lo sapevate che nella divina commedia,maometto....
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lo sapevate che nella divina commedia,maometto....
Nell'Inferno dantesco alcuni musulmani, come i filosofi Avicenna e Averroè e il prode Saladino sono collocati nel Limbo con gli altri che, pur non essendosi macchiati in vita di peccati e avendo condotto anzi una vita virtuosa, non sono ammessi in Paradiso perché non battezzati, come le grandi personalità del mondo greco-romano e gli stessi profeti ebraici. Da ciò traspare con tutta evidenza il riconoscimento dantesco degli indiscutibili meriti della civiltà islamica.
Dante non mostra invece nessuna pietà nei confronti di Maometto, che troviamo nella nona bolgia dell'Inferno, dove sono puniti i portatori di discordia. Il profeta è orrendamente squarciato dal mento all'ano, sfondato come un botte, con le budella pendenti e visibili sino al "tristo sacco".
Inferno, canto XXVIII (vv 22-31)
Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com'io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infin dove si trulla
Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e 'l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia.
Mentre che tutto in lui veder m'attacco,
guardomi e con le man s'aperse il petto,
dicendo: "Or vedi com'io mi dilacco!
vedi come storpiato è Maometto! (...)"
NoN CI posso credere, e a me che piaceva tanto dante...
La Divina Commedia, considerata il più grande poema epico della letteratura italiana, deriva da molte caratteristiche di e episodi sull'aldilà, direttamente o indirettamente da opere arabe sull'escatologia islamica: il Hadith e il Kitab al-Miraj (tradotto in latino nel 1264 come Liber Scalae Machometi, "Il Libro della Scala di Maometto") riguardante l'ascensione di Maometto al cielo, e gli scritti spirituali di Ibn Arabi.
[fonte: I. Heullant-Donat and M.-A. Polo de Beaulieu, "Histoire d'une traduction," in Le Livre de l'échelle de Mahomet, Latin edition and French translation by Gisèle Besson and Michèle Brossard-Dandré, Collection Lettres Gothiques, Le Livre de Poche, 1991, p. 22 with note 37.]
E possibile leggere il libro Liber Scalae Machometi (in Latino) qui:
http://www.classicitaliani.it/maomet..._Machometi.htm
Libro della Scala - Enciclopedia Dantesca (1970)
http://www.treccani.it/enciclopedia/lib ... antesca%29
di Francesco Gabrieli
Testo escatologico arabo-spagnolo, il cui originale, a noi non giunto, portava quasi certamente il titolo di Kitāb al-Miʽrāǵ (" Libro della scala ", o della " ascesa " [di Maometto in cielo]). Esso fu fatto tradurre poco prima del 1264 da re Alfonso X di Castiglia, ad opera di un dotto medico giudeo, Abraham; e da questa versione castigliana, anch'essa perduta, l'italiano Bonaventura da Siena, sempre per commissione del re, trasse le due versioni in latino (Liber Scalae) e in antico francese (Livre de l'Eschiele Mahomet) giunte a noi rispettivamente in un manoscritto di Oxford, e in due di Parigi e della Vaticana e pubblicate nel 1949 da E. Cerulli insieme con un riassunto della prima versione castigliana, conservata in un codice dell'Escuriale e attribuita a S. Pedro Pascual.
L'opera originaria appartiene a quel filone della letteratura araba edificante e popolare, che sviluppando un famoso versetto coranico su un miracoloso viaggio notturno del profeta a Gerusalemme (Corano XVII 1), narra la susseguita sua salita al cielo e la sua visita dei regni d'oltretomba. Nel testo in questione, Maometto è destato nel suo letto alla Mecca dall'angelo Gabriele, è fatto montare sul destriero alato Burāq, condotto a Gerusalemme, e di qui fatto ascendere in cielo per la fulgida ‛ scala ' (miʽrāg) che dà nome al libro. Egli vede l'angelo della morte, un altro in forma di gallo, un terzo metà di fuoco e metà di neve, e traversa gli otto cieli incontrando in ognuno un profeta, fino al trono di Dio; visita quindi il Paradiso con le sue delizie di natura e d'amore, e riceve da Dio il Corano, con i precetti delle orazioni quotidiane e del digiuno.
Passato poi all'Inferno, ne percorre le sette terre, e ne contempla i diversi tormenti, ascoltando da Gabriele le spiegazioni sul giorno del giudizio e la prova del ponte aṣ-Ṣirāt. Tornato infine sulla terra, tenta invano di convincere i suoi concittadini Meccani sulla verità della sua visione, che per suo invito trascrivono e autenticano i suoi fidi Abū Bekr e Ibn ' Abbās.
La materia relativa era già quasi per intero nota in sparse analoghe fonti, ma l'importanza di questo testo sta nel presentarcela tutta in una continuata narrazione, e soprattutto nella sua trasmigrazione dalla Spagna araba all'Occidente cristiano. Le versioni del L. della S., sia quella castigliana (già citata in altra opera dallo stesso Alfonso il Savio, e poi dallo scrittore catalano trecentista Francesco Ximenez e dal famoso cardinale Giovanni Torquemada), sia le due conservateci in latino e in francese, varcarono infatti presto i Pirenei: e l'operetta escatologica araba, attribuita a Maometto stesso, appare conosciuta e citata col suo titolo (" il libro suo [di Maometto] che Scala ha nome ") alla metà del Trecento da Fazio degli Uberti nel Dittamondo, nel secolo seguente da Pio II (Enea Silvio Piccolomini) e dal francescano Roberto Caracciolo nello Specchio della fede, e nel Cinquecento da Alfonso Spina; da Angelo Piantini; dal Bibliander; da Guillaume Postel; da Antonio Torquemada e Celio Malespini e infine dai fratelli De Bry. Si verificava così per la prima volta l'ipotesi già avanzata da M. Asín Palacios, a fondamento della sua tesi sugl'influssi dell'escatologia musulmana nella Commedia, di un testo arabo giunto per documentata trafila di versioni all'ambiente e all'età di Dante.
La conoscenza del L. della S. da parte del poeta appare ora, se non certa, probabile; ma sulla misura e il valore delle suggestioni che tale testo può avergli fornito per la sua visione d'oltretomba, restano assai discordi i pareri: il suo maggiore e più prudente studioso, il Cerulli, considera tale possibile influsso solo come concorrente e secondario alle principali fonti d'ispirazione del poeta, latine e cristiane (v. ISLAM).
Bibl. - E. Cerulli, Il " L. della S. " e la questione delle fonti arabo-spagnole della D.C., città del Vaticano 1949 (per le discussioni seguitene v. bibl. alla voce ISLAM); P. Wünderli, Études sur le livre de l'Eschièle Mahomet, Winterthur 1965; E. Cerulli, Nuove ricerche sul " L. della S. " e l'Islam nell'Occidente medievale, Città del Vaticano 1971.
http://it.wikipedia.org/wiki/Isra%27_e_Mi%27raj
Con le parole arabe isrāʾ e miʿrāj (in arabo: إسراء ومعراج) ci si riferisce rispettivamente a un miracoloso viaggio notturno del profeta Maometto in sella a Buraq (isrāʾ) e della sua successiva ascesa al Cielo (miʿrāj), con la visione delle pene infernali e delle delizie paradisiache riservate a dannati e beati, fino alla finale ascesa e accostamento ad Allah, con relativa Sua "visione beatifica", impossibile agli occhi di qualsiasi uomo per l'infinità che è uno degli attributi divini.
L'esperienza è narrata dal Corano nelle sure XVII:1, LIII:1-12 e LXXXI:19-25.
http://it.wikipedia.org/wiki/Buraq
Burāq o Burak è, secondo la tradizione islamica, un destriero mistico venuto dal paradiso islamico, la cui funzione è stata quella di essere la cavalcatura dei vari profeti, e di Maometto in particolare. Secondo la tradizione islamica, nel VII secolo Burāq fu destinato dall'angelo Gabriele per portare il profeta dell'Islam da quelle che furono identificate poi come Mecca a Gerusalemme con un miracoloso tragitto avvenuto di notte ( isrāʾ ), prima che egli intraprendesse l'ascesa attraverso i 7 cieli ( miʿrāj ).
Burāq avrebbe portato in precedenza anche Ibrāhīm (Abramo) quando egli si recò in visita al figlio Ismāʿīl (Ismaele), a Mecca.
È un soggetto iconografico frequente nell'arte musulmana, dove esso è generalmente rappresentato come un quadrupede con una testa di donna, ali e una coda da pavone.
Buraq = latin burricus (cavałin) = acadego buru (pułiero) e burtu (vedeło)
cfr. co ła vaca Burlina
Burlina - La vaca burlina e łi Morlaki
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