Manin (cognome roman o franco-xerman ?) l’oltemo doxe veneto-venesian, 1797http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_Maninhttp://it.wikipedia.org/wiki/Manin_%28famiglia%29I Manin (anticamente Manini) furono una nobile famiglia veneziana, ascritta al patriziato.
La tradizione la fa derivare dalla romana gens
Manlia (???), tuttavia ricerche più certe hanno individuato il capostipite in uno
Manno dei Bucij di Rieti, trasferitosi a Fiesole e poi a Firenze; i discendenti copriranno poi varie cariche pubbliche nel governo locale.
Manno come arimanno ?All'inizio del XIV secolo, la famiglia
Manini si ritrova divisa in tre ceppi: uno, con capostipite Romanello, resta a Firenze; il secondo, con Manino II, si trasferisce in Friuli e passa alla corte del Patriarca di Aquileia Raimondo della Torre; l'ultimo, da Giacomo II, acquisisce la nobiltà inglese ed altri privilegi per i meriti di guerra ottenuti sotto Edoardo III.
I Manin di Venezia derivano dal secondo ramo: dopo essersi affermati in Friuli con l'ottenimento della nobiltà udinese, acquisirono anche potere finanziario, politico e militare, gestendo il mantenimento delle vie verso l'Europa centrale e la difesa dei confini della Serenissima. Il 13 giugno 1385 il diplomatico Nicolò Manin ottiene la cittadinanza veneziana.
Il 4 febbraio 1526, Carlo V conferisce a Camillo Manin il titolo di Cavaliere Aurato con il diritto di porre nello stemma della casata un drago incoronato col diadema imperiale. Lo stemma dei Manin, salvo qualche variazione, era infatti diviso in quattro partiti, dei quali il primo e il quarto riportano un leone rampante rosso su sfondo oro ciascuno, la seconda un drago verde alato e coronato d'oro su sfondo azzurro, la quarta una striscia trasversale azzurra su sfondo argento.
Antonio, nipote del già citato Camillo, acquistò la gastaldia di Sedegliano con Sedegliano, San Lorenzo, Grions, Gradisca e Passariano, presso il quale il nipote Lodovico I inizia la costruzione della nota villa Manin. Lodovico fu uno dei membri più illustri della casata: acquisì i feudi di Polcenigo e Fanna e la signoria di Brugnins, Bando e Juris e fu ammesso al Maggior Consiglio nel 1651.
Il più noto dei Manin è però Lodovico IV, ultimo doge della Repubblica di Venezia. Non avendo eredi quest'ultimo, titoli e beni passarono al figlio del fratello Giovanni, un altro Lodovico.
Il patriota Daniele Manin non apparteneva a questa famiglia ma vi era legato: il nonno era un ebreo convertito che cambiò il cognome quando fu battezzato, avendo come padrino il già citato Ludovico IV.
Manìnhttp://www.treccani.it/enciclopedia/maninFamiglia veneziana; ebbe origine da un ramo di una famiglia fiorentina trapiantatosi (1312) nel Friuli con Manino, al servizio del patriarca di Aquileia. Nel 1420 Niccolò fu tra i fautori della dedizione del patriarcato a Venezia. La famiglia dopo d'allora liquidò tutti i suoi beni in Toscana e acquistò le contee di Polcenigo e Iamine nel Friuli, alcuni castelli in Carnia e infine le contee di Fagagna e (1651) di Tolmezzo, con l'onore del patriziato veneziano. Durante la guerra di Cambrai Marco fu ucciso nell'assedio di Padova e Filippo nella difesa di Marano; i M. all'estero furono resi illustri dal valore di Camillo (al servizio degli imperiali nella prima metà del sec. 16º) e si estinsero (1802) con Ludovico (v.), ultimo doge di Venezia.
Manìnhttp://www.treccani.it/enciclopedia/man ... taliana%29 di Roberto Cessi
La famiglia patrizia fiorentina, che partecipò alla vita pubblica della città nativa, sedendo per ben sette volte tra i Gonfalonieri di giustizia, per sei tra i Priori, per cinque nel Consiglio dei duecento, dando uno degli Otto di custodia e balia, e tre podestà di provincia, si trapiantò con un suo ramo nel 1312 nel Friuli.
Fu Manino Manin, che chiamato al servizio del Patriarca di Aquileia, fissò la sua dimora a Udine.
Intervenne, oltre che nelle azioni militari, nell'attività diplomatica del periodo più movimentato (seconda metà del secolo XV) della storia del patriarcato.
Niccolò fu fautore coi Savorgnan della dedizione del patriarcato, nel 1420, a Venezia.
Dopo d'allora, godendo di cittadinanza veneta, i M., che, liquidati i loro averi in Toscana, avevano ottenuto e acquistato larghi possessi e feudi nel Friuli, con le contee di Polcenigo e Iamine, coi castelli in Carnia, e più tardi con la contea di Fagagna e di Tolmezzo, diedero alla milizia, nonché paesana, anche straniera, larga attività, pur sedendo nei consigli e nel reggimento civico udinese. Marco, tra la fine del sec. XV e il principio del sec. XVI, militò in Inghilterra, ma allo scoppio della guerra di Cambrai era tra le file veneziane e moriva all'assedio di Padova; Filippo, nella stessa guerra, cadeva alla difesa di Marano; Camillo nella prima metà del Cinquecento fu al servizio delle case imperiali tedesco-ispane, in Germania, in Spagna, in Fiandra; e così poi Giulio Antonio, pronto però a ritornare in patria, alla difesa dell'adottivo Friuli, al principio del sec. XVII. Poco dopo Ludovico otteneva (1651) la contea di Tolmezzo e l'onore del patriziato veneziano per sé e discendenti. L'operosità dei M., assorbita ormai nel metodico, monotono esercizio degli uffici dell'amministrazione aristocratica, fu da allora onesta, ma non di grande rilievo, fino all'ultimo degli attori della tragica vicenda della vita politica veneziana, Ludovico (v.), doge alla fine del sec. XVIII.
Bibl.: Ved. la bibl. della voce manin, ludovico; E. Cicogna, Iscrizioni veneziane, Venezia 1849, I, passim.
Arimannohttps://it.wikipedia.org/wiki/Arimanno Col termine di arimanno (dal germanico Heer - esercito e Mann - uomo) si indicava, specificamente in ambito longobardo, ogni maschio adulto libero in grado di portare le armi, ammesso per questo a partecipare all'assemblea comunitaria (gairethinx), con ciò facendo coincidere dignità militare e dignità civile.