Foibe - par colpa dei falsi nazionalismi totalitari

Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » gio mar 27, 2014 7:12 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » lun apr 07, 2014 6:13 pm

I falbi taliani cosa ke li scrive:

Immagine

http://www.televideo.rai.it/televideo/p ... p?id=14723

Anna Maria Mori, giornalista e scrittrice

Sono 'Nata in Istria' e sono italiana
Le foibe, l’esilio, la congiura del silenzio
di Paola Scaramozzino

“Quanto imbarazzo quando facendo delle pratiche mi chiedevano dove ero nata. A Pola rispondevo e automaticamente compariva sul computer dell’impiegato una striscia rossa che evidenziava un errore. Pola, ora si chiama Pula ed è in Croazia, fa parte delle città che alla fine della II Guerra mondiale e dopo il trattato del 1947 sono state cedute alla ex Jugoslavia. E’ come dire che io non sono più italiana”.

Così ci racconta Anna Maria Mori, giornalista, scrittrice, figlia di esuli Istriani che a questo argomento aveva dedicato già nel 1993 un documentario, ”Istria 1943-1993: cinquant'anni di solitudine” e poi “Istria, il diritto alla memoria” del 1997, entrambi trasmessi su Raiuno. Ci ospita nella sua casa, a due passi dal centro di Roma.

“Per anni ho cercato di rimuovere quella che è stata una tragedia familiare che ci ha allontanato da Pola e dal posto dove era nata mia madre , Lussinpiccolo, una località oggi della Croazia, situata sull’Isola chiamata dei Capitani perché c’era una scuola per capitani di lungo corso della marina mercantile. Mio padre non era istriano ma di Firenze, eppure si sentiva di appartenere a quel posto. Dopo l’esodo mia madre non ha fatto che piangere, non si è mai rassegnata”. E come lei chissà quanti altri profughi si sono portati nel cuore il grande dolore della perdita non solo di una casa, di un territorio , ma di un’identità. Ci sono dolori che ti invadono il cuore ma anche la testa, il corpo e così deve esser accaduto alla madre dell’autrice che racconta la storia della sua famiglia nel libro “Nata in Istria”, pubblicato nel 2006 dalla Rizzoli e uscito in questi giorni nell’ edizione tascabile Bur.

Quando si è saputo delle Foibe?
“ E’ accaduto come per i campi di concentramento nazisti, all’inizio gli ebrei stessi non ne parlavano . Dopo il trattato e con l’occupazione dei 45 giorni di Trieste, i titini nelle strade urlavano con gli imbuti perché non c’erano i megafoni, “Italiani fascisti andatevene” perché per loro tutti appartenevano a quell’ideologia e non era proprio così. Poi la gente scompariva di notte. Uomini, donne, bambini. All’inizio forse non si poteva neanche immaginare che le persone venissero gettate nelle foibe. E’ stata una pulizia etnica simile a quella perpetuata nei confronti degli ebrei anche se di dimensioni diverse. Un orrore evidente con i ritrovamenti dei poveri resti nelle fosse Carsiche. Quante persone sono state trucidate? Si può fare solo una stima, 10 mila forse. Chissà. Ad un cero punto si è capito che era in pericolo la vita di tutti e solo da Pola sono partiti in 30 mila verso l’Italia che ha accolto i profughi malissimo. La sinistra li considerava tutti fascisti e temeva che, testimoni del regime comunista di Tito, potessero raccontare che quello non era il “Paese avanzato” che i comunisti italiani tanto declamavano. Gli esuli sono stati abbandonati e criminalizzati. La destra li ha in qualche modo difesi e allora anche coloro che non erano fascisti, alla fine lo sono diventati. Una situazione imbarazzante anche per il governo di De Gasperi che non si espresse per non rompere gli equilibri con la Jugoslavia che aveva tagliato i rapporti con l’ Unione Sovietica. Una situazione davvero complessa ”.

Istituire la Giornata del Ricordo si può considerare un risarcimento morale per gli esuli e per le vittime delle foibe?
“Diciamo di sì, viene riconosciuto un fatto negato per 50 anni. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso parole durissime sul silenzio che c’è stato e che ha riguardato anche l’eccidio di Porzus, dove partigiani rossi uccisero partigiani bianchi. Fra questi Francesco de Gregori, zio e omonimo del cantautore e Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo. Diciamo che tutte le storie dell’Adriatico Orientale sono state in parte taciute”.

Che si prova a ritornare sui posti dove si è nati e cresciuti e sapere che non sono più tuoi?
“La tua Terra è un po’ come tua madre. C’è un’ appartenenza reciproca, profonda, la si sente dentro. Non è solo per il posto fisico, ma per tutto: odori, sapori, paesaggi. E poi per come sono fatte le case, i tetti a punta, l’architettura austroungarica. E c’è il mare. A Roma ci vivo da decenni , è una città bellissima, ma non è la mia. Mi sento fuori posto. Sempre”.

La Storia, le foibe: fra il 1943 e il 1947 sono fatti precipitare vivi e morti, quasi diecimila italiani.
La tragedia delle foibe si svolge in due tempi. Una prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell'armistizio dell’ 8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano e poi gettano nelle foibe, le cavità carsiche profonde anche 200 metri, circa un migliaio di persone. La seconda fase che è quella più cruenta avviene nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, oltre 40 sacerdoti, donne, anziani e bambini. È un massacro che testimonia l'odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947 quando viene fissato il confine fra l' Italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce.
Nel febbraio del 1947 l'Italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l' Istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza né dalla sinistra, né dalla destra e dallo stesso governo di De Gasperi.

I profughi
Le foto datate 1947 più che le parole possono descrivere la disperazione di uomini, donne, bambini, interi gruppi familiari e anziani costretti a lasciare quella che era la loro patria per un’altra Italia che provata dalla guerra, non desiderava altre bocche da sfamare. Al dottor Marino Micich , figlio di esuli dalmati, direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume, Segretario generale della Società di Studi Fiumani, presidente dell’Associazione per la Cultura Fiumana Istriana e dalmata nel Lazio, chiediamo se c’è stato un risarcimento per tanto dolore. “Quando si parla di vite umane non ci può essere alcun risarcimento. Il riconoscimento della “Giornata del Ricordo” il 10 febbraio di ogni anno, è stato un passo avanti notevole dopo che per 50 anni si è negata la tragedia delle foibe e degli esuli”.

In Campidoglio è stato firmato proprio alcuni giorni fa un protocollo d’intesa per la nascita della “Casa del Ricordo”, a via San Teodoro a Roma.
“ Sì, un altro riconoscimento per tutte quelle persone che hanno dovuto lasciare, case, attività, affetti, ricordi. L’esodo che fu di 350 mila persone iniziò nel 1945 e si può affermare che si concluse negli anni ’50. Nel 1947, subito dopo la firma del trattato di Parigi, ci fu il numero più massiccio di profughi. Partivano con le loro poche cose imbarcandosi sulle navi verso l’Italia che li accolse malissimo. Erano considerati cittadini di serie B e la loro tragedia imbarazzava sia la destra che la sinistra che l’allora governo democristiano di De Gasperi. Si è preferito ignorarli per decenni. Addirittura ci furono manifestazioni ostili al passaggio dei treni dei profughi come quello avvenuto alla stazione di Bologna il 17 febbraio 1947: Un treno che trasporta un folto gruppo di esuli sbarcati il giorno precedente ad Ancona rimase bloccato per ore sui binari da una protesta dei ferrovieri bolognesi, che non permettono lo svolgimento di nessuna operazione di soccorso e di approvvigionamento, costringendo così il convoglio a proseguire per Parma dove furono poi soccorsi”.

Sono stati 109 i campi profughi sparsi in tutta Italia e per il 70% situati al Nord che hanno accolto gli esuli che con il tempo si sono integrati nel tessuto sociale. Ma la ferita del loro passato è rimasta a lungo aperta proprio perché per decenni gli è stato negato il riconoscimento della tragedia vissuta. A Roma esiste ancora oggi il villaggio Giuliano-Dalmata nato da una vecchia fabbrica dismessa nella zona dell’ Eur. “E’ il quartiere 31 della Capitale – ci dice Micich- e comprende la zona della Cecchignola e Fonte Meravigliosa. Non dobbiamo dimenticare che gli esuli non erano tutti triestini, dalmati o fiumani. Fra di loro anche calabresi e siciliani che erano andati in quelle zone per lavorare. C’è poi un numero imprecisato di persone che non rientrarono proprio in Italia ed emigrarono in America e in Australia”.

C’è stato mai un compenso economico per gli esuli?
“Un minimo di 7,8 mila euro che è davvero niente se si pensa che con tutto ciò che hanno lasciato nei territori diventati poi Jugoslavi si sono pagati i debiti di guerra. Comunque con il Giorno del Ricordo è stato restituito a molti almeno la dignità e soprattutto non si è dimenticata la grande tragedia delle foibe”.

Un silenzio durato quasi 50 anni. Ne parliamo con lo storico Giovanni Sabbatucci. Un silenzio ingombrante e pesante come un macigno quello che è calato per quasi 50 anni sulle foibe e sui profughi giuliano dalmata . “I motivi sono diversi – spiega il professore Sabbatucci - il primo è psicologico: si usciva dalla sconfitta di una guerra e si volevano lasciare alle spalle tutte le tragedie legate ad essa. Si guardava avanti. Poi il momento era difficile e altre bocche da sfamare, erano 350 mila i profughi dell’Istria e della Dalmazia, non erano certo ben accette. Inoltre c’erano ragioni i ideologiche e di Governo”.

Si può dire che le Foibe imbarazzavano sia la destra che la sinistra?
“Sì, se per questo anche la stessa classe dirigente democristiana con a capo De Gasperi, preferì tacere sia sulle Foibe che sui profughi considerati cittadini di serie B. I comunisti temevano da parte loro che gli esuli potessero raccontare che il territorio da dove erano fuggiti non era assolutamente il “paradiso comunista” che tanto si declamava . I neofascisti, dall’altra parte, non erano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della II Guerra mondiale nei territori istriani dato che fra il 1943 e il 1945 erano sotto l'occupazione nazista, in pratica annessi al Reich tedesco”.

“ È una ferita ancora aperta “perché è stata ignorata per molto tempo e solo da poco è iniziata l’elaborazione”, sostiene il professore Sabbatucci. L’addio dalle proprie case e dai loro paesi, la cattiva accoglienza in Patria, i rifugi nelle caserme, in baracche, in villaggi nati in campi sportivi. Stanze divise con cartoni e coperte usate come tende. Uomini e donne separati in alloggi diversi, famiglie smembrate. I profughi hanno pagato più di altri la sconfitta della guerra. Con la legge del 2004, il Parlamento italiano decreta il 10 febbraio come “La giornata del ricordo” delle vittime delle foibe.
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Mi so nato en Veneto e so veneto e no talian.
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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » lun apr 07, 2014 6:16 pm

Altre buxie:

LE COLPEVOLI RAGIONI DELLE RIMOZIONI DEI PARTITI POLITICI E DELLA GENTE COMUNE

http://www.ideabiografica.com/foibeveneziagiulia2.htm

Per le foibe del 1943-45 e l’esodo dall’Istria

di Gian Luigi Falabrino

Per uno che ha vissuto, con passione e dolore, le vicende della Venezia Giulia dal 1943 al 1954, e che ha cercato di studiare quei problemi, storici e politici, fin dalla prima giovinezza, quanta tristezza nel vedere trattati i temi dell’esodo e delle foibe appena ora, dopo sessant’anni di dimenticanza, e troppo spesso in modo strumentale per la politica di oggi, oltre che per dubbie rivalutazioni del passato.

Cominciamo da queste ultime. Il 20 gennaio, il senatore a vita Giulio Andreotti ha scritto un breve riquadro per il “Corriere della Sera”, che vale la pena di riportare integralmente: “Altre volte (anche di recente in una trasmissione televisiva) è stato toccato il tema di un’insufficiente reazione contestativa quando emerse la carneficina delle foibe. A mio avviso, non si prese questo come argomento di accusa verso i comunisti italiani e verso Tito per due motivi. Da un lato il Pci come tale non c’entrava: ed era inoltre necessario con i vicini cercare terreni d’incontro e non viceversa. Sarebbe stato inoltre nel caso inverso necessario accusare anche i fascisti e i nazisti per la Risiera San Sabba e per l’usurpazione della stessa sovranità italiana sul territorio. Mettere olio sul fuoco era prudenza (la prudenza è una virtù). Del resto De Gasperi ci abituò a guardare avanti e non indietro”.

L’unica cosa vera e giusta in questo scritto è il riferimento alle colpe di fascisti e nazisti. Il resto o è falso (il PCI non c’entrava?!: e vedremo quanto e come ci fosse entrato) o è elusivo: cercare terreni d’incontro con Tito? Pure quando, dopo il trattato di pace, la Jugoslavia vessava talmente anche gli italiani rimasti in quelle terre che avrebbero dovuto entrare nel costituendo e mai costituito Territorio Libero (la cosiddetta Zona B: Isola, Capodistria, Pirano, Umago, Cittanova, Buie e altri comuni), costringendoli a rifugiarsi a Trieste o altrove, fino all’Australia, o nei campi profughi sparsi in tutta Italia, dal 1947 al 1954?


I primi a fare la giusta revisione sono stati i comunisti triestini

Nemmeno i DS di Trieste tentano di difendere il PCI di allora, anzi è dal 1980 – quando esisteva ancora il PCI – che i comunisti triestini hanno avviato meritoriamente l’opera di ricostruzione critica del comportamento jugoslavo e delle connivenze del partito comunista italiano nella Venezia Giulia. Ma Andreotti va d’accordo con le molteplici rivalutazioni e riabilitazioni di Togliatti. Il “Migliore” avrà altri meriti e altre colpe (per esempio il documentato silenzio, quando viveva a Mosca, sulle morti dei comunisti italiani esuli nell’URSS e perseguitati da Stalin). Certamente, fino a quando – nel 1948 – Tito si staccò dal Cominform e dall’Unione Sovietica, il partito comunista jugoslavo fu alleato del PCI. Alla fine del 1943 il partito comunista italiano della Venezia Giulia si sciolse e si fuse con il partito sloveno nella UAIS (Unione antifascista italo-slovena) i cui slogan erano “Trst je nas” e “Nasa ne demo, alja nocemo ” (cioè “Trieste è nostra”, “Il nostro non diamo, l’altrui non vogliamo”) e con il partito comunista croato in Istria e a Fiume. Non dimentichiamo che nel 1943-45 gli jugoslavi volevano annettersi anche Udine, e l’eccidio di Porzus rientra nella politica espansionista slovena e nella collaborazione fra i due partiti comunisti. A proposito di rimozioni: in quell’eccidio fu ucciso anche il fratello di Pier Paolo Pasolini, ma vent’anni fa mi capitò di leggere sul più importante quotidiano italiano che il fratello del poeta era stato ucciso dai nazisti.

Non sono mancate altre falsificazioni, davvero sorprendenti, e valgano due esempi recenti: il 28 aprile 2003 il “Corriere della Sera” pubblicava un articolo di Pino Corrias su “Laura Antonelli, solitudine di una stella caduta” nel quale il giornalista scriveva che la sfortunata attrice veniva “da una famiglia di sfollati slavi (nata a Pola, anno 1941) profuga a Venezia, poi a Napoli”. Profughi slavi? Come faceva Corrias a ignorare che Laura Antonelli e la sua famiglia sono stati fra i profughi italiani che nel 1947 lasciarono Pola e l’Istria per scegliere un’Italia così poco, non dirò riconoscente, ma almeno attenta a loro? In quei giorni, scrivendo al direttore Paolo Mieli per protestare, gli ricordavo che un anno prima un altro grande giornale, “la Repubblica”, aveva riferito che il governo di Zagabria aveva offerto la cittadinanza croata alla grande attrice Alida Valli, anch’essa nata a Pola, pochi anni dopo la prima guerra mondiale. Alida Valli, figlia di una signora italiana di Pola e di un ex ufficiale della marina austriaca, von Aichenburg (questo è il vero nome dell’attrice), aveva rifiutato l’offerta, dichiarando che essa era e voleva restare soltanto “italiana”. Ma il giornale nel titolo scrisse che la Valli aveva rifiutato dichiarandosi “istriana”, affermazione che, oltre tutto, sarebbe stata senza senso visto che l’Istria è piena di croati ed appartiene ora quasi tutta alla Croazia. Naturalmente, non ebbi nessuna risposta.

Torniamo al problema generale. Dopo il trattato di pace del 1947 lasciarono i territori ceduti alla Jugoslavia 300 o 350 mila istriani (fra i quali l’intera popolazione di Pola, e quasi tutta quella di Fiume, dove rimasero tremila connazionali; gli italiani di Zara e di altre località dalmate erano quasi tutti fuggiti dopo l’8 settembre o dopo i terroristici bombardamenti anglo-americani di Zara nel 1944). Il numero dei profughi non è mai stato controllato, e normalmente si parla di 300 mila; fu proprio il maresciallo Tito che in un suo discorso disse che i profughi erano stati 350 mila. Gli esuli furono inviati in appositi campi dove molti rimasero per anni; nei viaggi di trasferimento accaddero fatti ignominiosi, come, al minimo, i ripetuti insulti di “fascisti” o, peggio, l’episodio di Bologna, dove le crocerossine che volevano portare cibo e acqua ai profughi nel treno, fermo in stazione, furono bloccate dagli attivisti del PCI.

Dopo che il Trattato di pace aveva assegnato Gorizia all’Italia (escluso il sobborgo di Monte Santo, divenuto Nova Gorica) e ci aveva sottratta Trieste, occupata dagli anglo-americani in vista di farne la capitale del Territorio Libero, è da ricordare (fra il 2004 e il 2005 non l’ha fatto nessuno, mi pare neppure Claudio Magris) che Togliatti propose di cedere Gorizia alla Jugoslavia in cambio di Trieste (che la Jugoslavia non aveva). Poi venne la rottura fra Tito e Stalin, ma il PCI non rinnegò mai la sua politica nelle terre orientali dal 1943 al 1948.

Quanto a De Gasperi e ai governi italiani dell’epoca, le ragioni del silenzio probabilmente furono altre da quelle che sostiene Andreotti. Certamente la prudenza è una virtù, e lo dimostrò l’imprudente e risibile tentativo del governo Pella (settembre 1953) di rispondere alle minacce verbali di Tito con l’invio delle sparute truppe italiane, sopravvissute alla sconfitta, sul fronte orientale, fra le risate del mondo intero (molto stranamente, nei vari dibattiti televisivi e negli articoli giornalistici sulle foibe e sull’esodo, non ho letto o sentito nulla sul minaccioso discorso che Tito tenne nel settembre 1953 e sulla reazione scomposta del povero Pella). Ma se la prudenza è una virtù non lo è la dimenticanza, e neppure aver lasciato il monopolio del patriottismo e della tutela del ricordo dell’italianità dell’Istria, di Fiume e di Zara al Movimento Sociale, erede dei responsabili della guerra, e quindi della perdita di quei territori e delle sofferenze delle loro popolazioni.


Italiani per scelta, e non per nascita casuale

Dire che “De Gasperi ci abituò a guardare avanti e non indietro” è un modo molto democristiano per far passare una colpa come una virtù: qui non si trattava di guardare nostalgicamente indietro, ma di considerare e proteggere gli italiani che per restare tali avevano perduto tutto, le case, le professioni, le loro piccole patrie, e in molti casi la vita dei loro cari: erano italiani più di tutti noi, perché confermavano la loro italianità con una scelta dolorosissima, ma i governi e i partiti democratici li ignoravano o li consideravano fastidiosi intrusi.

All’inizio di quest’anno, quando si discusse molto sui giornali e in televisione, delle foibe e un po’ (non molto) dell’esodo istriano, ci fu un interessante articolo di Enzo Béttiza, su “La Stampa”, riportato da “La Voce del Popolo” di Fiume del 16 febbraio 2005. In quell’articolo ci sono due affermazioni che fanno pensare.

Scriveva Béttiza che, durante la trasmissione di “Porta a Porta” dell’inizio di febbraio, “Ad un’altra signora istriana, che ha passato lunghi e umilianti anni in un campo profughi nei pressi di Vicenza, è stato chiesto se provasse ancora rancore per qualcuno. La risposta è scoppiata secca e strabiliante: “Sì, per gli italiani, che spesso ci hanno trattato come intrusi indesiderati”.

Ma la risposta non è strabiliante per uno come me che passava le estati dal 1946 al 1949 in una grande città del Nord, Genova, e poi ci è vissuto per dieci anni, e si sentiva rifiutato da amici e parenti ogni volta che tentava di parlare della tragedia della Venezia Giulia. Fra i miei conoscenti, c’era perfino una famiglia di ex fascisti sfegatati che non voleva più sentir parlare di Trieste e dell’Istria: per loro, come per tanti altri, Trieste e l’Istria significavano la guerra del ’15 con i suoi seicentomila morti, e la paura di un’altra possibile guerra, mentre per persone democratiche e antifasciste la questione di Trieste rimandava al nazionalismo e alla nascita del fascismo. Quanto ai comunisti, chiamavano fascisti tutti gli esuli o anche quei pochi che cercavano di ristabilire la verità storica. Ma quanti sapevano dov’erano Trieste, Fiume, Zara, quanti credevano ancora, come nel ’15, alla favoletta che Trento e Trieste fossero divise da un ponte? (Italiani, tornate alla geografia, prima ancora che alla storia, avrebbe dovuto dire Ugo Foscolo).

E quanti sapevano che cosa fossero la Zona A e la Zona B del costituendo (e mai costituito) Territorio Libero di Trieste? In genere, per analogia con la divisione di Berlino e Vienna, si pensava che la città di Trieste fosse stata divisa in due zone, e anche moltissimi giornalisti ignoravano che la zona B era una piccola fetta dell’Istria, da Isola a Cittanova, occupata dagli jugoslavi (che poi l’annessero nel 1954). E tutti, a voler essere comprensivi, avevano l’inconscia paura che Trieste potesse significare un’altra guerra. Ma i giornali governativi si lavavano la coscienza con la retorica delle “Campane di San Giusto”, e al Festival di Sanremo si cantava “Vola colomba bianca, vola”

La seconda affermazione di Béttiza, anch’essa molto giusta, è la seguente: “La memoria di tanti zaratini, fuggiaschi da una all’altra sponda dell’Adriatico, è una memoria di naufraghi per niente allegri. Quelli che dopo il 1943 sbarcarono sfiniti nel porto di Ancona vennero accolti con un fitto lancio di uova marce; all’incirca nella stessa epoca (per la verità fu nel 1947, nell’esodo dopo la firma del trattato di pace) il bicchier d’acqua verrà negato agli assetati profughi istriani nella stazione di Bologna”.

E’ strano che un conservatore (talvolta reazionario) come Béttiza non dica che le uova di Ancona e il picchetto bolognese contro i soccorsi delle crocerossine furono opera degli agit-prop comunisti. Dobbiamo dirlo noi, da sinistra, perché nessuna verità dev’essere occultata, né tanto meno il cinismo togliattiano: gli stessi comunisti che nel 1943-47 gridavano in faccia agli esuli “Viva la Jugoslavia!”, al “Contr’ordine compagni” di Stalin, sputarono sul “traditore” Tito; e molti di loro, gli illusi cosiddetti “monfalconesi”, andati in Jugoslavia a “costruire il socialismo”, furono messi nelle prigioni o nel terribile campo di concentramento dell’Isola Calva. Non solo, il critico d’arte Mario De Micheli, mandato dal PCI a chiederne la liberazione, finì anche lui per qualche tempo in una prigione jugoslava.


I “Monfalconesi” e Goli Otok

Dei 2500 illusi comunisti, in gran parte operai di Monfalcone, che prima del 1948 andarono in Jugoslavia a “costruire il socialismo”, come s’è detto, ha parlato quest’anno Giampaolo Pansa nel suo ultimo libro “Prigionieri del silenzio”, concentrando la sua attenzione su Andrea Spano, figura simbolica: uscito dall’inferno di Goli Otok (l’Isola Calva) e tornato in Italia, ha sempre taciuto non soltanto le persecuzioni e le torture, ma anche l’ostracismo del quale lui e i suoi compagni furono vittime nel partito comunista italiano. Ha scritto Diego Zandel su “Odissea” di maggio-giugno che “colpevole di questo ostracismo e silenzio fu il PCI innanzitutto, certo. Ma colpevoli anche i governi occidentali che sapevano delle migliaia di comunisti, di esseri umani che vivevano in un gulag non meno feroce di quelli sovietici… Ma faceva comodo tacere”.

Dunque, c’è stata la rimozione comunista. Perciò bene ha fatto Piero Fassino quando aveva ammesso gli errori, e chiesto “il ritorno alla storia e alla verità”; e benissimo ha fatto Walter Veltroni quando è andato a Trieste e, davanti alla foiba di Basovizza (che fa parte del territorio comunale di Trieste) ha detto: “La storia va incorporata tutta intera, il fascismo e le sue violenze in terra slava, le leggi razziali, ciò che il comunismo ha prodotto con le foibe, e poi il colpevole silenzio della sinistra”. Per sottolineare la necessità della “memoria intera”, subito dopo Veltroni era andato ad un cippo, vicino a Basovizza, che ricorda quattro fucilati, nel 1930, per condanna del Tribunale speciale per la difesa dello Stato: il croato Bidovec, gli sloveni Marusic, Milos, e Valencic (altri cinque sloveni furono fucilati nel 1941 ad Opicina, per aver progettato, senza nemmeno tentare di realizzarlo, un attentano a Hitler e Mussolini che si sarebbero incontrati a Tarvisio). Gli stessi concetti erano stati esplicitamente sviluppati in un articolo dello stesso Veltroni sull’”Unità” del 1° febbraio, nel quale fra l’altro scrisse:

“Ad alimentare l’espansionismo nazional-comunista di Tito fu un intreccio perverso di odio etnico, nazionale e ideologico. Un odio che colpì fascisti, antifascisti, persone senza una precisa posizione politica. Poi iniziò la rimozione. Quasi tutta l’Italia, anche se non certo chi ha vissuto e vive qui, ha rimosso. Fu per colpa anche di una parte importante della cultura di sinistra, prigioniera dell’ideologia e della guerra fredda. Cosa accadde lo raccontano le parole oneste contenute in una lettera che mi è stata scritta qualche mese fa, le parole di uno di quei partigiani grazie ai quali oggi l’Italia è un Paese libero, è una democrazia che garantisce a tutti di avere le proprie convinzioni, le proprie idee, le proprie posizioni politiche.

<Purtroppo – si dice in questa lettera – abbiamo accettato di sostenere la tesi jugoslava che affermava che i crimini commessi da loro erano largamente giustificati da quelli commessi dal regime fascista contro la minoranza slava e poi con l’aggressione e l’annessione di loro terre all’Italia. Non potevamo metterci contro la Jugoslavia che aveva il pieno appoggio dell’URSS. Penso che dobbiamo riconoscere di avere sbagliato a sostenere una tesi insostenibile e aberrante>.”

Tesi aberrante, ma che rispondeva, almeno fino al 1948, alla logica staliniana del partito comunista italiano. Ma dopo la rottura fra Stalin e Tito? Non c’è risposta.


La rimozione governativa

E’ ancora più difficile dare risposte alla rimozione effettuata dai partiti dei governi centristi. Mentre si può capire che l’opinione pubblica indifferenziata, la “gente” come si direbbe oggi, fosse nauseata e diffidente dopo vent’anni di nazionalismo e di guerre, riesce molto più difficile comprendere le ragioni dei partiti di governo.

Sicuramente, democristiani, socialdemocratici, liberali e repubblicani erano stufi della retorica patriottica. dopo vent’anni e più di nazionalismo, fascismo, sacri confini, mare nostrum e civiltà italica. E non c’era più la Patria con la P maiuscola, una parola scomparsa dal vocabolario politico: sopravviveva in pochissimi democratici, che avevano fatto la guerra del ’15 e la Resistenza, come il fiumano Leo Valiani. Ma i partiti no, non l’usavano più, la vecchia parola risorgimentale che il fascismo aveva fatto propria (non è cosa da poco ricordare che i primi accenni di patriottismo vennero dal partito comunista, sia pure strumentalmente, quando – nella manifestazioni contro il Patto Atlantico e la visita del gen. Ridgway (“Ridgway go home!”) - il tricolore si accompagnava e spesso sovrastava la bandiera rossa).

Tanto meno la parola Patria era usata dalla DC, erede del vecchio partito popolare, che era stato contrario alla guerra del ’15 come epilogo dell’odiato Risorgimento, e che per gli italiani del Trentino si limitava a rivendicare l’autonomia regionale sotto l’Impero austriaco, mentre non sentiva affatto il problema di Trieste, città laica, ebrea e con molte altre religioni, o forse irreligiosa.. La DC e gli altri partiti di centro lasciavano la parola e la retorica della Patria a Guareschi, ai monarchici reazionari del “Candido”e agli ex repubblichini del Movimento sociale: quel ch’è peggio, lasciavano a questi ultimi il monopolio della memoria delle foibe e delle persecuzioni agli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, fino all’esodo (agli esodi, bisognerebbe dire più correttamente: nel 1944-45 da Zara e dalle isole dalmate, nel 1945-47 da Fiume e dall’Istria, annesse alla Jugoslavia, nel 1947-54 dalla Zona B del previsto Territorio Libero di Trieste, prima occupato e poi annesso dagli jugoslavi in seguito al trattato di Londra del 1954: la Zona A con Trieste all’Italia, la Zona B alla Jugoslavia).

Certamente, dovette pesare sui silenzi dei governi centristi, il problema dei nostri generali, accusati di crimini di guerra, durante l’occupazione italiana di metà Slovenia, della Croazia e del Montenegro, e mai consegnati al governo di Belgrado, con la benevola complicità degli anglo-americani. Se avessimo aperto il problema della responsabilità degli eccidi nel 1943-45, gli jugoslavi avrebbero avuto buon gioco a richiederci il generale Roatta e gli altri. Ma c’è di peggio, rispetto a questo calcolo di bassa politica: l’ignoranza e l’insofferenza.

La colpa governativa della rimozione e del disinteresse verso gli italiani delle province orientali fu non soltanto una grave colpa nazionale, ma anche un errore politico. Non certo per le risibili ragioni addotte dal senatore Andreotti; temo che avesse ragione Claudio Magris in un magistrale articolo sul “Corriere della Sera”:

“Fino a pochi anni fa parlare delle foibe non <serviva> alla lotta politica e dunque non se ne parlava. Oggi quei morti servono e dunque se ne parla, ma per usarli come strumenti di una lotta politica che non ha nulla a che vedere con la storia di quelle tragedie, di quei crimini, di quegli anni”… . “Usare oggi le foibe contro la sinistra italiana è indegno, come sarebbe indegno usare le leggi razziali fasciste contro Berlusconi e contro Fini, che avranno molte colpe ma non certo quelle delle leggi antisemite del 1938”.


In quell’articolo, Magris si chiedeva:

“Perché, sino a pochi anni fa, il dibattito politico e il battage mediatico ignoravano il dramma dei nostri confini orientali, perché, tranne in pochi ambiti circoscritti, non si parlava delle foibe?... . Perché la stragrande maggioranza moderata, che oggi se ne riempie la bocca, taceva? I grandi giornali d’informazione non erano alle dipendenze di Mosca, il potere economico e politico non era nelle mani di Tito e di Stalin”. A proposito del potere politico, alle annotazioni di Magris ne aggiungo due. La prima è che il trattato di Osimo (1977) che avrebbe dovuto inaugurare una nuova era nei rapporti italo-jugoslavi, fu contrattato da parte italiana nella più stupefacente ignoranza dei termini dei problemi in causa, come dimostrò nel ‘78 un numero speciale di “Critica Sociale” dedicato a questo argomento; la seconda annotazione riguarda Francesco Cossiga, ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Repubblica, che un paio d’anni fa, quando si cominciò a discutere delle foibe e dell’esodo, disse candidamente di non averne mai saputo nulla. E temo che non fosse il solo, ma certo era stato il più altolocato.

Alcuni libri usciti nel 2004 hanno riproposto il problema della rimozione governativa. “Profughi” di Gianni Oliva (edizioni Mondatori) chiama in causa proprio Alcide De Gasperi e tutti i partiti dell’area centrista., rei di avere partecipato alla “congiura del silenzio”. A parte le colpe di Togliatti e del PCI, che Oliva non nasconde, De Gasperi e i partiti che lo sostenevano, alla pari dei governi occidentali, dopo la rottura del 1948 fra Tito e Stalin trattarono la Jugoslavia con tutti i riguardi, con la speranza di farsene un alleato. Ma questa tesi ha un difetto: mentre la politica anglo-americana verso Tito aveva un senso, l’eventuale simpatia dell’Italietta uscita sconfitta dalla guerra sarebbe stata del tutto irrilevante al recupero della Jugoslavia..

Molto più originale, e da meditare, è l’altra tesi di Gianni Oliva: secondo lui, De Gasperi e i suoi alleati, per ridare credibilità internazionale al nostro Paese (che dopo il ’48 ebbe accesso alle Nazioni Unite e al Patto Atlantico) vollero accreditare l’interpretazione della nostra partecipazione alla seconda guerra mondiale come una “parentesi fascista”, da minimizzare di fronte alla partecipazione dei partigiani e dell’esercito regio alla guerra di Liberazione: in altre parole, il ritorno dell’Italia nella comunità internazionale sarebbe stato più facile se fossimo riusciti a farci considerare fra i “vincitori”. Secondo Oliva, la strategia degasperiana sarebbe stata quella di far dimenticare la nostra partecipazione alla guerra contro le potenze democratiche: tutto ciò che avrebbe potuto ricordare la sconfitta doveva essere rimosso, compreso l’esodo dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, e comprese anche le foibe. Così come nessuno doveva parlare delle condizioni nelle quali vissero un milione e trecentomila prigionieri di guerra italiani in Kenia, India e negli Stati Uniti, spesso in condizioni pessime, specialmente dopo l’8 settembre, quando moltissimi nostri soldati e ufficiali, disorientati da ciò che era accaduto in Italia, si rifiutarono di aderire al governo Badoglio e furono sbrigativamente considerati fascisti. Tanto meno si parlò dei civili italiani, cittadini residenti nei paesi dell’Impero britannico e negli Stati Uniti, internati, spesso brutalmente, come i tedeschi e i giapponesi.

Accogliere i profughi dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia come meritavano, cioè come patrioti perseguitati ingiustamente, e onorarli come tali, secondo Oliva avrebbe dimostrato agli occhi del mondo, e soprattutto degli altri italiani, che tutta l’Italia, e non soltanto il fascismo, aveva perso la guerra, come invece molto lucidamente scrisse l’antifascista Benedetto Croce. Del resto Oliva non si nasconde che imputare agli jugoslavi i loro misfatti avrebbe fatto riaprire per converso le richieste di consegna agli jugoslavi degli ufficiali, fascisti e non fascisti, accusati di crimini di guerra per l’occupazione del 1941-43

Le tesi di Oliva sono state contestate da Raul Pupo (“Il lungo esodo”, Rizzoli) e da Guido Crainz (Il dolore e l’esilio, Donzelli). Il primo respinge “la tesi che, nella sua versione più semplificata, trova le ragioni del silenzio su foibe ed esodo in uno scambio omertoso fra le responsabilità del comunismo jugoslavo e quelle del fascismo italiano, coperte dalla DC”. Si tratterebbe per Pupo dell’ennesima ripresa della tesi, avanzata anche per i comunisti, dell’”Infame baratto”, mentre questo storico è convinto che “dietro le rimozioni incrociate sulla storia del confine orientale ci siano ragioni assai meno banali, che coinvolgono le principali culture politiche italiane e i loro interessi sovrapposti”. Quali ragioni? E’ una tesi che, per diventare chiara, dovrebbe essere sviluppata e spiegata.

A sua volta, Guido Crainz crede che la rimozione sulle tragedie giuliane appartenga alla generale rimozione europea che per quasi cinquant’anni, fino alla caduta del muro di Berlino, e in certi casi addirittura per sessant’anni, ha taciuto sugli stupri di massa operati dai soldati sovietici in Germania e in Austria (due storiche tedesche li hanno calcolati in più di un milione), sui tedeschi dei Sudeti bruciati vivi dai boemi, sulla tragedie di Danzica, Könisberg e Dresda. Ma, a ben pensarci, non sono tragedie europee, bensì tedesche: cioè di un popolo sconfitto, come gli italiani. I tedeschi di Danzica hanno avuto “Il tamburo di latta” di Gunter Grass. Il resto è stato il silenzio, per i tedeschi e per noi, a dimostrazione che la tesi di Oliva sulla rimozione per cancellare la sconfitta può essere molto fondata.

Oggi finalmente si può parlare della distruzione immotivata e bestiale di Dresda nel febbraio 1945, delle bombe atomiche sul Giappone, delle foibe e dell’esodo giuliano. Purtroppo da noi, delle tragedie del confine orientale, si parla soltanto dopo che gli ex fascisti sono andati al governo. Ma parlare oggi di quelle tragedie non deve servire alla lotta politica, deve servire alla ricostruzione storica, alla ricostruzione della memoria nazionale, fatta anche di omissioni, di viltà e di silenzi colpevoli. Come diceva Gramsci, la verità è sempre rivoluzionaria: tenerla nascosta avvelena la vita di un popolo, affrontarla ci può rendere finalmente maturi.

© Gian Luigi Falabrino, 2005
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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » lun apr 07, 2014 7:28 pm

I veneti de l'Istria no łi jera tałiani ma istro-veneti.

http://www.bassavelocita.it/quel-treno-della-vergogna

Quel treno della vergogna
BassaVelocità / 10 febbraio 2014


Oggi 10 febbraio è il Giorno del Ricordo, solennità civile italiania in cui si ricordano sia le vittime delle foibe che le migliaia di italiani costretti all’esodo da Istria e Dalmazia.
La Storia e le sue tragedie hanno spesso viaggiato sui binari, e anche questo dramma non ha fatto eccezione: pochi però conoscono la vicenda del “treno della vergogna”.
Dopo la pulizia etnica operata dai comunisti titini sugli italiani d’Istria e Friuli Venezia Giulia (forse ventimila persone uccise ed infoibate), all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale il regime di Belgrado attuò la seconda fase della pulizia etnica nei territori dell’Istria: è quello che viene chiamato “Esodo istriano”, 270.000 persone cacciate dalle loro case e dalle loro terre.
Molti di questi italiani erano in Istria da secoli, dal momento che fin dal XIV secolo faceva parte dei domini della Serenissima Repubblica di Venezia. Il 10 febbraio 1947 venne firmato il trattato di Parigi che prevedeva la definitiva assegnazione di gran parte dell’Istria alla Jugoslavia e per chi volesse mantenere la cittadinanza italiana l’abbandono della propria terra.


Profughi istriani

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La domenica del 16 febbraio 1947 da Pola partirono per mare diversi convogli di esuli italiani con i loro ultimi beni e, solitamente, un tricolore. I convogli erano diretti ad Ancona dove gli esuli vennero accolti dall’esercito a proteggerli da connazionali, militanti di sinistra, che non mostrarono alcun gesto di solidarietà

Il PCI diffondeva la notizia che gli esuli erano in realtà fascisti e collaborazionisti espulsi dal “paradiso dei lavoratori socialisti”. Era una menzogna e chi la diffondeva ne era cosciente, ma negli anni della Guerra Fredda prevaleva la solidarietà di partito.
Il giornalista de l’Unità Tommaso Giglio, poi direttore de L’Espresso, scrisse un articolo il cui titolo recitava “Chissà dove finirà il treno dei fascisti?”

La sera successiva partirono stipati in un treno merci, sistemati tra la paglia all’interno dei vagoni, alla volta di Bologna dove la Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa Italiana avevano preparato dei pasti caldi, soprattutto per bambini e anziani. Il treno giunse alla stazione di Bologna solo a mezzogiorno del giorno seguente, martedì 18 febbraio 1947. Qui, dai microfoni di certi ferrovieri sindacalisti fu diramato l’avviso Se i profughi si fermano, lo sciopero bloccherà la stazione.

Il treno venne preso a sassate da dei giovani che sventolavano la bandiera con falce e martello, altri lanciarono pomodori e altro sui loro connazionali, mentre terzi buttarono addirittura il latte destinato ai bambini in grave stato di disidratazione sulle rotaie.

Per non avere il blocco del più importante snodo ferroviario d’Italia il treno venne fatto ripartire per Parma dove POA e CRI poterono tranquillamente distribuire il cibo trasportato da Bologna con automezzi dell’esercito; la destinazione finale del treno fu La Spezia dove i profughi furono temporaneamente sistemati in una caserma.

L’episodio di Bologna viene raccontato anche nel libro “Magazzino 18” di Simone Cristicchi appena uscito nelle librerie, che riporta la citazione dell’Unità del 30 novembre 1946, che considerava gli esuli: “indesiderabili(…) criminali (…) che sfuggono al giusto castigo della giustizia popolare jugoslava e che si presentano qui da noi, in veste di vittime, essi che furono carnefici”.
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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » gio mag 08, 2014 9:33 pm

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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » mar feb 10, 2015 5:29 pm

In memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata - 10 febbraio – Il Giorno del Ricordo

http://vivereveneto.com/2015/02/10/10-f ... el-ricordo

Pubblicato il 10/02/2015


di Anna Iseppon

schema foibe - schema di una foiba

Tra il 1943 ed il 1947 migliaia di persone furono barbaramente uccise nei territori dell’Istria e della Dalmazia. Un massacro passato sotto silenzio per troppo tempo, una strage di cui si sa ancora poco e di cui si parla ancora meno. Una verità scomoda da rivelare, tanto che ancor oggi in alcuni dizionari il termine “foiba” non viene riportato, o viene riportato solo nel suo significato letterale, geologico¹!

Impossibile una stima precisa delle vittime. Un’indagine del Centro Studi Adriatici del 1989 parla di 10.137 vittime: 994 infoibate, 5.643 vittime presunte sulla base di segnalazioni locali, 3.174 decedute nei campi di concentramento jugoslavi; altri studi parlano di cifre maggiori, tra i 20 e i 30 mila morti. Oltre 300mila invece gli esuli Giuliano-Dalmati che lasciarono quei territori dopo il 1945.

La maggior parte degli infoibamenti ebbe luogo in due periodi distinti:

Norma Cossetto, studentessa 23enne, stuprata e gettata nella foiba di Villa Surani nell’ottobre del 1943

nei 40 giorni successivi all’armistizio italiano dell’8 settembre 1943 (finchè le truppe tedesche non presero il controllo della zona); quando l’Istria cadde preda dei partigiani comunisti di Tito furono presi di mira, arrestati, deportati e uccisi i fascisti ma anche molti civili, estranei alla politica, che in qualche modo rappresentavano l’amministrazione statale italiana.
nel maggio-giugno del 1945, dopo la resa italiana, quando l’esercito di Tito occupò l’intera Venezia Giulia; fu in questo periodo che il fenomeno degli infoibamenti segnò il suo apice: esecuzioni sommarie, arresti deportazioni… Una carneficina che non risparmiò nemmeno gli antifascisti: a cadere dentro le foibe furono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini.

Le vittime venivano portate sul bordo della foiba con i polsi legati dietro la schiena con del filo di ferro, legate a due a due; i carnefici sparavano un colpo di pistola o di fucile alla testa di uno dei due (il “fortunato”), che trascinava con sé nella voragine il compagno ancora vivo a cui era legato, e che andava incontro ad un’agonia che poteva durare giorni interi. Le grida ed invocazioni di aiuto venivano udite dagli abitanti della zona, ma la paura ed il terrore che regnava ovunque impediva loro di avvicinarsi alle foibe (chiunque avrebbe potuto essere considerato “nemico del popolo” ed essere a sua volta infoibato!).


Il piroscafo Toscana che trasportò gli esuli istriani da Pola a Venezia

La pulizia etnica proseguì fino al 1947, quando – con il trattato di pace di Parigi – venne fissato il confine fra l’italia e la Jugoslavia. Nell’arco di un decennio furono in più di 300mila i cittadini giuliano-dalmati che non si riconoscevano nell’etnia jugoslava a lasciare le proprie terre, le proprie case, i propri averi in cerca di una speranza; la maggior parte di essi cercò rifugio in territorio italiano, non troppo lontano dalle terre che aveva lasciato, nella speranza di potervi fare ritorno presto. Gli esuli in territorio italiano non trovarono però l’accoglienza sperata, tanto che vi è testimonianza di episodi di “comportamento ignobile contro gli esuli”: ad un treno carico di profughi, a Bologna, gli operai impedirono di portare qualsiasi genere di conforto, considerando i giuliano-dalmati (poiché fuggivano dalla Jugoslavia comunista) dei fascisti.

Come si può dimenticare tutto questo…come si è potuto fingere di non sapere per molti anni?
"Iniusti punientur, et semen impiorum peribit" (dal Salmo XXXVI, traducibile come "gli ingiusti saranno puniti per sempre e la stirpe dei malvagi sarà cancellata")

“Iniusti punientur, et semen impiorum peribit” (dal Salmo XXXVI, traducibile come “gli ingiusti saranno puniti per sempre e la stirpe dei malvagi sarà cancellata”)

Parliamo dell’Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia, città costiere unificate sotto l’insegna del leone di S. Marco a partire dal 1400. Città che sotto l’ala del leone di San Marco si svilupparono sul piano commerciale e fiorirono sul piano artistico e culturale. Città in cui, ancor oggi, potete ritrovare traccia della presenza veneziana. In queste terre si parlava veneto! Ed anche queste terre furono cedute all’Austria da Napoleone nel 1797 con il trattato di Campoformio. I fatti del 1848-1849, la nascita del Regno d’Italia, la terza guerra d’indipendenza, furono alcuni dei fattori che contribuirono a creare l’inizio delle tensioni tra le diverse etnie che per quattro secoli erano vissute in un clima di tranquilla convivenza.

Erano nostri fratelli – Erano nostre sorelle.

Noi non dimentichiamo!

¹ Il termine foiba deriva (el corisponde no el deriva) dal latino fŏvea (fossa, cava); con esso si indicano i grandi inghiottitoi (o caverne verticali, pozzi) tipici della regione carsica e dell’Istria.

Il Giorno del ricordo è una solennità civile celebrata il 10 febbraio di ogni anno, istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92.

Se siete curiosi di vedere chi non ha votato o ha votato contrario a questa proposta leggete qui: Link all’esito della votazione per l’istituzione del Giorno della Memoria
http://documenti.camera.it/Votazioni/Vo ... URA=finale


La voxe FOIBA no ła deriva dal latin FOVEA ma ła ghe corisponde, łe nostre lengoe no łe vien dal latin łe xe tute varianse de ła łengoa omana, come anca el latin ke no ła xe de seguro ła prima łengoa de l'omo o kisà ke łngoa sorana:

Foso, Fosò, Fosona, Fosalta, Fosoƚi, Fossombrone
viewtopic.php?f=45&t=1294

Foxa, Foza, Fugia, (Foz) …
viewtopic.php?f=45&t=1328

Povołaro, Povolare - Bovolon e Bovolenta - Pove, Povejan, Poveja
viewtopic.php?f=45&t=1154

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ea-409.jpg

Poveja ixla (Poveglia isola) no Popillia, no pioppo, no poa
viewtopic.php?f=177&t=1252
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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » mer feb 11, 2015 8:29 pm

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... dristi.jpg

Ke onti, ke skifoxi sti taliani!

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Ghe xe anca el caxo de ke l’onto maestro tałian e fasista, małà de tubercołoxi, ke ente łe scole istriane con a on putin xlavo ghe scapava na paroła entel so “diałeto o łengoa etnega e locale” el ghe verxeva a forsa ła boca e ‘l ghe spuava drento, łi so spuaci xałi e negri de tbc.
Co xe rivà l’ora i ło ga brincà e butà xo ente łe foibe.

E par mi łi ga fato benon!
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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » gio feb 12, 2015 10:02 am

Li onti tałiani neri e rosi, de drèta e de sanca:

Mi a so veneto e no tałian e de sti ensemenii de tałiani a ghe nò na pasua ke metà a bastaria!

Centri sociali violenti: insulti e bombe carta al corteo per le foibe

Persino ricordare i morti è vietato: a Trento anarchici e centri sociali assaltano i manifestanti alla commemorazione per i martiri delle foibe
Ivan Francese - Mar, 10/02/2015 - 14:25

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 91750.html

Un gruppo di attivisti riconducibili all'area anarco-antagonista è stato protagonista ieri sera di un bruttissimo episodio a Trento.

Tre bombe carta sono state lanciate contro un centinaio di persone che, pacificamente, prendevano parte alla commemorazione per i martiri delle foibe (di cui oggi cade la ricorrenza nazionale, il giorno del Ricordo). Gli ordigni, fortunatamente, sono esplosi senza colpire nessuno.

Le forze dell'ordine, scrive l'edizione trentina del Corriere delle Alpi, sono dovute intervenire per evitare ulteriori disordini e i carabinieri hanno dovuto caricare gli antagonisti per sgombrare il terreno. Un gruppetto del centro sociale Bruno, inoltre, ha cercato il contatto con gli attivisti di Casa Pound.

Alla manifestazione per i caduti istriani, giuliani e dalmati avevano partecipato militanti di Atreju, Casa Pound e Fratelli d'Italia. La manifestazione, fino al lancio delle bombe carta, si era svolta in modo calmo ed ordinato, pur in una piazza chiusa al traffico e blindata. Al termine dei pochi minuti della commemorazione, il "rompete le righe" e lo scioglimento della fila dei manifestanti di destra. Quindi, l'attacco degli anarchici.

Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato. Già l'anno scorso il cantante Simone Cristicchi era stato pesantemente contestato per il suo spettacolo sulle vittime delle foibe. Tra tentativi di revisionismo storico e attacchi armati in piena regola, è evidente che si pone un problema. Un problema che, ancora prima che politico o di ordine pubblico, è carattere culturale: perché quando non si rispettano più nemmeno i morti, il colpevole è uno solo. La mancanza di cultura. Qui sì, storica e politica.



La targa per le foibe divelta e profanata: era lì da sole 12 ore

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -Foibe.jpg

A Settimo Milanese la stele per i martiri istriani e giuliani non resiste nemmeno una notte. La denuncia di Forza Italia: "La sinistra non vuole ricordare"
Giovanni Masini - Mer, 11/02/2015 - 18:20
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 92575.html

Ha avuto vita breve, la targa in memoria delle vittime delle foibe posizionata ieri a Settimo Milanese.

Nemmeno dodici ore dopo il posizionamento, la stele collocata da un esule istriano in piazza della Resistenza nel comune dell'hinterland meneghino è stata divelta e sottratta sparendo nel buio della notte.

A denunciarlo è Ruggiero Delvecchio, consigliere comunale di Forza Italia: "Purtroppo la targa divelta è l'ennesimo atto incivile contro chi porta ancora i segni di quella tragica pagina della storia Italiana. È l’ennesima dimostrazione che c’è una parte della sinistra che non vuole ricordare i martiri, nascondendo le responsabilità materiali e ideologiche di quegli atti."

Nella giornata di ieri, in cui ricorreva il giorno del Ricordo, si era tenuta una commemorazione alla presenza di un centinaio di persone. Parlando con ilGiornale.it, Delvecchio ricorda inoltre che a Settimo, "città da sempre rossa", "la sinistra ha sempre voluto cancellare la questione delle foibe, non partecipando mai alle manifestazioni." L'esponente azzurro ricorda inoltre come da quando è stata istituito il giorno del Ricordo, nel 2004, l'amministrazione comunale non abbia "mai organizzato un evento sia pubblico che nelle scuole".

Da qui l'idea dell'opposizione di organizzare un corteo di commemorazione, a cui hanno preso parte Forza Italia, Lega Nord e varie associazioni. Un corteo concluso con l'inaugurazione della targa, destinata però a sparire nel nulla nel giro di poche ore.



Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... dristi.jpg



Alberto Pento

La xe na targa falba. E ła destra fasista tałiana? I martiri istro-dalmati no łi jera tałiani ma veneti. A farli martiri xe stà el fasi-nasionaleixmo talian ke el ga envaxo ła Jugoxlavia e maltratà le jenti xlave ... e kel ga endoto i veneti istro-dalmati a farse pasar par tałiani. Mi so veneto del Veneto ma no so tałian e nesuni me podarà endur a dirme tałian. L'Istria e la Dalmasia no łe xe mai stà tałiane, caxo mai łe jera stà venete o mejo venesiane.
Ghe xe anca el caxo de ke l’onto maestro tałian e fasista, małà de tubercołoxi, ke ente łe scole istriane con a on putin xlavo ghe scapava na paroła entel so “diałeto o łengoa etnega e locale” el ghe verxeva a forsa ła boca e ‘l ghe spuava drento, łi so spuaci xałi e negri de tbc.
Co xe rivà l’ora i ło ga brincà e butà xo ente łe foibe e i ga fato pì ke benon!




Onti tałiani de drèta e de sanca!

Il Friuli targato sinistra finanzia chi nega le foibe


La governatrice Pd Serracchiani dà 20mila euro all'editore che pubblica libri negazionisti. La denuncia di Forza Italia
Fausto Biloslavo - Mar, 02/12/2014 - 08:15
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 72065.html

Trieste - La Regione Friuli-Venezia Giulia guidata da Debora Serracchiani, la stellina nazionale Pd, finanzia una casa editrice di una nota negazionista delle foibe.

Nel disegno della legge finanziaria 2015 all'articolo 6, comma 10, sono previsti 20mila euro per la Kappa Vu s.a.s. di Udine. I soldi verranno elargiti secondo la norma «per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana». La casa editrice beneficiata stampa anche dei libri nell'idioma locale, ma è specializzata nella revisione storica che punta a demolire il dramma degli infoibati ed i crimini di Tito.

A sollevare il problema ci ha pensato il consigliere regionale di Forza Italia, Roberto Novelli, che presenterà un emendamento in aula per cancellare il finanziamento. La colonna portante della Kappa Vu è Alessandra Kersevan, «riduzionista» delle foibe per sua stessa ammissione. L'ultima opera pubblicata è il tomo sulla Fenomenologia di un martirologio mediatico: le foibe nella rappresentazione pubblica dagli anni Novanta ad oggi . In vendita on line si può acquistare a soli 6,38 euro «Da Sanremo alle foibe», un libello che cerca di demolire l'opera teatrale di Simone Cristicchi sul dramma dell'esodo istriano alla fine della seconda guerra mondiale. Secondo la casa editrice la pubblicazione «offre agli antifascisti, ma anche a un pubblico più vasto, alcuni mezzi "di difesa culturale" di fronte all'aggressività psicologica e mediatica del nuovo pensiero unico, cosiddetto "condiviso", di cui il lavoro di Cristicchi è secondo noi espressione». Kersevan sostiene che la memoria delle foibe fu creata ad arte nel dopoguerra per screditare il movimento partigiano. Secondo lei gli infoibati non sono certo migliaia ed in gran parte collaborazionisti o fascisti. La foiba di Basovizza, monumento nazionale, è frutto di propaganda e nessuno sarebbe mai stato lanciato nella voragine dai partigiani di Tito.

«La nostra regione ha vissuto questa tragedia e finanziamo una casa editrice che lo nega? È come se elargissimo soldi a chi dice che l'Olocausto è un'invenzione», dichiara l'azzurro Novelli. L'assessore alla Cultura, Gianni Torrenti, spiega che «la Kappa Vu è stata finanziata anche in passato da giunte di centrodestra. Non sono assolutamente d'accordo con le tesi negazioniste del dramma storico sulle foibe, ma se bloccassimo i fondi andremmo ad intaccare la libertà d'espressione e pensiero». L'assessore auspica l'apertura di un dibattito sul tema in aula consiliare. In passato era scoppiato un pandemonio per l'invito a un ex SS a Trieste da parte dell'associazione Novecento. L'assessore comunista, Roberto Antonaz, della giunta Illy di allora, aveva tuonato: «Neanche un euro alla Novecento». I contributi furono ridotti ed oggi cancellati. Quest'anno sono in tanti a storcere il naso accusando che i finanziamenti regionali sono a senso unico verso un mondo vicino alla sinistra, compresi i negazionisti delle foibe.
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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » gio feb 12, 2015 10:28 am

Ente ła I goera mondial łi onti tałiani łi ga agredesto l'Aostria par torse Trento e Trieste ke no łe jera mai stà tałiane e łi ga desfà el Veneto e martirixà i veneti; ente ła II goera mondial łi onti tałiani łi gà agredesto ła Jugoxlavia e cusì a pagar xe stà łe xenti venete de l'Istria e de ła Dalmasia.
Coando xe ke i veneti łi capirà ke ła fonte de tute łe so dexgràsie ła xe ła Tałia e łi tałiani e no i todeski o łi xlavi!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi

Messaggioda Berto » gio feb 12, 2015 8:24 pm

Eco el bon parlar de łi fasisti tałiani:

https://www.facebook.com/elena.cavallin ... ment_reply

Alberto Pento
Ghe xe anca el caxo de ke l’onto maestro tałian e fasista, małà de tubercołoxi, ke ente łe scole istriane con a on putin xlavo ghe scapava na paroła entel so “diałeto o łengoa etnega e locale” el ghe verxeva a forsa ła boca e ‘l ghe spuava drento, łi so spuaci xałi e negri de tbc.
Co xe rivà l’ora i ło ga brincà e butà xo ente łe foibe e i ga fato pì ke benon! -----------Foibe - par colpa dei nasionałeixmi edeołojeghi
viewtopic.php?f=139&t=408

Alberto Pento
Ente ła I goera mondial łi onti tałiani łi ga agredesto l'Aostria par torse Trento e Trieste ke no łe jera mai stà tałiane e łi ga desfà el Veneto e martirixà i veneti; ente ła II goera mondial łi onti tałiani łi gà agredesto ła Jugoxlavia e cusì a pagar xe stà łe xenti venete de l'Istria e de ła Dalmasia.
Coando xe ke i veneti łi capirà ke ła fonte de tute łe so dexgràsie ła xe ła Tałia e łi tałiani e no i todeski o łi xlavi!

Guglielmo Nervegna
https://www.facebook.com/falco.azzurro?fref=ufi
SPARATI! SPARISCI, EMIGRA... TOGLITI DALLE PALLE , DISFATTISTA di merda.. un piccolo manifesto non ha mai trucidato nessuno. (sempre se ho capito quelle parole quasi incomprensibili che hai scritto) .. dovresti fare dei corsi serali per parlare la lingua italiana che di fatto e la madre di tutte le lingue... Spero tanto che il veneto abbia la sua indipendenza ... così ritornano ad essere i morti di fame che erano. hooo mi sono sfogato.... Scusi!!!

Guglielmo Nervegna .... ma per fortuna di "veneti" come te non c'è ne sono molti....

Alina Tisrdan
Peccato che state litigando in casa mia....... hemm sulla mia bacheca! Guglielmo, Alberto è così sempre....... pensa di insegnare agli altri a stare al mondo...... non sa che ognuno di noi ha la sua strada, i suoi problemi, le sue idee, e tutte andrebbero rispettate!

Alberto Pento
Mi no barufo co nesun! Mi esprimo el me parer sensa ofendar. Alina gràsie par łe "bone parołe" e grasie par l'amiçisia de na 'olta, te sałudo e me cavo da łe to amiganse. Mi no so tałian ma veneto e ouropeo. Li tałiani łi xe stà e łi xe ła nostra dexgrasia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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