse. La vera priorità per l'Italia, scrive Matteo Renzi su Facebook, è la riduzione della pressione fiscale, "ecco perché - aggiunge - mi piacerebbe che la prossima legislatura cominciasse con un accordo delle forze politiche per un progetto come quello che abbiamo lanciato noi ('Tornare a Maastricht') che permetterebbe la riduzione annuale delle tasse per una cifra che può variare tra i 30 e i 50 miliardi di euro".
All'indomani del referendum per l'autonomia in Lombardia e Veneto, il segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini dalla sede di via Bellerio a Milano rassicura sul fatto che la linea nazionale del Carroccio non è messa in discussione. Mentre il governatore lombardo Roberto Maroni dà l'annuncio dell'ok all'avvio della trattativa da parte del presidente del Consiglio: "Gentiloni - afferma - mi ha confermato il via libera al confronto su tutte le materie previste dalla Costituzione, con anche il coinvolgimento del ministero dell'Economia", per la parte che riguarda il coordinamento del sistema tributario. ll tema delle risorse sarà al centro della trattativa fra Lombardia e governo, ma questo "non significa che ci sia stata un'apertura formale sul tema del residuo fiscale", precisa Maroni.

Insomma la questione del residuo fiscale (ossia la differenza negativa tra ciò che le Regioni versano e ciò che riceve da Roma) resta sul tavolo del negoziato con l'esecutivo. Anche se, come ammette lo stesso governatore della Lombardia, il "ministero dell'Economia sarà un osso duro".

Anche il governatore del Veneto Luca Zaia tiene una conferenza stampa subito dopo la giunta straordinaria indetta questa mattina per presentare le delibere da portare in Parlamento, tra cui anche quella di inserire il Veneto tra le Regioni a statuto speciale. Oltre a rivendicare tutte e 23 le competenze previste dalla Costituzione. Zaia annuncia piena collaborazione con la Lombardia e spera di chiudere la partita "entro l'anno". Quanto alla sua possibile candidatura a premier, ventilata anche da Massimo Cacciari, afferma: "Non esiste, io resto in Veneto".

Come detto Salvini sgombra il campo dalle ipotesi di divisioni interne al Carroccio: "Rido quando leggo certe ricostruzioni di divisioni. Quelli che dicevano che la linea nazionale della Lega avrebbe trovato problemi al Nord non ha capito un accidente. Richieste di autonomia hanno convinto 5,5 milioni persone a votare, e Maroni e Zaia avranno pieno mandato a trattare".

Si complimenta per il risultato, rimarcando che si è trattato di una battaglia di popolo: "Meglio di così non poteva andare. Abbiamo vinto sui poteri forti cinque a zero. Ora mi aspetto che il Governo dica quando intende accogliere questa richiesta che sale dal popolo". E manda un avvertimento a Forza Italia e Fdi: "Gli alleati del centrodestra sappiano che il tema posto dai referendum diventa centrale".

Secondo il leader del Carroccio quanto è successo nelle due Regioni è "in linea con quello che accade in tutta Europa: in Repubblica Ceca, in Austria. Il prossimo turno è quello dell'Italia dove noi ci stiamo attrezzando, a differenza dei 5 Stelle che sanno dire solo di no. Meno vincoli stato centrale e meno vincoli europei significa più sviluppo del territorio. Adesso abbiamo venti giorni per passare dalle parole ai fatti".

Ribadisce poi quanto già detto dal governatore del Veneto Luca Zaia: "Il nostro interlocutore è Gentiloni". Quanto al flop del voto elettronico in Lombardia, Salvini glissa: "Da lombardo sono stato ben contento di votare in 3 secondi cronometrati. Spero che il ministro dell'Interno garantisca la stessa possibilità anche alle elezioni politiche".

Non esclude, infine, un coinvolgimento delle regioni del Sud, a cominciare dalla Puglia: "Per me - dice il leader leghista in conferenza stampa - sarebbe ancora più bello se con Zaia e Maroni entrassero a Palazzo Chigi Bonaccini e Emiliano (i governatori di Emilia Romagna e Puglia, ndr)". E conclude con un riferimento ai suoi avversari politici: "Il silenzio di queste ore di Renzi e Grillo, che parlano di tutto e su tutti, è abbastanza particolare". E attacca Giuseppe Sala e il Pd lombardo: "Quando hai un sindaco che dice 'Voto si', anzi non voto perchè sono via... il partito che governa la città è stato assolutamente assente".
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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » mar ott 24, 2017 6:53 am

Gli innominabili del Sole 24 Ore (a cui aggiungere il Corriere della Sera, la Stampa, la Repubblica, l'Espresso, l'Avvenire, il Manifesto, ... ), da sempre schierato con le caste e contro le libertà e i popoli e che da sempre stravolgono la realtà e la verità con la loro menzogna e le loro demenzialità.



Un referendum poco serio. Anzi, serissimo
2017/10/01
http://www.econopoly.ilsole24ore.com/20 ... dia-veneto

Pubblichiamo un post di Gianfranco Viesti, professore ordinario di Economia Applicata, Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari –

Il referendum convocato per il prossimo 22 ottobre in Lombardia e Veneto, e avente per oggetto la concessione di ulteriori forme di autonomia alle due regioni sembra una vicenda poco seria. E invece lo è, e molto.

Perché sembra poco seria? In primo luogo perché il pronunciamento è del tutto inutile. Per avviare il processo di definizione di ulteriori forme di autonomia per le regioni a statuto ordinario, ai sensi dell’articolo 116 della Costituzione, non serve votare. Le istituzioni regionali possono procedere direttamente ad avviare un confronto con le istituzioni nazionali. Da qui le diffuse critiche a Lombardia e Veneto per il significativo spreco di risorse connesso alla realizzazione del referendum, e alle martellanti campagne per pubblicizzarlo, a spese del contribuente; critiche che sembrano cogliere nel segno, proprio perché la richiesta di maggiore autonomia è motivata anche con una maggiore virtuosità di queste amministrazioni nell’utilizzo delle risorse disponibili.

In secondo luogo perché non si spiega in quali materie sarebbe utile una maggiore devoluzione di poteri verso quelle regioni. Maggiore autonomia, perché?

Una differenziazione di poteri fra le diverse istituzioni territoriali è prevista dalla Costituzione e può essere realizzata. Ma un elemento essenziale per valutarne l’opportunità è proprio l’ambito cui si riferisce. A meno di non voler ricadere in una delle due visioni ideologiche estreme – per le quali tutti i poteri vanno devoluti verso il basso, o al contrario accentrati a livello nazionale – una diversa organizzazione delle competenze non può prescindere dal merito di quello di cui si discute; per valutarne l’opportunità e l’impatto, locale e nazionale. Ad esempio la Giunta dell’Emilia Romagna ha approvato un “documento di indirizzi” nel quale individua quattro grandi temi su cui lavorare nel senso di una maggiore autonomia. Al contrario il quesito referendario è del tutto generico; i pragmatici cittadini di Lombardia e Veneto sono chiamati a votare su un quesito astratto, ideologico, e non concreto.

Ciononostante, il referendum è serissimo.
vedere le vere ragioni per cui è convocato. Per individuarle non occorre fare particolari supposizioni: basta leggere le deliberazioni, a riguardo, approvate dai due Consigli regionali. L’obiettivo del referendum è acquisire consenso politico per ottenere più spesa pubblica nelle due regioni. Le maggiori competenze non sono richieste perché si ritiene che le amministrazioni siano più efficienti di quelle nazionali: cosa che comporterebbe lo spostamento delle stesse risorse finanziarie che oggi sono utilizzate da organi centrali nelle mani di organi regionali. L’obiettivo dei Consigli è invece quello, col sostegno politico di tanti voti per il “sì”, di ottenere una quota molto maggiore del gettito fiscale; trattenere sul territorio più soldi, per garantire ai propri cittadini una maggiore spesa pubblica. Naturalmente a spese degli altri cittadini italiani: a parità di gettito fiscale complessivo, maggiori risorse per i lombardi e i veneti significano minori risorse per gli altri italiani. Non è quello che è scritto esplicitamente sulle schede elettorali ma è quello che è scritto a chiarissime lettere in tutti i documenti dei promotori.

Quindi la priorità delle amministrazioni di regioni orgogliose per la vivacità del proprio settore privato, e permeate da un diffuso scetticismo sull’operato degli attori pubblici, è ottenere più spesa pubblica. E la priorità è ottenerla per i propri cittadini, indipendentemente dal merito, dalla possibile efficienza nell’uso delle risorse e nella costruzione delle politiche pubbliche, e dagli effetti sugli altri italiani. Senza alcuna riflessione sulle conseguenze che ciò potrebbe comportare per i grandi servizi pubblici nazionali, ad esempio per l’istruzione. Per tutti gli studenti italiani e per quelli lombardi: per i quali non è affatto certo che una gestione regionale produrrebbe un servizio migliore. Spiace molto che, anche nelle regioni interessate, il dibattito sia così modesto e il significato e l’impatto del referendum sottostimato. La vivacissima comunità intellettuale delle due regioni è quasi silente. È invece una questione di grande rilevanza, grande momento; destinata a restare.

Giuseppe Sala, sindaco di Milano

Ma dovrebbe essere chiaro di cosa si discute. Il referendum non è un passaggio del complesso, ma importantissimo, tema della riorganizzazione dei poteri e delle competenze fra istituzioni sovranazionali, nazionali e regionali-locali. È invece espressione del crescente fenomeno dell’egoismo dei ricchi. Per il quale i soldi sono la priorità: gestire le proprie ricchezze, erigere nuovi steccati. Per il quale lo sviluppo non viene dall’integrazione, nazionale ed europea, ma dal controllo autarchico delle risorse. Decisivo è interessarsi solo a quello che si ritiene essere il benessere monetario di oggi della propria piccola patria: a quando un referendum a Milano per trattenere il proprio gettito fiscale senza condividerlo con gli altri lombardi?
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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » mar ott 24, 2017 6:57 am

Anche questi appartengono alla categoria degli innominabili

Il referendum consultivo di Lombardia e Veneto non è la risposta al malessere del Nord

http://www.huffingtonpost.it/fabrizio-c ... a_23240849

La Catalogna dista dalla Lombardia un'ora e mezzo di volo. Ma quel tragitto, seppur breve, rischia di annullarsi sulla spinta del vento che spira da Barcellona, quando, il 22 ottobre, veneti e lombardi saranno chiamati alle urne per esprimersi sul referendum promosso.

In apparenza non sarà la stessa cosa: l'indipendenza da un lato, l'autonomia dall'altro. Ma la distanza è più sottile di un foglio di carta velina. E non è detto che regga di fronte all'avvio di un processo di cui nessuno è in grado di prevedere le conseguenze ultime. Quando si gioca, infatti, con il sentimento identitario di un popolo, tutto diventa possibile e la situazione può, facilmente, sfuggire di mano. Da cosa può nascere cosa, anche perché le tematiche secessioniste, specie nel Veneto, hanno un retroterra storico da non sottovalutare.

Se si guarda alla sostanza delle cose, poi, i propositi non sono così dissimili. Identico è il contesto internazionale. In Europa il processo di convergenza - il sogno dei Padri fondatori - ha dato luogo a un fenomeno opposto. Paesi, come la Germania, che diventano sempre più forti, mentre il fronte del Sud stenta a riprendersi dalla coda velenosa della lunga crisi. Da una minore spinta economica, di carattere unificante, non può che derivare la segmentazione. Il "fai da te" di quelle zone che sono state meno colpite dal dissesto. Al centro di questi due referendum c'è la richiesta di maggiori risorse finanziarie da trattenere in loco.

È la risposta giusta? Nel breve periodo potrebbe sembrare una soluzione, seppure caratterizzata da un eccesso di egoismo. Ma nel medio e nel lungo? Vogliamo realizzare un passo all'indietro lungo oltre due secoli di storia e tornare a quel Regno del Lombardo-Veneto, che fu la creatura di Metternich, all'indomani del Congresso di Vienna? Pura appendice degli interessi imperiali di Casa asburgica. Oggi sostituita dalla Germania di Angela Merkel.

Se il referendum promosso dalla Lega vuole essere soltanto il momento celebrativo di un presunto fatto identitario - la Padania - non vale la pena stare a discutere. O meglio ci sarebbe molto da discutere sull'opportunità di regalare alla Lega questo spot. Ma se il tema è - quello vero - la "questione settentrionale", allora, le soluzioni proposte appaiono del tutto inadeguate.

Vittorio Feltri, nel tentativo di rintuzzare le critiche, dalle pagine di Libero, ha tentato un parallelismo con la Sicilia. Il Nord - ha detto - non vuole altro che l'autonomia già garantita alla regione siciliana. Consapevole del fatto che la sua gestione sarà mille volte più efficiente. Facile credergli. Ma allora perché la Toscana, l'Emilia o il Lazio non dovrebbero pretendere lo stesso trattamento, in nome di una presunta maggiore efficienza? Presunta: non dimentichiamo gli scandali recenti che hanno coinvolto la maggior parte dei Consigli regionali. Al Nord, al Centro e al Sud.

La verità è che tutta la struttura degli apparati pubblici italiani non regge più alla prova del budino. Ai difetti dell'Organizzazione statuale - dal funzionamento dell'Esecutivo, alla magistratura e via dicendo - si sommano quelli della complicata e debordante struttura territoriale: venti regioni, di cui cinque a statuto speciale; cento e più Province, che vivono nel limbo; più di ottomila comuni - molti dei quali non più vasti di una puntura di spillo - senza contare i Consorzi, le Comunità montane, le Zone di ambito, gli Ato e - dulcis in fondo - le migliaia di aziende municipalizzate e regionali, che divorano risorse e garantiscono posti di potere.

Un dato sintetico ne illustra il peso schiacciante: in Italia, circa i due terzi della spesa pubblica complessiva, al netto degli interessi e dei costi della previdenza, si disperde per questi rivoli. Fiumi in piena, alimentati da quel prelievo fiscale che deprime tutte le attività produttive e che non potrà essere ridotto – checché ne dicano i demagoghi leghisti che parlano di una flat tax al 15% - se non viene tagliata la spesa pubblica nazionale e locale.

Che si discuta, allora, seriamente del malessere del Nord, senza dimenticare tuttavia la situazione ben più critica del Mezzogiorno o delle altre realtà territoriali. La soluzione non sta nella fuga in avanti. Ma nel procedere rapidamente ad una riforma complessiva dell'intera governance. Partendo dal presupposto che molte della ragioni che, negli anni '70, portarono a quest'assetto amministrativo, con la nascita delle Regioni, sono superate dall'evoluzione stessa delle diverse realtà territoriali.

Oggi il Nord-Est, tanto per ritornare al referendum, è una realtà omogenea dal punto di vista economico e finanziario. Come lo è il Nord-Ovest. Le regioni centrali presentano un livello di specializzazione produttivo - sede privilegiata del "made in" - relativamente uniforme. Lo stesso Mezzogiorno deve essere visto come un'intera area da sviluppare, rompendo le vecchie logiche localistiche: foriere soltanto di grandi sprechi ed inutili vagiti. Le stesse Regioni a statuto speciale hanno ancora diritto di cittadinanza? O non sono un residuo del passato?

Cercare di ricomporre la realtà amministrativa con quella socio-economica del Paese: questo è il vero problema. Ne deriva la necessità di una drastica riduzione del numero delle Regioni. Sei o sette macro - regioni, quali capofila amministrativa di aree più vaste. Con compiti di programmazione e di sviluppo possibili da realizzare solo in un ambito territoriale adeguato.

Questa è quindi la risposta più giusta non solo alla "questione settentrionale" ma a quella dell'intero Paese. Nel momento in cui in Europa prevale lo schema delle geometrie variabili o della doppia velocità, che rende indispensabile la presenza di uno Stato nazionale in grado di competere con gli altri protagonisti. Senza il quale - come mostrano le vicende legate alle due Banche venete salvate da una complessa trattativa gestita interamente dal Tesoro - tutto diventerebbe più difficile.

Per queste ragioni la nostra valutazione sui prossimi referendum regionali in Lombardia e in Veneto è nettamente negativa.
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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » mer ott 25, 2017 6:14 am

Perché il referendum può spaccare la Lega - In Terris
Macario Tinti
2017/10/24

http://www.interris.it/2017/10/24/13032 ... -lega.html

E ora cosa accade davvero? Il Paese si spacca, oppure come sostiene Bossi l’autonomia fermerà la secessione? Difficile fare una previsione certa, di sicuro c’è che dopo questo doppio referendum, Veneto e Lombardia, si apre una grande partita politica.

Iniziamo allora dai fondamentali della questione. Quasi cinque milioni e mezzo di lombardi e veneti hanno votato a favore dall’avvio di una trattativa con lo Stato per ottenere più autonomia per le Regioni. Forti dell’ampio consenso registrato i due governatori, Luca Zaia e Roberto Maroni, sono passati subito all’incasso. Il Veneto chiederà il riconoscimento dello Statuto speciale (ma è necessaria una modifica della Costituzione, impresa non semplice). Mentre Maroni, scottato dal pessimo effetto del voto elettronico, assicura di aver avuto garanzie dal premier, Paolo Gentiloni, sentito al telefono, sulla sua “disponibilità” ad avviare la trattativa su “tutte le 23 materie” per le quali è concesso alle Regioni, in base all’articolo 116 della Costituzione, di negoziare maggiore autonomia.

Insomma, inizia un lungo braccio di ferro e nessuno sa quando finirà ma ciò che conta è l’effetto. Del resto il tema delle Regioni a Statuto speciale è il vero elemento dirimente dell’intera questione. Perché alcune regioni, come la Sicilia e il Trentino, solo per citare le principali, sì e gli altri no? Aprire questo fronte davvero mettere le mani dentro alla Costituzione. Questo sul piano meramente pratico.

Sul fronte politico il tema sul tavolo riguarda gli assetti interni alla Lega e i rapporti con gli alleati in vista delle prossime elezioni legislative. E’ su questo fronte che si peseranno i protagonisti della sfida. Tutti sostengono che Matteo Salvini sia particolarmente soddisfatto. “E’ una vittoria del popolo“, commenta il segretario leghista, “una lezione di democrazia a tutta Europa”. “Abbiamo vinto sui poteri forti cinque a zero”, festeggia, smentendo formalmente le presunte, ma per molti più che vere, divisioni interne al Carroccio. “Sorrido quando leggo certe ricostruzioni”, spiega l’erede (ora sì) di Bossi. Salvini trova il tempo anche di criticare il “particolare silenzio” di Beppe Grillo e Matteo Renzi di questi giorni. E di lanciare un monito agli alleati più scettici, ovvero Giorgia Meloni di Fratelli d’italia.

“E’ chiaro che nel programma” della futura coalizione di centrodestra il tema dell’autonomia “dovrà essere centrale: magari qualcuno non si è accorto di che aria tira”. La leader di Fdi, estremamente romanocentrica nella sua visione, non ha esultato per i referendum e non ha fatto campagna elettorale, anzi si può dire che ha lavorato contro. Non a caso tiene a puntualizzare come sia “evidente che i quesiti referendari non hanno affascinato i 14 milioni di cittadini chiamati al voto: meno della metà di loro si è recata ai seggi, respingendo di fatto questa impostazione plebiscitaria”.

Berlusconi, invece, si dice “soddisfatto” dell’esito di queste consultazioni che “non vanno contro l’unità nazionale“. E qui non è difficile sentire l’eco di Bossi nelle parole del Cavaliere. Il quale ora, potrebbe avere gioco facile nel lanciare Zaia come premier stoppando le ambizioni di Salvini. E non sarebbe una cosa da poco. Anzi, potrebbe essere la chiave di tutto.

Maroni, infatti, non esce proprio bene dalla competizione elettorale e se la ricandidatura in regione non è in discussione, appare sempre più improbabile un ritorno sulla scena nazionale. Per Salvini una partita doppia risolta con un solo colpo. Dunque questi referendum non hanno avuto nulla di casuale e, come in un domino, continueranno a produrre effetti nel lungo periodo. Sempre che le eventuali fughe in avanti dei vari protagonisti di questa stagione della Lega non sfocino in alleanze inedite e apparentamenti strani. Insomma, l’osservato speciale è Zaia. E diversamente non può essere. Tanto che il centrosinistra ha accusato il colpo del Veneto come non sospettava. E ora per Renzi tutte le strade saranno in salita….

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Re: Referendo par l'aotonomia veneta, 22/10/2017

Messaggioda Berto » mer ott 25, 2017 7:17 am

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