Alta Coultura = coultura clasega (?) - Doti e sapienti/saoni

Alta Coultura = coultura clasega (?) - Doti e sapienti/saoni

Messaggioda Berto » mar dic 17, 2013 8:20 am

Alta Coultura = coultura clasega (?) - Doti e sapienti/saoni
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Crixi de la filoloja romansa
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... RUcDQ/edit
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Re: Alta Coultura = coultura clasega

Messaggioda Berto » mer dic 18, 2013 7:40 am

Veneto e Lombardia liberi dalla menzogna dei canoni letterari

http://www.lindipendenza.com/veneto-e-l ... -letterari

di PAOLO L. BERNARDINI

Per comprendere le strategie, neppure troppo sottili, che lo Stato italiano unito, ed anzi tutti gli altri Stati, soprattutto la Germania, di più recente “unificazione”, hanno utilizzato e utilizzano per mantenere tali gli schiavi che sono i loro cittadini, merita, per me, particolare attenzione, la costruzione del “canone letterario”, ovvero quella finzione secondo cui vi sono autori che più di altri meritano di essere studiati nelle scuole, di ogni ordine e grado.
Con l’eccezione forse dell’università, dove esiste forse un 10% di sapere critico insegnato a fronte del 100% di sapere dogmatico che viene inflitto ai bambini – “rapiti” ogni mattina da casa, direbbe Rothbard, per essere de-portati a scuola – eccezione che forse giustifica la percentuale pur minima di libertà che ancora utilizzano un buon numero di docenti.

Ora, si tratta di “quaestio vexata” quante altre mai. Ma occorre ritornarci, anche perché non accada che il Veneto, la Lombardia, e tutti gli altri stati liberi del futuro non cadano nel medesimo errore. Il canone letterario non è dato da nessuna ipotetica “primazia” di un autore su di un altro. L’invenzione dei “minori” è correlativa alla costruzione del “canone”.
In quanto sapere dogmatico – ben incarnato dai guitti che recitano a memoria la Divina Commedia piuttosto che i Promessi Sposi – il “canone” non avrebbe neppure bisogno di maestri ed esegeti, ancor meno poi di questi ultimi che potrebbero minare il valore di questo o quest’altro autore “canonico”.
Il canone lo fanno i cannoni.
Cosa serve dunque il Maestro?
E’ solo l’autorità costituita, deve incutere paura, non insegnare veramente.
Da qui l’apparato di esami, che culmina nella sciagurata “maturità”: l’esame degli esami che licenzia il servo perfetto, addottrinato appunto in canoni sanciti da manuali, off line e on line ora, che deve sapere vita morte e miracoli dei GTT, i “grandi di tutti i tempi” come recitava il titolo di una collana di biografie popolari e illustrate che adornano ancora molte pareti borghesi, una festa di chiacchiere illustrate.

Per liquidare in fretta la questione delle scuole del futuro: quale canone? Non ci sarà nessun canone. Ma maestri in grado di insegnare il pensare critico, non quello dogmatico per il quale andrebbe bene un computer fornito di bacchetta, magari laser, per punire gli indisciplinati. Se andiamo analizzare la costruzione del canone letterario italiano, a partire da “padre Dante” fino ad oggi, smascheriamo fin troppo facilmente gli autori che si possono collocare negli anticipatori delle sorti magnifiche e progressive dell’Italia finalmente unita, con spudorata esclusione delle voci dissenzienti. Ma occorre anche indagare caso per caso. La mercificazione patriottica di un capolavoro come i “Promessi Sposi”, mostra bene la volontà di aggiogare Milano a Roma, come politicamente accade, ora soprattutto in cui attraverso un partito “milanese” e “lombardo” le redini del controllo romano sono state rafforzate. Il triangolo Torino-Roma-Milano, le “capital city” degli “Hunger Games” nostrani – la fame la soffriamo noi negli altri “distretti” – egemone, liberticida, e centralistico fino al midollo dal 1861
(si leggano i dispacci accorati degli industriali milanesi e torinesi a Roma del maggio 1898, che riuscirono nell’intento di far massacrare gli innocenti dal criminale Bava-Beccaris, poi insignito da onorificenze varie: non credo che tra i vertici della Lega e i palazzi romani si scambino, ora, e da trent’anni, messaggi diversi) ha imposto astutamente un canone “allotrio” rispetto a Roma, per far credere che la Milano del Manzoni, o la Toscana di Dante, avessero il loro spazio dovuto, nella misura in cui omaggiavano la ladrona laggiù. Ladrona davvero, perché ai suoi servi milanesi ha rubato la dignità, dando in cambio la possibilità di rubare.

Vero è che anche nella scelta vi sono considerazioni “buonistiche”, “pietistiche”, fintamente religiose. Si sarebbe potuto ad esempio sostituire a Manzoni Rovani (foto in alto) – “Cent’anni” è un capolavoro, splendidamente milanese e Rovani partecipò al risorgimento assai più del cauto Manzoni – ma non c’era la necessaria dose di buoni sentimenti, anche se Manzoni rovescia di certo la frase celebre di Gide, “è con i buoni sentimenti che si fa la cattiva letteratura”, applicabile perfettamente a De Amicis e compagnia. In qualche modo Rovani è meno addomesticabile. E che dire di Nievo? Le “Confessioni” sono un capolavoro assoluto, Nievo (foto a lato) fu il primo martire dell’Italia unita, ma troppe cose c’erano di inquietanti: innanzi tutto Venezia, vista nel suo bellissimo tramonto; poi la pretesa di vedere Venezia, giustamente, come la prima forza nazionale italiana, erede diretta di Roma (questione su cui converrà tornare); poi Nievo era un “enfant prodige” e in paese di vecchi satrapi, retto da anziani pervertiti, tradizionalmente, uno scrittore prodigioso morto neppure trentenne qualche inquietudine l’avrebbe pur data in classe. Meglio far studiare i poeti maledetti giovanissimi, ma francesi: “Noi queste cose mica le facciamo”.

In genere si entra nel canone quando si è sufficientemente patriottici – su qualche giornale italiano ho perfino letto una volta che Mameli non solo era grande poeta, ma perfino filosofo, il che è tutto dire, ma era articolo recente e ormai siamo nel festival della menzogna spudorata, del degrado assoluto – oppure sufficientemente fortunati, o entrambe le cose. Ma questo vale per ogni canone, anche quello musicale. Per i suoi legami con la politica e forse l’antisemitismo (che gli ha dato fama postuma e sinistra, ma comunque ahimè fama certamente) tutti onorano e ricordano Wagner, ma Richard Wetz era genio a lui pari. E ben pochi lo conoscono. Adoriamo Beethoven, a ragione. Ma provate ad ascoltare Ferdinand Ries. O Franz Lachner, o Joachim Raff o Johann Rufinatscha (foto a lato). O Hans Rott, meraviglioso. Nel canone, loro non ci sono. Si apriranno nuove dimensioni nell’apprezzamento della sinfonia ottocentesca, quando ci libereremo di cattivi canoni, di cattivissimi maestri ignoranti.

Nel Veneto del futuro si eseguirà certo Vivaldi. Ma magari si riscoprirà quel genio assoluto di Benedetto Marcello. Non esisteranno più i canoni, perché vi saranno maestri abbastanza intelligenti da rileggere e riscoprire quei “minori” minorati solo dai microcefali che li hanno definiti tali, peraltro dietro modesto compenso, per onorare patrie alla fine ingrate e tirchie.

La libertà farà riscoprire universi – di pensiero, di cultura, di arte – finora celati. La libertà si pone come orizzonte quello naturale. Fin dove riusciamo a vedere. E magari anche oltre.
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Re: Alta Coultura = coultura clasega

Messaggioda Berto » mer gen 01, 2014 9:41 am

La "sapiensa" de li nostri avi no la xe nata o nasta o nasesta ente li ani grego-romani, diti claseghi, ma la vien da lonsi, da co xe nasesto l'omo o da coando ke Dio el lo ga creà.
La sapiensa (o bona conosensa de le robe, del mondo, de la vita e de coel ke xe bon o manco bon e de coel ke serve par vivar mejo e ben, ...) la ne vien da li primi omani, milioni de ani endrio o pasà, no la xe na eredetà de li greghi o de li romani.
Ente li ani diti par convension "grego romani" la sapiensa o na parte de coesta, la xe stasta o stà mesa par scrito doprando le lengoe grega e latina, ma tuta sta sapiensa la ghe jera xa, envanti e de li greghi e de li romani e la jera sparsa e difuxa ente tuto el mondo anca de l'Ouraxia, del Mediteragno e de la penixla talega.
Sta sapiensa la gaveva anca li etruski e li veneteghi, li çelti, li xermani e li xlavi e tanti altri.

Co se conta la storia cognaria mai dexmentegarse de sta veretà elementar.

La sapiensa, la filoxofia, le arti, l'arkitetura, la siensa, la mediçina, la scritura, la democrasia, la repiovega, ... no le xe envensio de li greghi e de li romani lè on portà de la storia-pristoria omana.

La Coultura no la xe lomè coela scrita, la pì' parte lè a vista o oral.
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Re: Alta Coultura = coultura clasega

Messaggioda Sixara » mer gen 01, 2014 11:08 pm

Si. A so' propio drio ri-lezarme on sajo so Civiltà e Culture. Senti cuà còsa ca se dixe :
ke intanto bixognaria ri-partire da le definizion : còsa ca intendemo par Civiltà? Civiltà xela difarente da Cultura? Civiltà vien tradoto co civilization n inglexe e co civilisation n francexe, ma el tedesco el gà Kultur.
Còsa ne gài insegnà a scola n storia ( visto ke la vièn cità te l articolo desora) : na lista de scontri e bataje, òdi e confliti secolari. Ciapémo la Persia e la Grecia : ke vixion xe pasà, da ke p.d.v. ghemo vardà al raporto fra ste do culture? No pòe èsarghe stà solo ke guère fra sti 2 popoli ma anca secoli de scanbi culturali e influenze reciproche, però xe pasà el mesajo storico ke i persiani i jèra 'barbari' parké i jèra 'altro' da i greci. E via ndare.
E cusì come ke i ne gà insegnà na storia (...)-centrica i ne gà insegnà na leteratura (...)-centrica indoe ke al posto dei puntini te ghe meti cueo ca comanda(va) de pì.
Ma tornemo a kel Kultur ke l è interesante : se dixe anca Bildung ke vòle dire 'formazione, istruzione' e la formazione de na persona no la pàsa solo ke par i 'libri', ma anca par via orale, de vardare, scoltare cueo ca fa o dixe ke i altri. E i altri i xe la to comunità, intornovia de ti. Cuea xe la la to 'cultura' , ke l altra la xe le 'civiltà', roba ke i t insegna a scola.
Certo uno el ghe riva ( se l ghe riva) vanti co l età a capire ke i te ga fato studiare le civiltà de ke i altri al posto de la toa MA - la toa, de cultura, ghè bixogno de 'studiarla'?
Parké sa te la 'studi' a vòe dire ke l è deventà 'clasega' anca cuea. :?
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Re: Alta Coultura = coultura clasega

Messaggioda Berto » mer gen 01, 2014 11:56 pm

El caxo de n'omo de prexounta alta "coultura ke entervista" n'omo de "soposta bàsa coultura".

Calvino el se cata co l'Omo de Neanderthal parte 1
http://www.youtube.com/watch?v=HyQGzpZVZPk

Calvino incontra lUomo di Neanderthal parte 2
http://www.youtube.com/watch?v=UX27NED7PTw

Calvino incontra lUomo di Neanderthal parte 3
http://www.youtube.com/watch?v=5mMROH2onno


One Life
http://www.youtube.com/watch?v=ZknxPkp5ki8
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... munaro.jpg
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Re: Alta Coultura = coultura clasega

Messaggioda Berto » ven gen 03, 2014 11:12 am

Salviamo il Veneto barbaro dal dissesto dello Stato italiano

http://www.lindipendenza.com/salviamo-i ... ent-114209

di ENZO TRENTIN

C’è una regola non scritta, ma da sempre praticata: gli artisti, siano essi scrittori, attori, scultori, pittori, architetti, musicisti o appartenenti a qualsiasi altra arte, si cercano, si scelgono, si frequentano con un obiettivo comune. Tutti vogliono stare con i migliori. C’è da guadagnarci anche solo per osmosi. E i migliori si guardano bene dal frequentare chi non è all’altezza. Una riprova la si trova in alcuni film o spettacoli od opere d’arte. La qualità degli autori è garanzia di qualità dell’opera. Del resto era consuetudine nel Cinquecento mandare “a bottega” i propri figli da maestri d’arte qualora si ritenesse essi potessero meglio sviluppare le loro doti. Questo accadde a Leonardo da Vinci che andò “a bottega” dal Verocchio, a Michelangelo che andò dal Ghirlandaio, a Giotto che iniziò a lavorare da Cimabue, solo per fare qualche nome.

In politica le cose vanno al contrario. Sembra ci sia una scelta a ricercare e ad affiancarsi ai più… disinvolti. E qui, s’intende, usiamo un eufemismo. Naturalmente i bricconi sono sempre esistiti, ma almeno grosso modo sino allo scoppio della I G.M. un largo strato della popolazione favorito dalla sorte, dall’intelligenza delle relazioni sociali giuste, dalle situazioni politiche e anche dalle istituzioni, sapeva di essere privilegiato. Di qui anche le preoccupazioni per le buone opere e l’impegno religioso forte e diffuso, tradottisi spesso (per nostra fortuna) in committenze artistiche e architettoniche e che si accentuavano in occasioni varie o almeno in articulo mortis, quando il sacerdote faceva ricordare gli affari non propriamente pulitissimi che si erano fatti qua e là e quindi le «restituzioni» che era bene assicurare pro remedio animae. Ma questo oramai non esiste quasi più. L’edonismo impera. I testamenti dei possidenti non estendono più lasciti anche estremamente dettagliati: per non dimenticare proprio nessuno, enti e persone che possano essere in qualche modo utili in quella che è stata, un tempo, argutamente chiamata la contabilità dell’aldilà.

Constatiamo, invece, che le cose insensate non cambiano mai, gli amministratori e i burocrati incompetenti rimangono sempre al loro posto, a dispetto di tutto e di tutti. Fungibili a qualsiasi disegno perché, in realtà, non c’è nessun disegno. Anzi è proprio l’assenza di qualsiasi disegno a legittimarli. La gestione del contingente, il piccolo interesse quotidiano, la sapiente organizzazione della comunicazione “acquistata” a spese del contribuente attraverso il finanziamento pubblico e spacciata per libertà di stampa. L’omologazione del pensiero in slogan: sono queste le caratteristiche che consentono la perpetuazione di quella parte di classe dirigente che vive di inutili gestioni pubbliche. Quel che conta non è il fine ma il mezzo: la gestione pubblica è il mezzo per garantire i privilegi. Abbiamo allora uno Stato onnivoro, inefficiente, tracotante ed invasivo che è quello di cui costoro hanno bisogno per diffondere i loro slogan spesso permeati di un moralismo di maniera. L’esempio ridicolo, se non addirittura ingiurioso lo abbiamo con il Capo del Governo: Enrico Letta, che ricicla le dichiarazioni di 6 mesi fa in occasione del decreto del fare, ed afferma d’aver cominciato a ridurre le tasse senza essere smentito. Tsz!

Se l’Italia è uno Stato onnivoro, inefficiente, tracotante ed invasivo, permeato di un moralismo di maniera; limitiamo lo sguardo al Veneto, Massimo Malvestio ci ha scritto una serie di articoli su giornali a stampa ed on line, alcuni dei quali poi raccolti in un interessante libro dal titolo: “MALA GESTIO: perché i veneti stanno tornando poveri”. L’osservazione è limitata al Veneto, dicevamo, ma è il paradigma dell’Italia unita. Il politico di oggi deve spendere, ci siano i soldi o non ci siano. Se lascerà debiti fuori bilancio poco importa, ci penseranno i successori i quali non avranno difficoltà a trovare il modo di rifilare a chi viene dopo il vecchio ed un nuovo buco.

Il Veneto però è altro: l’organizzazione spontanea delle comunità, il pluralismo delle istituzioni e non solo nelle istituzioni, la coesione e la omogeneità sociale ricercate come vera condivisione di valori e di fini, il rispetto della legge. L’apertura al mondo e alla diversità attraverso le imprese, il lavoro, la ricerca e la formazione, e quindi un confronto competitivo dove non si può barare hanno fatto del Veneto una regione ricca per meriti propri. Dati identitari forti che trovano la loro antitesi nella cultura del debito pubblico, della spesa irresponsabile e del dissesto equo e solidale che invece hanno caratterizzato negli ultimi trent’anni lo Stato nazionale e i suoi Profeti locali. Salviamo il Veneto Barbaro di Goffredo Parise da chi vuole portarlo nella morta gora del conformismo ipocrita e degli imbrogli a fin di bene. Opportuno, quindi, quanto messo in atto dal “Movimento” 9/12” nel contestare gli attuali rappresentanti.

Fatti che erano sotto gli occhi di tutti e dai quali sono derivati danni erariali enormi, sono stati spacciati per grandi disegni di sviluppo del territorio. Patacche che anche in Veneto sono state distribuite in abbondanza, il più delle volte accompagnate da spesse nuvole di incenso. Sarebbe stato bello poter dire che quella dissipazione, se non poteva essere evitata, almeno fosse stata il frutto di scelte consapevoli e trasparenti delle comunità che quei tesori hanno perduto. Ma questo è il frutto della “rappresentanza” smerciata per democrazia. Il Veneto, per esempio, ha perso nel giro di pochi anni tutte le sue maggiori banche che non fossero banche popolari ed oltre alle banche alla fine ha perso anche i soldi. Ma il tutto è avvenuto senza un dibattito ed anche chi ha distrutto i risparmi di generazioni è ancora al suo posto.

Se per anni è stato inquietante il silenzio e l’indifferenza rispetto a queste tematiche, oggi è forse ancor più allarmante la qualità della reazione. In Veneto si contano più partiti indipendentisti i cui aderenti si contano sulle dita delle mani, tanto i loro dirigenti si sono dedicati all’ostracismo degli avversari interni ed esterni o di chi ritenuto tale. Ci sono poi varie altre entità politiche (tutte peraltro dedite alla delegittimazione reciproca) che avanzano proposte di nuovi assetti istituzionali fantasiose o poco convincenti o inadeguate; ai più comunque sconosciute. E la riprova la danno gli innumerevoli veneti che sventolano, convinti, il tricolore che tanti mali ha cagionato loro.

Un capitolo a parte sono le persone in buona fede convinte che basti resuscitare l’antica Serenissima Repubblica di Venezia, ignorando che essa fu un organismo oligarchico. Dove sono oggi i Nobilhomi e/o i ricchi mercanti che ne sostenevano le spese? Come e con quale mezzo, oggi, verrebbero identificati e selezionati i loro moderni epigoni? Non lo sappiamo. Questi inguaribili sognatori pensano di reggere l’agognata indipendenza con la restaurazione Sic et simpliciter del diritto veneto su cui si basava. Domanda: avremo dunque? Testuale: “L’imbarco forzato sulle galere [...]; essa prescriveva la generale commutazione delle pene “corporali” (mutilanti, detentive, bando) con questo nuovo tipo di punizione, purché per un periodo non inferiore a 18 mesi. Si inaugurava così una normativa che incrementava i poteri equitativo-discrezionali del giudice poiché era rimesso al suo giudizio tradurre le punizioni previste dalle leggi precedenti in determinati periodi di imbarco forzato; frequenti richiami contenuti nelle leggi stabilivano la durata minima di imbarco al di sotto della quale non si poteva ricorrere a questa pena”.

Oppure ancora, testuale: “La tortura era concepita non come una pena, ma come un atto istruttorio che incontrava seri limiti sia nelle leggi, sia nella pratica; […] l’esecuzione dei tormenti [non era consentita. Ndr] al di fuori dei seguenti limiti: 1. – il reo doveva apparire come l’autore del reato; 2. – il reato non doveva essere punibile con la sola pena pecuniaria; 3. – gli indizi a carico dovevano essere gravi (prova semiplena) e non in concorrenza con elementi che lo scagionassero, oppure che lo incriminassero manifestamente (nel qual caso si doveva senz’altro emettere la condanna, a meno che non occorresse accertare eventuali complicità). Garanzia essenziale per chi avesse fatto dichiarazioni sotto tortura era l’istituto della ratificatione: nelle 24 ore successive alla loro verbalizzazione sotto tortura, il reo doveva essere posto in isolamento, quindi fatto comparire in giudizio per confermare o smentire i costituti che venivano letti in aula. Se ritrattava, poteva essere torturato per altre tre volte, […] La tortura era praticata secondo precise modalità: in un giorno si poteva eseguire 1 collegio di corda, oppure 1 prova del fuoco. Il primo si componeva di una cavalletta (il reo era appeso per le mani legate dietro la schiena, poi fatto cadere da altezza d’uomo), e di due squassi (si interrompeva la corsa della corda poco prima di toccare terra, producendo uno strattone), mentre una prova del fuoco consisteva nell’avvicinare i piedi dell’uomo ad una fonte di calore per un massimo di tre volte. […]”.

Una cosa è certa: il dissesto dello Stato italiano si è costruito in anni, passo dopo passo, di spreco in spreco, di favore in favore, ma soprattutto attraverso il patto tacito per cui la mistificazione altrui deve essere accettata perché possa essere accettata la propria.
Il silenzio connivente, teso a garantire quello altrui sul proprio piccolo traffico è ciò che ha affondato un Paese.
Gli evasori sono l’altra categoria infetta e pronta a subire la gogna.
Processi mediatici seguono ad accertamenti spesso approssimativi.
L’esempio sarebbe assai più utile della gogna, ma gli esempi latitano.
Nessuno dice che quel che si recupera dall’evasione fiscale in Veneto, ogni anno, è all’incirca quel che si paga annualmente in Calabria per debito fuori bilancio – e quindi parimenti fuori legge – del sistema sanitario di quella regione.

Analisi semplici ed immediatamente comprensibili, meglio se urlate ed accompagnate da strutture verbali vagamente intimidatorie, raccolgono effimeri consensi, ma non paiono quello sviluppo delle coscienze che servirebbe per uscire davvero dalla crisi che, evidentemente, non è solo finanziaria.
La certezza del diritto è ormai un valore desueto, giacché l’azione di garanzia dello Stato sembra riservata a chi ne è degno sulla base di imperscrutabili parametri e così anche quell’ultima parte del patrimonio pubblico che è data dalla reputazione viene sacrificata.

Sembra non esserci, in Veneto, una reputazione all’altezza di mettere intorno ad un tavolo di discussione (chiamatelo costituente, rifondativo, riedificativo o altro, poco importa) tutte queste “anime dannate” che si a gitano intorno all’ideale indipendentista del Veneto. Si fanno grandi riferimenti agli scozzesi o ai catalani, ignorando più o meno volutamente che almeno i primi hanno esposto e discutono quotidianamente il loro disegno d’indipendenza. In altri termini, gli scozzesi, il prossimo 18 settembre, sapranno per cosa votare. Sapranno quale Stato otterranno e come verrà governato se voteranno sì.
I Veneti, se e quando andranno a votare per un referendum consultivo (con voto digitale o meno, non fa differenza) lo faranno per questa o quell’indicazione di uno pseudo leader, ma non per quale tipo di nuova entità statale o patto sociale o foedus, potranno scegliere.
E questo, secondo noi, non è un limite, è un vero e proprio handicap.

Te ghè raxon!

Comenti ==============================================================================================================================

Alberto Pento
3 Gennaio 2014 at 9:56 am #

Varda ke l’omanetà no la xe fata lomè da na megnoransa de pitori decoratori come Mikelanxelo, Joto, Simabue e altri, ma da na stragranda majoransa de pitori enbiankini, de tintori de tesui o pàni, de decoratori de arte pora … e no xe ke la vita de coesti la fuse na vita endegna, sensa omanetà, voda e mexerabile o bestial.
A mi de le megnoranse ke se reten “mejo” no so cosa farghene,, l’omanedà lè fata de milioni, miliardi de omani e par esar boni omani no ocor esar Mikelanxelo, Leonardo o Joto … te podarisi almanco ver nomà coalke pitor e artista veneto come el Tiepolo, el Tisian, el Mantegna, e mile altri ma savemo ke anca ti a te si cresesto co la testa enfasà da la “Coultura Taliana”.

La Coultura no la xe lomè coela de ste megnoranse “elitarie”, no no no:
far de le bone scarpe comode ke te protexe li pie;
far de le bone caxe calde, freske, ke no piove drento e ke no le vien xo al primo teremoto;
far de le bone vesti,
far del bon pan e
laorar ben la tera no xe da manco de piturar tele co la tenpera, l’ojo o col fresco.

Caro Trentin
saria ora ca te xmontasi anca ti dal scragno, anca ti daromai te si vecio e te ghè li ani del sajo, pensa ke tra poco a te sarè morto anca ti, saria ora ke te fesi calke paseto de saja omeltà …

la bona democrasia e li comouni demograteghi no te li fabreghi co le elites ke se crede kisakè ma co tuta la xente bona ke la ga cosiensa de la so degnetà e creansa par ela e par li altri.

Ciàpa el bo somexo dal Re de la Cexa Catolega, Papa Françesco omile tra i grandi e li cei, tra li potenti e li omili.


Alberto Pento
3 Gennaio 2014 at 10:13 am #
Trentin el ga scrito:

Sembra non esserci, in Veneto, una reputazione all’altezza di mettere intorno ad un tavolo di discussione (chiamatelo costituente, rifondativo, riedificativo o altro, poco importa) tutte queste “anime dannate” che si a gitano intorno all’ideale indipendentista del Veneto. Si fanno grandi riferimenti agli scozzesi o ai catalani, ignorando più o meno volutamente che almeno i primi hanno esposto e discutono quotidianamente il loro disegno d’indipendenza. In altri termini, gli scozzesi, il prossimo 18 settembre, sapranno per cosa votare. Sapranno quale Stato otterranno e come verrà governato se voteranno sì. I Veneti, se e quando andranno a votare per un referendum consultivo (con voto digitale o meno, non fa differenza) lo faranno per questa o quell’indicazione di uno pseudo leader, ma non per quale tipo di nuova entità statale o patto sociale o foedus, potranno scegliere. E questo, secondo noi, non è un limite, è un vero e proprio handicap.



Te ghè raxon, pararia ke lomè la forsa de la storia e de Dio li posa far ndar i veneti da coalke parte na parte o on posto ke deso gnanca savemo e ke no cognosemo … come ke xe stà par li ebrei fora da l’Ejito.

Ghemo de le robe çerte:

el nostro pasà da cognosar par ben,
l’ancò nostro e de altri,
i boni somexi e l’Ouropa da cu no se pol tornar endrio e ke par mi la xe na speransa parké, a parte li stati laxaroni come come coelo talian, ghè par nostra fortuna anca li stati manco laxaroni de l’ara anglosasone e xerman-scandinava ke li pol aiarne a star mejo e a far mejo a ver na storia pì degna e manco mexera.
Pensarme ancora ente la Talia sensa la speransa de l'Ouropa lè el pexo encobo ke me posa sofegar d'angosa.
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Re: Alta Coultura = coultura clasega

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2014 9:23 pm

Dal blog de Bepe Grilo:

el mito del claçesixmo grego-roman e l’edeoloja statal fasista e comounista


http://www.beppegrillo.it/2012/03/la_cultura_cont.html

Napolitano en vixita al liçeo pavan Tito Livio
http://www.youtube.com/watch?v=apgM0LZ-l_Q

La Cultura contro il Sistema (???)

"Ho 18 anni, faccio il liceo classico e volevo dirti che qui, tra i giovani che frequentano "buone scuole", tutto va a catafascio. Non studiamo le poetesse, Pasolini, Croce, i grandi letterati del Sud.
In classe abbiamo ancora il crocifisso in barba alla laicità.
Ho tanta voglia di dire la mia sul mondo scolastico che uccide la creatività, tortura il pensiero.
Il suo interesse è plasmarci, renderci sostenitori del Sistema, esattamente come fanno nelle facoltà di economia, insegnando cose false.
...

La Cultura contro il Sistema (???)
...
Io studio latino e greco, le tragedie, nelle quali si parla delle donne, dell'onore, dell'onestà, eppure nessuno ci aiuta a riflettere su questo (???).
È interesse comune che si studino cazzate quando invece potremmo capire le nostre radici, le nozioni di diritto, di cultura e di culture diverse (e coela veneta???).
Chi studiasse le materie del classico, marcerebbe seduta stante contro la Lega, la Chiesa, omofobi, razzisti, contro Napolitano che chiude il dialogo (???).
Nella Grecia antica i cittadini più poveri venivano addirittura pagati per andare a teatro (e li sciavi iloti ???), ma nessuno pretende che la cultura, l'arte e la musica siano gratis e godibili per tutti.
Se nei programmi in TV passassero L'ARTE, LA MUSICA, LA DANZA paradossalmente diventeremmo delle belve perchè ci accorgeremo in che spazzatura viviamo (???).


Noda mia:
Sti pori toxati li crede ke la Coultura la sipia lomè ke l'arte, la mouxega e la dansa ... ke oror, ke encoultura, ke endotrinamento, ke envaxamento e enfasamento de menti e de crape o teste!


Le raixe de l’Ouropa çevele no le xe lomè coele greghe e romane!

El mito roman (l’etno-soço rasixmo e ła ‘gnoransa, a łe raixe del mito)
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Alta Coultura = coultura clasega (?) - Doti e sapienti/s

Messaggioda Berto » sab feb 22, 2014 3:54 pm

On sapiente el pol anca non esar on doto e on doto no xe dito kel sipia on saon o sapiente.

Esar doti no vol dir esar saoni o sapienti: tante ‘olte on doto el conose robe false ke łe vien fate pasar par vere e prasiò ła so conosensa ła xe fata da robe false e dal vero o dal bon ła xe na non cognosensa fata pasar par saonansa o sapiensa.
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Re: Alta Coultura = coultura clasega (?) - Doti e sapienti/s

Messaggioda Berto » mar mag 13, 2014 8:54 pm

Mario Rigoni Stern - intervista (1999)

https://www.youtube.com/watch?v=Mw-10y2kAqQ
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Re: Alta Coultura = coultura clasega (?) - Doti e sapienti/s

Messaggioda Berto » lun dic 01, 2014 7:06 pm

Ke oror,sti kì ƚi ga enamente lomè ke ƚi greghi e ƚi romani, ƚi ga el çarveƚo tarocà da ƚa cusida dita “coultura clasega”, na ensemensa sensa termene ... tuti staltri no ƚi ghè e se ƚi ghè ƚi xe simioti!

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... iale-8.jpg

LE VIE AL SACRO DELLA TRADIZIONE CLASSICA

http://www.ereticamente.net/2014/11/int ... embre.html


Un rinnovato sentore per la Tradizione Classica sta gradualmente riavviandosi in Europa. La prigionia delle imposizioni religiose incominciata nella tarda antichità ha ceduto il passo all’epoca dei lumi e della ragione. L’approccio cognitivo alla natura è tornato ad essere scientifico e la ricerca escatologica ha ritrovato, nel classicismo, risposte che per lungo tempo erano state adombrate ed offuscate.

L’evento dell’otto novembre corrente anno (2767° ab V.C.), organizzato tramite il coordinamento della redazione di ereticamente.net, ha la finalità di dare un accenno ed aprire una finestra sull’immenso cielo della Tradizione Greco-Romana, una tradizione eterna, continuativa dei lontanissimi culti ignei indoeuropei, che sempre hanno caratterizzato la purezza dell’approccio alla spiritualità come forma guida per l’anima umana e come sostegno alle sue debolezze ed incoraggiamento alle sue potenzialità divine.Janus

La Tradizione Classica con i suoi motivi occulti, ermetici ed esoterici ha covato sotto le ceneri di un mondo crollato per una volontà distruttrice anti-tradizionale, ma la Verità, camuffata di svariate vesti, ha continuato ad esistere ininterrottamente, in particolare i motivi ermetico-esoterici del classicismo sono sopravvissuti nell’alchimia medievale; tali motivi si sono difesi con lo scudo della logica e della scienza potendo tornare così, ad oggi, a presentarsi liberamente all’essere umano ed al suo intelletto.

Oggi come ieri è finalmente possibile riaccostarsi alla sapienza arcana del tempio e all’escatologia tradizionale per ritrovare risposta, in se stessi, alle domande d’ogni tempo.

dott. Giuseppe Barbera

Presidente A.T.P.


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... e_logo.jpg

http://www.ereticamente.net/chi-siamo

…. EreticaMente è il “mondo delle Idee”, per una cultura organica, nazionale e popolare tesa alla formazione dell’Uomo, del Cittadino, del Patriota, senza compromessi e senza ammiccamenti con il Nemico di sempre, di cui non cerchiamo nè comprensione, nè il plauso.
…. EreticaMente promuove la difesa e la promozione della lingua, dell’identità e della civiltà italiane, come trasmesse alle attuali generazioni dalle plurimillenarie vicende storiche della Nazione (dal popolamento indoeuropeo del continente e delle isole alla Civiltà Romana; dal Medioevo ghibellino al Rinascimento; dal Risorgimento al Fascismo).
…. EreticaMente coltiva romanamente la Pietas verso Dio (origine e fine ultimo dell’Uomo e di tutte le cose), la Patria (Bene Comune per eccellenza) e la Famiglia (cellula fondamentale della Nazione e garanzia di continuità biologica della Stirpe).
…. EreticaMente difende l’idea di Stato e la coscienza della missione civilizzatrice di Roma, dell’Italia e dell’Europa.
…. EreticaMente ripudia ogni forma di utilitarismo, materialismo e riduzionismo in nome di una vera Rivoluzione dello Spirito, fondata sul primato del Dovere sul Diritto e sulla dedizione mistica alla Patria e all’Idea.
…. EreticaMente è il terreno in cui vengono gettati i semi da cui germoglierà un Italiano diverso, nuovo ma nel contempo antichissimo!
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