Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » ven ago 26, 2016 8:22 am

Venetista fermato dall'Arma legge dichiarazione di sovranità: arrestato

di Cristina Antonutti

SACILE - I carabinieri? «Illegali», anzi un «corpo di occupazione straniero». Ne è convinto il Movimento di liberazione nazionale del popolo veneto. Ed è per questo che Massimiliano Moscatello, nato a Ciriè (To) 43 anni fa da famiglia padovana di Vescovana e residente a Sacile, quando i militari dell’Arma lo controllano legge la sua dichiarazione di sovranità. Lo ha fatto con i carabinieri di Caneva procurandosi una denuncia. Lo ha rifatto martedì con quelli di Sacile. Solo che stavolta è finito in manette per resistenza e ieri mattina è stato processato per direttissima. In aula però si è scusato ed è sceso a più miti consigli. L’arresto è stato convalidato dal giudice. Tornerà in aula il 1. settembre, perchè l’avvocato Cesare Tapparo ha chiesto termine a difesa.

Moscatello è un membro del Movimento, sostiene di essere cittadino del popolo veneto, non italiano. Martedì era assieme al padre, guidava una Citroen DS3 tappezzata di adesivi "serenissimi" e con la bandiera del leone di San Marco. Quando ha imboccato la bretella dell’A28, i carabinieri gli hanno intimato l’alt, gli hanno chiesto i documenti e si è rifiutato di esibirli rispondendo: «Sono in autodeterminazione, io quello che posso dire è la mia dichiarazione di sovranità».

http://www.ilgazzettino.it/nordest/prim ... 28352.html


Veneti mone!
Ma xełi sesti da far, par podopo scuxarse?
Coełi ke łi ghe bàte łe man łi dovaria ver el corajo de far conpagno, se nò łi xe lomè falbari e viłiaki.
El 99% de kì ke łi ghe bàte łe man non łi faria mai conpagno e gnanca i cai de sto sciàpo no go meroria ke łi gapie fato sesti conpagni.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » ven ago 26, 2016 8:22 am

No se pol far ste robe:

Mostra la carta d'identità veneta e fugge: arrestato De Pieri
Gabriele De Pieri, venetista di Loreggia, c'è cascato nuovamente: fermato dai carabinieri ha prima tentato di fuggire al controllo e poi ha travolto un militare in retromarcia
07 maggio 2016

http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... 1.13429081
LOREGGIA. Ha esibito come carta di identità un documento rilasciato dalla "Confederation veneta" e non si è fermato all'alt dei carabinieri, investendone uno. Per questo motivo Gabriele De Pieri 49enne di Loreggia è stato arrestato.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... esiani.jpg



Il fatto è avvenuto ieri sera lungo la statale Postumia, a Bolzano Vicentino (Vicenza), dove De Pieri è incappato in un normale controllo stradale da parte dei carabinieri. L'uomo non ha tenuto conto della segnalazione affinché si fermasse ed ha accelerato fuggendo ai militari costringendo la pattuglia dell'Arma ad inseguirlo fino al casello di Vicenza nord della A4 dove l'auto è stata bloccata.

Alla richiesta dei militare di dare patente e carta d'identità l'uomo ha presentato il documento venetista per poi improvvisamente innestare la retromarcia travolgendo un militare che è rimasto contuso. Viste le circostanze gli altri carabinieri si sono avventati su De Pieri e lo hanno immobilizzato ed arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e rifiuti di dare le generalità.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -Pieri.jpg



La lingua veneta è riconosciuta anche dall’ONU

http://www.lindipendenza.com/la-lingua- ... he-dallonu

L’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha dato un primo importante riconoscimento internazionale alla lingua veneta. E’ stata infatti inserita sul sito internet dell’Onu la versione in veneto della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Nella pagina illustrativa di questa nuova versione si afferma che il veneto è parlato da 2 milioni e 180mila persone in Italia e complessivamente nel mondo da 6 milioni e 230mila individui.
Vengono anche indicati i territori dove questa lingua è maggiormente usata. Si parla della Venezia Euganea, ma anche del Trentino, del Friuli orientale, di Trieste e della provincia di Gorizia, poi si citano Slovenia, Croazia e Brasile come Paesi dove esistono significative presenze di persone che si esprimono in veneto.
L’inserimento della versione veneta della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo rappresenta un importante tassello nello sforzo del Governo Nasionae Veneto, presieduto da Gabriele de Pieri, di ottenere per il Popolo Veneto una rappresentanza ufficiale all’Onu.

ImmagineImmagine
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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » ven ago 26, 2016 8:23 am

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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » ven ago 26, 2016 8:23 am

Progetto di legge per riconoscere l'identità veneta come minoranza nazionale
Pubblicato il 23 giu 2016

Servizio RAI 3 Regionale Veneto, sul progetto di legge in esame al Consiglio Regionale Veneto, per la salvaguardia della identità nazionale veneta
https://www.youtube.com/watch?v=IU1N9UE ... r_embedded

25 de lujo?

Santa Lucia Approva P.L.R. MINORANZA NAZIONALE VENETA
https://www.youtube.com/watch?v=aabssDjzdaQ

Palmerini: referendi, contrasti e cauxe enternasionali
viewtopic.php?f=126&t=733


Minoranze linguistiche in Italia
https://it.wikipedia.org/wiki/Minoranze ... d%27Italia

Le minoranze linguistiche d'Italia sono costituite dalle comunità parlanti idiomi appartenenti a varie famiglie linguistiche (ovvero i gruppi germanici, albanesi, greci, neolatini e slavi) e diversi dalla lingua nazionale entro i confini della Repubblica italiana. Sono riconosciuti e tutelati da apposite leggi nazionali (come la 482/99) e regionali dodici gruppi linguistici minoritari (albanesi, catalani, croati, francesi, francoprovenzali, friulani, germanici, greci, ladini, occitani, sardi e sloveni), rappresentati da circa 2.500.000 parlanti distribuiti in 1.171 comuni di 14 regioni.

Non sono ammesse a tutela né le «alloglossie interne», ovvero comunità parlanti idiomi di ceppo italo-romanzo trasferitesi dalle proprie sedi originali e insediatesi in territori oggi appartenenti allo stato italiano (come i dialettofoni gallo-italici dell'Italia insulare e meridionale), né le «minoranze diffuse», cioè le comunità parlanti varietà non territorializzate (come i Rom e i Sinti), né le «nuove minoranze», ossia le lingue alloglotte di recente importazione parlate in comunità in cui spicca «una volontà di conservare lingua, cultura, religione e identità di origine».

Non sono altresì tutelate lingue regionali quali l'emiliano-romagnolo, il ligure, il lombardo, il napoletano, il piemontese, il veneto e il siciliano, le cui comunità, stricto sensu, rientrebbero nell'accezione di «minoranze linguistiche» in quanto parlanti idiomi geneticamente autonomi rispetto alla lingua nazionale italiana.

Sebbene da un punto di vista linguistico le lingue regionali escluse dalla legge 482/99 non siano associabili tout court all'italiano, si ritiene che facciano parte del gruppo "italoromanzo" prima di tutto per motivi di natura storica e istituzionale, e quindi i parlanti di tali lingue sono considerati automaticamente fondatori della maggioranza linguistica italiana, contrapposta all'esistenza delle minoranze selezionate. Tullio Telmon osserva che minoranze linguistiche e lingue non riconosciute sono in realtà tutte sullo stesso livello rispetto all'italiano, indipendentemente dalle loro origini e dai loro tratti distintivi[5]. Giovanni Battista Pellegrini ha osservato che la contrapposizione tra due comunità divergenti quanto la friulana e la sarda (riconosciute dalla legge come minoranze linguistiche) a comunità non meno divergenti, e tuttavia chiamate "italoromanze", renda ambiguo l'aggettivo "italoromanzo" tanto da mettere in discussione la posizione sociolinguistica di tutte le lingue parlate in Italia.



Bocciata dalla Consulta la legge regionale sul Veneto "minoranza linguistica"
21 aprile 2018

http://www.veronasera.it/cronaca/boccia ... 2018-.html

Secondo quanto riferito dall'Ansa, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la Legge regionale del Veneto relativa all'«Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali» contro la quale aveva ricorso il Governo.

La legge prevedeva che al Veneto venisse riconosciuto il titolo di "minoranza linguistica" facendo accedere la regione ai vantaggi previsti per queste realtà. Si faceva forte della presenza in Veneto di gruppi etnico linguistici come i cimbri ed i ladini e prevedeva, secondo quanto era stato approvato in Giunta e poi in consiglio, l'aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete.

L'identità dei singoli e dei gruppi concorre all'insieme nazionale, ma l'eventuale riconoscimento di "minoranza" spetta al "legislatore statale", eventualmente con l'apporto di quello regionale, è scritto nella sentenza pubblicata venerdì 20 aprile.


(ANSA) - VENEZIA, 20 APR
http://www.ansa.it/veneto/notizie/2018/ ... 83da0.html

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la Legge regionale del Veneto relativa all'"Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali" contro la quale aveva ricorso il Governo. La legge prevedeva che al Veneto venisse riconosciuto il titolo di 'minoranza linguistica' facendo accedere la regione ai vantaggi previsti per queste realtà; si faceva forte della presenza in Veneto di gruppi etnico linguistici come i cimbri ed i ladini e prevedeva, secondo quanto era stato approvato in Giunta e poi in consiglio, l'aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete.
L'identità dei singoli e dei gruppi concorre all'insieme nazionale, ma l'eventuale riconoscimento di 'minoranza' spetta al "legislatore statale" eventualmente con l'apporto di quello regionale, è scritto nella sentenza pubblicata oggi.


I veneti del Veneto xełi on popoło e na megnoransa nasional?
viewtopic.php?f=183&t=1731



Alberto Pento
La Corte italiana ha semplicemente detto che la materia non è di competenza regionale ma dello "stato nazionale" magari anche con il concorso della regione interessata. Ciò si sapeva già perché scritto nelle leggi italiane a riguardo: i veneti caso mai sono una minoranza nazionale italiana e non veneta poiché i veneti in Veneto sono la maggioranza. Le leggi a tutela delle minoranze etno-linguistiche italiane sono fatte dal governo e dal parlamento italiani e non dal consiglio regionale veneto.
Le considerazioni della Corte italiana sull'identità del popolo veneto potrebbero anche non esserci e non sono necessarie a motivare la sentenza se non come avviso ai naviganti per ribadire le posizioni della Corte riguardo altre eventuali iniziative in materia.

La Corte c. italiana fa il suo lavoro, in questo caso ha agito/interpretato correttamente le leggi italiane. Era la Regione del Veneto che non doveva perdere tempo a fare una legge che si sapeva con certezza assoluta che poi sarebbe stata bocciata, è che ciò serve alla propaganda dei personaggi e dei partiti che cavalcano la questione veneta per loro tornaconto personale e politico/partitico.

A suo tempo (ora non ricordo con precisione l'anno) quando il parlamento italiano nel recepire la Convenzione europea di Strasburgo sulle minoranze etnolinguistiche) decretò l'elenco delle minoranze etno-linguistiche da tutelare, mi pare che vi fosse un governo di centro destra con la Lega, la Lega bossiana antiveneta votò contro l'inserimento del Veneto.

Poi il fatto è che in Veneto i veneti che perseguono con determinazione politica la valorizzazione della lingua veneta, l'autonomia radicale o l'indipendenza sono visibilmente una minoranza che non spaventa e che non ha perciò la forza di farsi rispettare.

Bisogna puntare a vivificare/promuovere il "popolo veneto" come umanità e cittadinanza del territorio con le sue specifiche determinazioni storico-culturali che sono innegabili (e non necessariamente incentrate su Venezia e sulla Serenissima ma su tutta la varietà etno-storica e culturale dei veneti delle genti venete del Veneto; bisogna abbandonare il mito di Venezia perché Venezia stessa l'abbandonò a suo tempo e mai promosse "un popolo veneto" in senso etno-nazionalistico, ... da approfondire), ma non strumentalizzandole come propaganda del grosso partito o finalizzandole alla conquista di qualche seggio regionale del nuovo partitino, ma solo e unicamente come diritto umano e civile che deve essere innanzi tutto riconosciuto, rispettato, amato e desiderato dai veneti stessi e da questi reso visibile massicciamente al mondo intero.

Prima si conquista il cuore dell'uomo veneto e si da vita alla sua volontà indipendente e poi, solo poi, si potrà avere la forza di farsi rispettare ed ottenere l'indipendenza e la sovranità politica in Italia e in Europa.




Corte costituzionale, sentenza 20 aprile 2018, n. 81

Presidente: Lattanzi - Redattore: Cartabia

https://www.eius.it/giurisprudenza/2018/190.asp


[...] nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali), intero testo, e dell'art. 4 della medesima legge, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, spedito per la notificazione il 13 febbraio 2017, depositato in cancelleria il 20 febbraio 2017, iscritto al n. 16 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 2017.

Visti l'atto di costituzione della Regione Veneto nonché l'atto di intervento dell'associazione "Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete" e di L. P.;

udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 2018 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri, gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione Veneto, e Marco Della Luna per l'associazione "Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete" e L. P.

RITENUTO IN FATTO

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali), per intero e con riguardo all'art. 4.

Pur riconoscendo che le censure relative al vizio di competenza del legislatore regionale rivestono carattere preliminare e assorbente, il ricorrente illustra innanzitutto le violazioni di ordine sostanziale riferibili all'intero testo della legge regionale impugnata.

1.1.- Il primo motivo di impugnazione concerne la violazione degli artt. 5, 6 e 114 della Costituzione.

La legge regionale impugnata qualifica il «popolo veneto» - e cioè l'intera popolazione vivente nel territorio delle province e della città metropolitana elencate nell'art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale statutaria 12 aprile 2012, n. 1 (Statuto del Veneto) - come "minoranza nazionale" ai sensi della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1° febbraio 1995, ratificata e resa esecutiva con la legge 28 agosto 1997, n. 302. Ciò contrasterebbe con l'art. 114, primo comma, della Costituzione perché tale norma costituzionale, nel prevedere che Comuni, Province, Regioni, Città metropolitane e Stato concorrono nelle loro componenti personale e territoriale a formare la Repubblica, andrebbe intesa nel senso che la popolazione riferibile a uno di tali enti esponenziali non possa essere anche identificata per ciò solo come "minoranza nazionale", staccata e contrapposta rispetto alla maggioranza della popolazione della Repubblica e per questo meritevole di protezione ai sensi della convenzione-quadro. Una tale qualificazione della popolazione del Veneto lederebbe altresì il principio di unità e indivisibilità della Repubblica, di cui all'art. 5 Cost., principio fondamentale dell'ordinamento costituzionale, sottratto persino al potere di revisione costituzionale, come questa Corte avrebbe affermato nella sentenza n. 118 del 2015, resa sempre nei confronti della Regione Veneto. Il ricorrente osserva che l'art. 5 Cost. rappresenta la Repubblica come una comunità nazionale dotata di una propria identità e generatrice di un ordinamento unitario e non come «una somma materiale di minoranze autopostesi come tali, l'una estranea all'altra e coesistenti tra loro su una base giuridicamente non definita ma comunque precaria». Che le minoranze siano realtà che la Repubblica considera come ulteriori rispetto alle proprie componenti costitutive di tipo personale, e proprio per questo meritevoli di una tutela specifica, sarebbe comprovato dall'art. 6 Cost., là dove afferma che «la Repubblica» in tutte le sue articolazioni, comprese quindi le Regioni, tutela le minoranze linguistiche, le quali dunque non possono coincidere con le articolazioni della Repubblica stessa, quali sono le Regioni o, più precisamente, le loro componenti personali. Ciò che la Corte costituzionale ha stabilito a proposito delle minoranze linguistiche, negando che all'articolazione politico-amministrativa degli enti territoriali di cui si compone la Repubblica possa corrispondere automaticamente una ripartizione del popolo in improbabili sue frazioni (si richiama la sentenza n. 170 del 2010), dovrebbe affermarsi a maggior ragione per le minoranze nazionali. D'altra parte, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe lo stesso contenuto della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali a confermare che la popolazione di una Regione non possa formare di per sé una "minoranza nazionale": se è vero che la convenzione-quadro presuppone una situazione di pericolo di lesione di diritti fondamentali degli appartenenti alla "minoranza nazionale", allora sarebbe contraddittorio dire che la popolazione di una Regione in quanto tale è esposta al rischio di violazione di diritti costituzionali fondamentali da parte della Repubblica, proprio perché anche la Regione è elemento costitutivo della Repubblica e dunque tenuta anch'essa a garantire quei diritti. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le censure rivolte all'art. 1 della legge regionale impugnata, che identifica l'aspetto soggettivo della "minoranza nazionale" con la popolazione del Veneto, andrebbero estese all'art. 2, che determina i contenuti oggettivi della tutela che si vorrebbe apprestare tramite un rinvio alla convenzione-quadro, quali ad esempio, la salvaguardia degli «elementi essenziali» dell'identità, come «la religione, la lingua, le tradizioni ed il patrimonio culturale» di cui all'art. 5 della convenzione-quadro. La "minoranza nazionale" a cui si riferisce la convenzione-quadro, tuttavia, è qualcosa di contrapposto alla maggioranza del popolo organizzato nell'ordinamento generale, di cui la minoranza stessa deve rispettare la leggi e i diritti ivi garantiti (art. 20). Anche l'art. 3 della legge regionale impugnata, che prefigura un ente incaricato del compito di raccogliere le dichiarazioni spontanee di appartenenza alla presunta minoranza veneta, incorrerebbe, conseguenzialmente, nella violazione delle medesime norme costituzionali, in quanto consente ai singoli appartenenti alla popolazione di una Regione di decidere individualmente se la loro appartenenza al popolo italiano sia piena oppure mediata dalla collocazione in una entità che si distingue e si contrappone al popolo italiano. Sarebbe poi affetto dai medesimi vizi di costituzionalità anche l'art. 4 della legge che, trattando gli aspetti finanziari, ha funzione secondaria e servente rispetto agli articoli precedenti.

1.2.- Il secondo motivo di censura, sempre relativo alla legge regionale nella sua interezza, riguarda la violazione degli artt. 2 e 3 Cost. Il ricorrente ricorda che secondo la giurisprudenza costituzionale si può riconoscere una minoranza, titolare di uno status particolare, solo quando lo impongano i principi fondamentali di cui agli artt. 2 e 3 Cost. (si richiama la sentenza n. 159 del 2009): quando, cioè il mancato riconoscimento della minoranza comporti la negazione della identità collettiva di un gruppo connotato da marcate particolarità culturali, in violazione dell'art. 2 Cost., nonché l'indebita parificazione giuridica dei suoi componenti alla condizione della generalità del popolo, in violazione dell'art. 3 Cost. Nel caso in esame non ricorrerebbe nessuna di queste condizioni, data l'assenza di ogni evidenza di tipo storico o sociologico che riveli nella popolazione del territorio veneto connotati identitari tali da giustificarne un trattamento giuridico quale minoranza nazionale. Del tutto inconferente, poi, sarebbe il riferimento, contenuto nei lavori preparatori della legge, al principio dell'autogoverno regionale di cui all'art. 2 dello Statuto del Veneto.

1.3.- Il terzo motivo di censura dell'intera legge regionale riguarda la violazione degli artt. 80 e 117, secondo comma, lettera a), Cost. Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la Regione non abbia la competenza ad adottare una normativa come quella in esame, perché l'attuazione della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali rientrerebbe nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» (si richiamano la sentenza n. 159 del 2009 e le sentenze n. 238 del 2004, n. 737 del 1988 e n. 179 del 1987). In primo luogo, il distacco di una porzione della popolazione nazionale dalla generalità e la sua qualificazione come "minoranza nazionale" avrebbe immediato riflesso sulla personalità di diritto internazionale dello Stato. In secondo luogo, il riconoscimento di una "minoranza nazionale" renderebbe operanti gli obblighi internazionali dello Stato discendenti dalla convenzione-quadro, sicché spetterebbe solo allo Stato la capacità di bilanciare gli interessi confliggenti e assicurare che il riconoscimento di una "minoranza nazionale" non si traduca in una ragione di privilegio o al contrario di discriminazione per la restante popolazione o per le altre minoranze.

Quanto alla violazione dell'art. 80 Cost., il ricorrente sostiene che con la legge impugnata la Regione Veneto solo formalmente si sarebbe basata sulla legge nazionale di ratifica della convenzione-quadro, ma in realtà avrebbe a tutti gli effetti emanato una propria particolare legge di ratifica, che si sovrappone a quella statale.

1.4.- Pur ritenendo che i tre motivi di censura sopra esposti siano tali da travolgere anche le previsioni serventi, relative al «Finanziamento» della legge stessa, il Presidente del Consiglio dei ministri presenta «per completezza» un quarto motivo di impugnazione, rivolto specificamente contro l'art. 4, per violazione degli artt. 81, terzo e quarto comma, 117, secondo comma, lettere g) ed e), e 118, primo comma, Cost.

La disposizione impugnata prevede che le spese relative all'attuazione della legge in esame «sono a carico e sono deliberate da ciascuna amministrazione centrale o periferica chiamata ad attuarla». Una tale previsione determinerebbe anzitutto una violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g), che attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la materia «organizzazione amministrativa dello Stato» e in proposito il ricorrente ricorda che per costante giurisprudenza costituzionale (si cita da ultima la sentenza n. 9 del 2016) è vietato alle Regioni porre a carico di organi e amministrazioni dello Stato compiti ulteriori rispetto a quelli individuati con legge statale. In secondo luogo, sussisterebbe una violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), che attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la materia «perequazione delle risorse finanziarie». A tale riguardo, il ricorrente nota che l'impugnato art. 4 pone a carico del bilancio statale le spese necessarie all'attuazione della legge regionale e prevede che tali spese siano finalizzate alla perequazione finanziaria. Per le medesime ragioni sarebbe violato anche l'art. 81, terzo e quarto comma, Cost., dato che solo la legge statale di approvazione del bilancio può autorizzare spese a carico del bilancio statale, mentre la legge regionale impugnata non solo non indica i mezzi di copertura delle spese, ma neanche le quantifica, impedendo così in radice ogni ipotetica previsione di copertura.

2.- Si è costituita in giudizio la Regione Veneto chiedendo che la Corte costituzionale si pronunci nel senso dell'inammissibilità e comunque del rigetto di tutte le questioni sollevate.

La difesa regionale afferma innanzitutto che la Regione non contesta la circostanza che sia lo Stato l'ente chiamato ad attuare la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, sui cui contenuti poi si sofferma. Secondo la difesa della Regione Veneto, la legge regionale impugnata in concreto esprimerebbe soltanto l'«aspirazione banalissima di non perdersi nel mare magnum dell'indistinto globalizzato». La Regione Veneto non avrebbe fatto altro «che ricordare allo Stato di aver ratificato, con la legge n. 302/1997, la Convenzione-quadro sulle minoranze nazionali, che essa ritiene dotata di contenuti rilevanti per la comunità insediata nel proprio territorio». E ciò, secondo la Regione, non determinerebbe «affatto né collisioni né rotture, ma semplicemente una attesa»: l'attesa che venga realizzata anche per le minoranze nazionali quella tutela di cui la stessa giurisprudenza costituzionale si è fatta carico quando ha affermato che la previsione della tutela delle minoranze linguistiche appare destinata, più che alla salvaguardia delle lingue minoritarie in quanto oggetto di memoria, alla consapevole custodia e valorizzazione di patrimoni di sensibilità vivi e vitali nell'esperienza dei parlanti (si richiama la sentenza n. 170 del 2010, oltre che la sentenza n. 42 del 2017, là dove si dà atto del valore pregnante sia della lingua italiana sia delle lingue minoritarie e si evoca l'erosione dei confini nazionali determinata dalla globalizzazione). Di conseguenza, la lettura offerta dal ricorso statale al contenuto complessivo della legge regionale impugnata, «pur letteralmente consentita», non sarebbe condivisibile. La stessa circostanza che il dettato della legge regionale impugnata sia, «per ora, concretamente inoffensivo», dato che la legge regionale non prevede oneri per la sua attuazione, testimonierebbe che la Regione Veneto ritiene che sia lo Stato l'ente competente ad attuare la convenzione-quadro e ad accollarsene gli oneri nella sua veste di soggetto di diritto internazionale. In ogni caso, poi, non ci sarebbe alcuna violazione degli artt. 5, 6 e 114 Cost., dato che la futura acquisizione da parte del «popolo veneto» dello status di "minoranza nazionale" non determinerebbe alcun contrasto con la Costituzione e con la legislazione che la attua, «poiché rimane saldo il principio che entrambe vanno rigorosamente rispettate». Non sarebbero violati neppure gli artt. 2 e 3 Cost., perché essere "minoranza nazionale" non equivarrebbe affatto a essere titolari di prerogative ingiustificate; né sarebbero violati gli artt. 81 e 117, secondo comma, lettera a), Cost., perché la Regione Veneto non avrebbe deliberato, legislativamente, di operare sostituendosi allo Stato, ma al contrario si sarebbe inibita questa facoltà proprio nel momento in cui ha stabilito che la legge regionale fosse «a costo zero». Inoltre, data la «non rilevanza giuridica dell'art. 4 della legge regionale», non sarebbero stati violati neppure gli artt. 81, terzo e quarto comma; 117, secondo comma, lettere a) ed e), e 118, primo comma, Cost., in quanto «disporre delle proprie risorse è prerogativa dello Stato, cui la Regione chiede l'attuazione, in proprio favore» della legge statale di ratifica ed esecuzione della convenzione-quadro sulle minoranze nazionali.

In definitiva, la difesa regionale conclude in primo luogo per l'inammissibilità delle censure prospettate dall'Avvocatura generale dello Stato, «atteso il carattere non lesivo dell'atto impugnato»; e, in secondo luogo, per la non fondatezza delle questioni sia «in sé e per sé, nel merito», sia «soprattutto e in ogni caso, se si accoglie l'opinione formulata dalla difesa della Regione Veneto, secondo cui la normatività della legge impugnata è condizionata da iniziative, che lo Stato deciderà di assumere ai sensi della legge n. 302/1997». In particolare, questa Corte costituzionale, secondo la difesa regionale «potrà, se del caso, pronunciare una sentenza interpretativa di rigetto di quanto sostenuto dalla Avvocatura generale dello Stato» e «lo Stato potrà, in ogni momento, sollevare conflitto di attribuzioni nei confronti di eventuali atti e provvedimenti che la Regione Veneto intendesse adottare in attuazione della legge regionale n. 28/2016; atti e provvedimenti da valutare nella loro lesività non ora in astratto, ma un domani in concreto, al momento della loro adozione».

3.- Hanno depositato un atto di intervento nel giudizio davanti a questa Corte l'associazione non riconosciuta "Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete", che si definisce «organizzazione esponenziale della nazione veneta», in persona del suo legale rappresentante L. P., unitamente allo stesso L. P. in proprio, eccependo la tardività del ricorso e chiedendo che, nel merito, ne venga dichiarata l'infondatezza.

4.- In vista dell'udienza pubblica, ha depositato memoria soltanto la difesa della Regione Veneto, insistendo sulle proprie conclusioni e svolgendo alcune considerazioni di sintesi. La difesa regionale ricorda, in particolare, che è attualmente in atto un "negoziato" tra la Regione Veneto e lo Stato per l'attribuzione di maggiori competenze ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost., giunto ora, a fine legislatura, a «una positiva pre-intesa, destinata a completarsi, una volta insediate le nuove Camere». Questa circostanza assegnerebbe alla legge regionale impugnata «altri significati, di certo non eversivi». La legge regionale, ribadisce la Regione, non avrebbe inteso invadere le competenze spettanti allo Stato in tema di minoranze nazionali, né ledere i parametri costituzionali invocati, ma avrebbe piuttosto attuato «una sorta di ricognizione, che ha lo scopo evidente di ridare vigore alla memoria e, con essa, a un sistema di valori, la cui nobiltà è innegabile».

5.- All'udienza del 20 marzo 2018, previa discussione sul punto, è stato dichiarato inammissibile l'intervento per i motivi indicati nell'ordinanza dibattimentale allegata alla presente sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali), impugnandola nella sua interezza per contrasto con gli artt. 2, 3, 5, 6, 80, 114 e 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione Ha inoltre censurato specificamente l'art. 4 della medesima legge regionale per violazione degli artt. 81, terzo e quarto comma, 117, secondo comma, lettere g) ed e), e 118, primo comma, Cost.

1.1.- In via preliminare va confermata l'ordinanza dibattimentale allegata alla presente sentenza che ha dichiarato inammissibile l'intervento.

1.2.- La legge regionale impugnata è composta da cinque articoli.

L'art. 1, rubricato «Minoranza Nazionale», prevede che al «popolo veneto» - individuato tramite il rinvio agli artt. 1 e 2 della legge regionale statutaria 12 aprile 2012, n. 1 (Statuto del Veneto) e comprensivo delle comunità etnico-linguistiche cimbre e ladine e delle «comunità legate storicamente e culturalmente o linguisticamente al popolo veneto anche al di fuori del territorio regionale» - «spettano i diritti» di cui alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1° febbraio 1995, ratificata e resa esecutiva con la legge 28 agosto 1997, n. 302.

L'art. 2 stabilisce che la «legge si attua a tutti gli ambiti» previsti dalla medesima convenzione-quadro secondo i criteri e le modalità determinati dalla Giunta regionale e «senza oneri a carico della Regione».

L'art. 3 individua «l'Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingua venete, da costituirsi presso la Giunta regionale» quale soggetto incaricato «della raccolta e valutazione delle dichiarazioni spontanee» di appartenenza alla minoranza nazionale veneta. Alla Giunta regionale spetta il compito di monitorare le attività svolte dal nuovo ente.

L'art. 4 si occupa degli aspetti finanziari, prevedendo che tutte le spese relative alla attuazione della legge impugnata nel territorio regionale «sono a carico e deliberate da ciascuna amministrazione centrale o periferica chiamata ad attuarla [...] eventualmente con perequazione dell'amministrazione centrale».

L'art. 5, infine, ne stabilisce l'entrata in vigore, a partire dal giorno successivo alla sua pubblicazione.

1.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri formula tre ordini di censure in relazione all'intero testo della legge regionale n. 28 del 2016.

In primo luogo, il ricorrente ritiene violati gli artt. 5, 6 e 114 Cost., in quanto la popolazione riferibile a uno degli enti esponenziali della Repubblica non potrebbe per ciò solo essere qualificata come "minoranza nazionale", distinta e contrapposta rispetto alla maggioranza del popolo italiano. Il principio di unità e indivisibilità sancito dagli artt. 5 e 114 Cost. impedirebbe di rappresentare la Repubblica come «una somma materiale di minoranze» e, in ogni caso, le minoranze nazionali non potrebbero coincidere con le componenti personali delle articolazioni della Repubblica stessa, quali sono le Regioni.

In secondo luogo, il ricorrente denuncia il contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost. perché riconoscere una minoranza sarebbe possibile e necessario solo quando in mancanza di tale riconoscimento si negherebbe l'identità collettiva del gruppo, parificando giuridicamente una situazione collettiva connotata da marcate particolarità culturali alla condizione della generalità del popolo. Nel caso di specie, tuttavia, non ricorrerebbero le circostanze che sole giustificano e richiedono il riconoscimento di una minoranza veneta.

In terzo luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che il legislatore regionale non sia competente ad adottare la legge impugnata, in quanto l'attuazione della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali rientrerebbe nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera a), Cost. Inoltre, la Regione Veneto solo formalmente si sarebbe basata sulla legge nazionale di ratifica della convenzione-quadro, ma in realtà avrebbe a tutti gli effetti emanato una propria particolare legge di ratifica, con conseguente violazione dell'art. 80 Cost.

1.4.- In caso di mancato accoglimento delle censure relative alla legge regionale n. 28 del 2016 nella sua interezza, il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia distintamente anche il solo art. 4, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., relativo alla materia «organizzazione amministrativa dello Stato», in quanto le Regioni non potrebbero porre a carico di organi e amministrazioni dello Stato compiti ulteriori rispetto a quelli individuati con legge statale. La medesima disposizione violerebbe inoltre l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., relativo alla materia «perequazione delle risorse finanziarie», perché sarebbe vietato alla legge regionale prevedere «il riequilibrio tra le disponibilità finanziarie dei diversi livelli di governo dotati di differente capacità fiscale». Infine, la disposizione censurata non rispetterebbe i principi contenuti nell'art. 81, terzo e quarto comma, e nell'art. 118, primo comma, Cost., dato che la legge regionale impugnata non quantifica le spese né individua i mezzi con cui farvi fronte, e comunque addossa illegittimamente alle amministrazioni statali nuovi oneri amministrativi e finanziari.

2.- La difesa regionale eccepisce preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per carenza di lesività della legge regionale impugnata.

L'eccezione non è fondata.

La legge della Regione Veneto n. 28 del 2016 qualifica il «popolo veneto» come "minoranza nazionale" degna di tutela ai sensi della convenzione-quadro e impegna le amministrazioni centrali e periferiche a rendere effettiva tale tutela; essa prevede, inoltre, l'istituzione di un nuovo ente regionale incaricato di raccogliere e valutare le dichiarazioni individuali di appartenenza a tale minoranza. Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa regionale, non si tratta di semplici aspirazioni o di enunciati meramente ottativi, ma di precetti a contenuto normativo, sicché l'eccezione di inammissibilità basata sulla carenza di lesività dell'atto impugnato deve essere respinta (si veda analogamente, da ultima, la sentenza n. 245 del 2017).

Né, d'altra parte, i contenuti della legge regionale impugnata potrebbero mai essere interpretati, secondo quanto prospettato dalla resistente, come semplice espressione di una richiesta, rivolta allo Stato, di dare effettiva attuazione alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali nel territorio della Regione Veneto. In proposito, va ricordato anzitutto che lo Stato ha già ratificato e recepito la convenzione-quadro con la legge n. 302 del 1997. In ogni caso, lo strumento di cui ogni Regione dispone per stimolare l'intervento dello Stato negli ambiti di sua competenza non è certo l'approvazione di una legge regionale, ma è piuttosto l'iniziativa legislativa delle leggi statali attribuita a ciascun Consiglio regionale dall'art. 121 Cost. È a tale facoltà che la Regione avrebbe dovuto fare ricorso se l'intendimento effettivamente perseguito fosse stato quello di sollecitare il legislatore statale ad adottare ulteriori atti di sua competenza in materia di tutela delle minoranze, volti alla «custodia e alla valorizzazione di patrimoni di sensibilità collettiva vivi e vitali» nel territorio regionale, come affermato nelle memorie del Veneto, richiamandosi alle parole di questa Corte (sentenza n. 170 del 2010).

3.- Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l'intera legge regionale n. 28 del 2016 sono fondate.

3.1.- Per inquadrare correttamente le questioni sottoposte all'esame della Corte, occorre premettere che la tutela delle minoranze - garantita dall'art. 6 Cost. con specifico riferimento alle minoranze linguistiche - è espressione dei fondamentali principi del pluralismo sociale (art. 2 Cost.) e dell'eguaglianza formale e sostanziale (art. 3 Cost.), che conformano l'intero ordinamento costituzionale e che per questo sono annoverati tra i suoi principi supremi (sentenze n. 88 del 2011, n. 159 del 2009, n. 15 del 1996 e n. 62 del 1992).

L'aspetto linguistico al quale si riferisce l'art. 6 Cost., e su cui questa Corte è stata più frequentemente chiamata a pronunciarsi, è «un elemento [...] di importanza basilare» che, insieme a quello nazionale, etnico, religioso e culturale, contribuisce a definire la «identità individuale e collettiva» dei singoli e dei gruppi (sentenze n. 159 del 2009, n. 15 del 1996 e n. 261 del 1995). Tale identità è l'oggetto della tutela approntata, oltre che dai citati principi costituzionali, anche da sempre più numerosi documenti internazionali (si vedano ad esempio gli ampi riferimenti contenuti nelle sentenze n. 159 del 2009, n. 15 del 1996 e n. 62 del 1992). Pertanto, nella giurisprudenza di questa Corte, la tutela delle minoranze linguistiche di cui all'art. 6 Cost. è considerata espressione paradigmatica di una più ampia e articolata garanzia delle identità e del pluralismo culturale, i cui principi debbono ritenersi applicabili a tutte le minoranze, siano esse religiose, etniche o nazionali, oltre che linguistiche.

3.2.- Deve essere condivisa l'osservazione della Regione resistente circa il fatto che la tutela delle minoranze richiede «l'apprestamento sia di norme ulteriori di svolgimento, sia di strutture o istituzioni finalizzate alla loro concreta operatività» (sentenze n. 159 del 2009, n. 15 del 1996, n. 62 del 1992 e n. 28 del 1982), in presenza delle quali soltanto i principi proclamati dall'art. 6 Cost. e dai rilevanti accordi internazionali possono acquisire concreta effettività.

In ordine alla titolarità dei poteri esercitabili a tale scopo, questa Corte in un primo momento ha affermato che solo il legislatore statale fosse abilitato a dettare norme sulla tutela delle minoranze, in ragione di inderogabili esigenze di unità e di eguaglianza (sentenze n. 14 del 1965, n. 128 del 1963, n. 46 e n. 1 del 1961 e n. 32 del 1960). Successivamente, questa Corte ha ritenuto che anche i legislatori regionali e provinciali potessero adottare atti normativi in materia, specialmente al fine di garantire e valorizzare l'identità culturale e il patrimonio storico delle proprie comunità, ma sempre nel pieno rispetto di quanto determinato in materia dal legislatore statale (sentenze n. 261 del 1995, n. 289 del 1987 e n. 312 del 1983).

La giurisprudenza costituzionale più recente è chiara nell'affermare che la tutela delle minoranze è refrattaria a una rigida configurazione in termini di "materia" da collocare in una delle ripartizioni individuate nel Titolo V della seconda parte della Costituzione e che la sua attuazione in via di legislazione ordinaria richiede tanto l'intervento del legislatore statale, quanto l'apporto di quello regionale (sentenza n. 159 del 2009). Infatti, i principi contenuti negli artt. 2, 3, e 6 Cost. si rivolgono sempre alla "Repubblica" nel suo insieme e pertanto impegnano tutte le sue componenti - istituzionali e sociali, centrali e periferiche - nell'opera di promozione del pluralismo, dell'eguaglianza e, specificamente, della tutela delle minoranze; sicché, sul piano legislativo, l'attuazione di tali principi esige il necessario concorso della legislazione regionale con quella statale.

Nondimeno, il compito di determinare gli elementi identificativi di una minoranza da tutelare non può che essere affidato alle cure del legislatore statale, in ragione della loro necessaria uniformità per l'intero territorio nazionale. Inoltre, il legislatore statale si trova nella posizione più favorevole a garantire le differenze proprio in quanto capace di garantire le comunanze e risulta, perciò, in grado di rendere compatibili pluralismo e uniformità (sentenza n. 170 del 2010), anche in attuazione del principio di unità e indivisibilità della Repubblica di cui all'art. 5 Cost.

In questa cornice debbono intendersi le affermazioni contenute nella sentenza n. 170 del 2010 - relative alla tutela delle minoranze linguistiche, ma da estendersi, per le ragioni sopra esposte, alla più generale tutela dei gruppi minoritari - secondo le quali non è consentito al legislatore regionale configurare o rappresentare la "propria" comunità in quanto tale come "minoranza", «essendo del tutto evidente che, in linea generale, all'articolazione politico-amministrativa dei diversi enti territoriali all'interno di una medesima più vasta, e composita, compagine istituzionale non possa reputarsi automaticamente corrispondente - né, in senso specifico, analogamente rilevante - una ripartizione del "popolo", inteso nel senso di comunità "generale", in improbabili sue "frazioni"» (sentenza n. 170 del 2010). Riconoscere un tale potere al legislatore regionale significherebbe, infatti, introdurre un elemento di frammentazione nella comunità nazionale contrario agli artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.

Lasciata, dunque, in disparte ogni considerazione circa la compatibilità della legge regionale impugnata con lo specifico contenuto della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, a cui essa si richiama - la quale peraltro contiene principalmente un elenco di diritti di natura individuale, ma non configura diritti collettivi dei gruppi minoritari - la legge regionale impugnata, nel qualificare il «popolo veneto» come "minoranza nazionale" ai sensi della citata convenzione-quadro, contrasta con i principi sviluppati nella giurisprudenza di questa Corte in materia.

Ne consegue la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'intero testo della legge regionale n. 28 del 2016, in riferimento agli artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.

3.3.- Restano assorbiti gli altri profili di censura.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile l'intervento di «Aggregazione Veneta - Aggregazione delle associazioni maggiormente rappresentative degli enti ed associazioni di tutela della identità, cultura e lingue venete» e di L. P.;

2) dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Veneto 13 dicembre 2016, n. 28 (Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali).
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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » lun ago 29, 2016 9:48 pm

RIFIUTA DOCUMENTI ITALIANI, VENETO INDIPENDENTISTA A PROCESSO

http://www.miglioverde.eu/rifiuta-docum ... a-processo

di ILARIA MARIA PRETI*

Sacile (Pordenone, Friuli Venezia Giulia) – Il patriota Veneto Massimiliano Moscatello (nella foto a sinistra) di 43 anni è stato arrestato lo scorso martedì 23 agosto a Sacile. Fermato da dei carabinieri, ha rifiutato di consegnare i documenti e ha invece letto la dichiarazione di sovranità del Veneto.

Sarà processato il prossimo 1° settembre per resistenza passiva. Massimiliano Moscatello, da tre giorni in carcere per le sue idee, aderisce al gruppo del comitato di liberazione del Veneto.

Martedì scorso stava guidando in auto con il padre quando è stato fermato da un’auto dei carabinieri che stava guidando verso est. I militari, pur conoscendolo, lo hanno fermato per identificarlo.

Non è la prima volta che a Moscatello capitano queste disavventure. Alla richiesta di documenti, l’indipendentista ha rifiutato e ha letto invece la dichiarazione di sovranità e autodeterminazione del Veneto. I Carabinieri lo hanno denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e arrestato.

Uno dei carabinieri ha infilato il braccio nell’automobile, a suo dire per disinserire la marcia dell’auto, ed è stato morso dal cagnolino di Moscatello che si trovava sul sedile posteriore dell’auto. Portato in prigione, il Moscatello si è visto confermare l’arresto da parte del Giudice delle Indagini preliminari. Da quanto comunicano anche dal Comitato di liberazione nazionale del Veneto, Massimiliano è tutt’ora in carcere in attesa di processo.


Fermato perchè riconosciuto come indipendentista veneto

Il motivo per cui Massimiliano Moscatello sarebbe stato fermato dai carabinieri è stato chiarito davanti al Gip. L’avv. Tapparo (difensore di Moscatello e parte del pool di avvocati del Cln Veneto) ha posto ai Carabinieri coinvolti una domanda che chiarisce quanto successo. «Come mai pur avendo riconosciuto macchina e conducente l’hanno voluto fermare per chiedere a quest’ultimo di identificarsi con obbligo di consegna dei documenti?» Sempre davanti al giudice i carabinieri hanno risposto: «perché il Moscatello è un soggetto che stiamo monitorando».

Arrestato per le sue idee politiche

Sotto silenzio, non ne parla nessuno, ma i movimenti indipendentisti veneti sono ancora molto vivaci. Al punto che i loro aderenti si guadagnano il monitoraggio da parte delle forze dell’ordine. Eppure non si è mai sentito di un reato compiuto da parte di un indipendentista Veneto o Lombardo che sia. Non rubano, non rapinano, non spacciano droga, non accoltellano nessuno e non si fanno saltare in aria.

Tant’è che il prossimo primo settembre Massimiliano Moscatello sarà processato per “resistenza passiva” alle forze dell’ordine. Qualcosa per accusarlo e metterlo in prigione dovevano pur trovarlo, vien naturale commentare. Abbiamo rapitori di bambini che sono lasciati liberi, i furti degli zingari che sono considerati “fisiologici”, e gli indipendentisti veneti che sono arrestati per aver letto una legittima dichiarazione di indipendenza.


???
Il referendum sull’indipendenza del Veneto

In Veneto si preparano ai due referendum democratici. Dovrebbero svolgersi fra qualche mese, probabilmente in concomitanza con il referendum sull’autonomia della Lombardia. Uno di questi due referendum riguarda direttamente l’indipendenza del Veneto. È stato approvato da tutto il consiglio regionale del Veneto.

La corte costituzionale non lo ha potuto cassare. Intanto i Veneti combattono per la loro Sovranità in molti modi diversi. Metodi diversi da gruppo politico a gruppo politico. Il Veneto, si dice, si caratterizza in due aree di pensiero. Gli indipendentisti della Lega Nord e tutti gli altri indipendentisti. Le sigle politiche sono davvero molte. Ideale identico, la libertà del Veneto e la sua rinascita come Nazione e come Stato, ma elaborazione di proposte differenti per arrivarci.


???
Quella scelta dal Comitato di liberazione del Veneto è la decolonizzazione.
Il Comitato di Liberazione Nazionale

Il comitato nazionale del Veneto, che si è schierato immediatamente a fianco di Massimiliano Moscatello, ha dichiarato che: «Massimiliano Moscatello non è un secessionista. La secessione è percorso dei venetisti o di popoli come i Catalani che non hanno possibilità di decolonizzarsi. Moscatello è una semplice persona che, come altre migliaia nel territorio, ha preso coscienza di quali sono le sue origini e quali i suoi diritti di sovranità sul territorio veneto in base al diritto internazionale».

Certo! In questa Italia governata da Renzi, e da Deborah Serracchiani, dovevamo anche assistere ancora all’arresto di persone per bene la cui unica colpa è quella di “resistere passivamente allo stato italiano!”.

Se e parla a questo link Percorso di libertà
http://clnveneto.ch/category/percorso_liberta_clnv

Il percorso legale affinché il Popolo Veneto possa tornare in possesso della propria sovranità sui territori della Nazione Veneta si chiama DECOLONIZZAZIONE. Questa via, riconosciuta dal Diritto Internazionale nei trattati che stabiliscono i prinicipi dell’autodeterminazione dei Popoli, è stata intrapresa per prima dal Popolo Indiano che nel 1947, grazie all’opera del “mahatma” Gandhi, ha ottenuto la liberazione dalla dominazione coloniale inglese. Una decina di anni dopo è iniziata la grande decolonizzazione di intere fette di mondo rimaste ancora in mani europee, americane o giapponesi. Quasi tutto il continente africano e gran parte dell’Asia sud-orientale hanno visto trionfare i movimenti di liberazione nazionale che combattevano per le libertà e i diritti fondamentali di ogni popolo. L’ultimo paese ad avere ottenuto storicamente la “decolonizzazione” è stato Macao, restituito alla Cina, nel 1999.


Gabriele Perruca
https://www.facebook.com/gabriele.perucca

1) Le argomentasion de Peruca no łe sta en pie, łe xe tel memo tenor de coełe de Palmerini; enterpretasion personałi dal tuto arbitrarie e poco coerenti. Sono entrambe persone storicamente poco coscienti e scarsamente preparate, sono presuntuose e arroganti.

A scuminsiare da sta kì:
http://clnveneto.ch/legge-2122010

IL DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE DELL’AUTORITÀ ITALIANA
2 marzo 2016 CLN Veneto

Per il diritto internazionale, quando un soggetto prende coscienza della propria nazionalità originaria e si riconosce in uno status discrminante di occupazione straniera, razzista e colonialista può iniziare un percorso individuale etico, morale, culturale, sociale e fiscale che, rapportato all’intero Popolo in autodeterminazione, si chiama nella sua fase esecutiva “DECOLONIZZAZIONE”.

Il Popolo Veneto ha le condizioni storiche e legali di partenza per intraprendere questo percorso e può sfruttare non solo il Diritto Internazionale ma, a differenza di tutti gli altri Popoli della penisola italica, anche una legge in più del Diritto Italiano.

Infatti, per un errore ormai non sanabile da parte dell’amministrazione italiana, dal 13 Dicembre del 2010 lo stato occupante, colonialista e razzista italiana ha emanato il Decreto Legislativo 212 che abroga il Regio Decreto 3300 del 4 Novembre 1866 e la successiva conversione in legge n. 3841 del 18 Luglio 1867 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale Italiana n. 292 del 15/12/2010 – Supplemento Ordinario n. 276), abrogando “de iure” l’annessione dei Territori Veneti (le attuali regioni italiane chiamate Veneto e Friuli Venezia Giulia) e della provincia di Mantova all’Italia.

La suddetta abrogazione del del R.D. 3300 del 4/11/1866 e della sua conversione in legge n. 3841 del 18/07/1867e consente “de iure” direttamente ex lege italiana a tutti quei soggetti che dichiarano la propria nazionalità veneta di mettere in atto il DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE DELLO STATO ITALIANO PER MATERIA E PER TERRITORIO e di rigettare tutti gli atti amministrativi italiani.

Lo stato italiano resta comunque presente sui territori veneti con il proprio apparato amministrativo anche dopo l’abrogazione dell’annessione dei territori veneti. Ma ci resta solo “de facto” e nel momento in cui un soggetto rivendica la propria nazionalità pre-unitaria “de iure” lo stato italiano non è più legittimato ad imporre la propria forza coercitiva su questo individuo in autodeterminazione. Per le fonti del diritto internazionale (quindi anche per quello italiano) il “de iure” prevale sempre sul “de facto”: la legge prevale sempre sugli usi e sulle consuetudini.


2) Sta argomansa no ła ga gnaon vałor, lè enfantilmente asurda, parké ła realtà ente ła so conplesetà, no ła canvia abrogando on Decreto par xvista o parké lè stà superà e asorbio da altri vegnesti dopo; anca parké come ke lè stà abrogà dal Poder el Poder el pol ripristinarlo.


3) Peruca el trà fora el somexo de Gandhi, ma a łeberar l'India non lè stà Gandhi ma ła mobiłitasion e ła rivolta del popolo endian; Gandhi el ga vesto el merito de ver xvejà e ognio łi endiani ente on fronte ognoło contro l'opresion angrexe.

4) Anca el paragon de ła condision veneta sojeta al stado tałian, co ła cołonixasion/decołonixasion endiana e afregana no ła stà en pie.


5) N'altra ensemensa de Peruca e del so CLN lè coeła so i confini de ła Tera Veneta e so l'edentetà połedega dei Veneti ke luri łi confonde co ła suditansa venesiana drento el mito de Venesia:

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Veneto.jpg



6) Anca sta ensemensa enfantil de revolxarse a coalké Pàrono/Patrono come on Santo (San Marco) o al Papa o a l'ONU, pitosto ke al Popolo Veneto (ke lè l'ognolo a ver el dirito e ła forsa de deçidar) lè on segno de l'encosiensa, de l'encoerensa, de sti pori veneti ke łi se crede de tegner en man ła ciave del Paradixo o de ła łebertà dei Veneti.
http://clnveneto.ch/documento-fondazione-comitato-clnv

???
http://clnveneto.ch/documento-fondazione-comitato-clnv



7) Sti personaj łi xe cusì ciapà da luri memi ke łi se ga dexmentegà del Popolo Veneto, łi xe cusì envaxà de luri memi ke łi crede de esar luri el Popoło Veneto.

8) Ma no xe łe ciacołe de coalke envaxà, de coatro połedeganti o de 3 avogadori ke posa canbiar łe robe, ma xe ła vołontà de łe xenti venete, de ła pì parte de coel Popoło Veneto ke łuri łi scanvia par calcosa de altro.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ti-oro.jpg

9) Anca Peruca, come Palmerini e gran parte dei venetisti venesianisti par ke no łi gapie gnaona cosiensa
de łe responsabiłità e de łe colpe dei veneti venesiani e dei veneti de tera so ł'andamento de ła storia ke ne ga portà prima a esar envaxi e depredà da Napoleon e suditi de ła so França enperial e dapò siditi de l'Aostria e de ła Tałia savoiarda.


Na bona połedega lè senpre coeła de ridur i dani, de no xontar dexgràsie a dexgràsie, de no far star pexo ła to xente, de no farghe perdar tenpo e skei, de no crear inutiłi atriti e frision col "nemigo-ocupante".
Se se ga da far ati de dexobediensa çivil łi se ga da far co criterio e ke łi produga coalke bon efeto par tuti e no lomè dixajo par coalkedon e łi ga da esar ati cołetivi de màsa, nesun el ga da ndar a scontrase e a farse mal par gnente.
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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » mar set 13, 2016 6:09 am

A ghè venetisti/venesianisti ke łi crede e łi fa credar ke entel Plebisito del 1866 i veneti łi sipia sta costreti co ła trufa a çernir de deventar suditi dei Savoia anvençe de prefarir ła łebertà e l'endependensa.


Anesion del Veneto a el stado talian - el plebesito trufa
viewtopic.php?f=139&t=518

Plebiscito 1866 - errori di prospettiva, di critica e mala interpretazione.
Ma quale sarebbe stata la truffa?
Se il Veneto non fosse stato ceduto dall'Austria ai Savoia e non ci fosse stato il Plebiscito di annessione al Regno dei Savoia, i veneti non sarebbero stati liberi e indipendenti ma sarebbero rimasti sudditi dell'Austria e alla luce della storia forse sarebbe stato meglio.
Il Veneto come dominio austriaco, poteva essere ceduto dall'Austria ai Savoia senza passare attraverso la consultazione plebiscitaria che aveva un valore meramente consultivo e formale e che serviva ai Savoia per sostenere il mito dell'Unità Risorgimentale. I veneti chiamati alle urne votarono nella stragrande maggioranza per il Sì (sotto controllo e perciò condizionati ...) però vi è da dire che gran parte dei veneti che votarono sì erano convinti o almeno speravano che l'adesione ai Savoia gli avrebbe fatti star meglio e resi più liberi che se fossero rimasti dominio austriaco. Il voto plebiscitario non si ebbe a partire da una condizione di libertà e indipendenza del Veneto ma da una condizione di sudditanza e di non libertà, perciò è più che comprensibile se la stragran maggioranza votò sì all'annessione all'Italia sabauda; ciò però non significa che i veneti allora abbiano scelto di non essere liberi e indipendenti ma sudditi dei Savoia.
Forse se i veneti avessero potuto scegliere tra il dominio austriaco, il dominio savoiardo e il dominio veneziano avrebbero scelto il dominio veneziano e se avessero potuto scegliere tra il dominio veneziano e l'indipendenza a sovranità di tutti i veneti forse avrebbero scelto quest'ultima opzione. È più che possibile che se i veneti avessero sospettato quello che sarebbe loro capitato con i Savoia, si sarebbero astenuti in massa o in massa avrebebro votato NO. Ma la storia è costruita con in fatti e non con i se e i ma.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 1567781869

I veneti, nel plebiscito del 1866 non scelsero tra la loro libertà e indipendenza o tra il ripristino della Repubblica Veneta a dominio veneziano e l'unità d'Italia, ma tra la sudditanza al dominio degli Asburgo e la sudditanza al Regno dei Savoia.

Sicuramente se i veneti avessero potuto scegliere tra la loro libertà nel ripristino del passato veneziano o in una nuova indipendenza e la sudditanza ai Savoia, probabilmente avrebbero scelto la loro libertà e indipendenza.

Me par ke Bejato el gapie xugà so sta mancansa de ciarèsa, come se el plebesito el fuse stà na sielta forsà tra ła łebertà dei veneti e ła so suditanza ai Savoia; ma no xe stà cusì, a cogna esar pì ciàri.


Se il Veneto non fosse stato ceduto dall'Austria ai Savoia e non ci fosse stato il Plebiscito di annessione al Regno dei Savoia, i veneti non sarebbero stati liberi e indipendenti ma sarebbero rimasti sudditi dell'Austria e alla luce della storia forse sarebbe stato meglio.
Il Veneto come dominio austriaco, poteva essere ceduto dall'Austria ai Savoia senza passare attraverso la consultazione plebiscitaria che aveva un valore meramente consultivo e formale e che serviva ai Savoia per sostenere il mito dell'Unità Risorgimentale. I veneti chiamati alle urne votarono nella stragrande maggioranza per il Sì (sotto controllo e perciò condizionati ...) però vi è da dire che gran parte dei veneti che votarono sì erano convinti o almeno speravano che l'adesione ai Savoia gli avrebbe fatti star meglio e resi più liberi che se fossero rimasti sotto il dominio austriaco. Il voto plebiscitario non si ebbe a partire da una condizione di libertà e indipendenza del Veneto ma da una condizione di sudditanza e di non libertà, perciò è più che comprensibile se la stragran maggioranza votò sì all'annessione all'Italia sabauda; ciò però non significa che i veneti allora abbiano scelto di non essere liberi e indipendenti ma sudditi dei Savoia.
Forse se i veneti avessero potuto scegliere tra il dominio austriaco, il dominio savoiardo e il dominio veneziano avrebbero scelto il dominio veneziano e se avessero potuto scegliere tra il dominio veneziano e l'indipendenza a sovranità di tutti i veneti forse avrebbero scelto quest'ultima opzione. È più che possibile che se i veneti avessero sospettato quello che sarebbe loro capitato con i Savoia, si sarebbero astenuti in massa o in massa avrebbero votato NO. Ma la storia è costruita con in fatti e non con i se e i ma.

È importante sottolineare che con il plebiscito del 1866 i veneti non decisero tra la loro libertà-indipendenza e il dominio dei Savoia ma tra il dominio austriaco e quello savoiardo che prometteva loro condizioni migliori che però mai si sono realizzate, anzi il dominio savoiardo si dimostrò subito peggiore di quello austriaco.


1848, 1866, 2017
viewtopic.php?f=181&t=2684

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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » lun ott 10, 2016 6:57 am

La foła ke ła Serenisima ła gapie ispirà ła Costitusion Meregana
viewtopic.php?f=148&t=2405

https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 2295436520

A xe posibiłe ke tra łe tante fonti de ispirasion, del pasà e de l'ancó ca gheva a despoxision i meregani con łi ga trato fora e scrito ła so costitusion a ghe fuse anca ła Repiovega Serenisima, ma a xe tuto da verefegar anca parké la Costitusion de ła Repiovega Meregana ła xe nata federal, anvençe ła Repiovega Venesiana no ła jera federal e par sta pèca ła xe morta.
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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » gio ott 27, 2016 8:24 am

IL SOGNO DEL VENETO LIBERO. UNA LUNGA RICERCA DELL'INDIPENDENZA PERDUTA.
Di CARLO LOTTIERI
mercoledì 26 ottobre 2016

https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.i ... l?spref=fb

Una storia di più mille anni non può dissolversi senza lasciare tracce: e questo è ancor più vero se a quella vicenda plurimillenaria appartengono figure come Marco Polo e Paolo Sarpi, Tiziano Vecellio e Antonio Vivaldi.

La Repubblica di Venezia muore a Campoformio, per volontà di Napoleone, ma da quel 1797 in poi numerosi episodi hanno visto i veneti sognarne la rinascita. E non ci si riferisce solo alla Repubblica di San Marco guidata da Daniele Manin (un'esperienza istituzionale che durò quasi un anno e mezzo, dal marzo del 1848 all'agosto del 1849), poiché spinte ribelli si sono avute in varie circostanze.

L'ultimo lavoro di Ettore Beggiato ( Questione veneta. Protagonisti, documenti e testimonianze , edito da Raixe Venete e in vendita a 15 euro) accende i riflettori su questa costante aspirazione all'indipendenza. L'obiettivo dell'autore è aiutare a comprendere il profondo malcontento di un Veneto che continua a non sentirsi a proprio agio all'interno delle istituzioni italiane, così come era analogamente riottoso quando a governarlo erano i francesi o gli austriaci.

Dalla documentazione raccolta nel volume emerge una storia in parte sorprendente, se si considera che perfino il 12 giugno del 1945, poco dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, un telegramma del ministro dell'Interno si rivolgeva al prefetto di Venezia per avere informazioni sule spinte separatiste. Il motivo di quella richiesta stava nel fatto che su L'Avanti! , organo del partito socialista, un'intervista al professor Ugo Morin (presidente del Cnl del Veneto) aveva richiamato l'attenzione su un gruppo volto a ottenere «una autonomia integrale del Veneto e alla costituzione di una Repubblica di San Marco». Ma spinte centripete di questo tipo si incontrano di continuo, come un fiume carsico che periodicamente viene alla luce.

La prima importante manifestazione di questo spirito si ebbe nel 1809. Contro i francesi e in sintonia con altre rivolte in varie parti d'Europa, in Veneto hanno luogo ribellioni popolari che il 10 luglio portano addirittura alla nascita di un governo provvisorio con sede a Schio, nel Vicentino. In quegli anni le «insorgenze» anti-napoleoniche sono molte, dal Tirolo di Andreas Hofer alla Spagna della guerra d'indipendenza, ma ciò che colpisce della vicenda veneta è il silenzio successivo: il quasi totale oblio di quelle iniziative politiche che tentarono di riportare in vita la Serenissima.

La tesi di Beggiato è che studiare il passato aiuta a comprendere come il disagio del Veneto contemporaneo affondi in un'identità lungamente negata e in una serie di soprusi causati da un potere statale sempre più oppressivo. Da oltre due secoli il Veneto soffre una grave mancanza di libertà ed è vittima di malgoverni di ogni genere. Con determinazione esso ha manifestato a più riprese questa sua voglia di autogoverno in molteplici modi e, soprattutto, ha sempre coltivato un forte sentimento di ostilità verso le istituzioni.
La visita dell'imperatrice Sissi
Il volume sottolinea come taluni scrittori abbiano bene compreso questa difficoltà veneta a sentirsi a proprio agio in Italia. Nel 1982 sul Corriere della Sera Goffredo Parise scrisse un articolo memorabile che iniziava in questo modo: «Il Veneto è la mia patria». E qualche anno dopo Indro Montanelli parlò senza mezzi termini della Repubblica Veneta come di «una civiltà non italiana, ma europea e cristiana».

Quello che questi e altri autori colgono in forma intuitiva una volontà indipendentista che, sul piano politico, si traduce in un susseguirsi ininterrotto di iniziative e movimenti: più o meno spontanei, più o meno organizzati. Quanti pensano che parole come indipendenza o autodeterminazione siano apparse nel dibattito pubblico veneto solo a partire dalla nascita della Liga Veneta, nel 1980, forse non sanno che all'indomani della Grande Guerra l'onorevole Luigi Luzzatti, già presidente del Consiglio dei ministri, mise in guardia Vittorio Emanuele Orlando in merito alla possibilità di «un'Irlanda Veneta», e cioè di una rivolta separatista.
Con l'ultimo dominante scomparve ogni idea di nazione veneta
Non erano timori infondati, se si considera che nel 1921 alle elezioni politiche si presentò una lista «Leone di San Marco» che in provincia di Treviso ottenne il 6,1% dei voti. Parallelamente operava un socialista anomalo come il deputato Guido Bergamo, il quale arrivò ad affermare: «Ora basta! Il problema veneto è così acuto che noi da oggi predicheremo la ribellione dei veneti. Cittadini, non paghiamo le tasse, non riconosciamo il governo centrale di Roma, cacciamo via i prefetti, tratteniamo l'ammontare delle imposte dirette nel Veneto».

Come Beggiato sottolinea, è sempre un intreccio di motivi anche diversi a tenere in vita il desiderio dei veneti di essere «padroni a casa loro». Ci sono ragioni culturali e perfino linguistiche (se si considera l'attaccamento dei veneti alla lingua di Carlo Goldoni e Giacomo Casanova), motivazioni storiche e simboliche, frustrazioni economiche, aspirazioni libertarie. Se la Repubblica di Venezia era stata uno dei centri economici della prima globalizzazione, con la perdita dell'autogoverno questo territorio è entrato in un declino causato dalle tasse, dalla devastazione delle guerre, dalla coscrizione obbligatoria.

In tal senso a più riprese il leone di San Marco ha finito per incarnare un passato glorioso che fa sfigurare il presente, ma al tempo stesso è pure divenuto il simbolo di una battaglia ideale volta a restituire ai veneti la libertà di governarsi da sé.

Non è un caso se qualche settimana fa il sistema politico italiano, su richiesta del governo Renzi, ha dovuto scomodare la Corte costituzionale affinché annullasse una legge regionale veneta che istituiva un referendum consultivo sull'indipendenza. A Venezia si era pensato che se un plebiscito (truffaldino) nel 1866 aveva decretato il passaggio del Veneto all'Italia, un altro voto popolare potesse restituire ai veneti la facoltà di costruire proprie istituzioni. La repubblica italiana ha negato ai veneti la facoltà di votare, ma è forte la sensazione che - oggi come ieri - sotto la cenere vi siano braci che continuino ad ardere.


Alberto Pento

Nol me par gnente on bon articolo, parké i veneti come veneti e no come venesiani, soto Venesia no li jera endependenti e dapò parké Venesia no la jera on paradixo en tera e no la ga fato gnente pa rendar endependenti tuti i veneti e par defendar la tera veneta da la França napoleonega e da l'Aostria ... Sto contar la storia tuta falbà dal mito de Venesia paradixo en tera, lè on cativo servisio ai veneti.

1) no se ga da confondar i veneti co i venesiani e el Veneto co Venesia
2) ła Repiovega Serenisima no ła xe termenà par colpa de Napoleon ma par colpa e responsabełetà de Venesia, dei venesiani e de ła so arestograsia ke goernava
3) entel 1848 co Manin la Repiovega de San Marco ła gheva el tricołor col leon
4) i veneti no łi jera endependenti ma ła pì parte ła jera soto o sotana de Venesia
5) Venesia e la Repiovega Serenisima no ła jera on paradixo se łi memi venesiani łi ga làsà ke Napoleon e l'Aostria łi se fese ła goera ente ła tera veneta e dapò ke Napołeon el deventàse paron dei veneti e de ła tera veneta sensa gnanca conbatar par defenderla, ke vargogna granda!
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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » mer nov 30, 2016 9:19 pm

CLNV comitato liberazione nazionale veneto ???
viewtopic.php?f=126&t=2423

???
Incitavano alla disobbedienza fiscale, blitz della Digos dai venetisti
Mercoledì 30 Novembre
http://www.ilgazzettino.it/vicenza_bass ... 12519.html
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Re: Ensemense e peke venetiste e venesianiste

Messaggioda Berto » ven gen 20, 2017 9:56 am

VENETO, QUEL DIRITTO UNILATERALE ALL’AUTODETERMINAZIONE CHE NON ESISTE
di ENZO TRENTIN
http://www.miglioverde.eu/veneto-quel-d ... non-esiste

Ci è stato chiesto di commentare un comunicato auto-elogiativo e propagandistico redatto dal portavoce ICEC del Veneto che ha suscitato speranze in alcuni ambienti indipendentisti. Il titolo è questo: “All’Europarlamento: sì a Risoluzione di Venezia, approvata dalla Regione Veneto. Legittimo dichiarare l’autodeterminazione in modo unilaterale”.

Per chi non l’avesse letto ne stralciamo questa parte: «Il simposio organizzato al parlamento Europeo congiuntamente da diversi gruppi parlamentari europei e da ICEC, la piattaforma sociale internazionale per l’esercizio del diritto all’autodeterminazione in Europa, ha chiuso i lavori con la sottoscrizione della “Resolution of Venice”, ovvero con la sottoscrizione internazionale della Risoluzione 27 del 29 novembre 2016 del Parlamento Veneto, presentata dal Segretario del Consiglio Regionale e capogruppo di “Siamo Veneto” Antonio Guadagnini.

La risoluzione afferma la “legittimità dell’unilateralità” del processo di autodeterminazione. Ecco l’atto internazionale di chiusura dei lavori del 2° Simposio ICEC al parlamento europeo:
“We therefore recognize that whenever the exercise of the universal right of Self-determination is rejected by the state institutions, citizens and nations of Europe can do and should do the only possible thing: unilaterally exercise through their representative democratic parliaments this right that is configured by its nature in the international law framework” Venice, 2016 November 29th (“Riconosciamo pertanto che ogni volta che l’esercizio del diritto universale di autodeterminazione sia negato dalle istituzioni statali, i cittadini e i popoli d’Europa possano e debbano fare l’unica cosa possibile: esercitare unilateralmente – attraverso i loro democratici parlamenti – tale diritto, che si configura per propria natura nel quadro giuridico internazionale”. Venezia, 29 novembre, 2016)»
Le parole chiave per smorzare tanta esultanza veneta sono: «attraverso i loro democratici parlamenti». Orbene, i parlamenti sono organi legittimati a legiferare. Rientra quindi nelle loro facoltà deliberare l’autodeterminazione dei popoli o delle aree geografiche che li hanno espressi. Tuttavia per non creare un inaccettabile vuoto di potere, un minuto dopo tale decisione dovrà essere approvato e deliberato un nuovo progetto istituzionale o Costituzione o Statuto che dir si voglia. Ma se tali parlamenti hanno a disposizione un tale strumento e sono disposti a votarlo, che necessità hanno di dichiarare prima l’autodeterminazione? Non basta affermare: le nuove regole che ci diamo da indipendenti sono queste?
Nello specifico:
1. Una risoluzione regionale non è un atto deliberativo avente forza di legge, ma il parere dell’amministrazione in relazione ad una determinata fattispecie.
2. Ha il parlamentino della Regione Veneto un progetto istituzionale per l’indipendenza? La risposta è no!
3. Si appresta invece a chiedere, attraverso un referendum consultivo, il consenso dei suoi amministrati per contrattare una maggiore autonomia dallo Stato italiano di cui è emanazione.
A conferma dell’inutilità della “Resolution of Venice”, si può constatare come la Generalitat de Catalunya – che un progetto istituzionale per la sua indipendenza ce l’ha da tempo – abbia deliberato il suo processo di disconexiò senza appoggiarsi a nessun documento simile a quello prodotto dalla Regione Veneto, e promosso da ICEC.
In conclusione a noi pare si tratti dell’ennesima versione del paradosso del Comma 22, formulato nel romanzo Catch 22 di Joseph Heller (“Tranello 22”, di norma tradotto con “Comma 22”). Il paradosso riguarda un’apparente possibilità di scelta in una regola o in una procedura, dove, in realtà, per motivi logici nascosti o poco evidenti, non è possibile alcuna scelta ma vi è solo un’unica possibilità. Nel romanzo ambientato durante la seconda guerra mondiale, i regolamenti a cui i piloti erano soggetti contenevano il Comma 22: «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo.» Ovviamente si tratta di una norma regolamentare che, in realtà, non è mai esistita. Ma questo paradosso, i sofisticati indipendentisti veneto-europei di cui sopra pare lo abbiano introdotto.
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