Lissa non fu una battaglia e una vittoria della Serenissima

Lissa non fu una battaglia e una vittoria della Serenissima

Messaggioda Berto » sab lug 21, 2018 5:47 am

Lissa non fu una battaglia e una vittoria della Serenissima
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Lissa non fu una battaglia e vittoria della Serenissima

Messaggioda Berto » sab lug 21, 2018 5:49 am

APPELLO AL SINDACO DI VENEZIA: SI RICORDI DEI MARINAI DI LISSA
20 luglio 2018

https://www.miglioverde.eu/appello-al-s ... i-di-lissa

Egregio Signor Sindaco,
a Lissa il 20 luglio 1866 gli eredi della Serenissima (veneti,istriani e dalmati) ossatura della marina asburgica sconfissero clamorosamente la marina italiana che tanto baldanzosamente aveva affrontato la battaglia, forte della propria superiorità di uomini e di mezzi.
“….deghe drento, Nino, che la ciapemo” così si rivolse l’ammiraglio Tegetthoff al timoniere e all’annuncio della vittoria gli equipaggi risposero lanciando i berretti in aria gridando “Viva San Marco!!”; e in poche parole Tegetthoff fotografò mirabilmente la battaglia:
“Uomini di ferro su navi di legno
hanno sconfitto
uomini di legno su navi di ferro”
L’impero asburgico riconobbe il valore dei marinai veneti, come viene dimostrato dall’elenco dei decorati, tratto dall’articolo di Pietro Giorgio Lombardo pubblicato su “Rassegna storica del Risorgimento” dell’ottobre-dicembre 1978
-Medaglie d’oro:
PENSO TOMMASO Chioggia
VIANELLO VINCENZO detto GRATAN Pellestrina – Venezia
-Medaglie d’argento di prima classe:
ANDREATINI ANTONIO Venezia
PENZO TOMMASO detto OCCHIAI Chioggia
MODERASSO ANTONIO Padova
PREGNOLATO PAOLO Loreo – Rovigo
GHEZZO PIETRO Malamocco – Venezia
DALPRA’ MARCO Venezia
VARAGNOLO ROMA PIETRO FERDINANDO Chioggia
VIDAL BORTOLO detto STROZZA Burano – Venezia
-Medaglie d’argento di seconda classe:
GAMBA FRANCESCO Chioggia
ROSSINELLI FEDERICO Venezia
CAVENAGO GIOACCHINO Padova
SCARPA ANGELO ZEMELLO Pellestrina – Venezia
BOUTZEK IGNAZIO Venezia
BUSETTO GIOVANNI ANTONIO Pellestrina – Venezia
PITTERI LUIGI Venezia
GIANNI GIUSEPPE Chioggia
CEROLDI LUIGI GIOVANNI Venezia
MOLIN LUIGI Burano – Venezia
RAVAGNAN GAETANO Donada – Rovigo
SCARPA TOMMASO Chioggia
BORTOLUZZI FERDINANDO Venezia
PREGNOLATTO DOMENICO Contarina – Rovigo
GALLO EUGENIO PAOLO Adria – Rovigo
BOSCOLO LUDOVICO Chioggia
FERLE REDENTORE Venezia
GRASSO LUIGI ANTONIO Chioggia
MARELLA LUIGI ANTONIO Chioggia
NARDETTO DOMENICO Padova
LAZZARI FRANCESCO Venezia
GARBISSI PIETRO Venezia
FANUTO DOMENICO Venezia
SALVAZZAN ANTONIO Padova
ALLEGRETTO LUIGI Burano – Venezia
VARISCO FRANCESCO Chioggia
BENETTI PASQUALE Padova
BUSETTO CARLO Pellestrina – Venezia
PENSO LUIGI detto MUNEGA Chioggia
NOVELLO RINALDO Venezia
BOSCOLO CASIMIRO Chioggia
VENTURINI ANGELO detto CIOCOLIN Chioggia
DONAGGIO FRANCESCO Chioggia
NORDIO LUIGI Venezia
MELOCCO detto MEOCCO GIOVANNI Venezia
BOSCOLO VINCENZO Chioggia
SFRIZO AUGUSTO Chioggia
ALLEGRETTO (NEGRETTO) AUGUSTO Burano – Venezia
GALIMBERTI GIOVANNI Chioggia
Un numero importante di questi, egregio signor Sindaco, ben ventitre, erano di Venezia: per tutti questi veneziani e veneti c’è il più assoluto disinteresse, non una via, una piazza, niente di niente che li ricordi, nonostante si siano comportati con “audacia, sangue freddo e coraggio rari” come sta scritto nella motivazione della medaglia d’oro di Vincenzo Vianello, Suo concittadino:
“Confermiamo che il timoniere di 2 classe Vincenz Vianello, nonostante fosse stato leggermente ferito, subito dopo la morte del timoniere capo Lenaz e in seguito al contemporaneo ferimento del timoniere di 1. classe Pinduli, prese il timore della nave e, soprattutto durante lo speronamento della fregata corazzata nemica, ha intrepidamente manovrato, eseguendo al momento giusto gli ordini del Contrammiraglio von Petz. Con tutto il suo comportamento ha dimostrato audacia, sangue freddo e coraggio rari. Pola 28 settembre 1866.”
Mi permetto allora , in occasione dell’anniversario della battaglia di Lissa, rivolgermi a Lei, in quanto ritengo sia giunto il tempo di riparare a questa scandalosa mancanza; a meno che non si voglia teorizzare che ci siano VENETI DI SERIE A (coloro che hanno combattuto sotto la bandiera italiana) che vanno ricordati, omaggiati, beatificati e VENETI DI SERIE B (tutti gli altri) per i quali c’è solo l’oblio.
La ringrazio per l’attenzione, distinti saluti.

ETTORE BEGGIATO
Autore di “Lissa, l’ultima vittoria della Serenissima”


Ła storia contà da Etore Bejato
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Re: Lissa non fu una battaglia e vittoria della Serenissima

Messaggioda Berto » sab lug 21, 2018 5:50 am

APPELLO AL SINDACO DI VENEZIA: SI RICORDI DEI MARINAI DI LISSA
20 luglio 2018
https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 2043114208

Alberto Pento
A Lissa i veneti veneziani combatterono come sudditi austriaci nella mariana austriaca. Non fu una battaglia dei veneti contro gli italiani, ma degli austriaci contro gli italiani. E' demenziale e falso farla passare come una vittoria dei veneziani e della Serenissima. Questa non è buona storia ma cattiva storia, una vergogna dei venetisti fanfaroni.

Umberto Feltrin
Per avere un'idea di cosa parliamo: (tratto dalla biografia del comandante austriaco pubblicata su Wikipedia) Il 28 novembre 1840, allora tredicenne, Guglielmo di Tegetthoff entrò nella Imperiale e regia scuola dei cadetti di marina alloggiato negli stabili dell'antico monastero di Sant'Anna, a Castello, Venezia. All'epoca l'Imperial Regia marina austriaca era totalmente influenzata dalla componente veneta, di fatto, la base navale e l'Arsenale erano anch'essi basati nella città del leone di San Marco e Tegetthoff venne preparato alla carriera imparando il veneto, lingua di comando della Marina.

Alberto Pento
Tutto ciò non significa che a Lissa risorse la Serenissima per combattere contro il Regno d'Italia; tutto ciò significa che l'area veneta, della defunta Serenissima era dominio Austriaco e che i veneti, i veneziani e altri sudditi dei domini della Serenissima erano divenuti sudditi dell'Impero Asburgico e che a Lissa combatterono nella marina imperiale austriaca contro quella del Regno d'Italia.

Umberto Feltrin
Alberto Pento : la storia è quella, ma è innegabile che gli uomini la tecnica i linguaggi in tutto l'adriatico erano figli della cultura veneziana per molti secoli.

Alberto Pento
Sì, come oggi i discendenti di quel tempo e di quella cultura sono inseriti nella marina militare italiana.


https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Lissa

La battaglia di Lissa fu uno scontro navale nell'ambito della terza guerra d'indipendenza italiana e si svolse il 20 luglio 1866 sul mar Adriatico nelle vicinanze dell'isola omonima (in croato: Vis), tra la Kriegsmarine, la Marina da Guerra dell'Impero austriaco e la Regia Marina del Regno d'Italia. Fu la prima grande battaglia navale tra navi a vapore corazzate e l'ultima nella quale furono eseguite deliberate manovre di speronamento.
La battaglia rientrò nella guerra austro-prussiana, in quanto l'Italia all'epoca era alleata della Prussia a sua volta in guerra contro l'Impero austriaco. L'obiettivo principale italiano era quello di conquistare il Veneto sottraendolo all'Austria e scalzare l'egemonia navale austriaca nell'Adriatico.
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Re: Lissa non fu una battaglia e vittoria della Serenissima

Messaggioda Berto » sab lug 21, 2018 5:51 am

LISSA E CUSTOZA, VERGOGNA ITALIANA CHE "VINCE" LA GUERRA PERDENDO
Così l'Italia vinse la guerra perdendo tutte le battaglie.
17 luglio 2018

https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.c ... l?spref=fb

Il 20 luglio 1866 l'Italia con le sue "navi di ferro" riuscì a perdere una battaglia navale contro la flotta austro veneta. La vergogna fu tale che gli italiani, una volta occupata la Dalmazia ex veneta, "imprigionarono" l'innocente Leone asburgico posto i"ad memoriam" dall'Austria col nome dei veneti e dalmati caduti, nel giardino dell'accademia navale di Livorno. Dove non si può visitare: un nostro tentativo, venti anni or sono, di deporre una corona per onorare i nostri eroici avi, fu stoppato con la scusa che era zona militare invalicabile :D.

Immagino lo sconcerto dei funzionari alla nostra regolare domanda, e il traffico di scaroffietra Livorno e Roma, infatti ci risposero dopo mesi.

Grazie alla Prussia ottenemmo il Veneto e parte del Friuli. Ma il disastro militare ci segnò per sempre.

Un articolo de "Il Giornale " del 20/07/2016

Si può vincere una guerra perdendone quasi tutte le battaglie. Si può anche scatenare, a cose fatte, uno psicodramma che trasformi due scontri finiti male, ma senza reali conseguenze, in un dramma nazionale con tanto di processi eccellenti, e privi di qualunque equità.

Poi si può continuare a sentirsi defraudati per anni della dignità nazionale e mascherare il tutto sotto un'enorme dose di retorica che esalti il sacrificio, senza però prendersi la briga di indagare sulle magagne della propria macchina bellica.

Andò così nella Terza guerra di indipendenza italiana (durata dal giugno all'ottobre 1866) di cui ricorrono i 150 anni. Una bella e approfondita analisi di quel conflitto la compie Hubert Heyriès (storico militare dell'università Montpellier III) nel suo Italia 1866. Storia di una guerra perduta e vinta (Il Mulino, pagg. 348, euro 25). Il saggio racconta come l'Italia fu abile diplomaticamente a intuire le potenzialità della montante tensione tra l'Austria e la Prussia del cancelliere Bismarck (1815-98). Era l'occasione giusta per liberarsi della presenza asburgica nella Penisola. Con i buoni uffici di Napoleone III, il conte Giulio Cesare di Barral e il generale Giuseppe Govone apposero la loro firma, in nome dell'Italia, su un trattato offensivo valido unicamente per 3 mesi. Era l'8 aprile 1866. L'Austria si sarebbe trovata chiusa in mezzo a una tenaglia di ferro. Combattere su due fronti l'avrebbe quasi di sicuro costretta alla sconfitta.

Sin qui la parte logica del piano, a prescindere delle immediate diffidenze tra Firenze (allora era la capitale) e Berlino. Così il 20 giugno Vittorio Emanuele II diede ottimisticamente il via alle ostilità: «Voi potete confidare nelle vostre forze, italiani, guardando orgogliosi il florido esercito e la formidabile marina...». E su questo ottimismo si allineò subito tutta la nazione. L'entusiasmo portò con sé - come spiega Heyriès - due ulteriori buoni risultati. La mobilitazione fu rapidissima e Garibaldi si vide piombare addosso un gran numero di volontari che usò nel modo che gli era più consono: attaccare verso in Trentino in un territorio frastagliato e montagnoso. Per un genio indiscusso della guerriglia era l'ideale.
Ossario di Custoza dove riposano austriaci e italiani uniti nell'eterno riposo. Anche qui un nostro tentativo di deporre una corona in memoria degli austroveneti, fu respinto dalla Digos.

Ma fuori dalle montagne trentine la macchina bellica italiana iniziò a mostrare tutti i suoi limiti. La Prussia premeva per un attacco rapido. Per colpire efficacemente a nord le serviva che le truppe austriache fossero impegnate a sud. Ma gli italiani si trovavano difronte le fortezze del Quadrilatero e nessuno aveva sviluppato un vero piano per superarle. Un attacco dal mare con sbarco, a partire dalla netta superiorità navale italiana, era un qualcosa di cui si era solo fantasticato.

Le nostre navi erano eterogenee (quanto gli equipaggi nati fondendo tre marine) e non certo adatte a un attacco di questo tipo. Così l'enorme esercito italiano (per la prima volta il Paese aveva un esercito di massa) nel dubbio e senza un chiaro piano d'attacco fu schierato in due tronconi. Centoventimila fanti e 7mila cavalieri sul Mincio comandati dal generale La Marmora. Altri 64mila fanti e 3500 cavalieri affidati invece al generale Enrico Cialdini sulla linea del Po. Gli Austriaci erano in netta minoranza numerica ma ebbero così la possibilità di giocare sulla velocità per colpire uno dei due tronconi. A questo si sommò la deficienza logistica degli italiani. Risultò un problema persino fornire le coperte. Oltre il fatto che molti soldati non avevano mai combattuto, o soltanto contro i «briganti». In più, la litigiosità degli alti ufficiali...

Le truppe di La Marmora, mentre cercavano di sorprendere gli austriaci ritardarono ancora , e si fecero sorprendere dal nemico appena passato il Mincio. Ne nacque uno scontro disordinato: la seconda battaglia di Custoza. Nonostante tutto gli italiani si batterono bene. Gli Ulani del battaglione «Conte di Trani» e la brigata di Cavalleria di Ludwig von Pulz vennero massacrati a Villafranca dal quadrato di fucilieri comandato dal principe Umberto. I granatieri sul Monte Torre e sul Monte Croce fecero pagare agli austriaci ogni palmo di terra. Ma nel momento più critico alcuni ufficiali, come il generale Della Rocca, non inviarono rinforzi, seppur richiesti nella zona più a rischio, Custoza. Il risultato fu che le truppe italiane dovettero ritirarsi. Gli austriaci non le inseguirono: avevano subito colpi altrettanto gravi. Gli italiani avevano perso tra morti, feriti, e prigionieri 7.403 uomini. Gli austriaci 7.956. Ma era il morale degli italiani a essere crollato. E le cose peggiorarono quando i Prussiani travolsero gli austriaci a Sadowa, il 3 luglio. Ne nacque una sorta di psicosi: bisognava vincere «qualcosa» al più presto.

l'ammiraglio Tegethoffche parlava veneto ed era erede della scuola militare della marina veneta

E così ci si rivolse alla Marina. Gli italiani cercarono di attirare la flotta del contrammiraglio Tegetthoff verso Ancona. L'austriaco sapeva fare il suo mestiere e non uscì dal porto. Allora il ministro Depretis piombò ad Ancona e «sobillò» contro l'ammiraglio Carlo Pellion di Persano i suoi diretti e gelosissimi sottoposti, l'ammiraglio Vacca e l'ammiraglio Albini. Il risultato fu che venne allestito in fretta e furia l'attacco all'isola di Lissa che era ben fortificata e per di più collegata via telegrafo. Fu lì che la flotta austriaca subito allertata piombò sulle navi italiane. Anche in questo caso lo scontro (l'anniversario è oggi, 20 luglio) non era perduto a priori, anzi, alcune navi austriache come la «S.M.S. Kaiser» se la videro brutta. Ma se i rapporti tra Persano, Albini e Vacca erano pessimi in condizioni normali, si rivelarono tragici in battaglia. Le reazioni di Persano furono confuse, ma anche quando diede ordini chiari i suoi sottoposti si sforzarono di eluderli. Bilancio di 37 minuti di battaglia: l'affondamento della «Re d'Italia» e della «Palestro» e la morte di 638 marinai. Se Custoza era una quasi sconfitta trasformata in disfatta dalla stampa, Lissa fu una sconfitta senza se senza ma.

Lo choc fu fortissimo e non bastarono i successi di Garibaldi in Trentino ad anestetizzarlo. Men che meno l'annessione del Veneto e del Friuli sprezzantemente ceduti dall'Austria alla Francia e dalla Francia a noi (a mezzo plebiscito) che pure fu indubitabilmente un grandissimo passo verso la completa unificazione del Paese. Gli italiani incorporarono un senso di fragilità militare che non hanno mai smesso di portarsi dietro. E per colmarlo misero sotto processo l'ammiraglio Persano che fu radiato dalla Marina. Ma quale fosse la differenza tra lui e gli altri ammiragli che gli avevano messo i bastoni tra le ruote nel bel mezzo dello scontro non fu mai chiarito. Sulle responsabilità degli ufficiali del Regio esercito invece ci si limitò alle polemiche velenose.

Anche questo lavacro di coscienza collettivo a mezzo capro espiatorio si trasformò in una brutta prassi nazionale. Anzi forse è il cascame, sociologico, più grave di questa guerra vinta senza vincere.


Alberto Pento
La marina era quella dell'Impero Austroungarico e i veneti e i veneziani erano sudditi di questo impero e la marina militare veneziana era incorporata nella imperiale marina austriaca. I veneziani a Lissa combatterono come sudditi dell'impero austriaco.
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Lissa non fu una battaglia e una vittoria della Serenissima

Messaggioda Berto » sab lug 21, 2018 5:54 am

Lissa: per i Veneti una vittoria da ricordare
Ettore Beggiato

http://www.rivistaetnie.com/lissa-vittoria-da-ricordare

La documentata e anticonvenzionale rilettura di un episodio memorabile della III guerra di “indipendenza”. Nessun testo scolastico ha mai spiegato da che parte stessero veramente i Veneti.

Lissa, isola nel mare Adriatico, è la più lontana dalla costa dalmata; conosciuta nell’antichità come Issa, più volte citata dai geografi greci, fu base navale della Repubblica Veneta fino al 1797. Contesa da Austria, Inghilterra e Francia, fu teatro il 13 marzo 1811 di una battaglia durante la quale gli Inglesi sconfissero la flotta francese. Nel 1815 passò all’Austria che, memore dell’importanza datale anche da Napoleone (“Nessuno può ritenersi il vero signore dell’Adriatico senza il controllo di essa”, disse lo stratega corso), la fortificò in tal modo da poterle attribuire il nome di “Malta dell’Adriatico”.

1 Il “fatal 1866” iniziò politicamente a Berlino con la firma del patto d’Alleanza fra l’Italia e la Prussia l’otto di aprile.

Il 16 giugno scoppiò la guerra fra Prussia e Austria e il 20 giugno, con il proclama del re, l’Italia dichiarò guerra all’Austria. La baldanza degli Italiani fu però prontamente smorzata poche ore dopo (24 giugno), a Custoza, ove l’esercito tricolore fu sconfitto dall’esercito asburgico (grazie anche al notevole apporto dei valorosi soldati veneti). Fra il 16 e il 28 giugno le armate prussiane invasero l’Hannover, la Sassonia e l’Assia ed il 3 luglio vinsero a Sadowa. Due giorni dopo, l’impero asburgico decise di cedere il Veneto all’Italia (tramite la mediazione di Napoleone III) pur di concludere un armistizio. In Italia i governanti furono però contrari a tale proposta, che umiliava le forze armate italiane, e, viste le penose condizioni dell’esercito dopo la sconfitta di Custoza, puntarono sulla marina per riportare una vittoria sul nemico che consentisse loro di chiudere onorevolmente (una volta tanto!) una guerra. Gli Italiani non potevano certo immaginare che avrebbero trovato ancora una volta sul loro cammino i Veneti, ossatura della marina austriaca. La marina militare austriaca era praticamente nata nel 1797 e già il nome era estremamente significativo: “Oesterreich-Venezianische Marine” (Imperial Regia Veneta Marina). Equipaggi ed ufficiali provenivano praticamente tutti dall’area veneta dell’impero (veneti in senso stretto, istriani e dalmati, popoli fratelli nei confronti dei quali la storia è attualmente così ingenerosa e dei quali non possiamo dimenticare l’attaccamento alla Serenissima);
2 i pochi “foresti” ne avevano ben recepito le tradizioni nautiche, militari, culturali e storiche. La lingua corrente era il veneto, a tutti i livelli. Nel 1849 dopo la rivoluzione veneta, capitanata da Daniele Manin, c’era stata, è vero, una certa “austriacizzazione”: nella denominazione ufficiale l’espressione “veneta” veniva tolta, c’era stato un notevole ricambio tra gli ufficiali, il tedesco era diventato lingua “primaria”. Ma questo cambiamento non poteva essere assopito nel giro di qualche mese; e non si può quindi dar certo torto a Guido Piovene, il grande intellettuale veneto del Novecento, che considerava Lissa l’ultima grande vittoria della marina veneta-adriatica.
3 I nuovi marinai, infatti, continuavano ad essere reclutati nell’area veneta dell’impero asburgico, non certo nelle regioni alpine, e il veneto continuava ad essere la lingua corrente, usata abitualmente anche dall’ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff che aveva studiato (come tutti gli altri ufficiali) nel Collegio Marino di Venezia e che era stato “costretto” a parlar veneto fin dall’inizio della sua carriera per farsi capire dai vari equipaggi.

La lingua veneta contribuì certamente ad elevare la compattezza e l’omogeneità degli equipaggi; estremamente interessante quanto scrive l’ammiraglio Angelo Iachino:
4 “…non vi fu mai alcun movimento di irredentismo tra gli equipaggi austriaci durante la guerra, nemmeno quando, nel luglio del 1866, si cominciò a parlare della cessione della Venezia all’Italia”. Nè in terra, nè in mare i Veneti erano così ansiosi di essere “liberati” dagli Italiani, come certa storiografia pretenderebbe di farci credere. Pensiamo che perfino Garibaldi “s’infuriò perché i Veneti non si erano sollevati per conto proprio, neppure nelle campagne dove sarebbe stato facile farlo!”
5. La marina tricolore brillava solamente per la rivalità fra le tre componenti, e cioè la marina siciliana (o garibaldina), la napoletana e la sarda. Inoltre i comandanti delle tre squadre nelle quali l’armata era divisa, l’ammiraglio Persano, il viceammiraglio Albini ed il contrammiraglio Vacca erano separati da profonda ostilità.

Si arrivò così alla mattina del 20 luglio. La marina italiana si presentò nelle acque di Lissa numericamente superiore, ma, in circa un’ora, l’abilità del Tegetthoff ed il valore degli equipaggi consentì alla marina austro-veneta (come la chiamano ancor oggi alcuni storici austriaci) di riportare una meritata vittoria. Le perdite italiane furono complessivamente di 620 morti e 40 feriti, quelle austro-venete di 38 morti e 138 feriti.6 La corazzata “Re d’Italia”, speronata dall’ammiraglia “Ferdinand Max”, affondò in pochi minuti con la tragica perdita di oltre 400 uomini; la corvetta corazzata “Palestro”, colpita da un proiettile incendiario, esplose trascinando con sè altre 200 vittime. E ancor oggi è ben viva la leggenda secondo la quale i marinai veneti della “Ferdinand Max”, vedendo la corazzata Re d’Italia che affondava, gridarono: “Viva San Marco!”7.

Note

1 F. Venosta, Custoza e Lissa, Barbini editore, pag. 144,
2 A. Zorzi, La Repubblica del Leone, Rusconi, pag. 550.
3 S. Meccoli, Viva Venezia, Longanesi, pag. 122.
4 A. Iachino, La campagna navale di Lissa 1866, 11 Saggiatore, pag. 133.
5 D. Mack Smith, Storia d’Italia, Laterza.
6 Storia Illustrata 6/1966, A. Iachino, pag. 119.
7 Leggenda citata anche da A. Zorzi, Venezia austriaca, Laterza, pag. 238.
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Messaggioda Berto » sab lug 21, 2018 6:13 am

Sostenere che i veneti/veneziani vinsero a Lissa come veneti/veneziani e non come sudditi austriaci serve a far passare l'idea che i veneti/veneziani di allora fossero antitaliani ma ciò è falso.

Semplicemente i veneti come tanti altri popoli prevalentemente gregari:
combatterono e morirono sempre per il potere che li dominava, per lo stato che li possedeva e di cui erano sudditi o cittadini:

0) lo fecero nella preistoria euganea-venetica-celtica-retica, nel periodo romano, nel medioevo germanico, bizzantino e comunale
1) lo fecero quando comandava Venezia
2) anche quando comandò Napoleone e morirono a migliaia nella sua campagna di Russia
3) lo fecero di nuovo come sudditi dell'Austria a Custoza e a Lissa
4) lo rifecero come sudditi e cittadini del Regno d'Italia, specialmente nella prima mondiale quando il Veneto venne distrutto e i veneti morirono a decine di migliaia.

Gli unici che per alcuni secoli combatterono e morirono per se stessi o per la loro aristocrazia furono i veneti veneziani. Un po' anche i veneti di terra nel periodo delle libertà e delle indipendenze comunali.

I veneti quasi mai si sono rivoltati contro il loro padrone, lo fecero nel 1848 contro l'Austria ma non ebbero fortuna e ritornarono sudditi; non lo fecero contro Napoleone, non lo fecero sistematicamente contro l'Austria, non l'hanno mai fatto contro l'Italia.
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Messaggioda Berto » dom lug 22, 2018 9:40 am

Per Gabriele Perruca del CLNV - a Lissa fu il Lombardo Veneto a sconfiggere l'Italia

https://www.facebook.com/larosa.camuna. ... 9172723905

Gabriele Perucca
Ieri alle 00:13
20 Luglio 1866 Isola di Lissa - mare Adriatico
Dopo la vittoria di terra a Custoza il 24 Giugno 1866, il Regno Lombardo - Veneto sconfigge nuovamente l’Italia per mare, oggi 152 anni fa, e non permette l’occupazione sabauda del Territorio Veneto.
La Nostra Storia va studiata e divulgata.
Conoscenza Consapevolezza Coraggio
GP
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Messaggioda Berto » dom lug 22, 2018 12:25 pm

Manco mal k'a ghè altri ke łi ła conta justa.

A LISSA il 20 Luglio 1866
non vinse la Marina VENETA.... ma quella Austriaca.
Onore ai Veneti che a bordo delle navi austriache fecero la loro parte e Morirono da Eroi, contribuendo alla Vittoria Finale.
https://www.facebook.com/marco.leone.12 ... 8642926862
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